sezione I civile; sentenza 22 settembre 2004, n. 18996; Pres. De Musis, Est. Plenteda, P.M.Abbritti (concl. diff.); Putignano (Avv. Polignano) c. D'Aprile (Avv. D'Aprile). Cassa Trib. Bari,decr. 15 gennaio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 10 (OTTOBRE 2005), pp. 2793/2794-2795/2796Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201557 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ma il richiamo delle disposizioni del codice della strada, chiarisce 6 si coordina sia con l'art. 2054 c.c., sia con l'art. 1 1.
n. 990 del 1969, che infatti espressamente lo richiama.
La condotta del conducente è prescritta e sanzionata dal codi
ce della strada, in quanto l'apertura imprudente di uno sportello attenti alla sicurezza della circolazione, e dunque se il condu
cente è anche il proprietario assicurato o comunque il soggetto assicurato, la copertura assicurativa opera per il fatto della cir
colazione.
Tanto conferma la giurisprudenza della Cassazione, sino alla
più recente, che postula sia l'accertamento del luogo di circola
zione, sia il nesso tra un agire o un fare collegato a tale attività.
Non può dunque un uso improprio o anomalo dell'auto, che non
sia in circolazione, produrre un danno ingiusto risarcibile anche
dall'assicuratore.
C) Il ricorso incidentale è pur esso infondato.
Si tratta di un ricorso condizionato che concerne il punto re
lativo all'accertamento della responsabilità per illecito aquiliano della Cocconelli.
È infondato, posto che per le ragioni dette resta ferma la sta
tuizione sulla responsabilità esclusiva della danneggiarne, senza
che ciò implichi alcun effetto sfavorevole verso l'assicuratore in
r.c.a.
Infondate sono inoltre le eccezioni in rito, poste in favore
dell'impresa designata, che non si è costituita, sia perché tale
impresa è stata ritualmente citata ed ha partecipato al giudizio sin dal primo grado, sicché il ricorso notificatole contiene indi cazioni sufficienti per la conoscenza della natura dell'atto, sia
perché la notifica appare eseguita e l'atto ricevuto, onde la man
cata difesa in questo grado appartiene alla libera scelta della
impresa designata, e sul punto l'impresa coatta non ha interesse
ad interloquire.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 set tembre 2004, n. 18996; Pres. De Musis, Est. Plenteda, P.M.
Abbrutì (conci, diff.); Putignano (Avv. Polignano) c. D'A
prile (Avv. D'Aprile). Cassa Trib. Bari, decr. 15 gennaio 2001.
Fallimento — Curatore — Compenso — Criteri di determi nazione — Attivo realizzato (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, di
sciplina del fallimento, art. 39; d.m. 28 luglio 1992 n. 570, re
golamento concernente adeguamento dei compensi spettanti ai curatori fallimentari e determinazione dei compensi nelle
procedure di concordato preventivo e di amministrazione
controllata).
Il compenso che spetta al termine della procedura al curatore
fallimentare deve essere determinato sulla base dell'attivo
realizzato e non di quello inventariato. ( 1 )
(1) La norma di cui all'art. 39 1. fall, non stabilisce direttamente in
base a quali criteri debba essere liquidato il compenso del curatore fal
limentare, all'uopo provvedendo una fonte normativa secondaria che è,
attualmente, nonostante il tempo trascorso, il d.m. n. 570 del 1992. In
tale decreto è previsto che il compenso debba essere determinato in re
lazione all'attivo realizzato e i giudici di legittimità hanno interpretato la norma nel senso che per attivo realizzato deve intendersi quello rive
niente dalla liquidazione del patrimonio del fallito, dalla riscossione dei
crediti e dalle somme acquisite dal curatore anche a seguito di iniziati ve giudiziarie. In termini, Cass. 10 luglio 1998, n. 6725, Foro it., Rep. 1999, voce Fallimento, n. 435; 3 luglio 1997, n. 5978, id.. Rep. 1998,
Il Foro Italiano — 2005 — Parte I-49.
Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Bari con decreto
15 gennaio 2001 liquidò all'avv. Pàolo D'Aprile, curatore del
fallimento di Putignano Pasquale, il compenso in lire 42.000.000, oltre a lire 25.249.919, per spese di amministrazio ne e al rimborso forfetario delle spese generali.
Il Putignano propone ricorso per cassazione con un motivo, illustrato da memoria; resiste con controricorso il curatore.
Motivi della decisione. — Denuncia il ricorrente la violazione
e la falsa applicazione degli art. 39 1. fall, e 1 d.m. 28 luglio 1992 n. 570.
Rileva che il realizzo delle attività compiuto dal curatore era
stato pari a lire 111.298.904, con la liquidazione di alcune atti
vità mobiliari, sicché su quell'importo e non sull'attivo accer
tato di lire 651.000.000, comprensivo di beni immobili, il com penso avrebbe dovuto essere liquidato.
Il ricorso è fondato.
L'art. 39 1. fall, dispone che il compenso e le spese dovuti al
curatore siano liquidati dal tribunale «secondo le norme stabilite
con decreto del ministro di grazia e giustizia». I decreti ministeriali che si sono succeduti nel tempo, sino al
d.m. 28 luglio 1992, nella specie applicato e tuttora in vigore, hanno fatto riferimento, come criterio di liquidazione del com
penso, al passivo e all'attivo realizzato, e su di essi hanno fis
sato percentuali a scaglioni, lasciate alla concreta determinazio
ne del tribunale, in relazione all'opera prestata, ai risultati otte
nuti, all'importanza del fallimento, alla sollecitudine con cui
sono state condotte le operazioni. Ne deriva che per la quantificazione dell'attivo, ai fini di cui
trattasi, non possa che aversi riguardo alle liquidità rinvenute
nel patrimonio del fallito, a quelle derivate dalla vendita dei be ni mobili e immobili, a quelle riscosse dai debitori o comunque acquisite alla massa attraverso azioni giudiziarie (Cass.
6725/98, Foro it., Rep. 1999, voce Fallimento, n. 435; 5978/97,
id., Rep. 1998, voce cit., n. 330; 11952/93, id., Rep. 1994, voce cit., n. 310; 1169/93, id., Rep. 1993, voce cit., n. 269; 5976/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 221), e ciò per il fatto che su di esse e solo se ed in quanto monetizzate i creditori possono consegui re il soddisfacimento, totale o parziale, delle loro ragioni; moti
vo questo che rende ragionevole il parametro di commisurazio
ne del credito del curatore per le prestazioni svolte.
Assumere, pertanto, che la base di riferimento — quanto al
l'attivo — sia il valore di inventario dei beni, che costituiscono
la massa attiva, porta, da un lato, a disattendere apertamente il
criterio normativo di cui si tratta e la ratio che lo sostiene e dal
l'altro a determinare gravi ed ingiustificate sperequazioni tra il
curatore che, senza aver posto in essere alcuna attività liquidato ria, come nel caso di chiusura del fallimento per estinzione delle
passività o per mancanza di esse, ottenga un compenso raggua
gliato all'attivo illiquido — che oltretutto di norma supera sen
sibilmente i valori di realizzo — e il curatore che ponga in esse
voce cit., n. 330; 8 gennaio 1998, n. 100, id., Rep. 1999, voce cit., n.
436; 2 dicembre 1993. n. 11952, id., Rep. 1994, voce cit., n. 310; 29
gennaio 1993, n. 1169, id.. Rep. 1993, voce cit. , n. 269; Trib. Roma 23 settembre 1996, id., Rep. 1999, voce cit., n. 432; per Cass. 9 giugno 1997, n. 5104, id., 1997, I, 2926, l'attivo va computato anche sulla li
quidazione di immobili ipotecati. Sulla seconda proposizione per la quale l'attivo non può invece esse
re commisurato a quanto inventariato o stimato, cfr. Trib. Roma 22 ot tobre 1997, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 437 (con nota di Pietrolucci, Sulla nozione di attivo realizzato ai fini del compenso de! curatore, in Riv. curatori fallimentari, 1999, fase. 1, 58); Trib. Campobasso 23 ot tobre 1996, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 438; contra, Trib. Modica 8 aprile 1993, id., 1994, I, 276 (alla cui nota di richiami si rinvia), nel
senso che se il fallimento si chiude per mancanza di domande di am
missione al passivo, il compenso del curatore può essere determinato
analogicamente a quello del commissario giudiziale nel concordato
preventivo sulla base dell'attivo inventariato.
In dottrina, in senso conforme, Tedeschi, Manuale di diritto falli mentare, Padova, 2001, 236; Abate, Gli organi delle procedure con
corsuali, Padova, 1999, 266; Mazzocca, Gli organi: il giudice delega to, il curatore e il comitato dei creditori, in Le procedure concorsuali.
Il fallimento, trattato diretto da G. Ragusa Maggiore e C. Costa, Tori
no, 1997, I, 497; Guandalini, Degli organi preposti al fallimento, in Le
procedure concorsuali a cura di G.U. Tedeschi, Torino, 1996,1, 1, 263; Arena, Il compenso del curatore fallimentare ed il concetto di attivo
realizzato, in Dir.fallim., 1991,1, 905.
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2795 PARTE PRIMA 2796
re complesse e articolate nel tempo operazioni per la vendita dei
beni, la riscossione dei crediti e l'acquisizione di risorse fuoriu
scite dal patrimonio del fallito nel periodo sospetto, inadeguato
appalesandosi il semplice scarto di percentuali, all'interno degli
scaglioni stabiliti dai decreti ministeriali, a riportare in equili brio la remunerazione di siffatte prestazioni differenziate, esse
operando, in relazione agli elementi prima richiamati, dell'opera
prestata, dei risultati ottenuti, ecc., solo dopo che sia stato rea
lizzato e cioè monetariamente quantificato l'attivo da ripartire al
ceto creditorio.
Il criterio al quale ha evidentemente, sebbene in modo ine
spresso, fatto riferimento il decreto impugnato, che trova ri
scontri in una remota giurisprudenza di questa corte (Cass. 31
maggio 1969, n. 1953, id., Rep. 1969, voce cit., n. 211), in se guito disattesa, non si conforma alla ratio della disciplina in
esame, ancor più ove si consideri che il d.m. 570/92 contempla un compenso minimo assoluto, per le ipotesi in cui non sia ap
plicabile quello a percentuale sull'attivo o sul passivo, ovvero
esso risulti di minore importo. Né giova invocare l'inadeguatezza, in alcune situazioni, di
tale criterio, rispetto a complesse attività funzionali alla proce
dura, che non abbiano, come nella specie, prodotto liquidazioni
corrispondenti, per essersi il fallimento chiuso, prima della ven
dita dell'intero patrimonio del fallito, giacché tale eventualità — che può realizzare situazioni ancora più insoddisfacenti, co
me nelle procedure con attivo irrisorio o inesistente — trovando
una chiara disciplina positiva, frutto di scelte discrezionali del
legislatore, non può giustificare interpretazioni derogatorie, fuo
ri dal sistema, che conosce fattispecie — v. tariffe professionali
degli avvocati — in cui criterio di commisurazione del compen
so, con riguardo al soccombente, nei giudizi di pagamento di
somme o di liquidazione di danni è il valore riconosciuto dal
giudice alla parte vincitrice, quello per così dire realizzato,
piuttosto che quello domandato (art. 6 tariffa approvata con d.m.
5 ottobre 1994 n. 585), né essendo ipotizzabile, una volta che la
retribuzione sia stata stabilita in base a tariffa, la violazione del
principio, secondo cui il compenso deve essere adeguato all'im
portanza dell'opera e al decoro della professione, o del criterio
generale posto in tema di remunerazione del lavoro dall'art. 36
Cost. (Cass. 23 maggio 1992, n. 6214, id., Rep. 1992, voce Av vocato, n. 84).
Può, invece, apprezzarsi l'attività non liquidatoria del curato
re nell'ipotesi di successione di più soggetti nelle funzioni, per cessazione prima della chiusura del fallimento, in cui l'attività
del primo, in quanto preparatoria di ciò che il subentrante com
pia, merita di essere valutata ai fini della liquidazione del com
penso, ove risulti significativa nell'ambito dello svolgimento della procedura concorsuale, in relazione alla successiva liqui dazione dell'attivo (Cass. 6725/98 e 1169/93, cit.).
Il provvedimento impugnato va, pertanto, cassato con rinvio, anche per le spese, al Tribunale di Bari, il quale si conformerà
nella liquidazione del compenso al curatore al criterio dell'atti
vo realizzato, nella ampiezza prima specificata.
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 2 set tembre 2004, n. 17691; Pres. Losavio, Est. Piccininni, P.M.
Velardi (conci, conf.); Fall. soc. Autore (Avv. Manente) c.
Banca Intesa (Avv. Flauti, Fanchin, Faggin). Conferma App. Venezia 13 giugno 2001.
Fallimento — Curatore — Posizione di terzietà — Prova do
cumentale — Scrittura privata — Data certa — Eccezione
in senso stretto (Cod. civ., art. 2704; cod. proc. civ., art. 112,
115; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 45).
Nei giudizi in cui il curatore assume la posizione di terzo, l'ec
cezione con la quale si contesta il difetto di prova sulla ante
riorità della data di una scrittura privata al fallimento, va
qualificata come eccezione in senso stretto sì che non può es
sere sollevata d'ufficio. (1)
(1) Ancorché le decisioni dei giudici di legittimità sul tema dell'ap plicabilità della norma di cui all'art. 2704 c.c. ai giudizi in cui è parte il fallimento (o altra procedura concorsuale liquidatoria) siano più di un
centinaio, quella in rassegna è la prima pronuncia nella quale è stata di rettamente affrontata la questione della natura della relativa eccezione.
Nella lite non era, infatti, in discussione la circostanza che in quella particolare controversia (si trattava di una revocatoria fallimentare) il curatore assumesse il ruolo di terzo con le conseguenze in tema di op ponibilità dei soli documenti muniti di data certa (sull'argomento, cfr.
Cass. 9 maggio 2001, n. 6465, Foro it., 2001, I, 3542, con annotazioni di M. Fabiani), quanto invece il fatto che l'eccezione posta a base della decisione di primo grado non fosse mai stata sollevata dalla difesa della curatela. Fra i precedenti di merito, in senso conforme, cfr. Trib. Ca
gliari 8 novembre 2000, id.. Rep. 2001, voce Prova documentale, n. 27. Sebbene solo indirettamente, in senso conforme, Cass. 17 luglio
1993, n. 7944, id., Rep. 1993, voce cit., n. 22, nella quale si è precisato che l'eccezione poteva essere proposta in appello secondo il regime di cui all'art. 345 c.p.c., nel testo vigente prima della novella del 1990, che consentiva la proposizione delle eccezioni, senza distinguere, come accade nell'attuale art. 345 c.p.c., fra eccezioni rilevabili d'ufficio ed eccezioni rilevabili solo ad iniziativa di parte. Non paiono, invece, utili come precedenti, gli altri richiamati in motivazione in quanto l'indiriz zo implicitamente omogeneo è tratto dall'espressione «la scrittura pri vata allegata a documentazione della pretesa è soggetta alle regole det tate dall'art. 2704, 1° comma, c.c. in tema di certezza e computabilità della data riguardo ai terzi, le quali possono essere fatte valere — nel l'interesse della massa o del fallito — dal curatore, data la sua posizio ne di terzietà rispetto agli atti compiuti dal fallito medesimo» che appa re troppo generica per essere riferita alla consapevolezza che il requi sito della certezza della data di un documento possa essere opposto solo su richiesta del curatore.
Per valutare la correttezza della decisione (per vero apodittica) —
alla quale può, se mai essere obiettato di aver reso più complicata la ge stione delle procedure nel contesto dell'accertamento del passivo visto che il curatore deve costituirsi nei giudizi ex art. 98 e 101 1. fall, anche al solo scopo di far valere l'eccezione predetta — occorre considerare che la discussione ruotava su un'eccezione opposta rispetto ad un mez zo di prova, talché non appare congruente evocare la nota letteratura secondo la quale, nell'incertezza, l'eccezione dovrebbe essere qualifi cata come riievabile anche in via officiosa (cfr., per tutti, Oriani, Ecce
zione rilevabile di ufficio e onere di tempestiva allegazione; un discor so ancora aperto, id., 2001, I, 127, in nota a Cass. 11 agosto 2000, n.
10640, che ha recepito il principio secondo il quale le eccezioni in sen so stretto rappresentano 1'«eccezione»).
Appare, invece, più coerente il confronto con le eccezioni in materia di prova e più esattamente con le disposizioni che pongono limiti alla ammissibilità delle prove nel processo. Allora è agevole notare come la
regola sia proprio quella della rilevabilità ad iniziativa di parte; cfr., a
proposito della prova testimoniale, Cass. 30 luglio 2004, n. 14587, id.,
Rep. 2004, voce Prova testimoniale, n. 15; 20 febbraio 2004, n. 3392, ibid., n. 6; 1° luglio 2002, n. 9553, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 22; 15 novembre 1999, n. 12634, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 28; 15 giugno 1999, n. 5925, ibid., n. 26; 12 maggio 1999, n. 4690, ibid., n. 6; 3 aprile 1999, n. 3287, ibid., n. 10; 16 marzo 1996, n. 2213, id.. Rep. 1996, vo ce cit., n. 13; 25 marzo 1995, n. 3550, id., Rep. 1995, voce cit., n. 17; 9 marzo 1995, n. 2747, id., Rep. 1996, voce cit., n. 5; 21 ottobre 1993, n.
10433, id., Rep. 1993, voce cit., n. 7; 1° ottobre 1991, n. 10206, id.,
Rep. 1991, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 172; 10 aprile 1990, n. 2988, id., Rep. 1990, voce Prova testimoniale, n. 2; 17 no vembre 1982, n. 6172, id., Rep. 1982, voce cit., n. 3; 4 marzo 1981, n. 1262, id., Rep. 1981, voce cit., n. 2; 15 maggio 1980, n. 3231, ibid., n. 34. In dottrina. Dondi, Prova testimoniale nel processo civile, voce del
Digesto civ., Torino, 1997, XVI, 54; Taruffo, Prova testimoniale, voce
del\'Enciclopedia del diritto, Milano, 1988, XXXVII, 744; Comoglio, Le prove civili, Torino, 2004, 430; contra, però. Micheli, Corso di di ritto processuale, Milano, 1960, 151. [M. Fabiani]
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