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sezione I civile; sentenza 23 aprile 1993, n. 4767; Pres. Corda, Est. Nardino, P.M. Tridico (concl....

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sezione I civile; sentenza 23 aprile 1993, n. 4767; Pres. Corda, Est. Nardino, P.M. Tridico (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Guadaloppa; Guadaloppa (Avv. U. Natoli, Tateo) c. Min. finanze. Conferma App. Milano 18 settembre 1987 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 1391/1392-1395/1396 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187930 . Accessed: 28/06/2014 10:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.116 on Sat, 28 Jun 2014 10:31:47 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 23 aprile 1993, n. 4767; Pres. Corda, Est. Nardino, P.M. Tridico (concl.diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Guadaloppa; Guadaloppa (Avv. U. Natoli,Tateo) c. Min. finanze. Conferma App. Milano 18 settembre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 1391/1392-1395/1396Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187930 .

Accessed: 28/06/2014 10:31

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1391 PARTE PRIMA 1392

chi, il che induce a formulare l'auspicio che dagli enti di auto

nomia vengano adottate analoghe misure idonee a conferire ef

fettiva utilità a tale tipo di iniziative.

16. - La regione Friuli-Venezia Giulia impugna, infine, l'art.

24 1. n. 412 del 1991, che istituisce l'anagrafe degli incarichi

per i pubblici dipendenti (1° e 2° comma) ed affida al ministro

per la funzione pubblica di stabilire gli obiettivi annuali per la riduzione del numero degli incarichi (3° comma); la ricorren

te sostiene che tali disposizioni lederebbero il potere di autorga nizzazione ad essa attribuito dall'art. 4, n. 1, dello statuto.

In proposito, si deve osservare che il 3° comma dell'art. 24

non riguarda le regioni in quanto assegna il compito di cui so

pra al ministro per la funzione pubblica, che non ha attribuzio

ni relativamente al personale delle regioni.

Diversamente, deve ritenersi per il 1° e 2° comma del medesi

mo art. 24, che non contengono alcuna specificazione di sog

getti destinatari, cosi riferendosi a tutti i pubblici dipendenti, ma senza per questo ledere le autonomie regionali. Dette dispo sizioni assolvono infatti ad esigenze di informazione al fine del

contenimento della spesa nel pubblico impiego, che, come già rilevato in precedenza (punto 14), giustifica la raccolta di dati

in un'anagrafe centrale, all'uopo istituita presso un organo del

lo Stato.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale — sollevate con i ricorsi indicati in epigrafe — dei seguenti arti

coli della 1. 30 dicembre 1991 n. 412 (disposizioni in materia

di finanza pubblica); — 4, 11° comma; questioni sollevate in riferimento agli art.

da 4 a 8 e al titolo VI dello statuto dalla regione Friuli-Venezia

Giulia; 3, lett. /, 4 dello statuto e 119 Cost, dalla regione Val

d'Aosta; 8, 9, 16, 104 e titolo VI dello statuto ed ai d.p.r. n.

474 del 1975 e n. 197 del 1990 dalla provincia autonoma di

Bolzano; 5, 6 e titolo III dello statuto dalla regione Sardegna;

17, 36 e 38 dello statuto dalla regione Sicilia; 3, 32, 116 Cost,

dalle regioni Sicilia, Valle d'Aosta e Sardegna e dalle province autonome di Trento e di Bolzano; 81 Cost, e 27 1. n. 468 del

1978 dalle dette province autonome e dalle regioni Sicilia, Valle

d'Aosta e Sardegna; 5 1. n. 386 del 1989 dalle dette province

autonome; 3 Cost, e 38, 3° e 4° comma, 4, 1° comma, 3, lett.

/, 12, 3° comma, dello statuto dalla regione Valle d'Aosta; 3,

116, 119 Cost, dalla regione Sicilia; — 4, 5° comma; questione sollevata in riferimento all'art.

119 Cost, dalla regione Toscana; — 4, 8° comma; questione sollevata in riferimento agli art.

117, 118, 119, 130 Cost, dalla regione Lombardia; — 4, 15° comma; questione sollevata in riferimento agli art.

117, 118 e 119 Cost, dalla regione Lombardia; — 6, 1° comma; questione sollevata in riferimento agli art.

117 e 118 Cost, dalla regione Lombardia; — 9; questione sollevata in riferimento agli art. 8, n. 1, e

16 dello statuto dalla provincia autonoma di Bolzano; 3, lett.

a, e 6 dello statuto dalla regione Sardegna; — 19; questione sollevata in riferimento agli art. 16 e 80 del

lo statuto, nonché 1 delle norme di attuazione approvate con

d.p.r. n. 473 del 1975, dalla provincia autonoma di Bolzano;

3, 81, 119 Cost, e titolo VI dello statuto regionale dalla provin cia di Trento; 3, 97, 117, 119 Cost, dalle regioni Toscana e

Lombardia; — 22; questione sollevata in riferimento all'art. 4, n. 1, dello

statuto dalla regione Friuli-Venezia Giulia; 8, 9, 16 dello statu

to dalla provincia autonoma di Bolzano; 3, lett. a, 4, 5, 6 dello

statuto dalla regione Sardegna; — 23; qustione sollevata in riferimento agli art. 117 e 119

Cost, dalla regione Toscana;

24, 1° e 3° comma; questione sollevata in riferimento all'art.

4, n. 1, dello statuto dalla regione Friuli-Venezia Giulia.

Il Foro Italiano — 1993.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 aprile

1993, n. 4767; Pres. Corda, Est. Nardino, P.M. Tridico

(conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c.

Guadaloppa; Guadaloppa (Avv. U. Natoli, Tateo) c. Min.

finanze. Conferma App. Milano 18 settembre 1987.

CORTE DI CASSAZIONE;

Valore aggiunto (imposta sul) — Detrazioni — Condizioni —

Soddisfazione del credito del cedente da parte del cessionario — Irrilevanza (D.p.r. 22 ottobre 1972 n. 633, istituzione e

disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 19). Valore aggiunto (imposta sul) — Variazioni — Emissioni di no

te di credito da parte del cedente — Conseguenze sul diritto

di detrazione del cessionario (D.p.r. 22 ottobre 1972 n. 633, art. 26).

Il diritto di detrarre dall'ammontare dell'imposta sul valore ag

giunto dovuta dal cessionario di beni gravati di Iva quello

dell'imposta allo stesso addebitata a titolo di rivalsa non è

subordinato al previo soddisfacimento del credito del

cedente. (1) La mera emissione di note di credito da parte del cedente di

beni assoggettati ad Iva non comporta, per il cessionario che

non risulti aver ricevuto tali documenti né aver concordato

con il cedente la variazione, la perdita del diritto di portare in detrazione l'Iva afferente alla cessione di tali beni. (2)

Svolgimento del processo. — Sulla base di processi verbali

di constatazione redatti, nel corso del 1982, nei confronti di

Franco Guadaloppa, esercente in Vigevano un'impresa di car

penteria edile, l'ufficio Iva di Pavia notificava al contribuente, in data 11 ottobre 1983, avviso di rettifica della dichiarazione

Iva per l'anno 1979, accertando una indebita detrazione d'im

(1) La palese ovvietà del principio enunciato in massima spiega per ché lo stesso non trovi precedenti nella giurisprudenza della Suprema corte. Ciò che invece appare inspiegabile è come l'avvocatura dello Sta

to, trascorsi venti anni dall'entrata in vigore dell'imposta sul valore

aggiunto, abbia potuto sostenere che «in via di principio» non sarebbe consentita la detrazione, da parte del cessionario dei beni, dell'imposta a lui addebitata a titolo di rivalsa ma non pagata al cedente (!).

Diverso il discorso ove si tratti di operazioni inesistenti: in questo caso, la mera registrazione della fattura, che fittiziamente pone a carico del cessionario l'imposta sul valore aggiunto, non legittima tale sogget to a detrarla. Sul punto, v. Comm. trib. centrale 27 agosto 1991, n.

5810, Foro it., Rep. 1991, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 256; 15 giugno 1987, n. 1792, id., Rep. 1987, voce cit., n. 269; Comm. trib. I grado Ferrara 23 gennaio 1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 157 (d'altro canto, in tali ipotesi, la detrazione non è consentita anche

qualora il (finto) cessionario abbia corrisposto al (finto) cedente l'im

posta sull'operazione inesistente). Sulla rilevanza, ai fini dell'individuazione del momento temporale in

cui effettuare la detrazione, della registrazione della fattura con la qua le si addebita l'Iva a titolo di rivalsa, v. Cass. 17 maggio 1984, n. 3055, id., Rep. 1984, voce cit., n. 110; Comm. trib. centrale 24 luglio 1986, n. 6589, id., Rep. 1986, voce cit., n. 152.

Un caso affatto particolare di indetraibilità dell'imposta dovuta dal contribuente, ma da questi non ancora pagata, si era posto nella pratica con riguardo alle importazioni effettuate col beneficio della dilazione di cui al d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43; in relazione a tali fattispecie, il ministero delle finanze aveva ripetutamente sostenuto che il mancato versamento in dogana dell'imposta dovuta dal contribuente impediva la sua detrazione ai sensi dell'art. 19 d.p.r. 633/72 (questo sino all'en trata in vigore del d.p.r. 29 gennaio 1979 n. 24): cosi le note 24 gennaio 1977, n. 362666, Repertorio tributario della prassi amministrativa e del la giurisprudenza, Piacenza, 1986, II, 2, 2192; 18 aprile 1979, n. 410199, ibid.; 18 maggio 1979, n. 361707, ibid., 2193.

(2) Non risultano precedenti in termini nella giurisprudenza della Su

prema corte. Sulla procedura di variazione di cui all'art. 26 d.p.r. 26 ottobre 1972

n. 633, v., sotto altri profili, Cass. 14 dicembre 1988, n. 6808, Foro it., Rep. 1989, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 108; Comm. trib. centrale 15 giugno 1988, n. 4928, id., Rep. 1988, voce cit., n. 145; 1° dicembre 1987, n. 8833, ibid., n. 146; Comm. trib. II grado Pavia 10 ottobre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 142. Sulla inapplicabilità della procedura di variazione di cui all'art. 26, 2° comma, nel caso che le fatture da rettificare siano state emesse per operazioni inesistenti, v. Comm. trib. II grado Ravenna 26 marzo 1985, id., Rep. 1985, voce cit., n. 137.

Sull'art. 26, v. anche min. fin., circ. 9 agosto 1975, n. 27/501706,

Repertorio tributario della prassi amministrativa e della giurisprudenza, cit., 1983, I, 988. [M. Annecchino]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

posta per lire 4.662.000 (e riducendo di pari importo il credito

dichiarato, per detta annualità, in lire 34.389.000). La rettifica veniva motivata con il rilievo che il Guadaloppa

aveva computato in detrazione l'Iva — per complessive lire

4.662.000 — afferente a tre fatture emesse in data 4 aprile 1979

dalla Doma Import s.p.a. per la fornitura, rimasta in realtà

ineseguita, di case prefabbricate.

Respinti dalle commissioni di primo e secondo grado i ricorsi

proposti contro l'avviso di rettifica dal Guadaloppa, questi con

veniva l'amministrazione finanziaria innanzi alla Corte d'appel lo di Milano, con citazione del 3 dicembre 1985, insistendo nel

sostenere l'insussistenza dell'addebito contestatogli. Deduceva, in particolare, il contribuente di aver consentito all'emissione

delle fatture in questione, in anticipo sulla esecuzione di una

parte della fornitura, che era rimasta poi inadempiuta, cosi da

legittimare il rifiuto, da parte di esso Guadaloppa, di onorare

gli effetti cambiari rilasciati in pagamento anticipato alla vendi

trice. Sottolineata, in tal modo, la legittimità dell'annotazione

delle suddette fatture nel registro degli acquisti, soggiungeva il

contribuente di non aver mai ricevuto le note di accredito 25

ottobre 1979, emesse dalla Doma per importi corrispondenti a

quelli delle fatture stesse e rinvenute nel corso di una verifica

tributaria eseguita nei confronti della società fornitrice, al cui

fraudolento operato (verosimilmente inteso a far risultare un

più ridotto volume di affari e di corrispettivi imponibili) egli si protestava affatto estraneo, precisando di essere stato assolto

con la più ampia formula («perché il fatto non sussiste») dal

reato di cui all'art. 50 d.p.r. 633/72.

In contraddittorio della convenuta amministrazione, l'adita

corte d'appello accoglieva l'impugnazione con sentenza del 18

settembre 1987, osservando in motivazione: a) che il diritto del

cessionario di beni alla detrazione di cui all'art. 19 del decreto

istitutivo dell'Iva è esercitabile indipendentemente dall'effettivo

pagamento del tributo da parte del cedente e dal versamento

a quest'ultimo di pari importo, in via di rivalsa, da parte del

cessionario; b) che non poteva fondatamente contestarsi al Gua

daloppa la violazione dell'art. 26 d.p.r. 633/72, in relazione

all'omessa registrazione delle note di accredito, dovendo queste

collegarsi — ove pur non fossero riferibili a fraudolento com

portamento della sola Doma Import — alla risoluzione del con

tratto di fornitura, transattivamente concordata con atto del 26

ottobre 1980 e, quindi, in epoca successiva alla scadenza del

termine annuale entro il quale, a norma dell'art. 26 d.p.r. 633/72,

il Guadaloppa avrebbe potuto legittimamente annotare la varia

zione d'imponibile dell'operazione originariamente negoziata con

un contratto del 16 dicembre 1978, poi sostituito con altro con

tratto del 6 febbraio 1980.

Per la cassazione di tale sentenza l'amministrazione delle fi

nanze ha proposto ricorso a questa corte deducendo un unico

motivo di censura. Il Guadaloppa ha resistito con controricor

so, con il quale ha impugnato in via incidentale la sentenza.

Motivi della decisione. — 1. - I ricorsi proposti contro la

medesima sentenza vanno riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c.

2. - Con l'unico motivo del ricorso principale l'amministra

zione finanziaria, denunciando violazione e falsa applicazione

degli art. 19 e 26 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633 nonché insuffi

ciente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, censura

l'impugnata sentenza per avere affermato che la «inesecuzione»

delle forniture corrispondenti alle tre fatture nn. 11, 12 e 13

in data 4 aprile 1979 «non valesse a conferire fondamento al

l'impugnato avviso di rettifica» e lasciasse persistere «il diritto

alla contestata detrazione... indipendentemente... dall'avvenuto

o meno versamento dell'imposta relativa, in via di rivalsa, da

parte del cessionario Guadaloppa e senza che, in contrario, po

tesse rilevare l'avvenuto o meno pagamento dell'imposta da parte

del cedente».

Ad avviso della ricorrente, la corte del merito non avrebbe

«colto, nella vicenda in esame, la rilevanza delle note di accre

dito emesse ed annotate dalla Doma Import, in data 25 ottobre

1979, per importi esattamente corrispondenti alle tre fatture del

4 aprile 1979», come la stessa denunciata sentenza sottolinea.

Sarebbero erronee ed inconferenti le argomentazioni addotte dalla

corte a sostegno del proprio convincimento ed a dimostrazione

«di una almeno parziale esecuzione del contratto (circostanza

non contestata), trattandosi piuttosto di stabilire se alle fatture

portate in detrazione dal Guadaloppa corrispondesse — oppure

Il Foro Italiano — 1993 — Parte I-26.

no — un reale esborso della relativa imposta, in rivalsa»: ed

a tal fine la stessa corte avrebbe dovuto ritenere decisive «da

un lato, le dichiarazioni del Guadaloppa a proposito del mai

avvenuto adempimento della prestazione documentata nelle tre

fatture e dall'altro l'emissione delle note di accredito sul finire

del 1979», cioè in epoca anteriore alla risoluzione (parziale) del

l'originario contratto, di fatto intervenuta (ancorché poi for

malmente accertata solo con la convenzione del febbraio 1980...».

3. - Il collegio ritiene di non poter condividere alcuno dei

rilievi critici innanzi riferiti. La ricorrente sostiene che «in via di principio» non sarebbe

consentita la detrazione, da parte del cessionario dei beni, del

l'imposta a lui addebitata a titolo di rivalsa ma non pagata al

cedente.

Non sembra, però, che il sistema normativo dell'imposta sul

valore aggiunto autorizzi una simile opinione. La legge (art. 17, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633

e successive modifiche) individua i «soggetti passivi» del tributo

in coloro che «effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili», i quali devono versare l'imposta all'era

rio, «cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto

della detrazione prevista nell'art. 19, nei modi e nei termini sta

biliti nel titolo secondo».

Il successivo art. 18 fa obbligo ai soggetti passivi sopra indi

cati (con talune eccezioni che qui non interessano) di «addebita

re la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al

committente».

L'obbligazione tributaria conseguente all'effettuazione di una

operazione imponibile di cessione di beni (la quale si realizza

alla data di emissione della fattura, se questa precede, come

nella specie, la consegna o la spedizione delle cose mobili cedu

te: v. art. 6, 4° comma, cit. d.p.r.) sorge, dunque, unicamente

a carico del cedente e non coinvolge il cessionario, il quale resta

estraneo al rapporto tra cedente e fisco e non risponde dell'e

ventuale inadempimento dell'obbligato al pagamento del tributo.

Diverso è il rapporto che si instaura all'«interno» dell'opera zione imponibile, tra cedente e cessionario: quest'ultimo è sog

getto, nei confronti del cedente, ad una obbligazione «di rival

sa», di fonte legale, che ha ad oggetto l'imposta addebitatagli ai sensi dell'art. 18, cui corrisponde un credito del cedente, assi

stito da privilegio speciale (v. l'art. 18 cit., ultimo comma, non

ché gli art. 2758, 2772, 2752 c.c., ivi richiamati) e realizzabile

anche coattivamente nei modi ordinari.

I due rapporti restano autonomi e distinti, al pari della titola

rità delle situazioni giuridiche che la legge ad essi collega. E,

per quanto attiene alla posizione del cessionario, va rilevato che

l'art. 19, 1° comma, gli attribuisce il diritto di detrarre «dal

l'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quel lo dell'imposta... a lui addebitata a titolo di rivalsa», senza su

bordinare l'esercizio di tale diritto al previo soddisfacimento del

credito del cedente, nei cui confronti il cessionario resta obbli

gato, ove non abbia tempestivamente assolto il proprio debito.

II vero è che il cessionario acquisisce automaticamente il di

ritto alla detrazione di cui all'art. 19 sol che siano state rispetta te le prescrizioni contabili poste dagli art. 21, 23, 24 e 25, se

condo le quali il cedente deve emettere la fattura per l'operazio ne imponibile, annotarla nel registro delle fatture (cosi assumendo

l'obbligo di assolvere la relativa imposta) e trasmetterne copia, con addebito del tributo, al cessionario; il quale deve a sua vol

ta annotarla nel registro degli acquisti (in tal modo obbligando si in via di rivalsa nei confronti del cedente, con diritto di de

trarre l'ammontare dell'Iva da quello da lui complessivamente

dovuto). Tali registrazioni obbligatorie sono, di regola, immodificabili

sia unilateralmente che per accordo delle parti (salvo il caso

di successive variazioni dell'imponibile o dell'imposta che rien

trino nelle previsioni dell'art. 26, delle quali si tratterà tra bre

ve); e ad esse debbono risultare conformi, sotto comminatoria

delle sanzioni previste dal titolo quarto del d.p.r. 633/72, gli

adempimenti successivi dei contribuenti in tema di dichiarazioni

periodiche ed annuali, di liquidazione e versamento dell'impo

sta (v. articoli da 27 a 30, 41 ss. 51 ss., cit. d.p.r.). Ne consegue che l'esposizione, nella dichiarazione annuale del

cessionario, di una detrazione d'imposta, che trovi titolo nell'e

satto adempimento degli obblighi di fatturazione e di registra

zione di cui si è detto, è legittima, indipendentemente dal fatto

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1395 PARTE PRIMA 1396

che lo stesso cessionario abbia soddisfatto, o non, il credito

di rivalsa del cedente, non ponendo la legge una simile condi

zione per l'esercizio del diritto di detrazione ed essendo irrile

vante per il fisco — come l'impugnata sentenza ha correttamen

te osservato — la definizione dei «rapporti interni ai due sog

getti» che hanno effettuato l'operazione imponibile. In tal senso ha deciso la Corte d'appello di Milano, la cui

.pronuncia, pertanto, non merita censura, mentre l'opposta tesi

sostenuta in via principale dall'amministrazione finanziaria ap

pare priva di supporto normativo ed inconciliabile con l'inter

pretazione coordinata e sistematica delle disposizioni di legge innanzi richiamate.

È opportuno aggiungere che dalla soluzione accolta dalla cor

te di merito non può derivare alcun pregiudizio ai diritti dell'e

rario, il quale — come si è già sottolineato — vanta un credito

d'imposta nei confronti del solo cedente ed ha il potere di otte

nerne coattivamente la realizzazione, in caso di inadempimento

dell'obbligato, applicando le sanzioni previste ed avvalendosi

degli strumenti all'uopo apprestati dalla legge (v. art. 44 e 62

cit. d.p.r.). 4. - Resta da verificare la fondatezza degli ulteriori profili

di censura dedotti dalla ricorrente con riferimento alle disposi zioni contenute nell'art. 26, alle quali si è fatto cenno in pre cedenza.

Questa norma dispone, al 2° comma, che «se una operazione

per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla regi strazione di cui agli art. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di di

chiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescis

sione e simili o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o

sconti previsti contrattualmente», il diritto di portare in detra

zione, ai sensi dell'art. 19, «l'imposta corrispondente alla varia

zione» spetta ad cedente del bene (o al prestatore del servizio), il quale deve a tal fine registrarla «a norma dell'art. 25». Sog

giunge la norma che «il cessionario o committente, che abbia

già registrato l'operazione ai sensi di quest'ultimo articolo, deve

in tal caso registrare la variazione a norma dell'art. 23 o del

l'art. 24, salvo il suo diritto alla restituzione dell'importo paga to al cedente o prestatore a titolo di rivalsa».

Il successivo 3° comma dello stesso articolo pone un limite

temporale all'applicazione delle disposizioni sopra riportate, sta

bilendo, tra l'altro, che esse sono inapplicabili «dopo il decorso

di un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile, qua lora gli eventi... indicati (nel 2° comma) si verifichino in dipen denza di sopravvenuto accordo tra le parti...».

Il meccanismo contabile predisposto dalla legge per eliminare

gli effetti delle registrazioni di una operazione imponibile, in

caso di sopravvenuta variazione conseguente alle vicende sopra

indicate, consiste, dunque, nella creazione a favore del cedente

di un credito d'imposta «corrispondente alla variazione», me

diante la relativa annotazione nel registro degli acquisti, per ef

fetto della quale lo stesso cedente acquisisce il diritto di detrarre

dall'imposta dovuta, ai sensi dell'art. 19, un importo pari a

quello a suo tempo annotato (a debito) nel registro delle fatture di cui all'art. 23. Il risultato di questa operazione contabile con

siste nell'annullamento dell'originario debito d'imposta del ce

dente. A sua volta, il cessionario, cui spettava il diritto alla

detrazione, per avere annotato a suo tempo nel registro degli

acquisti l'Iva addebitatagli dal cedente a titolo di rivalsa, è te

nuto a compiere l'operazione inversa, prendendo in carico nel

proprio registro delle fatture un importo corrispondente a quel lo della detrazione che più non gli spetta ed acquisendo il dirit

to di ottenere dal cedente la restituzione dell'imposta (eventual

mente) pagatagli a titolo di rivalsa, imposta che non è più do

vuta da alcuno dei contribuenti per essere «venuta meno»

l'operazione (originariamente) imponibile. Secondo l'amministrazione finanziaria, queste disposizioni do

vrebbero trovare applicazione nel caso di specie, essendo state

rinvenute presso la soc. Doma Import tre «note di accredito»

datate 25 ottobre 1979, di importi esattamente corrispondenti a quelli delle tre fatture emesse dalla stessa società il 4 aprile

1979, in anticipo rispetto alle forniture che essa si era obbligata ad effettuare in favore del Guadaloppa. Tali note di accredito

rivelerebbero una «risoluzione (parziale) dell'originario contrat

to», che sarebbe interventa, quanto meno «di fatto», all'epoca

Il Foro Italiano — 1993.

della loro emissione, ed avrebbero comportato, per il cessiona

rio, la perdita del diritto di portare in detrazione l'Iva afferente

alle tre fatture.

In ordine a tali assunti va innanzi tutto osservato come non

abbiano alcuna rilevanza, ai fini dell'applicazione della norma

in esame, variazioni «di fatto» dell'imponibile (derivanti da ina dempimento delle parti alle obbligazioni contrattuali o dalla non

formalizzata «risoluzione parziale» del contratto). L'art. 26 pre

vede, infatti, specifici eventi quali cause della «variazione» e

prescrive altrettanto specifici adempimenti (nonché un limite tem

porale nell'ipotesi, che qui interessa, di «sopravvenuto accordo

tra le parti»), i quali costituiscono presupposti indefettibili per

l'applicazione delle disposizioni derogative alla regola generale della immodificabilità delle registrazioni obbligatorie eseguite in conformità alla legge e delle conseguenti posizioni giuridiche dei contribuenti nei confronti del fisco. Ed è fin troppo ovvio

che un «accordo», comportante variazioni dell'imponibile o del

l'imposta riguardo ad una precedente operazione regolarmente

assoggettata ad Iva, non potrebbe essere desunto, senza scardi

nare il principio della certezza dei rapporti tra contribuenti ed

amministrazione finanziaria, dal mero fatto che una delle parti del rapporto di cessione abbia emesso, senza neppure indicarne

la causa, alcune «note di accredito», peraltro disconosciute dal

la controparte. Per il resto, va ricordato che la corte d'appello ha ritenuto

la presente fattispecie estranea alle previsioni dell'art. 26 sulla

base di puntuali accertamenti di fatto, non contrastanti ed a

torto trascurati dalla ricorrente, che possono riassumersi come

segue:

a) Non vi è prova che le operazioni fatturate in data 4 aprile

1979, in anticipo sulla esecuzione delle forniture da parte della

Doma Import, fossero «fittizie» o inesistenti.

b) Del pari non è provato che la variazione risultante dalle,

note di accredito» rinvenute presso la società venditrice corri

spondesse ad un effettivo accordo tra le parti, modificativo del

le originarie pattuizioni, e non fosse stata, invece, posta in esse

re ad iniziativa unilaterale della Doma e per l'esclusivo torna

conto della medesima, tanto più che non risulta che le suddette

note siano state trasmesse al Guadaloppa e da questo ricevute.

c) Nessuna «variazione consensuale» può, comunque, consi

derarsi intervenuta entro l'anno dalla data (4 aprile 1979) di

effettuazione dell'operazione imponibile, potendosi ravvisare un

accordo per la «risoluzione parziale del rapporto contrattuale»

originario solamente nell'«atto transattivo datato 26-27 ottobre

1980...». In sostanza, secondo l'insindacabile (e — ripetesi — non cen

surato) apprezzamento della corte di merito, la «variazione», che dovrebbe essere documentata dalle cennate «note di accre

dito», è «indebita» per entrambe le ragioni sopra indicate sub

b) e c) (ciascuna delle quali è da sola sufficiente a sorreggere la soluzione adottata). E non sussistendo le condizioni previste dall'art. 26, 2° e 3° comma, nessuna corrispondente variazione

il Guadaloppa era tenuto ad apportare nei propri registri, sic

ché restavano immodificati i diritti e gli obblighi derivanti a

ciascuna delle parti dalla effettuazione dell'originaria operazio ne imponibile e dalle connesse registrazioni obbligatorie.

Queste conclusioni appaiono alla corte puntualmente confor

mi a diritto. Vanno, pertanto, rigettate anche le ragioni di doglianza da

ultimo considerate e — con esse — l'intero ricorso dell'ammini

strazione finanziaria.

5. - Il ricorso incidentale del Guadaloppa va dichiarato inam

missibile, sia per l'estrema genericità della su formulazione (che non consente di comprendere quale incidenza sulla pronuncia della corte d'appello avrebbe potuto avere il «giudicato penale» di assoluzione del Guadaloppa dal reato di registrazione di fat

ture relative ad operazioni inesistenti), sia — e soprattutto —

perché il Guadaloppa è privo di interesse ad impugnare una

parte della sentenza a lui totalmente favorevole (quella dichia

rativa della illegittimità dell'accertamento tributario per il 1979), tanto più che la stessa corte, procedendo ad autonoma valuta

zione delle vicende per cui è causa, è giunta a conclusione non

diversa da quella adottata dal giudice penale, avendo dichiarato

«non fittizie» ma reali le operazioni connesse ai rapporti con

trattuali tra la soc. Doma Import ed il Guadaloppa.

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