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Sezione I civile; sentenza 23 gennaio 1964, n. 161; Pres. Vistoso P., Est. Del Conte, P. M. Gedda(concl. conf.); Società Zanardi-Industria chimico-farmaceutica (Avv. Lancellotti, Vicentini) c.Banca coop. di Bologna (Avv. De Villa, Trombetti), Banca popolare di Bologna (Avv. Arnoaldi,De Villa), Credito romagnolo (Avv. De Villa, Piacentini), Monte di Bologna (Avv. De Villa,Magni), Monte dei Paschi di Siena (Avv. De Vill ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 255/256-257/258Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156015 .
Accessed: 28/06/2014 13:20
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PARTE PRIMA
toria fallimentare, l'essere l'acquisto avvenuto nell'anno
anteriore alla dichiarazione di fallimento (art. 67, 2°
comma), o tutt'al più nel biennio, nel caso di notevole
sproporzione fra le prestazioni (art. 67, n. 1), anziché
nel quinquennio, come avverrebbe per l'acquirente dal
coniuge del fallito, ove si accogliesse la tesi adottata dalla
sentenza impugnata. Ad evitare tale assurdità (che la
corte di merito finisce con l'ammettere, imputandola
però a difetto della legge), è sufficiente interpretare l'art.
70, che viene in esame, nel senso che, qualora l'avente
causa a titolo oneroso dal coniuge del fallito non provi la propria buona fede (intesa nel senso che si è detto), sarà tenuto a subire a favore della massa l'avocazione del
bene, solo se ricorrono le condizioni di cui all'art. 66, o
all'art. 67 legge fallimentare.
Per giungere a tale risultato (e l'interpretazione ora
accennata è stata accoltagli recente da questa Corte su
prema : sentenza 20 aprile 1963, n. 1002, Foro it., 1963,
I, 1429), non vi è affatto bisogno, come afferma il resi
stente, di forzare la lettera delia legge. È sufficiente, in
fatti, ritenere (al contrario di quanto ha ritenuto la corte
di merito) che con l'espressione « revocazione » l'art. 70
abbia inteso riferirsi proprio all'azione revocatoria, o,
meglio, agli effetti che comporta l'accoglimento della
azione revocatoria (« revoca », e più esattamente, dichia
razione d'inefficacia dell'atto nei confronti dei creditori). E ohe il termine « revocazione » sia adoperato (anche se
l'uso è forse improprio) nel senso di « revoca », è dimo
strato, a tacer d'altro, dalla rubrica del successivo art. 71
legge fall. : che s'intitola « effetti della revocazione » e che
accomuna, sotto tale dizione (anche se nel testo dell'arti
colo si parla, più esattamente, di « revoca ») tutte le
disposizioni degli articoli precedenti (art. 64 a 70), ivi
comprese quelle che regolano la « presunzione muciana ».
In base a tale considerazione, riesce evidente che la
norma in esame deve essere intesa nel senso che la revoca
dell'atto non possa aver luogo (cioè l'azione revocatoria
non possa essere proposta contro il terzo), se quest'ultimo
prova la sua buona fede. Il terzo può paralizzare la do
manda del curatore, dimostrando di essere stato, al mo
mento dell'acquisto, nella ragionevole persuasione che il
bene stesso era stato acquistato a suo tempo con danaro
del suo avente causa, e non con danaro del coniuge poi fallito (in tal senso va intesa la « buona fede » di cui parla l'art. 70, come è incontroverso tra le parti, e come questa Corte suprema ha ritenuto con la sentenza 19 ottobre
1955, n. 3303, Foro it,, Kep. 1955, voce Fallimento, nn.
352, 353 ); soltanto se egli non fornisce tale prova « la
revoca può aver luogo », cioè l'atto può essere dichiarato
inefficace secondo quanto stabiliscono le disposizioni sulla
azione revocatoria, e sempre che nella specie ricorrano tutte le condizioni volute dagli art. 66 o 67.
La corte di merito, quindi, dopo avere stabilito che, nel caso concreto, gli acquirenti non avevano provato la propria « buona fede » (e su questo punto la decisione, non impugnata, rimane ferma), lungi dal dichiarare sen
z'altro revocati gli atti di compravendita, avrebbe dovuto
esaminare, separatamente per ciascuno di essi (infatti, essi furono stipulati in tempi diversi, e qualcuno anche in epoca anteriore al biennio prima della dichiarazione
di fallimento), la sussistenza di tutti i presupposti che
legittimano l'accoglimento della revocatoria. La sentenza
impugnata deve essere perciò cassata, con rinvio ad altra
corte d'appello, che, nel riesaminare la causa, dovrà atte
nersi al principio di diritto sopra formulato, circa l'inter
pretazione del 2° comma dell'art. 70 r. decreto 16 marzo
1942 n. 267.
Gli altri motivi di ricorso, subordinati al primo, sono
superati ed assorbiti in virtù dell'accoglimento del primo mezzo.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 23 gennaio 1964, n. 161 ; Pres.
Vistoso P., Est. Del Conte, P. M. Gedda (conci, conf.); Società Zanardi-Industria chimico-farmaceutica (Avv. Lancellotti, Vicentini) c. Banca coop, di Bologna
(Avv. De Villa, Trombetti), Banca popolare di Bo
logna (Avv. Abnoaldi, De Villa), Credito roma
gnolo (Avv. De Villa, Piacentini), Monte di Bologna
(Avv. De Villa, Magni), Monte dei Paschi di Siena
(Avv. De Villa, Neppi).
(Conferma App. Bologna 16 ottobre 1962)
Concordato preventivo — Società di capitali —
Indagini sulla meritevolezza — Ammissibilità
(fi. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 181).
[I requisito della meritevolezza del concordato preventivo deve ricorrere anche se debitore è una società di capi tali. (1)
La Corte, ecc. — Con il primo motivo di ricorso, si denunzia la violazione del n. 4 dell'art. 181 legge fall, e si sostiene clie erroneamente la corte d'appello lia ri tenuto clie il requisito della meritevolezza peT la omolo
gazione del concordato preventivo si applichi anche alle società di capitali. Secondo la ricorrente, queste, essendo fornite di personalità giuridica, non sono capaci di me rito o di demerito e delle correlative sanzioni.
La doglianza è infondata.
Innanzitutto va osservato che nel citato n. 4 del l'art. 181 legge fall, si parla in genere di « debitore » senza
distinguere tra imprenditore persona fisica ed imprenditore persona giuridica, così come la predetta legge non distingue in quasi tutte le norme che riguardano il concordato pre ventivo e la cui applicabilità anche alle società di ca
pitali non è stata mai posta in dubbio.
Numerose sono poi le norme del codice civile in cui viene in considerazione un comportamento etico, in rela zione ad es. ai criteri di « correttezza » e di « buona fede » di cui non si è mai del pari dubitata l'applicabilità anche alle società di capitali ed alle persone giuridiche in genere.
È soltanto per quanto attiene alla responsabilità pe nale ed alle relative sanzioni che, secondo i principi gene rali, l'esclusione deve porsi per le persone giuridiche ; mentre quando, come nella specie, si tratta di responsa bilità e di sanzioni squisitamente patrimoniali ogni esclu sione è infondata.
Le persone giuridiche agiscono a mezzo degli organi che le rappresentano, ed il comportamento di quest'ul timo si identifica con quello dell'ente, onde l'illecito
degli uni è anche illecito dell'altro, con la sola limitazione che si tratti di operazioni volte al raggiungimento dei fini
per cui la persona giuridica è stata costituita (e cioè, per le società, che si tratti di operazioni sociali) e che i rap presentanti abbiano agito nell'ambito dei propri poteri.
In contrario non ha importanza il fatto che l'art. 236
(1) La sentenza App. Buljgna 16 ottobre 1962, ora confer mata, è riassunta, insieme con quella difforme di primo grado Trib. Bologna 7 dicembre 1961, nel Rep. 1962, voce Concordato
preventivo, nn. 12-16 ; ambo le sentenze sono commentate rispet tivamente da Maffei Alberti, in Giur. it., 1963, I, 2, 647 e da Lancellotti, in Temi, 1962, 410. Contra Trib. Genova 17 luglio 1961, Foro it., Rep. 1962, voce cit., n. 17, e, per la legislazione previgente, Candian, Il processo di concordato preventivo, 1937, pag. 204, cui aderisce ora SATTA, Istituzioni dir. fall1964, pag. 411, nota 656.
In applicazione dell'art. 160. n. 3, legge fall., Trib. Milano 10 giugno 1957, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 2, ha ritenuto che la condanna degli amministratori ex art. 233 della legge citata preclude l'ammissione della società al concordato ; mentre App. Torino 23 luglio 1952, id., Rep. 1952, voce Società, n. 175, i contraria per la quasi bancarotta degli amministratori.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
legge fall, stabilisca l'applicabilità agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società delle
disposizioni relative ai reati di bancarotta, anche nel caso di concordato preventivo.
Da tale norma non si desume affatto che l'esistenza di una responsabilità degli amministratori, ecc. per ban carotta costituisca un elemento indifferente per il giudizio di meritevolezza.
La disposizione si spiega, invece, in primo luogo con il rilievo clie i fatti che occorre considerare per tale giu dizio debbano avere una efficienza causale in relazione al dissesto, e può quindi verificarsi che tale efficienza
non abbiano determinati fatti, pur essendo costitutivi di una responsabilità per bancarotta.
Inoltre occorre rilevare che il processo di omologazione non è atto alla formazione del giudicato con efficacia, anche per altri e diversi processi, in ordine all'accerta
mento dei fatti che hanno indotto il giudice a negare od
a concedere il beneficio. Come infatti un tale giudicato non si forma in ordine alla sussistenza dei crediti ammessi
ed esclusi ai fini della formazione della duplice maggio ranza, e per i quali il giudizio è a carattere meramente
provvisorio ai soli effetti del computo della predetta mag gioranza (art. 176 legge fall.), così del pari il giudicato deve escludersi in relazione alla sussistenza od alla esclu
sione dei fatti di meritevolezza, sicché come può verifi
carsi che un credito ammesso ed escluso in quella sede
sia oggetto invece di un diverso accertamento nel pro cesso definitivo, così la condotta degli amministratori può ben essere ritenuta meritevole del beneficio, ed invece,
successivamente, dar luogo all'affermazione della respon sabilità per bancarotta. Il che deriva dal carattere di
urgenza e meramente provvisorio degli accertamenti com
piuti in sede di omologazione, dove, come si vedrà in relazione al successivo motivo, il campo di esame è limi
tato essendo circoscritto di solito alle prove precostituite, con esclusione di quelle che richiedono lunghe indagini.
(Omissis) Por questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione III civile ; sentenza 21 gennaio 1964, n. 142 ; Pres. Cannizzaro P., Est. Lenti, P. M.Cutkupia (conci.conf.); Ottonello (Avv Becca, Lazagna) c. Bozzo (Avv. Pallottino, Zanin).
(Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Genova 13
aprile 1961)
Cassazione in materia civile — Procura conferita con atto separato e autenticala dal difensore Inam missibilità del ricorso (Cod. proo. civ., art. 83, 125,
369).
È inammissibile il ricorso per cassazione, sottoscritto da
difensore che ha autenticato la procura speciale conferi tagli con atto separato dal ricorso medesimo. (1)
II
Sezione III civile ; sentenza 19 ottobre 1963, n. 2797 ; Pres. Mastrapasqua P., Est. Cortes ani GL, P. M.
Pedace (conci, conf.) ; Iantorno e CapparelH (Avv. Catanzaro, Marcello, Foderaro) c. Musacchio (Avv.
Sorrentino).
(Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Catanzaro
10 marzo 1962)
Cassazione in materia civile — Mandato generale alle liti — Inammissibilità del ricorso (Cod. proc. civ., art. 83, 365).
Il Foro Italiano — Volume LXXXVU — Parte 1-11.
È inammissibile il ricorso per cassazione, sottoscritto dal
difensore, cui sia stata conferita, mediante atto notarile,
procura generale alle liti. (2)
I
La Corte, eco. — È preliminare l'indagine sull'ecce zione di inammissibilità del ricorso sollevata dalle resistenti.
Infatti le Bozzo, nel controricorso, sostengono che il
gravame è inammissibile, tra l'altro, « perchè il difensore dei ricorrenti non è provvisto del mandato speciale, neces sario ai sensi dell'art. 365 cod. proc. civ. » e, con la memoria difensiva ritualmente prodotta, spiegano che « la procura speciale », richiamata nel ricorso al n. 6 dell'elenco dei do
cumenti, <i conferita con atto separato, la cui autografia della firma è certificata dal solo difensore », doveva essere
conferita, ai fini di sua validità, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata.
La censura è fondata.
Come è noto, ai sensi dell'art. 369, n. 3, cod. proc. civ. in relazione all'art. 83 dello stesso codice, non è sufficiente,
per ricorrere o per controricorrere in Cassazione, la procura generale conferita ab initio per tutti i gradi del giudizio, sibbene occorre una «procura speciale rilasciata espressa mente per tali liti, essendo indispensabile, secondo l'intento del legislatore, che la parte manifesti in modo univoco la sua volontà concreta ed attuale di dar vita a quella determinata fase processuale.
La procura speciale, poi, per aversi la certezza sulla identità della parte che ha conferito l'incarico e sulla data sotto la quale è stato rilasciato, deve risultare da atto pub blico o da scrittura privata autenticata, ovvero l'autogra fia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore.
Senonchè, in quest'ultima ipotesi, è da ricordare che il
potere di autenticazione, da parte del difensore, dell'auto
grafia della sottoscrizione della parte, non è illimitato. Infatti il difensore può, ai sensi del combinato disposto
degli art. 83 e 125 cod. proc. civ., procedere alla autentica zione in calce o a margine degli atti indicati nell'art. 83 e su un foglio allegato che faccia « corpo » con essi, ma non ha un eguale potere, ed è superfluo attardarsi ad indicarne la ragione tanto questa è ovvia, quando la procura gli sia stata conferita con separata scrittura privata (v., tra l'altro, Cass. n. 1461 dell'anno 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Procedimento civ., n. 145).
Nel caso la « procura speciale » è stata conferita con atto « separato » dal ricorso e reca la firma del difensore, avv. G. B. Lazagna, per autenticazione della sottoscrizione dei ricorrenti.
Il ricorso, pertanto, deve dichiararsi inammissibile, restando, così, preclusa ogni altra indagine sulle ulteriori
ragioni di inammissibilità dedotte dai resistenti, e sul me rito.
Per questi motivi, dichiara inammissibile, ecc.
(1) Conf. Cass. 13 giugno 1962, n. 1477, Foro it., 1963, I, 124, con nota di richiami.
(2) Oonf. Cass. 25 novembre 1961, n. 2727 (procura con ferita « per ogni fase e stadio del giudizio »), Foro it., Rep. 1962, voce Cassazione civ., n. 168 j Cass. 13 giugno 1962, n. 1476 (controricorso sottoscritto da difensore munito di procura gene rale alle liti), ibid., n. 174 ; Cass. 23 maggio 1962, n. 1182 (ricorso sottoscritto da difensore, munito di procura generale conferita ab initio per tutti i gradi di giudizio), ibid., n. 175 ; Cass. 17 maggio n. 1161, 15 aprile n. 823 del 1961, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 117-119, 125 (procura rilasciata per tutti i gradi di giu dizio) ; Cass. 18 maggio 1960, n. 1228 (procura rilasciata per tutti i gradi di giudizio), id., Rep. 1960, voce cit., nn. 112, 113 ; Cass. 14 dicembre 1959, nn. 3546 e 3547 (procura generale alle liti), id.. Rep. 1959, voce cit., nn. 88, 89 ; Cass. 29 luglio 1958, n. 2746 (procura rilasciata per i soli giudizi di merito), id., Rep. 1958, voce cit., n. 146 ; Cass. 22 aprile 1954, id., Iiep. 1954, voce cit., n. 128. Nel senso, invece, della validità della procura speciale, conferita in calce all'atto introduttivo del giudizio di primo grado, o con procura per atti separati, pur essa conferita all'ini zio del giudizio, Cass. 20 agosto 1949, id., Rep. 1949, voce cit., n. 190; Cass. 29 aprile 1947, id., 1948, I, 1073, con nota di richiami.
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