Sezione I civile; sentenza 20 gennaio 1961, n. 79; Pres. Lonardo P., Est. Straniero, P. M.Criscuoli (concl. conf.); Miliacca (Avv. Pieroni) c. Narpinti (Avv. Finzi de Barbora)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 2 (1961), pp. 215/216-219/220Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151887 .
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215 PARTE PRIMA 216
procuratore del padre dell'odierno ricorrente l'onere di
dichiarare l'avvenuta cessazione della sua qualità di
legale rappresentante : nè al difetto di tale dichiarazione
avrebbe potuto provvedere ex officio il Tribunale, posto che trattasi di iniziativa che la legge riserva esclusivamente
alle parti e non al giudice. Onde il primo mezzo di ricorso
deve essere disatteso.
Col secondo mezzo si sostiene dal ricorrente che la
Corte di merito avrebbe errato nel ritenere valida la sen
tenza del Tribunale che ebbe a limitare la sua pronuncia al
solo an debeatur, mentre gli attori per tutto il corso del giu dizio di primo grado, avevano richiesto la pronunzia anche
sul quantum dei danni risarcibili, e solo al momento della
precisazione delle conclusioni definitive davanti al Collegio, essi avevano scisso i due capi di domanda. Anche questa censura è destituita di giuridico fondamento.
È senza dubbio pacifico nella giurisprudenza di questo
Supremo collegio il principio, al quale fa richiamo il ricor
rente, ed in virtù del quale si è affermato che l'attore in
giudizio per risarcimento di danni, quando abbia chiesto
la pronunzia sia sull'are sia sul quantum debeatur, non possa, in corso di causa, limitare poi la domanda al solo accerta
mento dell'ari con il rinvio della liquidazione del quantum ad un separato giudizio, e ciò anche nell'ipotesi in cui l'at
tore non abbia chiesto la liquidazione del danno in una
cifra determinata. Ma è altrettanto pacifico che tale prin
cipio incontra eccezione ogni qualvolta alla limitazione
della domanda, fatta dall'attore, il convenuto vi presti adesione espressa ovvero non vi si opponga. Ed è del pari noto che l'accertamento della adesione espressa o della man
cata opposizione del convenuto è un accertamento di mero
fatto, demandato pertanto al giudice del merito ed insinda
cabile in sede di legittimità. Nella specie in esame, la Corte di merito ha fatto espresso
richiamo al principio dianzi detto, soggiungendo che esso
non poteva trovare applicazione in concreto, appunto
perchè l'odierno ricorrente non aveva formulato alcuna
opposizione alla richiesta degli attori della separazione della pronuncia sul quantum dalla pronuncia sull'are, pro
posta in sede di precisazione delle conclusioni per il Collegio ; ed un tale accertamento, in punto di fatto, sfugge, come si è
detto, al sindacato di questa Corte suprema. Onde anche il secondo mezzo va disatteso. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione I civile ; sentenza 20 gennaio 1961, n. 79 ; Pres Lonardo P., Est. Straniero, P. M. Cresouoi.i (conci conf.) ; Miliacca (Avv. Pieroni) c. Narpinti (Ayv. Finzi de Barbora).
(Gassa App. Roma 27 giugno 1958)
Camera di consiglio — Parti del procedimento —
Impugnativa in via contenziosa — Inammissi bilità (Cod. proc. civ., art. 739).
Affiliazione — Coniuge dell'affiliatile — Mancata
impugnazione del provvedimento d'affiliazione —
Azione in sede contenziosa — Inammissibilità
(Ood. civ., art. 405, 406, 410 ; cod. proc. civ., art. 739).
Ohi è stato parte nel procedimento in camera di consiglio, non
può impugnare in via contenziosa il provvedimento che lo ha definito. (1)
(1) Sull'info rexsautf argomento, il quale ha formato oggetlo della relazione della terza sottocommissione del Convegno di studi sui procedimenti in camera di consiglio, tenutosi a Milano i 17, 18 e 19 dicembre 1960 (Est. Massari, Gravami e revoca, un. 2, 5, Milano, 1960, pag. 141), la Corte di cassazione ha
La moglie dell'affinante separata consensualmente, che sia
stata sentita nel procedimento onorario e si sia opposta alla richiesta di affiliazione, non può impugnare in via
contenziosa il relativo provvedimento, assumendo sussi
stere, fra affiliante ed affiliato, un rapporto di filiazione adulterina, ma deve sperimentare il reclamo previsto
pronunciato le sentenze, il cui contenuto qui appresso riassu miamo :
а) sent. 8 maggio 1952, n. 1291 (Foro it., 1952, I, 686, con nota di richiami conformi e difformi, cui acide, in nota alla stessa sentenza, Rolla, in Foro padano, 1952,1, 945 ; Restaino,
in^Giur. Cass, civ., 1952, 2° quadr., 379 ; Liebman, in Biv. dir.
proc., 1953, II, 195), che non consenti a colui al quale era stato
nominato, a norma dei decreti legge 1943 n. 8 e 29 gennaio 1942 n. 82, il curatore speciale, di dedurre come motivi d'impu gnazione della vendita consentita dal curatore i vizi di legit timità della sua nomina, che non aveva fatto valere in sede di reclamo alla corte d'appello avverso il decreto del tribunale ;
б) sent. 28 marzo 1953, n. 837 (Foro it., Rap. 1953, voce Camera di consiglio, n. 8), la quale ritenne ammissibile la con
testazione, da parte del terzo in sede contenziosa, della legitti mità del provvedimento di autorizzazione per il minore all'eser cizio di un'impresa commerciale, di cui il tutore intendeva va lersi per conseguire la decadenza del convenuto dal beneficio della proroga legale della locazione per urgente e improrogabile necessità ;
c) sent. 30 aprile 1953, n. 1213 (id., 1953, I, 1121, con nota di richiami), la quale ammise il rappresentante legale del minore a far valere come motivo di annullamento dei negozi consentiti nell'interesse del minore stesso il vizio di legittimità del decreto del giudice tutelare, che li aveva omologati, perchè emesso successivamente ai negozi e su istanza dell'altro con traente (è da notare che del decreto il rappresentante non aveva avuto tempestiva notizia) ;
d) sent. 13 marzo 1955, n. 1021 (id., Rep. 1955, voce cit., nn. 2-4), la quale ammise il terzo a contestare la legittimità della nomina del curatore dello scomparso ;
e) sent. 24 ottobre 1957, n. 4080 (id., Rep. 1957, voce cit., nn. 7-9), la quale ammise il minore ad impugnare la vendita consentita dal suo rappresentante sulla considerazione che, nel
procedimento conclusosi con il provvedimento autorizzativo della vendita, il suo rappresentante, era privo di poteri ;
f) sent. 6 dicembre 1957, n. 4590 (id., Rep. 1957, voce
cit., n. 10), nella cui motivazione, riprodotta in Giur. it., 1958, I, 1, 1190, con nota di Lo Cigno, si legge : « è da osservare che questa Suprema corte, dopo la decisione 16 gennaio 1952, n. 109, citata dal ricorrente a sostegno della sua tesi, ha in varie
pronunce ed anche recentemente (sent. 13 aprile 1955, n. 21) posto il principio che i vizi di legittimità del provvedimento onorario possono essere fatti valere (in particolare dai terzi interessati all'invalidazione del provvedimento stesso) nel pro cesso contenzioso : ciò per il precipuo riflesso che la procedura del reclamo stabilita nell'art. 739 riguarda solo le parti che abbiano invocato il provvedimento e quelle sulla cui sfera giu ridica questo viene direttamente ad incidere, donde l'obbligo della notificazione ad esse dello stesso provvedimento a cura di chi lo ha provocato ed ottenuto » (nella specie l'altro con traente impugnava la legittimità del decreto di nomina del curatore dell'assente) ;
g) sent. 27 marzo 1958 n. 1032, inedita (Foro it., Rep. 1958, voce cit., nn. 17, 18), per la quale « è consentito agli inte ressati far valere in via contenziosa la illegittimità dei decreti in camera di consiglio, onde ottenere la invalidazione dei prov vedimenti con essi emessi o dei negozi autorizzati, e ciò nei confronti dei terzi acquirenti, salvi gli effetti della loro eventuale buona fede » ;
h) sent. 6 marzo 1959, n. 645, inedita (id., Rep. 1959, voce cit., n. 4), per la quale « mentre i motivi di merito attinenti
all'opportunità dei decreti di volontaria giurisdizione e che ne autorizzano la revoca e la modifica possono essere dedotti solo da coloro che furono parti nel procedimento volontario, me diante ricorso allo stesso giudice che li ha emessi o a quello superiore, con osservanza, in quest'ultimo caso, del termine perentorio previsto nell'art. 739, è consentito a tutti gli interes sati di far valere in via contenziosa gli eventuali vizi di legit timità dei decreti di volontaria giurisdizione ».
Per completezza d'informazione occorre ricordare che con sent. 19 novembre 1959, n. 3407 (id., 1960, I, 393, con nota di richiami), la Cassazione Ila ammesso l'incapace a chiedere l'annullamento del contratto autorizzato sulla base di decreto del tribunale per difetto del parere del giudice tutelare, preci sando che la relativa sentenza di annullamento pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso da terzi di buona fede, allorché
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217 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 21$
nell'ari. 739 cod. proc. civ., ammenoché non ricorra alcuna
delle ipotesi di cui all'art. 410 cod. civile. (2)
II
Sezione I civile ; sentenza 3 maggio 1960, n. 984 ; Pres
Lokizio P., Est. Bartolomei, P. M. Ctjtkupia (conci
conf.) ; Proc. gen. Corte app. Milano c. Meriggi (Avv
Frattini, Genovesi, Puija).
(Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Milano 28
febbraio 1959)
Affiliazione — Decreto «li revoca — Iteclamo — Prov
vedimene» che l'accoj|lie —• Ricorso per cassazione — Inammissibilità (Costituzione della Repubblica, art. Ill ; cod. proc. civ., art. 739 ; cod. civ., art. 412).
È inammissibile il ricorso per cassazione del decreto con il
quale la corte d'appello abbia accolto il reclamo avverso
il provvedimento con cui il giudice tutelare aveva revo
cato l'affiliazione. (3)
I
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo.
— Con prov vedimento 28 agosto 1948, omologato il successivo 1° di
cembre dal competente Tribunale dei minorenni, il Giu
dice tutelare di Roma dichiarò l'affiliazione del minore
Lazzari Gianfranco da parte del Miliacca Enrico, malgrado
la domanda sia stata proposta e trascritta non oltre i cinque anni dalla trascrizione dell'atto.
In dottrina, v., da ultimo, Micheli, voce Camera di con
siglio (diritto processuale civile), n. 13, in Enciclopedia del di
ritto, V, pag. 981.
(2) In senso conforme, App. Milano 20 giugno 1952 e Ti'ib. Milano 8 maggio 1951, Foro it., Rep. 1952, voce Affiliazione, nn. 10-13 ; Oass. 8 agosto 1950, n. 2444, id., 1950, I, 1283, con
ampia nota di richiami (l'azione d'annullamento era stata pro posta dal genitore naturale dell'affiliato). Contra, App. Roma 5 settembre 1949, ibid., 510 e Trib. Torino 20 novembre 1950, id., Rep. 1951, voce cit., nn. 8, 9 ; e, in dottrina, Finzi Db Bar
bora, Le impugnazioni del decreto d'affiliazione, in Giur. it., 1958, IV, 97 ; Ruberto, voce Affiliazione, in Enciclopedia del
diritto, I, pag. 689, e (nel senso d'ammettere l'azione d'annulla mento della parte in senso processuale per motivi che non potè far valere nel procedimento) Grassetti e Cattaneo, voce Affi liazione, nel Novissimo digesto it., I, pag. 372.
La citata sentenza n. 2444 del 1950 è stata annotata da :
Pratis, In tema di annullamento del decreto di affiliazione, in Giur. Cass. civ., 1950, 3°, 219 e Impugnazioni dei decreti d'affi liazione in sede contenziosa ?, in Foro padano, 1951, I, 135 ; Salvi, Legittimazione ad impugnare il decreto d'affiliazione, in Giur. it., 1951, I, 1, 732 ; quella dell'App. Roma da Valentini, In tema di revoca del decreto di affiliazione del figlio adulterino, in Giur. Cass. civ., 1949, 3°, 624 e da Pratis, Sulla revocabilità del decreto d'affiliazione, in Arch. ric. giur., 1951, 393.
La Suprema corte non affronta, per i motivi esposti in moti
vazione, la questione della affiliabilità. dei figli adulterini, su cui si è intrattenuto il Procuratore generale della Cassazione Cioo
lini, nel discorso inaugurale dell'anno giudiziario 1961 della Corte di cassazione, n. 4; v., in senso affermativo, App. Ve nezia 13 maggio 1958, Foro it., 1959, I, 487, con ampia nota di richiami.
Sulla necessità dell'assenso del coniuge dell'affiliante, an corché legalmente separato, App. Milano 21 gennaio 1958, id., 1958, I, 256, annotata da Gr. Stella Richter, Sull'assenso del
coniuge per l'affiliazione,, in Giust. civ., 1958, I, 1372. È da notare a) che la Cassazione, prima di provvedere sul
ricorso, aveva disposto l'integrazione del contraddittorio nei
confronti del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma e 6) che nel dispositivo difetta il provvedimento di cassa zione senza rinvio della sentenza impugnata.
(3) In senso conforme Cass. 30 novembre 1954, n. 4354, Foro it., Rep. 1954, voce Affiliazione, n. 6 ; 29 ottobre 1953, n. 3506, id., Rep. 1953, voce cit., n. 9 ; 8 agosto 1950, n. 2444, id., 1950, I, 1283, con ampia nota di richiami.
l'opposizione di Narpinti Petrilli Jole, consolle del Miliacca
da costui legalmente separata da molti anni.
La Narpinti non propose reclamo ai sensi dell'art. 739
cod. proc. ci v., ma, con atto di citazione 15 giugno 1951, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Eoma, il
Miliacca e sostenne che il provvedimento di affiliazione
doveva essere annullato, perchè il Lazzari Gianfranco, in
quanto procreato a seguito di una relazione adulterina fra
i Miliacca e Lazzari Elena, non poteva essere affiliato, per
espresso divieto di legge, dal genitore naturale.
Il Tribunale, con sentenza 13 giugno-23 luglio 1957, ritenne ohe la domanda era inammissibile dal momento
che il magistrato esercita, in tema di affiliazione, un potere discrezionale ed i suoi provvedimenti non ledono diritti
soggettivi privati, tanto più che l'affiliazione non crea uno
status familiare, ma si esaurisce, nell'ambito del diritto so
stanziale, in finalità assistenziali del minore. La Narpinti non poteva agire in via contenziosa, ma soltanto impugnare il provvedimento con il reclamo, di ordine generale, pre visto dall'art. 739 per la volontaria giurisdizione, nel cui
schema va classificato il decreto di affiliazione.
La Corte d'appello di Eoma, invece, con sentenza 1
marzo-27 giugno 1958 ritenne che la domanda era ammis
sibile e rimise le parti davanti al primo Giudice, ai sensi
dell'art. 354 cod. proc. civ., per l'integrazione del contrad
dittorio nei confronti del minore e della Elena Lazzari.
Contro la sentenza della Corte ha proposto ricorso per cassazione il Miliacca sulla base di tre motivi di annulla
mento che illustra con memoria.
Resiste la Narpinti con controricorso.
Questa Corte, con ordinanza 9 febbraio 1960, ha di
sposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti del
Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma
e l'adempimento è stato eseguito a cura del Miliacca.
Motivi della decisione. — Col primo motivo del ricorso
il Miliacca censura la sentenza della Corte di Roma per violazione ed errata applicazione degli art. 405 cod. civ.,
100, 737 e segg. e 360 cod. proc. civ., in quanto ha ritenuto
ammissibile l'azione contenziosa proposta contro il prov vedimento di affiliazione del minore Lazzari dalla Nar
pinti, benché quest'ultima, coniuge dell'affiliante, fosse da
molti anni legalmente separata dal marito ed avesse parte
cipato, in qualità di parte, al procedimento onorario. Sotto
il primo profilo osserva, invero, il ricorrente che il coniuge
legalmente separato non può impugnare il provvedimento di affiliazione chiesto dall'altro coniuge, perchè non ha di
ritti soggettivi da tutelare ; sotto il secondo che la Narpinti, in quanto aveva il diritto-dovere di proporre reclamo ai
sensi dell'art. 739, non poteva prescinderne per esercitare,
invece, l'azione contenziosa, neppure sotto l'aspetto che
l'esistenza di un rapporto di filiazione adulterina fra affi
liato ed affiliante costituiva un vizio di illegittimità del
l'impugnato decreto.
Ciò premesso, questo Supremo collegio rileva che il
ricorso può essere deciso esclusivamente alla stregua del secondo profilo del motivo in esame. Detto profilo, in
quanto attiene alla proponibilità dell'azione, importa, in
fatti, se accolto (come deve essere accolto), la cassazione
senza rinvio della sentenza impugnata ai sensi dell'art, 382
cod. proc. civile. Esso, pertanto, prevale, per l'immedia
tezza degli effetti giuridici, sulle conseguenze dell'eventuale
accoglimento del profilo di diritto sostanziale, benché
questo ultimo, secondo il normale ordine logico della ratio
decidendi avrebbe dovuto essere esaminato per primo, in
quanto denuncia la mancanza di un presupposto della im
pugnativa, cioè, la lesione di un diritto soggettivo da parte dal giudice. La particolare situazione della specie, nella
quale sostanzialmente il ricorrente lamenta che la Corte
di merito abbia riconosciuto la legittimazione ad causa/m
della Narpinti, esclusivamente alla stregua di una indagine sulla identificazione degli effetti dell'affiliazione nella nor
malità della convivenza familiare, senza considerare che tale
normalità era, nel caso della Narpinti medesima, alterata
dall'evento della separazione legale a seguito di mutuo con
senso dei coniugi, omologata dal giudice ed attuata da
molti anni, si risolve, infatti, essenzialmente in una denun
Il pobo Italiano — Volume LXXXIV — Parte I-15.
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213 PARTE PRtMA 220
eia di difetto di motivazione e nou potrebbe, pertanto, sfociare altrimenti che in una cassazione con rinvio ad altro
giudice. Orbene, la censura da esaminare è fondata, dal momento
che la Corte ha identificato il coniuge dell'affiliante, che
sia stato sentito, ai sensi dell'art. 405 cod. civ., nel corso del
procedimento onorario, quale parte del procedimento me
desimo. La giurisprudenza di questo Supremo collegio, in tema di giurisdizione volontaria, è, invero, consolidata
(sentenze 29 marzo 1953, n. 837, l'oro it., Eep. 1953, voce
Camera di consiglio, n. 8 ; 8 maggio 1952, n. 1291, id., 1952,
I, 686 ; 27 marzo 1948, n. 468, id., 1948, I, 1051) nel senso
che, quando si profila la possibilità dell'annullamento (ap
plicabile, come è noto, ai vizi coevi alla formazione dell'atto), si impone una discriminazione fra parte e terzo, nel senso
che soltanto a quest'ultimo è consentito agire in via con
tenziosa per impugnare il provvedimento, che affermi pre
giudizievole di un suo diritto.
Ciò sotto il profilo che il terzo non può avvalersi del « reclamo », mezzo di impugnazione dei provvedimenti onorari espressamente riservato per legge (art. 739 e 740
cod. proc. civ.) alle parti ed al P. m., mentre, invece, la
parte ha la possibilità di dedurre, con tale mezzo, qualsiasi
possibile motivo di doglianza. D'altro canto, ciò posto, non può giovare alla Narpinti l'affermazione della Corte, secondo la quale l'impugnazione in via contenziosa può giustificarsi sotto il profilo che l'affiliazione da parte del
genitore adulterino del figlio non riconoscibile concreta un vizio di illegittimità del relativo decreto. La dottrina in tema di affiliazione, se ha riconosciuto, in tal caso, la
possibilità di detta impugnazione, anche ad opera delle
parti, ha tuttavia, limitato tale possibilità ad ipotesi ecce zionali (eventuali vizi di volontà relativi agli atti compiuti dagli interessati nel corso del procedimento, incapacità le
gale o naturale dell'affiliante al momento dell'affiliazione), che vengono giustificate sotto il profilo che la tassatività dei casi di cui all'art. 410 cod. civ., tutti riguardanti fatti
sopravvenuti, non consente di invocare il principio della revoca o modifica di cui all'art. 742 cod. proc. civ., ma sono assolutamente estranee alla fattispecie. Il rigore della li
mitazione ha, d'altra parte, a sua volta, adeguata giustifi cazione, sia nel rilievo, secondo il quale, altrimenti, la
parte avrebbe, contro i principi generali, la facoltà di optare, a sua volta, fra due mezzi d'impugnativa di identico og getto ed in concorso alternativo, sia nell'altro, che discende dalla constatazione, secondo la quale, in tema di affilia
zione, anche la richiesta di revisione contenziosa da parte del terzo ha costituito oggetto di dubbio. Non è possibile, infine, sostenere la decisione impugnata esclusivamente col richiamo, dalla Corte di merito fatto, alla sentenza 13
aprile 1955, n. 1021 (Foro it., Rep. 1955, voce Camera di
consiglio, nn. 2-4) di questo Supremo collegio, dal momento che detta sentenza si è preoccupata di definire, sotto un
profilo oggettivo, il rapporto fra revoca e provvedimento contenzioso nel senso di escludere che, mediante quest'ul timo, possano farsi valere i vizi di merito, ma non ha af fatto inteso risolvere anche il problema della soggetti vità dell'azione per vizi di legittimità in rapporto alla posi zione dei singoli rispetto al procedimento onorario. Deve, pertanto, ritenersi che il coniuge dell'affiliante, che sia stato inteso nel corso del procedimento onorario non ha
possibilità di impugnare i provvedimenti emessi in tal sede in via contenziosa, ma può e deve avvalersi soltanto del reclamo di cui all'art. 739 cod. proc. civ., quando non ricorra alcuna delle ipotesi di cui all'art. 410 cod. civile.
Il riconoscimento della improponibilità della domanda della Narpinti assorbe i motivi secondo e terzo del ricorso, dal momento che tali motivi ripropongono, sotto diversi
profili, la questione dell'affiliabilità del figlio adulterino, da
parte del genitore naturale, che, per sua natura, è questione di merito.
Si ritiene opportuno, in dipendenza dell'oggetto della causa e della natura delle questioni trattate, compensare fra le parti le spese sia di questo giudizio di cassazione, sia dei precedenti stadi di merito del processo.
Il deposito va restituito al ricorrente.
Per questi motivi, la Corte accoglie per quanto di ra
gione il primo motivo del ricorso proposto da Miliacca
Enrico contro la sentenza 1 marzo-27 giugno 1958 della Corte d'appello di Eoma, ed in conseguenza dichiara che l'azione iniziata con atto di citazione 15 giugno 1951 da
Narpinti Petrini Jole davanti al Tribunale di Roma nei
confronti di Miliacca non poteva essere proposta. Dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso, compensa
fra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio e ordina la
restituzione del deposito al ricorrente.
II
La Corte, ecc. — Il resistente eccepisce l'inammissibi lità del ricorso, essendo stato proposto contro un decreto
di volontaria giurisdizione, emanato dalla Corte d'appello in sede di reclamo, laddove contro tale decreto, giusta l'art.
739, ult. comma, cod. proc. civ., non è ammesso alcun re
clamo (salva l'ipotesi, estranea alla fattispecie, che sia
diversamente disposto dalla legge). L'eccezione è fondata.
È fuori discussione che il decreto della Corte d'appello,
impugnato dal Procuratore generale, sia stato emesso in
sede di reclamo, in un procedimento camerale di volontaria
giurisdizione. Infatti il procedimento camerale per la revoca
dell'affiliazione, previsto dall'art. 412, fu instaurato dal P.
m. secondo il rito tracciato, per procedimenti del genere,
dagli art. 737 segg. cod. proc. civile. In tale procedimento intervenne il decreto del Tribunale dei minorenni, revoca
tivo dell'affiliazione disposta dal Giudice tutelare: decreto, che venne, a sua volta, revocato, in sede di reclamo, dal
decreto della Corte d'appello (Sez. minorenni), contro cui
è stato proposto il presente ricorso.
Poiché, dunque, il decreto della Corte d'appello fu
emesso, in sede di reclamo, in una procedura di volontaria
giurisdizione, non v'ha dubbio ch'esso, secondo il testuale
disposto dell'art. 739, ult. comma, cod. proc. civ., non è
soggetto ad impugnazione, mancando una norma di legge che disponga diversamente.
Vero è che, in virtù dell'art. Ill Cost, come ha avuto
occasione di rilevare la giurisprudenza di questa Corte, è
sempre ammesso ricorso per cassazione, per violazione di
legge, oltre che contro le sentenze, contro i provvedimenti decisori, ad esse sostanzialmente equiparabili, anche se
diversamente denominati dalla legge : quali sono i provve dimenti che risolvono contestazioni intorno a diritti sog
gettivi. Senonchè in siffatta categoria di provvedimenti, aventi carattere decisorio, non può farsi rientrare l'impu
gnato decreto. Infatti, alla stregua dei rilievi già espressi, nella soggetta materia, da questo Collegio (Cass. n. 3506
del 1953, Foro it., Rep. 1953, voce Affiliazione, n. 9, e n. 2444
del 1950, id., 1950, I, 1283), i decreti della corte d'appello (sez. minorenni) in tema di affiliazione pronunciati in sede
di reclamo, ben lungi dal risolvere contestazioni fra contrap
posti diritti soggettivi, hanno la funzione di provvedere, nel
modo ritenuto più conveniente, agli interessi del minore, sia che dichiarino sia che revochino l'affiliazione. Sicché
tali decreti (come quello ora impugnato) hanno carattere
di provvedimenti amministrativi, cioè il carattere proprio dei provvedimenti del giudice nella materia della giurisdi zione volontaria.
Dovendo, dunque, escludersi che l'impugnato decreto
abbia natura decisoria, e sia, come tale, ricorribile per cas
sazione, a mente dell'art. Ill Cost., lo stesso non è suscet
tibile di gravame, ai sensi del richiamato art. 739 ; onde il
proposto ricorso va dichiarato inammissibile, mentre esime
dal provvedere sulle spese di questo grado la qualità di organo pubblico del ricorrente Procuratore generale.
Per questi motivi, ecc.
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