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Sezione I civile; sentenza 22 maggio 1963, n. 1347; Pres. Fibbi P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 22 maggio 1963, n. 1347; Pres. Fibbi P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Gentile (concl. conf.); Mottadelli (Avv. Ulgheri) c. Soc. La Cazzuola (Avv. Carboni) Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1669/1670-1671/1672 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23153346 . Accessed: 28/06/2014 18:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.98 on Sat, 28 Jun 2014 18:27:13 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione I civile; sentenza 22 maggio 1963, n. 1347; Pres. Fibbi P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Gentile (concl. conf.); Mottadelli (Avv. Ulgheri) c. Soc. La Cazzuola (Avv. Carboni)

Sezione I civile; sentenza 22 maggio 1963, n. 1347; Pres. Fibbi P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M.Gentile (concl. conf.); Mottadelli (Avv. Ulgheri) c. Soc. La Cazzuola (Avv. Carboni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 8 (1963), pp. 1669/1670-1671/1672Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153346 .

Accessed: 28/06/2014 18:27

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1669 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1670

del preliminare. Quando, infatti, non risulta, dal pactum de ineunda societate, quale sia la sooietä che le parti sono

tenute a costituire per adempiere il contratto, rimane nel

vago proprio l'oggetto del preliminare, oioe il tipo dell'ente

da ereare, a prescindere dalla forma (solenne o non solenne) attraverso la quale csso puõ venire a giuridica esistenza.

Esattamente, dunque, la Corte di merito ritenne che

i due preliminari in questione, con cui fu genericamente stabilita la costituzione di imprecisate society di tipo

ignoto, per rimbombolamento e la distribuzione di gas

per auto, non avessero un oggetto determinate o determi

nabile, e fossero perciõ affetti da nullita assoluta, giusta le ricliiamate disposizioni.

Tuttavia si replica, nel primo mezzo, che, ad onta

della nullita dei preliminari, sia yalido l'impegno, che, secondo la deduzione probatoria del Meini, il Maggioni avrebbe assunto, verso di lui, di risarcirgli i danni deriva

tigli dalla mancata costituzione della societä ; si lamenta

perciõ che la Corte di merito non abbia rilevato, incorrendo

in difetto di motivazione, clie, quanto meno, su tale im

pegno del Maggioni, da lui non adempiuto, trovava fon

damento l'azione di risarcimento di danni, per inadempi mento contrattuale, esperita dal Meini. Senonche avverti

rono, a talriguardo, i Griudici di appello, non incorrendo per ciõ nel lamentato vizio di attivitä, che il preteso impegno del Maggioni sarebbe stato da lui assunto sul presupposto che fosse valido il contratto, in cui si era obbligato a co

stituire col Meini la societä, che avrebbe dovuto operare in Piemonte, e che conseguentemente dovesse risarcire

quest'ultimo dei danni derivati dal suo madempimento

contrattuale, consistito nella mancata costituzione della

societä. medesima. Ma, data la rilevata nullita del patto

preliminare, su cui si fondava la dedotta promessa risar

citoria del Maggioni, gli stessi Griudici d'appello aggiun

sero, correttamente motivando la loro decisione sul punto, che tale promessa, ancorche rispondente a veritä, sarebbe

stata nulla per mancanza di causa.

II primo mezzo non si palesa perciõ dotato di pregio.

(Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 22 maggio 1963, n. 1347 ; Pres.

Fibbi P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Gentile

(concl. conf.); Mottadelli (Aw, Ulgheri) c. Soo. La

Cazzuola (Aw. Carboni).

(Oassa App. Milano 20 dicembre 1960)

Fallimento — Artigiaiio — Assoggettabilita — Li

miti (R. d. 16 marzo 1942 n. 267, disoiplina del falli

mento, art. 1 ; cod. civ., art. 2083). Fallimento — Imprenditore — Deter minazione del

carico di r. m. — Momento temporale (R. d. 16

marzo 1942 n. 267, art. 1).

Spese giudiziali -—- Cauzione — Pronuncia di inco

stituzionalita dell'art. 98 cod. proc. civ. — El

letti sui giudizi iii eorso (Costituzione della Re

pubblica, art. 136 ; legge 11 marzo 1953 n. 87, norme

sulla costituzione e sul funzionamento della Corte co

stituzionale, art. 30; cod. proc. civ., art. 98).

Anche Vartigiano & soggetto alia dicliiarazione di fallimento,

se il reddito accertato ai fini delVimposta di r. m. superi

il minimo imponibile. (1)

(1) Vedi in senso conforme Cass. 22 gennaio 1959, n. 142,

Foro it., 1959, I, 224, con nota di richiami, eui adde Cass. 14

marzo 1962, n. 519 (id., 1962, I, 645, con nota di richiami),

per la quale l'artigiano puA essere dichiarato fallito, non solo

se concorrano i requisiti dell'art. 1, 2° comma, della legge falli

mentare ma anche se esplica attivitä. commerciale : accertamento

i'accertamento tributario, alla stregua del quale viene con

statata la qualitä di piccolo imprenditore, deve riferirsi al tempo della dichiarazione di fallimento. (2)

A seguito della dicliiarazione di incostituzionalitä delVart.

98 cod. proc. civ., deve disporsi lo svincolo della cauzione

a favore di chi I'aveva prestata, ancorche sia riuscito

soccombente nel giudizio ancora pendente. (3)

La Corte, ecc. — Col primo motivo del suo ricorso, il Mottadelli ripropone la tesi, secondo la quale l'artigiano, essendo piccolo imprenditore ai sensi dell'art. 2083 cod.

civ., non sarebbe mai soggetto a fallimento. Secondo tale

tesi, l'art. 1 della legge fallimentare, ehe definisce i piccoli

imprenditori con riferimento al reddito accertato ai fini

dell'imposta di r. m. (o, in difetto di accertamento, con

riferimento al capitale investito nell'azienda), andrebbe

coordinate con l'art. 2083, nel senso che, esclusa in ogni caso la possibility del fallimento per l'artigiano, i criteri

quantitativi di cui all'art. 1 si applicherebbero solo ai

commercianti in senso stretto.

La tesi medesima non era stata esposta a suo tempo in

nanzi ai Griudici di merito, ma, poiche si tratta di questione di puro diritto (interpretazione degli art. 1 legge fall, e 2083

cod. civ.), questa Corte suprema puõ prenderla in esamie,

quantunque essa non fosse stata formulata nei motivi del

l'appello proposto dal Mottadelli contro la sentenza del Tri

bunale. Essa perõ non e esatta. Questa Corte suprema, sia in sede penale (sentenza 9 gennaio 1950, n. 29, Foro it.,

1950, II, 109) sia in sede civile (sentenza 22 gennaio 1959, n. 142, id., 1959, I, 224) ha ritenuto che anche l'artigiano

põssa essere soggetto alia dichiarazione di fallimento,

sempre che il reddito accertato ai fini dell'imposta di r. m.

superi il minimo imponibile ; ne il ricorrente prospetta

oggi tali argomenti, che possano indurre a modificare l'orien

tamento giurisprudenziale ora ricordato. L'art. 1 della

legge fallimentare ha infatti carattere di norma integrativa dell'art. 2083 cod. civ. essendo diretta a meglio deter

minare, ai fini dell'assoggettabilita alia procedura con

corsuale, la categoria dei « piccoli imprenditori» ed a tale

scopo ha adottato un criterio quantitative, fissando le

condizioni necessarie perche tale qualifica sussista. Ma la

norma di cui al capo verso del detto art. 1 si riferisce indub

biamente a tutti «gli imprenditori che esercitano una

attivita commerciale » (art. 2082 e 2195 cod. civ.) e per ciö anche a coloro che esercitano una impresa a carattere

artigiano, i quali non sono, si ripete, per ciõ solo esclusi

dall'applicazione delle norme sul fallimento, ma soltanto

se l'impresa di cui sono titolari abbia i caratteri voluti

dall'art. 1, 2° comma. II primo motivo del ricorso deve

essere perciõ respinto.

£, invece, fondato il secondo motivo del ricorso, con

il quale si censura 1'interpretazione che la Corte di me

rito ha dato della norma, secondo la quale sono piccoli

imprenditori coloro i quali sono stati riconosciuti, in sede

d'accertamento ai fini dell'imposta di r. m., titolari di un

reddito che non superi il minimo esente da imposta.

che l'App. Bologna 16 febbraio 1960 (id., 1960, I, 827, con nota

di richiami), per tal motivo cassato, non aveva compiuto. (2) Vedi in conformity Cass. 12 luglio 1957, n. 2845, Foro

it., 1957, I, 1778. La sufficienza, ai fini della valutazione della

quality di piccolo imprenditore, di un accertamento la cui defi

nitivitä sia intervenuta in tempo successivo alia sentenza dichia

rativa di fallimento, 6 stata affermata da Cass. 20 febbraio

1963, n. 418 e 5 gennaio 1963, n. 12, retro, 922, con nota di richiami, dalla prima implicitamente, dalla seconda expressis verbis.

(3) La sentenza 29 novembre 1960, n. 67 della Corte costi

tuzionale, che ha dichiarato 1'incostituzionalita dell'art. 98 cod.

proc. civ., k pubblicata in Foro it., 1960, I, 1873.

Sugli effetti della dichiarazione d'incostituzionalita del

l'art. 98 su sentenza di secondo grado, che aveva dichiarato

estinto il processo per mancata prestazione della cauzione, Cass. 7 luglio 1962, n. 1749, retro, 111, con nota di richiami ;

successivamente, a proposito della dichiarazione d'incostitu

zionalitä delle norme disciplinatrici della composizione delle

sezioni specializzate agrarie, Cass. 22 giugno 1963, n. 1707,

retro, 1352, con nota di richiami.

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1671 PARTE PRIMA 1672

La Corte, correggendo un evident© errore nel quale era incorso il Tribunale (olie aveva ritenuto ehe le due

ipotesi previste dall'art. 1 legge fall, abbiano la stessa

importanza, si da affermare che ö sufficiente ebe un im

prenditore abbia investito nell'azienda un capitale supe riore a lire 900 mila perche non põssa essere considerato

«piccolo imprenditore», ancbe se titolare di un reddito inferiore ai minimo imponibile), riconobbe ebe la legge prevede i due casi in via subordinata : l'accertamento del reddito di r. m. e l'elemento decisivo per l'identifi cazione dei piccoli imprenditori, e solo quando l'accerta mento stesso sia maneato, viene in considerazione il cri terio sussidiario deH'ammontare del capitale impiegato : e precisõ inoltre cbe l'accertamento con esito negativo, per inesistenza di elementi tassabili, 6 sempre accertamento di reddito che non supera il minimo esente da imposta. La Corte stessa, perõ, dopo avere affermato questi prin cipi, esatti, interpreto inesattamente la portata del me desimo art. 1, allorche ritenne che e sufficiente ehe un'im

presa, in un momento qualsiasi della sua vita, abbia acqui stato una consistenza tale da farle superare il limite mi nimo di reddito imponibile, perche non põssa essere con siderata «piccola impresa », ai fini del fallimento, ancbe se poi sia stata « ridimensionata ». Applicando tali concetti, ritenne che il Mottadelli, diehiarato fallito nel 1959, non

potesse ritenersi piccolo imprenditore, perche il suo red dito accertato per il 1955-56 era stato superiore al mi nimo imponibile, e cio malgrado che per gli anni suc

cessive e precisamente dal 1° gennaio 1957 lo stesso red dito (come da certificato del competente ufficio delle

imposte dirette) fosse stato accertato inferiore al minimo esente da imposta di r. m.

Tale interpretazione della legge non puõ essere accettata. Come questa Corte suprema ha altra volta ritenuto (sen tenza 12 luglio 1957, n. 2845, Foro it., 1957, I, 1778), quan tunque l'art. 1 non precisi a quale periodo debba riferirsi l'aecertamento tributario, dai principi generali in materia e lecito dedurre che, per l'esistenza o meno della quality di piccolo imprenditore, come del resto per le altre condi zioni necessarie per la dichiarazione di fallimento, occorre fare riferimento al momento in cui il fallimento 6 diehiarato, e non ad un momento precedente. Le disposizioni degli art. 10 e 11, che eonsentono la dichiarazione di fallimento

dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa, o dell'imprenditore defunto (ma, comunque, non oltre un anno dopo la data della cessazione o dalla morte) costitui scono un'eccezione a detto principio, ma, appunto per questo, e stato necessario consacrare l'eccezione in una

espressa disposizione, costituente deroga alia norma ge nerale. Come, di conseguenza, si dev'essere «imprenditore ehe esercita un'attivita commerciale » all'epoca della di chiarazione di fallimento (o tutt'al piü fino ad un anno

prima), l'esclusione dalla procedura concorsuale e stabilita

per ehi e «piccolo imprenditore», al momento in cui il fallimento dovrebbe essere diehiarato, anche se, negli anni

precedenti, la sua impresa avesse avuto uno sviluppo maggiore, e tale da non consentire il riconoscimento di detta quality.

£ pur vero che il fatto dell'accertamento d'un reddito inferiore al minimo imponibile negli anni precedenti im mediatamente il fallimento, potrebbe eventualmente essere determinato non da un «ridimensionamento» dell'im

presa, ma proprio dallo stato di disagio economico in cui

l'impresa prossima al dissesto si era venuta a trovare ; ed in tal caso, certamente, non si potrebbe piu parlare di « piccola impresa », se la impresa stessa, tassata ai fini della r. m. negli anni anteriori, non abbia mutato i suoi caratteri quantitativi negli ultimi anni di sua attivita, ma abbia soltanto contratto i suoi affari in relazione al dissesto. Ma, accertare se si sia nella specie verifieata una tale ipotesi, b accertamento che presuppone un'inda

gine di fatto, che la Corte di merito omise di compiere ; avendo essa affermato (il che, si ripete, & indubbiamente

inesatto) che 6 sufficiente che in un momento qualsiasi della sua attivitä, l'imprenditore sia stato accertato tito lare di un reddito superiore al minimo imponibile, percM

põssa essere dicliiarato fallito, anche so successivamente

egli abbia spontaneamente ridotto 1'attivitä stessa, e abbia in effetti ridimensionato la sua azienda, si da essere titolare di un reddito non tassabile ai fini delPimposta di r. m. Su questo punto la sentenza deve essere annullata, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, eol rinvio della causa ad altro giudice ebe dovrä provvedere all'in

dagine ora rieordata, e all'esito di essa, applieare la di

sposizione dell'art. 1 legge fail. secondo i prineipi di di ritto ora formulati.

Ancbe il terzo motivo di ricorso 6 fondato. AU'opponente fu imposta dal giudice una cauzione per le spese, ex art. 98 eod. proc. civ., ed il Tribunale, respingendo 1'opposi zione, aveva disposto ehe la cauzione medesima fosse svin colata a favore del creditore istante e del curatore del

fallimento, a cui favore era stata pronuneiata la condanna del fallito neile spese. Prima del deposito della sentenza di appello perõ (20 dicembre 1960) era intervenuta la deci sione della Corte costituzionale (29 novembre 1960, n. 67, Foro it., 1960, I, 1873), con la quale fu dichiarata 1'illegit timitä costituzionale dell'art. 98 del codice di rito civile. Poiche la norma dichiarata incostituzionale non puõ avere

applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte (art. 30, 3° comma, legge 11 marzo 1953 n. 87), 1'art. 98 non 6 piu applicabile a tutte le con troversie pendenti, e per le quali non sia intervenuta una

pronunzia avente efficacia di giudicato (cfr. la sentenza di questa Corte suprema 22 luglio 1960, n. 2077, id., Rep. 1960, voce Oorte eost., nn. 66-68) ; onde ö chiaro ehe la eautio pro expensis depositata ai sensi dell'art. 98 ha per duto il suo titolo, e avrebbe dovuto essere svincolata a favore dell'opponente Mottadelli.

In tal senso dev'essere accolto il terzo motivo del ricorso.

Per questi motivi, ecc.

CARTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 22 maggio 1963, n. 1346 ; Pres. Torrente P., Est. Malfitano, P. M. Trotta (conel. conf.) ; Ente comunale di assistenza di Koma (Aw. Bianco, Santoro Passarelli) e. Grenesio (Aw. Pensa) e Istituti riuniti di assistenza (Aw. Lanzara).

(Oassa App. Roma 12 giugno 1959 e 25 novembre 1960)

Vitalizio — Rendita vitalizia costituita mediante traslerimento eoattivo di immobili — Rivalu tazione — Inammissibilitä (Legge 24 febbraio 1953 n. 90, norme per la rivalutazione delle rendite vitalizie in danaro, art. 1, 2).

La rivalutazione delle rendite vitalizie in danaro eostituite mediante trasferimento di immobili, prevista dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1953 n. 90, deve essere esclusa anche nei casi in cui gli immobili che ne formano oggetto siano usciti, prima del 1° gennaio 1946, dal patrimonio dell'obbligato ad effettuare la prestazione per effetto di trasferimento eoattivo. (1)

(1) Non risultano precedenti sulla questione. Ampio & stato invece il oontributo della giurisprudenza in ordine alle numerose altre questioni cui ha dato luogo l'applicazione della legge 2i febbraio 1953 n. 90, la quale ha disposto la rivalutazione con una maggiorazione pari a sedici volte la somma dovuta delle rendite vitalizie in danaro eostituite sino al 31 dicembre 1945 mediante trasferimento di immobili con atto tra vivi o a causa di morte.

La giurisprudenza ha in un primo tempo escluso la rivalu tazione delle rendite vitalizie disposte in commutazione del l'usufrutto su beni immobili spettante al coniuge superstite, non derivando tali rendite da contratto o da testamento ai sensi dell'art. 1872 cod. civ. (Cass. 23 luglio 1955, n. 2390, Foro it., 1956, I, 361 [Riv. trim. dir. e proc. civ., 1956, 71, con nota adesiva di Scarpello] ; App. Firenze 26 luglio 1954, Foro it.,

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