Sezione I civile; sentenza 20 novembre 1980, n. 6164; Pres. Marchetti, Est. Cantillo, P. M.Antoci (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Rossi) c. Perchinunno (Avv. Micheli).Conferma Comm. trib. centrale 30 aprile 1979, n. 5676Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 2263/2264-2265/2266Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23173039 .
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2263 PARTE PRIMA 2264
preventivo procedimento extragiudiziario, nel mentre per le con
troversie in relazione alle quali l'ordinamento giuridico un tale interesse non considera, di nessun rilievo può essere la circo stanza che un siffatto procedimento (previsto da fonti diverse da quelle legislative oppure da queste indicato come meramen te facoltativo: cfr. l'art. 410 cod. proc. civ., nuovo testo), sia stato oppur no promosso e sia stato oppur no esaurito, non
potendo invero operare limite alcuno al già ricevuto principio della libera esperibilità dell'azione giudiziaria.
Richiamando pertanto l'insegnamento di questa Suprema cor te a proposito della mera facoltatività, nella materia di lavoro, delle procedure di conciliazione previste dai contratti ed ac
cordi collettivi (cfr. per es. la sent. n. 4307 del 25 settembre
1978, id., Rep. 1978, voce Lavoro (rapporto), n. 1393) si os
serva ancora come non possa ritenersi in alcun modo ope rativo il criterio richiamato dalla ricorrente circa l'incompati bilità della contemporanea richiesta di deliberazione sull'iden
tico oggetto dato invero che l'esercizio dell'azione giudiziaria
toglie in ogni caso alle suddette procedure la ragione stessa
di essere, ancorché esse siano state iniziate e non terminate
(ove invece siano state esaurite, l'efficacia dell'atto di conci
liazione eventualmente concluso rispetto alle pretese fatte va lere in giudizio va esaminata alla stregua delle disposizioni di
cui all'art. 2113 cod. civ. sub art. 6 della legge n. 533 del 1973 e, in particolare, di quella di cui al 4° comma di esso), laddove
il suddetto criterio concerne più propriamente limitati settori
propri del diritto amministrativo. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 20 no
vembre 1980, n. 6164; Pres. Marchetti, Est. Cantillo, P.M.
Antoci (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Rossi) c. Perchinunno (Avv. Micheli). Conferma Comm. trib. cen
trale 30 aprile 1979, n. 5676.
Tributi in genere — Redditi professionali soggetti a ritenuta alla
fonte — Tassabilità — Regime transitorio (D. pras. 29 gen naio 1958 n. 645, t. u. sulle imposte dirette, art. 17, 81, 115,
128; d. pres. 29 settembre 1973 n. 597, istituzione e disci
plina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, art. 83).
Ai redditi derivanti dall'esercizio di arti e professioni soggetti a
ritenuta alia fonte, se prodotti prima della riforma tributaria
introdotta col d. pres. 29 settembre 1973 n. 597, ancorché siano
stati percepiti successivamente, è applicabile la previgente im
posta di r. m. e non la nuova imposta sul reddito delle persone
fisiche. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — L'avv. Perchi
nunno, che aveva svolto attività professionale per il comune di
Lesina dal 1957 al 1973, ottenne la liquidazione delle sue compe tenze, in lire 32.500.000, soltanto nel 1975, dopo l'entrata in vi
gore della disciplina i.r.p.e.f., e su tale somma operò una rite nuta d'acconto di poco più di quattro milioni in base all'art. 25 d. pres. n. 600 del 1973, applicando, cioè, la nuova normativa.
L'avv. Perchinunno non condivise l'operato del comune e chie se il rimborso dell'imposta, prima all'intendenza di finanza e poi con ricorso alle commissioni tributarie, deducendo che i com
pensi, relativi a prestazioni professionali esauritesi prima della nuova legge, andavano imputati agli anni in cui l'attività mede sima si era svolta, con la conseguenza che l'art. 25 suddetto era
inapplicabile, e, anzi, era preclusa ogni ulteriore tassazione del
reddito suddetto, giacché egli, valendosi del condono fiscale, ave va definito il carico tributario relativo agli anni precedenti al
gennaio 1974.
(1) La decisione, ora confermata, Comm. trib. centrale 30 aprile 1979, n. 5676 è massimata in Foro it., Rep. 1979, voce Tributi in ge nere, n. 313. Nello stesso senso: Comm. trib. centr. 12 marzo 1979, n. 3680 (in fattispecie del tutto analoga), ibid., n. 314; Comm. trib. I
grado Bari 26 giugno 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 433. Sull'applicazione dell'art. 83, 2° comma, d. pres. 29 settembre 1973
n. 597, v. altresì Comm. trib. centrale 15 gennaio 1980, n. 332 (in tema di tassazione di emolumenti pensionistici arretrati) e 27 gennaio 1980, n. 660 (in tema di tassazione di premio per il rinvenimento di
reperti archeologici), Comm. trib. centr., 1980, I, 260 e 352. Sul rilievo dell'anno di competenza ai fini della tassazione in
r. m., cfr. Cass. 16 ottobre 1974, n. 2874 (citata in motivazione), Foro it., 1974, I, 3312; Comm. centrale 30 gennaio 1975, n. 1444, id., Rep. 1975, voce Ricchezza mobile (imposta sulla), n. 58; 18 mag
gio 1976, n. 7150, id., Rep. 1976, voce cit., n. 80.
Questa tesi è stata condivisa dalla commissione tributaria di
secondo grado e, con la denunciata decisione del 30 aprile 1979, dalla Commissione centrale.
Questa ha osservato che l'art. 83 della legge i.r.p.e.f., per i
rapporti in corso alla data della sua entrata in vigore, dispone che i vecchi tributi continuano ad applicarsi in relazione ai pre
supposti di imposizione verificatisi anteriormente al 1° gennaio 1974 e, con il secondo comma, assoggetta alla stessa disciplina anche i redditi percepiti dopo il 31 dicembre 1973, a condi
zione, però, che tali redditi, secondo la precedente disciplina, siano imputabili al periodo d'imposta in cui è sorto il diritto
alla percezione, cioè all'anno di competenza, ancorché secondo
la legge i.r.p.e.f. siano imputabili al periodo d'imposta in cui so
no effettivamente percepiti.
La commissione ha rilevato, poi, che nella precedente disci
plina i redditi professionali venivano tassati, ai sensi dell'art.
115 t. u. n. 645 del 1958, con il criterio della competenza, diver
samente dalla disciplina i.r.p.e.f., che adotta il criterio della cas
sa; ed ha perciò ritenuto applicabile il 2° comma dell'art. 83, do
vendosi i compensi imputare agli anni in cui fu svolta l'attività
produttiva del reddito.
Avverso questa decisione l'amministrazione ha proposto ricorso
affidato ad unico motivo. Resiste la controparte con controricorso.
Entrambe hanno presentato memorie.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso — de
nunciando la violazione degli art. 115 e 128 t. u. 29 gennaio 1958
n. 645, 3 legge 28 ottobre 1970 n. 801, 83 d. pres. 29 settembre
1973 n. 597, 25 e 26 d. pres. 29 settembre 1977 n. 600, nonché
vizi della motivazione — l'amministrazione critica la decisione
della Commissione tributaria centrale nella parte in cui ha rite
nuto applicabile alla concreta vicenda, in base all'art. 83 cit., il regime fiscale precedente alla riforma, nel convincimento che
i redditi professionali fossero tassabili, nella normativa abroga
ta, con riferimento al periodo d'imposta in cui era stata eseguita la prestazione. Sostiene che, per i redditi di tale natura soggetti a ritenuta d'acconto, il presupposto del tributo venisse ad esi
stenza, invece, al tempo della percezione, quando, cioè, si ope
rava la trattenuta, la quale, in caso contrario, avrebbe colpito — ad avviso della ricorrente — un reddito già tassato, e che
perciò, non operando nel caso in esame il secondo comma di
detta norma transitoria, la commissione avrebbe dovuto ritenere
legittima la ritenuta effettuata secondo la nuova normativa e con
seguenzialmente negare il diritto al rimborso dell'imposta, stante
altresì l'irrilevanza della circostanza che il Perchinunno si fosse
avvalso del condono di cui alla legge n. 823 del 1973, riflettente
soltanto i vecchi tributi.
La censura è infondata. Giova chiarire che la controversia —
insorta in conseguenza della ritenuta di lire 4.225.000 effettuata
dal comune di Lesina, in forza dell'art. 25 d. pres. n. 600 del
1973, a titolo di acconto i.r.p.e.f. sulla somma di lire 32.500.000
corrisposta all'avv. Perchinunno nel 1975, a saldo di prestazioni
professionali svolte in anni precedenti al 1973 — attiene all'indi
viduazione del tributo applicabile a tale reddito, occorrendo sta
bilire se esso, prodotto prima della riforma fiscale, ma percepito
dopo l'entrata in vigore della stessa, sia soggetto alla nuova im
posta personale ed alle relative procedure applicative, secondo la
tesi qui riproposta dall'amministrazione finanziaria, ovvero al sop
presso tributo mobiliare, cosi come affermato dalle commissioni
tributarie, che hanno perciò dichiarato illegittima la ritenuta e
riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso negando la
esistenza stessa dell'obbligazione tributaria, per avere egli defi
nito, mediante condono, il carico tributario afferente ai redditi
degli anni precedenti al 1974.
La ricorrente concorda sulla premessa — dalla quale corretta
mente muove la decisione impugnata — che il problema di dirit
to intertemporale ora enunciato debba essere risolto alla stregua della disciplina transitoria dettata dall'art. 83 d. pres. n. 597/1973
per i rapporti tributari sorti prima della sua entrata in vigore.
La norma, dopo di avere fissato, nel primo comma, la regola che i vecchi tributi continuano ad applicarsi in relazione ai pre
supposti di imposizione verificatisi in precedenza (anteriormente al 1° gennaio 1974), con il secondo comma stabilisce che lo stesso
principio vige anche per i redditi percepiti dopo il 31 dicembre
1973 in base ad un diritto sorto entro questa data, sempre che
debbano imputarsi, secondo la disciplina anteriore, al periodo di
imposta di insorgenza del diritto medesimo, a nulla rilevando, in
tal caso, che per la legge i.r.p.e.f. dovrebbero imputarsi al periodo in cui sono stati effettivamente percepiti.
In sostanza, la seconda parte della disposizione conferma l'ul
trattività della pregressa normativa per tutti i fatti imponibili ve
nuti ad esistenza nel vigore della medesima, anche quando il
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
reddito venga percepito in tempo successivo, e conseguenzial mente attribuisce a tale circostanza autonomo rilievo giuridico nell'ambito della disciplina sopravvenuta, assoggettando il cespi te alla nuova imposta, solo se già in base alla vecchia legge la tassazione dovesse essere fatta con riguardo al periodo di impo sta in cui è avvenuta la percezione, cioè, in pratica, a condi zione che quest'ultima, e non la mera produzione del reddito, costituisca presupposto dell'imposizione tanto per il nuovo quan to per il vecchio tributo.
Applicando questa regola alla concreta vicenda, va anzitutto rilevato che ai fini dell'i.r.p.e.f. i redditi di lavoro autonomo,
qual'è quello in questione, vanno sempre imputati al periodo d'imposta in cui sono percepiti. L'art. 50 d. pres. n. 597 del
1973, infatti, in coerenza con il c. d. principio della tassazione per cassa, accolto in via generale dall'art. 9 (secondo cui nella de
terminazione dei redditi e delle perdite non si tien conto dei cre diti esigibili non ancora riscossi e dei debiti scaduti non pagati), testualmente dispone che « il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra i compensi per cepiti nel periodo d'imposta e le spese inerenti all'esercizio del l'arte o professione effettivamente sostenute nel periodo mede simo ».
Non è seriamente contestabile, poi, che nel sistema dell'abro
gata imposta di r. m. vigesse, all'opposto, il c. d. principio della
competenza, secondo il quale i redditi vengono tassati nel pe riodo in cui sono prodotti e sorge il diritto di percepirli. Come altre volte ha avvertito questa corte, ciò risulta chiaramente, fra
l'altro, dagli art. 17 e 81 t. u. n. 645 del 1958, che individuano il presupposto del tributo nella « produzione di un reddito net
to » e ricollegano l'obbligazione tributaria al momento in cui
viene ad esistenza il cespite produttore del reddito medesimo, mentre l'effettiva sua percezione è circostanza estranea alla fat
tispecie impositiva (cfr. sent. n. 2874 del 1974, Foro it., 1974, I,
3312). Questo criterio si trova espressamente confermato, per i
redditi derivanti dall'esercizio di arti e professioni, nell'art. 115, secondo il quale il reddito è « costituito dall'ammontare dei com
pensi delle attività svolte nell'anno dal soggetto », detratte le
spese relative, sicché i ricavi e i costi debbono essere imputati all'anno di effettuazione delle prestazioni, indipendentemente dal
le effettive entrate e uscite.
L'esattezza di questa conclusione — che, secondo la norma
tiva transitoria, vale ad attrarre il rapporto in esame nell'orbita
del vecchio tributo mobiliare — viene negata dall'amministra
zione non già in assoluto, ma limitatamente ai redditi professio nali soggetti, come quello de quo, a ritenuta alla fonte, relativi,
cioè, a prestazioni a favore di enti pubblici o privati e di im
prenditori commerciali, i quali, ai sensi del 2° comma dell'art.
128 t. u. n. 645 del 1958, introdotto con legge 28 ottobre 1970 n.
801, erano obbligati ad operare, su due terzi delle somme cor
risposte per tali prestazioni, una ritenuta dell'8 % « a titolo di ac
conto dell'imposta dovuta dal soggetto percipiente ».
A parere della ricorrente, la ritenuta d'acconto sarebbe un isti
tuto proprio ed esclusivo dei tributi che assumono a presuppo sto dell'imposizione l'effettiva percezione del reddito, strutturati
secondo il criterio della «cassa» e non della «competenza», non
potendosi ammettere l'adempimento anticipato di un'obbligazione tributaria che, per essere relazionata al fatto generatore del red
dito, al momento del prelievo « in acconto » non solo è già sorta, ma potrebbe essere stata anche adempiuta, sicché si veri
ficherebbe un'evidente duplicazione. La citata legge n. 801 del
1970, quindi, nell'assoggettare a ritenuta i redditi professionali di cui sopra, avrebbe implicitamente, ma necessariamente, modi
ficato, rispetto ad essi, il presupposto dell'imposizione, spostan dolo dal momento della produzione a quello della percezione, con conseguenziale abrogazione in parte qua dell'art. 115, ad onta
dell'assolutezza della sua portata letterale, ascrivibile a difetto
di coordinamento.
La fragilità della tesi si avverte, però, sul piano normativo, già alla stregua di quest'ultimo rilievo, appena si consideri che il si
stema della ritenuta d'acconto — per la prima volta adottato,
ai fini del tributo mobiliare, con la legge 5 gennaio 1956 n. 1 —
era previsto, sia pure per una ristretta categoria di redditi di
lavoro autonomo (prodotti da stranieri o da residenti all'estero)
nel testo originario dell'art. 128 t. u. n. 645 del 1958 e successi
vamente fu esteso ai compensi dovuti dalle imprese commerciali
per prestazioni artistiche (ed altre indicate nell'art. 1 legge 21
aprile 1962 n. 226, contenente una nuova formulazione dell'art.
128) e, infine, con la legge cit. del 1970, ai compensi pagati dai
soggetti sopra indicati per le prestazioni d'opera professionale.
In questo quadro legislativo, infatti, il discorso sull'asserita in
compatibilità con il criterio della competenza non può essere
circoscritto ai redditi professionali, ma deve investire, ovviamen
te, gli altri redditi soggetti a ritenuta, ugualmente tassati in rela
zione al momento della produzione; e in questa più ampia pro spettiva non solo riesce arduo far carico al legislatore di un di
fetto di coordinamento reiterato e di cosi vasto rilievo, ma la tesi
dell'incompatibilità risulta compromessa in radice, per ciò che il
criterio di imposizione sancito dall'art. 115 e la ritenuta d'acconto
coesistevano, come si è detto, nell'originaria disciplina del tributo.
L'introduzione della ritenuta per i redditi professionali sicura
mente non può essere interpretata, quindi, in chiave di modifica, ancorché implicita, dei presupposti della tassazione e si inseri
sce, all'opposto, in un sistema che prevedeva quello strumento, volto ad assicurare la riscossione del tributo lasciandone fermo
l'assetto sostanziale.
La qual cosa si conferma considerando altresì' che la ritenuta
sui compensi professionali, secondo la legge n. 801 del 1970, non
era finalizzata alla sola imposta di r. m., ma riguardava anche
l'imposta complementare e i tributi locali; e lo stesso fenomeno
si verificava per altre ritenute, ugualmente funzionali ad una plu ralità di tributi articolati su presupposti diversi (cosi, ad es.,
quella stabilita con la citata legge n. 226 del 1962). In realtà, sfugge alla ricorrente che la ritenuta d'acconto, ne!
nuovo come nel vecchio ordinamento delle imposte sui redditi, è strutturata come fattispecie distinta dall'obbligazione tributaria
cui si riferisce e ha funzione strumentale rispetto al soddisfaci
mento della stessa, dovendosi annoverare fra le tecniche di accer
tamento (in senso lato) e di riscossione del tributo (ed è oggi
prevista appunto dal d. pres. n. 6Ù0 del 1973, concernente la
riscossione delle imposte dirette). Essa consiste, invero, nell'obbligo imposto a determinati sog
getti, nel momento in cui adempiono alla loro obbligazione nei
confronti del contribuente, di trattenere una quota parte del
l'importo oggetto del pagamento e di versarla all'ente impositore in conto dell'eventuale debito tributario del medesimo perci
piente. Pertanto non comporta alcuna alterazione dei principi sostanziali dell'imposizione, né sotto il profilo soggettivo, perché
l'obbligo giuridico suddetto grava su soggetto diverso dal con
tribuente, né sotto l'aspetto oggettivo della fattispecie impositi va, perché l'operazione è collegata ad un presupposto suo pro
prio, vale a dire l'adempimento della prestazione di cui è ere
ditore il soggetto passivo del tributo, in presenza del quale (fatto) la ritenuta deve sempre essere effettuata, a prescindere dall'esi
stenza e dall'ammontare del debito tributario, salvo il diritto del
contribuente al rimborso ove il tributo risulti non dovuto, o do
vuto in misura inferiore, dal controllo effettuato nelle sedi oppor
tune, secondo gli ordinari procedimenti. Di qui il carattere meramente strumentale dell'istituto, nel
senso che adempie in ogni caso ad una funzione cautelare, fa
vorendo l'accertamento del reddito complessivo del percipien te e garantendo l'adempimento del tributo, e nel senso che, ove
questo sia dovuto, costituisce un mezzo di riscossione del
medesimo.
Ciò posto, cade anche l'argomento — sul quale particolar mente insiste la ricorrente — circa l'asserita incompatibilità con
cettuale e giuridica della ritenuta di acconto con il sistema
della competenza: la circostanza che la trattenuta sia inscin
dibile dalla percezione del reddito non spiega alcuna influenza,
per quanto ora detto, sul presupposto del tributo, essendo irri
levante, ai fini dell'operazione de qua, che il fatto costitutivo
dell'obbligazione tributaria si perfezioni in quel momento o si
sia perfezionato con la produzione del reddito.
Vero è che la tassazione a consuntivo, con il criterio c. d.
della cassa, adottato dalla vigente disciplina i.r.p.e.f., meglio si
armonizza con la ritenuta alla fonte, laddove il criterio oppo
sto, seguito per l'imposta di r. m., dava luogo a difficoltà ap
plicative, soprattutto in relazione alle iscrizioni provvisorie nei
ruoli (che rendevano frequenti lo sgravio o il rimborso delle
ritenute); e a queste difficoltà si riferisce, in pratica, la ricor
rente, tuttavia traendone l'inaccettabile conseguenza di cui so
pra sul sistema di imputazione dei redditi.
In conclusione, correttamente la Commissione centrale ha
imputato il reddito in questione agli anni in cui fu prodotto,
ai sensi dell'art. 115 cit., ed ha ritenuto applicabile la prece
dente disciplina, in forza della disposizione transitoria sopra
ricordata.
Il ricorso deve essere perciò respinto. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
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