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sezione I civile; sentenza 22 aprile 2000, n. 5286; Pres. R. Sgroi, Est. Verucci, P.M. Ceniccola...

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sezione I civile; sentenza 22 aprile 2000, n. 5286; Pres. R. Sgroi, Est. Verucci, P.M. Ceniccola (concl. parz. diff.); Meraglia (Avv. Costantini) c. Banca Tamborino Sangiovanni (Avv. Franzì). Cassa App. Lecce 5 marzo 1998 Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2000), pp. 2179/2180-2183/2184 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194598 . Accessed: 28/06/2014 15:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.184 on Sat, 28 Jun 2014 15:30:45 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 22 aprile 2000, n. 5286; Pres. R. Sgroi, Est. Verucci, P.M. Ceniccola(concl. parz. diff.); Meraglia (Avv. Costantini) c. Banca Tamborino Sangiovanni (Avv. Franzì).Cassa App. Lecce 5 marzo 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2000), pp. 2179/2180-2183/2184Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194598 .

Accessed: 28/06/2014 15:30

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2179 PARTE PRIMA 2180

Svolgimento del processo. — Luisa Di Meglio Sirabella ha

impugnato dinanzi alla Corte d'appello di Napoli, con atto no

tificato il 29 giugno 1996, la decisione della Commissione tribu

taria di II grado di Napoli depositata il 6 ottobre 1995 che, in accoglimento dell'appello dell'ufficio, aveva confermato l'ac

certamento di maggior valore di un immobile venduto dalla im

pugnante alla società cooperativa La Spiaggia. Con sentenza 23 maggio-10 giugno 1997, la corte ha dichiara

to l'inammissibilità dell'appello perché tardivo, essendo stata

la decisione della commissione di II grado notificata alla Di Meglio il 16 ottobre 1995, data dalla quale, ai sensi del combi

nato disposto degli art. 25 e 40 d.p.r. 636/72, aveva cominciato

per la impugnante a decorrere, previa scadenza, per tutte le parti, del termine di sessanta giorni per adire la commissione centrale, il termine di novanta giorni per proporre impugnazione avanti

alla corte d'appello, termine scaduto dunque il 14 marzo 1996.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Luisa

Di Meglio Sirabella sulla base di un unico articolato motivo.

II ministero delle finanze resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Adducendo la violazione dell'art.

III Cost, in relazione agli art. 32, 32 bis, 39 e 40 d.p.r. n.

636 del 1972, dell'art. 74 d.p.r. n. 546 del 1992, nonché degli art. 112, 113, 115, 132, n. 4, 160, 285, 170, 325, 327 e 141 c.p.c., la ricorrente sostiene la tempestività del ricorso, nell'am bito del termine «lungo» di cui all'art. 327 c.p.c., per non avere

il termine di cui agli art. 25 e 40 d.p.r. 636/72 mai iniziato a decorrere a causa della inesistenza della notifica della decisio

ne della commissione tributaria di II grado, effettuata a mezzo

posta presso lo studio del procuratore domiciliatario, che si era

però nel frattempo trasferito, comunicando all'ordine profes sionale, come era suo onere, il mutamento di indirizzo.

Poiché in tal caso il dato di riferimento personale prevale su quello topografico, e poiché il procuratore costituito non

era tenuto a comunicare alla controparte il trasferimento del

proprio studio, spettava alla parte notificante individuare il nuovo

luogo di notificazione, ciò che, nella specie, non è avvenuto. La corte napoletana avrebbe dovuto dichiarare l'inesistenza di

tale notifica, non effettuata al domicilio reale del procuratore costituito nella precedente fase di giudizio, e di conseguenza ritenere inapplicabile il termine breve d'impugnazione.

Il ricorso è complessivamente fondato.

L'art. 32, 2° comma, d.p.r. 636/72 recita infatti: «Le notifi

cazioni sono fatte secondo le norme degli art. 137 ss. c.p.c., salva l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 32 bis del presente decreto». L'art. 32 bis stesso d.p.r., introdotto dal d.p.r. 3 novembre 1981 n. 739 e abrogato dal d.leg. 546/92 (art. 71) con decorrenza dal 1° aprile 1996, prevede a sua volta che il

domicilio eletto dalla parte, ove non sia stata effettuata la noti fica a mani proprie, resti invariato, rispetto alla indicazione ef

fettuata in primo grado, per tutta la durata del processo. Tali disposizioni, che neppure la sentenza impugnata richia

ma, si riferiscono tuttavia palesemente all'elezione di domicilio

effettuata dalla parte, indipendentemente dal mandato al difen

sore; nei confronti di quest'ultimo, la cui presenza non era ne cessariamente prevista dal vecchio contenzioso tributario, la no

tificazione non può tuttavia che avvenire secondo le norme del

codice di rito in materia d'appello (art. 170 e 285 c.p.c.), come

può peraltro desumersi dal richiamo contenuto nell'ultimo comma dell'art. 40 d.p.r. 636/72 alle «disposizioni del codice di proce dura civile» nel giudizio avanti alla corte d'appello, che riguar da il caso in esame, giudizio che non poteva prescindere, anche nel vecchio contenzioso tributario, dalla presenza di un difensore.

Applicando dunque al giudizio avanti alla corte d'appello le

regole elaborate dalla giurisprudenza di questa corte (Cass.

7990/92, Foro it., Rep. 1992, voce Procedimento civile, n. 84;

9473/93, id., 1994, I, 2838; 2740/98, id., Rep. 1998, voce Im pugnazioni civili, n. 96) il collegio ritiene di dover ribadire che la notifica presso il domicilio dichiarato che abbia avuto esito negativo per intervenuto trasferimento del difensore, non ha al

stato trasferito altrove è onere della controparte l'individuazione del nuovo indirizzo.

Attualmente, la disciplina del luogo delle notifiche e delle comunica zioni nel processo tributario è contenuta nell'art. 17 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, il cui contenuto è di tenore analogo all'art. 32 bis d.p.r. 636/72.

Il Foro Italiano — 2000.

cun effetto giuridico, dovendo tale notifica essere effettuata al

domicilio reale del procuratore (quale risultante dall'albo: Cass.

4746/97, id., Rep. 1997, voce cit., n. 77; ovvero dagli atti pro cessuali: Cass. 5417/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 16), anche

se non vi sia stata comunicazione di trasferimento alla contro

parte, posto che il dato di trasferimento personale prevale su

quello topografico e che non sussiste un onere del procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo (Cass.

2740/98, cit.), tale onere essendo previsto per il domicilio eletto

autonomamente (in analogia con l'art. 32 d.p.r. 636/72), men

tre l'elezione operata dalla parte del difensore ha soltanto la

funzione di riferire l'indicazione alla sede dello studio del pro curatore, che resta onere della controparte identificare, anche

mediante ricerche (Cass. 7990/92, cit.). Nella specie, la notifica del dispositivo della sentenza della

commissione di secondo grado, la cui impugnazione ha dato

luogo al giudizio avanti alla corte d'appello, è avvenuto a mez

zo posta, e senza che la ricezione sia documentata da avviso

di ricevimento (come previsto peraltro dall'art. 32 d.p.r. 636/72) in data 16 ottobre 1995 presso lo studio del difensore domicilia

tario avv. Leone in Napoli, via Bovio 33, allorché il predetto difensore aveva già trasferito il suo domicilio sempre in Napoli, via Monte di Dio 66, come accertato dal collegio in base al

certificato in atti di cui ha preso visione, come era sua facoltà, essendo stato dedotto un error in procedendo.

Dunque, una volta accertato che il procuratore, presso il quale

l'appellante era effettivamente domiciliata, non aveva il proprio studio nel luogo indicato dal notificante, la corte d'appello non

poteva non ritenere nulla la notificazione, con conseguente man

cata decorrenza del termine breve.

In accoglimento, pertanto, del ricorso proposto, la sentenza

impugnata deve essere cassata, con rinvio degli atti ad altra se

zione della Corte d'appello di Napoli.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 aprile 2000, n. 5286; Pres. R. Sgroi, Est. Verucci, P.M. Cenicco

la (conci, parz. diff.); Meraglia (Avv. Costantini) c. Banca

Tamborino Sangiovanni (Avv. Franz!). Cassa App. Lecce 5

marzo 1998.

Usura — Nuova disciplina — Interessi moratori — Applicabili tà (L. 7 marzo 1996 n. 108, disposizioni in materia di usura, art. 1, 2, 4).

Contratti bancari — Conto corrente bancario — Contratto sti

pulato anteriormente alla nuova disciplina sull'usura — Inte

ressi — Superamento della soglia usuraria — Conseguenze (L. 7 marzo 1996 n. 108, art. 1, 2, 4).

La nuova disciplina sull'usura si applica anche agli interessi mo

ratori. (1) Ove il rapporto negoziale non sia ancora esaurito, non si può

continuare a dare effetto alla clausola, contenuta in un con

tratto di conto corrente bancario stipulato in epoca anteriore

all'entrata in vigore della nuova disciplina sull'usura, con la

quale sono stati pattuiti interessi ad un tasso divenuto supe riore a quello di soglia. (2)

(1-2) Grazie al nono e conclusivo dei motivi di cui si componeva il ricorso per cassazione, estrema risorsa alla quale si era affidato un cliente di istituto bancario per tentare in ogni modo di elidere, o per lo meno, attenuare gli effetti della condanna pronunciata nei suoi con fronti dai giudici d'appello (comportante il pagamento, in aggiunta alla

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Pietro Giuseppe Meraglia pro

poneva opposizione, dinanzi al Tribunale di Lecce, avverso il

decreto in data 22 settembre 1983 del presidente dello stesso

tribunale, con il quale gli era stato ingiunto — in solido con

Antonio Meraglia — il pagamento della somma di lire

28.424.960, con interessi al tasso del ventotto per cento, in fa vore della Banca Vincenzo Tamborino, a titolo di scoperto di

conto corrente: a fondamento dell'opposizione, deduceva l'ini

quità del regolamento pattizio degli interessi, rescindibile per lesione ultra dimidium, attesa la sproporzione tra tassi attivi

somma di cui egli era stato riconosciuto debitore a titolo di scoperto di conto corrente, degli interessi maturati sul capitale per oltre tre lustri e computati al tasso, piuttosto elevato, concordato a suo tempo dalle

parti), è approdato dinanzi alla prima sezione civile della Suprema cor te il dibattito relativo a talune delle problematiche scaturenti dall'appli cazione della 1. 108/96. L'approccio della corte di legittimità non è sta

to certamente soft-, alla prima occasione in cui si cimenta con la que stione — che ha dato (e continua a dare) non poco filo da torcere ai giudici di merito: v., da ultimo, Trib. Palermo 7 marzo 2000, e Pret. Macerata-Civitanova Marche 1° giugno 1999, Foro it., 2000, I, 1709, con nota di richiami e nota di A. Palmieri, cui si rinvia per ulteriori riferimenti e indicazioni bibliografiche — concernente la valutazione

dell'influenza di una disciplina di nuovo conio sui rapporti instaurati in epoca precedente, il Supremo collegio non si rifugia in soluzioni di

comodo, ma decide di fare i conti con la mutata realtà normativa.

L'esigenza di fornire una risposta non elusiva a un primo gruppo di interrogativi suscitati dalla 1. 108/96 discende, in effetti, dal ripudio del paravento (del resto, assai logoro) costituito dall'invocazione del

l'assoluta impermeabilità del rapporto negoziale alle modifiche nel qua dro legislativo intervenute posteriormente al perfezionamento della sua

fattispecie generatrice. Questo passaggio, a ben vedere, costituisce il vero e proprio prius

logico della decisione, anche se nella trama argomentativa intessuta dal l'estensore esso viene posposto (probabilmente per comodità espositiva) alla dimostrazione dell'ulteriore assunto secondo cui gli interessi mora tori sono suscettibili di essere qualificati usurari (è pur vero che, anche

relativamente a tale questione, una risposta diversa avrebbe comunque bloccato l'indagine).

Nell'aprire le porte al nuovo regime, la Cassazione si richiama espli citamente al ragionamento sviluppato dalla Consulta in una decisione non lontana (cfr. Corte cost. 27 giugno 1997, n. 204, id., 1997, I, 2033), con cui è stato inferto un duro colpo alla concezione «monolitica» del

rapporto contrattuale. Peraltro, rispetto alla menzionata pronuncia, che

si occupava degli effetti sui rapporti in corso delle modificazioni appor tate alla disciplina delle fideiussioni prestate per obbligazioni future, c'è da registrare un ampliamento della sfera di operatività delle norme

imperative sopravvenute. Nel caso di specie, infatti, l'aspetto del rap porto che viene assoggettato ad una regolamentazione più stringente attiene alle prestazioni di somme di denaro, a titolo di interessi, ivi

inclusi quelli destinati a scattare in caso di inadempimento; ne consegue che i rapporti negoziali sono da considerare non esauriti, e quindi sensi

bili al cambiamento, fino a quando non si addivenga alla soddisfazione

completa del creditore, tempestiva o no che essa sia. In ogni caso, mentre sul cennato profilo riguardante l'assoggettabili

tà degli interessi moratori alla 1. 108/96 la sentenza in epigrafe prende nettamente posizione per la soluzione meno restrittiva, non altrettanta

risolutezza si rinviene allorquando sono toccati altri punti nevralgici della legge.

La Suprema corte, nell'enunciare il principio di diritto di cui alla seconda massima, si limita alla pars destruens, lasciando al giudice del

rinvio il compito di ricostruire il meccanismo nel dettaglio, operazione imprescindibile una volta stabilito che alla pattuizione elaborata dalle

parti — ricorrendo alla terminologia impiegata dalla Cassazione, invero

un po' titubante sull'inquadramento formale della vicenda, pur dichia

rando di propendere per la tesi della «nullità parziale sopravvenuta» — «non si potrebbe comunque continuare a dare effetto» in epoca suc

cessiva al momento in cui il saggio degli interessi ha oltrepassato la

soglia usuraria. Viene escluso, dunque, che il creditore di una prestazione pecuniaria

possa vedersi accordare gli interessi nella misura ottenuta applicando un tasso, ex ante convenuto in maniera lecita, reputato ormai «esorbi

tante». Restando da precisare, tuttavia, i criteri in base ai quali si deve

procedere al computo della somma in concreto spettante al creditore.

Le variabili in gioco sono essenzialmente due: il tasso da applicare in luogo di quello non più utilizzabile; il momento al quale riferire

la valutazione circa il carattere usurario degli interessi.

Quanto al primo aspetto, la motivazione fa parola della sostituzione

di un tasso diverso a quello divenuto usurario, ma non chiarisce il livel

lo su cui è opportuno attestarsi in un intervallo che va da un minimo

pari a zero (come si verifica nell'ipotesi di non debenza degli interessi,

oggi codificata dall'art. 1815, 2° comma, c.c.) ad un valore massimo

coincidente con il tasso soglia.

Il Foro Italiano — 2000.

e passivi, nonché, quale erede del fideiussore Antonio Meraglia, la nullità della fideiussione sotto vari profili.

Costituitasi, la banca chiedeva il rigetto dell'opposizione. Con sentenza non definitiva del 26 giugno 1986, il tribunale adito revocava il decreto ingiuntivo, disponendo ulteriore istruttoria

per determinare il credito della banca. Con ordinanza collegiale del 28 maggio 1992 disponeva un supplemento di c.t.u. e, con

sentenza definitiva del 28 aprile 199S, condannava il Meraglia al pagamento della somma di lire 24.716.923, con interessi al

ventotto per cento dal 1° ottobre 1982 al soddisfo.

L'impugnazione proposta dal Meraglia veniva accolta dalla

Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 5 marzo 1998, limi

tatamente all'importo delle spese processuali di primo grado,

confermando nel resto la sentenza gravata. Con riferimento ai motivi d'appello, la corte territoriale

osserva:

che non sussisteva carenza assoluta od insufficienza della mo

tivazione, atteso che i primi giudici avevano individuato il the ma decidendum nella sentenza non definitiva, limitandosi a re

cepire le risultanze della consulenza tecnica con quella definiti

va, tanto più che, se le eccezioni formulate dall'opponente erano

state disattese solo implicitamente, comunque esse erano state

riproposte in sede di gravame, in cui andavano esaminate; che il tribunale aveva correttamente emesso una statuizione

di condanna, pur revocando il decreto ingiuntivo, perché nel

giudizio di opposizione attore in senso sostanziale è l'opposto, il quale aveva introdotto la domanda con ricorso, contenente

la richiesta di condanna;

che, quanto all'invocata rescindibilità del contratto, non era

stata neppure dedotta la configurabilità di contratto c.d. usura

rio, dovendosi comunque considerare che la pattuizione di inte

ressi ultralegali nulla ha a che vedere con gli interessi attivi,

giacché i primi ineriscono a disponibilità di somme per il cor rentista;

che neppure a livello di prospettazione v'era menzione degli altri elementi prescritti per la rescissione, ossia lo stato di biso

gno, il nesso causale con la sproporzione delle prestazioni, l'ap

profittamento dello stato medesimo; che dalla documentazione in atti risultava pattuito un interes

se del ventuno per cento con scrittura del 7 ottobre 1976, men

tre, con scrittura del 16 settembre 1982, il Meraglia si era obbli

gato a corrispondere il tasso del venticinque per cento e del

ventotto per cento nel caso — che si era verificato — di inosser

vanza delle scadenze concordate per l'estinzione del conto cor

Non meno intricato il problema di carattere, per così dire, cronologi co. Da alcuni passi della pronuncia — che risente, a sua volta, di sugge stioni legate a profili penalistici della disciplina sull'usura — parrebbe di capire che il momento decisivo sia quello in cui viene effettuato (o, al limite, offerto) il pagamento degli interessi. Tale soluzione presenta,

peraltro, non pochi inconvenienti, a maggior ragione quando si ha a

che fare con interessi moratori. Se si dovesse, infatti, fondare il giudizio di usurarietà esclusivamente

sui parametri vigenti al tempo della «dazione» degli interessi e, in ipote si, sostituire per tutta la durata del rapporto, il tasso concordato con

quello di soglia vigente in quel periodo, si rischierebbe di disincentivare

l'adempimento del debitore, facendogli intravedere la speranza di essere

premiato da flessioni nel costo del credito (effetto, quest'ultimo, che

sarebbe amplificato ove si optasse per l'azzeramento del debito di inte

ressi). Inoltre, non appare soddisfacente il riferimento al momento del

la richiesta esplicita del creditore, né a quello in cui viene pronunciata la condanna, a seguito del giudizio di cognizione, ovvero si procede alla distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione forzata, nel

processo di esecuzione. Una soluzione da sperimentare, ai fini del con

temperamento delle opposte esigenze, potrebbe consistere nell'adozione

di un modello che preveda l'adattamento continuo del quantum degli

interessi, man mano che gli stessi maturano. In tal modo, il tasso con

cordato si applica nei trimestri in cui esso rimane al di sotto o eguaglia il tasso soglia allora vigente; altrimenti, sarà quest'ultimo a prevalere.

Da ultimo, i dubbi ermeneutici concernenti il funzionamento del mec

canismo sanzionatorio delle pattuizioni usurane sono stati portati al

l'attenzione della Corte costituzionale. Peraltro, la Consulta non è nem

meno entrata nel merito delle problematiche suscitate dall'intervento

riformatore del legislatore, dal momento che — con ordinanza 22 giu

gno 2000, n. 236, in questo fascicolo, I, 2105 — ha ritenuto lacunosa

l'ordinanza di rimessione, in punto di motivazione sulla rilevanza, e

ha conseguentemente dichiarato la manifesta inammissibilità delle que stioni di legittimità costituzionale concernenti l'art. 1815, 2° comma, c.c. [A. Palmieri]

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2183 PARTE PRIMA 2184

rente ordinario: v'era stata, quindi, espressa pattuizione di inte

ressi ultralegali per il credito sia sulle rimesse che sul saldo; che avendo i primi giudici parzialmente accolto l'opposizio

ne, v'erano le condizioni per una parziale compensazione delle

spese processuali, la cui liquidazione era stata in ogni caso ec

cessiva;

che, in definitiva, le spese del doppio grado del giudizio an

davano compensate per un terzo, ponendo i restanti due terzi

a carico del Meraglia. Per la cassazione di tale sentenza il Meraglia ha proposto

ricorso con nove motivi. Resiste il Credito emiliano s.p.a. (già Banca Tamborino Sangiovanni) con controricorso.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il nono motivo, in

fine, si deduce che la pretesa della banca di interessi nella misu

ra del ventotto per cento deve ritenersi comunque usuraria, per violazione della normativa antiusura che ha modificato l'art.

644 c.p., trattandosi di misura superiore al tetto massimo stabi

lito nei vari periodi di riferimento, con apposito decreto del

ministro del tesoro, sulla base della media dei tassi praticati sul mercato.

La censura è fondata, nei limiti di seguito precisati. L'art. 1 1. 7 marzo 1996 n. 108 («disposizioni in materia di

usura», pubblicata in G.U. 9 marzo 1996, n. 58, suppl. ord.), nel sostituire l'art. 644 c.p., ha previsto che «la legge stabilisce

il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari» (3° com

ma); l'art. 2, 4° comma, ha individuato la soglia usuraria nel

«tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella

Gazzetta ufficiale ai sensi del 1 ° comma, relativamente alla ca

tegoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato

della metà»; l'art. 4, infine, ha sostituito il 2° comma dell'art.

1815 c.c., nel senso che «se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi».

Va subito detto che, proprio con riferimento a tale ultima

disposizione, la non copiosa giurisprudenza di merito e la dot

trina si sono occupate essenzialmente del problema delle conse

guenze sui contratti di mutuo già stipulati alla data di entrata in vigore della nuova normativa: in altri termini, con esclusivo

riguardo alla natura compensativa degli interessi pattuiti. Tut

tavia, non v'è ragione per escluderne l'applicabilità anche nell'i

potesi di assunzione dell'obbligazione di corrispondere interessi

moratori, risultati di gran lunga eccedenti lo stesso tasso soglia: va rilevato, infatti, che la 1. n. 108 del 1996 ha individuato un unico criterio ai fini dell'accertamento del carattere usurario

degli interessi (la formulazione dell'art. 1,3° comma, ha valore

assoluto in tal senso) e che nel sistema era già presente un prin

cipio di omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella di

versità di funzione, come emerge anche dall'art. 1224, 1° com

ma, c.c., nella parte in cui prevede che «se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura». Il ritardo

colpevole, poi, non giustifica di per sé il permanere della validi

tà di un'obbligazione così onerosa e contraria al principio gene rale posto dalla legge.

Ciò premesso, va anche precisato che una pattuizione di inte ressi intervenuta prima della entrata in vigore della 1. 108/96 non può, stante il principio di cui all'art. 25, 2° comma, Cost., essere ritenuto penalmente rilevante solo perché detti interessi

risultino superiori alla soglia fissata: ove il ricorrente (pur nella

non chiara prospettazione del motivo sul punto) abbia inteso

lamentarsi per la mancata considerazione, da parte della corte

territoriale, della natura criminosa della pretesa della banca, per

questo aspetto la censura non potrebbe trovare accoglimento. La corte di merito, invece, avrebbe dovuto considerare che,

alla stregua della nuova normativa, gli interessi concordati (in

particolare, al tasso del ventotto per cento, applicato in sede

di condanna da parte del tribunale, con decorrenza dal 1 ° otto bre 1982 e sino al soddisfo) erano divenuti usurari: in altri ter

mini, che la nuova normativa aveva travolto la relativa clausola. A tale conclusione non è di ostacolo la circostanza che la

pattuizione degli interessi sia avvenuta in epoca antecedente al

l'entrata in vigore della 1. n. 108 del 1996. Sotto un primo pro filo, va osservato che nel caso di specie non si pone il problema se il combinato disposto degli art. 1339 e 1419, 2° comma, c.c., sia applicabile nell'ipotesi in cui la norma imperativa non pre vede una clausola sostitutiva, limitandosi ad eliminare la clau

sola illecita (problema che si potrebbe porre, con riferimento alla nuova formulazione dell'art. 1815, 2° comma, c.c., nel ca

li. Foro Italiano — 2000.

so di interessi pattuiti nell'ambito di un contratto di mutuo sti

pulato prima dell'entrata in vigore della nuova normativa), dal

momento che non si tratta di non attribuire alcun interesse, ma di sostituire un tasso diverso a quello divenuto usurario.

Sotto altro, pro filo, se è vero che nella giurisprudenza di que sta corte si è affermato, in via di principio, che il giudizio di validità deve essere condotto alla stregua della normativa in vi

gore al momento della conclusione del contratto, è anche vero

che in dottrina è stato posto in rilievo come, verificandosi un

concorso tra autoregolamentazione pattizia ed eteroregolamen tazione normativa, si renda insostenibile la tesi che subordina

l'applicabilità dell'art. 1419, 2° comma, c.c. all'anteriorità del

la legge rispetto al contratto, poiché l'inserimento ex art. 1339

c.c. del nuovo tasso incontra l'unico limite che si tratti di pre stazioni non ancora eseguite (in tutto od in parte).

D'altro canto, la tesi ha trovato l'autorevole avallo della Corte

costituzionale nella sentenza n. 204 del 1997 (Foro it., 1997,

I, 2033), che ha dichiarato non fondata la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 1938 c.c. proprio sulla base della

considerazione che, pur avendo carattere innovativo la I. 154/92

e non applicandosi retroattivamente, tuttavia ciò non implica che la disciplina precedente «acquisti carattere ultrattivo, tale

da consentire che la garanzia personale prestata dal fideiussore

assista non solo le obbligazioni principali sorte prima dell'en

trata in vigore della 1. n. 154 del 1992, ma anche quelle succes

sive, in modo da attribuire efficacia permanente alla illimitatez

za del rapporto di garanzia. In altri termini, l'innovazione legis

lativa, che stabilisce la nullità delle fideiussioni per obbligazioni future senza limitazione di importo, non tocca la garanzia per le obbligazioni principali già sorte, ma esclude che si produco no ulteriori effetti e che la fideiussione possa assistere obbliga zioni principali successive al divieto di garanzia senza limiti».

Sia pur con riferimento alla problematica riguardante il con

tratto di mutuo, ma con argomenti del tutto sovrapponibili alla

fattispecie che qui interessa, la dottrina ha osservato, in via ge

nerale, che l'obbligazione degli interessi non si esaurisce in una

sola prestazione, concretandosi in una serie di prestazioni suc

cessive e, in particolare, che, ai fini della qualificazione usura

ria dell'interesse, il momento rilevante è la dazione e non la

stipula del contratto, come si evince anche dall'art. 644 ter c.p.

(introdotto dall'art. 11 1. 108/96), a mente del quale «la prescri zione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossio

ne sia degli interessi che del capitale». La tesi, poi, trova riscon

tro nella giurisprudenza penale di questa corte, secondo cui in

tema di usura, qualora alla promessa segua — mediante la ra

teizzazione degli interessi convenuti — la dazione effettiva di

essi, questa non costituisce un post factum non punibile, ma

fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e

segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell'origina ria pattuizione usuraria, il momento consumativo sostanziale

del reato (così, Cass., sez. I, 19 ottobre 1998, D'Agata e altri,

id., 1999, II, 522). Non sembra superfluo aggiungere che, quando anche non si

volesse aderire alla configurabilità della nullità parziale soprav venuta (come sembra preferibile), tuttavia non si potrebbe co

munque continuare a dare effetto alla pattuizione di interessi

superiori alla soglia usuraria, a fronte di un principio introdot

to nell'ordinamento con valore generale e di un rapporto non

ancora esaurito, come nel caso di specie, in cui il Meraglia è

stato condannato a corrispondere interessi del ventotto per cen to dal 1° ottobre 1982 al soddisfo.

Il ricorrente ha espressamente prospettato l'usurarietà dell'in

teresse sotto il profilo dell'eccedenza rispetto al c.d. tasso so

glia: conseguentemente, il motivo va accolto in questi termini

e la sentenza impugnata cassata con rinvio ad altro giudice,

designato in diversa sezione della Corte d'appello di Lecce, che, attenendosi ai principi di diritto enunciati in tema di interessi a seguito dell'entrata in vigore della 1. 108/96, procederà a nuo

va determinazione sul punto.

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