sezione I civile; sentenza 23 marzo 2005, n. 6261; Pres. Plenteda, Est. Giuliani, P.M. Ceniccola(concl. conf.); Soc. Lavanderia adriatica e altro (Avv. Tonnini) c. Provincia di Pesaro-Urbino(Avv. Valentini). Conferma Trib. Pesaro-Fano 31 ottobre 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 3 (MARZO 2006), pp. 847/848-851/852Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201300 .
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PARTE PRIMA
di distinte obbligazioni, aventi ciascuna una propria causa e
l'attitudine ad essere oggetto di autonomi atti di disposizione, con l'unico limite costituito dal fatto che l'obbligazione origina ria si estingue con la riscossione del credito verso il debitore ce
duto; non risulta alcuna pronuncia di questa corte sulla specifica
questione che si pone nel presente caso.
5.4. - In relazione a tale questione va rilevato che la cessione
prevista dall'art. 1198 non estingue il credito originario, ma af
fianca ad esso quello ceduto con la funzione di consentire al
creditore di soddisfarsi mediante la realizzazione di quest'ulti mo credito.
Si verifica, pertanto, la coesistenza di due crediti: quello ori
ginario e quello ceduto; stante il richiamo che l'art. 1198 fa al
2° comma dell'art. 1267, in cui si subordina la responsabilità del cedente non al solo adempimento del ceduto, bensì al fatto
che il cessionario abbia iniziato e proseguito con diligenza le
istanze contro quest'ultimo, il credito originario rimane quie scente fino a quando il cessionario non abbia inutilmente escus
so il debitore ceduto; la realizzazione del credito ceduto produce l'estinzione anche di quello originario.
In altri termini, la cessione del credito in luogo dell'adempi mento non comporta liberazione del debitore originario, che
consegue alla realizzazione del credito ceduto; il credito origi nario rimane inesigibile per tutto il tempo in cui persiste la pos sibilità di fruttuosa escussione del debitore ceduto; il creditore
cessionario è tenuto ad escutere prima il debitore ceduto e, solo
quando il medesimo risulti insolvente, si può rivolgere al debi
tore originario. 6. - Ai principi sopra esposti non si è attenuta la corte di me
rito, la quale, riformando la sentenza di primo grado, ha impli citamente ritenuto inutile la preventiva escussione del debitore
ceduto che quella sentenza aveva, invece, giustamente ritenuto
necessaria.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla
Corte d'appello di Lecce per nuovo esame e pronuncia sulle
spese del giudizio di cassazione.
7. - Rimangono assorbiti gli ulteriori profili dei motivi esami
nati ed il terzo motivo.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 mar
zo 2005, n. 6261; Pres. Plenteda, Est. Giuliani, P.M. Cenic
cola (conci, conf.); Soc. Lavanderia adriatica e altro (Avv. Tonnini) c. Provincia di Pesaro-Urbino (Avv. Valentini).
Conferma Trib. Pesaro-Fano 31 ottobre 2001.
Sanità pubblica — Rifiuti pericolosi — Olì minerali esausti — Tenuta del registro — Omissione — Sanzione ammini
strativa (D.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, attuazione delle diret
tive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, art. 12, 52).
Integra gli estremi della violazione amministrativa di cui al
l'art. 52, 2° comma, d.leg. 22/97 il mancato aggiornamento del registro di carico e scarico da parte di una lavanderia che
stoccava in azienda rifiuti pericolosi costituiti da olio mine
rale esausto. ( 1 )
(1) La sentenza in epigrafe si segnala perché sostiene che la tenuta del registro, anche relativamente agli olì esausti, sia disciplinata dalla normativa del 1997 e non da quella del 1992.
In senso contrario, App. Ancona 20 marzo 2003, Foro it.. 2003. II, 636, con nota di richiami, ha sostenuto che la detenzione di olio esausto da parte dell'impresa che lo ha prodotto e nel luogo stesso di produzio ne non è disciplinato dal d.leg. 22/97, bensì dal d.leg. 95/92.
Il Foro Italiano — 2006.
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 21
aprile 1998, la Lavanderia adriatica s.r.l. e Mario Volpini in
proprio proponevano davanti al Pretore circondariale di Pesaro,
presso la sezione distaccata di Fano, opposizione avverso l'or
dinanza, emessa il 1° aprile 1998 dall'amministrazione provin ciale di Pesaro-Urbino, con la quale era stato ingiunto alla so
cietà anzidetta il pagamento della complessiva somma di lire
60.010.000, a titolo di sanzione amministrativa per avere, in
violazione dell'art. 52, 2° comma, d.leg. n. 22 del 1997, effet
tuato lo stoccaggio di olio minerale esausto ed avere tenuto non
aggiornato il prescritto registro di carico e scarico, il quale por tava come ultima annotazione quella del 21 giugno 1994, dispo
Più articolata è la posizione di Cass. 9 luglio 2003, Cangemi, id.,
Rep. 2004, voce Sanità pubblica, n. 816, secondo cui la disciplina di
cui all'art. 14 d.leg. 95/92 non è stata abrogata dall'art. 56 d.leg. 22/97,
per cui non è applicabile, in via generale, alle attività di smaltimento
degli oli la normativa sui rifiuti, salva l'ipotesi in cui la sostanza in
questione risulti avere, in concreto, le caratteristiche intrinseche del ri
fiuto, nel qual caso trovano applicazione, in forza di espressa previsio ne dell'art. 14, 1° comma, d.leg. 95/92 «le disposizioni penali vigenti in
materia» (di rifiuti) (va tuttavia precisato che la fattispecie riguardava il
reato di cui all'art. 14 d.leg. 95/92 che punisce lo sversamento di oli
esausti sul suolo). Da ultimo, Cass. 6 luglio 2005, n. 34411, De Michele, inedita, è tor
nata sull'argomento in un caso in cui un carrozziere è stato condannato
per il reato di cui all'art. 51,1° comma, lett. b), d.leg. 22/97 per avere
svolto attività di raccolta di olio esausto. Nel ricorrere per cassazione,
l'imputato ha denunciato violazione di legge assumendo che erronea mente gli era stata applicata la disciplina sui rifiuti anziché quella sugli oli esausti (del 1992). Di contro, la Cassazione ha rilevato che «la di
sciplina degli olì usati, in attuazione della direttiva comunitaria n. 439 del 1975 era originariamente contenuta nel d.p.r. n. 691 del 1982. A se
guito della direttiva n. 101 del 1987 la disciplina previgente è stata tra sfusa nel d.leg. n. 95 del 1992 il quale all'art. 1 qualifica olio usato
'qualsiasi olio industriale o lubrificante, a base minerale o sintetica, di venuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, in particolare gli olì usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione non ché gli oli minerali per macchinari, turbine e comandi idraulici e quelli contenuti nei filtri usati'. II 2° comma del medesimo articolo prescrive che 'sono comunque soggette alla disciplina prevista per gli olì usati le miscele oleose, intendendosi per tali i composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i resi dui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua ed olio e le emulsioni' . .. Prima dell'entrata in vigore del d.leg. n. 95 del 1992, l'attività di rac
colta, stoccaggio e smaltimento degli olì usati era subordinata all'auto rizzazione rilasciata in base al d.p.r. n. 915 del 1982 ... I rapporti tra il
d.p.r. n. 915 del 1982 sui rifiuti e quello n. 691 del 1982 sugli olì esau sti erano regolati dall'art. 9 duodecies 1. 9 novembre 1988 n. 475 di conversione de! d.l. 9 settembre 1988 n. 397, il quale disponeva che 'si
applica(va)no al conferimento, al trasporto, allo stoccaggio degli olì esausti di cui al d.p.r. n. 691 del 1982, fino al momento della loro ces sione a soggetti che provvedono alla rigenerazione, le norme in vigore concernenti i rifiuti'. In sostanza, secondo l'orientamento già espresso da Cass. 18 novembre 1999, De Patre, id., Rep. 2000, voce cit., n. 772, si era fissato il principio della classificazione degli olì usati come rifiuti fino al momento della rigenerazione e tale principio era riconfermato dall'art. 70, lett. d), della legge comunitaria 29 dicembre 1990 n. 428 ove si era prescritto l'obbligo, nel recepire le direttive comunitarie, di mantenere 'ferma la classificazione degli olì usati come rifiuti'. In at tuazione di tali principi il d.leg. n. 95 del 1992 che ha ridisciplinato la materia degli olì esausti, da un lato, ha assoggettato ad autorizzazione
regionale l'attività di raccolta e conferimento degli olì usati e, dall'al
tro, con il 3° comma dell'art. 1, ha disposto che 'si applicano alla rac colta, immagazzinamento e trasporto degli olì usati e nel momento della loro consegna alle imprese autorizzate alla rigenerazione, le nor me in vigore per i rifiuti'. Trattasi, come già statuito da questa corte nella decisione dianzi citata, di 'un rinvio integrativo espresso alla normativa generale sui rifiuti testualmente riferito a ciascun momento della gestione degli olì usati, sicché esso deve ritenersi operante in cia scuna fattispecie e non con riferimento ai principi generali'. Il decreto Ronchi ha ribadito la configurazione degli oli usati quali rifiuti inse rendoli nell'ali. A catalogo europeo dei rifiuti e qualificandoli nell'ali. D come rifiuti pericolosi (cod. Cer 1302: olì esauriti da motori, trasmis sioni ed ingranaggi). Nell'ali. C la rigenerazione o altri reimpieghi de
gli olì vengono espressamente previsti tra le attività di recupero R9. Da ciò consegue che al di fuori dell'ipotesi del deposito temporaneo nel
luogo di produzione, le attività di stoccaggio e messa in riserva degli olì esausti, nell'attesa del conferimento ai luoghi di rigenerazione, ef fettuate in assenza di autorizzazione, sono sanzionate a norma dell'art. 51 d.leg. n. 22 del 1997».
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nendo inoltre, a carico del Volpini stesso, la sanzione accessoria
della sospensione per un mese dalla carica di amministratore.
Resisteva in giudizio l'amministrazione opposta. Il Tribunale di Pesaro, presso la sezione distaccata di Fano,
frattanto subentrato, in composizione monocratica, al giudice a
dìto, con sentenza in data 22-31 ottobre 2001 rigettava l'opposi zione, assumendo:
a) che l'opponente fosse obbligata alla tenuta del registro in
parola, vuoi in forza della precedente normativa (art. 8 d.leg. n.
95 del 1992), vuoi in forza del d.leg. n. 22 del 1997, già entrato
in vigore al momento dell'accertamento della violazione, avve
nuto il 25 giugno 1997, il cui art. 12, al 1° comma, imponeva la
tenuta del registro a tutte le imprese produttrici di rifiuti peri colosi, tali essendo gli olì esausti espressamente considerati nel
l'ali. D del citato d.leg. 22/97, il quale aveva abrogato, quanto meno implicitamente, la specifica disciplina prevista appunto
per gli oli esausti dal d.leg. 95/92 parimenti richiamato;
b) che, in forza dell'art. 12 d.leg. n. 22 del 1997, la tenuta del
registro risultasse obbligatoria a prescindere dalla quantità dei
rifiuti pericolosi prodotti; c) che l'opponente non potesse invocare neppure l'esonero
dall'obbligo dell'anzidetta tenuta, in quanto tale esonero, previ sto dall'art. 11 medesimo d.leg., non riguardava la tenuta dei ri
fiuti pericolosi; d) che la mancanza dei modelli uniformi di registri e degli
eventuali documenti sostitutivi non esonerasse il produttore dal
l'obbligo di tenuta del registro, puntualizzando l'ultimo comma
del richiamato art. 12 che, in attesa dell'individuazione dei nuo
vi modelli di registri, continuano ad applicarsi le disposizioni
vigenti che disciplinano le modalità di tenuta dei registri;
e) che, nel merito, la contestata violazione apparisse dimo
strata, imponendo il già citato art. 12 ai produttori di eseguire la
registrazione almeno entro una settimana dalla produzione del
rifiuto, laddove, nella specie, l'ultima annotazione sul registro di carico e scarico risaliva al 21 giugno 1994 (ovvero ad oltre
tre anni prima dell'accertamento, intervenuto il 25 giugno 1997,
pur avendo la società opponente continuato, in tale periodo, la
propria attività lavorativa e prodotto quindi rifiuti) e nessuna
annotazione risultava effettuata quanto meno dal 1° maggio 1997, data di entrata in vigore della normativa in questione;
f) che non potesse essere applicata la sanzione stabilita dal
l'art. 10 d.p.r. n. 691 del 1982, dovendo anche tale norma rite
nersi comunque abrogata con l'entrata in vigore del d.leg.
22/97;' g) che fosse da confermare la misura della sanzione applicata
in concreto dalla provincia, in quanto detta misura non era stata
oggetto dei motivi di opposizione. Avverso la riportata sentenza, ricorrono per cassazione la La
vanderia adriatica s.r.l. e Mario Volpini in proprio, deducendo
cinque motivi di gravame, ai quali resiste la provincia di Pesaro
Urbino con controricorso illustrato da memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo di impugna zione, lamentano i ricorrenti violazione e/o falsa applicazione del d.leg. n. 22 del 1997 e del d.leg. n. 95 del 1992, assumendo:
a) che il giudice di prime cure ha ritenuto doversi applicare alla fattispecie il d.leg. n. 22 del 1997, in quanto ha ritenuto che
questo, implicitamente, abbia abrogato il d.leg. n. 95 del 1992;
b) che ciò non è dato, atteso che l'art. 56 d.leg. n. 22 del
1997 ha abrogato espressamente ed esplicitamente numerose e
diverse norme ambientalistiche, ma non il d.leg. n. 95 del 1992;
c) che quest'ultimo provvedimento normativo era stato ema
nato in osservanza di una disposizione comunitaria, onde fa
parte di quelle disposizioni «specifiche, particolari o comple mentari» che proprio l'art. 1 d.leg. 22/97 fa salve, senza che,
quindi, si possa ritenere l'uno neppure implicitamente abrogato dall'altro.
Il motivo non è fondato.
Premesso, infatti, come, ai sensi dell'art. 15 disp. sulla legge in generale, l'abrogazione in forza di leggi posteriori possa in tervenire non soltanto «per dichiarazione espressa del legislato re» (c.d. abrogazione espressa appunto), ma anche «per incom
patibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la
nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge ante
riore» (c.d. abrogazione tacita), si osserva:
a) che del tutto irrilevante si palesa il mancato inserimento
Il Foro Italiano — 2006.
del d.leg. 27 gennaio 1992 n. 95 tra le disposizioni espressa mente abrogate dall'art. 56 successivo d.leg. 5 febbraio 1997 n.
22;
b) che il primo dei due indicati provvedimenti normativi è
stato emanato in attuazione delle direttive 75/439/Cee e
87/101/Cee, relative all'«eliminazione degli olì usati», laddove
dal «preambolo» del secondo risulta che quest'ultimo è stato
emanato in attuazione delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti (che ha modificato la direttiva 75/442/Cee), 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi (come modificata dalla direttiva 94/3 I/Ce) e
94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ovvero in attuazione di direttive «che costituiscono un sistema compiuto di disciplina del settore dei rifiuti, al quale è necessario fare ri
ferimento per rinvenire le linee di intervento cui il legislatore nazionale è comunque tenuto ad adeguarsi nel recepimento delle
direttive stesse»;
c) che la sopravvenuta disciplina comunitaria e la relativa
normativa interna di attuazione hanno quindi regolato l'intera
materia (quella appunto dei rifiuti) già regolata in precedenza, senza che, del resto, possa venire in considerazione il dettato
dell'art. 1, 1° comma, d.leg. n. 22 del 1997, là dove questo fa
espressamente «salve disposizioni specifiche, particolari o com
plementari ... adottate in attuazione di direttive comunitarie che
disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti», dal
momento che l'ali. A al d.leg. n. 22 del 1997, previsto dall'art.
6, 1° comma, lett. a), di tale decreto, accanto all'elencazione di
sedici categorie di rifiuti, contiene altresì un «indice» dei rifiuti
stessi, il quale, al n. 13 di codice Cer (codice europeo dei rifiu
ti), comprende la categoria degli «oli esauriti», figurando poi
questi ultimi, distinti dal medesimo numero di codice, nell'ali.
D al già richiamato d.leg. n. 22 del 1997 (previsto dall'art. 7, 4°
comma, di questo) sotto la denominazione di «rifiuti pericolo si», onde, in effetti, simili espresse previsioni, contenute nel
l'anzidetto d.leg. n. 22 del 1997 riguardo appunto agli «oli esau
riti», non altrimenti si giustificano se non ammettendo esatta
mente che quest'ultima normativa abbia regolato l'intera mate
ria già regolata dalla normativa anteriore.
Con il secondo motivo di impugnazione, lamentano i ricor
renti violazione e/o falsa applicazione dell'art. 12, ultimo com
ma, d.leg. n. 22 del 1997, deducendo come, nell'impugnata sentenza, si affermi che la mancanza dei modelli uniformi di re
gistri e degli eventuali documenti sostitutivi non esonerava il
produttore dall'obbligo di tenuta del registro stesso, atteso che il
citato ultimo comma dell'art. 12 puntualizza come, in attesa
dell'individuazione dei nuovi modelli dei registri, continuino ad
applicarsi le disposizioni vigenti che disciplinano le modalità di tenuta dei registri, laddove la società ricorrente aveva istituito il
registro già dal 1994 e, dovendosi applicare le norme vigenti, non occorreva alcuna registrazione, poiché erano stati stoccati
meno di kg trecento annui di olio esausto come sancito dalla
norma vigente, ovvero dall'art. 8 d.leg. n. 95 del 1992, onde, es
sendo incontroverso che al mese di luglio del 1997 non erano
stati emessi tali modelli, si doveva applicare la normativa vi
gente e, cioè, proprio il richiamato d.leg. 95/92.
11 motivo non è fondato.
Pur dovendosi osservare, infatti, come il primitivo testo del
l'ultimo comma dell'art. 12 d.leg. n. 22 del 1997 recasse la di
zione (riportata dagli odierni ricorrenti) secondo cui «In attesa
dell'individuazione del modello uniforme di registro di carico e
scarico e degli eventuali documenti sostitutivi, nonché delle
modalità di tenuta degli stessi, continuano ad applicarsi le di
sposizioni vigenti» e come, invece, la dizione (riportata dal giu dice del merito nell'impugnata sentenza) nella quale, in fondo
alla disposizione in esame, figura l'aggiunta «... che discipli nano le predette modalità di tenuta dei registri», risulti essere
frutto delle modifiche apportate dall'art. 1, 22° comma, d.leg. 8
novembre 1997 n. 389, entrato in vigore lo stesso giorno, ovve
ro il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiate ai
sensi dell'art. 8 di questo, appare indubitabile che a tale modifi
ca debba essere riconosciuto l'implicito significato di interpre tazione autentica della norma precedente, onde la retroattività
radicata in una simile natura, come si desume vuoi dal fatto che
il contenuto della seconda disposizione riproduce, quanto meno
in parte, il contenuto della prima ed è quindi ad essa (parzial
mente) sovrapponibile, vuoi dal fatto che solo detta interpreta
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PARTE PRIMA
zione assicura il conseguimento della ratio dell'ultimo comma
dell'art. 12 d.leg. 22/97, che è appunto quella, «in attesa del
l'individuazione del modello uniforme di registro di carico e
scarico e degli eventuali documenti sostitutivi, nonché delle
modalità di tenuta degli stessi», di assicurare l'applicazione delle pregresse disposizioni relative a tali modalità, senza che la
mancanza della riferita «individuazione» possa, di per sé sola,
ragionevolmente condurre ad una applicazione in toto delle di
sposizioni contenute nel d.leg. 95/92.
Ne discende che l'assunto del giudice di merito si palesa pie namente corretto e che, invece, non potendo trovare integrale
applicazione le disposizioni menzionate da ultimo, secondo
quanto preteso dai ricorrenti, appare del tutto infondato l'as
sunto di questi secondo il quale, essendo stato il registro de quo istituito già dal 1994, non occorreva alcuna registrazione, poi ché erano stati stoccati meno di kg trecento annui di olio esausto
come sancito dalla «disposizione vigente» di cui al richiamato
d.leg. n. 95 del 1992. Con il terzo motivo di impugnazione, lamentano i medesimi
ricorrenti violazione e/o falsa applicazione degli art. 11-12
d.leg. n. 22 del 1997, nonché omessa motivazione circa un
punto decisivo della controversia, deducendo:
a) che il primo giudice assume come, nella fattispecie, vada
applicato l'art. 12 sopra richiamato, il quale imporrebbe la te
nuta del registro a tutte le imprese produttrici di rifiuti pericolo
si, come nella fattispecie, trattandosi di olì esausti previsti dal
l'ali. D; b) che l'azienda aveva istituito il registro già dal 1994, men
tre, nel caso in esame, viene in considerazione il profilo che at
tiene all'annotazione sul registro;
c) che, inoltre, il già citato art. 12, per individuare i soggetti
obbligati a tenere il registro, rimanda all'art. 11, 3° comma, il
quale elenca una serie di soggetti, tra i quali imprese od enti che
producono rifiuti pericolosi derivanti da lavorazioni industriali,
laddove, nella specie, l'olio in contestazione non può essere
considerato derivante da lavorazioni industriali, onde per casi
come quello che occupa vige il d.leg. n. 95 del 1992 e non il
d.leg. n. 22 del 1997. Il motivo non è fondato.
Il 1° comma dell'art. 12 d.leg. ultimo cit., nell'individuare i
soggetti obbligati a tenere il registro di carico e scarico dei ri
fiuti, fa riferimento all'art. 11, 3° comma, il quale comprende sia «le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi», sia
«le imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi deri
vanti da lavorazioni industriali ed artigianali». Da un lato, quindi, la disposizione sopra riportata (ed erro
neamente trascritta, invece, dai ricorrenti) assoggetta all'obbligo in parola le imprese e gli enti per il solo fatto che essi produca no rifiuti «pericolosi», indipendentemente, cioè, dalla prove nienza di lavorazione dei rifiuti medesimi, laddove, poi, dal
l'altro lato, la stessa disposizione assoggetta all'obbligo in que stione le imprese e gli enti che producano rifiuti «non pericolo si» quando questi ultimi derivino «da lavorazioni industriali ed
artigianali», onde è palese l'irrilevanza dell'assunto dei ricor
renti relativo alla pretesa natura «non industriale» delle lavora
zioni all'origine della produzione degli oli esausti in contesta
zione, dal momento che, come si è visto, le imprese e gli enti
che producono rifiuti «pericolosi» sono comunque obbligati alla
tenuta del registro di carico e scarico e che i medesimi ricorrenti
non hanno, del resto, sottoposto ad alcuna censura specifica
l'apprezzamento del giudice di merito relativo al fatto che gli olì anzidetti devono essere qualificati «rifiuti pericolosi».
Con il quarto motivo di impugnazione, lamentano i ricorrenti
violazione degli art. 8-14 d.leg. n. 95 del 1992 e, semmai, del
l'art. 10 d.p.r. n. 691 del 1982, deducendo che, in subordine, per
quanto esposto, alla fattispecie si dovevano applicare tali norme, con la conseguenza che, tutt'al più, si doveva comminare la
sanzione amministrativa da uno a cinque milioni.
Con il quinto motivo di impugnazione, del cui esame con
giunto con il precedente si palesa l'opportunità involgendo am
bedue la trattazione di questioni strettamente connesse, lamen
tano i ricorrenti omessa e/o insufficiente motivazione in ordine
all'entità della sanzione pecuniaria inflitta, deducendo che l'im
pugnata sentenza nulla ha motivato, o ha comunque motivato
insufficientemente, circa l'entità della sanzione comminata, af
II Foro Italiano — 2006.
fermando che su ciò non sia stata fatta opposizione, laddove
quanto precede non corrisponde a verità, vuoi per quel che è
stato riportato sotto il quarto motivo, vuoi perché la ricorrente si
era lamentata dell'enormità della sanzione, evidenziando nel ri
corso che il minimo della pena è di trenta milioni, onde non si
vede il motivo per cui non si dovesse e non si debba applicare tale minimo.
I due motivi non sono fondati.
Si osserva al riguardo:
a) che, quanto all'applicabilità, ai fini della concreta deter
minazione della misura della sanzione amministrativa, degli art.
8-14 d.leg. n. 95 del 1992, debbono valere, in mancanza di ulte
riori doglianze, le argomentazioni sviluppate con riguardo al
primo motivo di ricorso, laddove, quanto all'applicabilità del
l'art. 10 d.p.r. n. 691 del 1982, è appena il caso di notare che
nessuna specifica censura è stata dedotta dai ricorrenti a fronte
dell'apprezzamento del giudice di merito, secondo cui «per i
motivi sopra enunciati non può essere applicata la pena stabilita
dall'art. 10 d.p.r. 691/82, richiesta in subordine dall'opponente, in quanto anche tale norma deve comunque ritenersi abrogata con l'entrata in vigore del d.leg. n. 22 del 1997»;
b) che, a fronte dell'ulteriore apprezzamento di detto giudice, in forza del quale «Viene confermata la pena applicata in con
creto dalla provincia, in quanto l'entità della pena non è stata
oggetto dei motivi di opposizione», la censura dei ricorrenti, in
centrata sul fatto di essersi lamentati «dell'enormità della san
zione evidenziando nel ricorso (in opposizione) che il minimo
della pena è di lire trenta milioni», si palesa per nulla decisiva,
risultando una simile prospettazione del tutto inidonea, di per sé
sola, nei limiti cioè dell'autosufficienza del ricorso per cassa
zione, a condurre necessariamente ad una decisione difforme,
posto che, allorché la legge fissi l'entità della sanzione ammini
strativa pecuniaria tra un limite minimo ed un limite massimo, il
giudice dell'opposizione, investito della questione concernente
la determinazione della relativa misura, non è vincolato al li
vello minimo, essendo, all'opposto, tenuto a tale determinazio
ne applicando direttamente i criteri previsti dall'art. 11 1. n. 689
del 1981 (Cass. 2 febbraio 1996, n. 911, Foro it., Rep. 1996, voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 188; 17
novembre 1999, n. 12747, id., Rep. 2000, voce Circolazione
stradale, n. 229; 10 dicembre 2003, n. 18811, id., Rep. 2003,
voce Sanzioni amministrative e depenalizzazione, n. 142), onde,
qualora l'opponente si sia limitato a lamentare l'eccessività
della sanzione stessa, senza dedurre elementi specifici che pos sano indurre ad apprezzare la violazione con minor rigore, ben
può ritenere congrua una somma determinata, come nella spe cie, in misura pari ad un terzo del massimo ed al doppio del mi
nimo.
II ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
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