sezione I civile; sentenza 23 settembre 2003, n. 14097; Pres. De Musis, Est. Gilardi, P.M. Velardi(concl. conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato D'Elia) c. Contarino e altri (Avv. Massignani).Conferma App. Roma 15 novembre 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 2 (FEBBRAIO 2004), pp. 491/492-497/498Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200466 .
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PARTE PRIMA 492
rigine autonomi o siano derivazione del frazionamento di un
condominio originariamente unico. Le citate disposizioni di at
tuazione del codice civile non forniscono argomento che possa avallare la tesi del ricorrente, perché la loro concreta finalità è
quella di ribadire il principio generale (art. 1118 c.c.) che, anche
in caso di scioglimento di un condominio complesso in più con
domini autonomi, è preclusa la rinunzia al diritto sulle cose che
inevitabilmente sono condominiali e tali restano, perché pre sentano quelle caratteristiche di accessorietà rispetto ai beni a
proprietà esclusiva. E d'altra parte, se è impossibile rinunciare
al diritto sui beni «condominiali» quando un condominio si fra
ziona in condomini autonomi, certamente tale diritto necessa
riamente si instaura anche nel caso in cui i titolari delle pro
prietà solitarie di piani o porzioni di piano di diversi corpi di fabbrica, costituiti sin dall'origine in autonomi condomini, ab
biano deciso di asservire un unico bene, o impianto, al comune
servizio delle loro proprietà. Deve, quindi, concludersi per il rigetto del ricorso.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 set tembre 2003, n. 14097; Pres. De Musis, Est. Gilardi, P.M.
Velardi (conci, conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato D'Elia) c. Contarino e altri (Avv. Massignani). Conferma App. Roma
15 novembre 1999.
Procedimento civile — Ordinanza successiva alla chiusura
dell'istruzione — Rinuncia alla pronuncia della sentenza — Deposito successivo alla notifica dell'appello — Inam
missibilità dell'impugnazione (Cod. proc. civ., art. 186 quater, 347).
E inammissibile l'appello avverso l'ordinanza ex art. 186 qua ter c.p.c. proposto dalla parte intimata dopo la rinuncia alla
pronuncia della sentenza ma prima del deposito della stessa
presso la cancelleria del giudice a quo. (1)
(1) Non constano precedenti in termini.
Cfr., in dottrina, Balena, Ancora «interventi urgenti» sulla riforma del processo civile, in Giur. it., 1995, IV, 333; Califano, Il nuovo art. 186 «quater» c.p.c., in Giust. civ.. 1995, II, 570; Carratta, Ordinanze anticipatorie di condanna, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1995, XXII, 21; E.F. Ricci, in AA.VV., Interventi urgenti sul
processo civile, in Nuove leggi civ., 1996, 673; Santangeli, L'ordinan za successiva alla chiusura dell'istruzione, Milano, 2001, 235, 243; di diverso avviso sembra Grulli (-Giorgetti), Le condanne anticipate nel
processo civile di cognizione, Milano, 1998, 533, il quale propende per l'inammissibilità dell'appello proposto prima del deposito dell'atto di rinuncia alla sentenza, salvo che nelle more del giudizio di gravame intervenga il deposito della rinuncia.
Secondo App. Brescia 14 aprile 2000 (Foro it., 2000, I, 2506, con osservazioni di Cea) dalla data di deposito dell'atto di rinuncia decorre il termine lungo per l'impugnazione, mentre per la decorrenza del ter mine breve è necessaria l'ulteriore e successiva notificazione dell'ordi nanza di condanna trasformatasi in sentenza in virtù della rinuncia.
Contra, App. Milano 26 giugno 1998 (id., Rep. 1999, voce Proce dimento civile, n. 300, e, per esteso, Giust. civ., 1999, I, 879; Nuova
giur. civ., 1999, I, 564, con nota di Chindemi; Riv. dir. proc., 1999, 1127, con nota di E.F. Ricci; Corriere giur., 1999, 751, con nota di
Onniboni), secondo cui dalla data di deposito in cancelleria della rinun cia alla sentenza decorre il termine breve di impugnazione ex art. 325
c.p.c. Sul problema dell'individuazione del soggetto legittimato a rinuncia
re alla pronuncia della sentenza, v. Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397, Foro it., 2001, I, 3505, con nota di Cea, Osservazioni in tema di rinun cia alla sentenza ex art. 186 «quater» c.p.c.-, 8 marzo 2002, n. 3434, id., Rep. 2002, voce cit., n. 269; 6 marzo 2002, n. 3194, id., 2002, I, 3147, secondo cui la rinuncia alla sentenza può provenire soltanto dal
procuratore e non dalla parte personalmente; contra, App. Venezia 14
Il Foro Italiano — 2004.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 9 set
tembre 2003, n. 13148; Pres. Spadone, Est. Elefante, P.M.
Russo (conci, conf.); Soc. Studio Aeditecne e altri (Avv.
Bartacche) c. Ditta Edil Sartori (Avv. Armandola, Palet
to). Conferma App. Venezia 29 settembre 1999.
Procedimento civile — Cumulo di domande — Ordinanza
successiva alla chiusura dell'istruzione — Ammissibilità —
Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 186 quater). Procedimento civile — Ordinanza successiva alla chiusura
dell'istruzione — Istanza — Termine (Cod. proc. civ., art.
186 quater). Procedimento civile — Cumulo di domande — Ordinanza
successiva alla chiusura dell'istruzione — Pronuncia sulle
spese — Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 186 quater).
L'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione è ammis
sibile anche nei processi con cumulo di domande connesse
per incompatibilità: conseguentemente, qualora l'istanza per la pronuncia dell'ordinanza sia stata proposta soltanto per una delle domande cumulate, trattandosi di cumulo inscindi
bile di cause (stante l'unicità del fatto da accertare), la pro nuncia di accoglimento di una domanda comporta il rigetto
(implicito) dell'altra. (2) L'istanza per la pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiu
sura dell'istruzione è ammissibile anche quando non vi sia
stato un formale provvedimento di chiusura dell'attività
istruttoria. (3) Nei processi con cumulo di domande, la statuizione sulle spese,
contenuta nell'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. che abbia
pronunciato su alcune delle domande cumulate, comporta se
parazione implicita delle cause, di tal che, una volta interve
nuta la rinuncia alla pronuncia della sentenza, l'ordinanza si
converte in sentenza definitiva. (4)
aprile 1998 {id., 2000, I, 962, con nota critica di Cea, e Nuova giur. civ., 1998, I, 880, con nota adesiva di Mazza), secondo cui la rinuncia deve provenire dalla parte personalmente o dal suo procuratore specia le, nonché sembrerebbe anche Cass. 23 luglio 2002, n. 10748 (Foro it.,
Rep. 2002, voce cit., n. 268), secondo cui la dichiarazione di rinuncia non è necessariamente esercizio dello ius postulandi, di tal che, se la
parte intimata è contumace, deve ritenersi rituale anche la rinuncia
compiuta da essa personalmente. (2, 4) Per un'ampia disamina delle problematiche suscitate dal tema
della pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione nei processi con pluralità di parti e/o di domande, v., per l'ammissibi lità incondizionata dell'ordinanza postistruttoria nei processi cumulati
vi, Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397, Foro it., 2001, I, 3505, con nota di
Cea, Osservazioni in tema di rinuncia alla sentenza ex art. 186 «qua ter» c.p.c.; 13 febbraio 2002, n. 2084, e 13 febbraio 2002, n. 2079, id., 2002, I, 1377, con nota di Cea, La Cassazione e l'ordinanza ex art. 186
«quater» c.p.c. nei processi cumulativi: storia di un contrasto subito
sedato; 27 giugno 2002, n. 9379, id., 2003, I, 886, con nota di Cea, Definizione parziale dell'oggetto del giudizio ed art. 186 «quater» c.p.c.', laddove ritiene inammissibile il provvedimento in caso di cu mulo inscindibile di domande, Cass. 6 novembre 2001, n. 13690, id., 2002, I, 1380, cui adde Cass. 28 gennaio 2002, n. 983, id., Rep. 2002, voce Procedimento civile, n. 276, nonché Trib. Bari 5 ottobre 2002, id., 2003,1, 886.
Che la statuizione sulle spese, contenuta nell'ordinanza che abbia
pronunciato su alcune (ma non tutte) delle domande cumulate, comporti separazione implicita della cause, è principio che è stato già affermato
espressamente da Cass. 9379/02, cit., peraltro espressamente richiamata da Cass. 13148/03 in epigrafe.
Secondo Trib. Bari 5 ottobre 2002, cit., qualora l'ordinanza posti struttoria abbia definito soltanto alcune delle domande cumulate, la se
parazione delle cause è automatica ove intervenga la rinuncia dell'inti mato e si abbia conversione nell'ordinanza in sentenza impugnabile.
Sull'argomento, anche per ulteriori ragguagli, v. Cea, Definizione parziale, cit., spec, sub III, alla cui tesi, peraltro, sembra aderire Cass. 13148/03 in epigrafe, allorché riconosce la possibilità per il giudice di non provvedere sulle spese in caso di pronuncia di ordinanza ex art. 186 quater che non definisca l'intero oggetto del giudizio, analoga mente a quanto avviene con le sentenze non definitive.
(3) Nello stesso senso, in motivazione, Cass. 27 giugno 2002, n. 9379, Foro it., 2003,1, 886, con nota di Cea.
Secondo Cass. 6 febbraio 2002, n. 1633 (id., Rep. 2002, voce Proce dimento civile, n. 265, e, per esteso, Giust. civ., 2002, I, 1230), l'invito del giudice istruttore a precisare le conclusioni segna il momento a de
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento del processo. — Contarino Maria Anna, Contari
no Vincenzo, Contarino Alfio, Contarino Vittorio, Contarino
Romolo e Contarino Remo, quali eredi di Orazia Privitera, con
venivano in giudizio innanzi al Tribunale di Roma il ministero
del tesoro spiegando azione per ottenere l'indennizzo per beni
perduti in Libia. Ammessa, ed esperita, una c.t.u., il giudice istruttore emetteva ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. con la
quale ingiungeva al convenuto di pagare agli attori la somma di
lire 1.548.500.000, oltre interessi e spese del giudizio. Il ministero del tesoro formulava rinuncia alla pronuncia della
sentenza e notificava atto d'appello ai Contarino innanzi alla
Corte d'appello di Roma. Costituendosi in giudizio, gli appellati
eccepivano che, essendo stato l'atto di rinuncia alla sentenza
depositato successivamente alla notifica dell'atto d'appello,
l'impugnazione doveva considerarsi inammissibile.
Con sentenza del 2-15 novembre 1999 la Corte d'appello di
Roma ha dichiarato inammissibile l'appello. Avverso la sentenza della corte d'appello ha proposto ricorso
il ministero del tesoro formulando tre motivi.
Hanno resistito, depositando controricorso, Contarino Maria
Anna, Alfio, Vittorio e Romolo in qualità di eredi di Orazia Pri vitera; Contarino Elio e Salvatore in qualità di eredi di Contari
no Vincenzo già erede di Orazia Privitera; Annunziata Anna
Maria, Contarino Orazia, Tiziana, Sara, Siro, Luca e Aura quali eredi di Contarino Remo, già erede di Orazia Privitera.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo il ricor
rente ha dedotto violazione dell'art. 186 quater c.p.c. in relazio
ne all'art. 360, n. 3, c.p.c. in quanto la corte d'appello ha trascu
rato di considerare che l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186
quater c.p.c. ha efficacia di titolo esecutivo, non impugnabile né
revocabile se non con la sentenza che definisce il giudizio, con
conseguente interesse della parte contro la quale il titolo sia
stato emesso a proporre immediata impugnazione. Considerato,
poi, che dopo la notifica dell'atto di impugnazione l'appellante
dispone di un termine di dieci giorni per l'iscrizione a ruolo
della causa e che, quindi, ha la possibilità di depositare entro
tale termine l'atto di rinuncia alla sentenza ex art. 186 quater, 4° comma, c.p.c., sarebbe evidente l'ingiustizia di ritenere
inammissibile un appello che dovrebbe invece essere conside
rato proposto — alla scadenza del termine di cui sopra
— con
l'osservanza di tutte le formalità previste dalla legge. Solo
un'interpretazione che porti a concludere per l'ammissibilità
dell'appello varrebbe d'altronde a sottrarre l'art. 186 quater
c.p.c. a censure di legittimità costituzionale.
Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione del
l'art. 339 c.p.c. e dei principi generali in materia di impugna zione, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., e ciò in quanto l'in
terpretazione accolta dalla Corte d'appello di Roma sarebbe in
contrasto con il principio del doppio grado di giudizio e con la
regola generale dell'appellabilità delle sentenze pronunciate in
primo grado. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente ha dedotto violazione
degli art. 101 e 156 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.; omessa e insufficiente motivazione su di un punto decisivo della
controversia, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., nessun diritto
correre dal quale può essere proposta l'istanza per la pronuncia dell'or dinanza ex art. 186 quater c.p.c.
Secondo Trib. Reggio Emilia 11 luglio 1997 (Foro it., 1997,1, 3399) la produzione di nuovi documenti non è d'ostacolo all'ammissibilità dell'istanza dell'ordinanza, sempre che si sia esaurita l'assunzione di
prove orali. Secondo Trib. Trani 1° febbraio 1996 (id., Rep. 1997, voce cit., n.
284, e, per esteso, Giur. it., 1997, I, 2, 754), l'istruzione può conside
rarsi esaurita solo con la formale declaratoria della sua chiusura o con
la pronuncia di altro provvedimento avente analoghi effetti preclusivi. Infine, secondo Trib. Roma 24 ottobre 1995 (Foro it., 1996, I, 1053)
l'istanza per la pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiusura del
l'istruzione è inammissibile tutte le volte che la causa sia matura per la
decisione senza bisogno di assunzione di prove (di tal che appare chiaro
che, secondo tale pronuncia, la locuzione «esaurita l'istruzione» si rife
risce soltanto alle ipotesi di controversie in cui ci sia stata attività
istruttoria). Sulle problematiche relative all'individuazione del dies ad quem per
la pronuncia dell'ordinanza ex art. 186 quater, v. Cass. 13 febbraio
2002, n. 2084 (id., 2002, I, 1377), alla cui nota redazionale si rinvia per ulteriori ragguagli bibliografici.
Il Foro Italiano — 2004.
di difesa essendo stato nella specie violato, dal momento che la
notifica dell'atto di rinuncia aveva reso pienamente edotta l'al
tra parte dell'intenzione del ministero del tesoro di impugnare la
decisione. La norma sul deposito di cui al 4° comma dell'art.
186 quater c.p.c., del resto, non sarebbe posta a tutela di alcun
diritto processuale della controparte, avendo come unica fun
zione quella di portare a conoscenza del giudice a quo che sulla
parte della domanda costituente oggetto dell'ordinanza non de
ve essere stesa la sentenza.
2. - Il ricorso è infondato.
L'art. 186 quater c.p.c., dopo avere stabilito che, esaurita l'i
struzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha pro
posto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla
consegna o al rilascio di beni, possa disporre con ordinanza il
pagamento ovvero la consegna o il rilascio, prevede, nell'ultimo
comma, che la parte intimata possa dichiarare di rinunciare alla
pronuncia della sentenza con atto notificato all'altra parte e de
positato in cancelleria, con l'effetto che «dalla data del deposito dell'atto notificato, l'ordinanza acquista l'efficacia della sen
tenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza». In tal modo la
parte rinunziante potrà chiedere la sospensione dell'ordinanza
(avente efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell'art. 186 quater, 2° comma, c.p.c.) al giudice d'appello, ciò costituendo l'unico
rimedio idoneo allo scopo, dal momento che l'ordinanza non è
revocabile dal giudice che l'ha emessa, ma soltanto per il tra
mite della sentenza che definisce il giudizio, non è impugnabile
(se non previa la rinunzia in esame) né, infine, è suscettiva di
opposizione all'esecuzione (Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397,
Foro it., 2001,1, 3505). Come già precisato da questa corte con la sentenza appena
citata, la rinuncia di cui all'art. 186 quater, 4° comma, c.p.c. co
stituisce una scelta difensiva, diretta a determinare la trasforma
zione dell'ordinanza in sentenza al fine di proporre immediata
impugnazione. Come risulta, peraltro, dal tenore letterale della
norma, il riconoscimento dell'efficacia di sentenza impugnabile viene attribuito all'ordinanza non per effetto della sola rinuncia
e della sua notifica all'altra parte, ma in conseguenza del depo sito in cancelleria dell'atto notificato: solo da questo momento
(sostanzialmente equiparabile a quello del deposito nella can
celleria ai sensi dell'art. 133 c.p.c.) si ha pertanto una sentenza
suscettibile, al pari di ogni altra sentenza, di impugnazione. I menzionati adempimenti
— e, in particolare, il deposito, che
individua il momento in cui si verifica la conversione dell'ordi
nanza in sentenza impugnabile ed inizia conseguentemente a
decorrere il termine per impugnare —
appaiono essenziali e non
suscettivi di equipollenti ai fini della configurabilità di una ri
nuncia rituale (Cass. 13397/01, cit.). Né può condividersi la tesi
della ricorrente secondo cui l'impugnazione sarebbe valida e
conserverebbe i propri effetti anche se proposta anteriormente al
deposito della rinuncia, ove il deposito venisse effettuato —
come è accaduto nel caso di specie — entro il termine per l'i
scrizione a ruolo da parte dell'appellante, venendosi sostan
zialmente a configurare per questa via la sanatoria della nullità
per conseguimento dello scopo (art. 156, 3° comma, c.p.c.). La
sanatoria non appare infatti configurabile dal momento che solo
una valida rinunzia, seguita dal deposito, fa sì che l'ordinanza
anticipatoria di condanna acquisti l'efficacia di sentenza impu
gnabile; e se il deposito non è stato effettuato, per ciò stesso
manca un atto appellabile. Poiché l'atto impugnato deve venire
ad esistenza prima della proposizione dell'impugnazione, di cui
costituisce il necessario presupposto, la sentenza impugnabile deve preesistere dell'appello, il quale altrimenti si rivolgerebbe contro un ordinanza che non ha ancora acquistato l'efficacia
giuridica di sentenza (cfr., con riguardo alla rinuncia invalida
mente effettuata dalla parte personalmente anziché dal difenso
re, Cass. 6 marzo 2002, n. 3194, id., 2002, I, 3147). È noto,
d'altra parte, che l'art. 347, 2° comma, c.p.c., nel prevedere che
l'appellante, ai fini della costituzione, debba inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza appellata, presuppone un atto che
abbia acquistato efficacia di sentenza già al momento della pro
posizione dell'appello, sicché non sarebbe l'art. 347 c.p.c. la
norma idonea a fornire fondamento alla tesi secondo cui il de
posito della rinuncia ex art. 186 quater c.p.c. possa avvenire an
che dopo la proposizione dell'appello, purché entro il termine
per la costituzione in giudizio dell'appellante. In realtà l'appello proposto nei confronti di un'ordinanza ex
art. 186 quater c.p.c. prima del deposito in cancelleria della ri
nuncia prevista dalla norma, sarebbe un appello proposto contro
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495 PARTE PRIMA 496
un atto che non ha natura di sentenza e che tale continuerebbe a
restare anche se, successivamente all'instaurazione dell'appello, intervenisse il deposito, il quale farebbe venire ad esistenza un
atto giuridicamente nuovo e diverso da quello impugnato, anche
se di identico contenuto. Contrariamente a quanto sostenuto
dalla ricorrente, l'interpretazione così accolta non appare in
contrasto con la Costituzione né determina lezione del principio del doppio grado di giudizio atteso che, da un lato, il rispetto
degli adempimenti previsti dal 4° comma dell'art. 186 quater
c.p.c. vale a salvaguardare pienamente il diritto all'impugnazio ne, e dall'altro lato l'inammissibilità dell'impugnazione contro
un atto che al momento in cui essa è stata proposta non aveva
ancora acquistato natura di sentenza non varrebbe ad escludere
la possibilità di proporre una nuova impugnazione, nel rispetto dei termini di legge, una volta che — con il compimento di tutte
le formalità previste dalla legge — l'ordinanza ex art. 186 qua
ter c.p.c. abbia appunto acquistato efficacia di sentenza. Quanto,
poi, al rilievo, secondo cui la norma sul deposito di cui al 4°
comma dell'art. 186 quater c.p.c. avrebbe come unica finalità
quella di portare a conoscenza del giudice a quo che sulla parte della domanda costituente oggetto dell'ordinanza non deve es
sere stesa la sentenza, è sufficiente osservare che in realtà la
funzione essenziale del deposito è quella di far acquistare al
l'ordinanza di condanna natura giuridica di sentenza e, quindi, di conferire certezza alla natura dell'atto ai fini dell'impugna zione che peraltro potrebbe essere pacificamente proposta anche
dalla parte in cui favore sia stata emessa l'ordinanza, anche se — indubbiamente — ad essa è collegata la conseguenza che il
giudice a quo non è più tenuto a pronunciare sentenza sulla
parte della domanda costituente oggetto dell'ordinanza.
3. - Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
II
Svolgimento del processo. — La Edil Sartori s.r.l., dopo aver
chiesto un accertamento tecnico preventivo, citava (il 3 giugno
1992) davanti al Tribunale di Vicenza lo Studio Aeditecne s.s. e
gli arch. Paolo Fasolato e Renata Fochesato al fine di sentirli
condannare al pagamento della somma di lire 36.194.464, quale saldo per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell'immo
bile di proprietà dei convenuti committenti, nonché al paga mento della somma di lire 12.000.000, quale risarcimento del
danno subito per la forzata sospensione dei lavori.
Costituitisi, i convenuti contestavano la domanda e, in base
alle risultanze dell'accertamento tecnico preventivo, chiedeva
no, in riconvenzionale, la condanna dell'attrice al pagamento della somma di lire 6.587.036, a titolo di rimborso di quanto versato in eccedenza, nonché al pagamento della somma di lire
18.800.000, per mancata esecuzione di alcuni lavori.
Acquisita la produzione documentale delle parti ed espletata la richiesta prova orale, il giudice istruttore, all'esito, su istanza
dell'attrice, emetteva ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., con la
quale condannava i convenuti al pagamento delle suddette
somme di lire 36.194.464 e di lire 12.000.000, nonché al paga mento delle spese di lite, disattendendo l'istanza di c.t.u. avan
zata dai convenuti.
Questi ultimi, a seguito di intimazione, dichiaravano, ai sensi
dell'art. 186 quater, ultimo comma, c.p.c., di rinunciare alla
pronuncia della sentenza e proponevano appello avverso la sud
detta ordinanza.
Lamentavano, innanzitutto, la carenza dei presupposti di leg
ge per far luogo all'emissione dell'ordinanza. Nel merito, si
dolevano della pretermissione, immotivata, delle risultanze del
l'indagine tecnico-contabile, confermativa delle difese svolte
circa la ricostruzione dei rapporti di dare-avere e della loro po sizione creditoria.
Costituitasi, la Edil Sartori deduceva l'infondatezza e/o
inammissibilità dei motivi di gravame, e proponeva appello in
cidentale, quanto alla decorrenza degli interessi.
La Corte d'appello di Venezia, con sentenza 1340/99, rigetta va entrambi gli appelli e condannava gli appellanti principali al
pagamento delle spese del grado.
Dopo aver osservato che la scelta del giudice di primo grado di decidere con ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. soltanto la
domanda principale dell'attrice e non anche la domanda ricon
venzionale dei convenuti, suscitava «perplessità», anche in rela
zione alla finalità deflativa e di definizione delle controversie di
Il Foro Italiano — 2004.
detta ordinanza, osservava la corte d'appello che il credito della
soc. Edil Sartori, come accertato dal primo giudice, risultava
provato sulla scorta delle indicazioni desumibili dall'indagine tecnico-contabile svolta ante causarti e dalle deposizioni dei te
sti.
Contro tale sentenza lo Studio Aeditecne, la Fochesato e il
Fasolato hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in
nove motivi.
La Edil Sartori ha resistito con controricorso, illustrato da
memoria.
Motivi della decisione. — A. 1. - Col primo motivo, denun
ciando violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., con riguardo all'art.
186 quater c.p.c., i ricorrenti riportato quanto espresso dalla
corte d'appello in ordine alla perplessità della «scelta» operata dal tribunale, sostengono che in un processo cumulato (con più domande contrapposte) come quello in esame, non è possibile emettere l'ordinanza postistruttoria, sia per ragioni testuali
(pronuncia sulle spese), sia per ragioni funzionali (semplificare la conclusione del processo).
2. - Col secondo motivo, denunciando violazione dell'art.
360, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 186 quater e 112 c.p.c., i
ricorrenti si dolgono che, in base alla scelta operata, la ricon
venzionale dei convenuti non sia stata esaminata né dal tribu
nale, con l'emissione della sentenza-ordinanza, né dalla corte
d'appello, con la sentenza impugnata. La mancanza del simulta
neus processus ha determinato che mentre un troncone della
causa (la riconvenzionale) è rimasto in primo grado, altro tron
cone (la domanda principale) si è trasferito, per effetto della
conversione dell'ordinanza in sentenza e del successivo appello, nel presente giudizio di cassazione. Ciò, a giudizio dei ricorren
ti, non si doveva verificare in presenza di cause tra loro dipen
denti, anche perché la condanna inflitta in primo grado e con
fermata in appello, doveva essere completa ed esauriente e ri
flettere una valutazione piena e globale di tutto il materiale pro batorio acquisito.
3. - Col terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., in relazione agli art. 186 quater, 187, 188 e 189
c.p.c., i ricorrenti deducono che l'ordinanza in questione può essere concessa solo ad istruzione esaurita, mentre nel caso spe cifico è stata emessa in un'udienza anteriore a quella di precisa zione delle conclusioni. Al riguardo sostengono i ricorrenti che,
per i giudizi di vecchio rito, l'istruttoria non può considerarsi
esaurita fino al momento della precisazione delle conclusioni,
per cui l'istanza ex art. 186 quater c.p.c. può essere avanzata
solo in tale momento.
4. - Col quarto motivo, denunciando violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., con riguardo agli art. 186 quater, 91 e 279 c.p.c., i
ricorrenti censurano la sentenza impugnata laddove ha ritenuto
che l'ordinanza in questione «induce a ravvisare un'implicita
quanto univoca separazione delle cause (principale e riconven
zionale) come la stessa statuizione in ordine alle spese deve
portare a ritenere». Sostengono i ricorrenti che, stabilendo l'art.
186 quater c.p.c. che con l'ordinanza il giudice provvede sulle
spese processuali, ciò sta a significare che egli chiude il proces so davanti a lui. Pertanto, in un processo con cumulo oggettivo di domande, l'ordinanza postistruttoria deve riguardare tutte le
domande. Invero, l'ordinanza o è da considerare non definitiva, ed allora, al pari delle sentenze non definitive, non può statuire
sulle spese; o è da considerare definitiva, ed allora deve provve dere su tutte le domande e, quindi, anche su quelle proposte con
la riconvenzionale.
5. - Col quinto motivo, denunciando violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., con riguardo all'art. 186 quater, 277 e 324 c.p.c., i
ricorrenti sostengono che l'ordinanza postistruttoria che non
pronuncia su tutte le domande si pone in contrasto con il princi
pio dell'unicità della sentenza nello stesso grado del processo
rispetto a tutte le domande in esso cumulate. La possibilità di
giudizi contrastanti, pone il problema dell'ammissibilità del l'ordinanza postistruttoria nell'ipotesi di cumulo di domande, caratterizzate da vincoli di connessione tali da renderle insu
scettibili di separazione. Onde evitare la contraddittorietà di
giudicati, sostengono i ricorrenti, è da negare, conformemente a
noto indirizzo dottrinario, l'ammissibilità dell'ordinanza ex art.
186 quater c.p.c. qualora l'istanza sia stata proposta in relazione ad una sola domanda e non sia possibile o non sia opportuno se
parare detta domanda dalle altre cumulate nello stesso processo. (Omissis)
B. - Osserva la corte che i primi cinque motivi, da esaminare
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono in
fondati.
È opportuno riassumere brevemente la vicenda processuale che riguarda il caso in cui l'attore, in base a contratto d'appalto,
agisce per la condanna dei convenuti al pagamento di determi
nate somme di denaro (a titolo di saldo dei lavori e risarcimento
del danno per forzata sospensione dei lavori); e i convenuti, a
loro volta, chiedono, in riconvenzionale, la condanna dell'attore
al pagamento di certe somme (a titolo di rimborso per quanto
pagato in eccedenza e a titolo di risarcimento danni per lavori
non eseguiti). Proposta istanza (prima della precisazione delle conclusioni)
ex art. 186 quater dal solo attore, il giudice istruttore, ritenuta
fondata la pretesa dell'attore, condanna i convenuti al paga mento delle somme richieste, oltre che al pagamento delle spese
processuali. Non viene emessa alcuna decisione sulla domanda
riconvenzionale, perché i convenuti non hanno proposto la rela
tiva istanza ex art. 186 quater c.p.c. I convenuti condannati, a seguito di intimazione di paga
mento, rinunciano alla sentenza e subito propongono appello, che viene rigettato (unitamente a quello incidentale dell'attore,
relativo alla decorrenza degli interessi). fl.l. - Orbene, la questione, che i suddetti primi cinque motivi
pongono, è quella dell'ammissibilità dell'ordinanza postistrutto ria nei giudizi cumulati.
Tale questione è già stata affrontata ed esaminata da questa corte, con una pronuncia negativa (Cass. 6 novembre 2001, n.
13690, Foro it., 2002, I, 1380) e tre positive (Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397, id., 2001,1, 3505; 13 febbraio 2002 n. 2079, e n. 2084, id., 2002,1, 1377).
All'indirizzo favorevole, per le ragioni indicate in queste ul
time, il collegio intende aderire, osservando che nell'ipotesi, come quella in esame, di processo caratterizzato da cumulo di
domande contrapposte (domanda principale e riconvenzionale), la possibilità di pronuncia dell'ordinanza solo su una domanda
(nel caso in cui, appunto, l'istanza sia stata formulata solo per una domanda, altrimenti non si pone alcun problema nel caso in
cui l'istanza sia stata proposta per tutte e due le domande) non
trova ostacolo in ragioni di ordine funzionale né testuale, ma,
anzi, è desunta dal sistema normativo.
Quanto alle ragioni d'ordine funzionale, la finalità semplifi catoria dell'istituto non è da intendere solo nel senso di funzio
ne conclusiva del processo, ma anche nel senso di funzione an
ticipatoria della decisione, con eliminazione delle attività e tem
pi necessari a tal fine.
Quanto alle ragioni d'ordine testuale, il fatto che la legge
preveda la pronuncia sulle spese non comporta automaticamente
l'esclusione dell'ordinanza nei processi con cumulo di doman
de, in cui la pronuncia non le investe tutte, atteso che la disposi zione ricalca quanto è previsto per la sentenza che definisce il
giudizio (art. 91 c.p.c.), senza alcuna preclusione in ordine alla
possibilità di pronunciare sentenze non definitive su una o più delle domande proposte, ma non su tutte.
B.2. - La possibilità di pronuncia dell'ordinanza solo su una
domanda è desunta dalla normativa di cui agli art. 34, 35 e 36
c.p.c., i quali, secondo dottrina e giurisprudenza, consentono
che anche quando le domande, principale e riconvenzionale, so
no proposte davanti a giudice competente per entrambe (o la cui
incompetenza per la riconvenzionale non sia stata tempestiva mente rilevata), ricorrendo determinati presupposti (la domanda
principale si presta ad una decisione immediata o non richiede
lunga indagine istruttoria), lo stesso giudice può emettere sulla
domanda principale una sentenza di condanna, senza pronuncia re con la stessa sentenza sulla domanda riconvenzionale.
La normativa, infatti, prevede che, nel caso di processo in cui
sono proposte una domanda principale e una domanda ricon
venzionale, si possa pervenire alla decisione mediante separa zione della pronuncia sulla domanda principale da quella sulla
domanda riconvenzionale. La separazione è però possibile solo
se la domanda principale è fondata su un titolo non controverso
o facilmente accertabile; mentre non si verifica lo stesso per la
domanda riconvenzionale.
Analogamente, la possibilità di una pronuncia parziale con
l'ordinanza ex art. 186 quater, nel caso in cui, esaurita l'istru
zione, l'attore fa istanza di pronuncia sulla propria domanda,
mentre non la fa il convenuto per la domanda riconvenzionale,
si ha quando la domanda dell'attore è fondata su un titolo non
Il Foro Italiano — 2004.
controverso o facilmente accertabile, mentre non lo è quella del
convenuto. E evidente che rientra nella discrezionalità del giu dice istruttore, non sindacabile in sede di legittimità, il decidere
se dare corso all'istanza ex art. 186 quater, ovvero se disatten
derla ritenendo la necessità della trattazione congiunta (simulta neus processus).
B.3. - Poiché l'istanza si può presentare solo dopo che sia
esaurita l'istruttoria, è da escludere un'alterazione della posi zione di parità tra le parti, atteso che anche l'attore in riconven
zionale ha la possibilità di proporre la propria istanza, e se non
lo fa, accetta che la decisione sulla propria domanda riconven
zionale sia differita. L'applicabilità dell'art. 186 quater nei processi a domanda
principale e riconvenzionale consente concreti margini applica tivi ad un istituto di chiara marca deflativa ed è in sintonia con il
valore costituzionale della ragionevole durata del processo (art.
111,2° comma, Cost.).
Nell'ipotesi in cui domanda principale e domanda riconven
zionale siano connesse per incompatibilità (nel senso che l'ac
coglimento della prima comporta il rigetto della seconda e vice
versa), con conseguente impossibilità di decisione separata, es
sendo unico il fatto da accertare, è da ritenere che l'istanza ex
art. 186 quater avanzata solo sulla domanda principale sia
ugualmente ammissibile e che il suo accoglimento contenga una
pronuncia implicita (di rigetto) della domanda riconvenzionale,
dovendo essere definito l'intero oggetto del giudizio. fi.4. - L'ordinanza ex art. 186 quater può essere pronunciata
solo dopo che l'istruzione è chiusa (la norma dispone che
«Esaurita l'istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda ... può disporre con ordinanza il pa
gamento ... nei limiti per cui ritiene raggiunta la prova»); ciò
avviene, nel procedimento davanti al tribunale, quando l'istrut
tore invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che
intendono sottoporre al collegio (art. 189, 1° comma, c.p.c.) o
allo stesso istruttore in funzione di giudice unico (art. 281 quin
quies c.p.c.). La norma non fa riferimento ad un formale prov vedimento di chiusura dell'attività istruttoria, onde è da ritenere
sufficiente che il giudice istruttore abbia ritenuto chiusa la fase
istruttoria, rinviando le parti per la precisazione delle conclusio
ni, disattendendo esplicitamente (come nella specie) o implicita mente le istanze istruttorie formulate.
Nelle cause soggette a vecchio rito, come quella in esame, l'i
stanza per la pronuncia dell'ordinanza ex art. 186 quater può essere utilmente presentata dopo che il giudice ha invitato le
parti a precisare le conclusioni e cioè nella medesima udienza o
in quella successiva in cui le conclusioni sono state precisate. B.5. - Il 1° comma dell'art. 186 quater, ultima parte, stabili
sce che «Con l'ordinanza il giudice provvede sulle spese pro cessuali».
Al riguardo, nel caso in cui non sia definito l'intero giudizio, vanno considerate due ipotesi.
Il giudice ritiene opportuna la pronuncia separata, accoglie l'istanza ex art. 186 quater, ma considera inopportuna la fine
del simultaneus processus: in tal caso, comportandosi come se
pronunciasse ex art. 277, cpv., e 279, n. 4, c.p.c. (l'ordinanza, se
interviene la rinuncia, sarà simile ad una sentenza non definiti
va) nessun provvedimento sulle spese dovrà adottare.
Se, invece, il giudice, ritenendo opportuna la cessazione del
simultaneus processus, emette l'ordinanza e, senza aver proce duto (né prima, né al momento della decisione) alla separazione,
provvede sulle spese, come nella specie, tale statuizione acqui sta (in assenza di segni contrari) anche il significato di pronun cia (implicita) sulla separazione; in tal caso, avvenuta la rituale
rinuncia alla sentenza, l'ordinanza si convertirà in una pronun cia definitiva.
La pronuncia sulle spese, nell'ipotesi in cui l'ordinanza ex
art. 186 quater sia stata emessa solo su alcune delle plurime domande proposte, deve riguardare la sola parte della causa che
costituisce oggetto dell'ordinanza postistruttoria (Cass. 27 giu
gno 2002, n. 9379, id., 2003,1, 886). 6.6. - In base a tali considerazioni, tutte le «perplessità» di
una «scelta» e le obiezioni avverso l'ammissibilità dell'ordi
nanza successiva alla chiusura dell'istruzione nei processi con
cumulo di domande, non hanno ragion d'essere.
Le censure mosse con i primi cinque motivi vanno disatte
se. (Omissis)
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