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sezione I civile; sentenza 22 febbraio 1986, n. 1078; Pres. ed est. Bologna, P. M. Martinelli...

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sezione I civile; sentenza 22 febbraio 1986, n. 1078; Pres. ed est. Bologna, P. M. Martinelli (concl. conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Bruni) c. Tait (Avv. Cacciavillani, Busetti). Cassa App. Trento 17 maggio 1983 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1297/1298-1299/1300 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187263 . Accessed: 24/06/2014 21:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.210 on Tue, 24 Jun 2014 21:54:19 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 22 febbraio 1986, n. 1078; Pres. ed est. Bologna, P. M. Martinelli(concl. conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Bruni) c. Tait (Avv. Cacciavillani, Busetti). CassaApp. Trento 17 maggio 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1297/1298-1299/1300Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187263 .

Accessed: 24/06/2014 21:54

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 feb

braio 1986, n. 1078; Pres. ed est. Bologna, P. M. Martinelli

(conci, conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Bruni) c. Tait

<Avv. Cacciavillani, Busetti). Cassa App. Trento 17 maggio 1983.

Oro e metalli preziosi (titolo, marchio e commercio) — Mono

polio statale del commercio — Violazione — Conseguenze —

Fattispecie (R.d.l. 14 novembre 1935 n. 1935, disciplina del

commercio dell'oro, art. 1, 11, 12; d.Llgt. 17 maggio 1945 n.

33, costituzione dell'Ufficio italiano cambi e passaggio a que st'ultimo delle funzioni dell'Istituto nazionale per i cambi con

l'estero, art. 2; d.m. 23 marzo 1968, acquisto all'estero di oro

greggio da destinare ad usi industriali, art. 2).

La vendita a terzi di un quantitativo di oro greggio, effettuata da

soggetto munito di licenza per il commercio di oggetti pre ziosi che aveva acquistato la partita per la lavorazione in

proprio, costituisce violazione della vigente normativa monopo listica in tema di commercio aureo, passibile della pena pe cuniaria fino al valore dell'operazione illecita. (1)

Svolgimento del processo. — Nell'anno 1977 la guardia di

finanza accertava che Tait Elia, munita di licenza per il commer

cio di oggetti preziosi al minuto e all'ingrosso, aveva rivenduto a

terzi oro greggio in lingotti (kg. 155 circa) acquistato presso le

ditte Villa di Milano e Inter Impex di Arezzo con l'impegno di

destinarlo alla lavorazione.

Con decreto del 25 maggio 1981, il ministero del tesoro, previo conforme parere della commissione consultiva per le infrazioni

valutarie, infliggeva alla Tait la pena pecuniaria di lire

551.126.163, somma questa equivalente al valore delle operazioni di commercio dell'oro.

Con atto di opposizione notificato il 14 luglio 1981, la Tait

convenne il ministero del tesoro davanti al Tribunale di Trento

per sentire dichiarare l'insussistenza dell'illecito tributario e della

conseguente obbligazione verso l'amministrazione dello Stato a

titolo di pena pecuniaria, assumendo che la legge non prevedeva limitazioni al commercio interno dell'oro greggio. Il convenuto

ministero resisteva alla domanda.

Con sentenza 18 febbraio-I0 marzo 1982, il Tribunale di Trento

respingeva l'opposizione rilevando a) l'oro greggio deve essere

considerato bene incommerciabile in quanto la ratio del r.d.l. 14

novembre 1935 n. 1935 mira ad impedire la sua tesaurizzazione

per motivi di stabilità monetaria; b) conseguentemente, il vincolo

imposto dall'art. 2 d.m. 23 marzo 1968 è legittimo, dovendo tutti

i compratori del metallo greggio, tanto se assegnatari in prima istanza quanto se subconcessionari, destinarlo ad usi industriali.

La Corte d'appello di Trento — in riforma della sentenza di

quel tribunale ed in accoglimento del gravame proposto da Elia

Tait — ha proceduto alla disapplicazione del decreto del ministe

ro del tesoro 23 marzo 1968 relativamente ai vincoli di impiego interno dell'oro greggio; conseguentemente ha dichiarato anche

illegittimo il decreto 25 maggio 1981 del predetto ministero che — previo conforme parere della commissione consultiva per le

infrazioni valutarie — aveva inflitto alla Tait la pena pecuniaria di lire 551.126.163 per avere (munita di licenza per il com

mercio di oggetti preziosi al minuto ed all'ingrosso) riven

duto a terzi kg. 155 circa di oro greggio in lingotti, sebbene

avesse assunto l'impegno di destinarlo alla lavorazione all'atto

dell'acquisto presso le ditte Villa di Milano ed Inter Impex di

Arezzo. La corte del merito — interpretando il r.d.l. n. 1935 del 1935

conv. in 1. 26 marzo 1936 n. 689, il r.d.l. n. 1330 del 1941, il

d.l.lgt. n. 343 del 1946, il d.l. n. 996 del 1947, gli art. 705 c.p., 127 e 128, t.u. leggi pubblica sicurezza (quest'ultimo nel testo

modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 121 del 9

luglio 1963, Foro it., 1963, I, 1811) — ha conclusivamente

(1) Non constano precedenti editi. Nella sentenza in epigrafe si

afferma che il controllo sui trasferimenti successivi all'importazione dell'oro greggio ubbidisce a ragioni di politica economica, quali la

corretta circolazione monetaria e la stabilità della bilancia dei paga

menti; e si attua col r.d.l. 14 novembre 1935 n. 1935, art. 12, che

attribuisce al ministero del tesoro la più ampia facoltà di stabilire (con

decreti) le norme necessarie ed opportune per effettuare detto control

lo. La sentenza riformata — App. Trento 17 maggio 1983, Foro it.,

Rep. 1983, voce Oro e metalli preziosi, n. 2 — aveva ritenuto, invece, che la normativa del 1935 non mirasse ad impedire la tesaurizzazione

dell'oro greggio, con la conseguenza di ritenere inammissibile l'esten sione del regime di monopolio statale dell'importazione di oro greggio al suo commercio interno e di disapplicare il d.m. 23 marzo 1968, relativamente ai vincoli posti all'impiego interno dell'oro greggio.

Il Foro Italiano — 1986.

affermato: A) la ratio legis del r.d.l. n. 1935/35, nella parte rimasta in vigore, non mira ad impedire la tesaurizzazione

dell'oro greggio; B) il regime di monopolio statale per gli acquisti all'estero dell'oro greggio non si estende agli atti di commercio

interno del medesimo prodotto; C) il ministro del tesoro non può

imporre vincoli di impiego dell'oro greggio immesso nel mercato

interno perché privo di potestà regolamentare al riguardo; D) le

pene pecuniarie, avendo carattere afflittivo, possono essere applica te solo se la legge in senso formale preveda l'illecito amministra

tivo.

Avverso detta sentenza il ministero del tesoro ricorre per cassazione con unico motivo. Resiste la Tait con controricorso.

Motivi della decisione. — Si denunicano violazione e falsa

applicazione degli art. 1 e 11 r.d.l. 14 novembre 1935 n. 1935, art.

2 r.d.l. 5 dicembre 1938 n. 1928, art. 2 d.m. 23 marzo 1968 in

relazione all'art. 12 disp. prel. c.c., nonché vizi di motivazione,

per avere la corte del merito omesso di considerare che il

monopolio statale d'importazione dell'oro greggio comporta, per finalità di politica economica, anche il controllo dei trasferimenti

successivi all'importazione e che l'illecito attribuito alla Tait non

è creazione del d.m. 23 marzo 1968 ma si trova già contemplato

dal r.d.l. n. 1935 del 1935, mentre la relativa sanzione è fissata

dall'art. 11 r.d.l. citato ed art. 2 r.d.l. n. 1928 del 1938.

La censura è sostanzialmente fondata e merita accoglimento. La disciplina del commercio dell'oro, introdotta con r.d.l. 14

novembre 1935 n. 1935 (convertito nella 1. 26 marzo 1936 n. 689),

trova la propria giustificazione nel peculiare carattere prezioso del

bene e nella sua funzione internazionale di garanzia (secondo

certi parametri) della circolazione monetaria, e tende ad impedire

una incondizionata commerciabilità del bene mediante atti disposi

tivi al di fuori di ogni controllo ed idonei (anche potenzialmente) a provocare effetti destabilizzanti sui cambi e sulla bilancia dei

pagamenti. In tal senso l'art. 1 del citato r.d.l. ha istituito il monopolio

(ora affidato all'ufficio italiano dei cambi ai sensi dell'art. 2 del

medesimo r.d.l. e dell'art. 12 d.l.lgt. 17 maggio 1945 n. 331) per gli

acquisti all'estero dell'oro greggio in lingotti, verghe, pani, polvere

e rottami, ed ha contestualmente introdotto il regime delle licenze

per l'importazione dell'oro semilavorato e lavorato.

Appare ora necessario precisare che il momento del commercio

estero dell'oro e delle relative operazioni rappresenta soltanto una

componente della disciplina preordinata alla realizzazione dell'in

teresse pubblico immanente nel commercio dell'oro, la quale com

ponente deve essere coordinata con una coerente disciplina del

commercio interno in una visione globale ed armonica.

A tale fine il 2° comma dell'art. 12 del citato r.d.l. n. 1935 del

1935 ha attribuito al ministero del tesoro ed all'ufficio italiano dei

cambi (in origine al ministero delle finanze) « ogni più ampia

libertà di stabilire con propri decreti le norme... per l'istituzione

di tutti quei controlli... necessari ed opportuni nell'interesse del

tesoro in dipendenza delle disposizioni del presente decreto ».

E, coordinatamente, l'art. 2 d.l.lgt. n. 331 del 17 maggio 1945 ha

previsto che l'ufficio italiano dei cambi, oltre ad avere il monopo lio del commercio dell'oro per quanto si riferisce agli acquisti ed

alle vendite dell'oro all'estero, sia altresì legittimato a « proporre al ministro per il tesoro norme intorno al commercio dell'oro

all'interno, volte ad assicurare il suo monopolio del commercio

dell'oro con l'estero ».

In attuazione delle norme ora richiamate il d.m. (tesoro) 23

marzo 1968 (G. U. 25 marzo 1968, n. 78) ha attribuito con l'art.

1 all'ufficio it. cambi il potere di delegare per gli acquisti all'estero oro greggio da destinare ad uso industriale le aziende di

credito (di cui all'art. 2, 4° comma, d.l.lgt. n. 331 del 1945) nei

limiti quantitativi fissati dalle concessioni del ministro del tesoro

di concerto con quello per il commercio estero.

A loro volta — ai sensi dell'art. 2 — dette aziende di credito,

nei limiti delle singole autorizzazioni rilasciate dal min. commer

cio con l'estero, provvedono a cedere il quantitativo del metallo

importato alle imprese individuali o collettive iscritte alle camere

di commercio ed esercenti attività che implichino l'impiego dell'o

ro come materia prima. Nel contesto delle disposizioni ora richiamate il regime ammi

nistrativo delle autorizzazioni disciplinanti il commercio interno

rappresenta modo d'essere e momento dell'esercizio dei controlli

espressamente previsti dal citato art. 12, 2° comma, r.d.l. n. 1935

del 1935 e dal citato art. 2 d.l.lgt. n. 331 del 1945.

Le violazioni delle disposizioni suddette sono passibili di una

pena pecuniaria fino al valore dell'operazione illegittima ai sensi

dell'art. 11 dello stesso r.d.l. n. 1935 del 1935.

Orbene, la sentenza impugnata della corte di Trento, nel

disapplicare il suddetto d.m. (ministero del tesoro) in data 23

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1299 PARTE PRIMA 1100

marzo 1968 relativamente ai vincoli di impiego interno dell'oro

greggio (atto amministrativo generale) e nel dichiarare illegittimo il d.m. (ministero del tesoro) in data 25 maggio 1981 attuativo del precedente ed inflittivo di una pena pecuniaria a carico di

Elia Tait, responsabile di avere ceduto a terzi oro greggio destinato alla lavorazione nella propria impresa in violazione delle

norme soprarichiamate, non ha fornito una corretta interpretazione delle norme stesse avendo riguardo ai rilievi sin qui formulati da

questa corte.

Conseguentemente, in accoglimento del ricorso del ministero del

tesoro, la suddetta sentenza deve essere cassata con rinvio della causa per nuovo esame alla Corte d'appello di Venezia. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 21 febbraio

1986, n. 1072; Pres. Vela, Est. Pontrandolfi, P. M. Caristo

(conci, conf.); Gandin (Avv. Montini, Peverati) c. Soc. Nuova Italsider (Avv. Sebastiani, Roghi). Conferma Trib. Alessandria 26 febbraio 1983.

Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Avviamento obbliga torio — Minorazione psichica — Oligofrenia — Diritto all'as

sunzione — Esclusione (L. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le p.a. e le aziende

private, art. 5).

1 soggetti affetti da minorazioni di natura psichica non sono

ricompresi tra i beneficiari del collocamento agevolato regolato dalla l. 2 aprile 1968 n. 482 e non hanno pertanto diritto ad essere avviati obbligatoriamente al lavoro (nella motivazione della sentenza relativa ad un soggetto affetto da oligofrenia si

legge che la minorazione di natura psichica — che determina l'esclusione dall'assunzione obbligatoria — non perde tale sua natura ove essa abbia, in tutto o in parte, una causa fisica od

organica, poiché ciò che conta, ai fini della sussistenza o meno del diritto all'avviamento obbligatorio, è la minorazione in sé e non le sue cause). (1)

II

PRETURA DI FIRENZE; sentenza 5 dicembre 1985; Giud.

Chiari; Travagli (Avv. Maggini) c. Soc. Ignesti (Avv. Taccetti).

Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Avviamento obbli

gatorio — Minorazione psichica — Diritto all'assunzione —

Sussistenza (L. 2 aprile 1968 n. 482, art. 5).

Le disposizioni della l. 2 aprile 1968 n. 482 in tema di

assunzione obbligatoria degli invalidi civili si applicano anche ai

soggetti affetti da minorazioni psichiche. (2)

(1-2) 1. - All'indomani della sentenza con la quale la Corte costituzio nale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzio nale dell'art. 5 1. n. 482 del 1968, nella parte escludente dall'ambito di

applicazione di detta legge gli invalidi affetti da minorazioni psichiche (Corte cost. 22 febbraio 1985, n. 52, Foro it., 1985, I, 633), riemergono puntualmente i contrasti tra i giudici ordinari sulla inclusione dei

portatori di handicap psichico nel novero degli aventi diritto al colloca mento obbligatorio.

Nella decisione che si riporta, il Pretore di Firenze — dichiarandosi non vincolato nella sua attività interpretativa dalla pronuncia di inammissibilità della Corte costituzionale — ripropone alcune delle

principali argomentazioni che militano a favore dell'inserimento dei

soggetti affetti da minorazioni psichiche tra gli invalidi civili da

avviare obbligatoriamente al lavoro. Secondo il pretore è la stessa vastità della gamma delle minorazioni

di carattere psichico che rende impossibile considerare sempre e

comunque la malattia mentale come fonte di una generale e totale

incapacità di lavoro. L'esistenza di forme e di gradazioni assai diverse di disturbi psichici

reclama che non si faccia luogo ad una aprioristica ed integrale esclusione dai normali luoghi di lavoro degli irregolari psichici ma si

adottino, invece, nei loro confronti, soluzioni attentamente calibrate e

commisurate ai dati dell'ambiente lavorativo in cui l'invalido psichico deve svolgere la sua attività.

In quest'ottica l'accertamento sui profili di potenziale pericolosità dell'inserimento dell'invalido nell'impresa destinataria dell'atto di av

viamento — accertamento che l'art. 20 1. n. 482 del 1968 demanda al

collegio medico provinciale — è visto come uno strumento predisposto dal legislatore essenzialmente al fine di risolvere in maniera corretta i

peculiari problemi di inserimento posti dai portatori di handicap

psichico.

Il Foro Italiano — 1986.

I

Motivi della decisione. — Con l'unico ma complesso motivo di

annullamento il ricorrente denuncia violazione dell'art. 5 1. n. 482

del 1968, dell'art. 8 1. n. 118 del 1971 e dell'art. 116 c.p.c., in

relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.

Anzitutto, il ricorrente deduce che il precedente di questa Corte

suprema, richiamato dal tribunale (Cass. 2 giugno 1982, n. 3348,

Foro it., Rep. 1982, voce Lavoro (collocamento), n. 107), era del

Un embrione di collocamento « intelligente », dunque, che trova la

sua più convincente giustificazione, sistematica ed operativa, solo in un

quadro interpretativo che contempli gli invalidi psichici tra i beneficia

ri del collocamento agevolato. La linea interpretativa che ritiene applicabile anche agli handicappa

ti psichici la normativa della 1. n. 482 del 1968 è stata adottata in

una nutrita schiera di pronunce giurisprudenziali, con una notevole

ampiezza di argomentazioni. Così si è sostenuto che la dizione « afletti

da minorazioni fisiche », che l'art. 5 1. 482/68 usa per individuare la

categoria degli invalidi civili, non fa riferimento alla minorazione come

stato patologico in corso nell'individuo ma come stato finale conse

guente ad una malattia che può essere tanto fisica quanto psichica (in questi termini Pret. Lodi 29 marzo 1982, giud. Crivelli, inedita; Pret. Milano 21 dicembre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (colloca mento), nn. 102, 159).

Sulla stessa lunghezza d'onda si è detto che la tutela istituita dall'art. 5 1. 482/68 pone l'accento sull'effetto dell'invalidità e non sulla sua eziologia immediata, non permettendo difformità di tutela a seconda delle ragioni e delle origini di una invalidità che, comunque, finisce con l'incidere sulla sfera fisica (Trib. Milano 20 marzo 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 109; Trib. Milano 22 luglio 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 164).

Si è inoltre segnalato come l'estrema difficoltà di operare una netta distinzione tra handicappati fisici e psichici — difficoltà sottolineata dal fatto che spesso menomazioni fisiche hanno riflessi sulla psiche dell'individuo e viceversa — debba indurre ad abbandonare l'interpre tazione restrittiva della legge 482 e ad escludere ogni possibilità di discriminazione tra i due tipi di portatori di handicap (Trib. Milano 28 novembre 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 178; Pret. Como 26 novembre 1981, ibid., n. 183, che desume la stretta connessione tra salute fisica e psichica dagli art. 1 e 2 della legge di riforma sanitaria n. 833 del 1978).

Su di un piano più generale si è infine affermato che dalla lettura della 1. n. 833/78 e delle altre disposizioni contenenti provvedimenti in favore degli handicappati — in particolare la 1. n. 118 del 1971 e la 1. n. 517 del 1977 — emerge con chiarezza la tendenza legislativa ad eliminare la ghettizzazione in cui sono stati a lungo costretti i soggetti affetti da handicaps mentali ed a rendere attuabile il completo reinserimento degli stessi nella società: ed in un tale contesto la 1. n. 118 del 1971 non può essere considerata come l'unica provvidenza a favore della vasta categoria degli handicappati psichici ma come una legge di carattere settoriale, che si riferisce solo ad una parte dei c.d. irregolari psichici, prevedendo per essi benefici specifici nel campo del recupero sanitario e dell'addestramento e formazione professionale. (Pret. Milano 21 dicembre 1982, cit. Per l'inclusione dei c.d. irregolari psichici nell'ambito di applicabilità della 1. n. 482/68 si sono espressi anche Trib. Milano 18 gennaio 1984, Orient, giur. lav., 1984, 403; Trib. Lodi 9 luglio 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 200; Pret. Milano 19 febbraio 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 157; Pret. Parma 20 ottobre 1982, id., 1983, I, 1159, con nota di richiami; Pret. Abbiategrasso 22 settembre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., nn. 82, 141).,

Per l'applicabilità a minorati psichici della 1. n. 482/68 si è espressa, successivamente alla citata decisione n. 52/85 della Cor te costituzionale, anche il Tribunale di Milano (sent. 25 settembre 1985, Orient, giur. lav., 1985, 1075) sostenendo che l'invalidità psichica ha di norma una eziologia fisica e che l'interpretazione letterale della norma che individua gli invalidi civili titolari del diritto all'avviamento protetto non deve porsi in contrasto con le argomentazioni logiche dirette a ricostruire l'intenzione del legislatore.

2. - Sebbene l'indirizzo giurisprudenziale favorevole all'inclusione dei c.d. minorati psichici tra i soggetti beneficiari del collocamento protetto registri numerose adesioni, più consistente resta il fronte dei giudici che interpretano l'art. 5 1. 482/68 come norma che attribuisce ai soli portatori di invalidità di natura ed origine fisica il diritto ad essere avviati obbligatoriamente al lavoro.

Decisiva è per questi giudici la lettera dell'art. 5 1. n. 482/68: il riferimento contenuto in tale norma agli invalidi civili « affetti da minorazioni fisiche » dimostra, a loro avviso, la volontà del legislatore di escludere dal collocamento obbligatorio i lavoratori che risultino affetti da forme morbose, acquisite o congenite, di natura psichica.

Altro argomento a sostegno dell'orientamento di delimitazione dell'a rea della tutela è poi desunto dalla 1. 30 marzo 1971 n. 118 che, mentre all'art. 2 definisce invalidi civili agli effetti dell'assistenza sanitaria gli irregolari psichici, fa poi riferimento, nel successivo art. 8, 5" comma, ai fini del collocamento obbligatorio solo ai soggetti affetti da minorazioni fìsiche (su questa linea si collocano Pret. Milano 1° dicem bre 1983, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 205; 31 gennaio 1983, ibid.,

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