sezione I civile; sentenza 23 aprile 1998, n. 4187; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Lo Cascio (concl.parz. diff.); Banca nazionale del lavoro (Avv. De Palma, La Volpe) c. Fall. soc. Stei International(Avv. Linguiti). Cassa Trib. Firenze 10 aprile 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 9 (SETTEMBRE 1998), pp. 2447/2448-2451/2452Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194295 .
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2447 PARTE PRIMA 2448
Si accede pertanto all'accoglimento del ricorso e alla cassa
zione dell'impugnato decreto del tribunale friulano, il quale, come giudice di rinvio funzionalmente competente, provvederà — in diversa composizione — a nuovo esame della domanda
della Doreli alla luce dei criteri suindicati; non può essere inve
ce soddisfatta l'aspirazione della ricorrente a conseguire in questa
sede, ai sensi dell'art. 384 c.p.c. novellato, quella decisione, sostitutiva di quella cassata, che presuppone necessariamente
l'esercizio di un potere di apprezzamento valutativo della fatti
specie concreta riservato al giudice del merito.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 aprile
1998, n. 4187; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Lo Cascio
(conci, parz. diff.); Banca nazionale del lavoro (Aw. De Pal
ma, La Volpe) c. Fall. soc. Stei International (Aw. Lingui
ti). Cassa Trib. Firenze 10 aprile 1996.
Fallimento — Liquidazione dell'attivo — Ordinanza di vendita — Ricorso per cassazione — Ammissibilità (Cost., art. Ili; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 26,
105, 108). Fallimento — Liquidazione dell'attivo — Vendita di azienda
— Ammissibilità — Azienda comprendente beni immobili —
Vendita a trattativa privata — Esclusione (Cod. civ., art. 2555; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 105, 108).
I provvedimenti emessi dagli organi della procedura fallimenta re in materia di liquidazione dell'attivo, fra i quali rientra
l'ordinanza di vendita, in quanto dotati di efficacia decisoria
possono essere impugnati con ricorso per cassazione per vio
lazione di legge ai sensi dell'art. Ill Cost. (1) In sede di liquidazione dell'attivo fallimentare, la vendita di azien
da che consti anche di beni immobili, può bensì disporsi uni
tariamente, quando risulti più vantaggiosa per i creditori, ma
con l'adozione, in questo caso, delle forme stabilite dall'art.
108 l. fall. (2)
Svolgimento del processo. — La Banca nazionale del lavoro — creditrice ipotecaria della s.p.a. Stei International, come tale
(1) Negli esatti termini tutte le volte in cui si è ritenuto che nel
procedimento di liquidazione potessero essere incisi e decisi diritti sog gettivi, Cass. 9 settembre 1996, n. 8162, Foro it., Rep. 1996, voce
Fallimento, n. 536; 20 giugno 1995, n. 6966, ibid., n. 532; 3 marzo
1995, n. 2455, id., Rep. 1995, voce cit., n. 640; 23 febbraio 1995, n. 2066, ibid., n. 641; 3 novembre 1994, n. 9052, id., Rep. 1994, voce cit., n. 579; 28 gennaio 1994, n. 865, ibid., n. 582; 21 ottobre
1993, n. 10421, ibid., n. 597; 20 settembre 1993, n. 9624, ibid., n.
575; 20 maggio 1993, n. 5751, id., Rep. 1993, voce cit., n. 492; 16
luglio 1992, n. 8665, ibid., n. 503; 27 febbraio 1992, n. 2420, id., 1992, I, 2710, con nota di richiami.
(2) Sull'ammissibilità della vendita di azienda (problema ora risolto dalla 1. 23 luglio 1991 n. 223), Cass. 4 novembre 1997, n. 10788, Foro
it., Mass., 1067; 20 giugno 1995, n. 6966, cit.; 25 marzo 1995, n. 3579, id., Rep. 1995, voce Fallimento, n. 614; 27 ottobre 1994, n. 8861, ibid., n. 620; Trib. Milano 8 gennaio 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 533; Trib. Napoli 3 marzo 1994, id., Rep. 1995, voce cit., n. 613. Sulla necessità di adottare le formalità della vendita immobiliare quando l'a zienda comprende cespiti immobiliari non vi sono precedenti specifici, ma tale opzione risulta implicitamente in Cass. 20 giugno 1995, n. 6966, ibid., n. 621; 16 marzo 1994, n. 2510, id., 1995, I, 588; 10 agosto 1992, n. 9429, id., Rep. 1993, voce Ipoteca, n. 9; 15 dicembre 1987, n. 9301, id., Rep. 1987, voce Fallimento, n. 536; Trib. Roma 9 novem bre 1977, id., 1978, I, 230, con nota di richiami. In dottrina, nel senso che la vendita debba avvenire con le modalità previste per l'alienazione coattiva di beni mobili in massa ai sensi dell'art. 106, 2° comma, 1.
Il Foro Italiano — 1998.
ammessa al passivo del fallimento di quella per un credito di
circa ventiquattro miliardi (a fronte degli oltre cinquantaquat tro vantati in sede di insinuazione) — proponeva, con ricorso
del 30 gennaio 1996, reclamo ex art. 26 1. fall, avverso l'ordi
nanza del 22 gennaio precedente, con la quale era stata dispo sta, senza il necessario previo suo assenso, la vendita a trattati va privata (al prezzo base di lire 38.500.000) del complesso al
berghiero denominato «Sheraton Firenze Hotel» (sul quale essa
ricorrente vantava appunto ipoteca) e disposta la cancellazione
delle trascrizioni ed iscrizioni afferenti all'immobile suddetto. Ed avverso il decreto del Tribunale di Firenze, in data 10
aprile 1996, che ha rigettato quel gravame, la stessa banca ri
corre ora per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. Resiste la
curatela con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie e, dopo le conclusioni orali del p.g., note di udienza.
Motivi della decisione. — 1. - Preliminarmente — in relazio ne alla conclusione d'inammissibilità del ricorso formulata in
via principale dal p.g. — osserva la corte che, alla stregua del
proprio consolidato indirizzo giurisprudenziale, la natura e il
contenuto del decreto impugnato non sono, viceversa, di osta
colo, alla sua ricorribilità ai sensi dell'art. 111 Cost, stante, per un verso, la pacifica riferibilità del rimedio straordinario da detta
norma disciplinato a tutti i provvedimenti sostanzialmente deci
sori e, per altro verso, l'innegabile ricorrenza di siffatti conno
tati di decisorietà nel decreto del tribunale che, come nella spe
cie, decide su contestazioni in ordine alla legittimità di provve dimenti del giudice delegato (non di contenuto meramente
ordinatorio ma) incidenti su diritti soggettivi connessi (come nel
caso dell'autorizzazione alla vendita) alla regolarità procedurale della liquidazione dell'attivo (cfr. 3482/91, Foro it., 1992, I,
842; 865 e 10868/94, id., Rep. 1994, voce Fallimento, nn. 582,
584; 1584 e 2790/95, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 331, 505;
461/96, id., 1996, I, 2836; 6809/96, id., Rep. 1996, voce cit., n. 532; 419/97, id., Mass., n. 42).
2. - L'impugnazione, cui può darsi quindi ingresso, si com
pone di sette motivi, alcuni dei quali, a loro volta, accorpanti
plurime censure, complessivamente volte a denunciare, oltreché
diretti motivi di «nullità del decreto del tribunale» a quo, ulte
riori e vari profili d'illegittimità (che si assumono su quello ri
cadenti) che avrebbero «viziato» sia l'ordinanza del g.d. che
dispose la vendita a trattativa privata (del complesso alberghie ro su cui insisteva la prelazione della banca) e la procedura cor
relativa, che i (tre) precedenti esperimenti, di vendita senza in
canto, andati deserti.
Riaggregate in ordine logico, le questioni, sottese al comples so di tali doglianze, sono le seguenti:
a) se sia «nulla» la decisione impugnata, in quanto assunta da un collegio di cui faceva parte lo stesso g.d. autore dell'ordi
nanza reclamata; e se, in subordine, sia «non manifestamente
infondata» (e vada, per ciò, sollevata) questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 1. fall., ove interpretato nel senso che
tolleri una tale incompatibilità (secondo motivo);
fall., Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989, 447; Cuneo, Le procedure concorsuali, Milano, 1988, II, 1258; per l'utilizzabilità dello schema della vendita mobiliare ai sensi dell'art. 106, 1° comma, 1. fall., Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, II, 1597; per la soluzione della vendita con la formalità di cui all'art. 108 1. fall, per gli immobili
(tesi fatta propria dal giudice di legittimità), Marchetti, Liquidazione dell'attivo, in AA.VV., Diritto fallimentare, Milano, 1996, 926; Bozza, La vendita dell'azienda nelle procedure concorsuali, Milano, 1988, 36; la soluzione mista è proposta da Rivolta, Affitto e vendita dell'azienda nel fallimento, Milano, 1973, 70; mentre non chiara appare la tesi di
Bonsignori, La liquidazione dell'attivo e il riparto, in Le procedure concorsuali - Il fallimento, trattato diretto da G. Ragusa-Maggiore e C. Costa, Torino, 1997, III, 481, e di Lo Cascio, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1995, 56, il quale sembra incline a ritenere l'alternatività dei meccanismi di vendita; infine, per l'applica bilità in via analogica, con adattamenti, del procedimento di vendita dell'azienda previsto per l'amministrazione straordinaria, Montanari, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell'attivo fallimentare, Pa dova, 1995, 183; Tarzia, L'alienazione dell'azienda nell'amministrazio ne straordinaria, in Riv. dir. proc., 1991, 334. Sui problemi connessi al rapporto fra vendita dell'azienda e affitto, Di Gravio, La vendita
fallimentare dell'azienda con identiche offerte contrapposte, in Dir. fal lim., 1995, II, 892; Apice, La vendita dell'azienda fallita all'affittuario, in Società e dir., 1994, 91; Ferretti, Prelazione e affitto d'azienda con immobili, in Dir. falìim., 1993, I, 244; Norelli, La prelazione del
l'affittuario nella l. 223/91: aspetti processuali, ibid., 236.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
b) se sia comunque nulla, detta decisione, per violazione del
diritto di difesa in danno della odierna ricorrente cui, nel proce dimento per reclamo, non sarebbe stato di fatto consentito di
replicare alle deduzioni della curatela (terzo motivo);
c) se, in relazione ai procedimenti di vendita senza incanto
(esperiti senza risultato) costituenti (in tesi) «presupposti essen
ziali» della poi effettuata vendita a trattativa privata, non sia
suscettibile di censura il Tribunale di Firenze, per non averne
rilevato i profili d'illegittimità, pur denunciati dalla reclamente,
per inosservanza delle prescritte forme di publicizzazione e co
municazione, ed omessa previa acquisizione del parere del co
mitato dei creditori (primo motivo);
d) se, con riguardo poi alla predetta vendita a trattativa pri
vata, non sia del pari viziata la motivazione del provvedimento a quo in particolare per avere escluso la riferibilità delle prescri
zioni, sub art. 108 1. fall., in tema di vendite immobiliari alla
fattispecie della cessione di azienda, pur comprensiva (come nel
caso che ne occupa) di beni immobili (motivi quarto, quinto e sesto);
e) se, per quanto infine attiene alla cancellazione dell'ipoteca contestualmente disposta dal g.d., non abbia ulteriormente er
rato il tribunale nel non riconoscere l'illegittimità di detto prov vedimento fuori dal contesto della procedura di cui al richiama
to art. 108, in ambito (come nella specie) «meramente negozia le» (settimo motivo). (Omissis)
2.3. - A sua volta, anche il (primo) motivo di impugnazione — con cui si denunciano le violazioni di legge, sub c), afferenti
i precedenti esperimenti di vendita senza incanto — è inammis
sibile, perché tali esperimenti sono rimasti, come è pacifico, privi di ogni qualsiasi effetto e non hanno, quindi leso alcun diritto
della banca (onde difetta ora anche per tale profilo il suo inte
resse a ricorrere), e perché comunque ciascuno di tali esperi menti concreta ed esaurisce un'autonoma procedura di vendita, le cui eventuali irregolarità avrebbero dovuto dedursi entro i
correlativi termini di reclamo e non recuperarsi con il reclamo
proposto avverso la poi disposta, ed autonoma, vendita a trat
tativa privata. 2.4. - Inammissibili sono infine anche tutte le deduzioni della
ricorrente formulate, a maggior sostegno dei motivi che resi
duano, in termini di vizio di (insufficiente/contraddittoria) mo
tivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., per non essere tali
vizi, per principio ormai consolidato, denunciabili con il ricorso
straordinario ex art. Ill Cost, (come nella specie unicamente
proponibile e, di fatto, proposto) che è, per sua natura e fun
zione limitato, invece, alla denuncia di soli vizi di legittimità. 2.5. - Fondata è viceversa la questione centrale, sub d, artico
lata nei motivi quarto e sesto e facente perno sulla denunciata
violazione dell'art. 108 1. fall.
2.5.1. - Preliminarmente, in ordine a tale questione va esclu
so — in accoglimento della censura (in punto di violazione di
legge) in tal senso formulata dalla banca — che potesse dirsi
carente l'interesse della medesima al reclamo, come viceversa
ha ritenuto il tribunale argomentando dall'inferiorità dell'am
montare del credito ammesso rispetto a quello del prezzo base
stabilito per la vendita.
Infatti, così motivando, il collegio a quo ha presupposto un'in
terpretazione riduttiva del predetto art. 108 (nel senso, appun
to, che i «creditori ammessi al passivo aventi un diritto di prela zione» dei quali il g.d. deve ottenere l'«assenso» all'alienazio
ne, siano unicamente quelli, pur assistiti da prelazione, ammessi
per crediti di importo superiore a quello fissato come prezzo della vendita); interpretazione questa, che è però certamente ar
bitraria, perché contraria sia alla lettera che alla ratio della nor
ma stessa, e va per ciò senz'altro respinta. 2.5.2. - Ciò posto sull'ammissibilità della doglianza, ciò che
propriamente, per mezzo di questa, si chiede alla corte di stabi
lire è se le modalità (vendita all'incanto o senza incanto) e le
prescrizioni (in particolare, l'acquisizione del consenso dei cre
ditori ipotecari) stabiliti dal menzionato art. 108 1. fall., per l'alienazione di beni immobili di proprietà del fallito, possano
derogarsi nel caso di vendita di azienda pur comprensiva di ce
spiti immobiliari, sul presupposto (cui ha dato decisivo rilievo la decisione impugnata) che la vendita di azienda sia «in ogni caso» effettuabile nelle forme (anche, quindi, della trattativa
privata) consentite invece per le vendite mobiliari.
2.5.3. - È certo in premessa, perché, rispondente ad un'inter
pretazione giurisprudenziale ormai consolidata in termini di «di
II Foro Italiano — 1998.
ritto vivente» che, malgrado l'assenza di espliciti indicazioni al
riguardo nel testo della legge fallimentare, è ammissibile la ven
dita in toto dell'azienda dell'imprenditore fallito, per la compa tibilità logica e sistematica di tale figura (enucleata dalla prassi) con il processo fallimentare ed anche per l'innegabile opportu nità che un'operazione siffatta permette di cogliere sul piano dell'efficienza e funzionalità della procedura concorsuale.
Il che, ovviamente, non significa che una tale vendita unita
ria del compendio aziendale sia obbligatoria né che essa abbia
come sua unica alternativa l'alienazione parcellizzata delle sin
gole componenti potendo invece, ad esempio anche prospettarsi una forma di vendita di taluni beni previamente scorporati e
cessare in blocco del residuo patrimonio aziendale.
In ogni caso, il nodo da sciogliere resta quello delle forme
della vendita dell'intero (o di parte del) compendio aziendale
che sia comunque comprensivo di cespiti immobiliari.
2.5.4. - Questa corte non ignora la varia gamma delle solu
zioni al riguardo pur prospettate in dottrina. Ma ritiene che
la selezione tra queste vada operata con esclusione, senz'altro, di quelle posizioni che affrontano il quesito in esame in chiave
di stretta dipendenza ed automatica conseguenzialità rispetto ai
risultati raggiunti sul piano della problematica relativa alla qua lificazione giuridica dell'azienda.
Su tale più generale tema (attinente agli astratti profili defini
tori e classificatori della fattispecie-azienda), assume infatti, pre valente rilievo, ai fini che ne interessano, il più specifico profilo di tutela dei creditori dell'imprenditore, in caso di suo fallimen
to, con riguardo anche alla misura della rispettiva garanzia, ge nerica (sul patrimonio del fallito) o specifica (in ragione di even
tuali prelazioni su dati suoi beni).
E, in tale prospettiva, certamente decisiva è allora la conside
razione — espressa da un consolidato indirizzo interpretativo di questa stessa corte — per cui le prescrizioni stabilite dall'art.
108 1. fall., per le vendite immobiliari, hanno carattere indero
gabile ancor più intenso di quello posto dal codice di rito per il processo di espropriazione immobiliare (sent. 2510/94, id.,
1995, 1, 588), ed escludono per ciò, in radice, la possibilità stes
sa di forme di vendita — come quelle a trattativa privata —
che non prevedano la partecipazione ad essa del g.d. (cfr. pure
5069/83, id., Rep. 1984, voce cit., n. 439; 58/79, id., 1980, I, 216).
Ora appunto il rigore di tali prescrizioni, sub art. 108, in
tema di vendite immobiliari non pare che possa eludersi quando — e sol perché — l'immobile si trovi incluso in un complesso aziendale unitariamente posto in vendita.
L'ostacolo insuperabile ad una tale (pur da alcuni ipotizzata) evenienza è già infatti di per sé rappresentato dalla ostativa rigi dità del dato normativo esaminato e dall'assenza, nel corpus della legge fallimentare, di alcune disposizioni che, con riferi
mento alla vendita di azienda, vi apporti deroga. Ma nello stesso senso depongono (ad ulteriore conforto) an
che l'interpretazione teleologica e sistematica. Poiché resterebbe
certo contraddetta la ratio complessiva della disciplina liquida toria dei beni del fallito ove si ammettesse che alla procedura
più rigorosa (sub art. 108 1. fall.) stabilita per la vendita del
(solo) bene immobile possa sovrapporsi quella meno cautelativa
prevista (sub art. 106) per le vendite immobiliari, quando lo
stesso immobile sia alienato con Vaddictio del plusvalore insito
nella sua considerazione come bene dell'azienda (o bene-azienda), in una situazione, cioè, in cui la garanzia del creditore esigereb be semmai di essere rafforzata, ma non già mai di essere at
tenuata.
2.5.5. - La conclusione così raggiunta — che conduce alla
nullità della vendita d'azienda con compendio immobiliare ef
fettuata a trattativa privata senza la previa acquisizione del con
senso del creditore avente diritto di prelazione — ancorché nuo
va in questi espressi termini, trova peraltro non pochi impliciti
precedenti, di segno conforme, nella giurisprudenza di legittimi tà. Il riferimento va, in tal senso, già a Cass. 7 dicembre 1968, n. 3917 (id., 1969, I, 1215) ove l'affermazione ammissiva della
facoltà del g.d. di «disporre la vendita in massa di tutti i beni
aziendali se lo ritenga vantaggioso» (in una fattispecie in cui
l'azienda si componeva sia di beni mobili che immobili) si com pleta de plano con il rinvio (indicativo delle modalità di siffatta
vendita) alla «procedura della vendita all'incanto degli immobili».
Sulla stessa linea, in analoga fattispecie, è l'enunciato di Cass.
2 aprile 1985, n. 2259 (id., Rep. 1985, voce cit., n. 533).
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2451 PARTE PRIMA 2452
Ed ancora più significativo è il precedente, in certo qual mo
do speculare a quelli sin qui richiamati, di cui a Cass. 7 dicem
bre 1987, n. 9301 (id., Rep. 1988, voce cit., n. 519). Là dove
detta sentenza, nel riconoscere la «discrezionalità di determina
zione» di cui può avvalersi il g.d. «nel campo della liquidazione dei beni mobili», precisa (sia pur nel bene spazio di un inciso) che «tra questi (beni mobili) rientra l'azienda quando (però) non consti anche di beni immobili.
3. - L'accoglimento, per quanto considerato, dei motivi appe na esaminati comporta l'assorbimento della subordinata que stione sub b), di cui al residuo settimo motivo del ricorso.
4. - Il decreto impugnato va pertanto cassato, nei limiti dei
motivi accolti, con il conseguente rinvio della causa alla sezione
fallimentare dello stesso Tribunale di Firenze, in diversa com
posizione, la quale si atterrà al principio di diritto, come sopra
illustrato, per cui, in sede di liquidazione dell'attivo fallimenta
re, la vendita di azienda, che consti anche di beni immobili,
può bensì disporsi unitariamente, quando risulti più vantaggio sa per i creditori, ma con l'adozione, in questo caso, delle for
me stabilite dall'art. 108 1. fall, per le vendite immobiliari.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 aprile
1998, n. 4076; Pres. Corda, Est. Proto, P.M. Golia (conci,
conf.); Fumagalli e Frigerio (Avv. Vasi, Longoni) c. Fall,
soc. Gerosa ricambi (Avv. Persichelli, Lazzarini). Confer ma App. Milano 1° marzo 1996.
Famiglia (regime patrimoniale della) — Costruzione realizzata
su suolo di proprietà esclusiva di uno dei coniugi — Comu
nione legale — Esclusione (Cod. civ., art. 177, 179, 934; r.d.
16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 70).
Pur dopo l'abrogazione della norma sulla presunzione muda
no, non costituisce oggetto di comunione legale la costruzio
ne realizzata durante il matrimonio da entrambi i coniugi sul
suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno di essi. (1)
Svolgimento del processo. — 1. - La Banca commerciale ita
liana, creditrice di lire 186.683.189 (oltre agli interessi conven
zionali) verso le sig. Alessandra Fumagalli ed Eurosia Frigerio,
(1) Il tema affrontato dalla corte con la sentenza odierna — la sorte della costruzione realizzata dai coniugi in regime di comunione sul suo lo di proprietà di uno di essi — non richiede ulteriori approfondimenti, essendo stato oggetto, soprattutto negli ultimi tempi, di numerosissime
quanto approfondite e dettagliate analisi. Da ultimo, v. Cass. 8 maggio 1996, n. 4273, Foro it., Rep. 1996, voce Famiglia (regime patrimonia le), n. 69; 27 gennaio 1996, n. 651, ibid., n. 68, e Famiglia e dir., 1997, 197, con nota di Parente; Giur. it., 1997, I, 370, con nota di
Dalia; Nuova giur. civ., 1996, I, 800, con nota di Regine; Famiglia e dir., 1996, 220, con nota di Ceccherini; Corriere giur., 1996, 556, con nota di Quadri (tra i contributi dottrinali sul punto si segnala Emi
liozzi, Jl problema dell'acquisto dell'edificio costruito sul suolo di pro prietà di un soggetto coniugato in regime di comunione legale, in Dir.
famiglia, 1996, 778). Nondimeno la pronuncia può destare qualche interesse nella parte
in cui la corte, sollecitata dal ricorrente, è chiamata a rivedere tale indi
rizzo, ormai consolidato, alla luce dell'orientamento maturato in tema di presunzione muciana (orientamento che ha determinato, di fatto, la definitiva abrogazione dell'art. 70 1. fall, dall'ordinamento). In tema di presunzione muciana, v., da ultimo, Cass. 12 giugno 1997, n. 5291, Foro it., 1997, I, 2421; 9 marzo 1996, n. 1871, id., Rep. 1996, voce
Fallimento, n. 436, e Rass. dir. civ., 1996, 647, con nota di Pennasili
co; ord. 9 marzo 1996, n. 204, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 437, e Fallimento, 1996, 659, con nota di Panzani; Dir. fallim., 1996, II, 619; 18 marzo 1996, n. 2272, Foro it., 1996, I, 1197, con nota di Cara
vaglios, Vincenti; 29 dicembre 1995, n. 13149, id., Rep. 1996, voce
cit., n. 438, e Famiglia e dir., 1996, 5, con nota di Carbone; Dir.
fallim., 1996, II, 169, con nota di Rago, Ragusa-Maggiore; ibid., 463,
Il Foro Italiano — 1998.
con atto notificato il 1° settembre 1988 convenne in giudizio davanti al Tribunale di Como la Fumagalli e la Frigerio, non
ché il fallimento Gerosa ricambi s.n.c. ed i fallimenti personali dei soci illimitatamente responsabili, Attilio Gerosa e Paolo Ar
turo Gerosa. Espose che le convenute erano legate da rapporto di coniugio, in regime di comunione legale, con Attilio (la Fu
magalli) e con Paolo Arturo Gerosa (la Frigerio), dichiarati fal
liti con sentenza del 21 luglio 1986, e che prima del matrimonio
Attilio e Paolo Gerosa avevano acquistato in parti uguali un
terreno in Lurago d'Erba, sul quale avevano successivamente
costruito un edificio composto da due appartamenti, entrato
a far parte della comunione legale, a norma dell'art. 177, lett.
a), c.c. Affermando di agire in via surrogatoria, la banca chie
se, principaliter, volendo fare acquisire al patrimonio delle de
bitrici la quota di proprietà a ciascuna spettante, che l'edificio
fosse dichiarato di proprietà comune e indivisa delle convenute
e dei rispettivi coniugi. In via subordinata, che alle convenute
fosse riconosciuto il credito pari alla maggior somma tra la me
tà del valore dei materiali e della mano d'opera impiegati nella
costruzione e la metà dell'aumento di valore del terreno per effetto dell'edificazione.
La Fumagalli e la Frigerio si costituirono e aderirono alle
domande. Il fallimento ne contestò, invece, la fondatezza.
2. - Il tribunale, accertato il diritto della banca di agire in
via surrogatoria, respinse nel merito la domanda principale, e
dichiarò improcedibile la ,domanda subordinata.
3. - Con sentenza depositata il 1° marzo 1996 la corte territo
riale, accogliendo il secondo motivo dell'appello principale del
la Fumagalli e della Frigerio e l'appello incidentale della Banca
commerciale italiana, dichiarò interamente compensate tra le parti le spese del primo grado del giudizio. Dichiarò, inoltre, com
pensate le spese di quel grado tra le appellanti Fumagalli-Frigerio e la banca, e condannò le appellanti a rimborsare al fallimento
le spese di quella fase. Confermò, nel resto, la decisione im
pugnata. Sul merito, con riferimento all'unica questione dedotta in quel
la sede, osservò, riprendendo un indirizzo di questa corte, che
la costruzione eretta durante il matrimonio sul terreno di pro
prietà di uno dei coniugi, non rientra nella comunione legale ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c., in quanto il principio di ac
cessione sancito dall'art. 934 c.c. è derogabile soltanto per vo
lontà delle parti o per una contraria specifica previsione nor
mativa.
4. - Contro questa pronuncia, notificata il 26 luglio 1996, le sig. Alessandra Fumagalli ed Eurosia Frigerio hanno propo sto ricorso per cassazione con atto notificato il 18 settembre
1996. La curatela fallimentare ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo del ricorso
si denuncia arbitraria ed erronea interpretazione degli art.
con nota di De Sensi; Giur. comm., 1996, II, 311, con nota di Corsi, Gallesio, Piuma; Banca, borsa, ecc., 1996, II, 757, con nota di Ierma
no; Corte cost. 29 giugno 1995, n. 286, Foro it., 1995, I, 2355. Mettendo a confronto due indirizzi giurisprudenziali in tema di dirit
to di famiglia, espressione di ciò che viene comunemente definito il «diritto vivente», la corte ha così l'occasone di riappropriarsi della sua tradizionale funzione nomofilattica, troppo spesso trascurata a causa della nota propensione dei giudici a ricorrere all'intervento della Corte
costituzionale, anziché percorrere l'impervia via dell'art. 15 preleggi. La stessa funzione che, guarda caso, era stata la Consulta a sollecitare
proprio in tema di presunzione muciana, invitando i giudici ordinari a risolvere sul piano squisitamente ermeneutico gli eventuali aspetti ir
ragionevoli della legislazione, non attinenti all'ambito costituzionale. La questione sollevata dal ricorrente, e risolta nel senso della compa
tibilità tra le due discipline, stante la diversità della ratio ad esse sotte
sa, rappresenta l'ennesimo tentativo — anche stavolta fallito — di sug gerire ai giudici una soluzione interpretativa diversa da quella ormai da tempo consolidata circa la sorte dell'immobile costruito sul suolo di uno dei coniugi, in regime di comunione legale.
Sul ruolo della Corte di cassazione e sul problema del diritto vivente, v. Caravaglios, La Cassazione si è pronunciata sull'incompatibilità tra
regime di separazione dei beni e presunzione muciana, in Corriere giur., 1996, 404; Pugiotto, La problematica del diritto vivente nella giuris prudenza costituzionale de! 1994: uso e matrici, in Foro it., 1995, I, 474; Giarda, Variazioni su un distinguo di funzioni tra Corte di cassa zione e Corte costituzionale, in Corriere giur., 1995, 183; Morelli, Il ruolo del giudice tra interpretazione adeguatrice e corretto accesso al
giudizio incidentale costituzionale, id., 1994, 1397.
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