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sezione I civile; sentenza 24 febbraio 2005, n. 3904; Pres. Saggio, Est. Di Palma, P.M. Sorrentino...

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sezione I civile; sentenza 24 febbraio 2005, n. 3904; Pres. Saggio, Est. Di Palma, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Belsito (Avv. Iannuzzi, Lista) c. Martorano (Avv. Lapenna) e altri. Conferma App. Potenza 6 maggio 2004 Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 2 (FEBBRAIO 2006), pp. 547/548-553/554 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200999 . Accessed: 25/06/2014 07:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.115 on Wed, 25 Jun 2014 07:17:17 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 24 febbraio 2005, n. 3904; Pres. Saggio, Est. Di Palma, P.M. Sorrentino(concl. conf.); Belsito (Avv. Iannuzzi, Lista) c. Martorano (Avv. Lapenna) e altri. Conferma App.Potenza 6 maggio 2004Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 2 (FEBBRAIO 2006), pp. 547/548-553/554Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200999 .

Accessed: 25/06/2014 07:17

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547 PARTE PRIMA

principi generali in tema di rimborsi di crediti Iva e di detrazio

ni» adducendo che la commissione tributaria regionale: — «ha erroneamente ritenuto che la contribuente potesse

chiedere il rimborso dell'Iva applicata in eccesso sulla vendita

in esame, a prescindere dalla circostanza che non si sia avvalsa

della facoltà di regolarizzare l'operazione attraverso l'emissione

di una nòta di credito che bilanciasse la fattura emessa con l'in

dicazione di un'aliquota erronea»; — «ha trascurato che il sistema Iva ha carattere cartolare, e

che non si possono regolare i rapporti relativi al versamento o al

rimborso dell'Iva senza l'emissione dei documenti fiscali che

possano assicurare la corretta applicazione del sistema impositi vo».

Per le ricorrenti «queste considerazioni sono avallate dal con

creto esame della presente fattispecie, nella quale il contribuente

ha preteso il rimborso della somma de qua lasciando inalterati

gli effetti della fattura emessa, che pure aveva consentito al ces

sionario di operare la detrazione dell'imposta pagata in rivalsa

ai sensi dell'art. 19 d.p.r. 633/72» in quanto «in tal modo si ot

tiene un effetto cumulativo tra la detrazione operata ed il rim

borso della stessa somma già portata in detrazione, con altera

zione del principio di neutralità dell'imposta e con indebito ar

ricchimento del cedente o del cessionario ai danni del fisco» per cui «nelle suddette circostanze, non può che ritenersi che la do

manda di rimborso è inibita dall'omesso ricorso alla specìfica

procedura stabilita dall'art. 26 d.p.r. 633/72».

Le ricorrenti aggiungono non potersi dire «che in questo modo si violerebbero le regole sull'indebito stabilite dall'art.

2033 c.c. per il fatto che è stata versata al fisco un'imposta su

periore al dovuto» perché «tale versamento non può ritenersi

indebito ne' per il cedente (che ha riversato all'erario la stessa

somma ricevuta in rivalsa dal cessionario), né dallo stesso ces

sionario, che ha bilanciato il pagamento in rivalsa attraverso la

corrispondente detrazione».

3. - Il ricorso deve essere respinto perché infondato.

A) Il 4° comma dell'art. 26 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633

(come sostituito dall'art. 12 d.p.r. 30 dicembre 1981 n. 793) di

spone testualmente che «la correzione di errori materiali o di

calcolo nelle registrazioni di cui agli art. 23, 25 e 39 e nelle li

quidazioni periodiche di cui agli art. 27 e 33 deve essere fatta

mediante annotazione delle variazioni dell'imposta in aumento

nel registro di cui all'art. 23 e delle variazioni dell'imposta in

diminuzione nel registro di cui all'art. 25. Con le stesse moda

lità devono essere corretti, nel registro di cui all'art. 24, gli erro

ri materiali inerenti alla trascrizione di dati indicati nelle fatture

o nei registri tenuti a norma di legge». Per l'art. 16 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, poi, «nei casi in cui

il pagamento del tributo ha avuto luogo senza preventiva impo sizione e nei casi in cui il contribuente afferma essere sopravve nuto il diritto al rimborso, si considera imposizione il rifiuto di

restituzione della somma pagata, ovvero il silenzio dell'ammi

nistrazione per novanta giorni dall'intimazione a provvedere notificata a mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritor

no, e il ricorso deve essere proposto, salve diverse disposizioni delle singole leggi d'imposta, entro sessanta giorni dal rifiuto o

dalla scadenza dei novanta giorni». B) In ordine a tali disposizioni, delle quali le ricorrenti la

mentano la violazione, questa corte (Cass. 6 febbraio 2004, n.

2274, Foro it., Rep. 2004, voce Valore aggiunto (imposta), n.

328; 10 gennaio 2001, n. 272, id., Rep. 2001, voce cit., n. 427;

28 aprile 2000, n. 5427, id., Rep. 2000, voce Tributi in genere, n. 1666) ha reiteratamente affermato il principio

— che in ca

renza di qualsivoglia convincente argomentazione contraria, de

ve essere confermato — secondo il quale, come ritenuto dal

giudice a quo, nell'ipotesi in cui l'Iva pagata sia stata calcolata

(per ignoranza o falsa conoscenza delle norme applicabili) sulla

base di un'aliquota superiore a quella effettivamente dovuta, la

mancata attivazione della speciale procedura di variazione del

l'imposta e dell'imponibile di cui all'art. 26 d.p.r. n. 633 del

1972 non preclude la possibilità di ottenere il rimborso della

maggiore impòsta, indebitamente versata, avvalendosi dell'a

zione generale di rimborso disciplinata dall'art. 16 d.p.r. 26 ot

tobre 1972 n. 636.

Quest'ultima norma è applicabile al caso ratione temporis in

quanto (come si deduce in ricorso) l'istanza di rimborso è stata

presentata il 9 aprile 1993 e, quindi, nel vigore della stessa: tale

disposizione, infatti, in base al combinato disposto degli art. 71,

Il Foro Italiano — 2006.

1° comma («sono abrogati ... gli art. da 15 a 45 d.p.r. 26 otto

bre 1972 n. 636»), ed 80, 2° comma («le disposizioni del pre sente decreto hanno effetto dalla data di insediamento delle

commissioni tributarie provinciali e regionali»), d.leg. 31 di

cembre 1992, deve ritenersi abrogata soltanto a far data dall'in

sediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali avvenuto (per effetto del d.m. del 26 gennaio 1996, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 23 del 29 gennaio 1996) il 1° aprile 1996.

C) Specificamente sulla c.d. «neutralità dell'imposta» invo

cata dalle amministrazioni ricorrenti, poi, va ribadito che —

poiché ( 1 ) per l'art. 17 d.p.r. n. 633 del 1972, l'Iva è dovuta dal

cedente (il quale è quindi il contribuente di diritto); (2) lo stesso

(ex art. 18) deve rivalersi sul cessionario (il quale, pertanto, è il

contribuente di fatto) e (3) quest'ultimo, se a sua volta soggetto d'Iva, può (art. 19) portare in detrazione l'Iva da lui pagata in

rivalsa al cedente — l'operazione imponibile [come già specifi

cato (Cass. 10 giugno 1998, n. 5733, id.. Rep. 1998. voce Valo

re aggiunto (imposta), n. 350) e successivamente confermato da

Cass. 15 ottobre 2001. n. 12547, id., 2002, I, 81, nonché dalle

citate Cass. 28 aprile 2000, n. 5427, e 10 gennaio 2001. n. 272] dà comunque luogo a «tre distinti rapporti» (uno di diritto tri

butario tra il cedente e l'amministrazione finanziaria in ordine

al pagamento dell'imposta; uno di diritto tributario tra il cessio

nario e l'amministrazione finanziaria in ordine alla detrazione

dell'imposta assolta in via di rivalsa; uno di diritto privato tra il

cedente e il cessionario in ordine alla rivalsa) con la conseguen za che — anche se un'operazione erroneamente assoggettata ad

Iva (1) priva di fondamento {a) il pagamento dell'imposta da

parte del cedente, (b) la rivalsa da costui effettuata nei confronti

del cessionario e (c) la detrazione da quest'ultimo operata nella

sua dichiarazione Iva e (2) fa sorgere (a) il diritto del cedente di

chiedere all'amministrazione il rimborso dell'Iva, (b) quello del

cessionario di chiedere al cedente la restituzione dell'Iva paga

tagli in rivalsa e (c) il potere (dovere) dell'amministrazione di

escludere la detrazione dell'Iva pagata in rivalsa dalla dichiara

zione Iva presentata dal cessionario — «le tre azioni sono auto

nome in quanto si svolgono tra soggetti diversi e in quanto l'esercizio del corrispondente diritto compete al titolare di que sto stesso» e, quindi, «non interferiscono tra loro»; invero «ciò

che rileva ... nelle singole azioni, è ... non il fatto che all'ope razione economica siano seguiti adempimenti fiscali e conse

guenti pagamenti formalmente corretti (secondo l'errata valuta

zione tributaria dell'operazione stessa) ma il fatto che l'opera zione fosse o no assoggettabile ad Iva».

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 24 feb

braio 2005, n. 3904; Pres. Saggio, Est. Di Palma, P.M. Sor

rentino (conci, conf.); Belsito (Avv. Iannuzzi, Lista) c.

Martorano (Avv. Lapenna) e altri. Conferma App. Potenza 6

maggio 2004.

Elezioni — Carica elettiva — Causa di incompatibilità per lite pendente — Rimozione — Condizioni — Fattispecie (Cost., art. 2, 51, 97; d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, t.u. delle

leggi sull'ordinamento degli enti locali, art. 63, 78).

AI fine di rimuovere validamente la causa di incompatibilità con una carica elettiva derivante dalla pendenza di una lite, è

necessario e sufficiente che il soggetto che versi in una situa

zione siffatta ponga in essere atti idonei a far venir meno, nella sostanza, /'incompatibilità di interessi realizzatasi a se

guito dell'instaurazione della lite (nella specie, la Corte di

cassazione ha ritenuto sufficienti, per escludere l'incompati bilità con la carica di sindaco di un professionista facente

parte di un raggruppamento temporaneo di professionisti che

aveva promosso ricorso contro il comune, la presentazione dell'atto con cui l'interessato dichiarava di rinunciare al ri

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

corso giurisdizionale e la sita contestuale comunicazione della volontà di recedere dal raggruppamento). (1)

Motivi della decisione. — (Omissis). 2.2. - Il ricorso deve es

sere respinto, previa parziale correzione ed integrazione della

motivazione in diritto della sentenza impugnata — ai sensi del

l'art. 384, 2° comma, c.p.c. — essendo il suo dispositivo con

forme al diritto.

La fattispecie in esame, che attiene alla causa di incompatibi lità prefigurata dall'art. 63, 1° comma, n. 4. primo periodo,

d.leg. n. 267 del 2000, nella parte in cui prevede che «non può

ricoprire la carica di sindaco ... colui che ha lite pendente, in

quanto parte di un procedimento civile o amministrativo ... con

il comune», è caratterizzata dalle seguenti circostanze, emer

genti dagli atti acquisiti nei precedenti gradi del processo (che, come è noto, secondo costante giurisprudenza, possono essere

riesaminati da questa corte, in quanto anche giudice di merito:

cfr.. e pluribus e tra le ultime, Cass. n. 14199 del 2004, Foro it..

Rep. 2004, voce Elezioni, n. 119, e n. 1733 del 2001, id., 2001,

I, 2882): a) il Martorano — della cui compatibilità a ricoprire la

carica di sindaco si tratta — aveva partecipato nel 2001 — quale

membro di un'associazione temporanea di professionisti in cui

(1)1.- Sulla configurabilità della causa di incompatibilità derivante da lite pendente con l'ente, v. Cass. 30 ottobre 2003. n. 16305, Foro it., 2004. I, 3156. con nota di richiami, secondo cui tale situazione può es sere esclusa solo in presenza di elementi dai quali emerga, in modo evidente e non equivoco, il carattere meramente formale e apparente della controversia tra il titolare della carica e l'ente (nella medesima decisione si è dichiarata manifestamente infondata la questione di le

gittimità costituzionale dell'art. 3, 1° comma, n. 4. 1. 23 aprile 1981 n.

154. nella parte in cui contempla la pendenza di una lite con la regione quale causa di incompatibilità con l'esercizio delle funzioni di consi

gliere regionale). Con precipuo riferimento alla rimozione di tale causa di incompati

bilità, Cass. 12 novembre 1999, n. 12529, id., 2000,1, 3592, con nota di

richiami, ha stabilito che la facoltà dell'eletto di rimuovere la situazio ne d'incompatibilità per lite pendente dopo l'avvenuta proposizione della domanda giudiziale rivolta alla pronuncia di decadenza — facoltà riconosciuta anche in caso di previa contestazione in sede consiliare —

deve essere esercitata, secondo quanto affermato da Corte cost. 4 giu

gno 1997, n. 160, id., 1997, I. 2380, con nota di richiami, entro un ter

mine congruo, «ragionevolmente breve» da non superare il limitato ar

co temporale in cui la rimozione dell'incompatibilità possa ritenersi in

dipendente dall'espletamento del mandato di consigliere. In ordine alla rimozione di fattispecie di incompatibilità con cariche

elettive, in una prospettiva più ampia, v. Cass. 28 luglio 2004, n.

14199, id., Rep. 2004, voce Elezioni, nn. 46, 47. secondo cui, in tema di elettorato passivo, a seguito di Corte cost. 4 giugno 1997, n. 160, cit., il «congruo termine» è ora assegnato direttamente dalla legge, sen

za che il giudice possa provvedere ad una diversa regolazione. In effet

ti. la proposizione di un'azione popolare, ex art. 9 d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, funzionale alla contestazione di situazioni di presunta in

compatibilità (nella specie, di un sindaco) implica l'applicabilità del

l'art. 69, 3° comma, d.leg. cit., il quale, nel recepire i principi fissati

dalla Corte costituzionale, consente all'eletto di eliminare la situazione di incompatibilità fino al decimo giorno successivo alla notificazione

del ricorso introduttivo, impedendo, per l'effetto, la dichiarazione del

l'incompatibilità lamentata dall'elettore prima di detta data. Tale bilan

ciamento legislativo è stato ritenuto in armonia con i principi costitu

zionali, atteso che la rimozione della causa di incompatibilità deve con

ciliarsi con un sistema di termini perentori e di preclusioni processuali dettati in funzione di una rapida conclusione della controversia e carat

terizzato dalla presenza di un termine, per la costituzione del resistente, fissato in quindici giorni dalla notifica del ricorso, rispetto al quale l'e

liminazione della causa di incompatibilità deve essere stabilita in una

scadenza precedente, proprio allo scopo di permettere all'eletto di di

mostrare ed illustrare l'avvenuto compimento della fattispecie elimi

natoria della causa di incompatibilità. Nel senso che la rimozione della causa di incompatibilità, in virtù del

principio di cristallizzazione, esclude — pur se attuata tardivamente ri

spetto al termine di dieci giorni a partire dal momento dell'assunzione

della carica elettiva — la possibilità di una dichiarazione di decadenza

qualora la rimozione stessa (nella specie, verificatasi non con la mera

interruzione unilaterale dell'attività, ma con un atto di sospensione sostituzione proveniente dall'azienda sanitaria) sia anteriore alla notifi

ca del ricorso introduttivo del giudizio di accertamento, v. Cass. 15

giugno 2000, n. 8178. id., 2001, I, 1604. con nota di richiami e osser

vazioni di Passaglia. II. - In generale, con riferimento alle ipotesi di incompatibilità con

cariche elettive, v. Cass. 10 luglio 2004, n. 12806, id., 2005, I, 2827, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2006.

il capogruppo era 1" ing. Antonio Tancredi — ad una gara, ban

dita dal comune di Castelluccio Superiore ed avente ad oggetto la redazione del progetto esecutivo afferente alla ristrutturazione

ed all'ampliamento dell'impianto comunale di illuminazione

pubblica; b) dopo che, all'esito della gara, il comune aveva de

liberato di affidare l'incarico ad altri professionisti, l'ing. Tan

credi, nella sua qualità di capogruppo del raggruppamento tem

poraneo di professionisti (R.t.p.), aveva impugnato la relativa

deliberazione comunale dinanzi al Tar Basilicata, chiedendone

l'annullamento, in contraddittorio con il comune; c) a seguito della sua proclamazione alla carica di sindaco del comune di

Castelluccio Superiore ed anteriormente alla prima seduta con

siliare — tenutasi il 9 giugno 2003 — il Martorano, in data 5

giugno 2003, ha sottoscritto tre distinti atti: -— con il primo, in

titolato «atto di rinuncia» — dopo aver premesso le sopra ricor

date circostanze — ha dichiarato, testualmente, che «con la pre sente rinuncia alla presente azione ed al ricorso relativamente

alla sua posizione, rendendosi disponibile sin d'ora al paga mento di eventuali spese processuali conseguenti alla rinuncia

di cui sopra», provvedendo, altresì, nel giorno successivo alla

sua notificazione, tra gli altri, al sindaco del comune di Castel

luccio Superiore ed al capogruppo ing. Tancredi; — con il se

condo (si tratta di una dichiarazione rilasciata al segretario ge nerale del comune, redatta in pari data e con sottoscrizione au

tenticata) — richiamate le stesse premesse — ha dichiarato,

«per quanto di sua afferenza e spettanza, di voler rinunciare,

come di fatto espressamente rinuncia per la propria parte al ri

corso predetto ed ogni istanza connessa, conseguente e/o conse

quenziale, in contrasto processuale e/o sostanziale con il comu

ne di Castelluccio Superiore» e che «darà seguito ogni ulteriore,

utile e necessario impulso processuale e procedurale conse

guente e volto a scindere il raggruppamento temporaneo di pro fessionisti con R.t.p. di Tancredi Antonio», provvedendo a co

municarlo al capogruppo ed agli altri professionisti del raggrup

pamento; — con il terzo, sempre redatto nella predetta data ed

indirizzato e ricevuto dall'ing. Tancredi — premesse ancora una

volta le medesime circostanze — ha comunicato al capogruppo «la volontà di uscire dal R.t.p.», precisando, altresì, che «in data

odierna sono stati predisposti gli ulteriori adempimenti relativi

all'atto di rinuncia»; d) in data 29 settembre 2003 — e cioè il

decimo giorno successivo alla notificazione del ricorso intro

duttivo del presente giudizio — il Martorano ha depositato pres

so la segreteria del Tar Basilicata il predetto atto di rinuncia al

ricorso, ivi pendente. (Omissis) 2.4. - Anche gli altri motivi del ricorso — che possono essere

esaminati congiuntamente — risultano privi di fondamento sulla

base delle considerazioni che seguono.

a) È noto che — a parte le cause di «incandidabilità» alla ca

rica di amministratore locale (cfr. art. 56 e 58 d.leg. n. 267 del

2000), che si riferiscono ad uno status di inidoneità funzionale

assoluta e non rimovibile da parte dell'interessato — le cause di

ineleggibilità (cfr. art. 60 e 61 del t.u.) sono stabilite allo scopo di garantire la eguale e libera espressione del voto, tutelata dal

l'art. 48, 1° comma, primo periodo. Cost. («Il voto è personale ed eguale, libero e segreto»), rispetto a qualsiasi possibilità di

captatio benevolentiae esercitabile dal candidato o di metus po testatis nei confronti dello stesso e che la loro violazione deter

mina l'invalidità dell'elezione del soggetto ineleggibile, il quale non abbia tempestivamente rimosso la relativa causa, mentre le

cause di «incompatibilità di interessi» (cfr. art. 63 del t.u.),

quale quella contestata nel caso di specie, sono previste al fine

di assicurare il corretto adempimento del mandato elettivo da

parte dell'eletto alla carica pubblica e, quindi, prevalentemente, di garantire la realizzazione degli interessi tutelati dall'art. 97,

1° comma. Cost., secondo cui «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il

buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione». Più

specificamente, e con riferimento alla fattispecie, la ratio (an

che) della causa di incompatibilità in esame (annoverabile, ap

punto, tra le c.d. «incompatibilità di interessi») «consiste nel

l'impedire che possano concorrere all'esercizio delle funzioni

dei consigli comunali soggetti portatori di interessi configgenti con quelli del comune o i quali si trovino comunque in condi

zioni che ne possano compromettere l'imparzialità» (così, Corte

cost. n. 44 del 1997, id., 1997,1, 990; cfr. anche, e pluribus e tra

le ultime, sent. n. 450 del 2000, id., 2001, I, 789, e n. 220 del

2003, id., 2003,1, 2888).

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PARTE PRIMA 552

Del resto, in conformità a questi principi, lo stesso art. 78, 1°

comma, d.leg. n. 267 del 2000, nel disciplinare lo status degli amministratori locali (quali individuati nel precedente art. 77. 1°

e 2° comma) e, più in particolare, i loro «doveri», sancisce, tra

l'altro, che il loro comportamento, «nell'esercizio delle loro

funzioni, deve essere improntato all'imparzialità e al principio di buona amministrazione».

Il fondamento costituzionale della previsione (anche) delle

cause di incompatibilità di interessi all'esercizio della carica di

amministratore locale sta, oltreché nell'art. 97, 1° comma, an

che nell'art. 51,1° comma, primo periodo. Cost., giusta il quale «tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere alle

cariche elettive, secondo i requisiti stabiliti dalla legge»: il che

significa che il diritto di accesso alle cariche elettive non è in

condizionato, ma si realizza e può essere esercitato solo in pre senza di detti requisiti; anche se la dottrina ha giustamente sot

tolineato che l'impedimento all'esercizio della carica valida

mente conseguita incide solo indirettamente, a differenza di

quanto accade per le cause di ineleggibilità, sul diritto di eletto

rato passivo e ne costituisce una limitazione soltanto nel senso

che l'esistenza di una causa siffatta — peraltro sempre tempe

stivamente rimovibile — potrebbe rappresentare una remora al

concreto esercizio di quel diritto, scoraggiando la presentazione della candidatura da parte di chi si trovi in una situazione di in

compatibilità di interessi.

In ogni caso, la giurisprudenza della Corte costituzionale è

ferma nel ritenere che il diritto di elettorato passivo —

quale di

ritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di va

lore ed annoverabile tra quelli «inviolabili», riconosciuti e ga rantiti dall'art. 2 Cost. —

può essere unicamente disciplinato da

leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizza

re altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali

(quali, appunto, quelli tutelati dall'art. 97, 1° comma, Cost.;

cfr., e pluribus, Corte cost. n. 235 del 1988, id., 1988, I, 1799; n. 539 del 1990, id., 1991,1, 1672, e n. 141 del 1996, id., 1996, I, 2307); che — anche se è vero che l'incompatibilità, a diffe

renza dell'ineleggibilità, non incide sul rapporto di elettorato, né

spiega alcuna influenza sulla validità dell'elezione — la pre detta natura del diritto di elettorato passivo implica che esso non

può riguardare ogni vicenda relativa alla preposizione del citta

dino ad una carica elettiva (cfr., e pluribus, sent. n. 60 del 1966,

id., 1966, I, 1837); che ogni limitazione al diritto medesimo ha

carattere di «eccezione» rispetto al generale e fondamentale

principio del libero accesso, in condizioni di eguaglianza, di

tutti i cittadini alle cariche elettive (cfr., e pluribus, sent. n. 166

del 1972, id., 1972, I, 3313, e n. 1020 del 1988, id., 1989, I, 2414); che, conseguentemente ed in particolare, è necessario che il legislatore, nello stabilire i requisiti di eleggibilità, deve

tipizzarli con determinatezza e precisione, sufficienti ad evitare,

quanto più possibile, situazioni di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contradditto

rie, che finirebbero per incrinare gravemente, in fatto, la pro clamata, pari capacità elettorale passiva dei cittadini (cfr. sent, n. 166 del 1972, cit.); e che — fermo il divieto di interpretazio ne analogica in materia di cause di ineleggibilità e di incompati bilità — le relative disposizioni possono, tuttavia, essere inter

pretate, nel rispetto del canone della ragionevolezza, in senso «estensivo» rispetto alla mera littera legis (cfr. la fattispecie di

incompatibilità di interessi esaminata dalla Corte costituzionale nella sent. n. 44 del 1997, cit., segnatamente nel n. 5 del 'consi derato in diritto').

Siffatti principi sono stati integralmente recepiti dalla giuris prudenza di questa corte (cfr., e pluribus e da ultimo, sent. n. 489 del 2000, id., Rep. 2000, voce cit., nn. 44, 55, 172, e n. 1073 del 2001, id., 2001, I, 2894). Dall'analisi della quale, pe raltro, emerge la conferma della legittimità del ricorso all'inter

pretazione «estensiva» delle disposizioni che stabiliscono cause di ineleggibilità (cfr., ad es. sent. n. 10845 del 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 113, che ha esteso la causa di ineleggibilità, prevista dall'art. 2, 1° comma, n. 6, 1. n. 154 del 1981 per i giu dici conciliatori, anche ai viceconciliatori; nonché sent. n. 2195 del 2003, id., 2004, I, 836, che ha esteso la causa di ineleggi bilità prevista dall'art. 60, 1° comma, n. 6, d.leg. n. 267 del 2000 ai magistrati onorari addetti ai tribunali ordinari ai sensi dell'art. 42 bis ord. giud., aggiunto dall'art. 8, n. 12, d.leg. n. 51 del 1998).

Può aggiungersi, con specifico riferimento alle cause di «in

1l Foro Italiano — 2006.

compatibilità di interessi» che — fermo il divieto di interpreta zione analogica delle disposizioni che le prevedono

— a mag

gior ragione l'interpretazione estensiva delle stesse è giustifi cata dalla loro ratio: infatti —

posto che esse sono volte ad im

pedire l'esercizio della carica elettiva, validamente conseguita, da parte di coloro i quali, espressamente menzionati, si trovino

in una delle situazioni di potenziale conflitto di interessi tipiz zate dal legislatore

— è ben possibile estendere, al di là della

interpretazione letterale della disposizione, la causa di incom

patibilità a soggetti che, pur non essendo stati esplicitamente considerati dalla disposizione stessa, per la loro posizione giuri dica personale nei confronti dell'ente locale ed in ragione della

sussistenza di un potenziale conflitto di interessi, siano assimi

labili ai soggetti espressamente considerati: altrimenti opinando, infatti, resterebbe frustrata l'intenzione del legislatore di impe dire a tali soggetti, i quali si trovino nella predetta situazione

personale di incompatibilità di interessi, l'esercizio della carica

medesima.

Infine, ribaditi questi principi — ed in particolare che l'inter

pretazione della disposizione applicabile alla fattispecie deve

essere operata esclusivamente alla luce di essi; e che le fattispe cie concrete di ineleggibilità e di incompatibilità debbono essere

giudicate esclusivamente alla luce della specifica disciplina dettata per la loro regolazione

— non è inutile sottolineare che

la disciplina legislativa, non immediatamente volta a regolare le

limitazioni al diritto di elettorato passivo, può rilevare soltanto

nella misura in cui essa sia coerente, ovvero collida, sotto il pro filo della ragionevolezza, con le ragioni della scelta del legisla tore di stabilire o di non stabilire le predette limitazioni.

b) Nella prospettiva delineata dalla riaffermazione di tali

principi, è indispensabile sottolineare, in limine, con specifico riferimento al caso di specie, che la disciplina della rinuncia al

ricorso giurdisdizionale proposto dinanzi al giudice ammini

strativo (cfr. art. 46 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, recante il rego lamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del

Consiglio di Stato, 19, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, recante istituzione dei tribunali amministrativi regionali) e

quella relativa alle associazioni (o raggruppamenti) temporanei di imprese di professionisti negli appalti pubblici (cfr., ad es., art. 10, 1° comma, lett. d, 13, commi 5 bis e 6, 17, 1° comma, lett. g, 1. 11 febbraio 1994 n. 109, recante legge quadro in mate

ria di lavori pubblici, e successive modificazioni ed integrazio ni; v. anche art. 93 e 95 d.p.r. 21 dicembre 1999 n. 554, che ha

approvato il regolamento di attuazione della 1. n. 109 del 1994) — ambedue richiamate ed interpretate nella sentenza impugnata — non rilevano in quanto tali e con riferimento alla specifica sedes materiae loro propria, ma devono essere interpretate ed

applicate, tenendo esclusivamente conto dell'oggetto della pre sente controversia, che non attiene, evidentemente, alla materia

degli appalti pubblici o al rito giurisdizionale amministrativo, bensì, appunto, al diritto di elettorato passivo, quale diritto poli tico fondamentale, ed ai «requisiti» per la sua realizzazione e

per il suo esercizio; e tenendo conto, altresì, come già rilevato, che ogni limitazione al diritto medesimo ha carattere di «ecce

zione» rispetto al generale e fondamentale principio del libero

accesso, in condizioni di eguaglianza, di tutti i cittadini alle ca riche elettive.

In tale prospettiva, come si richiede, per la sussistenza della

causa di incompatibilità derivante dalla «pendenza di una lite

(amministrativa)», che la «pendenza» della lite stessa sia «ef fettiva» e non più «potenziale» (cfr., e pluribus, Cass. nn. 5815 e 6338 del 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 171, e id., 1982,1, 1932; n. 3086 del 1986, id., Rep. 1986, voce cit., n. 141; n. 4357 del 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 146; n. 10335 del 2001, id., Rep. 2001, voce cit., nn. 68, 170) — in quanto espressione di una reale situazione di conflitto d'interessi esistente tra il

candidato, o l'eletto, e l'ente territoriale — così, per la sua vali da ed efficace rimozione, è necessario e sufficiente che il sog getto, il quale versi in una situazione siffatta, ponga in essere atti idonei — anche se non «formalmente perfetti» rispetto alla

specifica disciplina che eventualmente li regoli — a far venir

meno, nella sostanza, l'incompatibilità d'interessi realizzatasi a

seguito dell'instaurazione della lite medesima (cfr., ad es., Cass. n. 5216 del 1992, id.. Rep. 1992, voce cit., n. 144); e ciò, in

quanto — se la ratio della causa di incompatibilità in esame

trova fondamento e giustificazione nel pericolo che il conflitto

d'interessi, che ha determinato la lite, possa condizionare le

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Page 5: sezione I civile; sentenza 24 febbraio 2005, n. 3904; Pres. Saggio, Est. Di Palma, P.M. Sorrentino (concl. conf.); Belsito (Avv. Iannuzzi, Lista) c. Martorano (Avv. Lapenna) e altri.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

scelte del candidato o dell'eletto in pregiudizio dell'ente territo

riale, o, comunque, possa ingenerare, all'esterno, sospetti al ri

guardo (cfr. Cass. n. 12627 del 1998, id., Rep. 1998, voce cit., n. 35, e n. 10335 del 2001, cit.) — il sostanziale ed incondizio nato abbandono della lite stessa (cfr. Cass. n. 1859 del 1982, id.,

Rep. 1982, voce Sicilia, n. 38) elimina in radice questa ragione di incompatibilità.

c) Alla luce di tali principi, le specifiche censure, formulate

dal ricorrente nel primo, terzo e quarto motivo del ricorso, ri

sultano chiaramente infondate.

Quanto a quella di «metodo», per così dire — argomentata

nel primo motivo (cfr., supra, n. 2.1, lett. a) e con la quale si so

stiene, in definitiva, l'irrilevanza della questione relativa all'i

doneità, o non, dell'atto di «recesso» del Martorano dal rag

gruppamento temporaneo di professionisti alla rimozione della

causa di incompatibilità in esame — è sufficiente, per un verso, ribadire che l'odierno controricorrente ha eccepito l'intervenuta

rimozione della causa stessa, fondando l'eccezione sia sulla sua

formale rinuncia al ricorso giurisdizionale, proposto dal capo

gruppo del R.t.p. dinanzi al Tar Basilicata, sia sul suo atto di re

cesso dal raggruppamento (cfr., supra, n. 2.2), facendo chiara

mente valere tali atti siccome entrambi idonei — separatamente

e congiuntamente considerati — alla rimozione medesima; e,

per l'altro, osservare che la corte d'appello ha correttamente

esaminato e valutato, ai fini della loro idoneità alla rimozione

stessa, entrambi gli atti nella loro stretta connessione ed integra zione rispetto allo scopo perseguito dal Martorano.

Se, dunque — come si deve — tali atti si considerano con

giuntamente, non può esservi dubbio sulla loro idoneità a ri

muovere la causa di incompatibilità in esame.

In proposito, appare decisivo il rilievo, secondo cui — ove si

convenisse con il ricorrente che legittimato alla rinuncia al ri

corso, promosso dinanzi al Tar Basilicata dal capogruppo del

raggruppamento, sarebbe stato soltanto quest'ultimo, quale «sola parte» del relativo processo

— anche a voler prescindere da ogni altra pur possibile osservazione contraria, ne consegui rebbe che il partecipante ad un gruppo siffatto, in palese con

trasto con tutti i principi in questa sede ribaditi, risulterebbe

impedito nell'esercizio di un proprio diritto politico fonda

mentale, quale quello di elettorato passivo, appunto: infatti, l'effettiva possibilità di esercitare tale diritto sarebbe, in defi

nitiva, subordinata alla mera volontà di un terzo — il capo

gruppo — libero di decidere, in base a valutazioni completa

mente estranee all'esercizio del diritto medesimo, se abbando

nare, o non, la lite. E tale rilievo costituisce riprova che la di

sciplina, dettata in materia di pubblici appalti — circa il rap

porto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, anche processuale, che si costituisce tra l'impresa o il profes sionista, capogruppo e le altre imprese, o gli altri professionisti (cfr., e pluribus, Cass. n. 4728 del 1998, id., Rep. 1998, voce

Opere pubbliche, n. 455) — non può essere automaticamente

trasposta in una materia, quale quella de qua, in cui è in gioco l'esercizio di un diritto politico fondamentale. Sicché, tutte le

altre censure, argomentate dal ricorrente nel quarto motivo

(cfr., supra, n. 2.1, lett. a-e), risultano del tutto irrilevanti, nella

misura in cui — a fronte dell'inequivocabile atto di recesso dal

R.t.p., e della inequivocabile volontà di rinunciare al ricorso

giurdisdizionale, formalmente espressi dal Martorano (cfr., su

pra. n. 2.2, lett. c) — le stesse non appaiono decisive nella va

lutazione in ordine all'idoneità dell'atto medesimo alla rimo

zione della causa di incompatibilità denunciata.

Considerazioni sostanzialmente analoghe, con riferimento al

terzo motivo del ricorso, vanno svolte circa l'idoneità a tale ri

mozione dell'atto di rinuncia del Martorano al ricorso giuris dizionale proposto dal Tancredi dinanzi al Tar Basilicata (cfr.,

supra, n. 2.2, lett. c e d): infatti, nella specie — richiamato il

decisivo rilievo di cui sopra, e ribaditi gli orientamenti giuris

prudenziali citati sub lett. b) — non potevano «esigersi» dal

l'odierno controricorrente, ai fini della rimozione medesima,

atti e comportamenti ulteriori rispetto a quelli dallo stesso effet

tivamente posti in essere: vale a dire, la formale rinuncia al ri

corso, comunicata al proprio «rappresentante» e portata ritual

mente a conoscenza, mediante deposito presso la segreteria, del

giudice amministrativo investito della lite. Ed anche a tal propo sito può predicarsi la parziale irrilevanza della disciplina squi sitamente processuale, dettata per la rinuncia al ricorso giurisdi zionale amministrativo, rispetto alla materia de qua: come è di

II Foro Italiano — 2006.

mostrato, del resto, dall'orientamento di questa corte (cfr., ad

es., sent. n. 7154 del 1983, id., Rep. 1983, voce Elezioni, n. 81; n. 690 del 1986, id.. Rep. 1986, voce cit., n. 144; n. 3678 del

1988, id., Rep. 1988, voce cit., n. 90; n. 5216 del 1992, cit.; n.

8271 del 1996, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 191), secondo cui, ai

fini della rimozione della causa di incompatibilità per lite pen dente, può ritenersi sufficiente un atto extraprocessuale, come la

transazione, od anche la rinuncia al ricorso stesso, a prescindere dall'accettazione dell'amministrazione ovvero dalla formale

pronuncia di estinzione del relativo processo. In definitiva, può affermarsi che — nel caso in cui, quale

quello di specie, penda, davanti al giudice amministrativo, una

lite, promossa dal capogruppo di un'associazione temporanea di

professionisti, che abbia partecipato, con esito sfavorevole, ad

una gara indetta dal comune, nei confronti di quest'ultimo; ed in

cui un professionista, partecipante all'associazione, intenda ri

muovere, ai fini dell'esercizio del proprio diritto di elettorato

passivo, riconosciuto e garantito dall'art. 51, 1° comma, primo

periodo. Cost, la causa di incompatibilità prevista dall'art. 63, 1° comma, n. 4, primo periodo, d.leg. n. 267 del 2000 — è ne

cessario e sufficiente che il professionista medesimo, al di là

delle specifiche regole che disciplinano ad altri fini gli istituti

dell'associazione temporanea di imprese o di professionisti e

della rinuncia al ricorso giurisdizionale amministrativo, manife

sti formalmente la propria volontà, volta in modo inequivoca bile al sostanziale ed incondizionato abbandono della lite stessa, comunicandola al comune, al proprio capogruppo ed al giudice investito della controversia.

E, sulla base di tutte le considerazioni dianzi svolte, non v'è

alcun dubbio — come esattamente ritenuto dalla corte potentina — che il Martorano, mediante l'atto di recesso dal R.t.p. e l'atto

di rinuncia al ricorso giurisdizionale, abbia validamente, tempe stivamente ed efficacemente rimosso la causa di incompatibilità denunziata (anche) dall'odierno ricorrente.

Ogni altra censura deve ritenersi assorbita.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 gen naio 2005, n. 1703; Pres. Proto, Est. Del Core, P.M. Russo

(conci, conf.); Roberti (Avv. Cini) c. Comune di Cagli. Con

ferma Giiid. pace Cagli 19 febbraio 2001.

Sanità pubblica — Veicoli fuori uso — Collocazione sul

suolo pubblico — Sanzione amministrativa (D.leg. 5 feb

braio 1997 n. 22, attuazione delle direttive 91/156/Cee sui ri

fiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli im ballaggi e sui rifiuti di imballaggio, art. 7, 14, 46, 50).

Integra gli estremi della violazione amministrativa di cui al

l'art. 14, 1° comma, d.leg. 22/97 la collocazione sul suolo

pubblico di un 'autovettura, parzialmente demolita e priva di

targa, adoperata dal suo proprietario come deposito di at

trezzi vari e mezzi di ricambio per la riparazione di macchine

agricole. (1)

(1) In tema di autoveicoli fuori uso radiati dal pubblico registro au

tomobilistico, v. Cass. 23 gennaio 2004, Palumbo, Foro it., 2004. II,

265, con nota di richiami. Per Cass. 19 maggio 2004, Franciosa, Ced Cass., rv. 230356, sussiste

la violazione dell'art. 51, 1° comma, d.leg. 22/97 in un caso di tra

sporto di un veicolo recuperato che doveva essere riparato presso l'of

ficina meccanica dello stesso trasportatore. Secondo Cass. 3 febbraio

2004, n. 8434, Maggiore, inedita, ai fini della configurazione del citato

reato, occorre distinguere tra autoveicoli che, seppure usati, risultino

ancora funzionanti e muniti degli elementi di identificazione, quali le

targhe, e veicoli o parti di veicolo fuori uso che costituiscono rifiuti

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