+ All Categories
Home > Documents > sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl....

sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: tranque
View: 221 times
Download: 5 times
Share this document with a friend
4
sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl. diff.); Comune di Termini Imerese (Avv. Cerquetti) c. Soc Edilscavi (Avv. Mazzei). Cassa App. Roma 15 gennaio 1991 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 865/866-869/870 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190847 . Accessed: 24/06/2014 21:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.20 on Tue, 24 Jun 2014 21:12:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl. diff.); Comune di Termini Imerese (Avv. Cerquetti) c. Soc Edilscavi (Avv. Mazzei).

sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl.diff.); Comune di Termini Imerese (Avv. Cerquetti) c. Soc Edilscavi (Avv. Mazzei). Cassa App.Roma 15 gennaio 1991Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 3 (MARZO 1996), pp. 865/866-869/870Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190847 .

Accessed: 24/06/2014 21:12

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 195.34.79.20 on Tue, 24 Jun 2014 21:12:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl. diff.); Comune di Termini Imerese (Avv. Cerquetti) c. Soc Edilscavi (Avv. Mazzei).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ai giudizi di separazione personale dei coniugi delle «regole di

cui all'art. 4 1. 1° dicembre 1970 n. 898, come sostituito dal

l'art. 8 della presente legge», recepisca non solo quest'ultimo,

disciplinante ex novo il processo divorzile, ma anche tutte le

altre norme processuali eventualmente contenute nella 1. n. 74:

nel qual senso, anche se solo implicitamente, Cass. 3168/94 (Foro it., 1995, I, 238) oppure: ti) in via analogica: nel qual senso,

seppure in via generale, Cass. 2051/94 (id., 1994, I, 3470) — esaminata nel suo contesto evidenzi che la sua portata è nel

senso di prevedere limitazioni all'onere probatorio, stabilendo

cioè il mezzo di prova unico o comunque necessario all'accerta

mento del reddito, bensì' di individuare quale mezzo di prova quello sul quale le parti concordino.

L'espletamento di (ulteriori) indagini, difatti, è previsto, qua le che sia la documentazione dalla quale emerga il reddito, solo

in caso di contestazione: e non v'è dubbio che per tale debba

intendersi non la mera negazione, ma questa stessa allorché ri

vesta sufficiente ragionevolezza. Pertanto, una volta che il giudice ritenga accertato, tramite

documentazione o con qualsiasi altro mezzo probatorio, com

presa la presunzione, l'ammontare del reddito, il giudice stesso

non è obbligato ad acquisire, sulla base della mera richiesta, non supportata da elementi di ragionevolezza, la documentazio

ne fiscale di detto reddito. E poiché nel ricorso non si è dedotto che siano stati addotti

i menzionati elementi, non ricorre il vizio di violazione o falsa

applicazione della norma.

Da quanto rilevato può enuclearsi il seguente principio: ai

fini dell'art. 5, 9° comma, 1. 1° dicembre 1970 n. 898, come

integrata dalla 1. 6 marzo 1987 n. 74, la prova del reddito può essere data, oltre che con la documentazione prevista dalla nor

ma stessa, con qualsiasi mezzo, compresa la presunzione. Per

«contestazione» — prevista dalla norma quale condizione per

l'esperimento di (ulteriori) indagini — si intende la negazione (non in sé, ma) supportata da sufficienti elementi di ragione volezza.

La censura sub ti) è infondata. I coniugi sono obbligati a

mantenere, istruire ed educare la prole (art. 147 c.c.) in propor zione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavo

ro professionale o casalingo (art. 148 c.c.).

L'obbligo, che sussiste sia in costanza di matrimonio che, ai sensi dell'art. 155 c.c., in caso di separazione — nella quale esso costituisce il fondamento per la individuazione della misu

ra della contribuzione di ciascuno dei coniugi — secondo l'o

rientamento di questa corte permane anche dopo il raggiungi mento della maggiore età da parte dei figli e cessa allorché co

storo divengono autosufficienti economicamente.

Ora, premesso che il figlio, con il raggiungimento della mag

giore età, diviene libero di condurre una vita autonoma, il fon

damento della persistenza dell'obbligo, allorché il figlio, non

operando tale scelta, conviva con i genitori o con quello (già)

affidatario, non può che rinvenirsi nel protrarsi del periodo di

formazione professionale o nel mancato (non colpevole) svolgi mento di un'attività redditizia.

Una volta, però, che il figlio maggiorenne abbia esaurito la

formazione professionale — consista questa in quella sperata o in quella comunque definitivamente e concretamente raggiun ta — l'autosufficienza economica del figlio, determinante la ces

sazione dell'obbligo, non può che consistere nella percezione del reddito che detta formazione consente nella generalità dei

casi secondo le condizioni generali di mercato.

L'obbligo, difatti, quale che sia l'ampiezza del suo contenu

to, è inteso a consentire al figlio di raggiungere la migliore for

mazione professionale possibile perché ciò gli permette (tra l'al

tro) di percepire un reddito ad essa adeguato: allorché tale sco

po è raggiunto quindi l'obbligo non può che cessare, perché è venuto meno il suo fondamento.

Da quanto esposto può enuclearsi il seguente principio: deter

mina autosufficienza economica del figlio maggiorenne la quale

comporta la cessazione dell'obbigo di mantenimento dello stes

so da parte del coniuge — in regime di separazione — non

affidatario, la percezione, da parte di detto figlio, di un reddito corrispondente, secondo le condizioni normali e concrete di mer

cato, alla professionalità — quale che sia — definitivamente

da esso acquisita: senza che rivesta, al fine, alcuna rilevanza

il tenore di vita del quale il figlio stesso aveva goduto in costan

za di matrimonio o durante la separazione dei genitori. Il ricorso dev'essere pertanto respinto.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 gen naio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salme, P.M. Nardi

(conci, diff.); Comune di Termini Imerese (Avv. Cerquetti) c. Soc Edilscavi (Avv. Mazzei). Cassa App. Roma 15 gen naio 1991.

Arbitrato e compromesso — Lodo arbitrale rituale — Termine

per deposito di memorie e documenti — Diversa utilizzabilità

dalle parti — Nullità — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 816).

La mancata utilizzazione di circa due terzi del termine, assegna to dagli arbitri rituali, per il deposito di memorie e documen

ti, imposta ad una sola delle parti dalla tardiva ricezione della

comunicazione postale del provvedimento arbitrale, determi nando violazione del principio impositivo del paritetico eser

cizio delle facoltà processuali concesse ai contendenti dai me

desimi arbitri, ne comporta la nullità della pronunzia. (1)

(1) La corte richiama, fra le altre, Cass. 18 marzo 1981, n. 1595, Foro it., Rep. 1983, voce Arbitrato, n. 94, e 13 luglio 1994, n. 6579, id., Rep. 1994, voce cit., n. 119. E, in effetti, le due pronunzie, muo vendo dalle previsioni dell'originario art. 816 c.p.c. (sul testo della nor ma modificata dall'art. 8 1. 5 gennaio 1994 n. 25, cons., fra gli altri, Fazzalari, in Briguglio-Fazzalari-Marengo, La nuova disciplina del

l'arbitrato, Giuffré, Milano, 1994, 101 ss.; Ricci, in Tarzla-Luzzatto

Ricci, Legge 5 gennaio 1994 n. 25, Cedam, Padova, 1995, 84 ss.; La

China, L'arbitrato, il sistema e l'esperienza, Giuffré, Milano, 1995, 69-75), hanno formulato enunciazioni in linea con l'orientamento segui to dalla sentenza in rassegna nella soluzione della peculiare fattispecie esaminata. In particolare, la sent. n. 1595 del 1981, ricordato che lo

scopo del 3° comma del ripetuto art. 816 è quello di dare ai contendenti la possibilità di svolgere completamente le proprie difese, ha ritenuto violata la norma anzidetta qualora gli arbitri decidano immediatamente

dopo la chiusura dell'istruttoria oppure dopo un tempo cosi breve da

precludere alle parti l'illustrazione delle rispettive ragioni e la confuta zione di quelle avversarie, ma non anche, soprattutto ove gli arbitri siano stati svincolati dalla osservanza di formalità procedurali, in una situazione in cui, nonostante la mancata fissazione di un apposito ter

mine, le parti abbiano comunque avuto la possibilità di tutelare i propri interessi mediante l'esplicazione della suddetta attività difensiva. La più recente Cass. n. 6579 del 1994 ha, dal canto suo, ribadito che nel proce dimento arbitrale deve in ogni caso essere consentito alle parti il dialet

tico svolgimento delle rispettive deduzioni e controdeduzioni e la colla borazione nell'accertamento dei fatti o, in altri termini, di esporre i relativi assunti, di conoscere le prove e le risultanze del processo, di

presentare entro i termini prefissati, a norma dell'art. 816, 3° comma,

c.p.c., memorie, repliche e documenti, di conoscere in tempo utile le

richieste delle controparti. Tale principio è, pertanto, secondo la ripetu ta sent. n. 6579 del 1994, violato con conseguente nullità del lodo (art. 829 c.p.c.) nel caso in cui, concessa ad una parte la facoltà di deposita re memorie e documenti anche dopo la chiusura dell'istruttoria, non

sia data comunicazione all'altra parte del deposito né assegnato termine

per eventuali osservazioni. Resta solo da aggiungere, con riferimento ad ulteriori possibili impli

cazioni del principio enunciato dal ridetto art. 816, 3° comma, c.p.c., che: a) per Cass. 22 ottobre 1970, n. 2095, Foro it., 1970, I, 2683, con nota di richiami (seguita dalla successiva Cass. 23 novembre 1973, n. 3171, id., Rep. 1973, voce cit., n. 38) il principio del contraddittorio non può dirsi violato allorché le parti, cui gli arbitri, dispensati dall'ob

bligo di rispettare le formalità procedurali, abbiano omesso di assegna re termine per l'espletamento dell'attività defensionale, siano state pre senti all'ispezione dei luoghi disposta dal collegio arbitrale, il quale, dopo lo scambio di memorie e la discussione della causa, si sia riservato di decidere; b) secondo Cass. 10 aprile 1973, n. 1024, ibid., n. 37, non

si delinea violazione dei canoni fondamentali preordinati a garantire la funzionalità del processo e il rispetto del diritto di difesa delle parti, ove se ne respingano motivatamente le istanze istruttorie; c) per Cass.

29 gennaio 1992, n. 923, id., 1992, I, 1385, con osservazioni di C.M.

Barone, nell'arbitrato rituale, secondo equità e senza obbligo di osser vanza delle formalità procedurali, non sussiste violazione del principio del contraddittorio con riferimento alla nomina di c.t.u., allorché gli

arbitri, dopo il deposito della relazione peritale, concedano alle parti termine per predisporre, in relazione alle risultanze della stessa, note

e deduzioni.

Qualche considerazione s'impone, da ultimo, a proposito dell'affer

mazione della corte secondo cui «si è verificata, in danno di una sola

parte, la violazione del principio per il quale quando è previsto un ter

mine a pena di decadenza la parte ha il diritto di poterlo utilizzare

nella sua interezza».

L'enunciazione, che resta, peraltro, al di fuori della ratio decidendi

della pronuncia risultante dalla massima, mal si concilia, invero, tanto

con la prospettazione difensiva del comune, secondo cui gli arbitri non

avrebbero dichiarato espressamente perentorio il termine in discussione, quanto con il rilievo, svolto dalla medesima corte in altra parte della

This content downloaded from 195.34.79.20 on Tue, 24 Jun 2014 21:12:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl. diff.); Comune di Termini Imerese (Avv. Cerquetti) c. Soc Edilscavi (Avv. Mazzei).

PARTE PRIMA

Svolgimento del processo. — All'esito di licitazione privata

del 14 maggio 1981 la Edil Scavi s.p.a., si è aggiudicata l'appal

to per la costruzione della rete idrica e fognante del centro abi

tato del comune di Termini Imerese per un importo di lire

1.699.000.000. Essendo stata rigettata una riserva, tempestiva

mente iscritta negli atti della contabilità e confermata nel conto

finale, relativa al trasporto di materiale di risulta alla pubblica

discarica per un importo di lire 180.046.773, l'impresa appalta

trice ha proposto davanti al collegio arbitrale previsto dal con

tratto domanda diretta ad ottenere: 1) la condanna al pagamen

to della somma spettante per i lavori oggetto della riserva; 2)

la determinazione della variazione media revisionale maturata

durante il corso dei lavori; 3) la determinazione della rivaluta

zione monetaria; 4) la determinazione della somma spettante

per interessi; 5) la condanna alle spese del giudizio arbitrale.

All'udienza di discussione del 1° dicembre 1987, in assenza

del difensore del comune che aveva comunicato telegraficamen

te di non poter essere presente a causa di uno sciopero degli addetti ai servizi aereoportuali, l'impresa ha depositato una me

moria e documenti, ma la discussione è stata rinviata al 16 di

cembre successivo, con termine fino al 11 dicembre 1987 per

depositare memorie e integrare la documentazione. Essendo la

memoria e i documenti del comune pervenuti dopo la scadenza

del detto termine, sono stati stralciati.

Con lodo del 15 gennaio 1986, in parziale accoglimento delle

domande dell'impresa, il comune è stato condannato al paga

mento di lire 286.613.000 a titolo di compenso per i lavori og

getto della riserva e per importo revisionale, oltre agli interessi

e le spese di giudizio. Avverso la decisione arbitrale il comune ha proposto impu

gnazione davanti alla Corte d'appello di Roma, che, con sen

tenza del 15 gennaio 1991 l'ha dichiarata inammissibile.

La corte romana ha innanzi tutto ritenuto legittima l'ordi

nanza arbitrale con la quale il comune era stato dichiarato de

caduto dal diritto di integrare la documentazione e depositare

memorie. Infatti, secondo la corte, la precedente ordinanza di

proroga dei termini aveva attribuito le stesse facoltà ad entram

be le parti e un'eventuale proroga del termine fissato all'11 di

cembre, a prescindere dalla negativa incidenza sull'ordinato svol

gimento del procedimento, avrebbe dovuto essere chiesta prima

della scadenza. Inoltre, l'art. 134, 5° comma, disp. att. c.p.c.,

che dispone che il deposito del ricorso e controricorso per cas

sazione si ha per avvenuto alla data di spedizione per posta

è norma speciale non applicabile a di fuori dell'ipotesi in essa

prevista. Comunque, il comune per predisporre la sua difesa

aveva avuto un congruo termine di quattro giorni dalla data

di ricezione dell'ordinanza che aveva disposto la suddetta

proroga. Ritenuta poi insindacabile la mancata ammissione di mezzi

istruttori (informazioni della pubblica amministrazione e testi

monianza) richiesti per provare circostanze ritenute irrilevanti,

la corte ha affermato che il collegio arbitrale aveva dato ade

guata motivazione del proprio convincimento sia in ordine al

l'esistenza, al momento della formulazione dell'offerta, di una

discarica comunale nei pressi dei luoghi di esecuzione delle ope re appaltate sia della non prevedibilità della chiusura della di

scarica stessa, che aveva comportato i maggiori oneri sopportati

per trasportare i materiali di risulta in località più lontana. Con

motivazione, per cui «resta superata la questione se il termine concesso

dagli arbitri fosse perentorio o ordinatorio». La stessa enunciazione, inoltre, in mancanza di qualsiasi accertamento della sussistenza di una

dichiarazione arbitrale di perentorietà del ridetto termine, finisce per

rivelarsi, anche, scarsamente attendibile. La possibilità per gli arbitri

rituali di assegnare alle parti termini perentori per il compimento di

determinati atti è stata recentemente riconosciuta in dottrina (La Chi

na, op. cit., 74), ma non in modo assoluto. Secondo l'a. citato, infatti,

«gli arbitri avranno il potere di fissare termini perentori, ovvero a pena di decadenza (che è poi la stessa cosa) se le parti nulla dicono, ai sensi

dell'art. 816 c.p.c., su o contro» l'anzidetto potere. Gli arbitri, però, ad avviso del medesimo a., «dovranno, ogni volta che intendano eserci

tarlo, espressamente enunziare che il termine che essi vanno a fissare

deve essere rispettato a pena di decadenza, e ciò sia per esigenza di

lealtà verso le parti, sia per il principio generale del diritto sanzionato

rio che la sanzionabilità di un qualunque comportamento deve essere resa nota prima che esso venga posto in essere». [C.M. Barone]

Il Foro Italiano — 1996.

trariamente a quanto sostenuto dal comune, l'art. 33 del capi

tolato speciale d'appalto non prevedeva l'obbligo dell'impresa

di trasportare i materiali inutili in qualunque località ritenuta

adatta dalla direzione dei lavori, ma quello di trasportarli in

località oggettivamente adatta, in modo da evitare danni alle

trincee o ai terreni circostanti e impedire che si creassero rista

gni di acque (7° comma dell'art. 33). Né il trasporto dei mate

riali in località diversa e più lontana da quella prevista costitui

rebbe un semplice maggior onere o una difficoltà di esecuzione,

secondo la previsione dell'art. 1664 c.c., rappresentando invece

un lavoro nuovo per il quale il contratto non prevedeva il prezzo.

Nell'accogliere la domanda dell'impresa per il pagamento di

lire 286.613.000, conclude la corte d'appello, gli arbitri non avreb

bero pronunciato ultra petita, rispetto alla richiesta di maggiori

compensi per lire 159.230.052, in quanto nella maggior somma

erano compresi sia il compenso base che l'attualizzazione alla

data della pronuncia. Corretta, infine, era la determinazione

della distanza percorsa per il trasporto dei materiali alla discari

ca, in quanto il comune non aveva mai contestato le afferma

zioni in proposito formulate dall'impresa né v'era contraddizio

ne con i dati desumibili da una cartina geografica che indicava

distanze tra centri abitati e non tra il luogo di esecuzione dei

lavori e quello della discarica.

Avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma il comune

di Termini Imerese ha proposto ricorso per cassazione sulla ba

se di cinque motivi. Resiste l'impresa con controricorso. Il ri

corrente ha anche presentato memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo mezzo il comune

deduce violazione e falsa applicazione degli art. 816, 3° com

ma, 152, 153, 101 c.p.c., del principio del contraddittorio e del

la par condicio processuale, in relazione agli art. 829, 1 ° com

ma, n. 7, e ultimo comma, 360, nn. 3 e 5, stesso codice.

Il ricorrente sostiene che gli arbitri avrebbero violato i princi

pi della par condicio e della garanzia del diritto di difesa am

mettendo l'impresa appaltatrice a compiere attività istruttoria

all'udienza del 1° dicembre 1987, fissata per la discussione, e

assegnando invece al comune, per lo svolgimento di analoga

attività istruttoria, un termine incongruo, se non impossibile,

in conseguenza della scelta di un mezzo di comunicazione (nor

male servizio postale) del provvedimento di assegnazione che

aveva consumato gran parte del termine suddetto. Un ulteriore

profilo di contraddittorietà e ingiustificata disparità di tratta

mento consisterebbe nella circostanza che, mentre era stato au

torizzato lo svolgimento di attività istruttoria da parte dell'im

presa in un'udienza dedicata alla «discussione», il comune non

era stato ammesso a compiere analoga attività in un'udienza

fissata espressamente per la «trattazione».

D'altra parte, afferma il comune, il termine assegnato non

era perentorio, perché la legge non prevede che gli arbitri pos

sano assegnare termini di tale natura né gli arbitri stessi aveva

no espressamente dichiarato di voler assegnare un termine pe

rentorio, anzi nel lodo avevano dichiarato la decadenza sulla

base dell'argomento che non era stata richiesta la proroga del

termine prima della scadenza, il che contrasta con la perentorie tà del termine. Inoltre, poiché entro il termine assegnato il co

mune aveva inviato a mezzo del servizio postale i documenti

e una memoria, aveva cioè compiuto un'attività ulteriore rispet

to alla semplice richiesta di proroga, gli arbiri avrebbero dovu

to ritenere implicitamente richiesta anche la proroga stessa.

La pronuncia di decadenza, conclude il ricorrente, violerebbe

due principi generali: a) quello secondo cui nel caso in cui in

un procedimento sia ammessa la spedizione a mezzo del servi

zio postale di atti e documenti, per il rispetto dei termini pro cessuali, in mancanza di regole contrarie, vale la data della con

segna del plico alla posta e non quello della ricezione (cosi,

tra l'altro, l'art. 134 disp. att. c.p.c., avente ad oggetto la spe dizione del ricorso per cassazione); b) il principio per cui «ove

un termine sia prescritto per il compimento di un'attività, la

cui omissione si risolva in pregiudizio per la situazione tutelata,

deve essere assicurata all'interessato la conoscibilità del momento

di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare

nella sua interezza il termine assegnatogli» (Cort cost. n. 14

del 1977, Foro it., 1977, I, 259). (Omissis) 2. - Il primo mezzo di ricorso è fondato. Quando le parti

compromittenti non hanno fissato anteriormente all'inizio del

giudizio arbitrale le regole procedimentali, il 2° comma dell'art.

816 c.p.c. (nella formulazione anteriore alla 1. n. 25 del 1994)

This content downloaded from 195.34.79.20 on Tue, 24 Jun 2014 21:12:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sezione I civile; sentenza 22 gennaio 1996, n. 464; Pres. Sensale, Est. Salmé, P.M. Nardi (concl. diff.); Comune di Termini Imerese (Avv. Cerquetti) c. Soc Edilscavi (Avv. Mazzei).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

attribuisce agli arbitri il potere di regolare lo svolgimento del

giudizio nel modo ritenuto più opportuno, purché sia rispettato il principio del contraddittorio (a pena di nullità del lodo, come

ora espressamente conferma l'art. 829, n. 9, introdotto con la

citata 1. 25/94). Violazione di tale principio si ha non solo quando gli arbitri decidano immediatamnte dopo la chiusura dell'istru

zione, senza dare alle parti la possibilità di illustrare le proprie

ragioni (cfr. Cass. 1595/81, id., Rep. 1981, voce Arbitrato, n.

94), ma anche quando, concessa a una parte la facoltà di depo sitare memorie e documenti, non sia data comunicazione all'al

tra parte dell'avvenuto deposito né sia assegnato alla stessa un

congruo termine per eventuali osservazioni (cfr. Cass. 6579/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 119). È necessario cioè che sia ga rantita non solo una adeguata attività difensiva, ma anche «pa rità delle armi» tra le parti. Nella specie, è quest'ultimo princi

pio che è stato violato, in quanto, contrariamente a quanto af

ferma la sentenza impugnata, le parti non hanno potuto esercitare

su un piano di uguaglianza le facoltà processuali concesse dagli arbitri. Inoltre, la sentenza impugnata non ha fornito adeguata motivazione del rigetto della censura del comune con la quale veniva contestata l'adeguatezza del termine concesso per il de

posito dei documenti e della memoria. Se questo, pertanto, è

il punto decisivo della controversia, resta superata la questione se il termine concesso dagli arbitri fosse perentorio o ordinato

rio, anche perché il decorso del termine ordinatorio, senza la

previa presentazione dell'istanza di proroga, ha gli stessi effetti

preclusivi della scadenza del termine perentorio (Cass. 8976/92,

id., 1993, I, 1176; 651/91, id., Rep. 1991, voce Prova civile, n. 10; 1633/85, id., 1986, I, 764). È illogico, d'altra parte, af fermare che la spedizione dei documenti e della memoria entro il termine assegnato, implicitamente conteneva (come il più con

tiene il meno) l'istanza di proroga, perché è evidente che un

atto compiuto in osservanza del termine non può avere il signi ficato di una richiesta di differimento della scadenza del termi

ne stesso.

Del pari, non sono logicamente compatibili le censure aventi ad oggetto la violazione dei due principi generali sopra indicati,

perché se nella specie dovesse applicarsi la regola dell'equipol lenza della spedizione postale alla presentazione dell'atto, il ter

mine sarebbe stato rispettato e quindi sarebbe irrilevante la que stione della decorrenza dal momento in cui si è verificata la

conoscibilità del provvedimento che lo fissava, della utilizzabili tà dell'intero periodo assegnato, e, in definitiva, il problema della congruità del termine stesso.

In realtà, poiché non può ammettersi l'esistenza di un princi

pio generale di equipollenza della spedizione postale alla pre sentazione dell'atto, applicabile al di là delle singole fattispecie in cui la regola è normativamente stabilita (Cass. 12161/93, id.,

Rep. 1993, voce Professioni intellettuali, n. 128; 5951/93, ibid., n. 123) l'esame deve restringersi all'altra censura, che, come

già affermato, è fondata.

Gli arbitri, infatti, all'udienza del 1° dicembre 1987, in assen za del comune, hanno autorizzato entrambe le parti a deposita re documenti e memorie entro I'll dicembre successivo, fissan

do per la discussione l'udienza del 16 dicembre; il provvedimen to è stato comunicato alla parte assente (per giustificato motivo) a mezzo del servizio postale (spedito il 3 dicembre e pervenuto a destinazione il 7 successivo) e il comune ha spedito documenti

e memoria il 10 dicembre, ma il plico è pervenuto nella segrete ria degli arbitri il 16 successivo. La fissazione di un unico termi

ne per entrambe le parti, come esattamente rileva la Corte d'ap

pello di Roma, risponde certamente a una esigenza di ordinato

svolgimento del procedimento, ma la decorrenza per la parte assente dalla data di effettiva conoscibilità del provvedimento ha comportato che la parte stessa non ha potuto utilizzare circa

due terzi di detto termine e, soprattutto, che il termine a dispo sizione per preparare i documenti e la memoria scritta e per

farli pervenire alla segreteria degli arbitri si è ridotto a quattro giorni.

Non solo, quindi, si è verificata, in danno di una sola parte,

la violazione del principio, costantemente affermato dalla giuris

prudenza della Corte costituzionale, secondo il quale, quando è previsto un termine a pena di decadenza, la parte ha il diritto

di poterlo utilizzare nella sua interezza (Cass. 9561/94, id., Rep. 1994, voce Termini procesuali civili, n. 6; Corte cost. 201/93,

id., 1994, I, 3578; 881/88, id., 1989, I, 31; 156/86, id., 1986, I, 2099; 120/86, ibid., 1753; 255/74, id., 1975, I, 12) ma da

Il Foro Italiano — 1996.

tale violazione, che di per sé potrebbe anche non aver compor tato nullità del lodo ex art. 829 c.p.c. se, di fatto, fosse stato

ugualmente garantito alla parte un adeguato esercizio del diritto

di difesa, è derivata, in concreto, una restrizione del termine

assegnato tale da far fondatamente dubitare della sua congruità. Né può condividersi l'osservazione dell'impresa appaltatrice

secondo la quale la limitazione del termine a disposizione del

comune sarebbe allo stesso imputabile per aver scelto di utiliz

zare il mezzo postale per far pervenire agli arbitri i documenti

e la memoria, perché è evidente che non può al tempo stesso

ritenersi legittima l'utilizzazione dell'ordinario servizio postale da parte degli arbitri per la comunicazione del provvedimento di assegnazione del termine, anche se ciò ha comportato la con

sumazione di gran parte del termine stesso, e negare alla parte di giovarsi dello stesso mezzo per far pervenire agli arbitri gli atti e i documenti predisposti. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 gen naio 1996, n. 422; Pres. Sensale, Est. Grieco, P.M. Lo Ca

scio (conci, conf.); Min. finanze (Aw. dello Stato La Porta) c. Soc. Manifattura tessile novarese (Avv. Dante, Corren

ti). Cassa Comm. trib. centrale 17 maggio 1991, n. 3917.

Valore aggiunto (imposta sul) — Acquisto di beni e servizi rela tivi ad operazioni esenti — Detrazione dell'imposta — Con

dizioni (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 10, 19).

Non è legittima la detrazione dell'Iva pagata in rivalsa da una

società per l'acquisto di beni e servizi relativi ad immobili

dati in locazione a terzi al di fuori dell'attività propria della

impresa e, per ciò, non direttamente strumentali alla attività

propria di quel soggetto. (1)

(1) I. - Comm. trib. centrale 17 maggio 1991, n. 3917, ora cassata, è massimata in Foro it., Rep. 1991, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 187.

Ad avviso della Suprema corte del pro-rata (cioè del meccanismo pre visto dall'art. 19, 3° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 per la detra zione dell'imposta sul valore aggiunto assolta per l'acquisto di beni e

servizi in presenza di operazioni attive esenti) può farsi applicazione a condizione che l'acquisto la cui Iva si vuol portare in detrazione sia

pur sempre relativo ad operazioni che rientrino nell'attività propria del l'impresa (v. art. 19, 1° comma).

Esclude, al pari della sentenza in epigrafe, l'inerenza dell'acquisto non riconducibile all'attività propria dell'impresa, Cass. 27 febbraio 1996, n. 1521, inedita.

Sul requisito (minimo) dell'inerenza dell'acquisto all'attività di im

presa — come condizione per la detraibilità dell'Iva ai sensi dell'art.

19 d.p.r. 633/72 — v. Cass. 5 ottobre 1992, n. 10919, id., Rep. 1992, voce cit., n. 223 (che ha escluso la detrazione dell'Iva corrisposta per la costruzione e l'allestimento di un campo da tennis destinato allo sva

go dei dipendenti di un'azienda e, quindi, alla realizzazione di un bene

che non inerisce all'attività dell'azienda stessa); 19 maggio 1992, n. 5981,

ibid., n. 218 (ad avviso della quale la diretta connessione con l'attività

d'impresa dei beni o servizi acquistati deve essere verificata di volta

in volta); cfr. anche Cass. 19 marzo 1992, n. 3419, ibid., n. 219, per la quale ove il contribuente esponga in detrazione l'Iva corrisposta per

l'acquisto di un autoveicolo, incombe su di lui l'onere di dimostrare

che il mezzo è destinato ad essere utilizzato come strumentale nell'atti

vità propria dell'impresa; vastissima la giurisprudenza tributaria all'in

terno della quale non si registrò, però, in presenza di casi di specie, unicità di vedute sulla esatta individuazione della categoria dell'ineren

za (specie con riferimento ai beni di cui all'art. 19, 2° comma, d.p.r. n. 633); tra le più significative pronunce, v. Comm. trib. centrale 3

dicembre 1993, n. 3482, id., Rep. 1994, voce cit., n. 220; 24 maggio 1993, n. 1983, ibid., n. 218; 16 novembre 1991, n. 7799, id., Rep. 1992,

This content downloaded from 195.34.79.20 on Tue, 24 Jun 2014 21:12:27 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended