Sezione I civile; sentenza 21 novembre 1983, n. 6932; Pret. Brancaccio, Est. Contu, P. M.Valente (concl. conf.); Soc. S.i.a.c. (Avv. Aldisio) c. Manna (Avv. Malavasi). Cassa App. Napoli 25febbraio 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 2283/2284-2287/2288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177317 .
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2283 PARTE PRIMA 2284
consentita interpretazione estensiva. Dando luogo ad una tipica formazione sociale dai caratteri sopra specificati, anche la convi
venza more uxorio non può, invero, ritenersi estranea all'oggetto della tutela predisposta dalla norma in esame; ad essa, d'altro
canto, la giurisprudenza ha, ad altri effetti, già reiteratamente
riconosciuto rilevanza giuridica (v., tra le altre, Cass. 3 febbario
1975, n. 389, id., 1975, I, 2301; 8 febbraio 1977, n. 556, id., 1977,
I, 2268, e, con specifico riferimento alla materia delle locazioni, Cass. 30 aprile 1953, n. 1234, id., Rep. 1953, voce cit., n. 569; 8
luglio 1955, n. 2134, id., Rep. 1955, voce cit., n. 518; 23 agosto
1978, n. 3947, id., Rep. 1978, voce cit., n. 112; 27 aprile 1982, n.
2628, id., 1982, I, 2869).
Dalle argomentazioni che precedono risultano assorbiti gli ar
gomenti che i fautori della tesi della non estensibilità al convi
vente more uxorio della previsione dell'art. 6 1. 392/78 traggono dalla natura eccezionale della norma e dall'asserita tassatività
dell'elencazione in essa contenuta (sulla quale ultima, peraltro,
un'autorevole dottrina ha avanzato riserve, alla luce della più volte rilevata omessa anteposizione dell'avverbio « soltanto » al
l'enumerazione delle categorie protette). Non risulta, invece, in
crinata l'indiscutibile verità contenuta nella proposizione secon
do cui non è il solo dato della convivenza a legittimare la
successione. In proposito, giova rilevare che, in base alla tesi che
si sostiene, non ogni rapporto di convivenza giustifica la succes
sione nel rapporto di locazione ma soltanto quello inquadrabile come rapporto definibile « famiglia di fatto » secondo l'accezione
sopra delineata, cosicché l'art. 6 1. 392/78 deve ritenersi applica bile solo quando la convivenza tra persone di sesso diverso trovi
giustificazione in legami affettivi economici e sociali che abbiano
raggiunto un sufficiente grado di serietà e di stabilità e, in quanto tale, sia convincentemente riconducibile aU'affectio maritalis. La
presenza dei predetti requisiti, che intuitivamente non può essere valutata che sulla base di un accertamento in fatto, è, nella
specie, inconfutabilmente dimostrata dalla stessa durata (ultraven tennale) della convivenza.
Da ultimo, va osservato che non può condividersi l'opinione secondo cui l'interpretazione dell'art. 6 1. 392/78 nel senso
dell'inapplicabilità al convivente more uxorio non susciterebbe dubbi sulla legittimità della norma in relazione all'art. 3 Cost.
Sul punto, si rileva che a giustificare una disparità di tratta mento normativo non è sufficiente l'eterogeneità formale delle
situazioni regolate ma è necessario che la disparità di trattamento
sia razionale in rapporto alla funzione e allo scopo cui la
disciplina è preordinata (v. Corte cost. 7/63, id., 1963, I, 471;
61/64, id., Rep. 1965, voce Dibattimento penale, n. 8; 22/66, id., 1966, I, 543) e che — identificata la finalità dell'art. 6 1. 392/78 nella tutela dell'interesse abitativo dei componenti la comunità
familiare sostanzialmente intesa nei termini dianzi precisati e
constatato che il convivente more uxorio è un tipico esponente di siffatta comunità — l'esclusione di tale soggetto dall'ambito di
operatività del beneficio previsto dalla disposizione non risulte rebbe sorretto dalla richiesta razionalità.
Poiché tra le varie interpretazioni possibili deve preferirsi quella conforme ai principi costituzionali (v. Cass. 12 giugno 1975, n. 2342, id., 1976, I, 408; 27 gennaio 1978, n. 393, id., Rep. 1978, voce Titoli di credito, n. 83), quanto rilevato si pone come ulteriore argomento a favore della tesi proposta.
Alla stregua delle suesposte considerazioni, l'art. 6, 1° comma, 1. 392/78 deve ritenersi applicabile anche al convivente more uxorio e, conseguentemente, la domanda attrice va respinta. (O missis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 21 no vembre 1983, n. 6932; Pret. Brancaccio, Est. Contu, P.M. Valente {conci, conf.); Soc. S.i.a.c. (Aw. Aloisio) c. Manna
<Avv. Malavasi). Cassa App. Napoli 25 febbraio 1981.
Assicurazione (contratto di) — Agente — Potere di rappresentan za — Regime probatorio — Fattispecie (Cod. civ., art. 1392, 1753, 1888, 1903).
Assicurazione (contratto di) — Agente sfornito di poteri di
rappresentanza — Clausola « sotto riserva di accettazione da
parte della direzione » — Specifica sottoscrizione — Esclu
sione (Cod. civ., art. 1341).
Il potere di rappresentanza dell'agente di assicurazione può essere
provato solo per iscritto (nella specie, i giudici hanno ritenuto
irrilevante la circostanza dell'avvenuto pagamento del premio
assicurativo nelle mani dell'agente, all'atto della sottoscrizione, da parte dello stesso agente, della proposta di contratto). (1)
La clausola « sotto riserva di accettazione da parte della direzio ne » non è soggetta a specifica approvazione per iscritto, quando l'agente di assicurazione è sprovvisto di potere di rappresentan za. {2)
(1) Il presente decisum ribadisce l'orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo cui, se il contratto concluso dal rappresentante deve avere la forma scritta ad probationem, il suo potere di rappresentanza può essere provato solo per iscritto. Cfr., in senso conforme, Cass. 6 novembre 1976, n. 4040, Foro it., Rep. 1976, voce Rappresentanza nei contratti, n. 3; Trib. Roma 11 marzo 1964, id., Rep. 1965, voce Obbligazioni e contratti, in. 367; Cass. 29 aprile 1959, n. 1262, id., 1959, I, 1124, con nota di richiami. Conforme la dottri na: v. Sacco e De Nova, in Trattato diretto da Rescigno, 10, Tori
no, 1982, 394; Cian e Trabucchi, Commentario breve al c.c.2, Padova, 1984, 945; Mirabelli, Dei contratti in generale, iti Commentario Utet, Torino, 1980, 376 ss.; G. G. Gentile, Forme volontarie e procura, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1967, 631.
Da quanto esposto consegue che è irrilevante, per la prova del potere di rappresentanza la circostanza del pagamento del premio assicurativo a mani dell'agente nel momento in cui è sottoscritta la
proposta. Né tale atto vale, di per sé, a perfezionare il contratto, quand'anche
l'agente sia munito di appositi poteri: cfr. Oass. 27 ottobre 1977, n.
4592, id., Rep. 1977, voce Contratto in genere, n. 74, ed App. Catania 4 marzo 1975, id., Rep. 1976, voce oit., n. 93, che escludono
l'applicabilità dell'art. 1327 c.c. perché l'esecuzione ivi prevista si riferi sce ad un comportamento assunto dal destinatario della proposta e non dallo stesso proponente.
Controverso, invece, è il problema se l'art. 1392 c.c. regoli anche
l'ipotesi delle forme « prescritte » dalle partii. La giurisprudenza è costantemente orientata per la soluzione negativa. V., orientativamente, Oass. 15 dicembre 1981, n. 6634, id., Rep. 1981, voce Rappresentanza nei contratti, in. 4; 8 febbraio 1974, n. 363, id., 1974, I, 2091 (in riferimento ad un atto unilaterale); 18 marzo 1970, in. 728, id., Rep. 1970, voce Locazione, n. 37; 10 ottobre 1968, n. 3325, id., Rep. 1969, voce Obbligazioni e contratti, n. 416; 17 marzo 1966, n. 760, id., 1966, I, 1909, con nota di richiami. Quanto alla dottrina, la soluzione non è pacifica; in senso adesivo alla giurisprudenza: Capparelli, Forma volontaria e torma della procura, in Giur. it., 1975, I, 1, 1155; Mosco, La rappresentanza volontaria nel diritto privato italiano, Napoli, 1961, 189. Contra, Messineo, Del contratto in genere, Sn Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1968, 238; D'Avanzo, Rappresentanza (dir. civ.), voce del Novissimo digesto, Torino, 1966, XIV, 813; Mirabelli, cit., 377.
(2) La decisione ora cassata aveva ritenuto che la clausola salvo ap provazione della casa necessitasse di apposita sottoscrizione, in quanto li mitativa della responsabilità dell'assicuratore (art. 1341, 2" comma, c.c.). Sul punto non constano precedenti, ma va ricordata Cass. 9 maggio 1969, n. 1746, Foro it., Rep. 1969, voce Obbligazioni e contratti, n. 162, che in una diversa fattispecie (agente munito di poteri di rappresentan za), configurando la clausola in questione come condizione sospensiva potestativa di un contratto già perfezionato, negò che essa dovesse
appositamente sottoscriversi, ex art. 1341, 2° comma, c.c.
L'ipotesi di agente rappresentante è affrontata incidentalmente (non trattandosi del caso di specie) anche dalla sentenza io epigrafe che,
pur evitando opportunamente una decisa presa di posizione, ha
nondimeno osservato che « la tesi dell'approvazione per isoritto potreb be fondarsi sull'interpretazione della clausola come attributiva della facoltà di recesso » f di sfuggita ', la clausola predetta è ritenuta « non vessatoria» nella motivazione di Cass. 21 aprile 1956, n. 1221, id.,
Rep. 1956, voce oit., n. 95; in dottrina v. Scognamiglio, Contratti in
generale, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1981, 284; e, sulle condizioni generali nel contratto di assi
curazione, in generale, Bessone, Assicurazione, condizioni generali di
contratto e le norme di ordine pubblico a tutela degli interessi diffusi, in Resp. civ., 1980, 3).
La clausola salvo approvazione della casa è stata oggetto di esame da parte di dottrina e giurisprudenza essenzialmente al fine di stabilirne la qualificazione e gli effetti. Non sorgono particolari problemi quando l'in termediario non sia munito di poteri di rappresentanza; in tal caso il contratto non potrebbe comunque concludersi senza l'approvazione della casa. Afferma Sacco, Il contratto, in Trattato, diretto da Vassalli, Tori no, 1975, 148, cui si rinvia per ulteriori riferimenti, che, se l'agente « è privo dei poteri di rappresentanza ed ha messo in chiaro che non inten de stipulare per sé [ciò che discenderebbe implicitamente, per l'a. cit., dalla stessa inserzione della clausola nel contratto] la dichiarazione dell'intermediario costituisce sollecitazione (trattativa), e la dichiarazione resa allìintermediario costituisce proposta contrattuale affidata a terzo incaricato di recapitarla alla casa; perfezionatasi la proposta, il contratto si concluderà mediante eccettazàone e mediante esecuzione, secondo le regole che gli sono proprie ».
In giurisprudenza v. Cass. 12 gennaio 1977, n. 145, Foro it., Rep. 1977, voce Competenza civile, n. 67; 16 giugno 1976, n. 2273, id., Rep. 1976, voce oit., n. 72; 7 dicembre 1968, n. 3932, id., 1969, I, 1938, con nota di Pellegrino, Sul procacciatore d'affari-, si discute, inoltre, se, in tale fattispecie, la proposta sia da ritenersi irrevocabile: in tal
senso, in giurisprudenza, Trib. Napoli 21 novembre 1951, id., Rep. 1951, voce Obbligazioni e contratti, n. 130, nonché, in dottrina, Corrado, La clausola « salvo approvazione della casa », in Riv. dir.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 26
ottobre 1974, Gaetano Manna e Giancarlo Caiano, quali titolari
della scuderia Maga, convennero dinanzi al Tribunale di Napoli la s.p.a. S.i.a.c. (Società italiana assicurazioni cavalli), con sede in
Milano, esponendo che: a) il 25 marzo 1974 il Manna aveva concluso con un agente della società convenuta un contratto di
assicurazione contro la morte dei cavalli da corsa di loro proprie tà denominati « Umin » e « Rapsodia », versando il premio di lire
367.200; b) dopo la morte del cavallo « Umin » avvenuta dopo
pochi giorni, avevano sollecitato il pagamento dell'indennizzo
previsto dal contratto, ma non l'avevano ottenuto.
Chiesero, pertanto, la condanna della società assicuratrice con venuta al pagamento di lire 6.000.000 con rivalutazione monetaria ed interessi, per il titolo sopra dedotto.
Nel costituirsi in giudizio, la S.i.a.c. contestò la domanda e ne
chiese il rigetto, eccependo di non aver mai stipulato il contratto di assicurazione posto a fondamento della domanda.
Con sentenza 3 dicembre 1979, il tribunale adito condannò la
società convenuta al pagamento, a favore degli attori, di lire
6.000.000, con interessi e spese giudiziali. Su gravame proposto dalla S.i.a.c. tale sentenza venne confer
mata dalla Corte d'appello di Napoli con la decisione ora
impugnata. La corte del merito ritenne che il contratto di assicurazione
fosse stato concluso da certo Sebastiani, nella veste di agente con
rappresentanza della società assicuratrice, ed a prova della sussi
stenza del potere di rappresentanza addusse le circostanze che il
medesimo avesse riscosso il premio e firmato in precedenza un
altro contratto relativo al cavallo denominato « Rapsodia ». Ri
tenne altresì invalida la clausola del contratto relativa alla riserva
di accettazione da parte della direzione della società, non essendo
stata essa approvata specificamente per iscritto, come prescritto dall'art. 1341 c.c., data la sua natura di clausola limitativa di
responsabilità.
comm., 1948, II, 389; ma v. anche te precisazioni di A. De Martini, Profili della vendita commerciale e del contratto estimatorio, Milano, 1950, 189 ss.; contra, Zanchi, Clausola « salvo approvazione della casa » e formazione del contratto, in Studi senesi, 1980, 324.
Nell'opposta ipotesi in cui l'intermediario sia munito di poteri di
rappresentanza, la giurisprudenza è concorde nel ritenere concluso il contratto tra questi ed il cliente (Cass. 15 gennaio 1969, n. 72, Foro
it., Rep. 1969, voce Obbligazioni e contratti, a. 112, e tutte te altre sentenze che saranno citate in prosieguo) ed interpreta la clausola o come -attributiva di una facoltà di recesso della oasa (cfr., oltre alla decisione qui riportata i precedenti citati nella nota di Pellegrino,
cit., cui acide, Cass. 5 aprile 1956, «. 984, id., Rep. 1956, voce
Competenza civile, n. 292, e Trib. Napoli 21 novembre 1951, oit.) o come condizione sospensiva del contratto fino alla ratifica del rappre sentato (Cass. 1746/69; nonché i precedenti menzionati nella nota di Pellegrino, cit., cui adde Cass. 7 agosto 1958, n. 2890, id., Rep.
1958, vooe Obbligazioni e contratti, n. 82; App. Firenze 16 giugno 1950, id., Rep. 1950, voce oit., n. 97), salvo infine far riferimento,
genericamente, ad entrambe le qualificazioni (cosi Cass. 3932/68; 22
giugno 1962, n. 1606, id., Rep. 1962, voce Competenza civile, n. 243; 29 settembre 1955, n. 2696, id., Rep. 1955, voce Obbligazioni e
contratti, n. 86; App. Napoli 7 febbraio 1956, id., Rep. 1956, voce
cit., n. 98). In dottrina, Sacco, oit., 150, evidenzia la contraddittorietà della tesi
che qualifica la clausola salvo approvazione della casa come condizione
sospensiva meramente potestativa (fino alla ratifica dell'interessato) di un contratto già perfettamente concluso (tesi sostenuta da De
Martini, cit., 165 ss.): «data l'equivalenza giuridica fra dichiarazione
del rappresentato e dichiarazione del rappresentante, la frase ' mi impe
gnerò se mi impegnerò ' non significa, giuridicamente, un bel nul
la, all'infuori di questo: ' per ora non mi impegno; domani darò
una risposta ' »; ma, se cosi è, non è corretto, afferma l'a. cit., « elevare
una simile dichiarazione dilatoria al rango di dichiarazione contrat
tuale, degradando l'effettiva accettazione a mera condizione dell'ac
cordo ». Quanto alla tesi che vede nella clausola salvo approvazione della casa
l'espressione di una facoltà di recesso dal contratto, tesi sostenuta da
Corrado, cit., 389, è stata criticata ultimamente da Zanchi, cit., 325, a
cui parere, in tal modo, si « finisce col far dipendere il potere di provoca re l'inefficacia del contratto proprio da quell'approvazione che, invece, dovrebbe conferirgliela o, quantomeno, rafforzarla » (per l'esposizione di
altre tesi minoritarie, prospettate dalla dottrina più risalente, si rinvia, ancora una volta alla nota di Pellegrino, nonché a Cammarosano, La clausola « salvo approvazione della casa », in Foro it., 1960, IV, 125 ss.).
Va ricordata, infine, la ricostruzione operata da Sacco, cit., 150-151; a parere dell'a., una corretta interpretazione della clausola salvo approva zione della casa porta ad intenderla come un '
segnale ' dato a tutti i con
traenti, della mancanza dei poteri di rappresentanza dell'intermediario o,
quando questi sia anche rappresentante, della sua volontà di non usare
dei suoi poteri. L'intermediario, in altri termini, « rappresenta la casa nel
la sola ricezione della proposta»: svolge una trattativa, e l'accettazione
spetterà, in ogni ipotesi, solo alla oasa, che se la riserva (aderisce a
tate prospettiva anche Zanchi, cit., 328 ss.).
Contro tale sentenza ha proposto ricorso la S.i.a.c. s.p.a. deducendo quattro motivi. Resiste con controricorso il Manna, il
quale ha depositato anche memoria.
Motivi della decisione. — (Omissis). Con il terzo motivo la ricor
rente denuncia violazione o falsa applicazione degli art. 1392, 1888, 1342 e 1744 c.c., nonché vizi di motivazione, con riferimento
all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Deduce, al riguardo, che la corte del merito sarebbe caduta in
errore nel ritenere che il Sebastiani — sottoscrittore della polizza — avesse la rappresentanza della S.i.a.c., non essendo stato
considerato che la riscossione del premio non era idonea a
dimostrare il potere di rapresentanza, tanto più che lo stesso
doveva essere conferito per iscritto, a norma dell'art. 1392 c.c.
posto che per i contratti di assicurazione è prescritta in forma
scritta ad probationem (art. 1888 c.c.). Deduce altresì che non
poteva costituire fonte di prova la sottoscrizione, da parte dello
stesso Sebastiani, di un altro contratto di assicurazione e si duole
che non sia stato motivato il rigetto della prova diretta a
dimostrare che egli non aveva la rappresentanza della società
assicuratrice.
Con il quarto motivo, poi, la ricorrente denunzia violazione
dell'art. 1341 c.c. nonché difetto e contraddittorietà di motivazio
ne, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. deducendo che la
clausola « sotto riserva di accettazione da parte della direzione », contenuta nella polizza sottoscritta dall'agente, non era soggetta a
specifica approvazione scritta — come ritenuto erroneamente
dalla corte napoletana — non essendo essa limitativa di re
sponsabilità. I due motivi, essendo strettamente connessi, possono essere
esaminati congiuntamente. Dette censure sono sostanzialmente fondate. La questione che
sta alla base della controversia consiste nello stabilire se una
proposta di contratto di assicurazione con copertura provvisoria del rischio, sottoscritta dall'agente dell'impresa assicuratrice, sia
idonea ad impegnare quest'ultima. Deve subito precisarsi che la previsione della « copertura prov
visoria » non deve trarre in inganno poiché detta clausola, introdu
cendo nelle trattative un contratto di assicurazione cosiddetto
provvisorio, in attesa della conclusione del contratto definitivo,
implica che esso possa considerarsi perfezionato ed impegnativo
per l'assicuratore solo in quanto quest'ultimo abbia espresso al
riguardo un valido consenso, anche a mezzo di rappresentante. Sul punto deve perciò riaffermarsi il principio sancito da questa
Corte suprema con la sentenza n. 4592 del 1977 (Foro it., Rep.
1978, voce Contratto in genere, n. 75), secondo cui in tema
di assicurazione la cosiddetta nota di copertura può costi
tuire un documento probatorio del contratto già concluso, ri
volto a garantirne l'efficacia in attesa del rilascio della polizza, ovvero può evidenziare l'intervento di un accordo provvisorio, diretto a coprire il rischio nelle more dell 'iter formativo del
contratto, ferma restando la libertà delle parti di addivenire o
meno alla conclusione dell'affare definitivo; in entrambi i casi,
pertanto, la configurabilità della « nota di copertura » postula il
perfezionamento dell'accordo delle parti sulla costituzione di un
rapporto assicurativo, definitivo o provvisorio, e va conseguente mente esclusa con riguardo a documenti privi dell'indicato
valore negoziale. Orbene, poiché è pacifico che nella fattispecie il documento
contenente la proposta di assicurazione e la copertura provvisoria del rischio fu sottoscritto dall'agente Sebastiani, trattasi di stabili re se costui avesse la rappresentanza della società assicuratrice.
Anche in materia di assicurazione si devono distinguere, infatti, gli agenti incaricati di promuovere la conclusione dei contratti che vengono poi stipulati direttamente dall'assicuratore (art. 1742
c.c.), da quelli autorizzati a concludere contratti in nome e per conto dell'assicuratore (art. 1752 c.c.), come risulta presupposto dalla norma dell'art. 1903 c.c., dettata per precisare, al fine di eliminare dubbi al riguardo, i poteri di questi ultimi riguardo ad atti concernenti le modificazioni e la risoluzione di contratti.
Nella fattispecie i giudici del merito hanno ritenuto che il Sebastiani fosse dotato di poteri di rappresentanza, ma tale
accertamento, essendo stato determinato da evidenti errori giuri dici, non regge alla critica.
Deve anzitutto rilevarsi che quando per il contratto che il
rappresentante deve concludere la legge prescrive la forma scritta, sia pure non ad essentiam ma solo ad probationem {come nel
caso del contratto di assicurazione), la procura deve essere
conferita per atto scritto, con la conseguenza che, essendo sogget ta al medesimo regime probatorio, le restrizioni nell'utilizzazione dei mezzi di prova stabilite per il negozio rappresentativo valgo no sempre anche per la procura (v. Cass. n. 4040 del 1976, id.,
Rep. 1976, voce Rappresentanza nei contratti, n. 3; n. 1839 del
1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 7). L'esistenza del potere di rap
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2287 PARTE PRIMA 2288
presentarla in capo al Sebastiani non poteva essere, perciò, fonda
ta sui soli elementi presuntivi evidenziati dalla Corte d'appello di
Napoli, poiché in relazione ad un contratto che deve essere prova to per iscritto (e conseguentemente alla procura che abilita il rap
presentante a concluderlo) sono inammissibili sia la prova testimo
niale (art. 2725 c.c.) che la prova per presunzioni (art. 2729,
cpv., c.c.). È pertanto irrilevante che il Sebastiani fosse un agente della
compagnia assicuratrice, in quanto tale qualità non lo abilitava a
concludere il contratto in nome e per conto dell'assicuratore, ove
mancasse il conferimento del relativo potere di rappresentanza (conf. Cass. n. 6621 del 1981, id., Rep. 1981, voce Assicurazione
(contratto), n. 86). A sostegno della tesi relativa alla conclusione del contratto a
mezzo di rappresentante, i giudici del merito hanno addotta la
circostanza del pagamento del premio a mani dell'agente all'atto
della sottoscrizione del documento già esaminato. Anche tale
proposizione è, peraltro, giuridicamente erronea poiché la circo
stanza che il sottoscrittore di una proposta di polizza, inoltrata
ad una compagnia assicurativa, versi nelle mani dell'agente di
quest'ultima una somma di denaro, a titolo di premio, non può
assurgere a fatto equipollente dell'accettazione della proposta, al
fine del perfezionamento del contratto di assicurazione (conf. Cass. n. 4592 del 1977).
La sentenza impugnata è inoltre censurabile per avere omesso
qualsiasi indagine sul significato e sull'efficacia della clausola « sotto riserva di accettazione da parte della direzione », contenu
ta nella proposta contrattuale di cui trattasi. È stato ritenuto, a
tale riguardo, che detta clausola, implicando una limitazione di
responsabilità dell'assicuratore, dovesse essere specificamente ap
provata per iscritto a norma dell'art. 1341, cpv., c.p.c., ma tale
tesi è palesemente erronea poiché la clausola non attiene in
alcun modo alla responsabilità dell'assicuratore ma alla formazio
ne del contratto ovvero alla facoltà di recesso, e la soluzione del
dilemma è chiaramente subordinata alla risposta da darsi al
quesito relativo alla posizione assunta dall'agente. Se, infatti, costui era privo di poteri di rappresentanza per la stipulazione di
contratti di assicurazione, la proposta contrattuale non pote va ritenersi idonea a dar vita al contratto ed in tal
caso la clausola in parola sarebbe rimasta sostanzialmente
improduttiva di effetti perché, comunque, il contratto non si
sarebbe concluso senza l'accettazione della società oblata. Nell'i
potesi di conclusione del contratto a mezzo dell'agente-rappresen tante, invece, la tesi dell'approvazione per iscritto potrebbe fon
darsi sull'interpretazione della clausola come attributiva della facoltà di recesso, ma ciò sposterebbe il discorso su un piano che i giudici di merito non hanno preso in considerazione, avendo frettolosamente liquidato — e per giunta con argomentazioni erronee — la questione ad essi sottoposta, senza approfondire
l'indagine neppure al fine di valutare detta clausola nell'ambito di
una interpretazione generale della volontà delle parti e dell'iden
tificazione dell'esatto contenuto del documento.
Sono pure fondate le censure relative alla mancata ammissione
della prova testimoniale diretta a dimostrare che al Seba stiani non erano stati conferiti poteri di rappresentanza da parte della compagnia assicuratrice. Nella sentenza impu gnata manca, infatti, qualsiasi motivazione sull'implicito rigetto della prova, che pur verteva su una circostanza decisiva della
controversia, regolarmente prospettata dalle parti e posta addirit tura a base della decisione. Tale lacuna costituisce, dunque, un ulteriore motivo di cassazione della sentenza poiché non può affermarsi la sussistenza dei poteri di rappresentanza di cui trattasi senza darsi carico della deduzione dì prova tendente a
negare tale circostanza essenziale. Il ricorso va pertanto accolto, nei limiti sopra precisati, con
conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, la quale si atterrà ai
principi di diritto sopra enunciati. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 8 no vembre 1983, n. 6588; Pres. Lo Coco, Est. Giardina, P.M. Cecere (conci, conf.); Magnai (Avv. P. Stella Richter, Luminoso) c. Marini (Aw. Ciabattini, Napoleone). Conferma
App. Cagliari 26 marzo 1981.
Contratto in genere — Oggetto — Determinazione nei contratti formali — Alienazione di un fondo da distaccarsi successiva mente — Nullità per indeterminatezza dell'oggetto — Esclusio ne — Fattispecie (Cod. civ., art. 1178, 1346).
Il contratto con cui il proprietario di un fondo ne affida una
porzione ad un soggetto, il quale s'impegna ad impiantarvi un vigneto con l'intesa che la metà del vigneto stesso sarà a lui
trasferita quale corrispettivo dell'opera prestata, non è nullo
per indeterminatezza assoluta dell'oggetto ove le parti abbiano
stabilito la maggiore estensione dalla quale operare il distacco e
le dimensioni esatte del terreno da trasferire risultino dal
contratto. (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 10
aprile 1976 Giulia Magnai conveniva davanti al Tribunale di
Cagliari Nicolino Marini, esponendo che nella qualità di proprie taria di un appezzamento di terreno, in agro di Santadf, aveva
stipulato con il Marini un contratto in virtù del quale quest'ulti mo avrebbe dovuto impiantare in una posizione del terreno
suindicato un vigneto di circa ettari 3,22, con l'intesa che metà di
tale vigneto sarebbe rimasto acquisito alla Magnai, mentre l'altra
metà sarebbe stata alienata al Marini. A seguito dell'impianto dell'intero vigneto le parti non avevano provveduto a stipulare l'atto formale di alienazione a favore del Marini della metà del
vigneto, sebbene, in esecuzione degli impegni, gli fosse stata
consegnata tale metà di ettari 1,61, come individuata e determina ta con tratteggio di color rosso nella planimetria che la Magnai produceva.
L'attrice concludeva che, perciò, il Marini si trovava nel
possesso della metà del vigneto senza valido titolo e chiedeva dichiararsi la nullità del contratto sopra citato o che si dichiaras se la proprietà della Magnai di tale porzione di terreno e si condannasse il Marini a restituirgliela con i frutti percetti e
percipiendi da liquidarsi in separato giudizio. Il Marini, dapprima contumace, e più tardi costituitosi, propo
neva con la comparsa di risposta domanda riconvenzionale per
(1) Singolare controversia io terna di determinazione dell'oggetto nei contratti formali, che trae origine da unta fattispecie negoziale atipica caratterizzata da una promessa di dare — la metà di un fondo da impiantare a vigneto — contro un facere — l'impianto del vigneto sull'intero fondo —, impropriamente qualificate dai giudici di merito come « preliminare ad esecuzione anticipata » (su cui cfr. Cass. 26 novembre 1976, n. 4478, Foro it., 1977, I, 669, con annotazione di A. Lener), e nella quale l'inevitabile scissione temporale delle prestazioni schiude alla parte obbligata al trasferimento la possibilità di non adempiere la propria obbligazione.
La decisione si iscrive cosi nell'orientamento giurisprudenziale che nega la nullità per indeterminatezza dell'oggetto della vendita generica di beni immobili, o del relativo preliminare, nel caso in cui il distacco della patte alienata o promessa debba avvenire in base alla scelte dell'acquirente (cfr. Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, id., Rep. 1979, voce Vendita, n. 91, per esteso in Rass. dir. civ., 1980, 808, con nota di D. Valentino, Note sulla vendita generica di immobili, e ivi ampi riferimenti di giurisprudenza e dottrina. In particolare, fa corte ha ritenuto « irrilevante che sia conferito a un terzo o ad una delle parti stesse il potere di stabilire la forma e la collocazione particolare del terreno venduto ». Più in generale sulfa vendita immobiliare generica cfr., da ultimo, Cass. 29 luglio 1983, n. 5225, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 106; nonché Cass. 6 marzo 1982, n. 1427, id., Rep. 1982, voce oit., n. 83; ma v. ile precisazioni di Cass. 24 gennaio 1979, n. 534, id., Rep. 1979, voce Contratto in genere, n. 129, in merito al rispetto della prescrizione relativa all'atto scritto ad substantiam nella determinazione delltoggetto dei trasferimenti immobiliari); ovvero, come nella fattispe cie in esame, in seguito alla scelta di buona fede da effettuarsi in esecuzione della prestazione traslativa. La conclusione della corte fa leva implicitamente sulla considerazione secondo la quale fa mancate esatta individuazione del bene al momento della conclusione del contratto non ne inficia la validità ma ne differisce semmai l'efficacia traslativa (è appena il caso di rammentare la nota distinzione fra determinazione dell'oggetto e individuazione del bene proposta da A. Auricchio, L'individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960, 93 ss., ripresa dalla dottrina seguente e avallata anche di recente, in giurisprudenza, dalla corte di legittimità: v. sent. 29 marzo 1982, n. 1932, Foro it., 1983, I, 1053); e tento più si giustifioa quanto più incida, sulle domande di nullità del contratto per indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto, il sospetto della mala fede del contraente irrispettoso degli impegni assunti (v. E. Roppo, Sugli usi giudiziali della categoria « indeterminatezza-indeterminabilità dell'oggetto del contratto » e su una recente applicazione a tutela di « contraenti deboli », in Giur. it., 1979, I, 2, 146; nonché G. Alpa, Indeterminabi lità dell'oggetto del contratto, giudizio di nullità e principio di buona fede, id., 1977, I, 1, 698).
In dottrina cfr., da ultimo, E. iPerego, La vendita di immobili non
individuati, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1982, 1219, il quale, al pari della sentenza in epigrafe, ma contrariamente alfa giurisprudenza precedente (Cass. 367/79, cit.; 5 marzo 1976, n. 743, Foro it., 1978, I, 1257), ritiene applicabile alla vendita immobiliare generica l'art. 1178 c.c.
Sulla determinazione per relationem (con riferimento alla planimetria allegata) dell'oggetto di un contratto di vendita immobiliare, v. Cass. 24 novembre 1983, n. 7047, id., 1984, I, 70, con nota di richiami.
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