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sezione I civile; sentenza 23 aprile 1998, n. 4187; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Lo Cascio...

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sezione I civile; sentenza 23 aprile 1998, n. 4187; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Lo Cascio (concl. parz. diff.); Banca nazionale del lavoro (Avv. De Palma, La Volpe) c. Fall. soc. Stei International (Avv. Linguiti). Cassa Trib. Firenze 10 aprile 1996 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 9 (SETTEMBRE 1998), pp. 2447/2448-2451/2452 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194295 . Accessed: 28/06/2014 19:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.80 on Sat, 28 Jun 2014 19:08:00 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione I civile; sentenza 23 aprile 1998, n. 4187; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Lo Cascio (concl. parz. diff.); Banca nazionale del lavoro (Avv. De Palma, La Volpe) c. Fall. soc.

sezione I civile; sentenza 23 aprile 1998, n. 4187; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Lo Cascio (concl.parz. diff.); Banca nazionale del lavoro (Avv. De Palma, La Volpe) c. Fall. soc. Stei International(Avv. Linguiti). Cassa Trib. Firenze 10 aprile 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 9 (SETTEMBRE 1998), pp. 2447/2448-2451/2452Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194295 .

Accessed: 28/06/2014 19:08

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2447 PARTE PRIMA 2448

Si accede pertanto all'accoglimento del ricorso e alla cassa

zione dell'impugnato decreto del tribunale friulano, il quale, come giudice di rinvio funzionalmente competente, provvederà — in diversa composizione — a nuovo esame della domanda

della Doreli alla luce dei criteri suindicati; non può essere inve

ce soddisfatta l'aspirazione della ricorrente a conseguire in questa

sede, ai sensi dell'art. 384 c.p.c. novellato, quella decisione, sostitutiva di quella cassata, che presuppone necessariamente

l'esercizio di un potere di apprezzamento valutativo della fatti

specie concreta riservato al giudice del merito.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 aprile

1998, n. 4187; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Lo Cascio

(conci, parz. diff.); Banca nazionale del lavoro (Aw. De Pal

ma, La Volpe) c. Fall. soc. Stei International (Aw. Lingui

ti). Cassa Trib. Firenze 10 aprile 1996.

Fallimento — Liquidazione dell'attivo — Ordinanza di vendita — Ricorso per cassazione — Ammissibilità (Cost., art. Ili; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 26,

105, 108). Fallimento — Liquidazione dell'attivo — Vendita di azienda

— Ammissibilità — Azienda comprendente beni immobili —

Vendita a trattativa privata — Esclusione (Cod. civ., art. 2555; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 105, 108).

I provvedimenti emessi dagli organi della procedura fallimenta re in materia di liquidazione dell'attivo, fra i quali rientra

l'ordinanza di vendita, in quanto dotati di efficacia decisoria

possono essere impugnati con ricorso per cassazione per vio

lazione di legge ai sensi dell'art. Ill Cost. (1) In sede di liquidazione dell'attivo fallimentare, la vendita di azien

da che consti anche di beni immobili, può bensì disporsi uni

tariamente, quando risulti più vantaggiosa per i creditori, ma

con l'adozione, in questo caso, delle forme stabilite dall'art.

108 l. fall. (2)

Svolgimento del processo. — La Banca nazionale del lavoro — creditrice ipotecaria della s.p.a. Stei International, come tale

(1) Negli esatti termini tutte le volte in cui si è ritenuto che nel

procedimento di liquidazione potessero essere incisi e decisi diritti sog gettivi, Cass. 9 settembre 1996, n. 8162, Foro it., Rep. 1996, voce

Fallimento, n. 536; 20 giugno 1995, n. 6966, ibid., n. 532; 3 marzo

1995, n. 2455, id., Rep. 1995, voce cit., n. 640; 23 febbraio 1995, n. 2066, ibid., n. 641; 3 novembre 1994, n. 9052, id., Rep. 1994, voce cit., n. 579; 28 gennaio 1994, n. 865, ibid., n. 582; 21 ottobre

1993, n. 10421, ibid., n. 597; 20 settembre 1993, n. 9624, ibid., n.

575; 20 maggio 1993, n. 5751, id., Rep. 1993, voce cit., n. 492; 16

luglio 1992, n. 8665, ibid., n. 503; 27 febbraio 1992, n. 2420, id., 1992, I, 2710, con nota di richiami.

(2) Sull'ammissibilità della vendita di azienda (problema ora risolto dalla 1. 23 luglio 1991 n. 223), Cass. 4 novembre 1997, n. 10788, Foro

it., Mass., 1067; 20 giugno 1995, n. 6966, cit.; 25 marzo 1995, n. 3579, id., Rep. 1995, voce Fallimento, n. 614; 27 ottobre 1994, n. 8861, ibid., n. 620; Trib. Milano 8 gennaio 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 533; Trib. Napoli 3 marzo 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 613. Sulla necessità di adottare le formalità della vendita immobiliare quando l'a zienda comprende cespiti immobiliari non vi sono precedenti specifici, ma tale opzione risulta implicitamente in Cass. 20 giugno 1995, n. 6966, ibid., n. 621; 16 marzo 1994, n. 2510, id., 1995, I, 588; 10 agosto 1992, n. 9429, id., Rep. 1993, voce Ipoteca, n. 9; 15 dicembre 1987, n. 9301, id., Rep. 1987, voce Fallimento, n. 536; Trib. Roma 9 novem bre 1977, id., 1978, I, 230, con nota di richiami. In dottrina, nel senso che la vendita debba avvenire con le modalità previste per l'alienazione coattiva di beni mobili in massa ai sensi dell'art. 106, 2° comma, 1.

Il Foro Italiano — 1998.

ammessa al passivo del fallimento di quella per un credito di

circa ventiquattro miliardi (a fronte degli oltre cinquantaquat tro vantati in sede di insinuazione) — proponeva, con ricorso

del 30 gennaio 1996, reclamo ex art. 26 1. fall, avverso l'ordi

nanza del 22 gennaio precedente, con la quale era stata dispo sta, senza il necessario previo suo assenso, la vendita a trattati va privata (al prezzo base di lire 38.500.000) del complesso al

berghiero denominato «Sheraton Firenze Hotel» (sul quale essa

ricorrente vantava appunto ipoteca) e disposta la cancellazione

delle trascrizioni ed iscrizioni afferenti all'immobile suddetto. Ed avverso il decreto del Tribunale di Firenze, in data 10

aprile 1996, che ha rigettato quel gravame, la stessa banca ri

corre ora per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. Resiste la

curatela con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie e, dopo le conclusioni orali del p.g., note di udienza.

Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente — in relazio ne alla conclusione d'inammissibilità del ricorso formulata in

via principale dal p.g. — osserva la corte che, alla stregua del

proprio consolidato indirizzo giurisprudenziale, la natura e il

contenuto del decreto impugnato non sono, viceversa, di osta

colo, alla sua ricorribilità ai sensi dell'art. 111 Cost, stante, per un verso, la pacifica riferibilità del rimedio straordinario da detta

norma disciplinato a tutti i provvedimenti sostanzialmente deci

sori e, per altro verso, l'innegabile ricorrenza di siffatti conno

tati di decisorietà nel decreto del tribunale che, come nella spe

cie, decide su contestazioni in ordine alla legittimità di provve dimenti del giudice delegato (non di contenuto meramente

ordinatorio ma) incidenti su diritti soggettivi connessi (come nel

caso dell'autorizzazione alla vendita) alla regolarità procedurale della liquidazione dell'attivo (cfr. 3482/91, Foro it., 1992, I,

842; 865 e 10868/94, id., Rep. 1994, voce Fallimento, nn. 582,

584; 1584 e 2790/95, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 331, 505;

461/96, id., 1996, I, 2836; 6809/96, id., Rep. 1996, voce cit., n. 532; 419/97, id., Mass., n. 42).

2. - L'impugnazione, cui può darsi quindi ingresso, si com

pone di sette motivi, alcuni dei quali, a loro volta, accorpanti

plurime censure, complessivamente volte a denunciare, oltreché

diretti motivi di «nullità del decreto del tribunale» a quo, ulte

riori e vari profili d'illegittimità (che si assumono su quello ri

cadenti) che avrebbero «viziato» sia l'ordinanza del g.d. che

dispose la vendita a trattativa privata (del complesso alberghie ro su cui insisteva la prelazione della banca) e la procedura cor

relativa, che i (tre) precedenti esperimenti, di vendita senza in

canto, andati deserti.

Riaggregate in ordine logico, le questioni, sottese al comples so di tali doglianze, sono le seguenti:

a) se sia «nulla» la decisione impugnata, in quanto assunta da un collegio di cui faceva parte lo stesso g.d. autore dell'ordi

nanza reclamata; e se, in subordine, sia «non manifestamente

infondata» (e vada, per ciò, sollevata) questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 1. fall., ove interpretato nel senso che

tolleri una tale incompatibilità (secondo motivo);

fall., Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989, 447; Cuneo, Le procedure concorsuali, Milano, 1988, II, 1258; per l'utilizzabilità dello schema della vendita mobiliare ai sensi dell'art. 106, 1° comma, 1. fall., Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, II, 1597; per la soluzione della vendita con la formalità di cui all'art. 108 1. fall, per gli immobili

(tesi fatta propria dal giudice di legittimità), Marchetti, Liquidazione dell'attivo, in AA.VV., Diritto fallimentare, Milano, 1996, 926; Bozza, La vendita dell'azienda nelle procedure concorsuali, Milano, 1988, 36; la soluzione mista è proposta da Rivolta, Affitto e vendita dell'azienda nel fallimento, Milano, 1973, 70; mentre non chiara appare la tesi di

Bonsignori, La liquidazione dell'attivo e il riparto, in Le procedure concorsuali - Il fallimento, trattato diretto da G. Ragusa-Maggiore e C. Costa, Torino, 1997, III, 481, e di Lo Cascio, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1995, 56, il quale sembra incline a ritenere l'alternatività dei meccanismi di vendita; infine, per l'applica bilità in via analogica, con adattamenti, del procedimento di vendita dell'azienda previsto per l'amministrazione straordinaria, Montanari, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo fallimentare, Pa dova, 1995, 183; Tarzia, L'alienazione dell'azienda nell'amministrazio ne straordinaria, in Riv. dir. proc., 1991, 334. Sui problemi connessi al rapporto fra vendita dell'azienda e affitto, Di Gravio, La vendita

fallimentare dell'azienda con identiche offerte contrapposte, in Dir. fal lim., 1995, II, 892; Apice, La vendita dell'azienda fallita all'affittuario, in Società e dir., 1994, 91; Ferretti, Prelazione e affitto d'azienda con immobili, in Dir. falìim., 1993, I, 244; Norelli, La prelazione del

l'affittuario nella l. 223/91: aspetti processuali, ibid., 236.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

b) se sia comunque nulla, detta decisione, per violazione del

diritto di difesa in danno della odierna ricorrente cui, nel proce dimento per reclamo, non sarebbe stato di fatto consentito di

replicare alle deduzioni della curatela (terzo motivo);

c) se, in relazione ai procedimenti di vendita senza incanto

(esperiti senza risultato) costituenti (in tesi) «presupposti essen

ziali» della poi effettuata vendita a trattativa privata, non sia

suscettibile di censura il Tribunale di Firenze, per non averne

rilevato i profili d'illegittimità, pur denunciati dalla reclamente,

per inosservanza delle prescritte forme di publicizzazione e co

municazione, ed omessa previa acquisizione del parere del co

mitato dei creditori (primo motivo);

d) se, con riguardo poi alla predetta vendita a trattativa pri

vata, non sia del pari viziata la motivazione del provvedimento a quo in particolare per avere escluso la riferibilità delle prescri

zioni, sub art. 108 1. fall., in tema di vendite immobiliari alla

fattispecie della cessione di azienda, pur comprensiva (come nel

caso che ne occupa) di beni immobili (motivi quarto, quinto e sesto);

e) se, per quanto infine attiene alla cancellazione dell'ipoteca contestualmente disposta dal g.d., non abbia ulteriormente er

rato il tribunale nel non riconoscere l'illegittimità di detto prov vedimento fuori dal contesto della procedura di cui al richiama

to art. 108, in ambito (come nella specie) «meramente negozia le» (settimo motivo). (Omissis)

2.3. - A sua volta, anche il (primo) motivo di impugnazione — con cui si denunciano le violazioni di legge, sub c), afferenti

i precedenti esperimenti di vendita senza incanto — è inammis

sibile, perché tali esperimenti sono rimasti, come è pacifico, privi di ogni qualsiasi effetto e non hanno, quindi leso alcun diritto

della banca (onde difetta ora anche per tale profilo il suo inte

resse a ricorrere), e perché comunque ciascuno di tali esperi menti concreta ed esaurisce un'autonoma procedura di vendita, le cui eventuali irregolarità avrebbero dovuto dedursi entro i

correlativi termini di reclamo e non recuperarsi con il reclamo

proposto avverso la poi disposta, ed autonoma, vendita a trat

tativa privata. 2.4. - Inammissibili sono infine anche tutte le deduzioni della

ricorrente formulate, a maggior sostegno dei motivi che resi

duano, in termini di vizio di (insufficiente/contraddittoria) mo

tivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., per non essere tali

vizi, per principio ormai consolidato, denunciabili con il ricorso

straordinario ex art. Ill Cost, (come nella specie unicamente

proponibile e, di fatto, proposto) che è, per sua natura e fun

zione limitato, invece, alla denuncia di soli vizi di legittimità. 2.5. - Fondata è viceversa la questione centrale, sub d, artico

lata nei motivi quarto e sesto e facente perno sulla denunciata

violazione dell'art. 108 1. fall.

2.5.1. - Preliminarmente, in ordine a tale questione va esclu

so — in accoglimento della censura (in punto di violazione di

legge) in tal senso formulata dalla banca — che potesse dirsi

carente l'interesse della medesima al reclamo, come viceversa

ha ritenuto il tribunale argomentando dall'inferiorità dell'am

montare del credito ammesso rispetto a quello del prezzo base

stabilito per la vendita.

Infatti, così motivando, il collegio a quo ha presupposto un'in

terpretazione riduttiva del predetto art. 108 (nel senso, appun

to, che i «creditori ammessi al passivo aventi un diritto di prela zione» dei quali il g.d. deve ottenere l'«assenso» all'alienazio

ne, siano unicamente quelli, pur assistiti da prelazione, ammessi

per crediti di importo superiore a quello fissato come prezzo della vendita); interpretazione questa, che è però certamente ar

bitraria, perché contraria sia alla lettera che alla ratio della nor

ma stessa, e va per ciò senz'altro respinta. 2.5.2. - Ciò posto sull'ammissibilità della doglianza, ciò che

propriamente, per mezzo di questa, si chiede alla corte di stabi

lire è se le modalità (vendita all'incanto o senza incanto) e le

prescrizioni (in particolare, l'acquisizione del consenso dei cre

ditori ipotecari) stabiliti dal menzionato art. 108 1. fall., per l'alienazione di beni immobili di proprietà del fallito, possano

derogarsi nel caso di vendita di azienda pur comprensiva di ce

spiti immobiliari, sul presupposto (cui ha dato decisivo rilievo la decisione impugnata) che la vendita di azienda sia «in ogni caso» effettuabile nelle forme (anche, quindi, della trattativa

privata) consentite invece per le vendite mobiliari.

2.5.3. - È certo in premessa, perché, rispondente ad un'inter

pretazione giurisprudenziale ormai consolidata in termini di «di

II Foro Italiano — 1998.

ritto vivente» che, malgrado l'assenza di espliciti indicazioni al

riguardo nel testo della legge fallimentare, è ammissibile la ven

dita in toto dell'azienda dell'imprenditore fallito, per la compa tibilità logica e sistematica di tale figura (enucleata dalla prassi) con il processo fallimentare ed anche per l'innegabile opportu nità che un'operazione siffatta permette di cogliere sul piano dell'efficienza e funzionalità della procedura concorsuale.

Il che, ovviamente, non significa che una tale vendita unita

ria del compendio aziendale sia obbligatoria né che essa abbia

come sua unica alternativa l'alienazione parcellizzata delle sin

gole componenti potendo invece, ad esempio anche prospettarsi una forma di vendita di taluni beni previamente scorporati e

cessare in blocco del residuo patrimonio aziendale.

In ogni caso, il nodo da sciogliere resta quello delle forme

della vendita dell'intero (o di parte del) compendio aziendale

che sia comunque comprensivo di cespiti immobiliari.

2.5.4. - Questa corte non ignora la varia gamma delle solu

zioni al riguardo pur prospettate in dottrina. Ma ritiene che

la selezione tra queste vada operata con esclusione, senz'altro, di quelle posizioni che affrontano il quesito in esame in chiave

di stretta dipendenza ed automatica conseguenzialità rispetto ai

risultati raggiunti sul piano della problematica relativa alla qua lificazione giuridica dell'azienda.

Su tale più generale tema (attinente agli astratti profili defini

tori e classificatori della fattispecie-azienda), assume infatti, pre valente rilievo, ai fini che ne interessano, il più specifico profilo di tutela dei creditori dell'imprenditore, in caso di suo fallimen

to, con riguardo anche alla misura della rispettiva garanzia, ge nerica (sul patrimonio del fallito) o specifica (in ragione di even

tuali prelazioni su dati suoi beni).

E, in tale prospettiva, certamente decisiva è allora la conside

razione — espressa da un consolidato indirizzo interpretativo di questa stessa corte — per cui le prescrizioni stabilite dall'art.

108 1. fall., per le vendite immobiliari, hanno carattere indero

gabile ancor più intenso di quello posto dal codice di rito per il processo di espropriazione immobiliare (sent. 2510/94, id.,

1995, 1, 588), ed escludono per ciò, in radice, la possibilità stes

sa di forme di vendita — come quelle a trattativa privata —

che non prevedano la partecipazione ad essa del g.d. (cfr. pure

5069/83, id., Rep. 1984, voce cit., n. 439; 58/79, id., 1980, I, 216).

Ora appunto il rigore di tali prescrizioni, sub art. 108, in

tema di vendite immobiliari non pare che possa eludersi quando — e sol perché — l'immobile si trovi incluso in un complesso aziendale unitariamente posto in vendita.

L'ostacolo insuperabile ad una tale (pur da alcuni ipotizzata) evenienza è già infatti di per sé rappresentato dalla ostativa rigi dità del dato normativo esaminato e dall'assenza, nel corpus della legge fallimentare, di alcune disposizioni che, con riferi

mento alla vendita di azienda, vi apporti deroga. Ma nello stesso senso depongono (ad ulteriore conforto) an

che l'interpretazione teleologica e sistematica. Poiché resterebbe

certo contraddetta la ratio complessiva della disciplina liquida toria dei beni del fallito ove si ammettesse che alla procedura

più rigorosa (sub art. 108 1. fall.) stabilita per la vendita del

(solo) bene immobile possa sovrapporsi quella meno cautelativa

prevista (sub art. 106) per le vendite immobiliari, quando lo

stesso immobile sia alienato con Vaddictio del plusvalore insito

nella sua considerazione come bene dell'azienda (o bene-azienda), in una situazione, cioè, in cui la garanzia del creditore esigereb be semmai di essere rafforzata, ma non già mai di essere at

tenuata.

2.5.5. - La conclusione così raggiunta — che conduce alla

nullità della vendita d'azienda con compendio immobiliare ef

fettuata a trattativa privata senza la previa acquisizione del con

senso del creditore avente diritto di prelazione — ancorché nuo

va in questi espressi termini, trova peraltro non pochi impliciti

precedenti, di segno conforme, nella giurisprudenza di legittimi tà. Il riferimento va, in tal senso, già a Cass. 7 dicembre 1968, n. 3917 (id., 1969, I, 1215) ove l'affermazione ammissiva della

facoltà del g.d. di «disporre la vendita in massa di tutti i beni

aziendali se lo ritenga vantaggioso» (in una fattispecie in cui

l'azienda si componeva sia di beni mobili che immobili) si com pleta de plano con il rinvio (indicativo delle modalità di siffatta

vendita) alla «procedura della vendita all'incanto degli immobili».

Sulla stessa linea, in analoga fattispecie, è l'enunciato di Cass.

2 aprile 1985, n. 2259 (id., Rep. 1985, voce cit., n. 533).

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2451 PARTE PRIMA 2452

Ed ancora più significativo è il precedente, in certo qual mo

do speculare a quelli sin qui richiamati, di cui a Cass. 7 dicem

bre 1987, n. 9301 (id., Rep. 1988, voce cit., n. 519). Là dove

detta sentenza, nel riconoscere la «discrezionalità di determina

zione» di cui può avvalersi il g.d. «nel campo della liquidazione dei beni mobili», precisa (sia pur nel bene spazio di un inciso) che «tra questi (beni mobili) rientra l'azienda quando (però) non consti anche di beni immobili.

3. - L'accoglimento, per quanto considerato, dei motivi appe na esaminati comporta l'assorbimento della subordinata que stione sub b), di cui al residuo settimo motivo del ricorso.

4. - Il decreto impugnato va pertanto cassato, nei limiti dei

motivi accolti, con il conseguente rinvio della causa alla sezione

fallimentare dello stesso Tribunale di Firenze, in diversa com

posizione, la quale si atterrà al principio di diritto, come sopra

illustrato, per cui, in sede di liquidazione dell'attivo fallimenta

re, la vendita di azienda, che consti anche di beni immobili,

può bensì disporsi unitariamente, quando risulti più vantaggio sa per i creditori, ma con l'adozione, in questo caso, delle for

me stabilite dall'art. 108 1. fall, per le vendite immobiliari.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 aprile

1998, n. 4076; Pres. Corda, Est. Proto, P.M. Golia (conci,

conf.); Fumagalli e Frigerio (Avv. Vasi, Longoni) c. Fall,

soc. Gerosa ricambi (Avv. Persichelli, Lazzarini). Confer ma App. Milano 1° marzo 1996.

Famiglia (regime patrimoniale della) — Costruzione realizzata

su suolo di proprietà esclusiva di uno dei coniugi — Comu

nione legale — Esclusione (Cod. civ., art. 177, 179, 934; r.d.

16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 70).

Pur dopo l'abrogazione della norma sulla presunzione muda

no, non costituisce oggetto di comunione legale la costruzio

ne realizzata durante il matrimonio da entrambi i coniugi sul

suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno di essi. (1)

Svolgimento del processo. — 1. - La Banca commerciale ita

liana, creditrice di lire 186.683.189 (oltre agli interessi conven

zionali) verso le sig. Alessandra Fumagalli ed Eurosia Frigerio,

(1) Il tema affrontato dalla corte con la sentenza odierna — la sorte della costruzione realizzata dai coniugi in regime di comunione sul suo lo di proprietà di uno di essi — non richiede ulteriori approfondimenti, essendo stato oggetto, soprattutto negli ultimi tempi, di numerosissime

quanto approfondite e dettagliate analisi. Da ultimo, v. Cass. 8 maggio 1996, n. 4273, Foro it., Rep. 1996, voce Famiglia (regime patrimonia le), n. 69; 27 gennaio 1996, n. 651, ibid., n. 68, e Famiglia e dir., 1997, 197, con nota di Parente; Giur. it., 1997, I, 370, con nota di

Dalia; Nuova giur. civ., 1996, I, 800, con nota di Regine; Famiglia e dir., 1996, 220, con nota di Ceccherini; Corriere giur., 1996, 556, con nota di Quadri (tra i contributi dottrinali sul punto si segnala Emi

liozzi, Jl problema dell'acquisto dell'edificio costruito sul suolo di pro prietà di un soggetto coniugato in regime di comunione legale, in Dir.

famiglia, 1996, 778). Nondimeno la pronuncia può destare qualche interesse nella parte

in cui la corte, sollecitata dal ricorrente, è chiamata a rivedere tale indi

rizzo, ormai consolidato, alla luce dell'orientamento maturato in tema di presunzione muciana (orientamento che ha determinato, di fatto, la definitiva abrogazione dell'art. 70 1. fall, dall'ordinamento). In tema di presunzione muciana, v., da ultimo, Cass. 12 giugno 1997, n. 5291, Foro it., 1997, I, 2421; 9 marzo 1996, n. 1871, id., Rep. 1996, voce

Fallimento, n. 436, e Rass. dir. civ., 1996, 647, con nota di Pennasili

co; ord. 9 marzo 1996, n. 204, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 437, e Fallimento, 1996, 659, con nota di Panzani; Dir. fallim., 1996, II, 619; 18 marzo 1996, n. 2272, Foro it., 1996, I, 1197, con nota di Cara

vaglios, Vincenti; 29 dicembre 1995, n. 13149, id., Rep. 1996, voce

cit., n. 438, e Famiglia e dir., 1996, 5, con nota di Carbone; Dir.

fallim., 1996, II, 169, con nota di Rago, Ragusa-Maggiore; ibid., 463,

Il Foro Italiano — 1998.

con atto notificato il 1° settembre 1988 convenne in giudizio davanti al Tribunale di Como la Fumagalli e la Frigerio, non

ché il fallimento Gerosa ricambi s.n.c. ed i fallimenti personali dei soci illimitatamente responsabili, Attilio Gerosa e Paolo Ar

turo Gerosa. Espose che le convenute erano legate da rapporto di coniugio, in regime di comunione legale, con Attilio (la Fu

magalli) e con Paolo Arturo Gerosa (la Frigerio), dichiarati fal

liti con sentenza del 21 luglio 1986, e che prima del matrimonio

Attilio e Paolo Gerosa avevano acquistato in parti uguali un

terreno in Lurago d'Erba, sul quale avevano successivamente

costruito un edificio composto da due appartamenti, entrato

a far parte della comunione legale, a norma dell'art. 177, lett.

a), c.c. Affermando di agire in via surrogatoria, la banca chie

se, principaliter, volendo fare acquisire al patrimonio delle de

bitrici la quota di proprietà a ciascuna spettante, che l'edificio

fosse dichiarato di proprietà comune e indivisa delle convenute

e dei rispettivi coniugi. In via subordinata, che alle convenute

fosse riconosciuto il credito pari alla maggior somma tra la me

tà del valore dei materiali e della mano d'opera impiegati nella

costruzione e la metà dell'aumento di valore del terreno per effetto dell'edificazione.

La Fumagalli e la Frigerio si costituirono e aderirono alle

domande. Il fallimento ne contestò, invece, la fondatezza.

2. - Il tribunale, accertato il diritto della banca di agire in

via surrogatoria, respinse nel merito la domanda principale, e

dichiarò improcedibile la ,domanda subordinata.

3. - Con sentenza depositata il 1° marzo 1996 la corte territo

riale, accogliendo il secondo motivo dell'appello principale del

la Fumagalli e della Frigerio e l'appello incidentale della Banca

commerciale italiana, dichiarò interamente compensate tra le parti le spese del primo grado del giudizio. Dichiarò, inoltre, com

pensate le spese di quel grado tra le appellanti Fumagalli-Frigerio e la banca, e condannò le appellanti a rimborsare al fallimento

le spese di quella fase. Confermò, nel resto, la decisione im

pugnata. Sul merito, con riferimento all'unica questione dedotta in quel

la sede, osservò, riprendendo un indirizzo di questa corte, che

la costruzione eretta durante il matrimonio sul terreno di pro

prietà di uno dei coniugi, non rientra nella comunione legale ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c., in quanto il principio di ac

cessione sancito dall'art. 934 c.c. è derogabile soltanto per vo

lontà delle parti o per una contraria specifica previsione nor

mativa.

4. - Contro questa pronuncia, notificata il 26 luglio 1996, le sig. Alessandra Fumagalli ed Eurosia Frigerio hanno propo sto ricorso per cassazione con atto notificato il 18 settembre

1996. La curatela fallimentare ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo del ricorso

si denuncia arbitraria ed erronea interpretazione degli art.

con nota di De Sensi; Giur. comm., 1996, II, 311, con nota di Corsi, Gallesio, Piuma; Banca, borsa, ecc., 1996, II, 757, con nota di Ierma

no; Corte cost. 29 giugno 1995, n. 286, Foro it., 1995, I, 2355. Mettendo a confronto due indirizzi giurisprudenziali in tema di dirit

to di famiglia, espressione di ciò che viene comunemente definito il «diritto vivente», la corte ha così l'occasone di riappropriarsi della sua tradizionale funzione nomofilattica, troppo spesso trascurata a causa della nota propensione dei giudici a ricorrere all'intervento della Corte

costituzionale, anziché percorrere l'impervia via dell'art. 15 preleggi. La stessa funzione che, guarda caso, era stata la Consulta a sollecitare

proprio in tema di presunzione muciana, invitando i giudici ordinari a risolvere sul piano squisitamente ermeneutico gli eventuali aspetti ir

ragionevoli della legislazione, non attinenti all'ambito costituzionale. La questione sollevata dal ricorrente, e risolta nel senso della compa

tibilità tra le due discipline, stante la diversità della ratio ad esse sotte

sa, rappresenta l'ennesimo tentativo — anche stavolta fallito — di sug gerire ai giudici una soluzione interpretativa diversa da quella ormai da tempo consolidata circa la sorte dell'immobile costruito sul suolo di uno dei coniugi, in regime di comunione legale.

Sul ruolo della Corte di cassazione e sul problema del diritto vivente, v. Caravaglios, La Cassazione si è pronunciata sull'incompatibilità tra

regime di separazione dei beni e presunzione muciana, in Corriere giur., 1996, 404; Pugiotto, La problematica del diritto vivente nella giuris prudenza costituzionale de! 1994: uso e matrici, in Foro it., 1995, I, 474; Giarda, Variazioni su un distinguo di funzioni tra Corte di cassa zione e Corte costituzionale, in Corriere giur., 1995, 183; Morelli, Il ruolo del giudice tra interpretazione adeguatrice e corretto accesso al

giudizio incidentale costituzionale, id., 1994, 1397.

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