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sezione I civile; sentenza 23 settembre 2003, n. 14097; Pres. De Musis, Est. Gilardi, P.M. Velardi...

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sezione I civile; sentenza 23 settembre 2003, n. 14097; Pres. De Musis, Est. Gilardi, P.M. Velardi (concl. conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato D'Elia) c. Contarino e altri (Avv. Massignani). Conferma App. Roma 15 novembre 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 2 (FEBBRAIO 2004), pp. 491/492-497/498 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200466 . Accessed: 25/06/2014 05:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 05:06:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 23 settembre 2003, n. 14097; Pres. De Musis, Est. Gilardi, P.M. Velardi(concl. conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato D'Elia) c. Contarino e altri (Avv. Massignani).Conferma App. Roma 15 novembre 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 2 (FEBBRAIO 2004), pp. 491/492-497/498Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200466 .

Accessed: 25/06/2014 05:06

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PARTE PRIMA 492

rigine autonomi o siano derivazione del frazionamento di un

condominio originariamente unico. Le citate disposizioni di at

tuazione del codice civile non forniscono argomento che possa avallare la tesi del ricorrente, perché la loro concreta finalità è

quella di ribadire il principio generale (art. 1118 c.c.) che, anche

in caso di scioglimento di un condominio complesso in più con

domini autonomi, è preclusa la rinunzia al diritto sulle cose che

inevitabilmente sono condominiali e tali restano, perché pre sentano quelle caratteristiche di accessorietà rispetto ai beni a

proprietà esclusiva. E d'altra parte, se è impossibile rinunciare

al diritto sui beni «condominiali» quando un condominio si fra

ziona in condomini autonomi, certamente tale diritto necessa

riamente si instaura anche nel caso in cui i titolari delle pro

prietà solitarie di piani o porzioni di piano di diversi corpi di fabbrica, costituiti sin dall'origine in autonomi condomini, ab

biano deciso di asservire un unico bene, o impianto, al comune

servizio delle loro proprietà. Deve, quindi, concludersi per il rigetto del ricorso.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 23 set tembre 2003, n. 14097; Pres. De Musis, Est. Gilardi, P.M.

Velardi (conci, conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato D'Elia) c. Contarino e altri (Avv. Massignani). Conferma App. Roma

15 novembre 1999.

Procedimento civile — Ordinanza successiva alla chiusura

dell'istruzione — Rinuncia alla pronuncia della sentenza — Deposito successivo alla notifica dell'appello — Inam

missibilità dell'impugnazione (Cod. proc. civ., art. 186 quater, 347).

E inammissibile l'appello avverso l'ordinanza ex art. 186 qua ter c.p.c. proposto dalla parte intimata dopo la rinuncia alla

pronuncia della sentenza ma prima del deposito della stessa

presso la cancelleria del giudice a quo. (1)

(1) Non constano precedenti in termini.

Cfr., in dottrina, Balena, Ancora «interventi urgenti» sulla riforma del processo civile, in Giur. it., 1995, IV, 333; Califano, Il nuovo art. 186 «quater» c.p.c., in Giust. civ.. 1995, II, 570; Carratta, Ordinanze anticipatorie di condanna, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1995, XXII, 21; E.F. Ricci, in AA.VV., Interventi urgenti sul

processo civile, in Nuove leggi civ., 1996, 673; Santangeli, L'ordinan za successiva alla chiusura dell'istruzione, Milano, 2001, 235, 243; di diverso avviso sembra Grulli (-Giorgetti), Le condanne anticipate nel

processo civile di cognizione, Milano, 1998, 533, il quale propende per l'inammissibilità dell'appello proposto prima del deposito dell'atto di rinuncia alla sentenza, salvo che nelle more del giudizio di gravame intervenga il deposito della rinuncia.

Secondo App. Brescia 14 aprile 2000 (Foro it., 2000, I, 2506, con osservazioni di Cea) dalla data di deposito dell'atto di rinuncia decorre il termine lungo per l'impugnazione, mentre per la decorrenza del ter mine breve è necessaria l'ulteriore e successiva notificazione dell'ordi nanza di condanna trasformatasi in sentenza in virtù della rinuncia.

Contra, App. Milano 26 giugno 1998 (id., Rep. 1999, voce Proce dimento civile, n. 300, e, per esteso, Giust. civ., 1999, I, 879; Nuova

giur. civ., 1999, I, 564, con nota di Chindemi; Riv. dir. proc., 1999, 1127, con nota di E.F. Ricci; Corriere giur., 1999, 751, con nota di

Onniboni), secondo cui dalla data di deposito in cancelleria della rinun cia alla sentenza decorre il termine breve di impugnazione ex art. 325

c.p.c. Sul problema dell'individuazione del soggetto legittimato a rinuncia

re alla pronuncia della sentenza, v. Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397, Foro it., 2001, I, 3505, con nota di Cea, Osservazioni in tema di rinun cia alla sentenza ex art. 186 «quater» c.p.c.-, 8 marzo 2002, n. 3434, id., Rep. 2002, voce cit., n. 269; 6 marzo 2002, n. 3194, id., 2002, I, 3147, secondo cui la rinuncia alla sentenza può provenire soltanto dal

procuratore e non dalla parte personalmente; contra, App. Venezia 14

Il Foro Italiano — 2004.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 9 set

tembre 2003, n. 13148; Pres. Spadone, Est. Elefante, P.M.

Russo (conci, conf.); Soc. Studio Aeditecne e altri (Avv.

Bartacche) c. Ditta Edil Sartori (Avv. Armandola, Palet

to). Conferma App. Venezia 29 settembre 1999.

Procedimento civile — Cumulo di domande — Ordinanza

successiva alla chiusura dell'istruzione — Ammissibilità —

Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 186 quater). Procedimento civile — Ordinanza successiva alla chiusura

dell'istruzione — Istanza — Termine (Cod. proc. civ., art.

186 quater). Procedimento civile — Cumulo di domande — Ordinanza

successiva alla chiusura dell'istruzione — Pronuncia sulle

spese — Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 186 quater).

L'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione è ammis

sibile anche nei processi con cumulo di domande connesse

per incompatibilità: conseguentemente, qualora l'istanza per la pronuncia dell'ordinanza sia stata proposta soltanto per una delle domande cumulate, trattandosi di cumulo inscindi

bile di cause (stante l'unicità del fatto da accertare), la pro nuncia di accoglimento di una domanda comporta il rigetto

(implicito) dell'altra. (2) L'istanza per la pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiu

sura dell'istruzione è ammissibile anche quando non vi sia

stato un formale provvedimento di chiusura dell'attività

istruttoria. (3) Nei processi con cumulo di domande, la statuizione sulle spese,

contenuta nell'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. che abbia

pronunciato su alcune delle domande cumulate, comporta se

parazione implicita delle cause, di tal che, una volta interve

nuta la rinuncia alla pronuncia della sentenza, l'ordinanza si

converte in sentenza definitiva. (4)

aprile 1998 {id., 2000, I, 962, con nota critica di Cea, e Nuova giur. civ., 1998, I, 880, con nota adesiva di Mazza), secondo cui la rinuncia deve provenire dalla parte personalmente o dal suo procuratore specia le, nonché sembrerebbe anche Cass. 23 luglio 2002, n. 10748 (Foro it.,

Rep. 2002, voce cit., n. 268), secondo cui la dichiarazione di rinuncia non è necessariamente esercizio dello ius postulandi, di tal che, se la

parte intimata è contumace, deve ritenersi rituale anche la rinuncia

compiuta da essa personalmente. (2, 4) Per un'ampia disamina delle problematiche suscitate dal tema

della pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione nei processi con pluralità di parti e/o di domande, v., per l'ammissibi lità incondizionata dell'ordinanza postistruttoria nei processi cumulati

vi, Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397, Foro it., 2001, I, 3505, con nota di

Cea, Osservazioni in tema di rinuncia alla sentenza ex art. 186 «qua ter» c.p.c.; 13 febbraio 2002, n. 2084, e 13 febbraio 2002, n. 2079, id., 2002, I, 1377, con nota di Cea, La Cassazione e l'ordinanza ex art. 186

«quater» c.p.c. nei processi cumulativi: storia di un contrasto subito

sedato; 27 giugno 2002, n. 9379, id., 2003, I, 886, con nota di Cea, Definizione parziale dell'oggetto del giudizio ed art. 186 «quater» c.p.c.', laddove ritiene inammissibile il provvedimento in caso di cu mulo inscindibile di domande, Cass. 6 novembre 2001, n. 13690, id., 2002, I, 1380, cui adde Cass. 28 gennaio 2002, n. 983, id., Rep. 2002, voce Procedimento civile, n. 276, nonché Trib. Bari 5 ottobre 2002, id., 2003,1, 886.

Che la statuizione sulle spese, contenuta nell'ordinanza che abbia

pronunciato su alcune (ma non tutte) delle domande cumulate, comporti separazione implicita della cause, è principio che è stato già affermato

espressamente da Cass. 9379/02, cit., peraltro espressamente richiamata da Cass. 13148/03 in epigrafe.

Secondo Trib. Bari 5 ottobre 2002, cit., qualora l'ordinanza posti struttoria abbia definito soltanto alcune delle domande cumulate, la se

parazione delle cause è automatica ove intervenga la rinuncia dell'inti mato e si abbia conversione nell'ordinanza in sentenza impugnabile.

Sull'argomento, anche per ulteriori ragguagli, v. Cea, Definizione parziale, cit., spec, sub III, alla cui tesi, peraltro, sembra aderire Cass. 13148/03 in epigrafe, allorché riconosce la possibilità per il giudice di non provvedere sulle spese in caso di pronuncia di ordinanza ex art. 186 quater che non definisca l'intero oggetto del giudizio, analoga mente a quanto avviene con le sentenze non definitive.

(3) Nello stesso senso, in motivazione, Cass. 27 giugno 2002, n. 9379, Foro it., 2003,1, 886, con nota di Cea.

Secondo Cass. 6 febbraio 2002, n. 1633 (id., Rep. 2002, voce Proce dimento civile, n. 265, e, per esteso, Giust. civ., 2002, I, 1230), l'invito del giudice istruttore a precisare le conclusioni segna il momento a de

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Svolgimento del processo. — Contarino Maria Anna, Contari

no Vincenzo, Contarino Alfio, Contarino Vittorio, Contarino

Romolo e Contarino Remo, quali eredi di Orazia Privitera, con

venivano in giudizio innanzi al Tribunale di Roma il ministero

del tesoro spiegando azione per ottenere l'indennizzo per beni

perduti in Libia. Ammessa, ed esperita, una c.t.u., il giudice istruttore emetteva ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. con la

quale ingiungeva al convenuto di pagare agli attori la somma di

lire 1.548.500.000, oltre interessi e spese del giudizio. Il ministero del tesoro formulava rinuncia alla pronuncia della

sentenza e notificava atto d'appello ai Contarino innanzi alla

Corte d'appello di Roma. Costituendosi in giudizio, gli appellati

eccepivano che, essendo stato l'atto di rinuncia alla sentenza

depositato successivamente alla notifica dell'atto d'appello,

l'impugnazione doveva considerarsi inammissibile.

Con sentenza del 2-15 novembre 1999 la Corte d'appello di

Roma ha dichiarato inammissibile l'appello. Avverso la sentenza della corte d'appello ha proposto ricorso

il ministero del tesoro formulando tre motivi.

Hanno resistito, depositando controricorso, Contarino Maria

Anna, Alfio, Vittorio e Romolo in qualità di eredi di Orazia Pri vitera; Contarino Elio e Salvatore in qualità di eredi di Contari

no Vincenzo già erede di Orazia Privitera; Annunziata Anna

Maria, Contarino Orazia, Tiziana, Sara, Siro, Luca e Aura quali eredi di Contarino Remo, già erede di Orazia Privitera.

Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo il ricor

rente ha dedotto violazione dell'art. 186 quater c.p.c. in relazio

ne all'art. 360, n. 3, c.p.c. in quanto la corte d'appello ha trascu

rato di considerare che l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 186

quater c.p.c. ha efficacia di titolo esecutivo, non impugnabile né

revocabile se non con la sentenza che definisce il giudizio, con

conseguente interesse della parte contro la quale il titolo sia

stato emesso a proporre immediata impugnazione. Considerato,

poi, che dopo la notifica dell'atto di impugnazione l'appellante

dispone di un termine di dieci giorni per l'iscrizione a ruolo

della causa e che, quindi, ha la possibilità di depositare entro

tale termine l'atto di rinuncia alla sentenza ex art. 186 quater, 4° comma, c.p.c., sarebbe evidente l'ingiustizia di ritenere

inammissibile un appello che dovrebbe invece essere conside

rato proposto — alla scadenza del termine di cui sopra

— con

l'osservanza di tutte le formalità previste dalla legge. Solo

un'interpretazione che porti a concludere per l'ammissibilità

dell'appello varrebbe d'altronde a sottrarre l'art. 186 quater

c.p.c. a censure di legittimità costituzionale.

Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione del

l'art. 339 c.p.c. e dei principi generali in materia di impugna zione, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., e ciò in quanto l'in

terpretazione accolta dalla Corte d'appello di Roma sarebbe in

contrasto con il principio del doppio grado di giudizio e con la

regola generale dell'appellabilità delle sentenze pronunciate in

primo grado. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente ha dedotto violazione

degli art. 101 e 156 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.; omessa e insufficiente motivazione su di un punto decisivo della

controversia, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c., nessun diritto

correre dal quale può essere proposta l'istanza per la pronuncia dell'or dinanza ex art. 186 quater c.p.c.

Secondo Trib. Reggio Emilia 11 luglio 1997 (Foro it., 1997,1, 3399) la produzione di nuovi documenti non è d'ostacolo all'ammissibilità dell'istanza dell'ordinanza, sempre che si sia esaurita l'assunzione di

prove orali. Secondo Trib. Trani 1° febbraio 1996 (id., Rep. 1997, voce cit., n.

284, e, per esteso, Giur. it., 1997, I, 2, 754), l'istruzione può conside

rarsi esaurita solo con la formale declaratoria della sua chiusura o con

la pronuncia di altro provvedimento avente analoghi effetti preclusivi. Infine, secondo Trib. Roma 24 ottobre 1995 (Foro it., 1996, I, 1053)

l'istanza per la pronuncia dell'ordinanza successiva alla chiusura del

l'istruzione è inammissibile tutte le volte che la causa sia matura per la

decisione senza bisogno di assunzione di prove (di tal che appare chiaro

che, secondo tale pronuncia, la locuzione «esaurita l'istruzione» si rife

risce soltanto alle ipotesi di controversie in cui ci sia stata attività

istruttoria). Sulle problematiche relative all'individuazione del dies ad quem per

la pronuncia dell'ordinanza ex art. 186 quater, v. Cass. 13 febbraio

2002, n. 2084 (id., 2002, I, 1377), alla cui nota redazionale si rinvia per ulteriori ragguagli bibliografici.

Il Foro Italiano — 2004.

di difesa essendo stato nella specie violato, dal momento che la

notifica dell'atto di rinuncia aveva reso pienamente edotta l'al

tra parte dell'intenzione del ministero del tesoro di impugnare la

decisione. La norma sul deposito di cui al 4° comma dell'art.

186 quater c.p.c., del resto, non sarebbe posta a tutela di alcun

diritto processuale della controparte, avendo come unica fun

zione quella di portare a conoscenza del giudice a quo che sulla

parte della domanda costituente oggetto dell'ordinanza non de

ve essere stesa la sentenza.

2. - Il ricorso è infondato.

L'art. 186 quater c.p.c., dopo avere stabilito che, esaurita l'i

struzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha pro

posto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla

consegna o al rilascio di beni, possa disporre con ordinanza il

pagamento ovvero la consegna o il rilascio, prevede, nell'ultimo

comma, che la parte intimata possa dichiarare di rinunciare alla

pronuncia della sentenza con atto notificato all'altra parte e de

positato in cancelleria, con l'effetto che «dalla data del deposito dell'atto notificato, l'ordinanza acquista l'efficacia della sen

tenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza». In tal modo la

parte rinunziante potrà chiedere la sospensione dell'ordinanza

(avente efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell'art. 186 quater, 2° comma, c.p.c.) al giudice d'appello, ciò costituendo l'unico

rimedio idoneo allo scopo, dal momento che l'ordinanza non è

revocabile dal giudice che l'ha emessa, ma soltanto per il tra

mite della sentenza che definisce il giudizio, non è impugnabile

(se non previa la rinunzia in esame) né, infine, è suscettiva di

opposizione all'esecuzione (Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397,

Foro it., 2001,1, 3505). Come già precisato da questa corte con la sentenza appena

citata, la rinuncia di cui all'art. 186 quater, 4° comma, c.p.c. co

stituisce una scelta difensiva, diretta a determinare la trasforma

zione dell'ordinanza in sentenza al fine di proporre immediata

impugnazione. Come risulta, peraltro, dal tenore letterale della

norma, il riconoscimento dell'efficacia di sentenza impugnabile viene attribuito all'ordinanza non per effetto della sola rinuncia

e della sua notifica all'altra parte, ma in conseguenza del depo sito in cancelleria dell'atto notificato: solo da questo momento

(sostanzialmente equiparabile a quello del deposito nella can

celleria ai sensi dell'art. 133 c.p.c.) si ha pertanto una sentenza

suscettibile, al pari di ogni altra sentenza, di impugnazione. I menzionati adempimenti

— e, in particolare, il deposito, che

individua il momento in cui si verifica la conversione dell'ordi

nanza in sentenza impugnabile ed inizia conseguentemente a

decorrere il termine per impugnare —

appaiono essenziali e non

suscettivi di equipollenti ai fini della configurabilità di una ri

nuncia rituale (Cass. 13397/01, cit.). Né può condividersi la tesi

della ricorrente secondo cui l'impugnazione sarebbe valida e

conserverebbe i propri effetti anche se proposta anteriormente al

deposito della rinuncia, ove il deposito venisse effettuato —

come è accaduto nel caso di specie — entro il termine per l'i

scrizione a ruolo da parte dell'appellante, venendosi sostan

zialmente a configurare per questa via la sanatoria della nullità

per conseguimento dello scopo (art. 156, 3° comma, c.p.c.). La

sanatoria non appare infatti configurabile dal momento che solo

una valida rinunzia, seguita dal deposito, fa sì che l'ordinanza

anticipatoria di condanna acquisti l'efficacia di sentenza impu

gnabile; e se il deposito non è stato effettuato, per ciò stesso

manca un atto appellabile. Poiché l'atto impugnato deve venire

ad esistenza prima della proposizione dell'impugnazione, di cui

costituisce il necessario presupposto, la sentenza impugnabile deve preesistere dell'appello, il quale altrimenti si rivolgerebbe contro un ordinanza che non ha ancora acquistato l'efficacia

giuridica di sentenza (cfr., con riguardo alla rinuncia invalida

mente effettuata dalla parte personalmente anziché dal difenso

re, Cass. 6 marzo 2002, n. 3194, id., 2002, I, 3147). È noto,

d'altra parte, che l'art. 347, 2° comma, c.p.c., nel prevedere che

l'appellante, ai fini della costituzione, debba inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza appellata, presuppone un atto che

abbia acquistato efficacia di sentenza già al momento della pro

posizione dell'appello, sicché non sarebbe l'art. 347 c.p.c. la

norma idonea a fornire fondamento alla tesi secondo cui il de

posito della rinuncia ex art. 186 quater c.p.c. possa avvenire an

che dopo la proposizione dell'appello, purché entro il termine

per la costituzione in giudizio dell'appellante. In realtà l'appello proposto nei confronti di un'ordinanza ex

art. 186 quater c.p.c. prima del deposito in cancelleria della ri

nuncia prevista dalla norma, sarebbe un appello proposto contro

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495 PARTE PRIMA 496

un atto che non ha natura di sentenza e che tale continuerebbe a

restare anche se, successivamente all'instaurazione dell'appello, intervenisse il deposito, il quale farebbe venire ad esistenza un

atto giuridicamente nuovo e diverso da quello impugnato, anche

se di identico contenuto. Contrariamente a quanto sostenuto

dalla ricorrente, l'interpretazione così accolta non appare in

contrasto con la Costituzione né determina lezione del principio del doppio grado di giudizio atteso che, da un lato, il rispetto

degli adempimenti previsti dal 4° comma dell'art. 186 quater

c.p.c. vale a salvaguardare pienamente il diritto all'impugnazio ne, e dall'altro lato l'inammissibilità dell'impugnazione contro

un atto che al momento in cui essa è stata proposta non aveva

ancora acquistato natura di sentenza non varrebbe ad escludere

la possibilità di proporre una nuova impugnazione, nel rispetto dei termini di legge, una volta che — con il compimento di tutte

le formalità previste dalla legge — l'ordinanza ex art. 186 qua

ter c.p.c. abbia appunto acquistato efficacia di sentenza. Quanto,

poi, al rilievo, secondo cui la norma sul deposito di cui al 4°

comma dell'art. 186 quater c.p.c. avrebbe come unica finalità

quella di portare a conoscenza del giudice a quo che sulla parte della domanda costituente oggetto dell'ordinanza non deve es

sere stesa la sentenza, è sufficiente osservare che in realtà la

funzione essenziale del deposito è quella di far acquistare al

l'ordinanza di condanna natura giuridica di sentenza e, quindi, di conferire certezza alla natura dell'atto ai fini dell'impugna zione che peraltro potrebbe essere pacificamente proposta anche

dalla parte in cui favore sia stata emessa l'ordinanza, anche se — indubbiamente — ad essa è collegata la conseguenza che il

giudice a quo non è più tenuto a pronunciare sentenza sulla

parte della domanda costituente oggetto dell'ordinanza.

3. - Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

II

Svolgimento del processo. — La Edil Sartori s.r.l., dopo aver

chiesto un accertamento tecnico preventivo, citava (il 3 giugno

1992) davanti al Tribunale di Vicenza lo Studio Aeditecne s.s. e

gli arch. Paolo Fasolato e Renata Fochesato al fine di sentirli

condannare al pagamento della somma di lire 36.194.464, quale saldo per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell'immo

bile di proprietà dei convenuti committenti, nonché al paga mento della somma di lire 12.000.000, quale risarcimento del

danno subito per la forzata sospensione dei lavori.

Costituitisi, i convenuti contestavano la domanda e, in base

alle risultanze dell'accertamento tecnico preventivo, chiedeva

no, in riconvenzionale, la condanna dell'attrice al pagamento della somma di lire 6.587.036, a titolo di rimborso di quanto versato in eccedenza, nonché al pagamento della somma di lire

18.800.000, per mancata esecuzione di alcuni lavori.

Acquisita la produzione documentale delle parti ed espletata la richiesta prova orale, il giudice istruttore, all'esito, su istanza

dell'attrice, emetteva ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., con la

quale condannava i convenuti al pagamento delle suddette

somme di lire 36.194.464 e di lire 12.000.000, nonché al paga mento delle spese di lite, disattendendo l'istanza di c.t.u. avan

zata dai convenuti.

Questi ultimi, a seguito di intimazione, dichiaravano, ai sensi

dell'art. 186 quater, ultimo comma, c.p.c., di rinunciare alla

pronuncia della sentenza e proponevano appello avverso la sud

detta ordinanza.

Lamentavano, innanzitutto, la carenza dei presupposti di leg

ge per far luogo all'emissione dell'ordinanza. Nel merito, si

dolevano della pretermissione, immotivata, delle risultanze del

l'indagine tecnico-contabile, confermativa delle difese svolte

circa la ricostruzione dei rapporti di dare-avere e della loro po sizione creditoria.

Costituitasi, la Edil Sartori deduceva l'infondatezza e/o

inammissibilità dei motivi di gravame, e proponeva appello in

cidentale, quanto alla decorrenza degli interessi.

La Corte d'appello di Venezia, con sentenza 1340/99, rigetta va entrambi gli appelli e condannava gli appellanti principali al

pagamento delle spese del grado.

Dopo aver osservato che la scelta del giudice di primo grado di decidere con ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. soltanto la

domanda principale dell'attrice e non anche la domanda ricon

venzionale dei convenuti, suscitava «perplessità», anche in rela

zione alla finalità deflativa e di definizione delle controversie di

Il Foro Italiano — 2004.

detta ordinanza, osservava la corte d'appello che il credito della

soc. Edil Sartori, come accertato dal primo giudice, risultava

provato sulla scorta delle indicazioni desumibili dall'indagine tecnico-contabile svolta ante causarti e dalle deposizioni dei te

sti.

Contro tale sentenza lo Studio Aeditecne, la Fochesato e il

Fasolato hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in

nove motivi.

La Edil Sartori ha resistito con controricorso, illustrato da

memoria.

Motivi della decisione. — A. 1. - Col primo motivo, denun

ciando violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., con riguardo all'art.

186 quater c.p.c., i ricorrenti riportato quanto espresso dalla

corte d'appello in ordine alla perplessità della «scelta» operata dal tribunale, sostengono che in un processo cumulato (con più domande contrapposte) come quello in esame, non è possibile emettere l'ordinanza postistruttoria, sia per ragioni testuali

(pronuncia sulle spese), sia per ragioni funzionali (semplificare la conclusione del processo).

2. - Col secondo motivo, denunciando violazione dell'art.

360, n. 3, c.p.c., in relazione all'art. 186 quater e 112 c.p.c., i

ricorrenti si dolgono che, in base alla scelta operata, la ricon

venzionale dei convenuti non sia stata esaminata né dal tribu

nale, con l'emissione della sentenza-ordinanza, né dalla corte

d'appello, con la sentenza impugnata. La mancanza del simulta

neus processus ha determinato che mentre un troncone della

causa (la riconvenzionale) è rimasto in primo grado, altro tron

cone (la domanda principale) si è trasferito, per effetto della

conversione dell'ordinanza in sentenza e del successivo appello, nel presente giudizio di cassazione. Ciò, a giudizio dei ricorren

ti, non si doveva verificare in presenza di cause tra loro dipen

denti, anche perché la condanna inflitta in primo grado e con

fermata in appello, doveva essere completa ed esauriente e ri

flettere una valutazione piena e globale di tutto il materiale pro batorio acquisito.

3. - Col terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., in relazione agli art. 186 quater, 187, 188 e 189

c.p.c., i ricorrenti deducono che l'ordinanza in questione può essere concessa solo ad istruzione esaurita, mentre nel caso spe cifico è stata emessa in un'udienza anteriore a quella di precisa zione delle conclusioni. Al riguardo sostengono i ricorrenti che,

per i giudizi di vecchio rito, l'istruttoria non può considerarsi

esaurita fino al momento della precisazione delle conclusioni,

per cui l'istanza ex art. 186 quater c.p.c. può essere avanzata

solo in tale momento.

4. - Col quarto motivo, denunciando violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., con riguardo agli art. 186 quater, 91 e 279 c.p.c., i

ricorrenti censurano la sentenza impugnata laddove ha ritenuto

che l'ordinanza in questione «induce a ravvisare un'implicita

quanto univoca separazione delle cause (principale e riconven

zionale) come la stessa statuizione in ordine alle spese deve

portare a ritenere». Sostengono i ricorrenti che, stabilendo l'art.

186 quater c.p.c. che con l'ordinanza il giudice provvede sulle

spese processuali, ciò sta a significare che egli chiude il proces so davanti a lui. Pertanto, in un processo con cumulo oggettivo di domande, l'ordinanza postistruttoria deve riguardare tutte le

domande. Invero, l'ordinanza o è da considerare non definitiva, ed allora, al pari delle sentenze non definitive, non può statuire

sulle spese; o è da considerare definitiva, ed allora deve provve dere su tutte le domande e, quindi, anche su quelle proposte con

la riconvenzionale.

5. - Col quinto motivo, denunciando violazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c., con riguardo all'art. 186 quater, 277 e 324 c.p.c., i

ricorrenti sostengono che l'ordinanza postistruttoria che non

pronuncia su tutte le domande si pone in contrasto con il princi

pio dell'unicità della sentenza nello stesso grado del processo

rispetto a tutte le domande in esso cumulate. La possibilità di

giudizi contrastanti, pone il problema dell'ammissibilità del l'ordinanza postistruttoria nell'ipotesi di cumulo di domande, caratterizzate da vincoli di connessione tali da renderle insu

scettibili di separazione. Onde evitare la contraddittorietà di

giudicati, sostengono i ricorrenti, è da negare, conformemente a

noto indirizzo dottrinario, l'ammissibilità dell'ordinanza ex art.

186 quater c.p.c. qualora l'istanza sia stata proposta in relazione ad una sola domanda e non sia possibile o non sia opportuno se

parare detta domanda dalle altre cumulate nello stesso processo. (Omissis)

B. - Osserva la corte che i primi cinque motivi, da esaminare

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Page 5: sezione I civile; sentenza 23 settembre 2003, n. 14097; Pres. De Musis, Est. Gilardi, P.M. Velardi (concl. conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato D'Elia) c. Contarino e altri (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono in

fondati.

È opportuno riassumere brevemente la vicenda processuale che riguarda il caso in cui l'attore, in base a contratto d'appalto,

agisce per la condanna dei convenuti al pagamento di determi

nate somme di denaro (a titolo di saldo dei lavori e risarcimento

del danno per forzata sospensione dei lavori); e i convenuti, a

loro volta, chiedono, in riconvenzionale, la condanna dell'attore

al pagamento di certe somme (a titolo di rimborso per quanto

pagato in eccedenza e a titolo di risarcimento danni per lavori

non eseguiti). Proposta istanza (prima della precisazione delle conclusioni)

ex art. 186 quater dal solo attore, il giudice istruttore, ritenuta

fondata la pretesa dell'attore, condanna i convenuti al paga mento delle somme richieste, oltre che al pagamento delle spese

processuali. Non viene emessa alcuna decisione sulla domanda

riconvenzionale, perché i convenuti non hanno proposto la rela

tiva istanza ex art. 186 quater c.p.c. I convenuti condannati, a seguito di intimazione di paga

mento, rinunciano alla sentenza e subito propongono appello, che viene rigettato (unitamente a quello incidentale dell'attore,

relativo alla decorrenza degli interessi). fl.l. - Orbene, la questione, che i suddetti primi cinque motivi

pongono, è quella dell'ammissibilità dell'ordinanza postistrutto ria nei giudizi cumulati.

Tale questione è già stata affrontata ed esaminata da questa corte, con una pronuncia negativa (Cass. 6 novembre 2001, n.

13690, Foro it., 2002, I, 1380) e tre positive (Cass. 29 ottobre 2001, n. 13397, id., 2001,1, 3505; 13 febbraio 2002 n. 2079, e n. 2084, id., 2002,1, 1377).

All'indirizzo favorevole, per le ragioni indicate in queste ul

time, il collegio intende aderire, osservando che nell'ipotesi, come quella in esame, di processo caratterizzato da cumulo di

domande contrapposte (domanda principale e riconvenzionale), la possibilità di pronuncia dell'ordinanza solo su una domanda

(nel caso in cui, appunto, l'istanza sia stata formulata solo per una domanda, altrimenti non si pone alcun problema nel caso in

cui l'istanza sia stata proposta per tutte e due le domande) non

trova ostacolo in ragioni di ordine funzionale né testuale, ma,

anzi, è desunta dal sistema normativo.

Quanto alle ragioni d'ordine funzionale, la finalità semplifi catoria dell'istituto non è da intendere solo nel senso di funzio

ne conclusiva del processo, ma anche nel senso di funzione an

ticipatoria della decisione, con eliminazione delle attività e tem

pi necessari a tal fine.

Quanto alle ragioni d'ordine testuale, il fatto che la legge

preveda la pronuncia sulle spese non comporta automaticamente

l'esclusione dell'ordinanza nei processi con cumulo di doman

de, in cui la pronuncia non le investe tutte, atteso che la disposi zione ricalca quanto è previsto per la sentenza che definisce il

giudizio (art. 91 c.p.c.), senza alcuna preclusione in ordine alla

possibilità di pronunciare sentenze non definitive su una o più delle domande proposte, ma non su tutte.

B.2. - La possibilità di pronuncia dell'ordinanza solo su una

domanda è desunta dalla normativa di cui agli art. 34, 35 e 36

c.p.c., i quali, secondo dottrina e giurisprudenza, consentono

che anche quando le domande, principale e riconvenzionale, so

no proposte davanti a giudice competente per entrambe (o la cui

incompetenza per la riconvenzionale non sia stata tempestiva mente rilevata), ricorrendo determinati presupposti (la domanda

principale si presta ad una decisione immediata o non richiede

lunga indagine istruttoria), lo stesso giudice può emettere sulla

domanda principale una sentenza di condanna, senza pronuncia re con la stessa sentenza sulla domanda riconvenzionale.

La normativa, infatti, prevede che, nel caso di processo in cui

sono proposte una domanda principale e una domanda ricon

venzionale, si possa pervenire alla decisione mediante separa zione della pronuncia sulla domanda principale da quella sulla

domanda riconvenzionale. La separazione è però possibile solo

se la domanda principale è fondata su un titolo non controverso

o facilmente accertabile; mentre non si verifica lo stesso per la

domanda riconvenzionale.

Analogamente, la possibilità di una pronuncia parziale con

l'ordinanza ex art. 186 quater, nel caso in cui, esaurita l'istru

zione, l'attore fa istanza di pronuncia sulla propria domanda,

mentre non la fa il convenuto per la domanda riconvenzionale,

si ha quando la domanda dell'attore è fondata su un titolo non

Il Foro Italiano — 2004.

controverso o facilmente accertabile, mentre non lo è quella del

convenuto. E evidente che rientra nella discrezionalità del giu dice istruttore, non sindacabile in sede di legittimità, il decidere

se dare corso all'istanza ex art. 186 quater, ovvero se disatten

derla ritenendo la necessità della trattazione congiunta (simulta neus processus).

B.3. - Poiché l'istanza si può presentare solo dopo che sia

esaurita l'istruttoria, è da escludere un'alterazione della posi zione di parità tra le parti, atteso che anche l'attore in riconven

zionale ha la possibilità di proporre la propria istanza, e se non

lo fa, accetta che la decisione sulla propria domanda riconven

zionale sia differita. L'applicabilità dell'art. 186 quater nei processi a domanda

principale e riconvenzionale consente concreti margini applica tivi ad un istituto di chiara marca deflativa ed è in sintonia con il

valore costituzionale della ragionevole durata del processo (art.

111,2° comma, Cost.).

Nell'ipotesi in cui domanda principale e domanda riconven

zionale siano connesse per incompatibilità (nel senso che l'ac

coglimento della prima comporta il rigetto della seconda e vice

versa), con conseguente impossibilità di decisione separata, es

sendo unico il fatto da accertare, è da ritenere che l'istanza ex

art. 186 quater avanzata solo sulla domanda principale sia

ugualmente ammissibile e che il suo accoglimento contenga una

pronuncia implicita (di rigetto) della domanda riconvenzionale,

dovendo essere definito l'intero oggetto del giudizio. fi.4. - L'ordinanza ex art. 186 quater può essere pronunciata

solo dopo che l'istruzione è chiusa (la norma dispone che

«Esaurita l'istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda ... può disporre con ordinanza il pa

gamento ... nei limiti per cui ritiene raggiunta la prova»); ciò

avviene, nel procedimento davanti al tribunale, quando l'istrut

tore invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che

intendono sottoporre al collegio (art. 189, 1° comma, c.p.c.) o

allo stesso istruttore in funzione di giudice unico (art. 281 quin

quies c.p.c.). La norma non fa riferimento ad un formale prov vedimento di chiusura dell'attività istruttoria, onde è da ritenere

sufficiente che il giudice istruttore abbia ritenuto chiusa la fase

istruttoria, rinviando le parti per la precisazione delle conclusio

ni, disattendendo esplicitamente (come nella specie) o implicita mente le istanze istruttorie formulate.

Nelle cause soggette a vecchio rito, come quella in esame, l'i

stanza per la pronuncia dell'ordinanza ex art. 186 quater può essere utilmente presentata dopo che il giudice ha invitato le

parti a precisare le conclusioni e cioè nella medesima udienza o

in quella successiva in cui le conclusioni sono state precisate. B.5. - Il 1° comma dell'art. 186 quater, ultima parte, stabili

sce che «Con l'ordinanza il giudice provvede sulle spese pro cessuali».

Al riguardo, nel caso in cui non sia definito l'intero giudizio, vanno considerate due ipotesi.

Il giudice ritiene opportuna la pronuncia separata, accoglie l'istanza ex art. 186 quater, ma considera inopportuna la fine

del simultaneus processus: in tal caso, comportandosi come se

pronunciasse ex art. 277, cpv., e 279, n. 4, c.p.c. (l'ordinanza, se

interviene la rinuncia, sarà simile ad una sentenza non definiti

va) nessun provvedimento sulle spese dovrà adottare.

Se, invece, il giudice, ritenendo opportuna la cessazione del

simultaneus processus, emette l'ordinanza e, senza aver proce duto (né prima, né al momento della decisione) alla separazione,

provvede sulle spese, come nella specie, tale statuizione acqui sta (in assenza di segni contrari) anche il significato di pronun cia (implicita) sulla separazione; in tal caso, avvenuta la rituale

rinuncia alla sentenza, l'ordinanza si convertirà in una pronun cia definitiva.

La pronuncia sulle spese, nell'ipotesi in cui l'ordinanza ex

art. 186 quater sia stata emessa solo su alcune delle plurime domande proposte, deve riguardare la sola parte della causa che

costituisce oggetto dell'ordinanza postistruttoria (Cass. 27 giu

gno 2002, n. 9379, id., 2003,1, 886). 6.6. - In base a tali considerazioni, tutte le «perplessità» di

una «scelta» e le obiezioni avverso l'ammissibilità dell'ordi

nanza successiva alla chiusura dell'istruzione nei processi con

cumulo di domande, non hanno ragion d'essere.

Le censure mosse con i primi cinque motivi vanno disatte

se. (Omissis)

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