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Sezione I civile; sentenza 22 marzo 1983, n. 2012; Pres. Brancaccio, Est. R. Sgroi, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 22 marzo 1983, n. 2012; Pres. Brancaccio, Est. R. Sgroi, P. M. Pandolfelli (concl. diff.); Soc. Baia di Ponente (Avv. Mariotti Bianchi) c. Massimi; Massimi (Avv. Merla, Martuccelli) c. Soc. Baia di Ponente. Conferma App. Roma 30 settembre 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 2171/2172-2173/2174 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177001 . Accessed: 25/06/2014 01:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 01:14:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 22 marzo 1983, n. 2012; Pres. Brancaccio, Est. R. Sgroi, P. M.Pandolfelli (concl. diff.); Soc. Baia di Ponente (Avv. Mariotti Bianchi) c. Massimi; Massimi (Avv.Merla, Martuccelli) c. Soc. Baia di Ponente. Conferma App. Roma 30 settembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 2171/2172-2173/2174Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177001 .

Accessed: 25/06/2014 01:14

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2171 PARTE PRIMA 2172

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione i civile; sentenza 22 marzo

1983, n. 2012; Pres. Brancaccio, Est. R. Sgroi, P. M. Pandol

felli (conci, diff.); Soc. Baia di Ponente (Avv. Mariotti Bian

chi) c. Massimi; Massimi (Avv. Merla, Martuccelli) c. Soc.

Baia di Ponente. Conferma App. Roma 30 settembre 1980.

della società oltre che per il carattere di relativa cogenza dell'art.

2393 c.c. Data poi la riserva del potere dell'assemblea e la

conseguente insuperabile distinzione fra potere deliberativo e

potere rappresentativo della società da parte del nuovo ammini

stratore, l'atto compiuto da questo non può inquadrarsi nella

situazione dell'art. 1398 c.c.

Tali principi devono essere riconfermati, non essendo fondate le

critiche mosse dalla ricorrente per sostenere, volta a volta,

l'inquadrabilità della transazione sull'azione di responsabilità con

tro gli amministratori non approvata dall'assemblea nell'ambito del

negozio compiuto dal falsus procurator (e perciò in itinere, perché considerato come una fattispecie complessa a formazione successi

va la quale si perfeziona con la ratifica del dominus) ovvero del

negozio annullabile per difetto di capacità. In entrambi i casi la

ricorrente sottolinea che la legittimazione a dedurre l'inefficacia o

l'annullabilità apparterrebbe soltanto alla società e non all'altro

contraente e poiché nella specie la società non ha mai dedotto i

suddetti vizi, la pronuncia che si è basata sulla richiesta dell'altra

parte (che non era neppure l'ex amministratore) e sui poteri d'ufficio del giudice ex art. 1421 c.c. sarebbe inesatta.

Il collegio osserva, in contrario, che è vero che in linea di

principio la disciplina dell'art. 1399 può riguardare anche gli atti

compiuti dagli amministratori privi di poteri o eccedendo i limiti

dei poteri loro conferiti (cfr. Cass. 23 maggio 1977, n. 2136). La

norma, però, non può applicarsi ai casi di violazione dei limiti di

legge (art. 2384, 1° comma) della c.d. « rappresentanza organica »

che si distingue da quella intersoggettiva (cfr. Cass. 20 aprile 1982, n. 2449, id., 1982, I, 2439). In particolare, la norma dell'art.

1399 non può applicarsi ad un negozio compiuto in violazione

dell'art. 2393 che deve considerarsi affetto da nullità; e l'art. 1399

invece, nel disciplinare la ratifica come atto produttivo dell'effetto

di acquisire alla sfera giuridica del ratificante il risultato dell'atti

vità svolta dal falsus procurator, presuppone che quest'ultima attività non sia affetta da una causa di nullità che non ne

permette il recupero (arg. ex art. 1423 c.c., che non ammette la

convalida del negozio nullo: cfr. già Cass. 17 aprile 1951, n. 947,

id., Rep. 1951, voce Obbligazioni e contratti, n. 461; 14 luglio

1965, n. 1494, id., Rep. 1965, voce cit., n. 383).

La dimostrazione dell'assunto (già contenuto in Cass. 11 agosto 1972, n. 2681, id., 1973, I, 746, dove è utilizzato però come argo mento rafforzativo della tesi della nullità) può essere condotta sulla

scorta del rilievo che l'art. 2393 considera in primo luogo una ipo tesi tipica, e cioè quella dell'azione di responsabilità promossa con

tro gli amministratori ancora in carica (che sono revocati dall'uffi

cio purché la deliberazione sia presa col voto favorevole di almeno

un quinto del capitale sociale e sono sostituiti dalla stessa assem

blea). Da tale ipotesi tipica possono trarsi i connotati essenziali del

l'istituto che non possono non applicarsi ad altre non regolate

espressamente, ma che rientrano sempre nella medesima disciplina,

quale è quella dell'azione promossa contro amministratori non più in

carica. Nel primo caso, è evidente che non vi può essere neppure in astratto la possibilità di attribuire all'amministratore un qualsia si potere deliberante in ordine alla sua stessa responsabilità, per la

contraddizione prima logica che giuridica fra l'attribuzione di un

potere e l'interesse contrastante con tale potere. Non si tratta di un conflitto di interessi ex art. 1394 (v. art. 2373, 3° comma) o di un contratto con se stesso ex art. 1395, perché queste due ipotesi

presuppongono l'esistenza del potere rappresentativo e il mero abuso nel suo esercizio. Si è invece in presenza di un'ipotesi più radicale in cui il potere rappresentativo, nel momento della

deliberazione e cioè della formazione dell'atto nel suo contenuto, non può esistere in capo all'amministratore, per la natura degli interessi in giuoco che sono gli interessi della società nel loro

conflitto con gli obblighi degli amministratori che si assumono

inadempiuti. Pertanto la legge, con la norma generale dell'art.

2364, n. 4, e con quella particolare dell'art. 2393, attribuisce

soltanto all'assemblea il potere di deliberare e quindi di rinunciare

a transigere in ordine all'azione di responsabilità.

L'assemblea potrà dare mandato ai nuovi amministratori, diversi da quelli contro i quali si dirige l'azione, di portare ad esecuzione

i suoi deliberati, ma non può delegare l'esercizio del potere

rappresentativo nel momento della formazione della volontà, come risulta anche dall'espressione « deliberazione espressa » usata dal l'ultimo comma. In sostanza, la legge fissa un sistema di compe tenze o attribuzioni di poteri che appaiono inderogabili o cogenti per la stessa assemblea, che non può portare volontarie modifica zioni alla disciplina legislativa, la quale pertanto deve qualificarsi imperativa. Tale carattere imperativo, fissato in relazione al conflitto fra la società e i suoi amministratori in carica che si assumono responsabili di violazione ai loro doveri ex art. 2392

c.c., non può evidentemente mutare per il semplice fatto che

Società — Società di capitali — Amministratori — Azione di re

sponsabilità — Transazione stipulata dai nuovi amministratori — Approvazione dell'assemblea — Mancanza — Nullità (Cod.

civ., art. 2393, 2487).

È affetta da nullità assoluta la transazione sull'azione di responsa bilità nei confronti dell'ex amministratore di società di capitali,

stipulata dal nuovo amministratore e non preceduta dalla

deliberazione assembleare. (1)

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il secondo motivo la

società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 2384 e 2393 c.c. — come richiamati per la società a r.l.

dall'art. 2487 — in relazione agli art. 1425, 1441, 1398 e 1399 c.c.,

ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., affermando che la corte d'appello ha errato, dichiarando la nullità della transazione del 5 maggio 1973 sul presupposto che la stessa contiene una rinuncia all'azione

di responsabilità contro l'ex amministratore non deliberata e non

approvata dall'assemblea.

NelPaffermare che solo l'assemblea dei soci può formare e

dichiarare la volontà dell'ente, la corte d'appello finisce col ravvisare nell'art. 2393 c.c. un'ipotesi legale di dissociazione fra

potere rappresentativo e potere deliberativo, da inquadrarsi nella

fattispecie dell'incapacità legale che determina l'annullabilità del

l'atto (art. 1425 c.c.) deducibile solo dalla parte in cui favore la

sanzione è posta (art. 1441 c.c.). L'approvazione assembleare della

rinuncia o transazione si pone rispetto all'atto negli stessi termini

e con gli stessi effetti della ratifica (art. 1399 c.c.) che non è

riconducibile alla fattispecie della nullità. Né vi è ragione di

distinguere — secondo la ricorrente — fra l'ipotesi di dissociazio

ne fra potere deliberativo e rappresentativo derivante dallo statuto

e l'ipotesi di quella derivante dalla legge, posto che simile

distinzione è in contrasto con i principi generali deducibili dal

trattamento riservato dagli art. 1425 e 1441 agli atti compiuti dal

soggetto legalmente incapace; e, poiché il negozio stipulato da

organo di persona giuridica che difetti del relativo potere non può considerarsi giuridicamente inesistente, né affetto da nullità e

neppure annullabile, bensì inefficace, dovendo la relativa disciplina essere ricondotta nell'ambito dei principi generali vigenti in tema

di rappresentanza senza potere (Cass. 23 maggio 1977, n. 2136, Foro it., Rep. 1977, voce Società, n. 207) non può ritenersi nullo il

negozio compiuto da organo di persona giuridica ex lege privo del

relativo potere. A tutto concedere, secondo la ricorrente, la sola differenza fra

ipotesi di dissociazione del potere rappresentativo da quello deliberativo di derivazione statutaria, rispetto a quella di deriva

zione normativa, è quella che colpisce di semplice inefficacia i

negozi posti in essere nell'ambito del primo caso e di annullabilità

(o nullità relativa) quelli stipulati nel secondo. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata si è espressamente

ispirata ai principi posti da Cass. 11 agosto 1972, n. 2681 (id.,

1973, I, 746), secondo cui la transazione relativa alla responsabilità dell'ex amministratore verso la società, stipulata dal nuovo ammi

nistratore senza previa delibera dell'assemblea dei soci non produ ce effetti né per la società né per le parti stipulanti; tale inefficacia

deriva da vera e propria nullità, per il difetto di volontà negoziale

(1) La sentenza trova un precedente, negli identici termini, in Cass. 11 agosto 1972, n. 2681, Foro it., 1973, I, 746, con osservazione di A. Nigro. Occorre osservare che, mentre quest'ultima pronuncia fondava la valutazione di nullità sulla considerazione che — per effetto della

dissociazione, posta dall'art. 2393, tra potere deliberativo e potere rappresentativo — verrebbe a mancare nella fattispecie l'accordo delle volontà che costituisce il contenuto del negozio transattivo, la sentenza in epigrafe ritiene invece che la legge attribuisce i poteri (iniziativa, rinunzia, transazione) relativi all'azione di responsabilità, direttamente

all'organo assembleare come tale; rispetto alla volontà di questo, i

(nuovi) amministratori potrebbero al più fungere da meri esecutori, sempre senza intervenire nel processo formativo del negozio. Degna di nota è, in particolare, la distinzione operata tra approvazione quale concetto di teoria generale e lo stesso termine, nel senso inteso dall'art. 2393 c.c. (per il primo profilo si veda, in dottrina, identicamente L.

Carrako, Approvazione, voce dell 'Enciclopedia del diritto, 1958, II, 852).

Un caso a sé è invece quello in cui la società versi in amministrazio ne giudiziaria: l'amministratore giudiziario ha infatti la piena disponibi lità dell'azione, per l'art. 2409" c.c., senza che all'assemblea competa alcun potere di approvazione (cosi Cass. 19 maggio 1972, n. 1530, Foro

it., 1973, I, 1903).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

questi amministratori non sono più in carica e che quindi il

conflitto non riguardi i nuovi amministratori, perché in ogni caso

le norme da applicare sono sempre le medesime, le quali non

possono mutare natura in relazione al momento in cui vengono

applicate. Anche in questo secondo caso si ha una insuperabile ed

inderogabile dissociazione fra potere deliberativo e potere rappre sentativo dei (nuovi) amministratori, i quali non possono invadere

il campo di attribuzioni proprie dell'altro organo sociale, cioè

dell'assemblea; e — se lo invadono — compiono un atto nullo

perché contrario a norme imperative, come tale non recuperabile ex tunc con lo strumento della ratifica, ma soltanto rinnovabile ex

nunc (non essendo possibile una ratifica dove non è possibile una

delega preventiva).

La ricorrente adduce a sostegno del proprio assunto l'uso del

termine « approvazione » che sarebbe equivalente alla « ratifica »

del contratto inefficace compiuto dal falsus procurator (ovvero alla

convalida ex art. 1444 c.c. nel negozio annullabile), ma la tesi non

si può seguire. La sfera d'azione dell'ultimo comma, in cui il

suddetto termine è usato, non può essere diversa da quella del 1°

comma perché la rinuncia e la transazione sono dei modi di

definizione dell'azione di responsabilità « promossa in seguito a

deliberazione dell'assemblea». Quindi il termine «approvazione» non si può riferire alla nozione tipica di essa (atto di controllo, in

diritto amministrativo; atto di diritto privato mediante il quale un

soggetto, esprimendo il proprio consenso in ordine ad un negozio

giuridico altrui, influisce sull'efficacia di esso). Invero, la legge usa

altre volte il termine come sinonimo dell'espressione di un

consenso contrattuale {art. 1341); ma, quel che più conta, proprio in sede di formazione della volontà dell'organo collegiale di una

persona giuridica il termine è usato per indicare la deliberazione

che esprime il contenuto voluto dell'atto attribuito alla persona

giuridica (art. 2364, n. 1, 2454, 2311 c.c.). È quindi un'approvazio ne di uno « schema » di un atto, come è proprio delle deliberazio

ni collegiali, che però acquista esistenza solo in virtù della volontà

di approvarlo e non per attribuire efficacia ad un negozio

compiuto da altri (Cass. 22 gennaio 1975, n. 252, id., 1976, I, 1352,

in tema di approvazione del bilancio). D'altra parte, l'atto di

rinuncia o il contratto di transazione possono essere stipulati

formalmente dall'organo esecutivo abilitato dall'assemblea, ma

senza alcuna autonomia volitiva rispetto a quella « approvazione »

che equivale a « deliberazione ».

Il dato testuale, lungi dallo smentire, conforta la tesi della

competenza esclusiva dell'assemblea e dell'assenza di ogni potere

in capo agli amministratori, siano essi quelli contro cui l'azione

di responsabilità è promossa, per l'insanabile contraddizione con la

configurazione stessa dell'istituto; siano essi i nuovi amministrato

ri, perché la legge non distingue tale ipotesi dalla prima ed anzi

essa risulta da un'estensione di quella espressamente prevista.

Su tale tesi si innesta la sanzione di nullità. Si deve aggiungere:

a) che non è necessaria l'espressa comminatoria di nullità per

contrasto con norme imperative perché l'art. 1418 disciplina in via

generale proprio quei casi in cui alla violazione di precetti

imperativi non si accompagni una specifica ed espressa commina

toria di nullità (cfr., -fra le altre, Cass. 13 maggio 1977, n. 1901,

id., Rep. 1977, voce Contratto in genere, n. 224); b) che la nullità

relativa e cioè quella che può esser fatta valere soltanto da uno

dei soggetti dell'atto, è l'eccezione che deve essere espressa, come

risulta dall'espressione « salvo diverse disposizioni di legge » con

tenuta nell'art. 1421 che stabilisce che la nullità può esser fatta

valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d'ufficio

dal giudice. L'accenno all'assenza dal giudizio dell'ex amministratore è

irrilevante, non essendovi necessità di integrazione del contraddit

torio per la cognizione di una nullità che conduce ad una

pronuncia dichiarativa richiesta a tutela di un interesse (quello del

Massimo Massimi al pagamento della somma richiesta) che è

proprio solo del soggetto che è presente in giudizio: e cioè

soltanto allo scopo di eliminare l'ostacolo alla tutela del predetto

interesse proveniente dall'atto che, in quanto affetto da nullità, è

invece senza effetto nei confronti del Massimi.

Le considerazioni fatte servono anche per controbattere l'altra

tesi secondo cui si potrebbe trattare (nel caso in cui si ritenga di

non poter applicare la disciplina nel negozio compiuto dal falsus

procurator e della sua inefficacia fino alla ratifica) di negozio

annullabile perché compiuto da persona legalmente incapace di

contrattare (art. 1425 c.c.). È vero che la giurisprudenza ha

applicato la norma anche a ipotesi di mancanza di autorizzazioni

o di procedimenti integrativi della capacità del soggetto (come, per

esempio, nel campo dei contratti dei comuni, in tema di rapporti

fra deliberazioni del consiglio e contratti stipulati dal sindaco:

cfr. Cass. 10 aprile 1978, n. 1668, id., 1978, I, 2814), ma si osserva

che in tale caso ha operato con lo strumento ermeneutico derivante dalla nozione di incompetenza, tanto che ha avuto cura

di avvertire che il vizio di incompetenza tanto rilevante da assumere il carattere dello straripamento di potere ovvero l'uso di

poteri non configurabili, in relazione all'organo che abbia irrego larmente agito, determina la nullità del contratto. La legge stessa, all'art. 1471 c.c. (divieti speciali di comprare) dimostra che

all'incapacità del soggetto rispetto all'atto (mancanza di legittima zione in relazione all'oggetto del negozio) può raccordarsi tanto la

sanzione della nullità che quella dell'annullabilità, in relazione alla

natura degli interessi in giuoco (cfr. il richiamo contenuto nel § 636 della relazione del guardasigilli al codice civile). Si è già dimostrato supra che il potere di deliberare sull'azione di respon sabilità di cui agli art. 2392, 2393 c.c. non è configurabile neppure in astratto (per la contraddizione logica insita nella contrapposi zione degli interessi rispettivi) in capo agli amministratori che non

possono invadere la sfera di attribuzioni propria dell'organo assembleare e, ponendosi in conflitto con la società, non possono essi stessi deliberare in ordine a tale conflitto.

Si ribadisce che l'approvazione di cui all'ultimo comma non è

una semplice forma di abilitazione all'atto compiuto da un altro, ma esprime la volontà deliberativa sul contenuto dell'atto di

rinuncia o transazione, che tuttavia può essere stipulato dagli amministratori in modo formalmente autonomo, purché in modo

conforme a tale contenuto e quindi senza alcuna autonomia

sostanziale, rispetto all'elemento del « voluto » dell'atto.

Per le suddette considerazioni, la sanzione della nullità e non

quella dell'annullabilità (che presuppone una riferibilità quanto meno in astratto, se non in concreto, del negozio compiuto al

soggetto che lo pone in essere sebbene sia incapace: si pensi

all'ipotesi del minorenne) si adatta meglio alla struttura ed agli

scopi della norma dell'art. 2393 c.c., che disciplina non solo la

capacità dei due distinti organi (l'assemblea e gli amministratori)

rispetto ad un atto, ma anche il modo di formazione della volontà

della persona giuridica-società in ordine all'atto e cioè i criteri di

riferibilità diretta all'ente dell'atto compiuto con riguardo all'ele

mento essenziale della volontà, che è uno degli elementi costitutivi

del negozio. La verifica della validità dell'atto soltanto alla stregua dell'art. 1425 c.c. sarebbe pertanto insufficiente, perché non tiene

conto del profilo volitivo dell'atto e cioè del suo contenuto.

Tale contenuto deve provenire dall'organo previsto dalla legge,

per poter essere imputato direttamente alla persona giuridica; se

proviene da un organo diverso non solo manca la possibilità di

tale imputazione diretta, ma difetta altresì il momento deliberativo

e cioè un elemento essenziale dell'atto nella configurazione previ sta da una norma che non può essere derogata ed è perciò

imperativa, proibendo ogni diverso modo di manifestazione della

volontà. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 11

marzo 1983, n. 1814; Pres. Marchetti, Est. Vela, P.M. Fabi

(conci, conf.); Boldrini (Avv. Boldrini) c. Università agraria

di Nazzano Romano (Avv. Cervati). Regolamento di giurisdi zione.

Usi civici — Università agraria — (Diritto di iscrizione — Con

tenzioso elettorale — Esclusione — Commissario per la li

quidazione degli usi civici — Giurisdizione (L. 16 giugno

1927 n. 1766, riordinamento degli usi civici, art. 29).

Il gravame avverso la deliberazione con la quale la commissione

elettorale di università agraria esclude un cittadino è devolu

to alia giurisdizione del commissario per la liquidazione degli

usi civici, e non alla sezione elettorale presso la corte d'appello,

ancorché Io statuto dell'università faccia espresso richiamo alle

norme in materia di elezioni politiche e amministrative. (1)

(1) Non constano precedenti in termini.

Profili indiretti di contrasto sembrano desumersi dal confronto con

Cass. 22 luglio 1982, n. 4286, Foro it., 1983, I, 731, con nota di

richiami, che riconosce all'a.g.o. e non al commissario per la liquidazio ne degli usi civici la giurisdizione sulla domanda con la auale un

soggetto rivendichi, nei confronti di una partecipanza agraria, l'assegna zione di un terreno o. in subordine, il valore medio del terreno stesso.

Per contro Cass. 22 aprile 1978, n. 1916, id., Rep. 1978, voce Usi

civici, n. 4, menzionata in motivazione, attribuisce al commissario per la liquidazione degli usi civici la cognizione sulla controversia relativa

all'esclusione di un utente dall'elenco dei partecipanti di una comunan

za agraria, con ciò aderendo, sostanzialmente, all'orientamento sotteso

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