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Sezione I civile; sentenza 24 gennaio 1981, n. 546; Pres. Vigorita, Est. A. Martinelli, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 24 gennaio 1981, n. 546; Pres. Vigorita, Est. A. Martinelli, P. M. Valente (concl. diff.); Min. finanze c. Ente nazionale per la cellulosa e per la carta (Avv. Mesiano). Conferma Comm. trib. centrale 23 novembre 1977, n. 12994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 1031/1032-1033/1034 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172839 . Accessed: 28/06/2014 16:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.194.124 on Sat, 28 Jun 2014 16:17:12 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 24 gennaio 1981, n. 546; Pres. Vigorita, Est. A. Martinelli, P. M.Valente (concl. diff.); Min. finanze c. Ente nazionale per la cellulosa e per la carta (Avv.Mesiano). Conferma Comm. trib. centrale 23 novembre 1977, n. 12994Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 1031/1032-1033/1034Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172839 .

Accessed: 28/06/2014 16:17

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1031 PARTE PRIMA 1032

emergere solo prendendo in esame il fatto costitutivo del credito).

Pertanto, non si può disconoscere, ai sensi dell'art. 645 cit., la

legittimazione del notificato all'opposizione, per fare accertare la

sua estraneità al rapporto sostanziale posto a base del decreto, il

quale, se non impugnato, acquisterebbe autorità di cosa giudicata ed efficacia di titolo esecutivo nei suoi confronti, rendendo

incontestabile la (apparente) sua qualità di parte intimata ed

esponendolo, quindi, all'azione esecutiva dell'intimante.

Applicando questi concetti al caso di omonimia tra la perso na indicata nel provvedimento e quella alla quale è stato notifica

to, si deve affermare che la legittimazione di quest'ultima ad

impugnare il decreto va negata soltanto se la diversità dei due

soggetti emerga con certezza in base ad altri elementi di iden

tificazione indicati nell'atto; e a questa funzione adempiono di

regola i dati anagrafici e, in genere, quelli attinenti al domicilio o

alla residenza del debitore, sempre che, da soli o in concorso con

altri elementi, siano sufficienti a vincere la confusione provocata dall'omonimia.

Tale accertamento — relativo, cioè, alla efficacia distintiva di

detti elementi e, dunque, alla legittimazione, o meno, del notifica

to che abbia proposto opposizione — involge apprezzamenti di

fatto riservati al giudice di merito, il cui convincimento è perciò insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata moti

vazione, immune da vizi logici o giuridici. Nella sentenza in esame, l'impossibilità di escludere con certez

za, alla stregua del provvedimento, la coincidenza fra la parte intimata e l'omonimo attuale resistente, risulta argomentata, in

sostanza, sul rilievo che l'efficacia distintiva dell'unico elemento

indicato nel ricorso (e nel decreto), cioè l'indirizzo del debitore, era gravemente compromessa da ciò che la stessa ricorrente aveva fatto notificare l'atto sia a tale indirizzo che a quello dell'omoni mo.

A parere della corte, escludendo in modo oggettivamente rico

noscibile l'errore di notifica, la circostanza generava dubbio circa l'esattezza dell'indirizzo contenuto nell'atto e perciò stesso ne

svalutava il significato individualizzante, con la conseguenza che

risultava incerto anche a quale dei destinatari delle notifiche dovesse considerarsi indirizzata l'ingiunzione. La quale conclusio ne trovava conferma nella ricordata linea difensiva della intiman

te, espressione di iniziali perplessità che anch'essa aveva circa l'identità della persona del debitore.

In base a tale motivazione, ineccepibile sia sul piano logico che su quello giuridico, correttamente la corte ha affermato la legitti mazione dell'attuale resistente a proporre l'opposizione, accertando

l'inesistenza, nei suo confronti, dell'obbligazione posta a base del decreto ingiuntivo; la quale pronuncia, peraltro, appunto perché riguardante solo le parti del presente giudizio, non investe l'effi cacia del medesimo decreto contro l'altro Lino Gioacchino, da cui non risulta essere stato impugnato.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con conseguenziale condanna della ricorrente alle spese di questo grado del giudizio.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 24 gen naio 1981, n. 546; Pres. Vigorita, Est. A. Martinelli, P. M. Valente (conci, difl.); Min. finanze c. Ente nazionale per la cellulosa e per la carta (Avv. Mesiano). Conferma Comm. trib. centrale 23 novembre 1977, n. 12994.

Patrimonio (imposte sul) — Imposta straordinaria — Esenzioni — Ente cellulosa e carta — Applicabilità (D. pres. 9 maggio 1950 n. 203, t. u. delle imposte straordinarie sul patrimonio, art. 78).

È applicabile a favore dell'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta l'esenzione dall'imposta straordinaria sul patrimonio pre vista per gli enti esercenti un pubblico servizio. (1)

(1) In termini non si rinvengono precedenti; la decisione, ora confermata, della Comm. trib. centrale 23 novembre 1977, n. 12994, è massimata in Foro it., Rep. 1978, voce Patrimonio (imposte sul), n. 1. Che l'Ente cellulosa e carta sia un ente che «persegue finalità promozionali di interesse generale » è stato riconosciuto da Cass. 17 febbraio 1979, n. 1041, id., Rep. 1979, voce Impiegato dello Stato, n. 256 (la sentenza ha risolto una questione di giurisdizione in te ma di rapporto d'impiego, affermando la sussistenza della giurisdi zione del Consiglio di Stato). Ancor più netta è l'affermazione espres sa da Cass. 14 luglio 1954, n. 2465, id., 1954, I, 1065, secondo la

quale l'ente soddisfa « un pubblico bisogno nel curare l'approvvigio namento, la fabbricazione e l'impiego e nel regolare il consumo del la cellulosa e della carta ». Del resto, a favore dell'ente è previsto un contributo applicato ai prodotti cartotecnici di importazione, che

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Il 12 giugno del

1953, l'ufficio distrettuale di Roma contestò all'Ente nazionale per la cellulosa e la carta un valore patrimoniale di circa 245

milioni ai fini dell'imposta straordinaria proporzionale (3%) di cui

al titolo secondo del t. u. 9 maggio 1950 n. 203.

Sorta contestazione, la commissione distrettuale ebbe a decide

re, in data 12 ottobre 1972, che l'accertamento era legittimo, ma

nel limite di 120 milioni.

Tale pronunzia fu riformata dalla commissione tributaria di

secondo grado, nel senso che spettava all'ente l'esenzione di cui

all'art. 78, lett. c, t. u. citato.

Avverso questa pronuncia l'ufficio finanziario proponeva ricor

so. La Commissione centrale con decisione 23 novembre 1977

rigettava l'impugnazione. Osservava che l'Ente nazionale per la

cellulosa e la carta fa parte della categoria degli enti esercenti un

pubblico servizio, per i quali l'esenzione è stabilita dall'art. 78,

lett. c, t. u. 9 maggio 1950 n. 203. Rilevava: a) che l'ente in

questione, istituito con legge 13 giugno 1935 n. 1435 ed espressa mente mantenuto in vita, per il riconosciuto perdurante interesse

pubblico delle funzioni, dalla legge 20 marzo 1975 n. 70 sul

riassetto del « parastato », è certamente un ente pubblico non

economico, avuto riguardo ai compiti ad esso affidati in ordine

alla promozione dello sviluppo della fabbricazione della cellulosa

in Italia ed alla disciplina della produzione e della vendita della

carta, alle sovvenzioni disposte per legge a suo favore a carico

del bilancio dello Stato, alla potestà tributaria ed autoritativa allo

stesso conferita sulle aziende produttrici e consumatrici di carta e

cellulosa; b) che il medesimo esercita un pubblico servizio, rientrando in tale nozione anche l'organizzazione amministrativa,

attuata dallo Stato direttamente o indirettamente, attraverso la

creazione di un apposito ente parastatale, ritenuta necessaria a

potenziare la produzione ed a disciplinare la distribuzione di un

genere di prima necessità o di una merce d'interesse generale,

quale nel mondo contemporaneo è da considerare la carta.

Riteneva che per tali sue caratteristiche, l'ente predetto è

assolutamente esente dall'imposta, a norma dell'art. 78, lett. e), t. u. 203/1950, rimanendo irrilevante che, nell'esplicazione della

sua attività istituzionale, esso possa anche porre in essere atti

negoziali idonei a produrre redditi mobiliari.

Contro la decisione ricorre l'amministrazione finanziaria con

unico motivo. Resiste l'ente con controricorso.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso

l'amministrazione finanziaria dello Stato, lamentando la violazione

dell'art. 78, lett. c, t. u. in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc.

civ., censura l'impugnata decisione per aver riconosciuto applicabi

le, nella fattispecie, l'esenzione de qua, omettendo di considerare che

non è sufficiente, al fine dell'estensione del beneficio in esame, il

carattere di ente pubblico, non economico, rivestito dall'Ente

nazionale per la cellulosa e carta, non rivestendo detto istituto,

altresì, la natura di un ente esercente un pubblico servizio, cosi

come richiesto dalla legge di esenzione, incorrendo, di conseguen za, in erronea applicazione dei principi di diritto, per quanto attiene la determinazione dei requisiti richiesti per l'individuazio ne nell'attività della pubblica amministrazione dei caratteri propri di un pubblico servizio.

La censura è destituita di fondamento. Va, innanzitutto, rilevato

che l'espressione « servizio pubblico » è un termine polisenso, in

quanto è variamente utilizzato ed interpretato dal legislatore e

dalla dottrina. Tale termine viene, infatti, utilizzato: a) o per indicare quale attività dello Stato o di altri enti pubblici che non

assumono carattere essenziale, e, quindi, di pubblica funzione

(anche se, alla stregua dell'attuale legislazione diviene sempre più problematica una esatta catalogazione delle attività essenziali dello

Stato, rispetto a quelle definite non essenziali); b) o per indivi duare la natura dell'attività svolta da quei soggetti, che quali

organi della pubblica amministrazione svolgono una mera attività

complementare ad una pubblica funzione unica investita di potè

l'ente medesimo può riscuotere mediante ruolo: la materia è stata di recente regolamentata dal d. m. 22 dicembre 1979 (le norme pre vigenti erano state sottoposte all'esame della Corte costituzionale, che aveva dichiarato le questioni inammissibili, per varie ragioni: sent. 1° agosto 1979, n. 101, id., 1979, I, 2505).

In passato, all'Ente cellulosa e carta la giurisprudenza aveva ne

gato la esenzione dall'imposta sulle società, che era stata richiesta sulla base della pretesa natura di istituto di studi e sperimentazione dell'ente medesimo: Cass. 18 luglio 1978, nn. 3585 e 3591, id., Rep. 1978, voce Società (imposta), nn. 28, 29; 3 aprile 1978, nn. 1490 a 1493, ibid., nn. 31-34; 3 aprile 1978, n. 1488, id., 1978, I, 2819, con nota di richiami.

Analogamente era stata negata l'esenzione dalla ritenuta di impo sta sugli utili azionari (cosiddetta cedolare secca), Cass. 3 aprile 1978, nn. 1494 a 1498, id., Rep. 1978, voce Ritenuta d'acconto o di

imposta, nn. 10-14.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

stà autoritativa (ex art. 357 cod. pen.); c) ovvero per indicare

quelle attività economiche che lo Stato e gli altri enti, cosiddetti

economici, che operano nel campo dell'economia, in regime di concorrenza con i privati, e la cui attività risulta regolata iure

privatorum. Non manca, infine, nella dottrina coloro che, nell'am

bito delle attività, più propriamente economiche, restringono il

campo del servizio pubblico a quegli enti che, in regime di diritto

pubblico, esplicano un'azione diretta alla produzione di beni e

servizi; restringendo di conseguenza nell'ambito della pubblica funzione degli enti, che, pur svolgendo la loro attività nel campo economico assumono compiti direttivi, programmatrici, d'impulso e di controllo.

Ora proprio con riferimento al carattere « polisenso » che

assume il termine di servizio pubblico, l'esatta portata di tale

espressione in subiecta materia non può che determinarsi nell'am

bito della ratio legis, su cui si fonda l'art. 78 cit., e degli stessi

principi sistematici che regolavano la materia tributaria nel perio do antecedente all'entrata in vigore dell'attuale legislazione fiscale.

È indubbio che quest'ultima sottopone ad imposizione tributaria

diretta (i.r.p.e.g.) anche gli enti pubblici siano essi meramente

economici, o esplicanti un pubblico servizio; mentre, per conver

so, la precedente legislazione sottoponeva all'imposizione tributa

ria diretta (imposta di ricchezza mobile, imposta sulle società,

ecc.) anche le persone giuridiche pubbliche, soltanto nell'ipotesi in

cui queste espletassero un'attività economica a scopo di lucro;

rimanendo, di conseguenza, esclusi quegli enti esplicanti attività

non economiche o, comunque, non a fine di lucro, ivi compi esi

gli enti esercenti un pubblico servizio.

In tale categoria erano, quindi, ricompresi tutti quegli enti che,

esplicando un'attività iure publico, realizzassero i loro proventi sotto forma di tassa o tributo, e in genere non a scopo di lucro, con obbligo di reinvestimento nel servizio o nel fine pubblico

degli avanzi di gestione. Da ciò consegue che, alla luce dei suesposti principi, il termine

« pubblico servizio », utilizzato dal legislatore in materia tributa

ria nell'art. 78 cit., nonché nell'art. 151, lett. d (riguardante le

esenzioni in ordine all'imposta sulle società, il cui parallelismo con la prima disposizione appare del tutto evidente, stante la

identità di ratio legis su cui si fondano le due previsioni normati

ve sulla base delle considerazioni sopraesposte), è suscettibile di

ricomprendere lato sensu non soltanto gli enti che esercitano una

attività economica in regime di monopolio, costituente pubblico

servizio, ma, attesi tutti gli altri enti che, senza perseguire finalità

di lucro esplicano, come l'Ente nazionale per la cellulosa e per la

carta attività promozionale, programmatica, di incentivazione e di

controllo nell'ambito dell'economia e di un suo particolare settore.

A tale conclusione ugualmente dovrebbe pervenirsi, se in base

ad una questione meramente nominalistica dovesse riconoscersi in

tale attività promozionale, direttiva e di controllo nel campo economico il carattere di pubblica funzione, anziché quello di

pubblico servizio, in assenza di finalità di lucro, seppure collatera

li allo scopo istituzionale, stante l'identità di ratio, che caratteriz

za entrambe le situazioni, che renderebbe illogica una siffatta

interpretazione restrittiva del termine « servizio pubblico » e un

discriminato trattamento ai fini dell'applicazione dell'esenzione de

qua.

Pertanto, considerati la particolare natura dell'attività svolta

dall'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta, il suo inseri

mento tra gli enti parastatali (legge 20 marzo 1975 n. 70), nonché

l'attività che il medesimo, senza scopo di lucro, con caratteri

autoritativi, e potestà impositiva tributaria, è chiamato ad espleta re nel settore economico della cellulosa e della carta, con finalità

promozionali, direttive, di controllo, ecc. (art. 1, 2 legge 13 giugno

1935) (in mancanza di ogni più specifica dimostrazione che questo ente abbia espletato, in concreto, altre attività economiche iure

privatorum) consegue che a detto ente va riconosciuta l'esenzione

prevista nell'art. 78, lett. c, legge n. 203 del 1950. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 17 gen

naio 1981, n. 417; Pres. ed est. Scanzano, P.M. Leo (conci,

conf.); Puca (Avv. Moscarini, Miglino) c. Di Genio (Avv.

Clarizia). Conferma App. Salerno 50 aprile 1977.

Ingiunzione (procedimento per) — Creditore procuratore legale — Difesa personale — Obbligo di dichiarare la residenza o

eleggere domicilio presso il giudice adito — Esclusione — Ef

fetti sulla notifica dell'opposizione (Cod. proc. civ., art. 86,

638, 645; r. d. 27 novembre 1933 n. 1578, ordinamento delle

professioni di avvocato e di procuratore, art. 10, 17; r. d. 22

gennaio 1934 n. 37, norme integrative e di attuazione del r. d.

27 novembre 1933 n. 1578, art. 82).

Poiché il procuratore legale che propone domanda d'ingiunzione nel proprio interesse difendendosi personalmente, a norma del l'art. 86 cod. proc. civ., non è tenuto a dichiarare la residenza o a eleggere domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito, è invalida la notifica dell'opposizione alla detta ingiunzione effettuata presso la cancelleria del tribunale adito e non invece

presso il domicilio del ricorrente, situato nella circoscrizione dello stesso tribunale, cui il procuratore è assegnato. (1)

(1) Sul principio per cui la parte che si difende personalmente per avere la qualità necessaria ad esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, viene a valersi di (e a soggia cere a) tutte le norme riguardanti l'esercizio del ministero del pro curatore nel processo, v. Cass. 25 ottobre 1972, n. 3264, Foro it., Rep. 1972, voce Avvocato, n. 39 (che riconosce al professioni sta costituitosi personalmente il diritto alle competenze procuratorie e all'onorario se abbia svolto opera professionale); Cass. 23 luglio 1973, n. 2149, id., Rep. 1973, voce Procedimento civ., n. 15 (che estende le limitazioni territoriali dello ius postulandi anche a coloro che assumono il patrocinio in causa propria); Cass. 7 dicembre 1972, n. 3541, id., Rep. 1972, voce Sentenza civ., n. 125 (che ritiene la notifica alla parte nel suo domicilio idonea a far decorrere il ter mine per l'impugnazione nel caso che rivesta la qualità di procura tore e si sia difesa personalmente).

A norma dell'art. 82 r. d. 22 gennaio 1934 n. 37, i procuratori che esercitano il proprio ufficio in un giudizio in corso fuori della cir coscrizione del tribunale a cui sono assegnati, devono all'atto della costituzione eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giu diziaria presso la quale i1_ giudizio si svolge, in mancanza di che il domicilio si intende eletto presso la cancelleria del giudice adito: ne consegue che il procuratore, che proponga il ricorso per ingiun zione fuori della circoscrizione del tribunale di assegnazione, deve eleggere domicilio nella sede del giudice adito all'atto della presen tazione del ricorso (cfr. Cass. 11 settembre 1978, n. 4100, id., Rep. 1978, voce Ingiunzione (procedimento), n. 17), che costituisce, nel

procedimento monitorio, l'atto introduttivo del giudizio e deve con tenere tutti gli elementi dell'instaurazione della lite (v. Cass. 24 mar zo 1969, n. 1854, id., 1970, I, 842).

È altresì pacifico che il cit. art. 82 non può considerarsi tacita mente abrogato a seguito dell'entrata in vigore del codice di rito, atteso che l'art. 170 (e le altre norme che sono espressione dello stesso principio), nello stabilire che nel corso del procedimento tut te le notificazioni e comunicazioni si fanno al procuratore costituito, indica la persona nei cui confronti la notifica deve essere effettuata, ma non il luogo in cui va eseguita (cfr. per tutte Cass. 2 agosto 1977, n. 3386, id., Rep. 1977, voce Procedimento civ., n. 58; 8 marzo

1977, n. 976, ibid., voce Notificazione civ., n. 17; 5 agosto 1976, n. 3018, id., Rep. 1976, voce Avvocato, n. 89; 23 maggio 1975, n.

2053, id., Rep. 1975, voce cit., n. 189). Diverso è il caso preso in esame dalla sentenza che si riporta, in

cui il giudizio doveva svolgersi avanti al tribunale cui il procuratore è assegnato: per tale ipotesi l'art. 10 r. d. 1578 del 1933 non con

templa l'autorizzazione alle notificazioni presso la cancelleria in man canza di elezione di domicilio e la Cassazione (v. sent. 28 maggio 1962, n. 1264, id., 1963, I, 136) ha ritenuto che, nell'ipotesi di man canza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio del

procuratore costituito, le notificazioni e comunicazioni possono es

sergli fatte nel luogo ove risiede per ragioni del suo ufficio ovvero nella sua residenza o domicilio reali, quando non coincidano con quello dove, a norma dell'art. 10 r. d. cit., il procuratore deve risie dere per ragioni del suo ufficio.

Una volta ammessa la validità della notifica al domicilio reale del procuratore, sito in luogo diverso dal comune in cui ha sede il

giudice adito, pur in presenza del recapito nel capoluogo previsto dall'art. 10 cit., è agevole ritenere che, ove sia indicato il domicilio

reale, giammai potrebbe farsi ricorso alla notifica presso la cancel leria del giudice adito. Tale notifica deve escludersi con sicurezza, almeno ogniqualvolta ricorra la duplice condizione che vi sia l'indi cazione di un domicilio del procuratore nell'ambito della circoscri zione del tribunale avanti al quale si svolge il giudizio e che il

procuratore sia assegnato a tale tribunale.

Nell'ipotesi in cui manchi ogni indicazione può sorgere qualche dubbio: Cass. 11 dicembre 1963, n. 3133, id., 1964, I, 274 e 7

aprile 1956, n. 1011, id., Rep. 1956, voce Impugnazioni civ., n. 36, con riferimento a giudizi svoltisi avanti a giudici monocratici, ri

spetto ai quali giocano altresì le norme degli art. 314 cod. proc. civ. e 58 disp. att. cod. proc. civ., lo scioglie nel senso che, pur

quando il giudizio si svolge nella circoscrizione del tribunale cui è

assegnato il procuratore costituito e questi ometta negli atti proces suali ogni indicazione del suo domicilio o del suo recapito, non può essere imposto alla controparte di farne ricerca, con la conseguenza che, allora, le notificazioni e le comunicazioni durante il procedi mento possono essere validamente fatte presso la cancelleria del

giudice adito; Cass. 12 agosto 1957, n. 3395, id., Rep. 1957, voce

Notificazione civ., n. 9, opina, invece, sempre con riferimento ad un

giudizio pretorile, che, in mancanza di dichiarazione di residenza o

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