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sezione I civile; sentenza 21 novembre 1998, n. 11798; Pres. Grieco, Est. Morelli, P.M. Mele (concl....

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sezione I civile; sentenza 21 novembre 1998, n. 11798; Pres. Grieco, Est. Morelli, P.M. Mele (concl. conf.); Soc. Immobiliare Sibillini e altri (Avv. Del Vecchio, Felici) c. Regoli (Avv. Martorelli). Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Macerata 31 ottobre 1996 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 91/92-93/94 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193021 . Accessed: 24/06/2014 22:16 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Tue, 24 Jun 2014 22:16:45 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 21 novembre 1998, n. 11798; Pres. Grieco, Est. Morelli, P.M. Mele(concl. conf.); Soc. Immobiliare Sibillini e altri (Avv. Del Vecchio, Felici) c. Regoli (Avv.Martorelli). Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Macerata 31 ottobre 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 91/92-93/94Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193021 .

Accessed: 24/06/2014 22:16

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PARTE PRIMA

in due anni; prevede, nel 3° comma, prima parte, che, in ogni

caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il

reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile; statuisce infine, nel 3° comma, seconda

parte, che, tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla

prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio

penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei ter

mini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data

di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta

irrevocabile.

In sede di applicazione del richiamato 3° comma, con riferi

mento all'ipotesi di estinzione del reato per amnistia, la giuris

prudenza di questa Suprema corte non è uniforme.

Alcune pronunce hanno invero affermato che la prescrizione

(quinquennale o biennale) dell'azione civile risarcitoria decorre

dal giorno dell'emanazione del provvedimento di clemenza, e

non da quello della pronuncia giudiziale (meramente dichiarati

va) di applicazione del beneficio, precisando tuttavia che il det

to principio trova deroga nell'ipotesi in cui tale applicazione

consegua ad una derubricazione dell'originaria imputazione (a

seguito dell'esercizio dei poteri decisori del giudice penale), do

vendosi in tal caso far riferimento alla «data in cui viene emes

so» il provvedimento giudiziale (sent. 1685/77, id., Rep. 1977, voce cit., n. 44; 4819/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 140;

7222/86, cit., e 1834/88, cit.). Ulteriore specificazione del principio si rinviene in altre deci

sioni, le quali, nel riaffermare che, nel caso di applicazione del

l'amnistia previa modifica dell'originaria imputazione, non as

sume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione, la data

del provvedimento di clemenza, ma occorre aver riguardo alla

sentenza che applica il beneficio previa derubricazione, hanno

precisato che va attribuito rilievo alla data in cui la detta sen

tenza è divenuta irrevocabile (sent. 2373/67, id., Rep. 1967, vo

ce Prescrizione civile, n. 110; 3925/74, id., Rep. 1974, voce Pre

scrizione e decadenza, n. 135, e 4598/76, id., 1977, I, 661). E tale soluzione il collegio condivide. Occorre invero rilevare

che, fino al momento in cui la sentenza che applica l'amnistia

previa immutazione dell'originaria imputazione (preclusiva del

la concessione del beneficio) è suscettiva di impugnazione, la

declaratoria di estinzione del reato non ha acquisito certezza

alcuna, atteso che l'accoglimento dell'eventuale impugnazione del pubblico ministero, rivolta alla degradazione dell'imputa

zione, verrebbe a ripristinare l'originaria situazione di preclu sione. Solo dal momento in cui la sentenza recante declaratoria

di estinzione del reato per amnistia è divenuta irrevocabile può ritenersi dichiarata con effetto definitivo l'estinzione, sicché è

da tale data che decorre il termine di prescrizione ai sensi del

l'art. 2947, 3° comma, c.c.

Al principio ora enunciato si è attenuta la corte d'appello, la cui pronuncia va quindi tenuta ferma, previa integrazione della motivazione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., nei sensi suindicati.

5. - Il ricorso va quindi rigettato.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 21 no

vembre 1998, n. 11798; Pres. Grieco, Est. Morelli, P.M.

Mele (conci, conf.); Soc. Immobiliare Sibillini e altri (Avv. Del Vecchio, Felici) c. Regoli (Aw. Martorelli). Dichiara

inammissibile ricorso avverso Trib. Macerata 31 ottobre 1996.

Società — Liquidazione — Contrasto tra i soci circa l'avvenuto

scioglimento — Nomina dei liquidatori — Provvedimento —

Natura — Ricorso straordinario per cassazione — Inammissi

bilità (Cost., art. Ill; cod. civ., art. 2448, 2450).

È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso

il decreto, avente natura di volontaria giurisdizione e privo di contenuto decisorio, con cui il presidente del tribunale no

mina i liquidatori ai sensi dell'art. 2450, 3° comma, c.c., an

che quando il presupposto dell'avvenuto scioglimento della

società formi oggetto di controversia tra i soci. (1)

(1) La decisione in epigrafe conferma l'esistenza di un contrasto nella

giurisprudenza della Suprema corte (ed in particolare della prima sezio

ne) in ordine alla esatta definizione del presupposto del potere del presi dente del tribunale di provvedere ex art. 2450, 3° comma, c.c. alla no mina dei liquidatori di società di capitali ed ali'esperibilità avverso tale

provvedimento del rimedio estremo costituito dal ricorso straordinario

per cassazione. L'adesione all'indirizzo, prevalente in passato ma successivamente di

satteso, che ritiene inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso il decreto presidenziale di nomina adottato pur in presenza di

controversie tra i soci circa l'avvenuto scioglimento della società (sulla scia di quanto affermato da Cass. 2 dicembre 1996, n. 10718, Foro

it., Rep. 1997, voce Società, n. 841, e Corte cost. 27 giugno 1968, n.

77, id., 1968, I, 2051, citate in motivazione) consegue alla persistente natura di volontaria giurisdizione del provvedimento impugnato, anche

quando la pronuncia di questo richieda la soluzione di detto contrasto

(in relazione al caso di specie, deve tuttavia porsi in evidenza che il

provvedimento impugnato era stato pronunciato proprio sul presuppo sto, considerato erroneo dal ricorrente e pertanto dedotto come motivo di impugnazione, del carattere pacifico dello scioglimento della società).

Il contrario e prevalente orientamento (ribadito, in consapevole dis senso da Cass., 2 dicembre 1996, n. 10718, cit., proprio di recente da Cass. 12 giugno 1998, n. 5885, e 19 maggio 1998, n. 4979, id., 1998, I, 3213, con nota di richiami di P. Gallo, ove riferimenti anche al

corrispondente orientamento di giurisprudenza relativo all'art. 2275, 1°

comma, c.c., concernente l'omologo potere presidenziale di nomina dei

liquidatori di società di persone; adde, in dottrina, M.G. Civinini, l

procedimenti in camera di consiglio, Torino, 1994, II, 478 ss., secondo cui l'esistenza di un contrasto tra i soci circa l'avvenuto scioglimento della società, purché non palesemente pretestuoso o infondato, impedi rebbe al presidente del tribunale la nomina dei liquidatori); ritiene al contrario che, ove lo scioglimento della società non sia pacificamente ammesso dai soci, il presidente del tribunale non possa in tale caso

provvedere alla nomina dei liquidatori e che, qualora ciò avvenga, al

provvedimento di nomina sia da riconoscere contenuto decisorio circa la quaestio concernente lo scioglimento della società, con conseguente idoneità al giudicato ed ammissibilità dell'impugnazione mediante ri corso straordinario ex art. Ill Cost.

In tema, può brevemente osservarsi come la motivazione della deci

sione, nella parte in cui articola l'inammissibilità del ricorso straordina rio sulla incompatibilità tra «forme camerali» e «sostanza decisoria»

(ove si osserva che l'effetto preclusivo della cosa giudicata non può conseguire all'esito di «un procedimento svolto davanti all'organo mo

nocratico, in totale assenza di forme e di garanzia stessa del contraddit

torio»), rappresenta un importante allineamento ai ripetuti e pressoché costanti appelli della dottrina circa il problema, di ben più ampio respi ro, che ricorre ogniqualvolta la gestione nelle forme camerali dell'inte resse verso la cui tutela il potere (di volontaria giurisdizione) è proteso entri in conflitto con (o incida su) diritti soggettivi o (come particolar mente accade in ambito familiare) status-, per l'insegnamento che esclu de il riconoscimento di effetti decisori del provvedimento camerale nelle

ipotesi de quibus e, dunque, la ricorribilità in Cassazione dello stesso ex art. Ill Cost., v. funditus A. Proto Pisani, Usi e abusi della proce dura camerale ex art. 737 ss. c.p.c., in Riv. dir. civ., 1990, I, 393 ss., e, con riferimento anche al provvedimento di nomina dei liquidatori ex art. 2450, 3° comma, c.c., 420 ss., ove riconduce i provvedimenti camerali funzionali alla gestione di interessi (di incapaci, patrimoni se

parati e gruppi collettivi) alla categoria dei provvedimenti sommari —

semplificati — esecutivi, inidonei al giudicato e per l'adozione dei quali la cognizione del diritto o status presupposto avviene solo incidenter tantum, salva la loro deducibilità e tutela nel processo contenzioso a

cognizione piena; C. Mandrioli, Procediruenti camerali su diritti e ri corso straordinario per cassazione, in Riv. dir. proc., 1988, 921 ss., il quale avverte, spec. 930, l'insufficienza del limite alla ricorribilità ex

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo e motivi della decisione. — Ritenu

to che, con decreto del 31 ottobre 1996, il presidente del Tribu

nale di Macerata, adito su ricorso di Ugo Regoli, socio (al qua ranta per cento) della Immobiliare Sibillini s.r.l. — premesso che «la predetta società è(ra) nell'impossibilità di funzionare per essersi verificata la causa di scioglimento di cui all'art. 2448, n. 4, c.c. (riduzione del capitale al di sotto del minimo legale) e che l'assemblea, nonostante la diffida del 20 settembre 1996,

è(ra) rimasta inattiva» — ha provveduto, ai sensi dell'art. 2450, 3° comma, c.c., alla nomina di un liquidatore (in persona del

dr. Angelo Francalancia); che avverso detto decreto Feliziano Giacomini, in proprio e

quale amministratore unico della Immobiliare Sibillini, e Fede

rico Compagnoni, socio della stessa, hanno proposto ricorso

per cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost., addebitando al deci

dente di aver «dato per pacifica» l'asserita causa di scioglimen

to, oggetto viceversa di «specifico contenzioso»; con ciò, all'un

tempo, dando «contenuto sostanziale di sentenza» al riferito

decreto e incorrendo in violazione del citato art. 2450, 3° com

ma, c.c. che «subordina il potere del presidente del tribunale

di nominare i liquidatori di società di capitali all'accordo invece

dei soci sull'esistenza (o anche sulla gravità) della causa di scio

glimento»; che il Regoli si è costituito con notifica di controricorso.

Considerato che — contrariamente alla prospettazione dei ri

correnti — il decreto impugnato non ha natura decisoria;

che infatti — come già rilevato dalla Corte costituzionale con

la sent. n. 77 del 1968, Foro it., 1968, I, 2051, che ha dichiara

to non fondate questioni di legittimità del predetto art. 2450

c.c. — il presidente del tribunale, ai sensi di detta norma, «do

po un'indagine sommaria, analoga a quella che precede i prov vedimenti cautelari può nominare i liquidatori, sul presupposto che la società si sia sciolta . . ., ma, senza dubbio, non accerta

né l'intervenuto scioglimento, né le cause che lo avrebbero pro

dotto, tanto che, sulla questione, uno qualunque degli interes

sati potrà promuovere un giudizio ordinario e, provata l'insus

sistenza della causa di scioglimento, ottenere la rimozione degli

effetti del decreto»; che ciò appunto comporta — come affermato, da ultimo da

questa sezione con sent. n. 10718 del 2 dicembre 1996, id., Rep.

1997, voce Società, n. 841 — che il provvedimento presidenzia le in discussione «resta di volontaria giurisdizione, privo dei

caratteri decisori e preclusivi della sentenza sostanziale, anche

se pronunziato (come nella specie) in presenza di un già manife

stato contrasto dei soci circa l'avvenuto scioglimento»;

art. Ill Cost, ravvisato nella esplicita enunciazione di revocabilità e

modificabilità del provvedimento camerale; una posizione diversa è quella di V. Denti, La giurisdizione volontaria rivisitata, in Riv. trim. dir.

e proc. civ., 1987, 328 ss., a parere del quale la natura di giurisdizione volontaria del provvedimento non precluderebbe l'esperibilità del ricor

so ex art. Ill Cost., che a sua volta non postulerebbe necessariamente

l'idoneità al giudicato del provvedimento impugnato, bastando l'inci

denza dello stesso anche in modo mediato su situazioni sostanziali.

Per quanto concerne poi l'indicazione, contenuta in motivazione, dei

rimedi praticabili da parte dei soci dissenzienti (che viene compiuta in

termini di obiter dictum, mediante la citazione del corrispondente passo di Cass. 2 dicembre 1996, n. 10718, cit., mia che invero aggiunge ulte

riori motivi di inammissibilità del ricorso, comportando l'esclusione del

carattere «definitivo» del provvedimento impugnato) può osservarsi, da

un lato, che il provvedimento di revoca ex art. 742 c.p.c. incontra co

munque il limite dei diritti acquistati in buona fede dai terzi e che, da altro lato, l'asserita reclamabilità del provvedimento al presidente della corte d'appello (in analogia dell'art. 739 c.p.c.) non trova riscon

tro nella giurisprudenza di merito (in tema, v. i richiami contenuti nella

nota di P. Gallo, cit.). In argomento resta solo da evidenziare che la particolare incisività

del provvedimento in discorso sul funzionamento delle società di capi tali (determinando la sostituzione degli organi sociali muniti del potere di rappresentanza) e la gravità delle questioni che vengono fatte deriva

re dalla necessità o meno del carattere pacifico dello scioglimento della

società (tutte tra loro logicamente consecutive: l'idoneità o meno al giu dicato della decisione, implicita o esplicita, circa l'avvenuto scioglimen

to, la natura decisoria o di volontaria giurisdizione del provvedimento

e, quindi, l'individuazione dei rimedi azionabili da parte dei soci dissen

zienti) rendono sempre meno tollerabili le oscillazioni giurisprudenziali sul punto e, al tempo stesso, ancora più urgente un intervento risoluti

vo che potrebbe, a questo punto, giungere dalle stesse sezioni unite

della Suprema corte. [P. Gallo]

Il Foro Italiano — 1999.

che, altrimenti, se si attribuisse, in caso di contrasto, natura

decisoria a detti provvedimenti, la tutela dei controinteressati

si esaurirebbe nell'esperibilità del ricorso per cassazione per vio

lazione di legge (al cui mancato riscontro seguirebbe il rigetto del ricorso); e l'effetto preclusivo della «cosa giudicata» potreb be così conseguire in esito a un procedimento svolto davanti

all'organo monocratico, in totale assenza di forme e di garanzia stessa del contraddittorio, sulla base di accertamenti di fatto

ivi assunti; che — a prescindere dalla individuazione dei rimedi alternati

vamente esperibili avverso un siffatto provvedimento di volon

taria giurisdizione atipico concesso dall'organo monocratico (po tendosi — sempre secondo la citata sent. 10718/96 — «al ri

guardo ipotizzare tanto la revocabilità del provvedimento stesso

nei limiti di cui all'art. 742 c.p.c., quanto l'estensione, in via

analogica, del mezzo del reclamo ex art. 742 bis, davanti al

presidente della corte d'appello») — sta di fatto, comunque,

per quel che qui rileva, che la «non decisorietà» del provvedi mento stesso ne esclude, appunto, la sua ricorribilità con il ri

medio straordinario di cui all'art. Ill Cost.; che possono compensarsi tra le parti le spese di questo giudizio;

per questi motivi, dichiara inammissibile il ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 5 no

vembre 1998, n. 11118; Pres. Garofalo, Est. Spadone, P.M.

Palmieri (conci, conf.); Soc. Surgelfrigo di G. Trasforini &

C. e altro (Aw. Maxesca, Beccaria, Ferraris) c. Soc. Com

tura. Cassa App. Milano 26 settembre 1995.

Mandato — Mandato senza rappresentanza — Azione diretta

del mandante contro il terzo — Limiti — Fattispecie (Cod.

civ., art. 1705).

Nel mandato senza rappresentanza, il mandante può agire con

tro il terzo in sostituzione del mandatario esclusivamente per

conseguire il soddisfacimento dei crediti sorti a favore di que st'ultimo in dipendenza delle obbligazioni assunte dal terzo

con la conclusione del contratto, ma non per esperire le azio

ni (nella specie, di risoluzione per inadempimento e risarci

mento dei danni) rivenienti dal contratto. (1)

(1) Con questa decisione la Suprema corte corrobora l'orientamento

prevalente, rimarcando, nei termini di cui in massima, il carattere ecce

zionale del principio posto dall'art. 1705, 2° comma, c.c. rispetto alla

regola generale, secondo cui il negozio concluso con il terzo contraente

ricade esclusivamente nella sfera giuridica del mandatario, senza che

si costituisca alcun rapporto tra mandante e terzo. V. Cass. 27 gennaio 1995, n. 1016, Foro it., Rep. 1995, voce Mandato, n. 6, in tema di

mandato senza rappresentanza, a cui dire il fatto che il mandante si

avvalga, ai sensi della norma de qua, della facoltà di sostituirsi al man

datario nell'esazione del credito derivante dall'esecuzione dell'incarico,

configura esercizio di una legittimazione propria di detto mandante, sì che ha portata interruttiva della prescrizione del diritto del mandante

stesso, ma non spiega, in difetto di espressa previsione, analoghi effetti

rispetto alle posizioni del mandatario verso l'altro contraente. Cfr., al

tresì, Cass. 22 aprile 1995, n. 4587, ibid., n. 12, per un'ipotesi in cui

al proprietario di un immobile locato da un mandatario senza rappre sentanza si è riconosciuta la possibilità, a seguito della revoca del man

dato, di esercitare ex art. 1705, 2° comma, ogni diritto di credito deri

vante dal rapporto obbligatorio posto in essere e, quindi, anche il dirit

to di ricevere il pagamento dei canoni dal conduttore, potendo, altresì,

legittimamente agire in giudizio a tutela dei diritti stessi. Nello stesso

senso, v. Cass. 24 febbraio 1993, n. 2278, id., Rep. 1993, voce cit., n. 14, che esprime indirettamente l'orientamento prevalente della giuris

prudenza, ponendo in risalto che il concreto esercizio, da parte del man

dante, del potere di far valere nei confronti dei terzi, sostituendosi al

mandatario, i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato,

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