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Sezione I civile; sentenza 21 gennaio 1961, n. 87; Pres. Torrente P., Est. Pece, P. M. Toro (concl....

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Sezione I civile; sentenza 21 gennaio 1961, n. 87; Pres. Torrente P., Est. Pece, P. M. Toro (concl. conf.); Barracco (Avv. Grimaldi) c. Opera valorizzazione Sila (Avv. dello Stato Agrò) e Serafini Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 7 (1961), pp. 1161/1162-1165/1166 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151644 . Accessed: 24/06/2014 20:11 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Tue, 24 Jun 2014 20:11:53 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 21 gennaio 1961, n. 87; Pres. Torrente P., Est. Pece, P. M. Toro (concl.conf.); Barracco (Avv. Grimaldi) c. Opera valorizzazione Sila (Avv. dello Stato Agrò) e SerafiniSource: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 7 (1961), pp. 1161/1162-1165/1166Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151644 .

Accessed: 24/06/2014 20:11

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1161 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 11(5

essere a garanzia di un credito è vera e reale quando le parti

convengano eie la proprietà dell'immobile passi senz'altro

a sccpo di garanzia al coirpratore-creditore, salvo a ritor

nare al venditore se questi, nel termine stabilito, pagherà il suo debito. Se le parti, invece, pur avendo dichiarato di

vendere, siano in realtà d'accordo nel senso che tra loro do

vrà soltanto sorgere lina situazione giuridica corrispondente alla vendita sotto condizione sospensiva, e più precisa mente nel pinto che il coirpratore-creditore diverrà pro

prietario dell'immobile soltanto se, nel termine stabilito, non otterrà dall'altra parte la soddisfazione del suo cre

dito, in tale ipotesi si ha quella discordanza tra volontà di

chiarata e volontà effettiva che caratterizza il negozio si

mulato ; e poiché il negozio dissimulato, avendo per oggetto un immobile adempie in tal caso, oltre che al risultato eco

nomico, alla funzione giuridica dell ipoteca con patto' coin

missorio, esso è nullo ai sensi dell'art. 2744 cod. civ. vigente ».

La decisione della Corte di appello sarebbe però ine

satta, e si perverrebbe a un diverso risultato, anche se

dovesse ritenersi, come essa ha erroneamente ritenuto, che

nella specie, esclusa la esistenza della simulazione, si trat

tasse in realtà di un negozio fiduciario, da intendersi que sto come «figura giuridica risultante dalla coesistenza di due

divt'nti rapporti : uno di carattere dispositivo, reale, este

riore, con cui il fiduciante conferisce al fiduciario un diritto

patrimoniale dotato di rilevanza rii petto ai terzi, e perciò una vera e propria signoria sulla cosa a lui affidata ; l'altro di carattere obbligatorio, che crea nel nuovo titolare di

quel diritto l'obbligo fiduciario di esercitarlo nell'ambito di una determinata finalità, ed in vista di un interesse che è

di esclusiva pertinenza del fiduciante ».

Sarebbe anche in tal caso inesatta la decisione, poiché, a parte la non applicabilità alla fattispecie in esame della

predetta figura giuridica, psr l'accertata mancanza (da

parte dello stesso Giudice di merito) di un trasferimento

immediato della preprietà della cosa (il Giudice di merito

accertò che i Villa non avevano inteso spogliarsi della pro prietà e quindi era giusto che sopportassero i pesi su di

essa gravanti), va ricordato intorno ad una siffatta ipotesi

negoziale quanto già questa Corte suprema ha altra volta affermato : che, cioè, qualora, nonostante l'autonomia di carattere strutturale esistente tra vendita e factum de retro

vendendo, sia stata stabilita tra i due negozi una interdi

pandenza, per essere stati essi concepiti e posti in essere in stretta connessione ed inseparabilmente l'uno dall'altro, in funzione di un unico scopo, che entrambi li pervade e di

essi costituisce la ragione unica fondamentale, i due ne

gozi risultano in tal caso avvinti da unico nesso logico e

giuridico, che, come presiede al loro nascere, così li segue e li lega all'adempimento dello scopo per il quale vennero

entrambi creati ed attuati, con la conseguenza che, se essi

siano stati concepiti e posti in essere in stretta concomi

tanza con la dazione a mutuo di una somma, al fine speci fico di costituire per il creditore una maggiore garanzia, in modo da assicurare a lui il trapasso irrevocabile della

proprietà in caso di mancata restituzione della somma

stessa, si rimane in tale ipotesi nell'ambito del mutuo con

patto commissorio, il quale non è snaturato per avere vo luto le parti il trasferimento effettivo della proprietà, posto che i negozi voluti e dichiarati servono soltanto per ottenere un effetto giuridico diverso.

Per le su esposte osservazioni il ricorso del Fallimento Villa merita accoglimento, rendendosi necessario il com

pleto riesame della causa in relazione alla simulazione po sta in essere dalle parti, con l'osservanza da parte del giu dice di rinvio dei principi sopra enunciati.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA Di CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 21 gennaio 1961, n. 87 ; Pres.

Torrente P., Est. Pece, P. M. Toro (conci, c.onf.) ; Barracco (Avv. Grimaldi) c. Opera valorizzazione Sila

(Avv. dello Stato Agro) e Serafini.

(Conferma App. Messina 9 novembre 1939)

Amministrazione dello Stalo e dejjli enti pubblici — Litisconsorzio necessario — lticorso per cas

sazione irritualmente notificalo — Fattispecie (R. d. 30 ottobre 1933 n. 1611, sulla rappresentanza e

difesa in giudizio dello Stato, art. 12 ; cod. proc. civ., art. 102, 331).

Rinvio civile — Nuove conclusioni — Limiti del

divieto — Kit'etti Fattispecie (Cod. proc. civ..

art. 394).

Ricorrono gli estremi del litisconsorzio necessario nell'ipotesi, in cui l'ente di riforma, cui eratpc stati trasferiti terreni

boschivi in proprietà per l'attuazione della riforma fondia

ria, abbia chiesto il risarcimento dei danni, provocati dal

taglio dei boschi, nei confronti del proprietario espro

priato e dell'acquirente degli alberi da tagliare : di conse

guenza, se l'ex proprietario ha notificato ricorso per cassazione irritualmente all'ente di riforma presso l'avvo

catura distrettuale dello Stata e validamente all'acquirente,

l'impugnazione non e inammissibile e può disporsi

l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'ente

purché questo non siasi già costituito. (1) Enunciato dalla Corte di cassazione il principio di diritto

della espropriabilità, per l'attuazione della riforma fon diaria sull'Altopiano della Sila, dei terreni boschivi, è

inammissibile la conclusione, formulata per la prima volta in sede di rinvio, con la quale l'ex proprietario chiede dichiararsi estranei al trasferimento coattivo gli alberi già maturi per il taglio al tempo del decreto presi denziale (tale domanda può formare oggetto di separato

giudizio). (2)

(1) Sulla nullità, assoluta ed insanabile, del ricorso per cas sazione notificato ad un'Amministrazione dello Stato presso un'avvocatura distrettuale pur dopo la legge 25 marzo 1958 n. 260, l'orientamento giurisprudenziale della Cassazione è fermis

simo : sent. 4 giugno n. 455, 30 gennaio n. 139, 4 marzo n. 428, 7 luglio n. 1796, 22 aprile n. 909, 29 aprile n. 956 del 1960, Foro

it., Bep. 1960, voce Amministrazione dello Stato, nn. 72-78 ; sent. 24 gennaio n. 204, 10 agosto n. 2505, 16 febbraio n. 464, 12 marzo n. 723, 19 ottobre n. 2951, 2 aprile n. 959, 10 agosto n. 2507 del 1959, id., Bep. 1959, voce cit., nn. 64-66, 69-72, 74, 75.

Nel senso che la nullità della notificazione all'Amministra zione dello Stato presso l'avvocatura distrettuale non determini l'inammissibilità dell'impugnazione nella causa inscindibile, in cui il ricorso sia stato validamente notificato ad altra parte, Cass. 11

giugno n. 1776 e 5 marzo n. 629 del 1959, id., Bep. 1959, voce cit., nn. 67, 68; 12 agosto n. 3394 e 8 agosto n. 3369 del 1957, id., Bep. 1957, voce cit., nn. 153-156 ; 2 ottóbre 1954, n. 3214, id., Bep. 1954, voce cit., nn. 69, 70 (le due ultime sentenze sono state citate nella motivazione della presente).

Sulla nozione di litisconsorzio necessario, v., da ultimo, Cass. 14 febbraio 1961, n. 320 (retro, 608, con nota critica di G. Branca), che ha negato ricorrere nell'ipotesi di devoluzione del fondo enfiteutico, richiesta da uno dei concedenti.

N 1 senso, infine, dell'inscindibilità della causa avente ad

oggetto l'obbligo tributario di più soggetti, Cass. 18 maggio 1959, n. 1476, Foro it., 1960, X, 1803, con osservazioni di A.

Lener, il quale rileva che nelle comuni obbligazioni solidali la

giurisprudenza suole ritenere trattarsi di causa scindibile.

(2) Sulla fattispecie non risultano precedenti editi : la sen tenza 29 settembre 1957, n. 3552 d Ile Sezioni unite, che enunciò il principio di diritto richiamato nella massima, è rias sunta in Foro it., Bep. 1957, voce Agricoltura, n. 87, mentre in

questa raccolta (1957, I, 929, con nota di richiami) è riportata la sent. 25 maggio 1957, n. 66 della Corte costituzionale, che ritenne assoggettabili ad espropriazione, in virtù della legge silana, aiiche i terreni boschivi. Nel senso, infine, che nell'in dennità di espropriazione determinata nella misura prevista nelle leggi di riforma fondiaria è compreso il valore dei frutti pen

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1163 PARTE PRIMA 1164

La Corte, ecc. — Va disposta, anzitutto, la riunione

del ricorso principale del Barracco e del ricorso incidentale adesivo del Serafini, comecliè proposti entrambi avverso

la stessa sentenza.

Deve essere, poi, esaminata la eccezione di inammis

sibilità del ricorso Barracco, avanzata dalla resistente

Opera per la valorizzazione della Sila, In effetti, il ricorso del Barracco non è stato notificato

regolarmente all'Opera Sila, in quanto lo è stato presso l'Avvocatura distrettuale di Messina invece che presso l'Avvocatura generals dello Stato in Roma. Nonostante

ciò, però, il ricorso deve essere dichiarato ugualmente ammissibile, in quanto lo stesso, vertendosi in una ipotesi di litisconsorzio necessario, va ritenuto legittimato dalla

rituale notifica fattane al Serafini.

Circa il concorso, nella specie, degli estremi del litis

consorzio necessario, è sufficiente rilevare che tale concorso deve essere valutato in relazione al thema decidendum nella

sua unitarietà, quale risultante dal complasso della do

manda attrice e delle eccezioni del convenuto. Ora l'istanza di risarcimento di danno, avanzata dal

l'Opera Sila avverso il Serafini, per il taglio degli alberi

operato dal Serafini medesimo nel bosco che aveva formato

oggetto di espropriazione a favore dell'Opera, era fondata

sulla legittimità o meno dell'espropriazione nei confronti del Barracco e sulla conseguente legittimità o meno della

vendita che del taglio degli alberi il Barracco aveva fatto

al Serafini. Trattavasi, quindi, di una situazione giuridica inscindibile, nella sua complessità, in relazione a tutti i

soggetti partecipi del processo. Stante ciò, la ritual'tà del

ricorso per cassazione del Barracco nei confronti del Sera

fini. avrebbe imposto, ai sensi dell'art. 331 cod. proc. civ., la integrazione del contraddittorio, in questa sede, mediante la rinnovazione della notifica del ricorso stesso

all'Opera Sila. Tale rinnovazione, però, è, nella specie, resa superflua

dall'ormai avvenuta costituzione dell'Opera Sila a mezzo

dell'Avvocatura dello Stato (sent. n. 3369 del 1957, Foro it.,

Rep. 1957, voce Amministrazione dello Stato, n. 154 ; n. 3851 del 1954, id., Rep. 1954, voce cit., nn. 74, 75).

La inscindibilità della lite importa anche l'ammissi

bilità, ai sensi dell'art. 334 cod. proc. civ., del ricorso

incidentale del Serafini, benché tardivo rispetto alla notifica, ad esso Serafini, della sentenza impugnata.

Il contenuto del ricorso principale del Barracco e quello del ricorso incidentale del Serafini possono essere esa minati congiuntamente, postochè con l'uno e con l'altro sono state proposte, avverso la sentenza della Corte di

rinvio, censure identiche.

Con il primo mezzo, viene denunziato che la sentenza

impugnata avrebbe errato nell'affermare non proponi ile

per la prima volta in sede di rinvio la questione sollevata, in quella sede, dal Barracco e dal Serafini, i quali affer mavano che dal provvedimento di espropriazione a favore

dell'Opera Sila dovevano intendersi esclusi, comechè da considerarsi frutti già maturati alla data della espropria zione, gli alberi che, a quella data, erano già maturi per il

taglio. Donde, per immediata conseguenza, la legittimità della vendita fattane dal Barracco al Serafini.

La censura non è fondata. Nei pregressi stadi del giudizio, sia il Barracco sia il

Serafini avevano affermato che il decreto presidenziale di espropriazione a favore dell'Opera Sila doveva ritenersi radicalmente illegittimo dal punto di vista costituzionale, comechè avente per oggetto terreno boschivo, che non

poteva, come tale e secondo essi Barracco e Serafini,

denti in corso di maturazione, e non di quelli già maturati alla data del decreto di espropriazione, Cass. 14 giugno 1957, n. 2259, id., 1957, I, 1172, con nota di richiami.

Sui limiti dilla modificabilità, in sede di rinvio, delle con clusioni formulate nel giudizio d'appello, Cass. 25 marzo 1960, n. 629, id., 1960, I, 961, con nota di richiami, cui adde, in dottrina, Fazzalajri, Giudizio civile di cassazione, Milano, 1960, pag. 181 ; E. F. Ricci, in Riv. dir. proc., 1960, 99.

ritenersi compreso nella sfera di efficacia della legge n. 230 del 1950 e della legge n. 1629 del 1947.

Le Sezioni unite di questa Corte suprema, adite dal

l'Opera Sila e come richiamato nella espositiva dello svol

gimento del processo, affermarono, con la sentenza n. 3552 del 1957 (Foro it., Rep. 1957, voce Agricoltura, n. 87) e con riferimento alla decisione n. 66 del 1957 della Corte costituzionale (id., 1957, 1,929), la legittimità del sopra men zionato decreto presidenziale di esproprio, disattendendo la tesi degli odierni ricorrenti. Costoro, solo in sede di

rinvio, affermarono allora, per la prima volta, che nel bosco espropriato esistevano, alla data di espropriazione, alberi già maturi per il taglio e richiesero che detti alberi fossero dichiarati, dal Giudice di rinvio, sottratti all'effi cacia del decreto di esproprio e rientranti nella libera

disponibilità del Barracco, che legittimamente li aveva venduti al Serafini.

Con tali eccezioni ed istanze, il Barracco ed il Serafini

mutarono, in effetti, il thema decidendum ed esattamente la Corte di Messina le ha dichiarate precluse in quella sede di rinvio.

Infatti, prima della sentenza delle Sezioni unite di

questa Corte suprema, gli odierni ricorrenti avevano

dedotto, come si è detto, la non costituzionalità del decreto di esproprio, affermando che il terreno era restato di pro prietà (e quindi nella piena disponibilità) del Barracco. In sede di rinvio, invece, gli odierni ricorrenti dedussero la diversa questione (sul presupposto, non più discutibile, della legittimità costituzionale del decreto di esproprio) della esistenza di alberi già maturi per il taglio, esclusi, come tali, dalla efficacia del decreto di esproprio.

Il carattere nuovo delle predetto conclusioni incom

patibili con la conservazione, innanzi al Giudice di rinvio, della stessa situazione processuale già esistente innanzi al giudice che pronunziò la sentenza poscia cassata, è dimostrato dalla necessità di nuovi accertamenti di fatto

(esistenza o meno di alberi già maturi per il taglio ; identi ficazione del numero di essi ; comparazione tra il risultato delle predette indagini ed il contenuto della scrittura

privata di vendita intervenuta tra il Barracco ed il Sera

fini), che il Giudice di rinvio avrebbe dovuto svolgere per poter giudicare sulle nuove conclusioni a lui sottoposte dagli odierni ricorrenti. Questi ultimi potranno, invece, se da essi ritenuto opportuno, riproporre la questione ex novo in un separato giudizio.

Nè è possibile ritenere, come dedotto dai ricorrenti con il secondo mezzo, che la sentenza delle Sezioni unite di questa Corte suprema avesse avuto, come conseguenza, la modificazione della materia del contendere, sì da giustifi care la necessità di nuove conclusioni.

Per disattendere tale tesi, è sufficiente richiamare che

l'applicabilità del 3° comma dell'art. 394 cod. proc. civ. richiede che la decisione della Corte di cassazione abbia

impresso alla causa un nuovo indirizzo giuridico, oppure che la novità di tale indirizzo sia conseguente ad una legge sopravvenuta.

Nella specie, invece, difettavano tutti gli estremi di cui sopra, postochè l'unica questione di fondo sollevata dalle parti e decisa, sia dalle precedenti sentenze di merito, sia da quella delle Sezioni unite di questa Corte, consisteva nell'accertare se il terreno boschivo del Barracco fosse o meno espropriabile, a favore dell'Opera Sila, ai sensi del combinato disposto delle leggi n. 1629 del 1947 e n. 230 del 1950.

E gli stessi ricorrenti espressamente affermano, ai fini della terza censura dei ricorsi, della quale or ora si dirà, che occorre tenere ben distinta la questione della

espropriabilità (secondo le leggi più sopra menzionate) del terreno boschivo in sè dalla questione degli alberi maturi per il taglio e da considerarsi, in quanto tali, veri e propri frutti, capaci di un valore autonomo e di una

conseguente negoziabilità altrettanto autonoma. Nella specie, è vero phe la sentenza in sede di rinvio

ha fatto richiamo anche all'art. 920 cod. civ., ma il richiamo, come si evince dalla motivazione della sentenza, ha avuto la limitata finalità di affermare che le piante, in genere,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

in quanto insistenti sul suolo espropriato, seguono la sorte

di questo ultimo.

Tale affermazione, però, non pregiudica la diversa e

specifica questione (sollevata dai ricorrenti solo in sede di

rinvio e che pertanto esattamente la sentenza impugnata ha dichiarato preclusa in quella sede), avente per oggetto l'accertare se le piante mature per il taglio siano o meno

da considerarsi incluse nel provvedimento di esproprio. La Corte di rinvio non è quindi incorsa nella contrad

dizione lamentata dai ricorrenti con il terzo mezzo dei

rispettivi ricorsi. (Omissis) È appena il caso di sottolineare, con riferimento alla

presente decisione sulle diverse censure che si son venute

esaminando, come il merito della predetta questione sulla

esistenza di alberi maturi per il taglio e sulla esclusione di

essi dall'efficacia del decreto di esproprio resta impre

giudicata sotto qualsiasi profilo, essendosene ritenuta

esatta la pronunziata preclusione in sede di rinvio.

Concludendo, il ricorso del Barracco deve essere dichia

rato ammissibile e ne va disposta la riunione con il ricorso

incidentale del Serafini.

Entrambi i ricorsi devono essere rigettati e il Barracco

ed il Serafini vanno condannati alla perdita del deposito. Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 19 gennaio 1961, n. 78 ; Pres.

Vela P., Est. Modigliani, P. M. Maccarone (conci,

conf.) ; Nava (Avv. Cosenza) c. Soc. Autorimesse Monte

Mario (Avv. Di Mauro).

(Conferma Pret. Roma 6 febbraio 1960)

Competenza e giurisdizione in materia civile — Com

petenza per materia dei pretore — Condominio ne

gli ediiiei — Cause relative alle modalità d'uso

di parti comuni — Fattispecie (Cod. pròc. civ.,

art. 8, n. 4).

Le controversie relative alle modalità d'uso delle parti comuni

di un edificio condominiale (nella specie, strada apparte nente ai proprietari dei diversi piani) rientrano nella

competenza per materia del pretore. (1)

(1) Nei precisi termini della massima non risultano, a quanto ci consta, precedenti.

Cass. 23 giugno 1953, n. 1897, richiamata nel testo della

sentenza che si annota, è riassunta in Foro it., Rep. 1953, voce

Competenza civ., n. 116. L'art. 8, n. 4, cod. proc. civ., che riproduce l'art. 32 r.

decreto legge 15 gennaio 1934 n. 56 (sul quale vedi, in dottrina,

Chiovenda, 1st., II, I, n. 189 ; Butera, La com-proprietà di case

per piani, n. 151 ; e, in giurisprudenza, Cass. 5 aprile 1939, Foro

it., Rep. 1939, voce Comunione, n. 122 ; 7 gennaio 1937, n. 17,

id., 1937, I, 294, con nota di richiami), è interpretato restritti

vamente in giurisprudenza : si afferma costantemente che la

competenza del pretore ex art. 8, n. 4, cod. proc. civ. deve rite

nersi limitata alla disciplina materiale dei servizi comuni, non

essendo possibile estenderla alle controversie che incidano sul

patrimonio, sul diritto di proprietà ovvero su altri diritti reali

dei condomini (di recente : Pret. Vercelli 22 febbraio 1959 e

A pp. Lecce 20 ottobre 1958, id., Rep. 1959, voce Competenza civ., nn. 167, 168; Pret. Roma 6 giugno 1957, id., Rep. 1958, voce cit.,

n. 165 ; Cass. 9 giugno 1956, n. 2031, id., Rep. 1956, voce cit., n. 183 ; Cass. 9 agosto n. 2526 e 5 marzo n. 655 del 1955, id.,

Rep. 19l5, voc cit., nn. 168, 169), precisando che è causa rela

tiva alla misura dell'uso di un servizio comune quella in cui si

controverte sulla portata quantitativa, ovvero sulla estensione

del diritto di uso dei singoli condomini nei riguardi del servizio

comune, mentre è causa relativa alle modalità dell'uso quella in

cui si controverte sul modo in cui il diritto di uso dei singoli con

domini deve essere esercitato (Cass. 9 giugno 1956, n. 2031, cit.). Alla stregua di tale orientamento (sul quale, cons, in dot

La Corte, ecc. — Lamenta la ricorrente che la impugnata sentenza abbia ritenuto che la controversia rientri tra quelle che dall'art. 8, n. 4, cod. proc. civ. sono attribuite alla com

petenza esclusiva del pretore. In proposito deduce che la

predetta norma, concernendo le cause relative alla misura

e alle modalità di uso dei servizi del condominio di case, non può ricevere applicazione nella controversia in esame, la quale ha per oggetto le modalità di uso di un bene co

mune, quale è una strada condominiale, e non di un ser

vizio comune.

La doglianza non ha fondamento.

È noto che, a termini dell'art. 8, n. 4, cod. proc. civ., sono devolute alla competenza per materia del pretore « le cause relative alla misura e alle modalità d'uso dei ser

vizi del condominio di case ».

Orbene non può farsi adesione alla tesi del ricorrente

secondo la quale, ai fini dell'applicabilità di tale norma, occorrerebbe distinguere tra controversie vertenti sulle

modalità d'uso dei servizi comuni e controversie sulle mo

dalità di uso dei beni comuni, per cui la competenza per materia del pretore verrebbe meno nella seconda ipotesi. Infatti il servizio comune, lungi dal costituire alcunché di

diverso e di contrapposto rispetto al bene comune, come il

ricorrente mostra di ritenere, è la risultante della destina

zione del bene a un uso comune e della sua conseguente utilizzazione da parte dei condomini. In altri termini è la

messa in opera di un determinato bene per il miglior godi mento del fabbricato condominiale che, nel dar luogo alla

utilizzazione del detto bene da parte dei singoli condomini,

determina il funzionamento del servizio comune. E tra

le cose, la cui destinazione all'uso e al godimento comune dà

luogo al servizio comune, vanno annoverati, non soltanto

i mezzi meccanici posti in opera per il miglior godimento del fabbricato, ma anche alcune parti dell'immobile, che

siano suscettibili di una utilizzazione comune da parte dei

condomini (cfr. in proposito, per quanto attiene alle scale e

ai ballatoi, la sentenza di questa Suprema corte n. 1897

del 1953, Foro it., Rep. 1953, voce Competenza civ., n. 116). In conseguenza, qualora una strada sia, come nel caso

di specie, di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani dell'edificio a cui dà accesso e sia pertanto destinata ad un uso comune, le controversie vertenti sulla

regolamentazione di tale uso (sempre che beninteso siano

limitate alle modalità di godimento e non concernano l'esi

stenza del diritto di condominio), in applicazione del citato

disposto dell'art. 8, n. 4, cod. proc. civ., devono conside

rarsi devolute alla competenza per materia del pretore. Tale interpretazione, d'altronde, trova conforto nella ratio

della norma, che è intesa a regolare con un procedimento

rapido e semplice le questioni (le quali hanno di regola carattere di urgenza e si presentano con aspetti di facile

soluzione), inerenti alla utilizzazione dei beni posti in opera

per il miglior godimento del fabbricato condominiale (quale è indubbiamente la controversia in esame).

Dalle svolte considerazioni discende che deve essere

dichiarata la competenza, per materia, del pretore a sta

tuire sulla controversia in oggetto. Per questi motivi, rigetta, ecc.

trina, Andrioli, Commento, I3, 51 ; Salis, Il condominio negli

edifici, 1956, pag. 254 ; Nobile, La competenza del pretore nel

condominio edilizio, in Oiur. Cass. civ., 1955, 3° bim., 409, con

ulteriori indicazioni bibliografiche ; Branca, in Commentarios, a cura di A. Scialoja e G. Branca, n. 3 in fin-, sub art. 1130), si è affermato che la controversia tra condomini, relativa alla

legittimità dell'introduzione di un apparecchio automatico per l'uso dell'ascensore, non rientra nella competenza per materia

del pretore, di cui all'art. 8, n. 4, cod. proc. civ., in quanto non

investe soltanto le modalità d'uso del servizio, ma anche la ripar tizione della spesa (Cass. 21 maggio 1948, n. 769, Foro it., 1949,

X, 374, con nota di richiami).

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