sezione I civile; sentenza 23 aprile 1985, n. 2667; Pres. Moscone, Est. Senofonte, P. M. Di Rienzo(concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Linguiti) c. Soc. Birra Peroni (Avv. Perrone). CassaComm. trib. centrale 12 giugno 1982, n. 3688Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1985), pp. 1991/1992-1993/1994Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177794 .
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1991 PARTE PRIMA 1992
del calcolo è, perciò, la seguente: 359/365 meno x/365. Solo cosi,
infatti, si raggiunge il risultato dell'esatta sottrazione dei giorni di
fermo: se il numero di tali giorni fosse ad esempio 10, e quindi le effettive giornate di produzione (sempre considerando l'anno
convenzionale, che la finanza sembra avere sempre considerato,
poiché la legge istitutiva dei « contatori » non ha avuto, almeno
con riferimento al caso di specie, concreta attuazione) fossero
349, a tale risultato si giunge solo attraverso la seguente espres sione matematica: 359/365 meno 10/365; mentre, se si adottasse il denominatore 359, il risultato sarebbe quello di considerare una « fermata » di dieci giorni maggiorata di una frazione di giorno. Giova infatti ribadire — per una più sicura comprensione di
quanto esposto — che il sistema di calcolo dell'imposta è fatto attraverso il parametro dei giorni (359, infatti, sono « giorni », non « quantum d'imposta ») e che questi ultimi non possono essere rappresentati altro che da un'espressione frazionaria avente denominatore 365. Cosi, se in ipotesi l'imposta fosse determinata
in un complessivo ammontare di lire 359, la detrazione per la
fermata di un « ulteriore » giorno non potrebbe essere operata:
a) né sottraendo 1/365 e 359, poiché si tratta di due entità
eterogenee («giorno» e «imposta»); b) né sottraendo 1/359 a
359, poiché 1/359 sarebbe « frazione di imposta », non frazione
dell'anno (e la detrazione, in sede di determinazione del parame tro, va fatta in ragione delle frazioni di anno). Trecentocinquan tanove lire di imposta, infatti, è (nell'esempio fatto) il tributo che
si pagherebbe non già per 359 giorni, bensì per tutto l'anno (la riduzione forfettaria, infatti, è solo « convenzionale », ma non
deriva affatto da alcuna « non assoggettabilità a imposta», o « esenzione », relativa a un particolare periodo dell'anno); di
modo che, se è esatto il calcolo (riferito al parametro dei giorni) che 359 giorni meno uno dà il risultato di 358 giorni, non è per nulla esatto che quell'ipotetica imposta di lire 359 debba essere
ridotta (sempre per quel giorno di « ulteriore » fermata) a 358
lire, proprio perché la riduzione non va operata direttamente sull'ammontare dell'imposta, bensì attraverso il parametro dei
giorni. E allora, se si considera che l'imposta di lire 359 è
rapportata ai 365 giorni dell'anno, per ciascuno dei trecentoses
santacinque giorni dovrà considerarsi dovuto un tributo (non già di una lira, bensì) di lire 0,9835. Nell'esempio fatto, quindi, se si
calcola un « ulteriore » giorno di fermata, l'imposta non sarà di lire 358 (come i « giorni »), bensì di lire 358,0165.
Ciò stabilito, il conseguente ragionamento resta semplificato.
Se il criterio di interpretazione della legge è quello informato al principio delle perfetta corrispondenza tra il « prodotto » e il « tassato », ha ben scarso rilievo lo stabilire se il ministro delle finanze abbia, con i decreti ministeriali emessi dal 1960 in poi (i quali decreti possono solo integrare o rendere esplicito il dettato della legge, non modificarlo), inteso correggere il proprio (palese) errore commesso con la circolare del 1949, ovvero innovare
rispetto a una precedente prassi, ovvero, infine (come sostiene la
ricorrente), mantenere ferma quest'ultima. Certo è che, una volta
ripudiata (di fatto) tale prassi, non può in alcun modo farsi carico alla finanza di non avere rispettato il dettato legislativo allorché ha adottato quell'esatto parametro di calcolo dell'imposta che ha dato luogo alla presente controversia. Questa stessa soluzione del problema giuridico è stata felicemente intuita dalla
ricordata sentenza n. 3666 del 1984 e, pertanto, sono i principi da essa espressi che, in sede di risoluzione del contrasto giurispru denziale (art. 374, 2° comma, c.p.c.) devono essere confermati e ribaditi.
Esula dalla presente controversia lo stabilire se la determina zione forfettaria del canone di abbonamento, così come ideata dall'amministrazione finanziaria (il c.d. « anno convenzionale ») si traduca anch'essa in una sostanziale violazione di quel principio di « effettiva corrispondenza » del quale si è detto (e la ricordata 1. n. 1029/61, tendeva sicuramente alla eliminazione di tale « inconveniente »). La controversia, infatti, ha ad oggetto unica
mente il criterio di calcolo per gli « ulteriori » giorni di fermata della singola filiera, di modo che la pronuncia di questa corte
deve essere limitata a quel tema. Quanto finora è stato detto è
perciò sufficiente al fine di decidere in ordine alla fondatezza del
ricorso, la quale deve in concreto essere affermata.
11 ricorso proposto dall'amministrazione finanziaria deve, per
tanto, essere accolto e la sentenza impugnata — in quanto informata a un principio opposto a quello più sopra affermato —
deve essere cassata, col conseguente rinvio della causa a un altro
giudice (che si designa nella Corte d'appello di Roma), tenuto a
uniformarsi, in sede di riesame, all'enunciato principio di diritto.
(Omissis)
Il Foro Italiano — 1985.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 aprile 1985, n. 2667; Pres. Moscone, Est. Senofonte, P. M. Di
Rienzo {conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Linguiti) c. Soc. Birra Peroni (Aw. Perrone). Cassa Comm. trib. centrale
12 giugno 1982, n. 3688.
Tributi in genere — Ricorso alla Commissione tributaria centrale — Termine — Deposito tempestivo presso la segreteria della
Commissione tributaria centrale — Trasmissione tardiva alla
segreteria del giudice « a quo » — Inammissibilità (D.p.r. 26 ot
tobre 1972 n. 636, revisione della disciplina del contenzioso
tributario, art. 25).
È inammissibile il ricorso alla Commissione tributaria centrale
che sia stato trasmesso tempestivamente alla segreteria dello
stesso organo giurisdizionale, nel caso in cui venga trasmesso
alla segreteria del giudice a quo successivamente alla scadenza del termine di sessanta giorni previsto dal 1" comma dell'art.
25 d.p.r. 636/72. (1)
Svolgimento del processo. — Con decisioni del 7 febbraio 1979, la commissione tributaria di I grado di Roma, in parziale
accoglimento dei ricorsi proposti dalla s.p.a. « Birra Peroni »
avverso gli avvisi di accertamento del locale ufficio distrettuale
delle imposte dirette, determinò, ai fini dell'imposta di ricchezza
mobile, e, conseguentemente dell'imposta sulle società, in lire
negative 561.150.662 per il 1972 e in lire 665.370.865 per il
1973 il reddito della ricorrente.
Con decisioni del 20 maggio 1980, la commissione di II grado
rigettò gli appelli dell'ufficio, il quale, ricevuta, in data 16 aprile 1981, comunicazione dei dispositivi, impugnò le decisioni, con
ricorso dell'8 giugno 1981 alla Commissione centrale, depositati nella segreteria della medesima il successivo giorno 10 e pervenu ti alla segreteria della commissione di II grado il giorno 8 luglio dello stesso anno.
Con la decisione in questa sede impugnata, la Commissione
centrale, riuniti i ricorsi, li ha rigettati. L'ufficio ha proposto ricorso per cassazione (n. 2489/83) con un
solo complessivo motivo, cui la società intimata resiste con controri
corso e memoria. Il ricorso, non essendo stato chiesto alla segreteria del giudice a quo di trasmettere il fascicolo d'ufficio alla cancelleria
di questa corte, è stato tempestivamente (e ritualmente) riproposto
(n. 4196/83), ma non seguito da nuova condizione della resistente.
Motivi della decisione. — I due ricorsi vanno riuniti (art. 335
c.p.c.): quello anteriormente proposto (n. 2489/83) è improce
dibile, per omessa richiesta di trasmissione del fascicolo d'ufficio
(art. 369 c.p.c.). Relativamente al secondo, occorre, preliminarmente, rilevare
che, ai sensi dell'art. 25 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, il ricorso
alla Commissione tributaria centrale deve essere proposto nel
termine di sessanta giorni dalla notificazione (al contribuente) o
dalla comunicazione (all'amministrazione finanziaria) del disposi tivo della decisione impugnata, mediante presentazione dell'atto
alla segreteria del giudice a quo, la quale, nella successione
cronologica dei vari termini previsti dalla stessa norma, provvede all'istruttoria dell'impugnazione (notificazione di copia del ricorso
alla controparte, ricezione di memorie e dell'eventuale impugna zione incidentale di quest'ultima) e, decorso l'ulteriore termine a
disposizione delle parti per prendere visione del fascicolo e per il ritiro della copia delle deduzioni di controparte, trasmette gli atti del giudizio di I e II grado, con copia della decisione
impugnata, alla Commissione centrale.
Ne deriva che se il ricorso venga presentato direttamente alla
segreteria della Commissione centrale e questa lo trasmetta alla
segreteria della commissione di II grado, per gli adempimenti
previsti dalla norma citata, la tempestività dell'impugnazione deve
essere accertata in relazione alla data dell'unico termine previsto
dal legislatore per l'inizio delle operazioni preliminari alla deci
sione della Commissione centrale, ossia alla data di ricezione del
(1) In senso conforme v., da ultimo, Cass. 29 novembre 1983, n. 7157, Foro it., 1984, I, 1327, con nota di richiami.
Nel senso che è ugualmente inammissibile il ricorso tempestivamente
spedito ma giunto tardivamente alla segreteria del giudice a quo v., oltre i richiami in nota a Cass. 7157/83, Comm. trib. centrale 22
aprile 1983, n. 459, id., Rep. 1983, voce Tributi in genere, n. 958; 26 marzo 1983, n. 323, ibid., n. 959; 2 luglio 1982, n. 3547, ibid., n. 960; 25 marzo 1982, n. 1611, ibid., n. 963.
Sulla disciplina del ricorso in Cassazione avverso le decisioni della Commissione tributaria centrale v. Cass. 16 aprile 1984, n. 2440, id., 1984, I, 2232, con nota di richiami; sui termini applicabili alle
impugnazioni nel giudizio tributario cfr. Comm. trib. centrale 6 dicembre 1983, n. 4424, ibid., Ili, 401, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ricorso da parte della segreteria della commissione di II grado, rimanendo, perciò, priva di qualsiasi rilevanza la data di presen tazione del ricorso alla segreteria della Commissione centrale
(Cass. 7157/83, Foro it., 1984, I, 1327; 4826/81, id., Rep. 1982, voce Tributi in genere, ti. 807; 4827, 4828, 1312, 1339, 1314 del
1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 913, 914, 918, 917, 605). Con la
conseguenza che, nel caso in cui il ricorso sia stato trasmesso alla
(segreteria della) commissione di II grado successivamente alla sca denza del termine di sessanta giorni previsto dal 1° comma dell'art. 25 cit., sulla decisione di quest'ultima deve intendersi formato il
giudicato interno, rilevabile d'ufficio anche in sede di legit timità (Cass. 3541/84, id., 1984, I, 3651; 2391/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 747; 3025/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 867;
6081/79, id., Rep. 1979, voce cit., n. 581, e altre conformi). Nella specie è accaduto proprio questo: i ricorsi dell'ufficio
avverso le decisioni della commissione di II grado sono stati
trasmessi alla segreteria della medesima (dalla segreteria della
Commissione centrale alla quale erano stati presentati) in data 8
luglio 1981 e, quindi, dopo sessanta giorni dalla data (16 aprile 1981) di comunicazione dei dispositivi delle decisioni impugnate.
La Commissione centrale ha, tuttavia, omesso di rilevare che
queste ultime erano passate in giudicato e, con la decisione ora
impugnata, stt è kritualmente pronunciata sul merito.
La decisione deve essere, pertanto, cassata senza rinvio (art.
382, ult. comma, c.p.c.). (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civàie; sentenza 15 aprila 1985, in. 2489; Pres. Falcone, Est. Bologna, P. M. Iannelli
(conci, conf.); Comune di Poi lena Trocchia (Avv. Scopece) c.
De Carolis (Avv. Pranzataro). Conferma App. Napoli 23 set
tembre 1982.
Espropriazione per pubblico interesse — Usufruttuario — Inden
nità aggiuntiva — Spettanza (L. 22 ottobre 1971 n. 865,
programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; ecc., art. 17).
All'usufruttuario, coltivatore di terreno occupato in via d'urgenza,
spetta l'indennità aggiuntiva prevista dall'art. 17, 2° comma, l.
22 ottobre 1971 n. 865. (1)
11
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 2 aprile 1985, n. 2257; Pres. Santulli, Est. Scordo, P. M. Dettori
(conci, conf.); Soc. Autostrada Torino-Milano (Avv. Rosati,
Boggio, Garelli) c. Bellomo; Bellomo (Avv. Contaldi, Corica) c. Soc. Autostrada Torino-Milano. Conferma App. Torino 16
giugno 1982.
Espropriazione per pubblico interesse — Costruzioni autostradali — Espropriazione parziale — Affittuario — Indennità aggiunti va — Spettanza (L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 17; 1. 27
giugno 1974 n. 247, conversione in legge, con modificazioni, del
d.l. 2 maggio 1974 n. 115, recante norme per accelerare i
programmi di edilizia residenziale, art. unico).
All'affittuario di un terreno parzialmente espropriato per la rea
lizzazione di un'opera autostradale spetta, ove il decreto di
esproprio sia successivo all'entrata in vigore della l. 247/74, l'indennità aggiuntiva prevista dall'art. 17, 2° comma, l.
865/71.(2)
(1) Non si rinvengono precedenti editi. Per un'ipotesi di espropriazione di fondo gravato da usufrutto, ma
regolata, per la determinazione della relativa indennità, dalla 1.
2359/1865, v., da ultimo, Cass. 30 luglio 1982, n. 4364, Foro it., Rep. 1982, voce Espropriazione per p.i., n. 143.
(2) In tema di indennità aggiuntiva all'affittuario, v. Cass. 14 aprile 1981, n. 2225, Foro it., 1981, I, 2458, con nota redazionale di D.
Bellantuono, la quale ha escluso ch'essa competesse all'affittuario
capitalista, non diretto coltivatore del fondo. La circostanza che l'affittuario abbia, nella fattispecie, domandato il
pagamento della medesima indennità già attribuita al proprietario non coltivatore a ragione dell'esproprio parziale del fondo (e non abbia
invece proposto opposizione a quella stima), mette fuori gioco la
questione della compatibilità del criterio differenziale ex art. 40 I.
2359/1865, in tema di espropriazione parziale, con la disciplina prevista dalla 1. 865/71 circa i criteri di determinazione dell'indennità
Il Foro Italiano — 1985 — Parte J-128.
I
Svolgimento del processo. — Giuseppe De Carolis conveniva in
giudizio davanti al Tribunale di Napoli il comune di Pollena
Trocchia, l'impresa De Piano e le cooperative s.r.l. regione Campania n. 380, regione Campania n. 349, regione Campania Camaldoli n. 258, regione Campania Brusciano n. 286, quali dele
gate del comune di Pollena Trocchia ai sensi dell'art. 60 1. 865/71, per sentir dichiarare il suo diritto — nella qualità di usufrut tuario — alla indennità di conduzione di cui all'art. 17 della stessa legge con gli interessi maturati e con un futuro conguaglio ai sensi della 1. 385/80.
A sostegno della domanda il De Carolis precisava di essere
stato privato del possesso di un fondo in Pollena Trocchia in
virtù di decreto di occupazione emesso dal sindaco in vista
della espropriazione preordinata alla costruzione di alloggi popo lari da parte delle suddette cooperative ed a mezzo della impresa De Piano: deduceva altresì che i convenuti, pur non contestando
di esproprio; questione, la soluzione della quale è stata lasciata da ultimo impregiudicata da Cass., sez. un., 24 ottobre 1984, n. 5401, id., 1985, I, 47, con nota di F. Pietrosanti, ma che è stata risolta nel senso dell'applicabilità del criterio differenziale, recato dalla 1. 2359/1865, anche al calcolo dell'indennizzo da determinarsi ex art. 16 1. 865/71, da Cass. 21 novembre 1981, n. 6189, id., Rep. 1981, voce Espropriazione per p.i., n. 217; 7 giugno 1977, n. 2337, id., Rep. 1978, voce cit., n. 88; App. Brescia 4 febbraio 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 169; Trib. Roma 10 luglio 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 178; Trib. Napoli 5 marzo 1976, ibid., n., 91; Trib. Napoli 23 aprile 1975, id., Rep. 1975, voce cit., n. 228.
Con riferimento all'espropriazione parziale, disposta, antecedente mente all'entrata in vigore della 1. 247/74, per l'esecuzione di una variante stradale non alterante i capisaldi del tracciato preesistente, Cass. 29 aprile 1976, n. 1535 (id., 1977, I, 1525, con nota di richiami, cui adde, in senso contrario, App. Perugia 2 agosto 1979, id., Rep. 1981, voce Strade, n. 23) fece applicazione, ai fini della determinazio ne dell'indennità, dei criteri specificamente stabiliti dall'art. 23 1. 12 febbraio 1958 n. 126, recante speciali disposizioni per la sistemazione delle strade ad uso pubblico, e non dei criteri di cui alla 1. 2359/1865, richiamati dall'art. 8 1. 21 maggio 1955 n. 463, relativa alla diversa
ipotesi della costruzione di autostrade, invece ricorrente nella vicenda processuale di cui alla sentenza che si riporta.
Per questioni applicative dell'art. 40 1. 2359/1865, v. Cass. 10 febbraio 1982, n. 830, id., Rep. 1982, voce Espropriazione per p.i., n.
102; 20 gennaio 1982, n. 353, ibid., n. 103; 26 febbraio 1981, n. 1181, ibid., n. 104; 23 giugno 1980, n. 3932, id., 1982, I, 538, con nota di richiami.
In punto di competenza (in I grado) del tribunale {e non della corte d'appello, in unico grado, ex art. 19 1. 865/71) a conoscere della domanda dall'affittuario avanzata nei confronti dell'espropriante (non per opporsi alla stima, ma, come nella fattispecie) per chiedere l'indennità aggiuntiva ex art. 17, 2° comma, 1. 865/71, v. Cass. 23 dicembre 1981, n. 6763, id., Rep. 1982, voce cit., n. 53; competenza del tribunale in composizione ordinaria e non della sua sezione spe cializzata agraria (Cass. 21 ottobre 1981, n. 5505, id., 1982, I, 727).
Sull'autonomia della posizione dell'affittuario, rispetto a quella del
proprietario espropriato e sulla sua legittimazione a domandare l'in dennità a lui spettante, v. Cass. 19 maggio 1983, n. 3448, id., 1983, I, 2140, con nota di richiami.
Per l'affermazione del principio, ormai di pacifico assenso, secondo cui a tutte le espropriazioni, disposte con decreto successivo alla 1.
247/74, si applicano i criteri determinativi dell'indennità recati dalla 1.
865/71, ancorché fossero antecedentemente applicabili quelli di cui alla 1. 2359/1865, v. Cass., sez. un., 1° marzo 1983, n. 1525, ibid., 617, con osservazioni di C. M. Barone; 11 agosto 1982, n. 4525, ibid., 396, con nota di ulteriori richiami, cui adde Cass. 2 aprile 1982, n.
2018, ibid., 2835. La decisione che si riporta, richiamandosi alla persistente vigenza ed
applicabilità alla fattispecie (relativa ad espropriazione di terreno
agricolo) della 1. 247/74, pur a seguito di Corte cost. 5/80 (id., 1980,
I, 273, con nota di richiami di C. M. Barone), implicitamente confer ma l'orientamento recentemente ribadito dalle sezioni unite (sent. 5401/84, cit.) secondo il quale quella decisione (e la successiva 223/83 id., 1983, I, 2057, con nota di richiami ed osservazioni di C. M.
Barone, relativa alla 1. 385/80) ha dichiarato l'incostituzionalità dei
criteri indennitari di cui all'art. 16 1. 865/71, e della loro estensione ex 1. 247/74 a tutte le espropriazioni, soltanto in quanto siano
applicabili alla stima di aree edificabili. Nel senso che, tuttavia, la posteriorità all'entrata in vigore della 1.
247/71 (ai fini dell'applicabilità del menzionato criterio indennitario ex .1. 865/71 alle espropriazioni altrimenti regolate ex 1. 2359/1865) dev'essere scrutinata non in relazione al decreto di esproprio o di
occupazione d'urgenza, ma al momento in cui il diritto dell'affittuario si estingua in seguito all'irreversibile apprensione del fondo con la costruzione dell'opera pubblica, cfr. Cass. 14 aprile 1982, n. 2228, id., Rep. 1982, voce cit., n. 52; 14 ottobre 1981, n. 5390, id., Rep. 1981, voce cit., n. 101.
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