sezione I civile; sentenza 20 maggio 1998, n. 5000; Pres. Cantillo, Est. Marziale, P.M. Nardi(concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato De Stefano) c. Gandino. Conferma Comm. trib.centrale 10 febbraio 1995, n. 500Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 12 (DICEMBRE 1998), pp. 3595/3596-3597/3598Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192749 .
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3595 PARTE PRIMA 3596
il controllo di legalità sostanziale, oggetto dell'una, con l'adem
pimento pubblicitario costitutivo dell'iscrizione;
che, tale indicazione sembra rafforzata dalla lettura della re
lazione ministeriale al cit. d.p.r. 7 dicembre 1995 n. 581 in cui si esprime l'intento di sottoporre l'intero giudizio di omologa
zione alle norme dettate per i procedimenti in camera di consi
glio e si aggiunge che: «esaurito il procedimento di omologazio
ne, in camera di consiglio, da parte del tribunale competente,
ha luogo il procedimento vero e proprio di iscrizione nel regi
stro delle imprese, che seguirà su domanda»;
che, per l'individuazione del «tribunale competente» si deve
fare riferimento alle disposizioni degli art. 18 e 19 c.p.c., che
radicano in via generale la competenza del giudice del luogo
della residenza o della sede del convenuto e vengono applicate
ed interpretate nell'ambito dei procedimenti di volontaria giuri
sdizione facendo riferimento al luogo dove l'unica parte ovvero
una delle parti ha residenza o sede, rimandando così al forum
domicilii che nella specie non può non identificarsi nel luogo
ove la società ha sede;
che la norma dell'art. 25 c.p.c., nel dettare la disciplina dero
gatoria alla competenza altrimenti determinata, persegue l'evi
dente ratio di favorire la costituzione in giudizio dell'avvocatu
ra dello Stato, ed in quanto tale, non è ritenuta applicabile alle
controversie in cui non sia parte una amministrazione dello Sta
to (cfr. Cass. 9 febbraio 1994, n. 1329, id., Rep. 1994, voce
cit., n. 85; 8 luglio 1994, n. 6450, ibid., n. 82); che, pertanto, non sembra che tale disposizione possa incide
re sulla competenza del giudice dell'omologazione, trattandosi
di procedimento in cui non è prevista alcuna partecipazione di
amministrazioni statali che usufruiscano del patrocinio dell'av
vocatura;
che, del resto, numerose sono le ipotesi in cui i provvedimen
ti giurisdizionali hanno riflesso sulle scritturazioni dei pubblici
registri aventi sede al di fuori della circoscrizione territoriale
del giudice (basti il caso degli ordini impartiti alla conservatoria
dei registri immobiliari), senza alcuno spostamento di com
petenza;
che, tra l'altro, il legislatore ha previsto la figura specifica
del giudice delegato a vigilare sulla tenuta del registro delle im
prese, questo sì identificato territorialmente in un giudice ap
partenente al tribunale del capoluogo di provincia dove ha sede
l'ufficio del registro;
che, conseguentemente, dovendosi affermare il carattere au
tonomo delle due fasi procedimentali, ciascuna resta soggetta
alla regola sulla competenza sua propria e, in particolare, il
giudizio di omologazione degli atti societari sembra attribuito
al tribunale nel cui circondario è stabilita la sede sociale;
che, infine, sembrerebbe un'anomalia del sistema, poco ri
spondente ad esigenze di razionalità e coerenza interna, quella di ritenere giudici diversi competenti a valutare la legittimità di uno stesso atto, l'uno in sede di giurisdizione volontaria, l'al
tro in sede di giurisdizione contenziosa;
per questi motivi, visti gli art. 45 e 47 c.p.c., chiede d'ufficio
il regolamento di competenza.
Il Foro Italiano — 1998.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 mag
gio 1998, n. 5000; Pres. Cantillo, Est. Marziale, P.M. Nardi
(conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato De Stefano)
c. Gandino. Conferma Comm. trib. centrale 10 febbraio 1995,
n. 500.
Successioni e donazioni (imposta sulle) — Riscossione dell'im
posta — Assegno circolare — Data di ricezione da parte del
l'ufficio — Rilevanza — Accertamento — Termini — Decor
renza (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, disciplina dell'imposta
sulle successioni e donazioni, art. 26).
Il pagamento dell'imposta di successione a mezzo di assegni cir
colari ha efficacia solutoria e deve considerarsi effettuato alla
data della ricezione del titolo da parte dell'ufficio finanzia rio, non potendosi dar rilievo al momento successivo in cui
il titolo è materialmente riscosso; dalla medesima data, quin
di, decorre l'inizio del termine concesso, a pena di decaden
za, per l'accertamento da parte dell'ufficio. (1)
Svolgimento del processo. — 1. - Il 13 dicembre 1984 Luca
Gandino inviava all'ufficio di registro di Asti un assegno circo
lare in pagamento dell'imposta principale di successione, dovu
ta a seguito della morte di Maria Arese.
L'assegno perveniva il 15 dicembre 1984 ma la relativa bollet
ta di quietanza veniva emessa il 10 gennaio 1985. Il 17 dicembre
1986 lo stesso ufficio notificava all'erede accertamento di valo
re dei beni e dei diritti caduti in successione. Il contribuente proponeva ricorso, eccependo in via prelimi
nare la tardività dell'accertamento, perché effettuato oltre il de
corso del termine (di due anni dal pagamento dell'imposta prin
cipale) fissato, a pena di decadenza, dall'art. 26, 3° comma,
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637. L'ufficio contestava tale assunto,
deducendo che il termine doveva computarsi (non dalla ricezio
ne dell'assegno, ma) dalla data di emissione della bolletta di
quietanza. Il ricorso veniva accolto dalla commissione tributaria di pri
mo grado, la cui decisione era confermata dalla commissione
di secondo grado, che respingeva l'appello dell'ufficio. Né di
verso era l'orientamento seguito dalla Commissione tributaria
centrale, sul duplice rilievo:
(1) Non constano precedenti in tali esatti termini nella giurispruden za della Suprema corte.
Riguardo al versamento di quanto riscosso a titolo di acconto Irpef ed Ilor, effettuato da un'azienda di credito a mezzo di assegni circolari alla tesoreria provinciale, Cass. 22 febbraio 1996, n. 1399, Foro it.,
Rep. 1997, voce Riscossione delle imposte, n. 78, lo ha ritenuto tempe stivo, dovendosi considerare verificato l'adempimento dell'obbligazione al momento del versamento dell'assegno e non già al momento del suo incasso da parte della tesoreria.
Nel senso di considerare a tutti gli effetti come pagamento dell'impo sta il ricevimento a mezzo posta, da parte dell'ufficio finanziario, del
l'assegno circolare ad esso intestato, v. Comm. trib. centrale 10 feb braio 1995, n. 500, id., Rep. 1995, voce Successioni e donazioni (impo sta), n. 60, ora confermata.
La giurisprudenza tributaria prevalente ritiene che, ai fini della tem
pestività dei pagamenti effettuati a mezzo posta, ciò che rileva non è la data in cui l'assegno circolare viene spedito, ma quella in cui il titolo è recapitato all'ufficio finanziario. V., in questo senso, Comm. trib. centrale 6 febbraio 1996, n. 496, id., Rep. 1996, voce Tributi in genere, n. 1977; 26 gennaio 1993, n. 647, id., Rep. 1995, voce Riscossione delle
imposte, n. 71; 13 febbraio 1988, n. 1325, id., Rep. 1988, voce Valore
aggiunto (imposta), n. 366. Contra, Comm. trib. centrale 17 giugno 1980, n. 2247, id., Rep. 1981, voce cit., n. 190, che ha ritenuto doversi dare riguardo, al fine di accertare la tempestività del versamento del
l'imposta sul valore aggiunto, alla data di spedizione dell'assegno circo lare e non a quella di arrivo all'ufficio.
Ritengono che il pagamento di una somma di denaro a mezzo asse
gno circolare, concretando la fattispecie di prestazione in luogo di adem
pimento ex art. 1197 c.c., dia luogo all'adempimento solo al momento della ricezione del titolo da parte del creditore, e non già alla mera emissione dello stesso, Cass. 6 luglio 1991, n. 7490, id., Rep. 1991, voce Obbligazioni in genere, n. 26; Trib. Milano 5 ottobre 1989, id.,
Rep. 1990, voce cit., n. 25; Trib. Catania 30 novembre 1987, id., Rep. 1989, voce cit., n. 30.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
— che la consegna dell'assegno circolare è equiparata al ver
samento di denaro contante e deve essere quindi considerata, a tutti gli effetti, quale «pagamento» delle somme dovute;
— che, pertanto, il momento iniziale della decorrenza del ter mine per la notifica dell'avviso di accertamento di maggior va
lore previsto dall'art. 26 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 doveva essere individuato in quello in cui tale titolo era stato ricevuto
dall'amministrazione finanziaria e non in quello (successivo) in
cui tale operazione era stata «contabilizzata» dalla stessa ammi
nistrazione mediante emissione della bolletta di quietanza. 1.1.- L'ufficio ricorre a questa corte chiedendo la cassazione
di detta decisione con un unico motivo. Il contribuente cui il
ricorso è stato notificato il 21 marzo 1996, non resiste.
Motivi della decisione. — 2. - L'amministrazione delle finan ze — denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 26
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, come modificato dall'art. 4 d.p.r. 6 dicembre 1977 n. 914, in relazione agli art. 225 e 230 r.d.
23 maggio 1924 n. 827 (quest'ultimo come sostituito dall'art.
I d.p.r. 30 aprile 1976 n. 656), dell'art. 1277 c.c., nonché degli art. 21 e 86 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1734 e degli art. 43 ss.
r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669 — censura la decisione impugna ta per aver ritenuto che (anche) il ricevimento dell'assegno cir
colare integrasse gli estremi del «pagamento», idoneo a segnare il momento iniziale di decorrenza del termine (biennale) fissato
a pena di decadenza dall'art. 26 del citato d.p.r. 637/72 per l'accertamento di maggior valore dei beni e dei diritti caduti
in successione e che, quindi, l'opposizione del contribuente fos
se fondata, senza considerare che, quando il debitore, anziché
versare la somma dovuta «in contanti» consegni un assegno (ban cario o circolare) di pari importo l'effetto liberatorio si deter
mina solo a seguito della riscossione dell'assegno; riscossione
che, nel caso di specie, doveva intendersi avvenuta il 10 gennaio
1985, quando era stata emessa la bolletta di quietanza. 3. - La censura muove da una non condivisibile assimilazione
dell'assegno circolare all'assegno bancario.
Sia l'uno che l'altro titolo sono previsti dalla legge come stru
menti di pagamento, in sostituzione della moneta legale, poiché consentono l'utilizzazione di somme disponibili presso una ban
ca in favore di terzi evitando l'uso materiale del denaro. E in
ciò si differenziano dalla cambiale, che è invece uno strumento
di credito, al quale si ricorre per differire nel tempo il pagamen to di un debito.
L'assegno circolare si distingue tuttavia da quello bancario
(che contiene l'ordine incondizionato, rivolto ad una banca, di
pagare una somma di denaro in favore di una persona determi
nata: art. 1 e 3 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736) perché è emesso
«da un istituto di credito, a ciò autorizzato dall'autorità com
petente, per somme che siano presso di esso disponibili al mo
mento dell'emissione» (art. 82 r.d. cit.). In questo caso pertan to la banca è cambiariamente obbligata nei confronti del pren ditore: tale titolo, quindi, costituisce un mezzo di pagamento assai più sicuro dell'assegno bancario, che non può essere ac
cettato dalla banca trattaria (art. 4 r.d. 1736/33, cit.), anche
perché la banca autorizzata ad emetterlo è tenuta a costituire
una cauzione, commisurata all'ammontare dei titoli in circola
zione, sulla quale i portatori hanno privilegio speciale, aziona
bile collettivamente in caso di dissesto (art. 82, 2° comma, r.d.
cit.). 3.1. - Ciò spiega perché si sia affermato che l'offerta di paga
mento mediante assegno circolare, è idonea ad escludere la mo
ra debendi, «non sussistendo alcun pericolo di mancanza della
relativa provvista presso la banca obbligata al pagamento» (Cass. 28 luglio 1997, n. 7051, Foro it., Rep. 1997, voce Obbligazioni in genere, n. 67). E perché si ritenga che il giudice delegato, avvalendosi della possibilità prevista dall'art. 115 1. fall., possa
disporre che il curatore provveda al pagamento delle somme
assegnate ai creditori mediante assegni circolari (Cass. 6 maggio
1985, n. 2827, id., Rep. 1985, voce Fallimento, n. 542). Le indicate caratteristiche aiutano altresì a comprendere, per
ché il regolamento per la contabilità generale dello Stato, dopo aver stabilito in via generale che le entrate «si riscuotono in
contanti» (art. 225 r.d. 23 maggio 1924 n. 827), abbia poi am
messo che gli agenti della riscossione e le sezioni di tesoreria
II Foro Italiano — 1998.
provinciale possano «accettare in versamento . . . assegni circo
lari», oltre che vaglia cambiari della Banca d'Italia, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia (che rientrano, sia pure con
caratteristiche peculiari, nell'ampio genus degli assegni circola
ri) e assegni bancari purché emessi, come quelli circolari, «da istituti o aziende di credito».
Questa corte ha già avuto occasione di precisare che, quando tali titoli sono accettati in pagamento dal creditore, la loro effi
cacia solutoria consegue alla consegna del titolo e non è rinvia
ta al momento in cui il titolo viene materialmente riscosso (Cass. 22 febbraio 1996, n. 1399, id., Rep. 1997, voce Riscossione del le imposte, n. 78). E da tale orientamento il collegio non ritiene
di doversi discostare.
3.2. - Contrariamente a quel che mostra di ritenere l'ammini
strazione ricorrente, il principio posto dall'art. 1197 c.c. — il
quale stablisce che, se il creditore consente che il debitore si
liberi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, «l'ob
bligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita» — non è di ostacolo all'accoglimento di tale conclusione. Infat
ti, nell'ipotesi considerata, il titolo, pur non potendo essere for
malmente assimilato alla moneta legale, presenta caratteristiche che non lasciano alcun margine di dubbio in ordine all'esecu zione della prestazione. E deve quindi ritenersi che, in siffatte
ipotesi, il differimento della liberazione del debitore ad un mo
mento ulteriore, rispetto a quello in cui il titolo viene consegna to, non risponderebbe ad alcun interesse apprezzabile del credi
tore e si risolverebbe in un pregiudizio ingiustificato per il de
bitore.
L'art. 1174 c.c. impone alle parti del rapporto obbligatorio di comportarsi «secondo le regole della correttezza». E tale prin cipio, che opera su un piano di reciprocità, sta ad indicare che il codice, pur considerando preminente la posizione del credito
re, gli impone di avere considerazione per l'interesse del debito
re, che non può essere quindi sacrificato senza una valida ragio ne. Come invece avverrebbe se si consentisse al creditore che
abbia accettato in pagamento un assegno circolare di non consi
derare liberatorio (e quindi non perfezionato) tale adempimento fino a quando la somma di denaro non sia da lui materialmente
incassata. Specie quando, come nel caso di specie, l'accogli mento di tale tesi porterebbe a spostare in avanti l'inizio della
decorrenza del termine concesso, a pena di decadenza, per con
testare la prestazione ricevuta, portando il creditore a beneficia
re, senza alcun plausibile motivo, di uno spazio temporale più
ampio di quello inderogabilmente fissato dalla legge. 3.3. - Tali principi sono pienamente operanti anche rispetto
ai rapporti obbligatori intercorrenti tra i privati e le pubbliche amministrazioni i quali, come è stato ormai chiarito, sono in
linea di principio assoggettati, quale che sia la fonte dalla quale abbiano avuto origine, alla disciplina di diritto comune, dettata
dal codice civile.
4. - Il ricorso deve essere quindi respinto.
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