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sezione I civile; sentenza 20 ottobre 1995, n. 10922; Pres. V. Sgroi, Est. Borrè, P.M. Di Renzo...

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sezione I civile; sentenza 20 ottobre 1995, n. 10922; Pres. V. Sgroi, Est. Borrè, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Istituto autonomo case popolari Napoli (Avv. Papà) c. Silvestre (Avv. Marotta, Scala) ed altro. Conferma App. Napoli 27 febbraio 1990 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 1 (GENNAIO 1996), pp. 141/142-147/148 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190588 . Accessed: 28/06/2014 16:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.52 on Sat, 28 Jun 2014 16:08:01 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione I civile; sentenza 20 ottobre 1995, n. 10922; Pres. V. Sgroi, Est. Borrè, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Istituto autonomo case popolari Napoli (Avv. Papà) c. Silvestre (Avv.

sezione I civile; sentenza 20 ottobre 1995, n. 10922; Pres. V. Sgroi, Est. Borrè, P.M. Di Renzo(concl. conf.); Istituto autonomo case popolari Napoli (Avv. Papà) c. Silvestre (Avv. Marotta,Scala) ed altro. Conferma App. Napoli 27 febbraio 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 1 (GENNAIO 1996), pp. 141/142-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190588 .

Accessed: 28/06/2014 16:08

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

voce cit., n. 219; 11 maggio 1981, n. 3121, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 224; 11 settembre 1980, n. 5246, id., 1981, I, 7666; 18 giugno 1980, n. 3882, id., Rep. 1980, voce cit., n. 216; 27 feb braio 1979 n. 1315, id., Rep. 1979, voce cit., n. 228).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha assolto l'obbligo sud

detto: con l'originale del ricorso è stata depositata soltanto la

copia autentica della sentenza di primo grado; né il deposito di copia autentica della sentenza impugnata risulta eseguito tar

divamente, con le modalità di cui all'art. 372 c.p.c.; la produ zione ad opera del resistente riguarda copia non autentica, co

me emerge dalla nota di deposito del controricorso, ove la men

zione della produzione stessa si accompagna ad evidente cancellazione dell'aggettivo «autentica»; infine, una copia ca

ratterizzata da tali requisiti non è neanche reperibile altrimenti

negli atti di causa.

Non può, dunque, evitarsi la dichiarazione di improcedibilità del ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 20 otto

bre 1995, n. 10922; Pres. V. Sgroi, Est. Borre, P.M. Di

Renzo (conci, conf.); Istituto autonomo case popolari Napoli

(Avv. Papà) c. Silvestre (Avv. Marotta, Scala) ed altro.

Conferma App. Napoli 27 febbraio 1990.

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione tempora nea e d'urgenza — Proroga legislativa — Operatività (L. 25

giugno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica uti

lità, art. 71, 73; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coor

dinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sull'espro

priazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni delle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 set tembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di spesa per interventi

straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e

convenzionata, art. 20; 1. 29 luglio 1980 n. 385, norme prov visorie sulla indennità di espropriazione delle aree edificabili nonché modificazioni di termini previsti dalle leggi 28 gen naio 1977 n. 10, 5 agosto 1978 n. 457, 15 febbraio 1980 n.

25, art. 5). Espropriazione per pubblico interesse — Edilizia economica e

popolare — Occupazione appropriativa — Azione risarcitoria

promossa dal privato — Istituto autonomo case popolari —

Delega alla sola realizzatone dell'opera — Legittimazione pas

siva — Esclusione (Cod. civ., art. 2043; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 35, 60).

La proroga legislativa delle occupazioni di urgenza non opera automaticamente e in modo indifferenziato per tutte le occu

pazioni in corso, ma esige uno specifico provvedimento ap

plicativo. (1) Qualora l'istituto autonomo case popolari sia stato semplice

mente delegato dal comune alla realizzazione dell'opera pub

blica, se l'esecuzione avviene entro il termine di occupazione

legittima, senza che sia tempestivamente emanato, dal dele

gante, il decreto di esproprio, va esclusa la responsabilità del

delegato per debito di risarcimento del danno da occupazione

appropriativa; diversamente, ove la delega si estenda al com

pimento della procedura espropriativa, le conseguenze della

mancata emanazione del decreto di esproprio fanno carico

al delegato, ferma restando la corresponsabilità del delegante

per il mancato esercizio del potere di controllo e di stimolo,

che comunque gli compete. (2)

(1) Conf., Cons. Stato, sez. IV, 14 marzo 1995, n. 173, Foro it.,

1995, III, 491, con nota di richiami.

(2) La multiformità di soluzioni date in passato al problema della

Il Foro Italiano — 1996.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo il ricor rente istituto autonomo case popolari deduce violazione e falsa

applicazione dell'art. 5 1. 29 luglio 1980 n. 385 e successive mo dificazioni, sostenendo che tale norma, nel prevedere una pro

roga annuale delle occupazioni temporanee, non distingue a se

conda che sia stato, o non, utilizzato nella misura massima quin quennale il termine di cui all'art. 20 1. 865/71, e che unico

presupposto per l'applicabilità della proroga è la pendenza del

l'occupazione: requisito esistente nella specie, essendo stata l'oc

cupazione triennale (disposta il 27 maggio 1977) di fatto attuata

il 21 settembre 1977, con conseguente scadenza al 21 settembre

1980, mentre la 1. n. 385 di tale anno era entrata in vigore il

16 agosto.

individuazione del soggetto responsabile del danno per occupazione ap propriativa, nel caso di delega per la realizzazione dell'opera pubblica o anche della procedura espropriativa, è riconducibile, in larga misura, alla diversità di due ordini di presupposti: a) qualificazione giuridica del credito spettante al privato per la perdita del fondo occupato e irre versibilmente trasformato con la realizzazione dell'opera pubblica; b) ricostruzione del rapporto di delegazione teorizzato dall'art. 60 1. 25

giugno 1865 n. 2359, con limiti ed effetti di vario tipo, a seconda delle

fattispecie. Sotto il primo profilo, la tesi della natura indennitaria (e non risarci

toria) del credito spettante al privato, implicante la responsabilità del

soggetto che in base al contenuto della delega diveniva proprietario del

l'opera costruita e dell'area sottostante (Cass. 16 gennaio 1992, n. 496, Foro it., 1992, 1, 2428, con nota di richiami: successivamente Cass. 16 maggio 1992, n. 5840, id., Rep. 1992, voce Espropriazione per p.i., n. 344; 8 ottobre 1992, n. 10979, id., 1993, I, 88, con nota di richiami di Benini e osservazioni di R. Caso e De Marzo; 20 gennaio 1993, n. 655, ibid., 751, con nota di richiami di Benini), è da ritenere supera ta dopo il pronunciamento delle sezioni unite, nel senso della natura risarcitoria del debito, connesso ad una responsabilità da fatto illecito

(sent. 25 novembre 1992, n. 12546, id., 1993, I, 87, con nota di richia mi di Benini e osservazioni di R. Caso e De Marzo).

Sotto il secondo profilo, si è colto l'elemento fondamentale di distin zione della delega prevista dall'art. 60 1. 865/71 rispetto all'istituto del la delegazione intersoggettiva o interorganica, nella circostanza del com

pimento dell'opera pubblica in nome e per conto del delegante, mentre nella delegazione amministrativa il delegato agisce si, per conto del de

legante, ma in nome proprio, con la conseguenza che gli atti posti in essere in attuazione della delega sono imputabili direttamente al delega to, che ne risponde nei confronti dei terzi, salvo il rapporto interno

(Cass. 17 novembre 1990, n. 11128, id., Rep. 1990, voce cit., n. 195). Poste le due fondamentali premesse, le soluzioni da formulare alla

casistica ipotizzabile vengono ricondotte ad un sistema logico e coeren

te, che, fermo restando il principio del carattere personale dell'illecito

(che è alla base della maggior parte delle pronunce in materia: Cass.

13 dicembre 1980, n. 6452, id., 1981, I, 1082; 23 maggio 1981, n. 3373, id., Rep. 1981, voce Responsabilità civile, n. 84; 10 giugno 1981, n.

3757, id., Rep. 1983, voce Espropriazione per p.i., n. 319; 11 maggio 1983, n. 3248, id., 1983, I, 3078; 10 aprile 1985, n. 2369, id., Rep. 1985, voce cit., n. 292; 24 luglio 1986, n. 4739, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 278; 27 luglio 1989, n. 3513, id., Rep. 1990, voce cit., n. 353; 14 marzo 1990, n. 2097, ibid., n. 354; 25 giugno 1990, n. 6421, ibid., n. 386; 18 gennaio 1991, n. 477, id., Rep. 1991, voce cit., n. 264; 29

aprile 1993, n. 5054, id., Rep. 1993, voce cit., n. 399; 15 settembre 1993, n. 9538, id., Rep. 1994, voce cit., n. 241), in cui si sostanzia la vicenda dell'occupazione appropriativa, ne rinviene gli estremi nella mancata emissione del decreto espropriativo entro i termini dell'occu

pazione d'urgenza. Sicché, qualora la delega si estenda alla sola realizzazione dell'opera,

e questa sia completata nel termine, la responsabilità ricadrà sul solo ente delegante, diversamente restando implicato anche il delegato qua lora gli competa anche il compimento di atti procedurali (Cass. 11 no vembre 1992, n. 10375, ibid., n. 397; 6 novembre 1992, n. 12017, id.,

Rep. 1992, voce cit., n. 350; 8 novembre 1994, n. 9266, id., Rep. 1994, voce cit., n. 150) e rimanendo comunque obbligato in solido, allo stesso

titolo di responsabilità, il comune delegante, pur sempre dominus della

procedura, che, secondo la formulazione della norma, è compiuta d'in

tesa tra i soggetti. Per la diversa questione dell'individuazione del soggetto passivo nel

l'obbligazione di versamento dell'indennità di espropriazione, e dunque

legittimato nel giudizio di opposizione alla stima, v. Cass. 13 giugno

1990, n. 5762, id., Rep. 1990, voce cit., n. 164; 19 giugno 1990, n.

6161, ibid., n. 165; 28 maggio 1991, n. 6029, id., Rep. 1991, voce cit., n. 176; 6 febbraio 1993, n. 1504, id., Rep. 1994, voce cit., n. 143; 12 aprile 1994, n. 3406, ibid., n. 146; 9 giugno 1994, n. 5632, ibid., n. 147; 28 luglio 1994, n. 7060, ibid., n. 148; 4 novembre 1994, n.

9088, ibid., n. 149; analogamente, la ricostruzione del fenomeno del

l'occupazione appropriativa come modo di acquisto lecito della pro

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PARTE PRIMA

La censura è infondata. A parte ogni altra ragione (fra cui

l'esistenza di una giurisprudenza secondo cui l'occupazione de

corre non dalla concreta attuazione ma dal provvedimento che

l'autorizza — per tutte, Cass. 2662/89, Foro it., Rep. 1989,

voce Espropriazione per p.i., n. 299 —, onde il triennio sarebbe

nella specie già scaduto prima dell'entrata in vigore della 1.

385/80), è assorbente il rilievo che la proroga del termine non

opera automaticamente e in modo indifferenziato per tutte le

occupazioni in corso, ma esige uno specifico provvedimento ap

plicativo (in tal senso si sono espresse queste sezioni unite con

la sentenza 9826/93, id., Rep. 1994, voce cit., n. 206), del qua

le, nel caso in esame, non si allega l'esistenza.

2.1. - Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione

degli art. 60 e 35 1. 22 ottobre 1971 n. 865, nonché vizio di motivazione. Sostiene che esso istituto autonomo case popolari

era stato delegato al compimento della procedura espropriativa e che tuttavia non poteva essere tenuto ad alcun ristoro nei con

fronti del proprietario del fondo occupato e irreversibilmente

trasformato con la costruzione dell'opera pubblica, in quanto

non ricorreva un rapporto di delegazione amministrativa, in virtù

del quale il delegato opera in nome proprio e assume diretta

mente responsabilità nei riguardi dei danneggiati; al contrario,

gli art. 60 e 35 1. cit. attribuiscono al comune ima posizione

eminente, sia stabilendo che diversi enti o istituti, se incaricati

dell'acquisizione delle aree (anche mediante espropriazione), vi

provvedono «in nome e per conto del comune», sia assegnando

a quest'ultimo la proprietà delle aree e la titolarità dell'opera

pubblica (salva la possibilità di concedere ai predetti enti o isti tuti un diritto di proprietà superficiaria sulle costruzioni).

Tenuto al risarcimento, domandato dal Silvestre, sarebbe perciò solo il comune di Caivano.

2.2. - La controversia è stata assegnata a queste sezioni unite,

su segnalazione della prima sezione civile, in quanto si verte

in caso di ultimazione dell'opera pubblica in pendenza del ter

mine di occupazione temporanea legittima. In relazione a tale

situazione si sarebbero infatti avute pronunce discordanti di quella sezione.

In realtà, la data di ultimazione dell'opera non risulta dagli atti di cui questa corte può prendere diretta cognizione. Può

tuttavia ritenersi che ciò sia avvenuto anteriormente alla sca

denza dell'occupazione temporanea, sia perché un'indicazione

in tal senso si rinviene nel controricorso del Silvestre, sia perché la causa è stata assegata alle sezioni unite proprio su questa

premessa e nulla le parti hanno opposto sul punto nelle memo

rie successive depositate. 2.3. - Il contrasto denunciato dalla prima sezione civile invol

ge quattro sentenze, raggruppabili in due posizioni fondamentali.

Le sentenze n. 2731 del 1991 (id., Rep. 1991, voce cit., n.

281) e 10667 del 1991 (id., 1992, I, 1210), concernenti ipotesi

prietà alla mano pubblica, finiva in sostanza per attribuire all'ente be

neficiario dell'acquisto l'obbligo di corrispondere al proprietario il va lore venale del bene (Cass. 4 giugno 1991, n. 6322, id., Rep. 1992, voce cit., n. 337; 20 novembre 1991, n. 12432, id., Rep. 1993, voce

cit., n. 436; 16 maggio 1992, n. 5840, cit.; 8 ottobre 1992, n. 10979,

cit.; 20 gennaio 1993, n. 655, cit.). Si può allora schematizzare, sulla linea teorizzata dalla pronuncia in

epigrafe, e sulla coerente tradizione giurisprudenziale, la seguente casistica:

a) opera pubblica completata entro il termine di occupazione legitti ma, senza che venga emesso il decreto di espropriazione: a') se la dele

ga attiene alla sola realizzazione dell'opera pubblica, la legittimazione

passiva spetta al comune delegante; a") se la delega comprende gli atti

della procedura espropriativa, la legittimazione è dell'ente delegato, ma

anche del comune, che risponde in solido, essendo titolare del potere dovere di controllo sul razionale svolgimento della procedura;

b) opera pubblica completata oltre il termine dell'occupazione di ur

genza: è configurabile in tal caso la responsabilità solidale dell'ente de

legato e del comune delegante, sia stato o meno attribuito al primo, oltre alla realizzazione dell'opera, il compimento della procedura.

Sul tema, vedi, in dottrina, M. Costantino, Trasformazione irrever sibile della proprietà di un terreno: quasi-contratto e responsabilità, id.,

1992, I, 2794; Rozzio, Questioni in tema di occupazione appropriativa, in Resp. civ., 1992, 567; Calogero, Ancora sull'occupazione acquisiti va, in Nuova giur. civ., 1993, 705; Scalia, Notazioni minime in tema

di espropriazione sostanziale e di delegazione amministrativa intersog

gettiva, in Cons. Stato, 1993, II, 1428; Cavaiaaro-Pandolfo, Occupa zione acquisitiva e legittimazione passiva al risarcimento dei danni, in

Corriere giur., 1994, 211.

Il Foro Italiano — 1996.

in cui l'istituto autonomo case popolari era stato delegato alla

realizzazione dell'opera e autorizzato all'occupazione tempora nea del terreno, senza ricevere delega al compimento di atti del

la procedura espropriativa, e in cui l'opera era stata ultimata

nel periodo di occupazione legittima, peraltro non seguita dalla

tempestiva emanazione del decreto di esproprio, hanno espresso i seguenti principi: a) se l'irreversibile trasformazione del bene

del privato, a seguito del compimento dell'opera pubblica, av

viene durante il periodo previsto dal decreto di occupazione tem

poranea, tutta l'attività compiuta dall'ente delegato è lecita, «pro

prio perché l'occupazione (con quant'altro essa possa compor

tare) è legittima per definizione»; b) «il danno (per il privato) deve intendersi realizzato solo al tempo in cui, per effetto della

scadenza del termine di occupazione legittima, l'irreversibile de

stinazione pubblica del bene diviene rilevante per l'ex proprieta

rio impedendogli, pur nella mancanza di un titolo formale di

trasferimento del bene stesso al patrimonio pubblico, di riac

quistarne il godimento e la disponibilità»; c) nell'ipotesi consi derata, gli effetti della delega si sono esauriti con il compimen to dell'opera, e il possesso di questa (e del suolo che la incorpo

ra) è passato all'ente delegante, in nome e per conto del quale

era stata disposta ed attuata l'occupazione; d) diversa conclu

sione non è prospettabile in base ai principi della c.d. delegazio

ne amministrativa, questa postulando che il delegato ponga in

essere l'attività in nome proprio, assumendone perciò la respon

sabilità verso i terzi, mentre l'ipotesi di cui all'art. 60 1. 865/71

si connota proprio perché gli enti delegati operano «in nome

e per conto dei comuni, d'intesa con questi ultimi».

Le altre due sentenze, richiamate nella segnalazione del con

trasto, sono la n. 10375 del 1992 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 337) e la n. 1207 del 1992 (id., Rep. 1992, voce cit., nn. 350, 351), anch'esse riguardanti l'ipotesi di opera ultimata dal

l'ente delegato (in entrambi i casi un istituto autonomo case

popolari) entro il periodo di occupazione temporanea legittima.

Secondo tali sentenze «si impone... un ripensamento del ruolo

dell'ente delegato allorché la delega sia stata... estesa, ed accet

tata, per il compimento di tutti gli atti espropriativi», tenuto

inoltre presente che l'ente delegato è titolare, di regola, della

proprietà superficiaria sull'opera realizzata (art. 35 1. 865/71),

configurandomi in tal modo, anch'esso, quale «beneficiario»

dell'operazione. Il danno conseguente alla permanenza dell'opera pubblica sul

suolo trasformato, in assenza del completamento della procedu

ra espropriativa, è dunque imputabile — secondo le citate sen

tenze — all'ente delegato, non solo perché esso non ha comple

tato la legittima attività ablatoria, che gli era stata commessa,

ma anche perché è tale soggetto, in quanto titolare del diritto

di superficie, e non l'ente delegante, a disporre della facoltà

di restituire o meno il bene occupato al privato... che lo richie

da». Una responsabilità solidale del comune sarebbe ipotizzabi le soltanto se la delega si fosse limitata all'occupazione di ur

genza e alla realizzazione dell'opera, non potendo in tal caso

escludersi la responsabilità anche dell'ente territoriale (delegan

te) per il mancato completamento della procedura d'esproprio. In conclusione, fermi gli elementi comuni dell'ultimazione del

l'opera in pendenza di occupazione legittima e della mancata

tempestiva emanazione del decreto di esproprio, le prime due

sentenze, esaminando il caso di delega non estesa all'attività

espropriativa, hanno comunque escluso la responsabilità dell'ente

delegato, mentre le altre due sentenze, riferendosi al caso di

delega estesa all'attività espropriativa, hanno affermato la re

sponsabilità dell'ente delegato, facendo salva la corresponsabi lità del delegante nell'ipotesi di delega limitata all'esecuzione

dell'opera. 2.4. - Più in generale può rilevarsi che la giurisprudenza di

questa corte si è dapprima attestata sulla concezione del «carat

tere personale» della responsabilità aquiliana e conseguentemente sulla imputabilità del danno da illegittima occupazione all'ente

che in concreto ha attuato l'occupazione stessa e l'irreversibile

trasformazione del fondo, «indipendentemente dalla perdurante attualità del possesso o della detenzione, ovvero dalla circostan

za che altro sia il soggetto beneficiario dell'opera, e a prescin dere da ogni indagine sulla imputabilità del mancato perfezio namento della procedura di espropriazione all'ente che ne era

o ne sarebbe stato l'effettivo beneficiario, rilevante solo ai fini

di una eventuale rivalsa verso quest'ultimo da parte del respon

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sabile dell'illecito» (v., fra altre, sentenze 1206/79, id., Rep.

1979, voce Opere pubbliche, n. 21; 6159/82, id., Rep. 1982, voce Espropriazione per p.i., n. 206; 4916/87, id., Rep. 1987, voce cit., n. 288; 6029/91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 176). In questa prospettiva, la figura dell'autore dell'occupazione e

della trasformazione del fondo (vale a dire della materialità del l'evento dannoso) assume un rilievo eminente e decisivo, al di

là dell'esistenza di un rapporto di delega fra occupante ed altro

soggetto e dei contenuti di tale delega. Questa — si afferma — serve ad individuare la sussistenza e i limiti della responsabi lità del delegante e del delegato nel caso in cui si tratti di un

legittimo procedimento espropriativo, ma quando la costruzio

ne sia illecita, perché non supportata da un valido decreto di

esproprio, resta un atto di colui che l'ha compiuta. La questione della responsabilità nel caso di concorso di più

enti si è incrociata, nella giurisprudenza della corte, con la tesi, in anni recenti sostenuta, della natura indennitaria, e non risar

citoria, del credito del privato per la perdita della proprietà del

fondo che incorpora l'opera pubblica. Tale costruzione, affer

matasi in alcune pronunce della prima sezione di questa corte,

ravvisa nei due momenti in cui si articola la c.d. occupazione

appropriativa — cioè l'occupazione d'urgenza non seguita dal

l'espropriazione e l'irreversibile destinazione del fondo all'ope ra pubblica frattanto realizzata — due distinte fattispecie, la

prima delle quali sarebbe caratterizzata dall'illecito e costitui

rebbe fonte di un'obbligazione di risarcimento ex art. 2043 c.c.

per il periodo di occupazione illegittima, mentre l'altra esule

rebbe dall'area del fatto illecito e sarebbe caratterizzata dall'ac

quisto del bene da parte della pubblica amministrazione, costi

tuendo fonte di una distinta obbligazione indennitaria avente

ad oggetto il valore del bene stesso e soggetta a prescrizione decennale (v., fra altre, sentenze 7952/91, ibid., n. 296 e

10979/92, id., 1993, I, 88). In tale prospettiva, in cui il diritto del privato non si configu

ra (salvo che per il profilo — marginale ed eventuale — dell'oc

cupazione temporanea sine titulo) come diritto al risarcimento

del danno in relazione a condotte illecite della pubblica ammi

nistrazione, bensì come diritto al controvalore in relazione al

fatto oggettivo della perdita della proprietà del suolo (non su

scettibile di sussistere come «separata» rispetto a quella — pre valente — dell'opera pubblica), e in cui, pertanto, la reintegra zione patrimoniale dell'ex proprietario, avente una funzione so

stanzialmente indennitaria e riequilibratrice, trova fondamento

nell'altrui acquisto della proprietà, è evidente che quest'ultima

circostanza, vale a dire il fatto di essere il titolare dell'opera

(e del suolo che la incorpora), è elemento decisivo ai fini della

identificazione del soggetto passivo dell'obbligazione cosi intesa

(cfr. sentenza n. 496 del 1992, id., 1992, I, 2428). Tale orientamento giurisprudenziale è stato però disatteso da

queste sezioni unite con la sentenza 25 novembre 1992, n. 12546

(id., 1993, I, 87), la quale, calandosi nell'alveo di precedenti decisioni delle sezioni unite (n. 1464 del 1983, id., 1983, I, 626 e n. 3940 del 1988, id., 1988, I, 2262), ha escluso la configura bilità dell'illegittimo spossessamento come mero antecedente sto rico e dell'irreversibile trasformazione del fondo come situazio

ne esulante dalla sfera dell'illecito e costituente, essa sola, la

fonte del diritto al controvalore del bene perduto. In tale occa

sione le sezioni unite hanno anche osservato che la inaccettabili

tà di tale costruzione trova conferma proprio «nell'ipotesi in

cui la trasformazione avvenga durante l'occupazione legittima,

perché in questo caso fonte dell'obbligazione è sicuramente la

situazione illecita che si determina per la mancata emanazione

del decreto di espropriazione allo spirare del periodo di occupa

zione legittima, senza che sia configurabile... scissione fra il mo

mento (anteriore) dell'illecito impossessamento del bene ed il

momento acquisitivo (posteriore)».

Indipendentemente dall'orientamento da ultimo considerato

e superando il punto di vista di un'esaustiva corrispondenza

fra autore dell'occupazione materiale e responsabile del risarci

mento, la giurisprudenza di questa corte ha offerto, sul tema

in esame, una articolata varietà di soluzioni, dipendenti dal fat

to che accanto al soggetto autore dello spossessamento si pone un soggetto diverso nel cui patrimonio, per disposizione norma

tiva, l'opera è destinata ad entrare, oppure dall'esistenza di una

delega, in virtù della quale un soggetto è abilitato a compiere,

per conto di un altro, determinate attività: con ulteriore distin

II Foro Italiano — 1996.

zione a seconda che la delega ricomprenda, o non, il compi mento dell'espropriazione, e a seconda che l'attività del delega to (di realizzazione dell'opera) sia posta in essere in pendenza

dell'occupazione legittima, oppure quando è illegittima l'occu

pazione, o perché tale originariamente o perché tale divenuta

per decorso del termine.

La quantità delle ipotesi (e il loro possibile intrecciarsi) spie ga la varietà di soluzioni esistenti, nel cui ambito rientra anche

il contrasto sopra descritto al n. 2.3; ma è fondamentalmente

esatto il rilievo svolto dalla prima sezione civile di questa corte

nella sentenza 9538/93 (id., Rep. 1994, voce cit., n. 241), se condo cui l'andamento della giurisprudenza è «solo apparente mente altalenante», in realtà adattandosi alla «articolata gam ma di sub-ipotesi» che si delineano «nell'ampio quadro dell'oc

cupazione appropriativa». 2.5. - Superata, con la sentenza 12546/92, cit., di queste se

zioni unite, la tesi giurisprudenziale che riconduceva alla vicen

da acquisitiva della proprietà del suolo l'obbligo — tipicamente indennitario — del pagamento del controvalore, e posto di bel

nuovo l'accento, con la unitaria costruzione del fenomeno in

termini di responsabilità aquiliana, sui comportamenti — even

tualmente plurimi — produttivi del danno ingiusto, è necessa

ria, a questo punto, una precisazione. Sulla scorta della sentenza di queste sezioni unite 1464/83,

cit., va ribadito che «l'occupazione legittima postula l'esercizio

ad opera della pubblica amministrazione del potere, riconosciu

tole dalla legge, di incidere temporaneamente sulla facoltà di

godimento del bene da parte del privato; e quindi — nei limiti temporali in cui tale compressione è legittima — ciò che accade

nel fondo occupato è del tutto irrilevante nei confronti del pri vato, cui è riconosciuto soltanto l'indennizzo. È alla scadenza

del periodo di occupazione legittima — ove non sia nel frattem

po intervenuto un provvediento ablatorio che abbia trasferito

la proprietà all'ente occupante — che la radicale trasformazio

ne del suolo che si sia verificata con la costruzione dell'opera

pubblica acquista rilevanza, determinando l'effetto estintivo

acquisitivo della proprietà». In altre parole, finché è pendente il periodo di occupazione

temporanea legittima, è da escludere che sia illecito, ex se, il

comportamento di chi procede all'esecuzione dell'opera e la porta a compimento, tale anticipazione di effetti pratici rientrando

nella causa del provvedimento di occupazione temporanea preor dinata all'espropriazione, segnata dalla duplice finalità «di ri

spettare i tempi e i modi della procedura espropriativa e di met

tere a frutto gli indugi imposti dall'iter burocratico» (cosi le

sezioni unite, nella sentenza n. 3940 del 1988, cit.).

Conseguentemente, l'affermazione della sentenza da ultimo

citata, secondo cui l'ablazione totale non è consentita dalla me

ra (legittima) occupazione, donde «l'onere di coordinare i tempi della attività materiale e della attività amministrativa» (sul pun

to, v. anche la sentenza della prima sezione civile 6421/90, id.,

Rep. 1990, voce cit., n. 386), va intesa non nel senso, talvolta

attribuitole, che l'occupazione temporanea non conferisce il po tere di ultimare l'opera pubblica, ma nel senso (peraltro, risul tante da un passaggio della sentenza medesima) che «l'anticipa zione nel tempo dell'esautoramento del proprietario da ogni con

tenuto del diritto si presenta come assistita da un crisma di

legittimità rigidamente condizionato alla pronuncia del decreto

di espropriazione prima della scadenza del termine assegnato alla occupazione temporanea d'urgenza... scaduto il quale l'at tività di irreversibile trasformazione... si paleserà priva di giu stificazione e quindi abusiva».

2.6. - Ultimo punto da fissare in questa disamina preliminare

è quello della differenza fra la delega, di cui si tratta nella spe

cie e che fa capo all'art. 60 1. 865/71, e l'istituto della c.d.

delegazione amministrativa.*

Come è stato più volte puntualizzato nella giurisprudenza della

corte (fra altre, v. sentenze 11128/90, id., Rep. 1990, voce cit.,

n. 195; 9538/93, cit.), il quid proprium di quest'ultimo istituto, qui rilevante nella versione di delegazione intersoggettiva, risie

de in ciò che il soggetto legittimato conferisce, in base ad una

norma giuridica, ad altro ente pubblico l'incarico di operare in nome proprio e per conto del delegante, con la conseguenza

che gli atti posti in essere dal delegato sono a lui imputabili

ed esso ne risponde nei confronti dei terzi.

Al contrario, secondo il più volte ricordato art. 60 1. 865/71,

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Page 5: sezione I civile; sentenza 20 ottobre 1995, n. 10922; Pres. V. Sgroi, Est. Borrè, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Istituto autonomo case popolari Napoli (Avv. Papà) c. Silvestre (Avv.

PARTE PRIMA

«gli enti ed istituti, incaricati dell'attuazione dei programmi pre visti dalla presente legge, acquisiscono dai comuni le aree al

l'uopo occorrenti», ma possono anche «procedere direttamente

all'acquisizione delle aree in nome e per conto dei comuni, d'in

tesa con questi ultimi». È questa la ragione per cui, pur quando

tali enti ed istituti sono incaricati, oltreché della realizzazione

delle opere, anche del compimento della procedura espropriati

va, si afferma che la qualità di espropriarne spetta al comune

(cfr. sentenza 11128/90, cit., che coglie nella delega ex art. 60

un fenomeno di rappresentanza in senso tecnico, nonché, nello

stesso senso, le sentenze 5762 e 6161 del 1990, id., Rep. 1990,

voce cit., nn. 164, 165, ove si sottolinea che il bene è comunque

acquisito al patrimonio comunale), con la conseguenza che al

comune stesso fa carico il pagamento dell'indennità di espro

priazione e di occupazione temporanea legittima ed esso è il

solo legittimato passivo nel giudizio di opposizione alla stima.

Detto questo per l'ipotesi di procedura espropriativa, deve

precisarsi che la situazione non è identica nel caso, in cui, non

essendo tempestivamente intervenuto il decreto di espropriazio

ne ed essendo stata realizzata l'opera pubblica, si verifica il no

to fenomeno della «accessione invertita», ma neppure può dirsi

(come è stato opportunamente osservato: Cass. 9538/93, cit.)

che la situazione, in tal caso, sia specularmente inversa, nel sen

so cioè dell'esclusiva responsabilità dell'ente delegato. Tale con

clusione non è imposta né da una presunta equazione (soprat

tutto propria della giurisprudenza meno recente) fra autore ma

teriale dell'occupazione e soggetto aquilianamente responsabile,

né dall'applicabilità (che si viene appunto dall'escludere) dei prin

cipi propri della delegazione amministrativa.

Al contrario, deve essere valorizzata la circostanza che l'ente

territoriale conserva la qualità di espropriante pur quando sia

delegata ad altri la cura della procedura espropriativa (cfr. su

pra): ciò comporta una sua posizione di immanenza sulla pro

cedura, di potere-dovere di controllo sul razionale svolgimento

di essa, insomma una sua non estraneità all'onere di coordinare

tempi dell'attività materiale e tempi dell'attività amministrati

va, che non sembra consentire (nonostante la delega dell'attivi

tà espropriativa) di ritenerlo affrancato da corresponsabilità se

il decreto di espropriazione non viene tempestivamente emanato.

2.7. - Tutto ciò premesso, occorre ora passare più specifica

mente all'analisi del caso concreto, ricordando che si verte in

ipotesi di istituto autonomo case popolari delegato all'esproprio e di ultimazione dell'opera in pendenza di occupazione legittima.

Quanto al denunciato contrasto, deve riconoscersi che esso

è piuttosto apparente che effettivo, posto che le due differenti

soluzioni in campo si collegano ad ipotesi diverse: rispettiva mente di affidamento all'istituto autonomo case popolari della

sola costruzione dell'opera oppure di delega dello stesso al com

pimento dell'espropriazione. Nondimeno l'investitura di queste

sezioni unite consente qualche puntualizzazione di carattere ge

nerale, sia pure nei limiti della rilevanza per la soluzione del

caso concreto.

Va escluso, come si è detto, sia il punto di vista più risalente

nella giurisprudenza, che, accentuando la materialità del com

portamento, identifica elettivamente nell'autore dell'occupazio ne (nel caso in esame l'istituto autonomo case popolari) il re

sposabile del danno; sia l'orientamento, presente in non poche

sentenze, che assume la situazione di beneficiario dell'operazio ne come ragione giustificativa della responsabilità.

Il primo punto di vista, con la sua rigida affermazione che,

quando si versa in illecito per la mancata tempestiva pronuncia del decreto di espropriazione, la irreversibile trasformazione del

fondo sta a carico di chi l'ha compiuta, finisce per togliere rile

vanza al fatto che l'ente delegato all'attuazione dell'opera porti

questa a termine entro il periodo di occupazione legittima. Tale

circostanza, invece, è almeno in un caso idonea ad escludere

la responsabilità dell'ente delegato: quando, cioè, la delega ri

guardi soltanto la realizzazione dell'opera e non si estenda al

compimento della procedura espropriativa. Se si considera che

in tal caso la delega si esaurisce, per il cessare del suo oggetto, con l'ultimazione dell'opera (cosi la sentenza 2731/91, cit.), senza

altri doveri per il delegato, e che d'altra parte la fattispecie di

danno viene in essere con lo spirare del periodo di occupazione

legittima senza che sia stato emesso il decreto di espropriazione, di cui (nell'ipotesi considerata) non spetta al delegato occupar

si, non appare possibile configurare, a carico di questo sogget

II Foro Italiano — 1996.

to, una situazione di responsabilità; e per contro risulta assor

bente, cioè «da solo sufficiente a determinare l'evento» (secon

do la formula dell'art. 41 c.p.), il comportamento omissivo del

l'ente delegante, che ha trascurato di azionare e/o sollecitare

la procedura espropriativa in violazione del dovere (canonizzato

da queste sezioni unite) di coordinare i tempi dell'attività mate riale e della attività amministrativa». In tale condotta omissiva,

tuttavia, e non nel fatto che l'ente delegante rivesta il ruolo

di beneficiario dell'opera, risiede il fondamento della responsa

bilità aquiliana, la funzione di questa consistendo nel sanziona

re condotte produttive di danno e non nel riequilibrare il van

taggio conseguito dall'autore dell'illecito (in senso diverso, v.,

fra le sentenze ricomprese nel contrasto, la n. 10667 del 1991,

cit.). Le svolte considerazioni sono sufficienti a far intendere che

il discorso è necessariamente diverso nel caso (oggetto del pre

sente ricorso) in cui la delega si estenda anche al compimento

dell'espropriazione. In tale ipotesi, il fatto che l'opera sia stata

ultimata in periodo di occupazione legittima non esonera defi

nitivamente il delegato da responsabilità, perché proprio su di

lui ricade, questa volta, il predetto onere di armonizzare attività

materiale e attività amministrativa, facendo si che il decreto di

espropriazione intervenga tempestivamente e che quindi la fatti

specie si mantenga entro la sua fisiologica cornice di legittimità: altrimenti essa degrada in illecito, di cui il soggetto, delegato

anche alla cura dell'espropriazione, non può non rispondere per

il suo colpevole comportamento omissivo. Resta peraltro da di

re che in tal caso sussisterà tipicamente una corresponsabilità

dell'ente delegante, in quanto, almeno secondo la disciplina del

la 1. 865/71, l'espropriazione si svolge non solo «in nome e

per conto» del comune, ma, più pregnantemente, «d'intesa» con

questo (art. 60 1. cit.), sicché è da ritenere che tale ente non

si spogli, con la delega, delle responsbilità relative allo svolgi

mento della procedura secondo i suoi parametri soprattutto tem

porali, ma conservi un potere di controllo e di stimolo, il cui

mancato o insufficiente esercizio è ragione di corresponsabilità. Con l'avvertenza, anche qui, che le responsabilità del delegato

e del delegante vengono in rilievo per le descritte condotte omis

sive e non in funzione della loro qualità di «beneficiari» dell'o

perazione (perché il comune diventa proprietario dell'area e per

ché è prevista la possibilità di costituzione di proprietà superfi

cial in favore degli altri enti: in questo senso, invece, fra le

sentenze di cui al contrasto, la n. 10375 e la n. 12017 del 1992,

cit.). In conclusione, nel caso di ultimazione dell'opera in corso

di occupazione legittima, può dirsi che sulla vicenda, di per sé

neutra, può innestarsi un ulteriore comportamento di tipo omis

sivo, del medesimo soggetto che ha realizzato l'opera o di altro, o di entrambi, comportamento che determina il mancato tem

pestivo completamento della procedura ablatoria e che connota

di illiceità, in capo al soggetto o ai soggetti omittenti, l'intero

iter causativo del danno.

Applicate al caso di specie, tali considerazioni comportano

l'infondatezza del secondo motivo del ricorso dell'istituto auto

nomo case popolari, delegato all'espropriazione e quindi tenuto

a curarne la tempestività. Nulla vi è invece da dire relativamen

te alla posizione del comune di Caivano, postoché l'affermazio

ne della sua solidale corresponsabilità non è stata oggetto di

impugnazione. 3. - Con il terzo motivo, infine, l'istituto autonomo case po

polari deduce, in relazione allo strumento urbanistico del comu

ne di Caivano, omessa e contraddittoria motivazione su punto

decisivo, lamentando che si sia disattesa la qualificazione dell'a

rea quale conformata dalle previsioni urbanistiche e che non

si sia considerato alcun elemento obiettivo atto ad individuare,

in concreto, una univoca potenzialità edificatoria, tale non po tendo considerarsi la mera vicinanza alla strada, che configura

piuttosto un vincolo all'edificabilità.

La censura è infondata. Dalla sentenza impugnata risulta che

il valore del fondo è stato determinato attraverso l'analisi com

parativa dei prezzi del mercato immobiliare della zona, vale a

dire tenendo conto della realtà economica quale concretamente

emergente dalle contrattazioni, il che supera le perplessità avan

zate dal ricorrente.

4. - Il ricorso va dunque rigettato.

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