sezione I civile; sentenza 20 marzo 1998, n. 2957; Pres. R. Sgroi, Est. Ferro, P.M. Cafiero (concl.conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato De Bellis) c. Fall. soc. Immobiliare Prato. ConfermaComm. trib. centrale 12 aprile 1994, n. 1015Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 11 (NOVEMBRE 1998), pp. 3241/3242-3245/3246Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192445 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 marzo
1998, n. 2957; Pres. R. Sgroi, Est. Ferro, P.M. Cafiero
(conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Db Bellis) c.
Fall. soc. Immobiliare Prato. Conferma Comm. trib. centrale
12 aprile 1994, n. 1015.
Registro (imposta di) — Concordato preventivo con cessione
dei beni — Sentenza di omologazione — Imposta fissa (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 160; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, disciplina dell'imposta di registro, ali. A, tariffa, parte I, art. 8).
Ai sensi del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, la sentenza di omolo
gazione del concordato preventivo per cessione dei beni ai
creditori è assoggettata all'imposta fissa di registro e non a
quella proporzionale. (1)
(1) La sentenza è resa con riferimento al (non più vigente) d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, ma, ad avviso della Suprema corte, a conclusio ni non dissimili si giunge in applicazione del d.p.r. 26 aprile 1986 n.
131 in cui sono state trasfuse le disposizioni del d.p.r. n. 634.
Il principio di diritto enunciato in massima — che non sembra avere, nella giurisprudenza di legittimità, precedenti editi in tali esatti termini
(v., però, con riferimento alla normativa di cui al r.d. 3269/23, Cass. 15 maggio 1972, n. 1464, Foro it., 1973, I, 856) — muove dalla premes sa che l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro (pacifica mente ritenuta dal medesimo Supremo collegio in caso di concordato
per garanzia: v. Cass. 2 agosto 1990, n. 7767, id., 1991, I, 2828, con
nota di richiami; più di recente, cfr. Cass. 4 novembre 1992, n. 11967,
id., Rep. 1992, voce Registro (imposta), n. 182; 17 aprile 1998, n. 3917,
id., Mass., 413) trova il suo presupposto soltanto in una fattispecie
giuridica risolventesi in un trasferimento di beni (o di diritti) o nell'as
sunzione di obbligazioni (per tali intendendosi quelle che, non essendo meramente riproduttive della situazione debitoria del proponente, pos sano essere assunte come fonte genetica di una situazione giuridica au
tonomamente rilevante inter partes), ipotesi queste inconfigurabili nel
concordato con cessione di beni.
Nel senso dell'applicazione dell'imposta fissa al concordato con ces
sione dei beni, v. pure Comm. trib. centrale 13 gennaio 1987, n. 284,
id., Rep. 1987, voce cit., n. 212, e Comm. trib. I grado Prato 16 marzo
1987, ibid., n. 223.
Non essendo stata dedotta nel giudizio di legittimità, la Cassazione
non affronta direttamente la questione dell'applicabilità dell'imposta
proporzionale di registro sull'ammontare delle fideiussioni complemen tarmente prestate; nondimeno, seppure in termini di obiter dictum, espri me l'avviso che le considerazioni poste a base della conclusione negati va, generalmente condivisa nel caso di concordato preventivo di cui all'art. 160, 2° comma, n. 1, 1. fall, (v., da ultimo, Cass. 17 aprile
1998, n. 3917, cit., ove la tassazione proporzionale è esclusa sul rilievo
dell'obbligatorietà delle garanzie stesse), potrebbero non attagliarsi al
l'ipotesi di concordato con cessione di beni. Nel senso che alla sentenza
che omologa un concordato preventivo con cessione di beni e con ga
ranzia, da parte di un terzo, del pagamento, fino alla concorrenza del
quaranta per cento dei crediti chirografari, è applicabile l'imposta fissa di registro, v. Comm. trib. I grado Lucca 13 luglio 1989, id., Rep.
1989, voce cit., n. 379.
La Suprema corte ritiene poi opportuno aggiungere che, nel caso in
cui la cessione dei beni di una società sia accompagnata dall'offerta dei beni personali dei soci, sarebbe ipotizzabile l'applicazione della tas
sazione proporzionale (sul punto, v. Comm. trib. centrale 25 novembre
1993, n. 3328, id., Rep. 1995, voce cit., n. 144, per la quale la proposta di concordato preventivo, che, oltre alla cessione dei beni sociali, preve da la cessione dei beni personali dei soci, si configura non come accollo
del debito o come cessione alla massa, ma come concorso nell'adempi mento dell'obbligo della società; pertanto, è soggetta all'imposta fissa
di registro di cui all'art. 8, lett. /, ali. A al d.p.r. 26 ottobre 1972
n. 634; cfr., in argomento, anche Cass. 9 novembre 1981, n. 5913,
id., Rep. 1982, voce cit., n. 179, ove si legge che la sentenza che omolo
ga il concordato preventivo in cui ha avuto luogo la cessione dei beni
dei soci ai creditori (e non dei beni della società) enuncia non soltanto
un negozio di cessione dei beni, ma anche di accollo e di cessione dei
crediti, come tale assoggettabile ad imposta proporzionale di registro;
diversamente, App. Bologna 24 febbraio 1978, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 186, secondo la quale il concordato preventivo con cessione
di beni di terzi non perde per questo la sua natura e non si configura come un accollo; esso, pertanto, è e rimane soggetto alla tassa fissa
di registro prevista per le cessioni di beni ai creditori). In dottrina, v. U. Apice, / concordati e l'imposta di registro, in Fi
sco, 1994, 10020, per il quale «nel caso di cessio honorum, la sentenza
di omologazione sconterà la sola tassa fissa ai sensi dell'art. 8 della
tariffa, parte prima. Ciò in quanto il concordato preventivo, al pari della cessio honorum di cui all'art. 1977 c.c., non dà luogo a un trasfe
rimento di diritti, ma soltanto a un mandato (del debitore ai creditori)
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — In sede di registrazione della
sentenza del Tribunale di Prato 20 gennaio 1982 avente ad og
getto l'omologazione del concordato preventivo proposto dalla
s.r.l. Immobiliare Prato, l'ufficio del registro liquidava il tribu to principale in lire 7.387.300, di cui lire 20.000 per imposta in misura fissa ai sensi dell'art. 8, lett. f) della tariffa all. A parte prima di cui al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, lire 5.600.000
per imposta proporzionale in ragione dell'aliquota del due per
cento sull'ammontare della convenzione ivi enunciata intercorsa
tra la società debitrice e i creditori per il pagamento dei crediti chirografari nella misura del quaranta per cento, lire 1.750.000
per imposta proporzionale ai sensi dell'art. 6 della tariffa sul
l'importo delle fideiussioni prestate, e lire 17.300 per accessori.
Avverso l'avviso di liquidazione, notificato il 29 agosto 1983, proponeva ricorso il commissario liquidatore del concordato il
quale deduceva l'illegittimità della pretesa dell'ufficio sostenen
do che la sentenza, concernente l'omologazione di un concorda
to preventivo con cessione dei beni proposto in conformità alla
previsione di cui all'art. 160, 2° comma, n. 2, 1. fall., doveva
essere assoggettata soltanto all'imposta in misura fissa, e rile
vando subordinatamente che, anche ove fosse riconosciuto un
contenuto negoziale obbligatorio astrattamente imponibile in tale
forma di concordato, nessuna imposta proporzionale sarebbe
risultata dovuta, attesa l'assenza di debiti chirografari. La Commissione tributaria di primo grado di Prato, con de
cisione 10 dicembre 1983, n. 2681, in accoglimento del ricorso
dichiarava illegittimo l'avviso di liquidazione impugnato dichia rando dovuta la sola imposta fissa ai sensi dell'art. 8 della tariffa.
Tale decisione, impugnata dall'ufficio, veniva confermata dalla
Commissione tributaria di secondo grado di Firenze con la de
cisione 2 marzo 1985, n. 286.
L'ulteriore ricorso dell'ufficio alla Commissione tributaria cen
trale veniva da questa rigettato con la decisione 17 gennaio/12
aprile 1994, n. 1015.
Contro quest'ultima decisione insorge l'amministrazione delle
finanze dello Stato con il presente ricorso per cassazione, ritual
mente e tempestivamente notificato al curatore del fallimento,
nelle more dichiarato (come da prodotta certificazione della can
celleria del Tribunale di Prato), della s.r.l. Immobiliare Prato, in persona del dott. Giancarlo Bragagni. Il curatore del falli
mento non si è costituito nella presente fase di giudizio. Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso l'am
ministrazione delle finanze deduce «violazione ed errata appli cazione dell'art. 8, lett. f) e c), tariffa, ali. A, parte I, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.», censurando specificamente la motivazione della
denunziata sentenza nella parte in cui si afferma che il concor
dato preventivo con cessione dei beni «non ha natura diversa
da quella prevista dal codice civile (art. 1977 ss.) che costituisce
una fattispecie di mandato irrevocabile a liquidare in rem suam
in favore dei creditori: in favore di questi non si verifica alcun
trasferimento di beni né il debitore assume l'obbligo di pagare loro una determinata somma, ma mette a loro disposizione il
per la gestione e liquidazione dei beni (. . .). Naturalmente (...) i sin
goli atti di alienazione compiuti dal liquidatore sconteranno le normali
imposte di registro (in alternativa con l'Iva)» (di tale a., v. anche, Adem
pimenti fiscali del curatore fallimentare, Roma, 1990, 40); sempre nel
senso dell'imposizione a tassa fissa, v. G. Lo Cascio, Ancora sulla sen
tenza di omologazione del concordato e sulla sua assoggettabilità al
l'imposta di registro (nota a Cass. 23 maggio 1990, n. 4665, Foro it.,
Rep. 1990, voce cit., nn. 205, 210), in Giust. civ., 1990, I, 1965; A.
Ghini, L'applicazione dell'imposta di registro nella «cessio honorum», in Fisco, 1987, 6593; D. Mazzocca, L'imposta di registro e le procedu re concorsuali, in Dir. fallim., 1987, I, 57; A. Piras, Concordato giudi ziale e imposta di registro, in Giur. comm., 1977, I, 990. In argomento, cfr. anche S. Gallo, L'imposta di registro sulle sentenze di omologa zione di concordato preventivo con cessione di beni, in Fisco, 1980,
14; A. Montesano, La tassazione delle sentenze di omologazione del
concordato preventivo e fallimentare, in Impresa, 1996, 866; R. Sgroi
Santagati, Imposta di registro e omologazione del concordato, in Dir.
fallim., 1995,1, 112; U. Mignosi, Il concordato preventivo nella recen
te giurisprudenza dell'imposta di registro, in Tributi, 1995, 951.
L'orientamento dell'amministrazione finanziaria sulla tassazione agli effetti dell'imposta di registro delle sentenze omologative di concordati
preventivi e fallimentari è espresso in min. fin. circ. 5 luglio 1991, n.
35/221085, Fisco, 1991, 5459. Per ulteriori riferimenti, cfr. nota a Cass. 2 agosto 1990, n. 7767, cit.
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3243 PARTE PRIMA 3244
proprio patrimonio con il rischio che essi possano ricevere, in
soddisfazione delle loro ragioni, una percentuale anche minore
del quaranta per cento». Assume l'amministrazione ricorrente
che tali affermazioni sarebbero, da un lato, erronee, e, dall'al
tro, non influenti, osservando: sotto il primo profilo, che anche
nel caso di cessione dei beni come nel concordato per garanzia dovrebbe ritenersi che il debitore concordatario assuma l'obbli
go di pagare la percentuale prevista ai creditori chirografari, e che anche nel concordato per cessione dei beni si verifica l'ef
fetto remissorio con la liberazione del debitore da ogni altra
obbligazione verso i creditori; sotto il secondo aspetto, che la
soluzione del problema dovrebbe essere comunque rinvenuta, su base normativa testuale, nel disposto dell'art. 8, tariffa, ali.
A, parte I, lett. c), d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 che fa riferi
mento agli atti giudiziali aventi per oggetto beni e diritti diversi da quelli indicati nelle lett. a) e b).
L'assunto dell'amministrazione ricorrente si palesa infondato.
Il problema se la sentenza di omologazione del concordato
preventivo per cessione dei beni, previsto dall'art. 160, 2° com
ma, n. 2, r.d. 16 marzo 1942 n. 267, sia soggetta all'imposta
proporzionale di registro di cui all'art. 8, lett. c), tariffa ali.
sub A al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, applicabile ratione tem
poris in relazione alla fattispecie in esame, ovvero alla tassa
fissa di registro di cui alla lett. f) dello stesso articolo che con
templa gli atti di omologazione (problema che non risulta essere
stato, con riferimento al vigore del citato testo normativo, pri ma di oggi affrontato ex professo dalla giurisprudenza di legit
timità, nella quale si rinvengono invece molteplici precedenti relativi alla tassazione dell'omologazione del concordato per ga
ranzia), esige di essere risolto sulla base di una interpretazione contenutistica e sistematica che al di là del dato normativo te
stuale tenga conto del fondamentale principio enunciato nel
l'art. 19 della legge secondo cui «le imposte sono applicate se
condo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti», non
disgiunta da un'interpretazione storica per la quale si rende uti
le una preliminare disamina del regime che nella legislazione
precedentemente vigente era riservato alle sentenze in questione. Nella tariffa allegata al r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 trova
vano collocazione le seguenti distinte disposizioni: l'art. 26 pre vedeva l'applicazione della tassa fissa per le «cessioni volontarie
di beni fatte dal debitore alla massa dei suoi creditori per la
vendita»; l'art. 32 prevedeva l'imposta proporzionale da appli carsi a «convenzioni o concordati tra i creditori e il loro debito
re stipulati tanto prima che dopo la dichiarazione di fallimento
e contenenti obbligazioni di somma»; e l'art. 126 sottoponeva a tassa fissa le «sentenze di omologazione di concordati nei giu dizi di fallimento», con la espressa precisazione — di cui alla
nota marginale — che questa era dovuta indipendentemente dal
l'imposta proporzionale. Nel vigore di tale normativa, nel caso
di concordato con garanzia l'amministrazione sottoponeva al
l'imposta proporzionale il verbale di accertamento del voto nel
quale veniva individuato il momento perfezionativo della con
venzione privata, nonché, concorrentemente, alla tassa fissa la
sentenza di omologazione; e tale duplice imposizione veniva ri conosciuta legittima dalla giurisprudenza, espressa nelle senten
ze della Corte di cassazione 119/80, Foro it., Rep. 1980, voce
Registro (imposta), nn. 224-226, e 5401/81, id., Rep. 1981, vo
ce cit., n. 220, e veniva ritenuta giustificata dalla prevalente dottrina in considerazione della rilevanza novativa del contenu
to vincolante del concordato rispetto alle preesistenti obbliga zioni facenti capo al debitore, ravvisandosi tale effetto novativo
sia in ordine al titolo costitutivo, sia in ordine all'ammontare
degli obblighi assunti in percentuale, sia in ordine alle scadenze
per i pagamenti. In relazione all'ipotesi del concordato con ces
sione dei beni si riteneva invece che dovesse applicarsi soltanto
la tassa fissa di cui all'art. 26 osservandosi che in tal caso non risultava configurabile alcun trasferimento di beni né l'assun
zione di un obbligo di pagare una determinata entità pecuniaria ai creditori, i quali si accollavano il rischio di ricevere un soddi sfacimento maggiore o minore rispetto alla misura minima del
quaranta per cento stabilita dalla legge fallimentare (Cass.
1793/66, id., 1966, I, 1504; 1464/72, id., 1973, I, 856). E il dubbio circa la eventuale illegittimità costituzionale del coordi
nato disposto dei citati art. 26 e 32, tariffa, ali. A al r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, sollevato in relazione all'art. 3 e all'art.
53 Cost. — sul rilievo che lo stato di insolvenza pone il debito
re, relativamente alla capacità contributiva, sullo stesso piano
Il Foro Italiano — 1998.
qualunque sia il modo prescelto al fine di addivenire al concor
dato — è stato dapprima ritenuto superabile nella giurispruden za di merito osservandosi che il rapporto di imposta doveva
ritenersi riferibile non al debitore ma al creditore che assume
una diversa posizione nell'una e nell'altra forma di concordato, e poi, sottoposto alla Corte costituzionale, ha ricevuto da que sta risposta negativa (con la sentenza 212/75, id., 1975, I, 2414) sul rilievo che il concordato con garanzia implica l'obbligo del
pagamento di somme determinate mentre la cessione dei beni
per la vendita conferisce ai creditori soltanto la facoltà di pro cedere alla liquidazione dei beni del debitore nell'interesse co
mune (atteggiandosi così come cessio pro solvendo e non pro soluto).
Nel d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 non è stata riprodotta la
specifica menzione delle convenzioni e dei concordati stipulati tra creditori e debitori sia prima che dopo la dichiarazione del
fallimento e portanti obbligazioni al pagamento di somme né
quella delle cessioni volontarie dei beni alla massa dei creditori
per la vendita; manca inoltre l'esplicita menzione della sentenza
omologativa del concordato tra i provvedimenti giurisdizionali
soggetti a tassazione proporzionale. Con riferimento a tale situazione di diritto positivo, fermo
restando — quale supporto dogmatico dell'indagine — il supe ramento della remota concezione contrattualistica e l'accogli mento di una ricostruzione dell'istituto del concordato in termi
ni processualistici e quindi pubblicistici come procedimento com
plesso il cui momento conclusivo giudiziale assorbe il contenuto
pattizio che in esso viene recepito, ritiene questo collegio che, nella persistente invariata rilevanza delle caratteristiche specifi che del concordato con cessione dei beni (considerato nella sua
struttura giuridica e nel contenuto economico ad essa sotteso), debba essere affermata, come già veniva affermata in relazione
alla disciplina precedentemente vigente, l'applicabilità alla sen
tenza di omologazione della sola imposta fissa di cui alla lett.
f) dell'art. 8 della tariffa e non invece dell'imposta proporzio nale che potrebbe trovare il suo presupposto soltanto in una
fattispecie giuridica risolventesi in un trasferimento di beni (o di diritti) o nell'assunzione di obbligazioni (per tali intendendo si quelle che, non essendo meramente riproduttive della situa
zione debitoria del proponente, possano essere assunte come fonte
genetica di una situazione giuridica autonomamente rilevante
inter partes). Dell'una e dell'altra ipotesi è infatti da escludere
la configurabilità nel concordato per cessione dei beni, che in
ciò manifesta una connotazione intrinseca radicalmente diffe
renziata rispetto al concordato per garanzia, in relazione al quale la giurisprudenza di legittimità riconosce l'assoggettabilità della
sentenza omologativa all'imposta proporzionale prevista dalla
lett. c) dell'art. 8 della tariffa (v. Cass. 681/86, id., 1986, I, 921; 1951/86, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato e pub
blico, n. 200; 2970/90, id., Rep. 1990, voce Registro (imposta), n. 206; 4665/90, ibid., nn. 205, 210; 5769/90, ibid., n. 207;
11967/92, id., Rep. 1993, voce cit., n. 89). Il fatto, comunemente riconosciuto come rispondente alla realtà
giuridica, che dopo l'omologazione e durante la fase di liquida zione, fino al momento dell'alienazione (unitaria o frazionata) i beni del debitore concordatario rimangano oggetto di sua pro
prietà, ancorché assoggettati ad un vincolo di destinazione al
quale non possono essere sottratti, dimostra con carattere di
evidenza che dalla omologazione della sentenza non deriva al
cun trasferimento. Invero, il riconoscimento dell'assenza, nel concordato preventivo con cessione dei beni, di una finalità e
di un effetto immediatamente traslativi emerge dalla giurispru denza di questa Suprema corte che con la sentenza 4177/81,
id., 1982, I, 603, ha inquadrato l'istituto in esame nell'ambito della figura della cessio honorum di cui all'art. 1977 c.c., me
diante la quale il debitore incarica i propri creditori (o alcuni di essi) di liquidare tutte le sue attività patrimoniali (o una parte di esse) e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti, e, in altra occasione ha affermato espressamen te che la cessione non produce in se stessa alcun effetto traslati
vo, integrando essa una forma particolare di mandato conferito
anche nell'interesse del mandatario. E proprio sulle esigenze con nesse all'attuazione di un mandato del genere risulta modellata
la figura del liquidatore, che domina lo scenario della fase di esecuzione del concordato con cessione dei beni, e risultano de
terminati i poteri e i doveri a lui attribuiti dalla legge in una
prospettiva che ovviamente non è meramente privatistica e co
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
me tale rimessa all'autonomia negoziale delle parti, ma si collo
ca in un contesto istituzionalizzato.
Sotto altro punto di vista, è agevole constatare che dalla ces
sione concordataria non scaturisce a carico del debitore un ob
bligo giuridico in senso proprio, del quale infatti sarebbe vano
ricercare un atto di adempimento da parte del debitore stesso nello sviluppo fisiologico della procedura. Il debitore non pro
pone (e non sottopone all'approvazione dei creditori e al con
trollo giudiziale) l'assunzione di un nuovo obbligo bensì una
particolare modalità (almeno parzialmente) satisfattoria che possa essere giudicata conveniente nell'interesse comune: per contro
i creditori si onerano del rischio dell'eventualità che la liquida zione non dia luogo in concreto a un risultato satisfattorio cor
rispondente a quello previsto dalla legge in astratto e verificato
preventivamente in concreto dai creditori stessi con l'approva zione e dall'autorità giudiziaria con l'omologazione, ma soltan
to in via di attendibile probabilità, la cui mancata realizzazione
non trova nel concordato con cessione, per espressa disposizio ne di legge, la sanzione della risoluzione, a differenza di quanto avviene nel concordato di garanzia nel caso di inadempimento
(a prescindere dai temperamenti che la giurisprudenza tende a
introdurre a tale principio a maggior tutela dei creditori). Viene
meno quindi la possibilità di rinvenire nell'obbligo (inesistente) la fattispecie novativa della situazione obbligatoria pregressa che, nell'altro tipo di concordato, assume il rilievo di fatto costituti
vo della pretesa tributaria: il «differente sistema di soddisfaci
mento dei crediti», di cui l'amministrazione ricorrente non può non ammettere l'esistenza, si risolve, per tal modo, in una di
versità di fenomenologia giuridica alla quale non può restare
indifferente il modo di atteggiarsi del presupposto impositivo. Non appare, invece, significativo il rilievo che in entrambe le
ipotesi si verifica (o quanto meno tende a verificarsi) lo stesso
effetto remissorio a favore del debitore concordatario.
Sotto il profilo della natura e degli effetti dell'atto, la distin
zione tra il regime applicabile al concordato con garanzia e quello che si ritiene congruente al concordato con cessione dei beni
trova giustificazione razionale nella diversità che emerge dalla
considerazione sostanziale del significato economico dei rispet tivi presupposti impositivi, la quale non è sfuggita all'attenzio
ne del giudice delle leggi. Invero, come ha osservato la Corte
costituzionale nella citata sentenza 212/75 (pronunciata, come
si è detto, in relazione alla normativa di cui al r.d. n. 3269 del 1923, ma sulla scorta di considerazioni significative anche
nel vigore del d.p.r. n. 634 del 1972), la cessione dei beni è,
generalmente, prodromica alla cessazione dell'impresa (quanto meno con riguardo alla sua individualità soggettiva, cioè con
riguardo alla titolarità giuridica dell'attività imprenditoriale in
capo al debitore concordatario, pur nella prospettiva — bene
spesso dominante — della conservazione del valore dell'azienda
oggettivamente considerata), mentre l'altra forma di concorda
to ne consente la continuazione ed anzi tende a renderla prati camente possibile evitando la dichiarazione del fallimento; inol
tre, il fatto stesso che un debitore abbia potuto reperire i mezzi
e ottenere le garanzie occorrenti per rendere accettabile l'obbli
gazione di un adempimento parziale sta a dimostrare una capa cità contributiva ben diversa da quella di altro debitore che per ottenere lo stesso scopo esdebitatorio debba cedere ogni suo
avere: il che ha condotto la Corte costituzionale a escludere
la violazione del principio di uguaglianza. Per contro, non sem
bra che la citata sentenza della Corte costituzionale possa offri
re determinante contributo ermeneutico con V obiter dictum col
quale riconduce le convenzioni e i concordati tra creditori e de
bitori e le cessioni volontarje di beni, già contemplate come tali
dal r.d. n. 3269 del 1923, rispettivamente, alla categoria degli «atti a contenuto patrimoniale» così genericamente definiti dal
l'art. 9 della tariffa del d.p.r. n. 634 del 1972, soggetti ad impo sta proporzionale, e a quella dei «contratti preliminari di ogni
specie» di cui all'art. 10 a cui si applica la tassa fissa. Del tutto inconferente si palesa, rispetto alla presente materia
del contendere, il richiamo dell'amministrazione ricorrente alla
già citata sentenza 681/86, la quale attiene ad una ipotesi di concordato preventivo con garanzia e contiene l'espressa preci sazione che al suo fondamento motivazionale rimane estranea
la considerazione del concordato con cessione dei beni, onde
a tale precedente non risulta attribuibile una valenza generale che esso non può (e dichiaratamente non vuole) assumere, e
che risulterebbe smentito nella non riferibilità delle argomenta
li Foro Italiano — 1998.
zioni ivi svolte alle segnalate peculiarità del concordato preven tivo con cessione dei beni.
Esula dall'attuale materia del contendere, non essendo stata
la decisione della commissione centrale censurata sul punto spe cifico dall'amministrazione ricorrente, l'esclusione dell'applica zione dell'imposta proporzionale all'ammontare delle fideius sioni complementarmente prestate: giova ricordare che nella giu
risprudenza formatasi in ordine al concordato per garanzia tale
esclusione viene riconosciuta fondata, peraltro sul rilievo — che
non sembra sic et simpliciter ripetibile in tema di cessione dei beni — dell'obbligatorietà delle garanzie previste dalla legge in
quella forma di concordato.
È opportuno aggiungere, per completezza, che la ratio deci
dendi qui esposta non impedisce di ritenere che nell'ipotesi —
estranea alla vicenda concordataria sottoposta a questa corte — in cui la cessione dei beni di una società sia accompagnata dall'offerta dei beni personali dei soci possa configurarsi una
fattispecie novativa nei confronti dei soci che per tal modo con
corrono all'estinzione di un debito altrui (attesa l'alterità sog
gettiva tra la società e i soci) caratterizzata da una certa analo
gia rispetto alla posizione dell'assuntore, e che, in tali limiti,
possa risultare legittima la tassazione proporzionale, senza che,
peraltro, ne venga a risultare snaturato il regime fiscale da ri
servarsi, nel senso di cui sopra, al concordato con cessione dei
beni del debitore principale. Osservasi poi, conclusivamente, che l'interpretazione qui ac
colta e le conclusioni a cui essa conduce valgono anche con
riferimento alla disciplina attualmente vigente di cui al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, dappoiché la formulazione dell'art. 8 del
la nuova legge di registro non è sostanzialmente diversa da quella precedente, essendo state unificate nella nuova lett. a) le previ sioni delle lett. a), a bis), b) del precedente testo normativo non
ché la prima parte della lett. c) contenente la locuzione «aventi
per oggetto beni e diritti diversi da quelli indicati nelle lett. a), b)» in modo da rendere possibile la completa applicazione delle
aliquote previste in relazione alle corrispondenti fattispecie: sot to il quale profilo la giurisprudenza di legittimità ha riafferma
to, in relazione all'ipotesi del concordato con garanzia, l'assog
gettabilità della sentenza di omologazione all'imposta propor zionale (Cass. 4665/90, cit.).
Per le ragioni suesposte il ricorso dell'amministrazione finan
ziaria riceve reiezione.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 feb braio 1998, n. 2251; Pres. Cantillo, Est. Carbone, P.M. Maccarone (conci, conf.); Marini (Aw. Cavasola, Manci
ni) c. Chiari e altri (Aw. Mesiano, Carpi). Conferma App. Bologna 27 maggio 1995.
Società — Società di capitali — Inadempimento contrattuale
e pessima amministrazione del patrimonio — Amministratori — Responsabilità individuale verso il contraente — Esclusio
ne (Cod. civ., art. 2395). Società — Società di capitali — Fallimento — Amministratori
— Azione di responsabilità — Omesso esercizio da parte del
curatore — Creditori — Legittimazione — Esclusione (Cod.
civ., art. 2394; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli mento, art. 146).
L'inadempimento contrattuale di una società di capitali e la pes sima amministrazione del patrimonio sociale non implicano di per sé responsabilità degli amministratori, ai sensi dell'art. 2395 c.c., nei confronti dell'altro contraente. (1)
(1) La sentenza confermata, App. Bologna 27 maggio 1995, Foro
it., Rep. 1996, voce Società, n. 654, può leggersi per esteso in Dir.
fallim., 1996, II, 307, con nota di Gaiati. Nel senso che l'inadempi
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