sezione I civile; sentenza 20 maggio 1987, n. 4613; Pres. Falcone, Est. Catamo, P. M. Amirante(concl. conf.); Soc. Tabacchi orientali (Avv. Perrone) c. Min. finanze. Conferma App. Lecce 14maggio 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3059/3060-3061/3062Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179116 .
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3059 PARTE PRIMA 3060
La tesi contraria che ipotizza il limite della retroattività della
disposizione nel giudicato sulla sola cessazione della locazione e
sulla conseguente condanna del conduttore al rilascio dell'immo
bile locato non è condivisibile perché il presupposto su cui si fon
da e, cioè, il riconoscimento della piena efficacia di titolo esecutivo
dei provvedimenti di rilascio ad opera dell'art. 2 d.l. in questio
ne, non rende impossibile, come erroneamente ritenuto, l'appli cazione del nuovo meccanismo per l'esercizio del diritto di
prelazione e per la determinazione dell'indennità. Ed invero il
primo meccanismo, da cui scaturiscono i criteri per la determina
zione dell'indennità, in quanto diretto alla rinnovazione del rap
porto di locazione, presuppone la cessazione di quello
precedentemente vigente tra le parti e non è, quindi, incompatibi le con l'esistenza di un titolo esecutivo che verrebbe naturalmente
travolto, implicitamente, solo a seguito della stipulazione del rin
novo contrattuale, in base al nuovo meccanismo.
In relazione al caso, piuttosto improbabile, relativo a condut
tori che abbiano rilasciato l'immobile prima dell'I 1 dicembre 1987
(data di entrata in vigore del d.l. n. 832/86), a seguito di un
giudicato sulla sola cessazione della locazione, senza la correspon sione dell'indennità ex art. 69 da parte del locatore, niente vieta
di ipotizzare, in mancanza di appigli logici e normativi utilizzabili
per ritenere che la retroattività della legge sia circoscritta ai soli
rapporti già cessati de iure, ma ancora in corso de facto, che
il conduttore possa pretendere la determinazione della suddetta
indennità in base ai nuovi criteri previsti dal 10° comma dell'art.
I d.l. cit. (ventuno mensilità del canone corrente di mercato). Ed invero, pur dovendosi per tali categorie di conduttori esclu
dere, tranne le ipotesi marginali di cui all'art. 40, ultimo comma, 1. n. 392/78 richiamato espressamente dalla norma in questione, il diritto di prelazione in base alla novella, in quanto gli stessi
non detengono più l'immobile e non si trovano più nella situazio
ne di fatto presupposto necessario perché possa ipotizzarsi una
prosecuzione del rapporto cui è finalizzato il suddetto diritto (il
rapporto sotto questo profilo si è esaurito), hanno diritto all'in
dennità in base ai criteri di cui al 1 ° comma completamente sgan ciati dal meccanismo della prelazione.
A questo proposito si deve sottolineare che laddove, come in
quest'ultimo caso, la determinazione dell'indennità non sia colle
gata con il meccanismo relativo al diritto di prelazione, in quanto tale diritto non sia ipotizzabile per i motivi sopra esposti, oppure non sia stato esercitato nei modi e nei termini di cui alla novella,
appare addirittura superfluo ricorrere alla retroattività della di
sposizione in esame, posto che il diritto all'indennità è sorto in
base alla previgente legislazione, alla data di cessazione del con
tratto e si tratta solo di quantificare in base a dei nuovi criteri
legali tale indennità. Per evitare l'ultrattività della vecchia formu
lazione dell'art. 69 ormai abrogata, contraria ai principi del no
stro ordinamento, i suddetti criteri legali non possono che essere
quelli dettati dalla nuova disposizione vigente al momento della
determinazione.
Alla stessa conclusione si deve pervenire anche in relazione ai
conduttori che, pur avendo rilasciato l'immobile, a seguito dell'i
niziativa del locatore (disdetta, intimazione di licenza o sfratto
per finita locazione non coltivata, ecc.) ma senza un giudicato sul punto, non abbiano percepito la indennità.
Da quanto sopra discende che il limite della retroattività, sotto
il profilo dell'esaurimento del rapporto, va individuato nel com
pleto esaurirsi dello stesso con riferimento sia al rilascio dell'im
mobile, che alla corresponsione dell'indennità in base alla
legislazione previgente (è ovvio che in caso di avvenuta cessazio
ne del contratto, in mancanza di un qualsiasi giudicato e del rila
scio dell'immobile è pienamente applicabile l'intera disciplina relativa al diritto di prelazione ed alla determinazione dell'inden
nità prevista dalla novella).
Poiché, come si è accennato, anche il conduttore che abbia
rilasciato l'immobile senza ricevere l'indennità può giovarsi della
nuova disciplina prevista dall'àrt. 1, 10° comma, d.l. cit., deve
escludersi che, estendendo l'ambito operativo della novella anche
ai contratti cessati de iure, vengano premiati ingiustamente solo i conduttori inadempienti all'obbligo di restituzione dell'immobile.
Sotto questo profilo devono essere fugati i dubbi di illegittimi tà costituzionale della nuova normativa avanzati da alcuni soste
nitori della tesi contraria (v. Pret. Milano n. 244/87 del 26 gennaio
1987), perché la scriminante tra l'applicazione o meno della no
vella non è costituita dalla circostanza del rilascio dell'immobile
da parte del conduttore, ma dall'esistenza del giudicato sia sul
II Foro Italiano — 1987.
rilascio che sulla determinazione dell'indennità, o dal completo
esaurirsi del rapporto sotto entrambi i profili. Passando ai contratti di locazione previsti dall'ultimo comma
dell'art. 1 cit. aggiunto in sede di conversione in legge del d.l.
n. 832/86, si deve sottolineare che in questo caso la novella ha
una vera portata innovativa, perché alla categoria di conduttori
in questione, in base alla vecchia formulazione dell'art. 69, non
spettava, secondo l'orientamento prevalente della dottrina e della
giurisprudenza che il giudicante condivide, né il diritto di prela zione in caso di nuova locazione, né quello all'indennità per l'av
viamento commerciale.
Poiché la suddetta disposizione prevede a favore dei suddetti
conduttori il diritto ad un compenso sganciato completamente dall'avviamento commerciale che, in sostanza, è una sorta di pre mio non giustificato da alcun valido motivo e tale istituto del
tutto nuovo non trova riscontro nel regime ordinario della 1. n.
392/78, non vi è dubbio che crei una disparità di trattamento
tra conduttori e che sia contrario al principio di razionalità stabi
lito dall'art. 3 per cui si avanzano seri dubbi sulla sua legittimità costituzionale.
Mettendo da parte tali dubbi è ovvio che, qualora la disposi zione in esame fosse ritenuta legittima sotto il profilo costituzio
nale, la sua retroattività, in relazione ai contratti già cessati de
iure all'I 1 dicembre 1986, troverebbe un limite nel rilascio del
l'immobile da parte del conduttore; ciò sia perché, non avendo
il conduttore precedentemente diritto all'indennità ed alla prela zione dovrebbe ritenersi che il rapporto, con il rilascio, si fosse
completamente esaurito in base alla legislazione previgente, sia
perché, stante la portata innovativa della norma, in questi casi
non si tratterebbe solo di quantificare l'indennità in base ai nuovi
criteri legali. L'esaurimento del rapporto in base alla legislazione previgente,
in questi casi, dunque, si sostanzia nel rilascio dell'immobile locato.
Ai conduttori che si trovino ancora nella detenzione dell'im
mobile, invece, sarebbe applicabile la novella anche in caso di
esistenza del giudicato sul rilascio, sotto il profilo della tutela
della situazione di fatto.
Di conseguenza vi sarebbero ulteriori motivi per dubitare della
legittimità dell'ultimo comma dell'art. 1 cit., sotto il profilo della
violazione dell'art. 3 Cost., in quanto tale disposizione premie rebbe ingiustamente solo i conduttori inadempienti all'obbligo di
restituzione dell'immobile alla scadenza contrattuale.
Tornando alla fattispecie sottoposta al giudizio del pretore, in
base a quanto sopra esposto, deve concludersi che, pur essendo
il contratto di locazione tra le parti pacificamente cessato prima dell'11 dicembre 1986 (e cioè il 31 dicembre 1985), sia pienamen te applicabile retroattivamente la novella dell'art. 69, in quanto il contratto non rientra tra quelli previsti dall'ultimo comma del
l'art. 1 sussiste un giudicato solo sul rilascio, costituito dall'ordi
nanza di convalida della licenza per finita locazione ed il conduttore
è ancora nella detenzione dell'immobile locato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 maggio 1987, n. 4613; Pres. Falcone, Est. Catamo, P. M. Amirante
(conci, conf.); Soc. Tabacchi orientali (Avv. Perrone) c. Min.
finanze. Conferma App. Lecce 14 maggio 1982.
Ricchezza mobile (imposta sulla) — Detrazioni — Interessi passi vi — Condizioni per la detraibilità — Onere probatorio — Fat
tispecie (D.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, t.u. delle leggi sulle
imposte dirette, art. 91, 119, 121).
Gli interessi passivi sono detraibili dai ricavi lordi a condizione che essi, al pari delle altre passività, siano inerenti alla produ zione del reddito soggetto all'imposta di ricchezza mobile; in
tervenuto accertamento analitico da parte dell'ufficio, che ritenga inesistenti o superiori a quelle effettive le spese o le perdite indicate in bilancio, grava sul contribuente l'onere della prova circa l'inesattezza delle integrazioni e correzioni apportate dal
l'ufficio aI bilancio. (1)
(1) In ordine alla prima parte della massima cfr., in senso conforme, Cass. 8 novembre 1986, n. 6548, Foro it., Rep. 1986, voce Ricchezza mobile (imposta), n. 84, resa tra le stesse parti dell'odierno giudizio; Comm.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — In relazione alla dichiarazione an nuale dei redditi presentata, ai fini dell'imposta di ricchezza mo bile di categoria B, dalla società Tabacchi orientali s.r.l., con sede in Lecce, per l'esercizio finanziario 1969-70, l'ufficio impo ste dirette di Lecce recuperò a reddito, dagli interessi passivi di
chiarati, in quanto ritenuti «eccedenti il fabbisogno aziendale», la somma di lire 10.387.736.
Contro il relativo accertamento la contribuente presentò ricor
so alla commissione tributaria di primo grado, con esito negati vo, e, con eguale risultato, impugnò la sua decisione dinanzi alla
commissione tributaria di secondo grado. Avverso il provvedimento emesso in seconda istanza la contri
buente propose impugnazione dinanzi alla Corte d'appello di Lecce, la quale, con sentenza del 4 marzo-14 maggio 1982, ne dispose il rigetto, sul rilievo che gli interessi passivi, sebbene specifica mente disciplinati dall'art. 92 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, non
sono che una specie delle «spese e passività» di cui al precedente art. 91; per cui, al pari di esse, per poter esser detratte dai ricavi
lordi, ai fini della determinazione dell'imponibile, debbono ineri
re alla produzione del reddito tassato.
Pertanto, agli effetti della possibilità di detrazione degli inte
ressi, non era «sufficiente la dimostrazione che dei debiti (fosse
ro) stati contratti dal contribuente e che gli interessi (fossero) stati
corrisposti dal contribuente medesimo, ma occorre(va) altresì' la
dimostrazione che le somme (prese) in prestito (fossero) state ef
fettivamente impiegate nella produzione del reddito».
E la relativa prova incombeva alla società contribuente, «non
potendosi in alcun modo rilevare dai documenti (dalla stessa) esi
biti, né presumere in assoluto, che le somme per le quali gli inte
ressi passivi(erano) maturati a carico(di essa) fossero necessarie
per la produzione del reddito, e non invece per scopi diversi da
quelli per i quali (la stessa) è sottoposta all'imposizione fiscale».
«Non essendo stata fornita dalla società contribuente alcuna
prova in ordine all'impiego delle somme per le quali gli interessi
passivi sarebbero stati corrisposti ai terzi (era) mancata agli orga ni di giurisdizione amministrativa, e manca(va) alla corte (di me
rito) la possibilità di esprimere quel giudizio di inerenza della
passività degli interessi alla produzione del reddito», necessario
al fine della loro esclusione dalla base imponibile. Contro la sentenza della Corte d'appello di Lecce ha proposto
ricorso per cassazione la società soccombente.
L'amministrazione finanziaria dello Stato ha resistito con con
troricorso.
La ricorrente ha dedotto un unico motivo, con cui, denuncian
do violazione dell'art. 92 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, e sua
erronea interpretazione, sostiene che unica condizione per poter detrarre dai ricavi lordi gli interessi passivi è che essi siano dovuti
a soggetti domiciliati, residenti o aventi stabile organizzazione nello
Stato oppure che siano tassabili in via di rivalsa ai sensi dell'art.
127 dello stesso decreto presidenziale (salvo che il soggetto passi vo non rientri tra le aziende e gli itituti di credito, per i quali non vige neppure questa condizione), mentre di nessun rilievo
è la inerenza di essi al reddito prodotto, requisito che riguarda esclusivamente le spese e le passività diverse dagli interessi disci
plinate dal precedente art. 91.
Una volta, quindi, dimostrata la esistenza degli interessi passivi e la identità della banca creditrice, pienamente coincidente con
i soggetti legittimati di cui al menzionato art. 92, la contribuente
nessun'altra prova era tenuta a dare. Infatti, secondo il disposto dell'art. 118, 2° comma, d.p.r. n. 645/58, «le imprese commer
ciali debbono fornire la prova contraria all'accertamento dell'uf
trib. centrale 2 marzo 1985, n. 2138, id., Rep. 1985, voce cit., n. 109
(sono detraibili gli interessi passivi inerenti all'acquisto ed al migliora mento di beni strumentali all'impresa); 18 ottobre 1972, n. 9286, id.,
Rep. 1973, voce cit., n. 367; 6 giugno 1969, n. 5150, id., Rep. 1970, voce cit., n. 348 (non spetta la detrazione per le somme dovute a titolo
di interessi passivi per le anticipazioni relative ad acquisto di azioni, in
quanto non c'è attinenza con la produzione del reddito d'impresa); nella
stessa logica si pone Comm. trib. centrale 9 giugno 1982, n. 4982, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 249, a cui dire la detrazione degli interessi passivi relativi a mutui contratti per la realizzazione di nuovi impianti va operata nell'esercizio in cui vi è stata la destinazione effettiva degli impianti alla
produzione. Per un aspetto particolare del tema, v. Trib. Firenze 14 dicembre 1973,
id., Rep. 1975, voce cit., n. 193, annotata da Favara, La detraibilità
degli interessi passivi dai ricavi lordi delle società finanziarie e delle azien
de di credito, in Rass. avv. Stato, 1974, I, 713.
Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-198.
fido solo quando risulta, attraverso il verbale d'ispezione redatto
ai sensi degli art. 39 e 42, che non hanno tenuto le scritture con
tabili obbligatorie o non le hanno tenute in conformità alle di
sposizioni degli art. 2215 ss. c.c. o ne hanno rifiutato l'esibizione», mentre nella fattispecie non ricorreva nessuna di queste condizioni.
La resistente ribatte che il motivo di ricorso è, in parte, infon
dato, in parte, inammissibile, osservando, sotto il primo aspetto, che gli interessi passivi possono essere detratti solo in quanto co
stituiscano una passività inerente alla produzione del reddito, co
si come dispone l'art. 91 e come ribadisce, per i soggetti tassabili
in base al bilancio, l'art. 110 d.p.r. n. 645/58, e tocca al contri
buente che chiede la deduzione provare detta inerenza, e, sotto
il secondo aspetto, che il fisco ha motivato adeguatamente il pro
prio accertamento analitico, sulla base di valutazioni indiziarie
gravi, precise e concordanti, con giudizio di fatto, pienamente condiviso dalla corte d'appello, incensurabile in sede di controllo
legittimità. Motivi della decisione. — Il ricorso è infondato.
È regola generale che «il reddito netto (tassabile) è costituito
dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi lordi che compongono il reddito soggetto all'imposta (di ricchezza mobile delle categorie B e C/1) e l'ammontare delle spese e passività inerenti alla pro duzione di tale reddito» (art. 91 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645).
Tra le passività, tuttavia, una disciplina aggiuntiva è prevista
per «gli interessi passivi, (i quali) sono detraibili (solo) in quanto dovuti a soggetti domiciliati, residenti o aventi stabile organizza zione nello Stato o in quanto tassabili in via di rivalsa ai sensi
dell'art. 127» (art. 92), salvo quanto stabilito dal 2° comma dello
stesso articolo per gli interessi passivi corrisposti da aziende ed
istituti di credito. E ciò, ad evitare che essi, esclusi dalla tassazio
ne nei confronti del soggetto debitore, sfuggano anche alla tassa
zione, a diverso titolo, nei riguardi del soggetto creditore.
Pertanto, a legittimare la detrazione degli interessi passivi dal
l'ammontare dei ricavi lordi non basta, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, la semplice loro allegazione da parte del con
tribuente nella dichiarazione dei redditi, con l'indicazione dei da
ti di identificazione del creditore, avente le caratteristiche indicate
nel menzionato articolo 92, ma occorre anche, e soprattutto, che
essi, al pari delle altre passività, siano inerenti alla produzione del reddito soggetto ad imposta.
Per l'art. 119 del menzionato d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, «i redditi dei soggetti tassabili in base al bilancio», qual'è appun to la società ricorrente, «sono determinati sulla base delle risul
tanze del bilancio...» (1° comma).
«Quando (però) risulta che sono indicate spese e perdite inesi
stenti o superiori a quelle effettive,... l'ufficio procede anche in
duttivamente alla integrazione o correzione delle impostazioni di
bilancio mancanti o inesatte» (3° comma). Per il successivo art.
121, «quando il reddito è determinato ai sensi del 3° comma del
l'art. 119..., l'ufficio delle imposte deve indicare nell'avviso di
accertamento le ragioni per le quali ha ritenuto applicabil(e) 1(a)
disposizion(e) stess(a). In caso di contestazione ... il reddito accertato dall'ufficio non
può essere dichiarato insussistente né ridotto se il contribuente
non abbia fornito la prova dell'inesattezza delle integrazioni e
correzioni apportate ovvero dell'inesistenza... del reddito stesso...».
Se, pertanto, è vero, come sostenuto dalla ricorrente, che il
reddito andava accertato in base al bilancio, contrariamente a
quanto affermato dalla corte d'appello, e che, quindi, nessuna
prova, diversa da quella costituita dai libri contabili, essa era te
nuta a fornire circa la inerenza al reddito tassabile degli interessi
passivi detratti, va tuttavia osservato che, una volta intervenuto
l'accertamento analitico ex art. 119 da parte dell'ufficio, esso non
poteva essere modificato dalla corte d'appello, in mancanza di
prova da parte della società contribuente dell'inesattezza delle in
tegrazioni e correzioni apportate.
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