+ All Categories
Home > Documents > Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese...

Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: dinhkien
View: 214 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese (concl. conf.); Casari (Avv. Ronchey) c. Santoro (Avv. Lopes) Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 1955/1956-1959/1960 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152869 . Accessed: 28/06/2014 07:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.167 on Sat, 28 Jun 2014 07:31:17 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese (concl. conf.); Casari (Avv. Ronchey) c. Santoro (Avv. Lopes)

Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese(concl. conf.); Casari (Avv. Ronchey) c. Santoro (Avv. Lopes)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 1955/1956-1959/1960Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152869 .

Accessed: 28/06/2014 07:31

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.142.30.167 on Sat, 28 Jun 2014 07:31:17 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese (concl. conf.); Casari (Avv. Ronchey) c. Santoro (Avv. Lopes)

1955 PARTE PRIMA 1956

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 23 aprile 1963, n. 1041 ; Pres.

La Via P., Est. Marchetti, P. M. Silocchi (conci,

conf.) ; Dessi (Avv. Agostini) c. I.n.a.m. (Avv. Ago

sta, poà).

(Conferma App. Cagliari 14 aprile 1961)

Previdenza sociale — Assicurazione contro le ma

lattie — Domestici — Cessazione del rapporto —

Mancata denuncia — Obblijjo contributivo — Per

manenza — Denuncia «li nuovo rapporto — Irri

levanza (Cod. civ., art. 1896 ; legge 18 gennaio 1952

n. 35, estensione dell'assicurazione assistenza malattie

ai lavoratori addetti ai servizi domestici familiari, art. 5).

Il datore di lavoro, che non ha denunciato la cessazione del

rapporto di lavoro domestico, resta obbligato al versamento dei contributi per l'assicurazione obbligatoria contro le

malattie fin quando non adempia alla prescritta denuncia, anche se nel frattempo altra persona abbia denunciato

all'I.n.a.m. l'assunzione della domestica interessata, prov vedendo altresì al versamento dei contributi. (1)

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo di ricorso il ricor

rente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge 18 gennaio 1952 n. 35 in relazione all'art. 1896 cod. civ. e dei principi generali sulle assicurazioni sociali

obbligatorie. Sostiene il ricorrente che il principio codificato nel

l'art. 1896 cod. civ. è diverso da quello previsto dall'art. 5

della legge n. 35 del 1952, perchè la prima norma dispone che il rapporto di assicurazione si scioglie quando cessa il

rischio, mentre la seconda dispone che il rapporto continua

fino a quando il datore di lavoro non abbia denunciato la

cessazione dell'occupazione. Ciò però non significa che in questa seconda ipotesi il

rapporto di assicurazione non si estingua qualora venga meno il rischio.

Perciò, quando a seguito dell'assunzione del lavoratore addetto ai servizi domestici da parte di altro datore di

lavoro venga a mancare il rischio, l'obbligo di assicurazione viene meno, nonostante la mancata denuncia di cessazione e nonostante il disposto dell'art. 5.

Altrimenti, coesisterebbero per lo stesso lavoratore due

rapporti assicurativi con lo stesso ente, in contrasto con il

principio fondamentale delle assicurazioni sociali obbliga torie che un soggetto non può avere contemporaneamente che un solo rapporto assicurativo con lo stesso ente assi curatore.

Si verificherebbe, inoltre, un indebito arricchimento a

vantaggio dell'Istituto assicuratore. Il ricorso è infondato. La prima delle censure con esso formulate è basata su

una erronea nozione di rischio assicurato. Il ricorrente, infatti, allorché afferma che il rischio

cessa quando l'assicurato ha contratto altro rapporto di lavoro, dimentica che il rischio assicurato con l'I.n.a.m. è la malattia, non la disoccupazione, così che anche l'assun zione a un nuovo posto di lavoro non fa venir meno i]

(1) Le massime delle sentenze di merito pronunciate nel caso, Trib. Sassari 7 febbraio 1060 ed App. Cagliari 14 aprile 1061 sono rispettivamente riassunte in Foro it., Rep. 1060 e Rep. 1962, voce Previdenza sociale, n. 167 e n. 503. Non risul tano altri precedenti giurisprudenziali.

Sulla posizione dei domestici ai fini dell'assicurazione obbli gatoria contro le malattie, v., genericamente, P. Corso, Dispo sizioni particolari per alcune categorie di lav., in Trattato dir. lav., di lì orsi e Pkrgoi.esi, 1950, IV, 2, pag. 572 ; G. Ra baglietti, in Tiiv. it. prev. soc., 1953, 422.

Sulla posizione complessiva dei domestici nel sistema previ denziale, v. anche Cannella, Corso di dir. della prev. soc., 1959, pag. 220 e segg. ; nonché lo scritto di De Lttala, in Dir. lav., 1962, II, 202.

rischio alla cui copertura aveva provveduto l'originario datore di lavoro.

Perciò, la censura relativa alla compatibilità fra l'art. 5 della legge n. 35 del 1952 e l'art. 1896 cod. civ. è mal posta, non essendovi dubbio cbe questo ultimo articolo è appli cabile indipendentemente dalla norma dell'art. 5 (e l'esem

pio fatto nel ricorso della morte dell'assicurato è del tutto indicativo al riguardo) e che la cessazione del rischio im

porta lo scioglimento del contratto.

In tal senso deve essere rettificata anche la erronea affer mazione contenuta nella sentenza impugnata.

Ciò, peraltro, non ha alcuna incidenza sulla questione che forma oggetto del ricorso, della quale punto essenziale

è, invece, quello se sia possibile che l'assicurazione obbli

gatoria continui anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro e anche dopo che il lavoratore sia entrato a far

parte di un nuovo rapporto di lavoro con il correlativo

obbligo di assicurazione a carico del nuovo datore di lavoro. Il punto, cioè, non è quello della cessazione del rischio,

ma quello della duplice copertura dello stesso rischio senza un correlativo aumento delle prestazioni.

E il fatto che, per effetto dell'applicazione della norma dell'art. 5 della legge n. 35 del 1952, possa accadere ohe lo stesso rischio venga assicurato due volte, costituisce ulte riore argomento per dimostrare la erroneità dell'assunto del ricorrente circa la incompatibilità fra l'art. 5 della

legge speciale e l'art. 1896 cod. civile.

Ora, non può non convenirsi nella teorica esattezza del

principio richiamato dal ricorrente, secondo il quale lo stesso rischio non può essere coperto da una duplice assi curazione obbligatoria.

Peraltro, nel caso di assicurazione contro le malattie dei lavoratori addetti ai servizi domestici, è la stessa legge che deroga al principio ammettendo che all'invariato obbligo di prestazioni da parte dell'Istituto corrisponda un duplice onere contributivo a carico di due datori di lavoro.

Infatti, l'art. 1 dispone che sono soggetti all'assicura zione obbligatoria di malattia tutti i lavoratori addetti ai servizi personali e domestici che prestano la loro opera, continuativa e prevalente, di almeno quattro ore giorna liere presso lo stesso datore di lavoro.

Da ciò deriva che nel caso di lavoratori i quali nella stessa giornata prestano la propria opera alle dipendenze di due distinti datori di lavoro per almeno quattro ore, entrambi i datori di lavoro sono tenuti all'obbligo dell'as sicurazione e, conseguentemente, al pagamento del contri

buto, senza che a ciò faccia riscontro alcun mutamento nella natura e nella quantità della prestazione cui è te nuto l'I.n.a.m.

Perciò, la stessa situazione può verificarsi allorquando la mancata denunzia della cessazione dell'occupazione, im

portando, per effetto della norma dell'art. 5, la continua zione dell'assicurazione a tutti gli affetti di legge, abbia come effetto che l'obbligo del versamento del contributo assicurativo ricada per intero sia sull'attuale sia sul prece dente datore di lavoro.

E la circostanza che l'obbligo contributivo è stabilito

per legge fa venir meno l'indebito arricchimento, al quale il ricorrente si richiama.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037 ; Pres. Celentano P., Est. Fkesa, P. M. Colonnese (conci, conf.) ; Casari (Avv. Konchey) c. Santoro (Avv. Lopes).

(Gassa Trib. Brescia 23 gennaio 1960)

Registro — Venditore di immobile — Pagamento dell'imposta complementare — Surroga nei privi legi fiscali contro il terzo possessore (R. d. 30 di

This content downloaded from 193.142.30.167 on Sat, 28 Jun 2014 07:31:17 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese (concl. conf.); Casari (Avv. Ronchey) c. Santoro (Avv. Lopes)

1957 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1958

cembre 1923 n. 3269, legge del registro, art. 80, 98 ; cod. civ., art. 2772).

Registro — Surrogazione fiscale — Terzo posses sore di parte dell'immobile onerato — Respon sabilità per l'intera imposta — Limiti (R. d. 30

dicembre 1923 n. 3269, art. 97 ; cod. civ., art. 2772).

Il venditore di un immobile, che abbia corrisposto, in luogo del compratore, la imposta complementare di registro sul

trasferimento, si surroga nel privilegio speciale dello Stato

verso il terzo possessore dell'immobile. (1) Ove un immobile gravato da privilegio per imposta di regi

stro afferente ad un precedente trasferimento sia ulterior

mente trasferito a più soggetti, ciascuno di questi è tenuto

a corrispondere al Fisco od al venditore surrogato nei pri

vilegi di questo, Vintera imposta nei limiti di valore del

bene da lui posseduto. (2)

La Corte, ecc. — Si deve in via, preliminare esaminare

il ricorso incidentale che nell'ordine logico precede il ricorso

principale, in quanto nega in radice il diritto esercitato da]

Casari. La ricorrente incidentale, infatti, denuncia la vio

lazione e la falsa applicazione degli art. 1201 cod. civ. e

93 della legge 30 dicembre 1923 n. 3269, in relazione al

l'art. 360, n. 3, cod. proc. civile. In particolare, deduce che il

venditore è nei confronti del Fisco obbligato in solido con il

compratore al pagamento della tassa di registro ; egli, quindi,

adempie un obbligo proprio e non può, pertanto, far va

lere rispetto ai terzi possessori il privilegio reale che la

legge di registro accorda solo a chi abbia pagato un debito

altrui.

La censura non è fondata. Ritorna all'esame di questa

Suprema corte la questione, nel passato molto dibattuta, se il venditore di un immobile, il quale abbia pagato l'impo sta principale o suppletiva di registro, relativa all'atto di

trasferimento, possa far valere, ai sensi dell'art. 2772 cod.

civ., il privilegio reale riconosciuto al Fisco verso i terzi

possessori dell'immobile. È appena il caso di ricordare che

dopo numerose decisioni negative, anche di questa Corte

Suprema, la questione fu portata all'esame delle Sezioni

unite che, dopo ampia disamina delle norme del codice

civile e della legge di registro, la decisero in senso afferma

tivo con la sentenza n. 1468 del 1955 (Foro it., 1956, I, 66). I motivi che determinarono la definitiva soluzione del pro blema possono brevemente cosi riassumersi : l'art. 98 della

legge di registro non fa riferimento soltanto ai pubblici uf

ficiali, già richiamati nel precedente art. 80, ma a tutti co

loro che a termini della legge medesima abbiano pagato la tassa di registro per conto delle parti obbligate. L'ampia e

generica formulazione della norma esclude che non debba

ritenersi compreso anche il venditore fra le persone ammesse

a godere del beneficio di surrogarsi al Fisco nel privilegio. La legge di registro non ha inteso modificare la norma di

diritto comune (art. 1475 cod. civ.) che pone le spese e gli accessori dell'atto di trasferimento a carico del compratore

(1) Come ricorda in motivazione la sentenza de qua, la giu risprudenza del Supremo collegio è pressoché costante nel rite nere che il venditore di un immobile, il quale abbia pagato l'im

posta di registro sul trasferimento dello stesso — impesta che, salvo patti contrari, fa carico al compratore — ha diritto di su

bentrare nei privilegi del Fisco, per il recupero di quanto pagato, anche nei confronti del terzo possessore ; v., in tal senso, Cass. 6 agosto 1962, n. 2410, retro, 837, con nota di richiami, cui adde, successivamente in senso conforme, Cass. 23 marzo 1963, n. 725, Foro it., Mass., 205 (Giur. it., 1963, I, 1, 1250, con nota di Fal

sitta). Sull'inesperibilità della procedura d'ingiunzione fiscale, da

parte del venditore, surrogatosi allo Stato, la citata sentenza

n. 2410 del 1962, e, nella motivazione, Cass. 24 aprile 1963, n. 1086, retro, 1128, con nota di richiami, cui adde Scardaccione, in Riv. dir. civ., 1962, II, 536.

(2) Principio già affermato da Cass. 21 settembre 1957,

n.r3511, Foro it., Rep. 1957, voce Registro, n. 446.

Per riferimento in dottrina, cfr. Greco G., Terzo possessore di un immobile. Pagamento dell'imposta di registro riguardante Vintero immobile e diritti nei confronti degli altri terzi possessori, in Bollettino trib., 1958, 611.

e pertanto solo quest'ultimo può essere considerato debi

tore della imposta. Tutte le altre persone, alle quali dalla

legge di registro è fatto obbligo di pagare la tassa, devono

ritenersi responsabili del pf gè mento e non debitori. E per tutti la legge di registro indistintamente riconosce il diritto

di subentrare, quando abbiano pagato, nelle ragioni, azioni

e privilegi dell'Amministrazione e di avvalersi della speciale

procedura. Ma anche se non volesse riconoscersi che il venditore

è un semplice responsabile del pagamento e non un diretto

debitore lo si dovrebbe sempre considerare un condebitore

di imposta e, come tale, non gli si potrebbe negare la, facoltà

di surrogarsi, a norma del diritto comune (art. 1203 cod.

civ.), al Fisco dal quale è stato compulsato per il paga mento. E tale surroga rende pienamente applicabile per il diritto di seguito nei confronti del terzo possessore del

l'immobile l'esercizio del privilegio spettante al creditore

surrogato ai sensi dell'art. 2772 cod. civile.

A tali principi, dai quali non vi è motivo di discostarsi

perchè nessun contrastante argomento è stato addotto, si è

inspirata la decisione impugnata e pertanto la censura che

le è stata rivolta deve ritenersi priva di fondamento.

È appena il caso di rilevare in ordine ai precedenti di giurisprudenza invocati dalla ricorrente a conforto della

sua tesi, cioè alle sentenze di questa stessa Sezione di cui

ai n. 1335 del 1956 (Foro it., Eep. 1956, voce Registro, nn. 473-477) e n. 3025 del 1960 (id., 1961, I, 268), che in

effetti si tratta di fattispecie del tutto diverse. Invero se

pure le massime di tali decisioni possono a prima vista far

pensare ad un contrastante indirizzo, un accurato esame

delle rispettive motivazioni dimostra l'insussistenza di

ogni difformità.

Trattasi, infatti, di fattispecie completamente diversa

da quella portata all'esame delle Sezioni unite ; l'una si

riferisce alla tassa di registro pagata per un atto di divi

sione da uno dei condividenti ed è stato esattamente affer

mato che l'ipotesi rientra nella disciplina dell'art. 1203,

n. 3, cod. civ. ; l'altra si riferisce al pagamento di spese giu diziali fatto, da un procuratore legale in occasione della regi strazione della sentenza ed è stato, del pari esattamente,

dichiarato che l'art. 98 della legge di registro fa riferimento

ai pubblici ufficiali che abbiano pagato la tassa di registro e non già altre spese.

Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere rigettato e la ricorrente condannata alla perdita del deposito.

Passando all'esame del ricorso principale si rileva che

con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la

falsa applicazione degli art. 1201, 1203, n. 3, 1292, 1294,

1475 e 2772 cod. civ., nonché degli art. 93, 97 e 98 r. decreto

30 dicembre 1923 n. 3269, in relazione all'art. 360, nn. 3 e

5, cod. proc. civile.

In particolare deduce che il Tribunale non ha consi

derato che essendo la Santoro ed il Fiducca, quali terzi

possessori degli immobili del Casari, solidalmente obbligati

per il pagamento dell'imposta, non poteva la prima essere

condannata, in virtù del principio della divisione, al paga mento della sola imposta afferente all'immobile rimasto

in suo possesso. Aggiunge il ricorrente che, comunque, la

valutazione dei due immobili fatta dal Tribunale deve rite

nersi viziata da illogicità e contraddittorietà perchè l'im

mobile venduto dalla Santoro al Fiducca era di gran lunga

inferiore a quello rimasto in suo possesso. La censura è fondata.

Il Casari, essendo subentrato, per aver pagato l'imposta dovuta dall'acquirente, nelle ragioni del Fisco, può agire esecutivamente sugli immobili, oggetto della vendita, an

che se essi siano stati successivamente alienati, perchè il

trasferimento per il diritto di seguito deve intendersi fatto

con tutti gli oneri reali gravanti sugli immobili. Non vi è

dubbio che il credito del Casati è costituito dall'importo dell'intera imposta applicato sull'atto di vendita e, potendo

egli agire per il recupero di tale credito verso tutti i terzi

possessori degli immobili, appare chiaro che la sua azione

può essere rivolta indifferentemente verso la Santoro o

verso il Fiducca perchè l'una e l'altro risultano possessori di una parte del compendio immobiliare e sono legati da

This content downloaded from 193.142.30.167 on Sat, 28 Jun 2014 07:31:17 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: Sezione I civile; sentenza 22 aprile 1963, n. 1037; Pres. Celentano P., Est. Fresa, P. M. Colonnese (concl. conf.); Casari (Avv. Ronchey) c. Santoro (Avv. Lopes)

1959 PARTE PRIMA 1960

un vincolo di solidarietà passiva. Da tale vincolo deriva

che ciascuno di loro risponde dell'intera imposta gravante

sugli immobili entro i limiti, si intende, di valore del bene

posseduto e non già di una quota di imposta proporzio nale al valore dell'immobile in suo possesso.

A tali principi non si è uniformata la decisione impugnata incorrendo nelle violazioni di legge che sono state denun

ciate. (Omissis) Il ricorso deve, pertanto, essere accolto, limitatamente

al primo motivo e la decisione impugnata deve essere cas

sata in relazione con il rinvio della causa ad altro giudice dello stesso grado il quale si uniformerà al principio « che

il terzo possessore di un immobile, facente parte di un com

pendio immobiliare gravato dall'onere reale del pagamento

dell'imposta di registro, è tenuto a corrispondere al Fisco, o al creditore che a questi si surroga, l'intera imposta se

questa rientri nei limiti di valore del bene posseduto ». Il

giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del pre sente giudizio di cassazione.

Deve essere ordinata la restituzione del deposito al ricorrente principale.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione 1 civile ; sentenza 22 aprile 1963. n. 1026 ; Pres.

Torrente P., Est. Pece, P. M. Colli (conci, conf.) ;

Testa, Civitarese (Avv. Nicolò) c. Tupone (Avv.

Rocchetti).

(Cassa App. L'Aquila 1° giugno 1960)

Arbitrato — Arbitrato rituale — Clausola compro missoria, inserita nell'atto costitutivo di società

di persone — Efficacia — Limiti — Fattispecie. Arbitrato — Arbitrato rituale — Sentenza arbitrale

pronunciata nei confronti di persona non vin

colata dalla clausola compromissoria — Poteri

del giudice dell'impugnazione — Fattispecie (Cod.

proc. c.iv., art. 806, 829, 830).

La clausola compromissoria, in virtù della quale sono de

volute alla cognizione di arbitri le controversie che insor

gono dal contratto sociale sia tra i soci, sia tra questi e i soci esclusi e gli eredi dei defunti, non vincola il ces

sionario dei diritti -patrimoniali di alsuni di essi, il quale non abbia acquistato la posizione di socio né sottoscritto

la clausola medesima. (1) Di conseguenza, il giudice dell'impugnazione della sentenza

arbitrale, dichiaratane, anche d'ufficio, l'inesistenza nei

confronti del cessionaiio, non può conoscere del merito della controveìsia salva l'indagine circa gli effetti del rilevato vizio sui capi della pronuncia degli arbitri riguar danti gli altri soci. (2)

(1) Nei precìsi termini della massima non si rinvengono precedenti.

Il rigore del principio che impone, a pena di nullità, l'ap provazione scritta della clausola compromissoria (recentemente ribadito da Cass. 24 luglio 1962, n. 2082, Foro it., Rep. 1902, voce Arbitrato, n. 64), è stato temperato dalla giurisprudenza nel senso che detta clausola, ove sia inséfita nello statuto di una società, vincola i nuovi soci che siansi limitati ad approvarlo, indipendentemente dalla specifica accettazione del patto com promissorio (Cass. 11 ottobre 1960, n. 2640, id., 1961, I, 1319, con nota di richiami ; cui adde, Andbioli, in Biv. dir. vroc., 1961, 678), ma, volendo nel caso in esame prescindere dalla rilevanza della mancata approvazione scritta della clausola

compromissoria, il cessionario dei diritti patrimoniali di alcuni soci dell'accomandita semplice non poteva, comunque, rite nersi vincolato da detta clausola, in quanto, non avendo par tecipato alla stipulazione dell'atto costitutivo della società, non aveva neppure acquistato in tempo necessario la qualità di socio.

(2) Sulla questione di specie non si rinvengono precedenti. A proposito degli effetti della inesistenza del lodo sui poteri

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo.

— Con

atto 21 giugno 1922 per notar Zuccarini venne costituita

in Lanciano, tra Battistella Domenico e Di Campii Mas

simino, una Società in accomandita semplice per la fab

bricazione e produzione dei laterizi, con la denominazione

«Huffman Lancianese ». Per effetto di successivi trapassi, nel 1943, la Società risultò costituita da Battistella Giu

seppe, Di Campii Sebastiano, Di Campii Giovanni, Di

Lallo Tommaso, Bellarmino Sofia e Tupone Severino.

Con atto 11 luglio 1943 per notar Zuccarini, i predetti Battistella, Di Campii, Di Lallo e Bellarmino cedettero a

Testa Alfonso, proprietario di una fornace finitima, « tutti i diritti patrimoniali, in ispecisl modo della proprietà degli

impianti, che ad essi cedenti e venditori si competono quali soci della Società in accomandita semplice Hoffman Lan

cianese, con sede in Lanciano, costituita originariamente con atto per me stesso notaio del 21 giugno 1922 : in modo

clie da ora in poi ogni conseguenza così utile che dannosa, che ad essi possa derivare dalla loro qualità di soci di detta

Società riguardi esclusivamente il cessionario ed acquie scente Testa». Con separati atti 11 luglio 1943, pure per notar Zuccarini, i menzionati Battistella, Di Campii, Di

Lallo e Bellarmino nominarono loro mandatari speciali,

riopet+ivamente, Testa Alfonso (al quale, a seguito di de

cesso, fu sostituito Dell'Orietta Gino), Testa Giuseppe e

Rosati Domenico perchè li avessero rappresentati in seno

alla Società esercitando +utti i loro diritti sociali.

Sempre in data 11 luglio 1943, i ripetuti Battistella, Di Campii, Di Lallo e Bellarmino, con scrittura privata che si riieriva all'atto di cessione sopra menzionato, si

obbligarono a non ritirare, fino alla liquidazione della So

cietà Hoffman Lancianese, ed in ogni caso non mai oltre

il 1955, le procure di cui sopra si è detto e ad addivenire

ad ogni atto che Testa Alfonso avesse potuto richiedere a

tutela dei suoi diritti, mentre il Testa garantiva i cedenti da ogni e qualsiasi responsabilità fosse potuta derivare dal

conferimento del mandato e da tutti gli obblighi assunti. I mandatari summenzionati, con raccomandata 28 maggio 1945, invitarono il socio accomandatario Tupone Severino

davanti al notaio Campana per procedere al rendiconto

dell's mministrazione, alla nomina di un nuovo accomanda

tario, nonché per deliberare sulle azioni da intentare contro

tale Battista Arcangelo, al quale era stata fittata la fornace.

Il Tupone, innanzi al notaio, contestò la legittimità della nomina dei mandatari, ma costoro, nonostante tale

contestazione, con separato verbale dello stesso giorno, nominarono accomandatario Di Lallo Tommaso. Nell'art. 15

dell'atto costitutivo della Società era stato stabilito : « Qual siasi controversia sorgesse in dipendenza del presente con

tratto, sia tra i soci, sia fra questi ed i suoi espulsi e gli

del giudice dell'impugnazione, cons. App. Bologna 28 luglio 1954, Foro it., 1955, I, 1392, con nota di richiami, tra i quali Cass. 16 luglio 1953, n. 2329, ricordata in motivazione.

Nel senso che, annullato il lodo che pronuncia su questioni sottratte alla competenza arbitrale, la causa non può essere de cisa nel merito dal giudice dell'impugnazione ma deve essere rinviata al giudice competente di primo grado, cons. App. Ge nova 21 gennaio 1963, retro, 810, con nota di richiami [tra i quali Cass. 11 dicembre 1956, n. 4408, citata nel testo della presente]; cui adde Cass. 16 ottobre 1957, n. 3885, Foro it., Rep. 1957, voce

Arbitrato, n. 142 ; Cass. 24 febbraio 1950, n. 436, id., Rep. 1950, voce Arbitramento, n. 121, pure richiamata in motivazione.

Sul principio dell'indivisibilità del lodo, su cui si sofferma l'annotata sentenza nella parte finale della motivazione, cons. Cass. 21 ottobre 1961, n. 2276, id., Rep. 1962, voce Arbitrato, n. 87 ; App. Firenze 25 marzo 1961, id., Rep. 1961, voce cit., n. 92 ; Cass. 21 settembre 1954, n. 2453, id., 1954, I, 1396, con nota di richiami, citata nel testo della presente.

Cass. 5 luglio 1957, n. 2638, pure richiamata in motivazione, è riassunta nel Rep. 1957, voce cit., nn. 108, 112.

In dottrina, cons., sull'inesistenza del compromesso, il

saggio, dallo stesso titolo, di Vocino, in Scritti in onore di F. Carnelutti, 1950, II, pag. 641 ; sull'inesistenza della sentenza arbitrale i contributi di Vecchione, raccolti nel volume : L'ar bitrato (Studi vari coordinati in sistema), 1959, nn. XI, XXIX, XXXI, XLIV, LII, LUI.

C. M. B. 0. M. B.

This content downloaded from 193.142.30.167 on Sat, 28 Jun 2014 07:31:17 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended