Sezione I civile; sentenza 24 febbraio 1960, n. 322; Pres. Lonardo P., Est. D'Armiento, P. M.Pisano (concl. conf.); Pignatelli della Leonessa (Avv. Angeloni) c. Lapolla e Urcioli (Avv.Schiavone) e Carboindustria di Basilicata (Avv. Vita, Ferri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 585/586-587/588Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151308 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
perativo per assegnazione diretta o per cessione », pone un nuovo requisito per le assegnazioni di alloggi coopera tivi, e non incide in rapporti giuridici preesistenti ne ha effi cacia retroattiva, ma è destinata ad operare soltanto per l'avvenire ;
B) la norma, contenuta nel penult, comma dell'art. Ili citato, considera come causa di preclusione all'asse
gnazione di nuovi alloggi di cooperativa il semplice fatto obiettivo dell'avvenuta cessione a terzi di precedente al
loggio cooperativo già assegnato ; l'eventuale causa di forza
maggiore che abbia dato luogo alla cessione non può eli minare la preclusione, mentre fu valutata a suo tempo dalla cooperativa con il consenso della Cassa depositi e
prestiti e dal Ministero dei lavori pubblici per accordare
rispettivamente il nulla osta e l'approvazione al contratto di cessione tra le parti interessate.
Il Consiglio di Stato, quindi, interpretando le norme di
legge riguardanti la materia sottoposta al suo esame ha
escluso, contrariamente a quanto si assume dal ricorrente, la retroattività dell'art. Ili citato, ritenendo valida la
precedente cessione dell'alloggio di cooperativa effettuata dal Genesi, ma ha rilevato che l'art. Ili in esame aveva
posto un nuovo requisito per l'assegnazione dell'alloggio
cooperativo nel senso che, al socio che si era avvalso in pre cedenza della facoltà di cessione, era inibito di ottenere altro alloggio di cooperativa a contributo statale.
Ora non può parlarsi di difetto assoluto di giurisdizione di un giudice speciale, il quale, giudicando nei limiti della materia demandata per legge alla sua cognizione, cada in
errore nell'applicare le relative norme giuridiche. Tanto
meno, poi, può parlarsi nel caso in esame di un eccesso di
potere giurisdizionale e di invasione del campo del potere
legislativo. Infatti l'eccesso di potere giurisdizionale, come si de
sume dall'art. 524, n. 2, cod. proc. civ., applicabile per il
suo concetto unitario a qualsiasi forma di giurisdizione ordinaria o speciale, si verifica solo quando un organo di
giurisdizione esercita una potestà riservata dall'ordina
mento di diritto pubblico ad organo di sovranità diverso,
usurpando funzioni politiche, amministrative e legislative, ovvero quando esercita una potestà arbitraria non attri
buita a verun organo del potere pubblico. Ora che la impugnata decisione contenga disposizioni
implicanti esercizio di potestà legislativa è da escludere
del tutto, perchè in realtà il Consiglio di Stato nel decidere
non ha dettato norma di alcun genere e si è mantenuto nei
limiti del suo potere giurisdizionale. Della frase « in ogni tempo » più volte ripetuta dal ri
corrente e sulla quale egli poggia tutto il suo sistema di
fensivo non è traccia alcuna e nemmeno può desumersi
per sottinteso o come premessa della decisione impugnata, la quale, nell'escludere la retroattività della norma esami
nata, si è limitata ad affermare, chiarendo così il suo con
vincimento, che il r. decreto legge n. 1165 del 1938, a dif
ferenza delle precedenti disposizioni in materia di edilizia
popolare, ha posto altri requisiti rispetto alla legislazione
precedente per l'assegnazione di alloggi di cooperative a
contributo statale.
Trattasi di statuizione che, contrariamente alla tesi del
ricorrente, lungi dal tradursi nella creazione di norme giu
ridiche, con invasione del campo riservato al legislatore, costituisce mero esercizio della potestà di interpretare la
legge connaturato alla funzione giurisdizionale. Quindi, an
che a volere ritenere per ipotesi che una tale statuizione
sia errata, ciò se mai potrà importare che il giudice che la
ha emessa sia incorso in un errore di interpretazione della
legge, e non anche che sia incorso nell'eccesso di potere
giurisdizionale denunziato, perchè il giudice che male in
terpreta la legge non crea norme giuridiche e tanto meno
esercita funzioni legislative, ma solo commette violazione
e falsa applicazione della legge.
Cade, quindi, tutto il ragionamento posto dal ricorrente
a sostegno del suo ricorso, e cade parimenti l'asserto vizio
di incostituzionalità della norma dell'art. Ili r. decreto
legge del 1938 n. 1165, dedotto con memoria, perchè mani
festamente infondato, avendo escluso, come si è detto,
la denunziata sentenza la retroattività della norma sud detta.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 24 febbraio 1960, n. 322 ; Pres. Lonardo P., Est. D'Armiento, P. M. Pisano (conci, conf.) ; Pignatelli della Leonessa (Avv. An geloni) c. Lapolla e Urcioli (Avv. Schiavone) e Carboindustria di Basilicata (Avv. Vita, Ferri).
(Conferma App. Napoli 23 luglio 1958)
Società Società per azioni — Divieto di emissione e (li vendita delle azioni prima dell'iscrizione
Contratto parasociale di vendita delle azioni —
Inapplicabilità del divieto (Cod. civ., art. 2331).
Il contratto col quale gli amministratori, agendo in proprio, prima che la società sia iscritta nei registro delle imprese, si obbligano ad attribuire ad un terzo, contro versamento di una somma determinata, azioni della società, non
appena questa abbia ottenuto l'iscrizione, non viola il
divieto di emissione e di vendita delle azioni, stabilito dell'art. 2331, 3° comma, cod. civile. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Col quarto e quinto motivo,
denunziandosi la violazione degli art. 1346, 1418, 2441, 2331 cod. civ. e il difetto di motivazione su punti decisivi, si lamenta che la Corte d'appello non abbia ritenuto e dichia
rato nullo il contratto de quo, benché lo stesso avesse un
contenuto illecito, in quanto da una parte la legge fa divieto di vendere azioni di una società non ancora esistente ; e dall'altra stabilisce che nel caso di aumento del capitale sociale, le nuove azioni debbono prima offrirsi in opzione ai soci. Si deduce, inoltre, che la Corte di merito avrebbe
omesso di esaminare la documentazione esibita dal Pigna telli, e specialmente una lettera da lui indirizzata al Lapolla il 18 novembre 1948 da Roma, dalla quale si evincerebbe
ch'esso Pignatelli non era al corrente della reale situazione
(1) Per la migliore intelligenza del principio affermato nella motivazione su trascritta giova aggiungere che in linea di fatto la Corte di merito aveva accertato che il ricorrente aveva con cluso con gli amministratori un contratto, diretto a procurare nuovi soci e maggiori mezzi finanziari alla Società ; con tale con tratto il ricorrente si obbligava a versare una somma determinata e gli amministratori, in nome proprio, ma agendo per conto e
nell'interesse della futura persona giuridica, si obbligavano, non appena la Società avrebbe ottenuto l'iscrizione, a farlo riconoscere come socio per un numero di azioni corrispondente alla somma versata.
Nel senso che la nullità sancita dall'art. 137 cod. comm. col
piva solo le vendite di azioni di società non ancora legalmente costituite fatte dai sottoscrittori e non anche quelle fatte da
terzi, v. Cass. 6 febbraio 1929, Foro it., 1929, I, 452. In dottrina, nel senso che la ratio del divieto contenuto nel
l'ultimo comma dell'art. 2331 cod. civ. sta nella considerazione che prima della legale costituzione non esiste una società per azioni, v. Brunetti, Trattato del diritto delle società, Milano, 1948, II, pag. 129.
Sui limiti del divieto e nel senso che esso si riferisce non soltanto alla vendita del documento, ma anche a quella della
quota, v. Frè, Società per azioni, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, art. 2325-2461, Bologna Roma, pag. 86.
Si è anche negato che siano suscettibili di « approvazione »
le operazioni di emissione e di vendita di azioni, compiute prima dell'iscrizione della società, in quanto esse sono dichiarate espres samente nulle dal legislatore, v. Graziani, Diritto delle società,
Napoli, 1960, pag. 212 ; Frè, op. cit., pag. 85. La sentenza 23 luglio 1958 della Corte d'appello di Na
poli, ora confermata, è riprodotta in Dir. e giur., 1958, 899, con nota di E. Di Bello, e riassunta in Foro it., Rep. 1958, voce Società, n. 261.
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PARTE PRIMA
giuridica della Società, nel momento in cui si obbligava a versare le somme.
Anche codeste censure sono del tutto inconsistenti, e si basano su inesatti presupposti, o su situazioni non
verificatesi.
Ed infatti, la sentenza denunziata ha ritenuto, e l'ha
chiaramente detto in motivazione, che il contratto aveva
avuto per oggetto il conferimento di somme destinate
all'acquisto di futuri titoli azionari, non esistenti al momento
della contrattazione e da emettersi dalla Società, allorquando la stessa, con l'iscrizione nel registro delle imprese, avesse
assunto la personalità giuridica ; e un siffatto oggetto non
costituisce violazione del disposto dell'art. 2331 cod. civ., il quale vuole solo impedire la emissione e la negoziazione di titoli azionari da parte di società sfornite di personalità
giuridica, all'evidente scopo di tutelare la buona fede
dei terzi, che contrattano, nel frattempo, con gli ammi
nistratori ed i promotori. Per la stessa ragione non può ritenersi violato il diritto
di opzione, spettante ai soci esistenti all'atto dell'aumento
del capitale sociale, a prescindere dalla considerazione
che il diritto di opzione, quando l'interesse della società
lo esige, può essere escluso o limitato (art. 2441, 3° comma, cod. civ.). (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 24 febbraio 1960, n. 316 ; Pres.
Lorizio P., Est. Del Conte, P. M. Maccarone (conci,
conf.) ; Mazzeo (Avr. Alessandro, Basile) c. Vitale
(Avv. Capri).
(Conferma App. Messina 24 giugno 1957)
Prescrizione in materia civile — Alli inlerruttivi
Precetto —- Eiletti — Determinazione (Cod. civ., art. 2943, 2945).
Titoli di credito — Cambiale — Spossessamelo del titolo — Effetti (Cod. civ., art. 1994, 2018 ; r. d. 14 dicembre 1933 n. 1669, sulla cambiale, art. 20, 91).
Il precetto, non essendo atto iniziale del processo esecutivo, non
pud produrre gli effetti interruttivi permanenti della pre scrizione, previsti dall'art. 2945, 2° comma, cod. civ. unicamente per gli atti di cui al 1° e al 2° comma del l'art. 2943 cod. civ., cioè per gli atti con i quali s'inizia un
giudizio di cognizione ovvero conservativo o esecutivo e
per la domanda proposta nel corso di uno di tali giudizi ; esso produce soltanto gli effetti interruttivi istantanei, pre visti dal 1° comma dell'art. 2945 per i meri atti di costi tuzione in mora, di cui all'ultimo comma dell'art. 2943. (1)
Poiché nel nostro sistema cambiario la presunzione di titola rità del diritto assiste il possessore del titolo cambiario
fino a quando non venga fornita la prova del contrario, lo
spossessamento del titolo importa non solo la perdita della
legittimazione ad agire, ma anche la insussistenza di detta presunzione. (2)
(1) Non si rinvengono precedenti giurisprudenziali specifici. In ordine al principio che il precetto non è atto di esecuzione, ma costituisce un presupposto assolutamente estrinseco del pro cesso di esecuzione, vedi, da ultimo, Oass. 14 marzo 1960, n. 507, retro, 574, con ampia nota di richiami, insieme alla difforme sen tenza 14 luglio 1959, n. 2135.
In dottrina, conf., sulla questione specifica, Andbioli, Le zioni dir. proc. civ., I, Napoli, 1959, n. 45.
(2) Nulla in termini. Per riferimenti cfr. Cass. 2 luglio 1953, n. 2040, in Banca, borsa, ecc., 1954, 150, riassunta in Foro it., Rep. 1953, voce Titoli di credito, nn. 58-60 ; 6 maggio 1959, n. 1346, id., Mass., 250.
Sulla presunzione di legittimazione formale e di titolarità sostanziale del diritto contenuto nell'art. 20 legge cambiaria, vedi Angeloni, Cambiale, Roma, 1949, pag. 221 seg. ; Gual tieri, I titoli di credito, Torino, 1953, pag. 68 seguenti.
La Corte, ecc. — Con il primo motivo, si deduce la viola
zione degli art. 94 legge 14 dicembre 1933 n. 1669, in rela
zione agli art. 2943, 2945 cod. civ. e 481 cod. proc. civ.,
per aver la Corte di appello erroneamente ritenuto la inter
ruzione istantanea della prescrizione dell'azione cambiaria
alla data del precetto 1 dicembre 1951 e non la interruzione
permanente dalla detta data sino alla scadenza dei 90 giorni stabiliti per l'efficacia del precetto medesimo.
La doglianza è infondata.
Il precetto, secondo il sistema del vigente codice di rito, non è atto di esecuzione, bensì costituisce un presupposto, del tutto estrinseco, del processo di esecuzione. Esso, in
fatti, si risolve in una intimazione al debitore di adempiere
all'obbligo risultante dal titolo esecutivo e nel contempo raneo preavviso che in mancanza si procederà all'esecuzione
forzata. L'esecuzione s'inizia, invece, con il compimento di un successivo atto, che, nell'espropriazione forzata, è
il pignoramento. Il che si desume, non solo dalla testuale norma dell'art.
491 cod. proc. civ., che stabilisce che l'espropriazione for
zata s'inizia col pignoramento, ma anche dagli art. 479 e
481, entrambi compresi tra le norme generali dell'esecu
zione, e che stabiliscono, il primo, dover l'esecuzione for
zata essere preceduta dal precetto, e, il secondo, la sanzione
d'inefficacia del precetto se nel termine di 90 giorni non
è iniziata l'esecuzione ; nonché, infine, dagli art. 615 e 617, i quali prevedono le ipotesi di opposizione al precetto ed alla
regolarità formale dello stesso antecedenti all'inizio della
esecuzione.
Orbene, dal principio che il precetto non è atto iniziale
del processo esecutivo discende che esso non può produrre
gli effetti interruttivi permanenti della prescrizione, previsti dal 2° comma dell'art. 2945 cod. civ. unicamente per gli atti di cui al 1° e al 2° comma dell'art. 2943, e cioè per gli atti con i quali s'inizia un giudizio di cognizione ovvero
conservativo od esecutivo, e per la domanda proposta nel
corso di uno di tali giudizi. Esso, pertanto, produce soltanto
gli effetti interruttivi istantanei previsti dal 1° comma del
l'art. 2945 per i meri atti di costituzione in mora, di cui al
l'ultimo comma dell'art. 2943.
Il fatto che il precetto perda la sua efficacia solo dopo l'inutile decorso di 90 giorni non ha alcun rilievo in contra
rio, perchè tale termine è previsto soltanto agli effetti pro cessuali dell'inizio dell'esecuzione e non a quelli sostanziali dell'interruzione della prescrizione, che qui unicamente interessano.
Con il secondo motivo, si denunzia la violazione degli art. 94 decreto 14 dicembre 1933 n. 1669 in relazione agli art. 2943, 2945 cod. civ. ; 89, 91, 92 legge cambiaria ; 1992, 2002, 2016, 1017, 2012, 2019 cod. civ., e si sostiene che erro neamente la Corte di merito ha ritenuto invalidi ad interrom
pere la prescrizione il ricorso 6 aprile 1953 per ottenere il se
questro conservativo e la citazione 30 detto per la convalida ed il merito, sul rilievo che la Mazzeo, avendo, al momento
del compimento di tali atti, perduto il possesso della cam
biale, difettava della titolarità del diritto. Si deduce al
riguardo che lo spossessamento del titolo importa soltanto la perdita della legittimazione ad agire e non anche della titolarità del diritto cartolare, e che, comunque, la prescri zione doveva ritenersi sospesa durante il periodo dello spos sessamento per lo stato d'inerzia forzata in cui era venuto a trovarsi la Mazzeo.
Anche questa doglianza è infondata.
Poiché nel nostro sistema cambiario, la presunzione di titolarità del diritto assiste il possessore del titolo fino a
quando non venga fornita la prova del contrario, lo sposses samento del titolo importa non solo la perdita della legitti mazione ad agire, ma anche la insussistenza dell'anzidetta
presunzione. È sufficiente al riguardo rilevare che, prima e durante
la procedura di ammortamento, il titolo smarrito o sottratto
può continuare a circolare con pienezza di effetti, non solo
per quanto attiene alla legittimazione ad agire, ma anche nei riguardi della titolarità del diritto. Infatti, se un terzo
acquista in buona fede il possesso del titolo, in conformità delle regole che ne disciplinano la circolazione (c. d. possesso
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