sezione I civile; sentenza 23 luglio 1996, n. 6596; Pres. F.E. Rossi, Est. Milani, P.M. Carnevali(concl. conf.); Cassa di risparmio di Perugia (Avv. Pino, Pasquale) c. Banca popolare dell'Etruriae del Lazio (Avv. Ferro Luzzi, De Filippi). Conferma App. Firenze 19 gennaio 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 4 (APRILE 1997), pp. 1227/1228-1229/1230Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191417 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 luglio
1996, n. 6596; Pres. F.E. Rossi, Est. Milani, P.M. Carne
vali (conci, conf.); Cassa di risparmio di Perugia (Avv. Pi
no, Pasquale) c. Banca popolare dell'Etruria e del Lazio (Aw. Ferro Luzzi, De Filippi). Conferma App. Firenze 19 gen naio 1994.
Società — Titoli azionari — Pegno — Perfezionamento nei con
fronti della società emittente (Cod. civ., art. 2024, 2786; r.d.
29 marzo 1942 n. 239, norme interpretative e complementari del r.d.l. 25 ottobre 1941 n. 1148, convertito nella 1. 9 feb
braio 1942 n. 96, riguardante la nominatività obbligatoria dei
titoli azionari, art. 3).
Il pegno di titoli azionari produce effetti, nei confronti della
società emittente, solo in seguito all'annotazione nel libro dei
soci. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 23 maggio 1989, la Cassa di risparmio di Perugia esponeva che Arnaldo Boncompagni e Paola Acquisti avevano costituito
in pegno a suo favore, mediante girata in garanzia con sotto
scrizione autenticata, certificati azionari della Banca popolare delPEtruria soc. coop, a.r.l., rispettivamente per 8200 e 1400
azioni, senza che, peraltro, il vincolo fosse annotato nei libri
sociali dell'emittente. Dopo aver infruttuosamente intimato ai
debitori il pagamento di quanto dovuto, l'attrice aveva dato
incarico per la vendita delle azioni: la banca popolare, tuttavia, aveva replicato di avere, conformemente al disposto dell'art.
21 dello statuto sociale, annullato le azioni, previa compensa zione del loro valore con l'importo del maggior credito vantato
nei confronti del Boncompagni e dell'Acquisti. Tanto premesso, la Cassa di risparmio di Perugia, ritenendo
illegittimo il comportamento della banca popolare, poiché l'art.
21 del nuovo statuto, approvato prima della disposta compen sazione (ancorché omologato in epoca successiva), ne subordi
nava l'esercizio alla circostanza che le azioni si trovassero «co
munque depositate presso la società», conveniva la predetta banca
(che nel frattempo aveva assunto la denominazione di Banca
(1) Nello stesso senso, App. Milano 19 luglio 1988, Foro it., Rep. 1989, voce Pegno, n. 3. Sui requisiti richiesti per l'efficacia del pegno su quote di s.r.l., v., altresì, Trib. Parma 31 marzo 1960, id., Rep. 1960, voce Società, n. 385, secondo cui «le formalità... previste dal l'art. 2479 c.c. per l'efficacia di fronte alla società del trasferimento di quota, sono anche necessarie perché abbia efficacia di fronte alla società la costituzione del pegno».
Sulla diversità dei requisiti indispensabili per l'efficacia del pegno, a seconda del soggetto (il debitore o il costituente il pegno, ovvero, come nella fattispecie esaminata da Cass. 6596/96, un terzo) nei cui confronti il pegno sia fatto valere, v., recentemente, App. Trieste 2 marzo 1994, id., Rep. 1994, voce Pegno, n. 12, secondo cui il difetto di data certa non è opponibile dal costituente il pegno; analogamente — ed in linea con la sentenza che si riporta — secondo App. Milano 23 maggio 1967, id., Rep. 1968, voce cit., n. 5, «il pegno è validamente
costituito, inter partes, con la semplice traditio dei titoli, ai sensi del l'art. 2786, 1° comma, c.c. irrilevante essendo che sulle azioni sia stata
apposta una girata piena, simulata, e che il trasferimento non sia stato annotato nel libro dei soci». Per l'insufficienza della consegna al credi tore dei titoli nominativi, al fine di rendere efficace rispetto ai terzi il pegno sui titoli stessi, v. App. Genova 14 aprile 1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 2. Secondo Cass. 28 febbraio 1955, n. 589, id., Rep. 1955, voce cit., n. 4, «nei rapporti tra le parti contraenti la formazione del contratto di pegno non è subordinata all'osservazione di alcuna for malità».
Sulle modalità di costituzione del pegno dei titoli azionari in genere, si segnala Pret. Torino 23 novembre 1991, id., Rep. 1994, voce Provve dimenti di urgenza, n. 156, secondo cui «il nudo proprietario non può costituire in pegno titoli azionari di sua proprietà senza il consenso del
l'usufruttuario; non è, pertanto, ammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c., con il quale il nudo proprietario chiede la disponibilità dei titoli aziona ri di sua proprietà al fine di costituirli in pegno».
In dottrina, Chiomenti, Una prassi di trasferimento di titoli azionari girati «in garanzia» (e considerazioni sul pegno di azioni nominative), in Riv. dir. comm., 1994, I, 747 ss.
Si segnala, infine, Cass. 29 ottobre 1996, n. 9445, Foro it., 1996, I, 3673, che ha riconosciuto la legittimità della clausola statutaria —
utilizzata, nella fattispecie risolta dalla sentenza in epigrafe, dalla azien da di credito resistente —, che consente alle banche popolari di soddi sfare i propri crediti verso i soci, annullandone le azioni e conpensando il valore.
Il Foro Italiano — 1997.
popolare dell'Etruria e del Lazio) dinanzi al Tribunale di Arez
zo, per sentire: a) in tesi, dichiarare l'illegittimità della compen sazione e dell'annullamento delle azioni; b) in ipotesi, dichiara
re la validità del pegno, ordinandone l'annotazione nei libri so
ciali della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio; c) in ipotesi
subordinata, in caso d'impossibilità della vendita delle azioni, condannare la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio al risar
cimento dei danni.
La convenuta, costituitasi, eccepiva che, non essendo stato
annotato nei propri libri sociali, il pegno non era produttivo di effetti nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 3 r.d. 29 marzo
1942 n. 239, e che pertanto essa legittimamente aveva operato la compensazione ed annullato le azioni, conformente al dispo sto dell'art. 21 dello statuto (vecchio testo), da considerarsi in
vigore all'epoca, non essendo ancora intervenuta l'omologazio ne e l'iscrizione della delibera modificativa nei registri della can
celleria commerciale.
Con sentenza 28 febbraio-16 maggio 1990, il Tribunale di Arez
zo, ritenuta la validità della costituzione del pegno sulle azioni, dichiarava inopponibile alla creditrice pignoratizia la compen sazione operata dalla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio.
La decisione, da quest'ultima impugnata, era riformata, con
sentenza 29 ottobre 1993-19 gennaio 1994, dalla Corte d'appel lo di Firenze, che dichiarava inopponibile alla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio il pegno dei titoli azionari costituito
dal Boncompagni e dall'Acquisti a favore della Cassa di rispar mio di Perugia. La corte osservava che, in forza dell'art. 3 r.d.
29 marzo 1942 n. 239 — norma nella specie applicabile quale
legge speciale prevalente sulle disposizioni generali dettate dal
codice civile in materia di titoli di credito —, l'efficacia del pegno nei confronti della società emittente delle azioni era su
bordinata all'annotazione nel libro dei soci, in difetto della quale il vincolo era legittimamente disconosciuto dalla società medesi
ma. Dall'inopponibilità del pegno nei confronti dell'emittente
delle azioni discendeva la mancanza di titolo, da parte della
Cassa di risparmio di Perugia, per contestare la legittimità della
compensazione operata dalla Banca popolare dell'Etruria e del
Lazio, trattandosi di res inter alios acta, della quale avrebbero
potuto dolersi soltanto il Boncompagni e l'Acquisti rimasti pe raltro inerti.
Avverso tale sentenza propone ricorso la Cassa di risparmio di Perugia. Resiste con controricorso, corredato da memoria, la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio.
Motivi della decisione. — 1.1. - Con il primo mezzo la ricor
rente, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 3 r.d.
29 marzo 1942 n. 239 e dell'art. 2786 c.c., lamenta che la corte
d'appello, nell'escludere l'efficacia del pegno sui titoli azionari
in difetto di annotazione nel libro soci della società emittente, abbia travisato il significato della norma di cui all'art. 3 r.d.
239/42. Sostiene la ricorrente che la norma in questione deve essere
coordinata con l'art. 2786 c.c., secondo cui il pegno si costitui
sce con la consegna al creditore della cosa o del documento
che conferisce «l'esclusiva disponibilità della cosa»: dovendosi
evidentemente intendere per esclusiva disponibilità un diritto reale
che non ammette disconoscimento, né esercizio di potere sulla
cosa da parte di terzi che non ne abbiano il possesso. Tenuto presente il principio generale affermato da tale nor
ma, e considerando che il pegno di titoli azionari ha per oggetto il complessivo rapporto, di partecipazione e di credito, del so
cio verso la società, la corretta interpretazione del citato art.
3 r.d. 239/42 deve significare, secondo la ricorrente, che l'an
notazione nel libro soci condiziona soltanto l'esercizio dei diritti
di partecipazione (tra cui il diritto di voto, disciplinato dall'art. 2352 c.c.) da parte del creditore pignoratizio, ma non il diritto
di credito verso la società, trasferito con la costituzione del pe
gno mediante girata e consegna del titolo.
La diversa interpretazione sostenuta nella sentenza impugna ta determina, ad avviso della ricorrente, un'ingiustificata dispa rità di trattamento, pur in presenza di uguale posizione sostan
ziale, tra creditore pignoratizio di titoli di credito e creditore
pignoratizio di titoli azionari, il quale ultimo, pur essendo nel
possesso delle azioni, non ne avrebbe la giuridica disponibilità, che rimarrebbe, in difetto di annotazione, nelle mani della so cietà emittente.
Sotto questo profilo, la ricorrente solleva l'eccezione di ille
gittimità costituzionale del predetto art. 3 r.d. 239/42, qualora
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1229 PARTE PRIMA 1230
interpretato nel senso sostenuto nella sentenza impugnata, per contrasto con gli art. 3 e 41 Cost.
1.2. - La censura s'incentra sull'interpretazione dell'art. 3 r.d.
239/42 (recante norme riguardanti la nominatività obbligatoria dei titoli azionari). Detta disposizione, sotto la rubrica «vincoli
reali sulle azioni», dopo aver stabilito, al 1° comma, che i vin
coli reali sui titoli azionari si costituiscono mediante annotazio
ne, a cura della società emittente, sul titolo e nel libro dei soci,
prevede, al 2° comma, che il pegno dei titoli azionari può essere
costituito anche mediante consegna del titolo, girato con la clau
sola «in garanzia» od altra equivalente: aggiungendo peraltro
testualmente che «di fronte alla società emittente il pegno non
produce effetto che in seguito all'annotazione nel libro dei soci,
da eseguirsi dalla società immediatamente».
Ed è appunto sulla mancanza d'efficacia in difetto d'annota
zione nel libro soci della società emittente che s'identifica il punto
nodale dell'intera controversia.
Secondo l'interpretazione della ricorrente, tale mancanza d'ef
ficacia riguarderebbe soltanto i diritti di partecipazione inerenti
al titolo azionario, ma non il diritto reale del creditore pignora
tizio, validamente costituito con la girata in garanzia, senza ne
cessità dell'ulteriore formalità dell'annotazione.
Va bene messo in evidenza che la questione qui trattata ri
guarda non l'efficacia inter partes (cioè tra debitore e creditore
pignoratizio), ma l'efficacia del pegno nei confronti della socie
tà emittente del titolo azionario. Ora, la lettera della legge è
chiarissima in proposito, e non consente di introdurre, additiva
mente, alcuna distinzione tra diritti di partecipazione e diritti
di credito, escludendo ogni efficacia, nei confronti della società
emittente, in difetto di annotazione.
Del resto, l'art. 2024 c.c., dettato in materia di titoli nomina
tivi, stabilisce che «nessun vincolo sul credito produce effetti
nei confronti dell'emittente e dei terzi, se non risulta da una
corrispondente annotazione sul titolo e nel registro»: viene cioè
fissato, in linea generale, il principio della doppia annotazione,
sul titolo e nel registro dell'emittente, affinché il vincolo acqui
sti efficacia nei confronti dell'emittente e dei terzi.
Non sembra quindi ravvisabile la lamentata disparità di trat
tamento tra creditore pignoratizio di titoli di credito nominativi
in genere e creditore pignoratizio di titoli azionari, apparendo
la disciplina generale, dettata dall'art. 2024 c.c., corrispondente
a quella dell'art. 3 r.d. 239/42, in materia di carenza d'efficacia
del vincolo — nei confronti dell'emittente — in difetto della
doppia annotazione.
Ciò senza contare il disposto dell'art. 2001 c.c., che stabilisce
la prevalenza delle leggi speciali rispetto alle disposizioni gene
rali dettate dal codice.
È bensì vero che l'art. 2786 c.c. dispone che «il pegno si
costituisce con la consegna al creditore della cosa o del docu
mento che conferisce l'esclusiva disponibilità della cosa», do
vendosi con ciò intendere che il possesso del titolo rappresenta
tivo in mano al creditore integra la disponibilità di tutti i diritti inerenti al titolo stesso nei confronti non soltanto del debitore
ma anche dei terzi, ma tale norma generale deve cedere alla
prevalenza delle norme speciali sui titoli di credito nominativi
e, in particolare, sui titoli azionari.
Il richiamo, quindi, all'art. 2786 c.c. non è conferente nella
specie, dovendo applicarsi la norma speciale dell'art. 3 r.d.
239/42. Deve dunque affermarsi che, ai sensi della suddetta norma,
il pegno di titoli azionari non ha effetto, nei confronti della
società emittente, se non in seguito all'annotazione nel libro
dei soci: e ciò non soltanto per l'esercizio dei diritti sociali, ma
per l'effettiva disponibilità del titolo azionario, comportante l'e
sercizio del diritto di credito rappresentato dal titolo stesso.
La censura risulta — conclusivamente — priva di fondamen
to, rivelandosi inoltre manifestamente infondata l'eccezione di
illegittimità costituzionale sollevata in relazione al citato art. 3
r.d. 239/42. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1997.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 9 mag
gio 1996, n. 4364; Pres. La Torre, Est. Genghini, P.M. Ami
rante (conci, conf.); Min. tesoro c. Regione Campania (Avv.
Monti). Cassa Trib. Napoli 9 gennaio 1992.
Sanità pubblica — Campania — Assistenza sanitaria — Spese sostenute prima dell'entrata in funzione delle unità sanitarie
locali (L. 22 dicembre 1980 n. 874, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 26 novembre 1980 n. 776, recante in
terventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal terre
moto del novembre 1980).
La regione Campania deve rispondere delle spese per l'assisten
za sanitaria (nella specie, quote di carovita) sostenute nelle
more dell'entrata in funzione delle unità sanitarie locali, in
forza dei poteri legittimamente attribuiti al presidente della
giunta regionale con le ordinanze emesse dal commissario
straordinario del governo per la Campania e la Basilicata e,
poi, dal ministro per il coordinamento della protezione civile. (1)
Motivi della decisione. — Con il primo motivo del ricorso si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del
l'art. 1, 3° e 4° comma, d.l. 30 aprile 1981 n. 188, convertito
in 1. 27 giugno 1981 n. 331 e dell'art. 77 1. 23 dicembre 1978
n. 833 (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), in quanto, ai sensi della
1. n. 331 del 1981, i commissari unici regionali sono rappresen
tanti delle regioni; tale individuazione discende dalle ordinanze
n. 343 del 1981 e n. 12 del 1982, con le quali il commissario
straordinario del governo ed il ministro per la protezione civile
hanno autorizzato il presidente della giunta regionale della Cam
pania ad esercitare, fino alla attivazione delle Usi i poteri a
queste riservati dalla legislazione vigente: trattasi di provvedi
menti a carattere normativo, rivolti a conferire alla regione, nel
quadro degli interventi urgenti di cui al d.l. 26 novembre 1980
n. 776, covertito nella 1. 22 dicembre 1980 n. 874, i poteri ne
cessari all'erogazione dell'assistenza sanitaria; la legittimazione
(1) La corte risolve il contrasto di giurisprudenza sorto in ordine alla
legittimazione passiva per l'assunzione dell'onere delle spese per l'assi
stenza sanitaria nel periodo dal 1° luglio 1981 (data di cessazione del
l'attività degli enti mutualistici posti in liquidazione con la 1. 386/74
e più volte prorogati fino all'entrata a regime della riforma sanitaria
ex 1. 833/78) al 1° giugno 1982 (data di inizio dell'attività delle unità
sanitarie locali nella Campania); il problema della successione nei rap
porti giuridici facenti capo ai vecchi enti mutualistici era stato risolto
con l'assunzione a carico dell'apposito ufficio liquidazione degli enti
soppressi presso il ministero del tesoro (cfr. Cass. 8 giugno 1987, n.
5012, Foro it., 1987, I, 1719) ed il trasferimento alle nuove Usi dei
soli rapporti giuridici inerenti all'assistenza sanitaria (art. 65, 3° com
ma, 1. 833/78), ma nella regione Campania si era verificata una situa
zione particolare, anche a causa del terremoto del 23 novembre 1980,
con la ritardata attivazione delle Usi e l'intervento del commissario straor
dinario del governo che, con ordinanza 30 giugno 1981 n. 343 adottata
ai sensi della 1. 874/80, aveva conferito al presidente della giunta regio nale «i poteri in materia, che la vigente legislazione riserva alle unità
sanitarie locali» (il provvedimento fu, poi, ribadito e prorogato con
successiva ordinanza 10 febbraio 1982 n. 12 del ministro per il coordi
namento della protezione civile, dopo la scadenza del regime commissa
riale); nel suddetto periodo, quindi, i rapporti in materia di assistenza
sono stati assunti in capo alla regione Campania ma quest'ultima ha
contestato la propria legittimazione passiva nelle controversie instaurate
dai creditori, invocando la illegittimità delle ordinanze sopra citate; su
quest'ultimo punto è sorto il contrasto giurisprudenziale (del quale com
piutamente viene dato atto in motivazione e su cui v., per ogni altro
riferimento, la nota di richiami a Cass. 18 marzo 1993, n. 3224, id.,
1993, I, 3057) risolto nel senso di cui alla massima, sul presupposto della legittimità delle ordinanze sia perché non contenenti alcuna delega di poteri statali ma soltanto regole operative di funzioni già spettanti alle regioni — ex 1. 833/78 — in ordine alla istituzione delle unità sani
tarie locali sia perché emesse nell'ambito dei poteri di intervento per
ragioni di necessità e urgenza (ordinanze c.d. libere o necessitate) attri
buiti al commissario straordinario dal d.l. 776/80, convertito in 1. 874/80.
In termini con la sentenza in epigrafe e in dichiarato adeguamento al principio affermato, Cass. 8 ottobre 1996, n. 8797, id., Mass., 803;
per riferimenti sulla nuova disciplina intervenuta nel settore che ha po sto a carico delle regioni i debiti delle gestioni pregresse delle Usi dopo
la istituzione delle nuove aziende, Tar Marche 21 marzo 1996, nn. 138,
137, id., 1996, III, 300, con nota di richiami; su altre problematiche relative alla legittimazione passiva nei rapporti instaurati in seguito alla
legislazione d'emergenza di cui alla 1. 874/80 e successive, Cass. 21 no
vembre 1994, n. 9847, id., 1995, I, 1210, con nota di G. Caruso.
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