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Sezione I civile; sentenza 22 novembre 1980, n. 6207; Pres. Sposato, Est. Sandulli, P. M. Catelani...

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Sezione I civile; sentenza 22 novembre 1980, n. 6207; Pres. Sposato, Est. Sandulli, P. M. Catelani (concl. parz. diff.); Comune di Roccaraso (Avv. Abbamonte) c. Soc. Aremogna. Cassa App. L'Aquila 7 novembre 1977 Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 365/366-369/370 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171342 . Accessed: 25/06/2014 06:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 06:35:54 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 22 novembre 1980, n. 6207; Pres. Sposato, Est. Sandulli, P. M. Catelani(concl. parz. diff.); Comune di Roccaraso (Avv. Abbamonte) c. Soc. Aremogna. Cassa App.L'Aquila 7 novembre 1977Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 365/366-369/370Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171342 .

Accessed: 25/06/2014 06:35

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

la possibilità di variazioni nelle misure degli ambienti, sia perché, essendo stati costruiti altri due piani oltre l'ottavo, i coniugi Musto avevano perduto il grande terrazzo e la posizione favore

vole dell'attico.

Ciò posto, la corte escluse che l'esecuzione specifica non fosse

possibile in presenza del fallimento della società promittente,

giacché l'art. 72 1. fall., contemplante la facoltà del curatore di

scegliere alternativamente l'adempimento dell'obbligazione assun

ta col preliminare oppure di sciogliere il contratto, doveva rite

nersi nella specie inapplicabile, dato che i beni venduti al To

scano e al Piccolo erano usciti dal patrimonio della società fal

lita in epoca anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento,

ond'essi non erano più nella disponibilità del fallimento.

Aggiunse la corte che neppure era esatto che un'eventuale ob

bligazione risarcitoria del fallimento fosse di esclusiva compe tenza del giudice fallimentare, rientrando in tale competenza solo

le azioni relative ad obbligazioni aventi la loro causa determi

nante nel fallimento e non anche quelle concernenti rapporti

giuridici anteriori ad esso, come quelli in esame che non dipen devano dal dissesto e dalla procedura concorsuale.

Avverso tale sentenza il Piccolo ed il Toscano hanno propo

sto, ciascuno, ricorso per cassazione sulla base, rispettivamente, di quattro e di sette motivi, cui il Musto e la Falcoli resistono

con controricorso. Ognuno dei ricorrenti ha presentato memoria.

Motivi della decisione. — I due ricorsi devono essere riuniti

essendo stati proposti contro la medesima sentenza.

In ordine ad essi è anzitutto da rilevare che le censure, con le

quali i ricorrenti investono le parti della sentenza impugnata con

cernenti il rapporto giuridico intercorso tra i coniugi Musto e la

società immobiliare « Parco Amedeo di Savoia », non possono

avere ingresso, e ciò sia per quanto concerne la questione di rito

circa la competenza del giudice fallimentare, sia per quanto at

tiene alla questione di merito circa l'esecuzione specifica del

l'obbligo di concludere il contratto di compravendita dell'appar

tamento cui si riferisce l'anzidetto rapporto.

Il Piccolo ed il Toscano, infatti, avendo acquistato dalla pre

detta società, ciascuno indipendentemente dall'altro, due apparta

menti costruiti in luogo di quello che la società medesima si era

precedentemente obbligata a vendere ai coniugi Musto, sono stati

convenuti in giudizio dai detti coniugi per sentir dichiarare l'inef

ficacia dei contratti di compravendita ch'essi hanno rispettiva mente concluso con l'immobiliare « Parco Amedeo di Savoia »

dopo la trascrizione della domanda proposta contro quest'ulti

ma dagli stessi Musto per l'esecuzione specifica dell'obbligo sud

detto; sicché, rispetto al rapporto fra i Musto e la società, la

loro posizione soggettiva è quella, subordinata, di aventi causa

dalla promittente venditrice, con la conseguenza che nella causa

concernente detto rapporto essi non possono interloquire che in

veste di interventori adesivi dipendenti. Nella specie, invero, avendo i coniugi Musto promosso nello

stesso processo due distinte cause, una prima, introdotta origi

nariamente contro la società « Parco Amedeo di Savoia » (poi

fallita), per ottenere una sentenza costitutiva che tenesse luogo

del contratto definitivo di vendita non concluso, ed una secon

da, introdotta successivamente contro il Piccolo ed il Toscano

mediante chiamata in giudizio di costoro, per ottenere una pro

nuncia che dichiarasse inefficace l'acquisto effettuato dagli stessi

dopo la trascrizione della domanda proposta dai Musto nella pri

ma causa, occorre distinguere la posizione assunta dal Piccolo

e dal Toscano nella causa promossa contro di loro da quella as

sunta dagli stessi nella causa promossa contro la società; men

tre, infatti, nella prima la loro posizione è quella di parti con

venute, sia pure attraverso la loro chiamata nel processo già instau

rato contro la società, essendosi essi costituiti come tali per con

testare l'inefficacia del loro acquisto affermata dagli attori, vice

versa nell'altra causa, proposta nei confronti della società, essi,

trovandosi nella situazione di dover subire gli effetti della rela

tiva pronuncia quali aventi causa dalla società medesima, hanno

assunto, interloquendo, la stessa posizione in cui sarebbero ve

nuti a trovarsi se avessero spiegato intervento volontario per

sostenere le ragioni della loro dante causa, cioè quella di inter

ventori adesivi dipendenti, data la dipendenza del loro diritto

dalla posizione della venditrice.

Ed invero, poiché per l'art. 2909 cod. civ. « l'accertamento con

tenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni ef

fetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa », deve ritenersi

che l'avente causa, quale soggetto che acquista un diritto a ti

tolo derivativo, si trovi, rispetto a quello su cui la sentenza

decide, in un rapporto di pregiudizialità - dipendenza, ciò che

rende appunto subordinata la sua posizione nel processo.

D'altro canto, nel caso in esame non si è trattato di trasferi

mento del diritto controverso in testa al Piccolo ed al Toscano,

si da doversi ritenere che costoro siano intervenuti nel processo come successori a titolo particolare di tale diritto con i poteri

previsti dall'art. Ill cod. proc. civ. anche in ordine alle impu

gnazioni, giacché il diritto che è stato oggetto del trasferimento

in favore dei predetti, pur riguardando un bene che gli attori

affermano essere identico a quello cui si riferisce l'azione da essi

proposta per ottenere l'esecuzione specifica del contratto preli minare concluso con la società, è tuttavia diverso da quello che

i Musto hanno fatto valere con tale loro azione, dato che que st'ultimo è il diritto ad ottenere una sentenza costitutiva che

produce gli effetti del contratto definitivo di vendita non con

cluso, mentre quello acquistato dal Piccolo e dal Toscano è il

diritto di proprietà loro trasferito dalla predetta società con un

successivo contratto di vendita, per cui il bene che è oggetto di

quest'ultimo contratto non costituisce l'oggetto immediato del

giudizio promosso dai Musto contro la società.

Ne discende che, rispetto al rapporto giuridico intercorso fra

i coniugi Musto e la società « Parco Amedeo di Savoia », il

Piccolo ed il Toscano non sono legittimati ad impugnare la sen

tenza quali successori a titolo particolare, ai sensi dell'art. Ili, 4° comma, cod. proc. civ., poiché, come questa Corte suprema ha già avuto occasione di statuire (cfr. sent. Sez. un. 5 dicem

bre 1977, n. 5264, Foro it., Rep. 1977, voce Procedimento civile, n. 142), detta legittimazione postula un rapporto di identità o,

quanto meno, di derivazione diretta fra il diritto oggetto della

controversia decisa con la sentenza impugnata ed il diritto og

getto della successione a titolo particolare.

Conseguentemente i ricorrenti, stante la loro posizione subordi

nata rispetto all'anzidetto rapporto, non hanno altri poteri, quan to all'impugnazione della sentenza pronunciata contro la società,

che quelli dell'interventore adesivo dipendente, il quale, com'è

noto, se può aderire all'impugnazione della parte adiuvata, non

può proporre impugnazione in via autonoma ove quest'ultima non abbia proposto a sua volta impugnazione, onde in tal caso

il ricorso per cassazione proposto autonomamente da detto sog

getto avverso la pronuncia emessa contro la parte adiuvata è

inammissibile (cfr. Cass. 5 aprile 1977, n. 1306, id., Rep. 1977,

voce Impugnazioni civili, n. 12; 23 febbraio 1973, n. 532, id.,

Rep. 1973, voce Tributi locali, n. 172). In siffatta ipotesi, inve

ro, la mancata proposizione dell'impugnazione ad opera di tale

parte determina il passaggio in giudicato della sentenza con

conseguente formazione della cosa giudicata sostanziale anche

nei confronti dell'interventore adesivo, come si è appunto verifi

cato nel caso in esame, in cui, non avendo il fallimento della

predetta società proposto impugnazione, sulle parti della sen

tenza relativa al rapporto fra la società medesima ed i Musto si

è formato il giudicato con efficacia, non solo nei riguardi del

fallimento, ma altresì del Piccolo e del Toscano, quali aventi

causa della società.

Vanno perciò dichiarati inammissibili: a) il primo, il terzo ed

il quarto motivo del ricorso proposto dal Piccolo, nonché una

delle due censure (la seconda) del secondo motivo dello stesso

ricorso; b) il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto

motivo del ricorso proposto dal Toscano, nonché una delle due

censure (la prima) del settimo motivo dello stesso ricorso.

(Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 22 no

vembre 1980, n. 6207; Pres. Sposato, Est. Sandulli, P. M.

Catelani (conci, parz. diff.); Comune di Roccaraso (Avv. Ab

bamonte) c. Soc. Aremogna. Cassa App. L'Aquila 7 novem

bre 1977.

Cassazione civile — Contratto — Nullità — Rilevabilità d'ufficio — Limiti (Cod. civ., art. 1421; cod. proc. civ., art. 360, n. 3).

Comune e provincia — Contratto — Trattativa privata — Auto

rizzazione prefettizia — Mancanza — Annullabilità (R. d. 3

marzo 1934 n. 383, t. u. della legge comunale e provinciale,

art. 87).

La nullità del contratto può essere rilevata anche d'ufficio per

la prima volta in Cassazione solo se fondata su elementi di

fatto già acquisiti in sede di merito. (1)

(1) Conf. Cass. 30 aprile 1979, n. 2515 e 30 gennaio 1979, n. 651,

Foro it., Rep. 1979, voci Contratto in genere, n. 248 e Cassazione

civile, n. 76; 8 settembre 1977, n. 3925, id., 1978, I, 1284, con nota

di richiami.

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PARTE PRIMA

Il contratto concluso dal comune a trattativa privata senza la

previa autorizzazione prefettizia è annullabile solo ad istanza

del comune stesso. (2)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con alto di cita

zione del 7 settembre 1963, la s.p.a. Aremogna chiamava in giu dizio, innanzi al Tribunale di Sulmona, il comune di Roccaraso

e — premesso: che questo, al fine di realizzare la valorizzazione

turistica del Piano dell'Aremogna, le aveva concesso, con con

tratto del 2 settembre 1961, di ricercare, nel suo territorio e nelle

zone vicine, « l'acqua potabile nella quantità necessaria per l'ap

provvigionamento idrico del comprensorio »; che, non essendole

(2) In termini: Cass. 30 maggio 1978, n. 2726, Foro it., Rep. 1978, voce Comune, n. 164, che ha ritenuto trattarsi di vizio attinente alla

legittimazione a contrattare, che si ripercuote sulla capacità giuridica dell'ente pubblico; 10 febbraio 1971, n. 348, id., Rep. 1971, voce cit., n. 59, che è giunta alla stessa conclusione in base alla distinzione tra mancanza di potere di concludere il contratto ed esercizio del potere esistente senza autorizzazione; 1° aprile 1965, n. 564, id., 1965, I, 615, con nota di richiami, e nota di Ribolzi, in Mon. trib., 1965, 907.

In senso contrario, hanno affermato trattarsi di nullità: Trib. Pro sinone 30 aprile 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Amministrazione dello Stato, n. 106; App. Bologna 14 gennaio 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 218; Cass. 18 luglio 1953, n. 2390, id., 1953, I, 1585, con nota di A. M. Sandulli, e di Ingrosso, in Riv. amm., 1954, 457. Parlano genericamente di inefficacia: Cass. 5 aprile 1976, n. 1197, Foro it., Rep. 1976, voce Contratti della p. a., n. 11; 14 marzo 1974, n. 708, id., Rep. 1974, voce cit., n. 10; Trib. Milano 16 maggio 1968, id., Rep. 1969, voce Comune, n. 113; Trib. Milano 14 gennaio 1963, id., Rep. 1963, voce cit., n. 112, e con nota di Mangani, in Giust. civ., 1963, 1742; Cass. 30 dicembre 1959, n. 3588, Foro it., Rep. 1960, voce Amministrazione dello Stato, n. 134; Trib. Cosenza 23 marzo 1957, id., 1957, I, 2081.

La massima che si riporta è applicazione al caso di specie di un principio generale pacifico in giurisprudenza, secondo cui in tema di vizi concernenti l'attività negoziale degli enti pubblici, sia che si riferiscano al processo di formazione della volontà dell'ente, sia che si riferiscano alla fase preparatoria ad essa precedente, il ne gozio, comunque stipulato, non è inesistente o nullo, ma annullabile soltanto ad iniziativa esclusiva dell'ente pubblico, in via di azione od eccezione, salvo che si possa configurare un vizio di straripamento di

potere o un'ipotesi di mancanza assoluta del potere di contrattare: Cass. 24 maggio 1979, n. 2996, id., Rep. 1979, voce Contratti della

p. a., n. 68; 2 marzo 1978, n. 1041, id., Rep. 1978, voce cit., n. 44; 29 settembre 1976, n. 3188, id., Rep. 1976, voce cit., n. 12; 11 marzo

1976, n. 3188, ibid., n. 18; 24 febbraio 1972, n. 533, id., Rep. 1972, voce cit., n. 17; 10 febbraio 1971, n. 345, id., Rep. 1971, voce cit., n. 63, e con nota di Morelli, in Giust. civ., 1971, I, 857; 7 settembre

1970, n. 1236, Foro it., Rep. 1970, voce Amministrazione dello Stato, n. 55; Trib. Napoli 12 aprile 1969, ibid., n. 56, e con nota di

Bernardini, in Giur. it., 1970, I, 2, 424; Cass. 25 ottobre 1969, n. 3499, Foro it., Rep. 1969, voce cit., n. 123; App. Napoli 9 feb braio 1968, id., Rep. 1968, voce cit., n. 187; 18 dicembre 1964, n. 2891, id., Rep. 1965, voce cit., n. 77; 4 maggio 1963, n. 1103, id., 1963, I, 1123, con nota di richiami.

Mentre è pacifico che l'autorizzazione alla trattativa privata prevista dall'art. 87 della legge comunale e provinciale deve oggi ritenersi passata alla competenza del comitato regionale di controllo, è ancora controverso se la norma possa ritenersi ancora in vigore; per la so luzione affermativa: Cons. Stato, Sez. I, 9 gennaio 1976, n. 907, id., Rep. 1979, voce cit., n. 154; Sez. IV 13 giugno 1975, n. 862, id., 1976, III, 50, con nota di richiami, cui adde, nel senso dell'abro gazione implicita, TA.R. Puglia 10 dicembre 1974, n. 42, id., Rep. 1975, voce Comune, n. 208.

In particolare su altre ipotesi specifiche di annullabilità, v. Cass. 12 febbraio 1979, n. 937, id., 1979, I, 2406, con nota di richiami, sulla sottoscrizione di un contratto comunale da parte di assessore non validamente delegato e Cass. 10 aprile 1978, n. 1668, id., 1978, 1, 2814, con nota di richiami, sulla sottoscrizione di un contratto da parte del sindaco senza che fosse stata adottata previamente la de libera di contrattare da parte del consiglio comunale.

Un analogo problema di vigenza dell'art. 296 della stessa legge è stato rimesso all'adunanza plenaria da Cons. Stato, Sez. IV, 23 no vembre 1979, n. 1063, id., 1980, III, 290, con nota di richiami.

Sulle condizioni necessarie per poter autorizzare la trattativa pri vata nei contratti ad evidenza pubblica, con particolare riferimento ai contratti dello Stato e degli altri enti pubblici, v. Cons. Stato, Sez. IV, 15 dicembre 1978, n. 1227, id., 1979, III, 456, con nota di richiami, cui adde Cons. Stato, Sez. Ili, 15 febbraio 1977, n. 93 e Sez. IV 28 novembre 1978, n. 160, id., Rep. 1979, voce Contratti della p. a., nn. 44, 46.

In dottrina, in senso favorevole alla massima v. A. M. Sandulli, Manuale di dir. amm., Napoli, 1974, 512; M. S. Giannini, Dir. amm., Milano, 1970, I, 707 e 733; Sepe, Contratti della p. a., voce dell'En ciclopedia del diritto, 1961, IX, 1005.

Sulla disciplina della trattativa privata nei contratti conclusi dai comuni, Tabarrini, I contratti dei comuni, Milano, 1979, 71 ss.; Di Renzo, I contratti della pubblica amministrazione, Milano, 1978, 201.

dovuto, in base al contratto, alcun compenso per le ricerche e per l'installazione degli impianti di presa, di acquedotto e di

distribuzione dell'acqua necessaria per l'approvvigionamento idri

co, il comune, per ricompensarla, si era impegnato a venderle « una superficie sdemanializzata di terreno di alcuna centinaia di

ettari»; che, in base al contratto, la vendita doveva interve

nire, in tempi successivi, per zone di terreno non superiori ai 50 ettari, e poteva procedersi alla vendita di una zona soltanto

quando sulla precedente si erano eseguite le opere inerenti ai ser

vizi, alle strade interne, alle fosse biologiche, ai pozzi di assorbi

mento, alle fogne ed alle strade di collegamento alle vie pubbli che e le stesse erano state trasferite al comune senza corrispet tivo; che, rinvenuta l'acqua potabile in quantità sufficiente al

l'approvvigionamento idrico, la giunta comunale di Roccaraso, con deliberazione del 18 maggio 1962, vistata dalla prefettura de L'Aquila, aveva autorizzato il sindaco a procedere alla vendi ta della prima zona di 50 ettari di terreno per il prezzo di lire

2.500.000; e che il sindaco, sebbene ripetutamente sollecitato, non era intervenuto alla stipula del contratto di compravendita —

chiedeva: a) che fosse dichiarato che, essendosi verificata la condizione sospensiva dell'avvenuto reperimento dell'acqua pota bile necessaria per l'approvvigionamento idrico del comprensorio dell'Aremogna, per il quale era occorso l'esborso di lire 89.810.000 il comune era tenuto a venderle i terreni promessile; b) che fosse

pronunciata una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ., pro duttiva degli effetti del contratto di compravendita del primo lotto di terreno, della estensione di 50 ettari, non stipulato dal

comune; c) che il convenuto fosse condannato alla consegna del detto terreno ed al risarcimento dei danni.

Instauratosi il contraddittorio, il comune eccepiva il difetto di

giurisdizione del giudice ordinario, e chiedeva che fosse accer tato il mancato intervento della condizione sospensiva, cui era subordinata l'efficacia del contratto intervenuto fra le parti, e, in via riconvenzionale, che fosse dichiarata la risoluzione del contratto per colpa della società Aremogna, con condanna della stessa al risarcimento dei danni.

Con sentenza non definitiva del 28 giugno 1969 il tribunale adito dichiarava improponibile nei confronti dell'amministrazio ne comunale le domande dirette ad ottenere la sentenza costitu tiva e la condanna alla consegna del terreno; dichiarava che era intervenuta la condizione sospensiva relativa al reperimento del

l'acqua potabile e che il comune era inadempiente all'obbliga zione di vendere; condannava il comune al risarcimento dei danni, disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione del

processo per la liquidazione degli stessi, e rigettava la domanda riconvenzionale del convenuto.

Contro tale sentenza il comune proponeva appello, deducendo: che la condizione sospensiva non si era verificata, in quanto la società Aremogna non aveva conseguito la concessione ammi nistrativa di derivazione dell'acqua; che non poteva negarsi ri levanza giuridica alla deliberazione del consiglio comunale del 6 giugno 1966, con la quale era stata revocata la delibera di ne

gazione del 18 maggio 1962; e che non si poteva, « in base alla teoria della presupposizione », « inserirsi una condizione risolu tiva di una condizione sospensiva, con la conseguenza di inver tire l'onere della prova ».

La Corte d'appello de L'Aquila, con la denunciata sentenza 13 luglio - 7 novembre 1977, confermava la decisione di primo grado considerando: che finalità precipua del contratto intervenuto nel 1961 fra le parti era la valorizzazione turistica del Piano del

l'Aremogna, mediante l'approvvigionamento idrico ed il miglio ramento della ricettività della zona; che per provvedere al pro blema dell'approvvigionamento idrico, comportante notevoli one ri finanziari, il comune aveva stipulato con la società Aremogna il detto contratto; che l'obbligazione assunta con esso dalla so cietà consisteva esclusivamente nella ricerca, nel territorio del co mune e dei centri vicini, dell'acqua potabile necessaria per l'ap provvigionamento idrico della zona; che il comune, per ricom pensare la società del reperimento dell'acqua potabile, aveva as sunto l'impegno di venderle, in tempi successivi e con lotti di 50 ettari ciascuno, alcune zone di terreno sdemanializzate; che, tro vata l'acqua potabile, la giunta comunale di Roccaraso con deli bera del 18 maggio 1962, vistata dalla prefettura de L'Aquila, aveva riconosciuto che, con il reperimento dell'acqua, si era verificata la condizione sospensiva apposta in contratto ed aveva autorizzato il sindaco a vendere alla società il primo appezza mento di terreno dell'estensione di 50 ettari; che doveva rite nersi assolutamente arbitraria la pretesa del comune di voler attribuire alla clausola il significato che l'evento dedotto in con dizione fosse costituito non soltanto dal reperimento dell'acqua ma anche dal conseguimento della relativa concessione ammi nistrativa di derivazione; che non poteva parlarsi di presuppo

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sizione, in quanto questa, nel caso di specie, era costituita unica mente dalla valorizzazione del territorio dell'Aremogna; che, es sendosi verificata la condizione sospensiva, il comune era tenu to ad adempiere le obbligazioni assunte con il contratto; e che non poteva attribuirsi alcuna rilevanza giuridica alla delibera del 6 giugno 1966, con la quale la giunta comunale di Roccaraso aveva revocato, nel corso del giudizio, la precedente delibera zione del 18 maggio 1962, in quanto in tal modo il comune aveva receduto unilateralmente dal contratto privatistico.

Avverso tale sentenza il comune di Roccaraso ha proposto ri corso per cassazione, deducendo tre motivi, illustrati da memo

ria. La società Aremogna non si è costituita.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il primo motivo, il

ricorrente — denunciata la violazione dell'art. 1421 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. — deduce la nullità, rilevabile ex officio, del contratto di vendita stipulato dal co

mune nelle forme della trattativa privata senza la preventiva auto rizzazione prefettizia richiesta dall'art. 87 t. u. della legge comu

nale e provinciale del 1934, il cui difetto risulterebbe dagli atti

acquisiti al processo. Il motivo è infondato. Va, innanzitutto, osservato che la nulli

tà degli atti negoziali, pur essendo rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio e, quindi, anche in sede di cassazione,

quando per il suo accertamento (risultando i presupposti della

nullità dagli atti processuali) non occorrono nuove indagini di

fatto (cfr. Cass. 6 dicembre 1969, n. 3892, Foro it., Rep. 1970, voce Obbligazioni e contratti, n. 359), non può essere dichiarata

in sede di legittimità nell'ipotesi in cui occorrano nuove indagini, come nel caso di specie, nel quale la circostanza che l'autorizza

zione prefettizia non risulti dalla delibera di negoziare della

giunta comunale e dal contratto del 2 settembre 1961, con il

quale si concedeva il diritto di ricerca dell'acqua potabile alla

società resistente, non varrebbe ad escludere la necessità di ulte

riori accertamenti fattuali in ordine all'intervento e alla mancanza

dell'atto autorizzativo.

Inoltre, va rilevato come — contrariamente a quanto si assume

dal ricorrente — il difetto dell'autorizzazione del prefetto alla

trattiva privata induca non la nullità ma l'annullabilità del con

tratto.

A sostegno della sua tesi il ricorrente ha richiamato il prece dente giurisprudenziale della Corte suprema costituito dalla deci

sione n. 2390 del 18 luglio 1953 (id., 1953, I, 1585), la quale, sul rilievo che la mancanza dell'autorizzazione prefettizia si ri

solva in un difetto di forma, ha ritenuto che questo origini la

nullità (e non l'annullabilità) del negozio. L'art. 87 r. d. 3 marzo 1934 n. 383 (t. u. della legge comunale

e provinciale), dopo avere disposto che i contratti dei comuni

riguardanti alienazioni, locazioni, acquisti, somministrazioni ed

appalti di opere devono di regola essere preceduti da pubblici

incanti, con le forme stabilite pei contratti dello Stato (comma 1°) e che in altri casi specificamente indicati è consentito provve dere mediante licitazione privata (comma 2°), ha prescritto, nel

quarto comma, che il prefetto può autorizzare la trattativa pri

vata, allorché ricorrano circostanze eccezionali e ne siano evi

denti la necessità e la convenienza.

L'autorizzazione prefettizia è, quindi, indispensabile per l'at

tuazione del particolare strumento della trattativa privata (in

quanto eccezionale deroga al sistema dell'asta pubblica e della

licitazione privata) quando si intenda stipulare, per « circostanze

eccezionali » di « necessità e convenienza », mediante trattativa

privata. Dalla mancanza di tale atto autorizzativo non può, però, farsi

discendere la nullità assoluta del contratto.

Invero, non appare soddisfacente la soluzione della citata sen

tenza n. 2390 del 1953 al problema, che va rimeditata.

Secondo la cennata decisione, la nullità (non suscettibile di

sanatoria mediante visto di esecutorietà, stante la diversità fra

questo istituto e l'autorizzazione che deve precedere e non può essere successiva al contratto) scaturirebbe dalla violazione della

norma, che consente la trattativa privata soltanto eccezional

mente e solo subordinatamente all'autorizzazione del prefetto, in

quanto la mancanza di questa — che non vale ad integrare la

capacità dell'ente e non è configurabile come elemento di un atto

complesso (essendo l'attività dell'ente controllato e quello del

l'ente controllante improntate a diverse finalità), ma configura soltanto un limite per l'attività dell'ente — determinerebbe la

violazione di una forma richiesta ad substantiam (da osservarsi,

quindi, a pena di nullità) incidendo il vizio, attinente alla scelta

dell'altro contraente, sulla forma del contratto.

Tale costruzione non è però, accettabile, non potendosi confi

gurare — ad avviso di questo collegio — la mancanza di auto

rizzazione come vizio di forma.

Il Foro Italiano — 1981 — Parte I-24.

Per vero, la scelta del contraente non integra una modalità

formale del contratto; e la forma, rappresentando la veste este

riore dell'atto, e cioè l'aspetto sotto il quale esso si manifesta nel

mondo esterno, non può riferirsi al procedimento della sua for

mazione, al quale attengono, invece, i metodi di scelta del con

traente e nel quale va ad inserirsi l'autorizzazione prefettizia, come presupposto dell'atto.

Il vizio denunziato, conseguente alla mancata autorizzazione

prefettizia alla trattativa privata, attiene, quindi, ad un atto pre

supposto del contratto.

E — poiché i vizi inerenti alla mancanza degli atti presuppo sti ingenerano non la nullità, ma soltanto l'annullabilità — deve

ritenersi che il difetto dell'autorizzazione prefettizia alla trattati

va privata, non determini la nullità del contratto, ma la semplice annullabilità di esso.

Pertanto — non essendo stata, nel caso di specie, esperita dal

comune, innanzi ai giudici di merito, l'azione di annullamento

del contratto per mancanza dell'autorizzazione prefettizia (pro

ponibile soltanto dalla pubblica amministrazione, in quanto atti

nente ad un vizio previsto solo a sua tutela) — l'invalidità del

contratto non può essere esaminata in questa sede, trattandosi di

una questione nuova, dedotta per la prima volta in sede di legit

timità, non rilevabile ex officio. Alla stregua delle svolte considerazioni, il primo motivo di ri

corso è, quindi, da disattendere. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione feriale civile; sentenza 17

novembre 1980, n. 6140; Pres. Tria, Est. Monteleone, P. M.

Nicita (conci, conf.); Soc. Faemar (Aw. Punzi, Titobello) c. Costa (Aw. Licitra). Regolamento di competenza avverso

Pret. Milano 2 novembre 1979.

Competenza civile — Provvedimento d'urgenza — Regolamento di competenza — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 43,

700, 701).

È inammissibile l'istanza di regolamento di competenza avverso

l'ordinanza, con la quale il giudice, in corso di causa, rigetta la domanda di provvedimento d'urgenza senza pronunciarsi

espressamente sulla competenza (nella specie, il pretore aveva

rigettato una istanza di reintegra nel posto di lavoro, e il rego lamento di competenza era stato proposto dal datore di lavoro

che aveva già eccepito l'incompetenza territoriale del pretore adito ex art. 414 cod. proc. civile). (1)

(1) La questione dell'ammissibilità del regolamento di competenza avverso provvedimenti d'urgenza ha avuto in giurisprudenza solu zioni difformi. La sentenza, qui riportata, sulla scia di Cass., Sez. un., 11 luglio 1977, n. 3091, Foro it., 1977, I, 2653, con ampia nota di richiami e osservazioni di F. Pietrosanti, tenta di sfuggire alla scelta secca ammissibilità-inammissibilità, articolando le conclusioni a se conda che il provvedimento d'urgenza sia stato chiesto prima della instaurazione della causa di merito o in pendenza della stessa; e riconoscendone senz'altro l'ammissibilità nel primo caso e negandolo nel secondo salvo il caso in cui il giudice adito in pendenza della causa di merito si sia espressamente pronunciato su una questione di

competenza. (Sulla non rappresentatività della massima ufficiale [id., Mass., 576] nei confronti della motivazione della sentenza 3091/1977, cit., vedi le osservazioni critiche di A. Proto Pisani, id., 1978, I, 2802).

A favore della ammissibilità, ma in casi in cui il giudice si era

pronunciato espressamente sulla questione di competenza, da ultimo, Cass. 17 aprile 1978, n. 1813, id., 1978, I, 2801, con nota di A. Proto

Pisani, che seguendo il criterio predetto ammette il regolamento di

competenza contro un provvedimento d'urgenza e sul presupposto che non fosse stata ancora iniziata la causa di merito. L'ammissibilità del

regolamento di competenza avverso un provvedimento d'urgenza è stata ancora riconosciuta da Cass. 11 maggio 1979, n. 2704, id., 1980, I, 2271, in motivazione, con nota di M. Acone; 8 gennaio 1979, n. 93, id., 1979, I, 656, con osservazioni di A. Proto Pisani

(nella specie trattavasi di un provvedimento ex art. 28 legge n. 300/ 1970 che la Cassazione ha equiparato per il problema che ci inte

ressa, al provvedimento d'urgenza ex art. 700); 11 gennaio 1978, n. 116, id., Rep. 1978, voce Competenza civile, n. 209; 9 dicembre

1977, n. 5329, id., 1978, I, 33, in motivazione: nella specie il rego lamento era stato proposto contro un provvedimento pretorile ex 700 ante causam, in cui il pretore aveva deciso una questione di

competenza; 18 ottobre 1977, n. 4454, id., 1977, I, 2651, con nota di F. Pietrosanti, che ammettendo il regolamento di competenza avverso un provvedimento d'urgenza, concesso dal pretore per l'im mediata reintegrazione del lavoratore che si assuma illegittimamente licenziato, includeva il criterio discretivo ai fini dell'ammissibilità del

regolamento nel carattere autonomo del provvedimento d'urgenza ante

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