sezione I civile; sentenza 21 gennaio 1985, n. 190; Pres. Santosuosso, Est. Di Salvo, P.M. Morozzodella Rocca (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Palatiello) c. Ciantelli. ConfermaComm. trib. centrale 10 agosto 1981, n. 6702Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1985), pp. 2035/2036-2037/2038Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177806 .
Accessed: 25/06/2014 10:01
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 10:01:06 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2035 PARTE PRIMA 2036
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 gennaio 1985, n. 190; Pres. Santosuosso, Est. Di Salvo, P.M. Morozzo
della Rocca (conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato
Palatiello) c. Ciantelli. Conferma Comm. trib. centrale 10
agosto 1981, n. 6702.
Tributi in genere — Reddito cumulato dei coniugi definito per condono — Reddito soggetto a tassazione separata — Aliquota
d'imposta — Computo separato dei redditi — Ammissibilità
(D.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, art. 13; 1. 12 no
vembre 1976 n. 751, norme per la determinazione e riscos
sione delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in materia tributaria, art. 4).
L'indennità di fine rapporto va tassata con l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto imputabile singolarmente al contribuente nel biennio precedente, anche nell'ipotesi in cui, durante tale periodo, l'imposta sia stata liquidata in riferimento al cumulo dei redditi dei coniugi e siffatta liquidazione sia divenuta
intangibile perché definita a seguito di domanda di condono. (1)
Svolgimento del processo. — L'ufficio delle imposte dirette di Pistoia determinava l'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta da Ciantelli Attilio sull'indennità di fine del rapporto di
lavoro, applicando l'aliquota corrispondente alla metà del reddito
complessivo netto nel biennio 1972 e 1973 che era comprensivo dei redditi della moglie e che era determinato per entrambi gli anni con il condono di cui alla 1. 19 dicembre 1973 n. 823.
Avverso l'iscrizione a ruolo il contribuente ricorreva alla com misione tributaria di I grado di Pistoia e poi alla commissione di II grado della stessa città che respingevano il ricorso.
La Commissione tributaria centrale, invece, in accoglimento del ricorso del contribuente, annullava la tassazione dell'ufficio dispo nendo che l'ufficio dovesse procedere a nuova tassazione.
Riteneva la predetta Commissione centrale che l'art. 4 1. 12 no vembre 1976 n. 751, secondo cui le disposizioni dei comma prece denti, i quali prevedono la facoltà dei coniugi di chiedere l'applica zione separata dell'imposta complementare, non si applicano « quan do il reddito complessivo netto è stato definito ai sensi del d.l. 5 novembre 1973 n. 660 convertito con modificazioni nella I. 19 dicembre 1973 n. 823 « ha riguardo oviamente ai redditi oggetto del condono stesso con efficacia limitata a tale oggetto e l'ammini
strazione finanziaria » non può, per la liquidazione di imposte distinte relative a successivi periodi di imposta e che prevedono un autonomo procedimento di liquidazione della stessa, prescin dere dalla integrale applicazione della regola delia separazione dei redditi anche in relazione a quegli elementi che concorrono a
determinare la liquidazione dell'imposta. Ritrovava una conferma
di tale tesi nella considerazione che l'art. 13 d.p.r. 29 settembre
1973 n. 597, nello stabilire per relationem l'aliquota da applicare a ciascun reddito soggetto a tassazione separata, fa riferimento,
per determinare l'imposta dovuta, alla aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel
biennio anteriore all'anno in cui è sorto il diritto alla percezione e
cioè ad una entità che va autonomamente accertata e contabi
lizzata alla luce delle norme e dei principi che regolano la nuova
imposta e, quindi, prescindendo dalle eventuali interferenze pro
poste a suo tempo nella determinazione del reddito biennale e
della relativa aliquota di tassazione da circostanze eccezionali ed
anomale come il condono.
(1) La sentenza conferma l'orientamento prevalente nella giurispru denza della Commissione tributaria centrale: v. dee. 16 giugno 1981, n. 6742, Foro it., Rep. 1982, voce Reddito delle persone fisiche
(imposta), n. 141, e in extenso in Comm. trib. centr., 1981, I, 652
(riprodotta alla lettera, o quasi, nei passaggi salienti); 17 aprile 1981, n. 1914, Foro it., Rep. 1981, voce Complementare sul reddito (impo
sta), n. 20; 19 aprile 1980, n. 4596, ibid., voce Reddito delle
persone fisiche (imposta), n. 112 (v. anche Comm. trib. I grado Pisa
11 gennaio 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 133).
In motivazione, la corte osserva che, se si tenesse conto del reddito
complessivo dei coniugi, rivivrebbero le norme che disciplinavano
l'abrogato cumulo dei redditi (v. Corte cost. 14 luglio 1976, n. 179, id., 1976, I, 2035 e 2529, con nota di M. A. Salvetti Grippa, che ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del cumulo dei redditi). Contra, Comm. trib. centrale 22 aprile 1982, n. 3462, id., Rep. 1982,
voce cit., n. 195; 16 marzo 1981, n. 600, id., Rep. 1981, voce cit., n.
106, secondo cui, data l'intangibilità del reddito definito per condono, non è consentito il computo separato dei redditi dei coniugi, anche al solo fine di determinare l'aliquota d'imposta per la tassazione del reddito di uno di essi, che non è oggetto del condono.
Il Foro Italiano — 1985.
Avverso la predetta decisione propone ricorso per cassazione
l'amministrazione delle finanze dello Stato. Il Ciantelli non si è
costituito.
Motivi della decisione. — L'amministrazione finanziaria, con
l'unico motivo del ricorso — deducendo violazione dell'art. 4, ult.
comma, 1. 12 novembre 1976 n. 751 con riguardo agli art. 13
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, agli art. 2 e 11 d.p.r. 5 novembre
1973 n. 660 conv. in 1. 19 dicembre 1973 n. 823 (art. 360, n. 3,
c.p.c.) sostiene che la decisione impugnata erroneamente ha
escluso che l'art. 4 1. n. 751/76 impedisca di effettuare il computo
separato dei redditi dei due coniugi per gli anni 1975 e preceden
ti, ai fini della riliquidazione delle imposte dirette dovute da
ciascun coniuge, quando il reddito complessivo netto sia stato
definito per condono ex di. 660/73. La censura non è fondata. L'art. 4 1. 12 novembre 1976 n. 751,
emanata a seguito della sentenza 15 luglio 1976, n. 179 (Foro it.,
1976, I, 2035), con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità delle norme che imponevano il cumulo ded redditi dei
coniugi ai fini della determinazione dell'imponibile, disciplina la
facoltà di ciascun coniuge di chiedere l'applicazione separata
dell'imposta sul proprio reddito complessivo imponibile e deter
mina gli effetti di tale richiesta ed i criteri da seguire nella
tassazione, nonché le conseguenze sui giudizi pendenti; l'ult.
comma recita testualmente: « le disposizioni del presente articolo
non si applicano quando il reddito complessivo netto è stato
determinato sinteticamente ovvero con decisione o sentenza passa ta in giudicato, né quando è stato definito ai sensi del di. 5
novembre 1973 n. 660, covertito con modificazioni nella 1. 19
dicembre 1973 n. 823 » (condono). Da tale norma l'amministra
zione ricorrente deduce che « il computo separato dei redditi dei
due coniugi per gli anni 1974 e precedenti ai fini della liquida zione delle imposte dirette da ciascuno dovute non può effettuarsi
quando il reddito complessivo netto sia stato definito per condono ».
La tesi non può, però, essere condivisa perché contrasta con il
chiario dettato normativo e tende ad estendere a fattispecie del
tutto estranee alla norma la preclusione ivi prevista. Infatti, gli atti giuridici, in essa previsti e cioè la determinazione sintetica
del reddito, le decisioni delle commissioni tributarie e le sentenze
dell'autorità giudiziaria ordinaria e, infine, la definizione del
reddito per condono, precludono unicamente l'applicazione delle
disposizioni contenute nei precedenti comma dello stesso art. 4; effetto preclusivo che appare conforme ai principi che regolano la
materia in quanto le situazioni già esaurite non sono modificabili
per effetto della volontà della parte successivamente intervenuta; sotto questo profilo la disposizione appare addirittura pleonastica perché quanto da essa disposto sarebbe già avvenuto per effetto della regola della intangibilità dei rapporti già definiti ed
esauriti, da parte di disposizioni legislative sopravvenute o di
pronunce di illegittimità costituzionale.
Dalla norma ini esame può dunque dedursi soltanto che la definizione del reddito per condono determina l'impossibilità di
presentare la dichiarazione prevista dal 1° comma e di conseguire
gli effetti di cui al successivo 2° comma. La forma di liquidazio ne dell'imposta in essa prevista non ha, quindi, alcun'altra influenza nei rapporti tributari del tutto distinti ed autonomi.
Il sostenere che il reddito definito per condono sarebbe intan
gibile anche nei casi non previsti dall'art. 4 e che la norma sa
rebbe, quindi, suscettibile di illimitate estensioni, non è consentito dalla incisiva formulazione legislativa. Nella fattispecie in esame, infatti, il resistente non ha presentato la dichiarazione prevista dall'art. 4, 1° comma, 1. 751/76; è intervenuto poi un reddito del tutto autonomo, qual è l'indennità di fine rapporto di lavoro
prevista dall'art. 12, lett. a), d.p.r. 597/73, la quale deve essere tassata separatamente, secondo i criteri prescritti dal successivo art. 13, applicando sull'ammontare di ciascun reddito l'« aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contri buente nel biennio anteriore all'anno in cui è sorto il diritto alla loro percezione ».
Tale reddito complessivo non può che essere quello proprio del
soggetto percipients, essendo state dichiarate illegittime ad ogni effetto le norme che stabilivano il cumulo del reddito tra coniugi.
La tesi sostenuta dall'amministrazione finanziaria, come essa stessa ammette, determinerebbe il reddito del soggetto che ha
percepito l'indennità di anzianità ai fini della tassazione della
stessa, sulla base del reddito cumulato del coniuge e quindi farebbe sopravvivere gli effetti del cumulo dei redditi, attraverso una forma di ultrattività che eluderebbe la sentenza che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, con violazione (come è stato recentemente affermato in altra materia, Corte cost. 223/83,
This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 10:01:06 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
id., 1983, I, 2057) dell'art. 136 Cost, che impone « l'immediata
cessazione della efficacia giuridica della norma illegittima ».
L'interpretazione prospettata non può, quindi, essere accolta, non
soltanto perché non consentita dalla formulazione letterale della
norma, ma altresì' perché in contrasto con i principi costituziona
li; ed è noto che, fra due interpretazioni in astratto possibili (ma da escludere nel caso in esame), deve essere preferita quella che
sia in armonia con essi.
Ulteriore conferma di quanto sopra illustrato si riscontra nella
considerazione che l'esclusione di ogni forma di sopravvivenza, anche se attenuata, del criterio del cumulo dei redditi dei coniugi è stata esclusa dailla Corte costituzionale con la sentenza 25
marzo 1981, n. 49 (id., 1981, I, 1226), che ha dichiarato illegitti mo l'ult. comma dell'art. 1 della legge in esame; il quale aveva
tentato di limitare la portata della dichiarazione di illegittimità oostituzionale stabilendo che all'imposta determinata ai sensi della
nuova normativa nei confronti di ciascuno dei coniugi, non si
applicava l'ulteriore detrazione prevista dal 2° comma dell'art. 4
d.l. 6 luglio 1974 n. 259, convertito, con modificazioni, nella 1. 17
agosto 1974 n. 384.
Questa Suprema corte, inoltre, nell'intento di cancellare dall'or
dinamento ogni norma residuata dalla precedente disciplina del
cumulo ha in altre occasioni affermato che, per effetto della
predetta sentenza della Corte costituzionale n. 179/76, deve
ritenersi caducato l'art. 207, lett. c), d.p.r. 29 maggio 1958 n. 645
che precludeva alla moglie la proponibilità dell'opposizione avver
so l'esecuzione esattoriale per imposta complementare dovuta dal
marito (Cass. 3842/79, id., Rep. 1979, voce Riscossione delle
imposte, n. 55). Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 gennaio
1985, n. 52; Pres. Pennacchia, Est. Baldassarre, P. M.
Cantagalli (conci, diff.); Soc. Siemens (Avv. Gorla) c. Casti
glia e altro (Avv. Del Vecchio). Conferma Trib. Taranto
12 dicembre 1979.
Lavoro (rapporto) — Lavoratori studenti — Permessi giornalieri retribuiti per prove d'esame — Lavoratore studente autodidatta — Spettanza (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attivi
tà sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento,
art. 10).
L'art. 10 l. 300/70 che riconosce al lavoratore studente il diritto a
fruire di permessi giornalieri retribuiti per sostenere prove d'esame non contempla limiti soggettivi connessi all'iscrizione e
frequenza di regolari corsi di studio; deve, pertanto, ritenersi
che il suddetto beneficio competa anche al lavoratore studente
autodidatta, candidato all'esame in qualità di privatista. (1)
(1) La Cassazione affronta per la prima volta un problema di
carattere generale in materia di lavoratori-studenti, la legittimazione a
fruire dei permessi giornalieri retribuiti ex art. 10, 2° comma, statuto
dei lavoratori. La decisione sembra destinata a suscitare un certo interesse, quanto
meno tra gli « addetti ai lavori »: in tema di benefici per motivi di
studio i precedenti delia corte sono assai scarsi (solo due pronunce in
oltre un decennio di applicazione dello statuto, Cass. 13 agosto 1982, n. 4602, Foro it., 1983, I, 2232 e la coeva 13 agosto 1982, n. 4603,
id., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 1402) e comunque, come
sottolinea in motivazione la sentenza qui riprodotta, insuscettibili di
generalizzazione, avendo risolto una quaestio che, pur vexata, riguar
dava esclusivamente l'applicazione di determinati contratti collettivi (il
problema era quello della cumulabilità tra i permessi retribuiti per
sostenere esami e quelli previsti per la frequenza ai corsi delle c.d.
150 ore: v., per tutti, Scognamiglio, Parere « pro veritate » sulla cumu
labilità delle provvidenze di cui all'art. 28 (diritto allo studio) e all'art.
29 (permessi retribuiti per giorni d'esame) disc. gen. - sez. Il del c.c.n.l.
19 aprile 1973 per l'industria metalmeccanica, in Orient, giur. lav., 1976, 338 ss.; Mammone, Diritto allo studio, studenti lavoratori e addetti
all'industria metalmeccanica privata, in Dir. lav., 1978, II, 141).
Stabilisce, dunque, la corte: a) nel linguaggio comune la locuzione
« studente », lungi dall'indicare univocamente una persona iscritta a
regolari corsi di studio, abbraccia la figura dell'autodidatta; b) l'inciso
di cui al 1" comma dell'art. 10 statuto lavoratori (« iscritti e frequen tanti ... ») non individua una categoria chiusa cui riportare la norma
nel suo complesso, ma vale, più semplicemente, a delimitare l'ambito di applicazione dei soli benefici di cui allo stesso 1° comma; c) di
conseguenza, l'attribuzione dei permessi giornalieri retribuiti per prove
Il Foro Italiano — 1985.
Svolgimento del processo. — Con sentenza 30 marzo 1979
il Pretore di Taranto, accogliendo, sul punto, le domande propo ste da Paolo Castiglia e Cataldo Ricci, dipendenti della S.i.t.
Siemens s.p.a., dichiarava il diritto degli istanti a ricevere la
retribuzione relativa ai permessi goduti per tutti i giorni in cui
nella sessione dell'anno 1977-78 avevano sostenuto gli esami di
idoneità alla quinta classe dell'istituto tecnico industriale (indiriz zo elettronico) e per i due giorni precedenti, a mente dell'art. 10
1. 20 maggio 1970 n. 300 e dell'art. 18 del c.c.n.l. 2 maggio 1976.
Interponeva appello la soccombente società ed il gravame, contrastato dai suddetti lavoratori, era respinto dal Tribunale di
Taranto con la sentenza oggetto del presente ricorso.
Il giudice di secondo grado — premesso che non erano in
discussione la partecipazione del Castiglia e del Ricci alla sessio ne d'esame presso scuole pubbliche ed il numero di giorni di cui
gli stessi avevano avuto necessità di sostenere le suddette prove di idoneità — osservava che secondo la formulazione letterale e la
ratio della normativa del cit. art. 10, recepita integralmente nell'indicato contratto collettivo, debbono tenersi separate le nor me rispettivamente del 1" e del 2° comma di tale articolo nel senso
che il lavoratore che studia ha diritto di fruire dei permessi
d'esame non è subordinata alla presenza di determinate condizioni soggettive: il beneficio spetta a qualunque lavoratore comunque candi dato ad esami per conseguire titoli di studio.
Mancano precedenti specifici nella giurisprudenza di legittimità. Nella giurisprudenza di merito, d'altra parte, l'azione svolta dalle fonti collettive in materia di « diritto allo studio » ha in qualche modo eroso lo spazio dell'art. 10 statuto lavoratori, originando una fioritura di pronunce che si muovono esclusivamente sul terreno dei singoli contratti: la normativa statutaria in materia di permessi «... ha finito per trasformarsi in norma di garanzia, la cui funzione è di salvaguar dare i-1 principio del permesso retribuito per sostenere esami nella misura minima della giornata lavorativa » (Salazar, L'art. 10 dello statuto dei lavoratori nel primo decennio di applicazione giurispruden ziale, in Riv. giur. scuola, 1983, 51).
Affermano, comunque, la spettanza dei permessi per esami ex art. 10, 2° comma, agli studenti-lavoratori autodidatti, da ultimo, Pret. Mi lano 20 febbraio 1982, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n.
1038; Pret. Torino 14 marzo 1981, ibid., r. 1042; e, in motivazione, Pret. Bassano del Grappa 18 gennaio 1978, id., 1979, I, 2177.
In dottrina, nello stesso senso, v. Ghezzi e Romagnoli, Il rapporto di lavoro, Bologna, 1984, 141; Ricci, in Lo statuto dei lavoratori, Commentario, diretto da Giugni, Milano, 1979, 134; Lega, I lavorato ri e il diritto allo studio, in Riv. dir. lav., 1977, I, 122 ss.
Per quanto riguarda altri aspetti della norma, si segnala anzitutto Trib. Torino 2 agosto 1978, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 735, secondo cui per « titolo di studio legale » deve intendersi: a) i titoli necessari per la prosecuzione degli studi; b) i titoli richiesti dalla
legge per la partecipazione a pubblici concorsi; c) i titoli abilitanti all'esercizio della professione.
Circa la natura giuridica del permesso in questione, la giurispruden za appare orientata nel senso di negarne l'assimilabilità alla effettiva
prestazione lavorativa, attribuendogli caratteri molto simili alle ferie: cosi Pret. Torino 27 gennaio 1982, id., 1982, 1, 876 e Trib. Brescia 28
gennaio 1982, id., 1983, I, 229, in tema di diritto alle pause compensative per lavorazioni a turni e a squadre e Pret. Torino 30 ottobre 1979, id., Rep. 1981, voce cit., n. 664, unitamente a Trib. Milano 15 gennaio 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 617, in tema di
quantificazione e natura della retribuzione spettante; contra, Pret. Brescia 14 settembre 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1040, che
equipara, ai fini della concessione di una pausa giornaliera di mez
z'ora, l'orario di studio a quello di lavoro. In ordine aila durata del permesso Pret. Milano 12 settembre 1972,
id., Rep. 1973, voce cit., n. 656, ha precisato che il medesimo abbraccia l'intera giornata lavorativa, a nulla rilevando che la prova sia fissata in ore non comprese nell'orario normale di lavoro.
Per quanto riguarda, infine, l'ipotesi dell'esame improvvisamente differito ad aitra data, v. Pret. Lucca 7 gennaio 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 619, che afferma il diritto del lavoratore a percepire
ugualmente la retribuzione purché lo stesso abbia fatto « quanto
possibile e doveroso » per sostenere la prova nel giorno originariamente tissato. a
In dottrina, per un quadro complessivo, v., da ultimo, Cinelli, /
permessi nelle vicende del rapporto di lavoro, Milano, 1984; per un'esauriente disamina del sistema normativo riguardante il diritto allo
studio v. Varesi, L'alternanza studio-lavoro nella contrattazione collet
tiva e nella legislazione, in Riv. giur. lav., 1981, I, 203 ss.
Nel corso degli anni l'importanza pratica dell art. 10, 2" comma, è
andata sbiadendo; peraltro, Cass. 52/85 in epigrafe, stabilendo l'assen
za di limiti soggettivi riferibili ai suddetto beneficio, potrebbe suscitare
un nuovo interesse per la disposizione statutaria: contratti collettivi e
accordi aziendali prevalgono sulla disposizione legislativa solo in
quanto più favorevoli al lavoratore ed essi, se sono generalmente
migliorativi dal punto di vista dei benefici concedibili (tipica l'esten
sione del permesso retribuito ai due giorni antecedenti la prova),
prevedono spesso condizioni e limiti dal punto di vista soggettivo.
This content downloaded from 195.34.79.107 on Wed, 25 Jun 2014 10:01:06 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions