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sezione I civile; sentenza 24 maggio 2004, n. 9901; Pres. Criscuolo, Est. W. Celentano, P.M....

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sezione I civile; sentenza 24 maggio 2004, n. 9901; Pres. Criscuolo, Est. W. Celentano, P.M. Ceniccola (concl. conf.); Banca Carige (Avv. Coen, Villani) c. Fall. soc. Cael (Avv. De Martini, Fresci). Conferma Trib. Genova, decr. 14 giugno 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 9 (SETTEMBRE 2005), pp. 2487/2488-2489/2490 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200869 . Accessed: 25/06/2014 01:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.192 on Wed, 25 Jun 2014 01:51:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 24 maggio 2004, n. 9901; Pres. Criscuolo, Est. W. Celentano, P.M.Ceniccola (concl. conf.); Banca Carige (Avv. Coen, Villani) c. Fall. soc. Cael (Avv. De Martini,Fresci). Conferma Trib. Genova, decr. 14 giugno 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 9 (SETTEMBRE 2005), pp. 2487/2488-2489/2490Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200869 .

Accessed: 25/06/2014 01:51

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2487 PARTE PRIMA 2488

La questione è manifestamente infondata.

La tesi svolta dalla ricorrente incidentale non ha fondamento.

L'errore di interpretazione dell'art. 6 1. n. 724 del 1994 nel

quale incorre la ricorrente si riflette su tutto lo sviluppo succes

sivo del ragionamento e fa ritenere senza fondamento la conclu

sione che la copertura del disavanzo riguardasse solo le spese nascenti da contratti di fornitura o di appalto.

In ogni caso, il legislatore (art. 6 1. 5 agosto 1978 n. 468) nel

classificare le entrate e le spese dello Stato non ha dato defini

zioni, ma ha individuato ciò che va compreso nelle spese di in

vestimento o in conto capitale e ciò che — residualmente — va

ricompreso nella spesa corrente. Le unità relative alla spesa di

conto capitale «comprendono le partite che attengono agli inve

stimenti diretti e indiretti, alle partecipazioni azionarie e ai con

ferimenti nonché ad operazioni per concessioni di crediti». Le

altre spese vanno residualmente classificate come correnti. Le

somme dovute per risarcimento del danno conseguente all'atti

vità medica non costituiscono certamente spesa di investimento

o in conto capitale; e ciò è sufficiente per far ritenere la manife

sta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata.

7. - Il ricorso principale proposto nei confronti dell'Azienda

ospedaliera Sant'Orsola Malpighi va dichiarato inammissibile, non essendo state svolte doglianze nei confronti dell'azienda e

non ricorrendo un'ipotesi di inscindibilità di cause.

In conclusione vanno accolti i primi quattro motivi del ricorso

principale, assorbiti gli altri, mentre va rigettato il ricorso inci

dentale. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la

causa va rinviata ad altra sezione della Corte d'appello di Bolo

gna, che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi di

diritto sopra enunciati e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. Va dichiarato infine inammissibile il ricorso principale nei confronti dell'Azienda ospedaliera San

t'Orsola Malpighi.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 24 maggio 2004, n. 9901; Pres. Criscuolo, Est. W. Celentano, P.M. Ceniccola (conci, conf.); Banca Carige (Avv. Coen,

Villani) c. Fall. soc. Cael (Avv. De Martini, Fresci). Con

ferma Trib. Genova, decr. 14 giugno 2001.

Fallimento — Ripartizione dell'attivo — Opposizioni allo stato passivo pendenti — Diritto dell'opponente all'ac

cantonamento — Esclusione (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, di

sciplina del fallimento, art. 99, 111, 112, 117).

Il creditore che ha proposto opposizione allo stato passivo fal limentare non ha diritto ad alcun accantonamento in sede di

riparto dell'attivo, posto che il sistema concorsuale prevede come mezzo di tutela l'istituto dell' accantonamento generico del dieci per cento eventualmente elevabile discrezionalmente a cura del giudice delegato ove ravvisi probabile l'accogli mento dell 'opposizione. ( 1 )

(1) In termini, Cass. 12 marzo 1999, n. 2199, Foro it., Rep. 1999, voce Fallimento, n. 779; 27 aprile 1998, n. 4259, id., 1998,1, 1809, con nota di richiami; App. Napoli 2 luglio 2001, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 563; 18 giugno 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 798. Il giudice di le

gittimità disattende anche la prospettata eccezione di illegittimità co stituzionale dell'art. 113 1. fall, che, pure, anche a seguito della novella costituzionale dell'art. 111 Cost, era stata di nuovo prospettata, per una

fattispecie consimile, da M. Fabiani, Giusto processo e ruolo del giudi ce delegato, in Fallimento, 2002, 271.

Per le prospettive di riforma, cfr. M. Fabiani, Le trasformazioni della

legge fallimentare, in questo fascicolo, V, 153.

Il Foro Italiano — 2005.

Cenni sul procedimento. — La Cassa di risparmio di Genova

s.p.a. (di seguito Carige), creditore escluso dallo stato passivo del fallimento della Cael s.p.a., con la motivazione che l'opera zione di finanziamento garantito dall'ipoteca appariva revoca

bile ex art. 67, 1° comma, n. 2,1. fall, in quanto mezzo anomalo

di pagamento, ed opponente allo stato passivo medesimo, pro

pose reclamo avverso il decreto di esecutività del progetto di ri

partizione parziale in data 17 maggio 2001 censurandolo per il

mancato accantonamento di somme specificamente riferibili al

suo credito.

Il tribunale, con suo decreto del 14 giugno 2001, rigettò il re

clamo. Osservò che la Carige doveva essere riguardata come

creditore escluso dallo stato passivo e che, anche nella consoli

data interpretazione giurisprudenziale di legittimità e senza al

cun contrasto con i principi costituzionali, si riteneva conforme

alle nome della legge fallimentare che nessun accantonamento

specifico fosse disposto per tale categoria di creditori; pose in

rilievo che, prudentemente, il curatore aveva operato un accan

tonamento generico, ai sensi del 1° comma dell'art. 113 1. fall., in misura sufficientemente ampia da fornire adeguata garanzia anche a detta creditrice.

Avverso tale decreto, la Carige ha proposto ricorso per cassa

zione ai sensi dell'art. 111 Cost., al quale la curatela fallimenta

re resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso, la

ricorrente Carige ha denunciato la violazione e falsa applicazio ne dell'art. 113 1. fall.

Di tale norma essa prospetta e sostiene una diversa interpreta zione, nel senso che, attraverso l'estensione del potere del giu dice delegato di disporre accantonamenti anche in funzione del

passivo prevedibile e la valorizzazione di un'asserita sostanziale

identità di posizione processuale (derivante dalla circostanza

che in nessuno dei casi sussiste la definitività dello stato passivo fatto oggetto dell'opposizione ex art. 98 1. fall.) tra quei credito

ri indicati ai nn. 2 (ammessi con riserva) e 3 (creditori condizio nali) dell'art. 113 e i creditori esclusi, resti superata quella lettu

ra della norma dell'art. 113 1. fall, che intende come tassativa

l'indicazione delle categorie di creditori in favore dei quali è

previsto l'accantonamento delle somme.

Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa ap

plicazione dell'art. 67 1. fall.

Richiamato il carattere costitutivo dell'azione revocatoria

fallimentare (onde i suoi effetti si producono soltanto con il pas

saggio in giudicato della sentenza che accolga la domanda revo

catoria, seppur siano riconducibili al momento della proposizio ne) ed altresì il carattere sostanzialmente provvisorio dello stato

passivo e della sua formazione, ad onta della sua formale ese

cutività, la ricorrente svolge la tesi che «quando non si consenta

al creditore escluso, ed opponente allo stato passivo, di godere di accantonamenti specifici in pendenza del giudizio di opposi zione, ne deriverebbe, in caso di sentenza favorevole al credito

re stesso nel giudizio di opposizione, una definitiva esclusione

del diritto di riparto sulla base degli effetti di un'azione revo

catoria che tali effetti non avrebbe potuto produrre». Sulla base

di tali argomenti, la ricorrente chiede che il progetto di riparto

parziale sia annullato nella parte in cui non ha riconosciuto il di

ritto di essa Carige all'accantonamento specifico in pendenza del giudizio sulla revocabilità dell'operazione di finanziamento

dalla quale il credito traeva origine. Con il terzo motivo è prospettata, con riferimento alle norme

di cui all'art. 3, 24 e 111 Cost., l'illegittimità costituzionale

della norma dell'art. 113 1. fall, nell'interpretazione datane dal

tribunale. I motivi proposti non meritano accoglimento.

Questa corte si è già numerose volte pronunciata sulle que stioni prospettate dalla ricorrente, e per il caso di specie non so

no svolti argomenti che possano indurre a rivedere quella che

già il tribunale ha richiamato come «giurisprudenza consolida

ta».

Ed invero, il sistema della legge fallimentare ha una sua coe

renza interna nella mancata previsione di accantonamenti speci fici in favore dei creditori non ammessi, la cui tutela non è igno rata dalla legge stessa, che per essi appresta la garanzia dell'ac cantonamento generico del dieci per cento previsto, nelle ripar tizioni parziali, dalla norma cardine del sistema che è individua bile nelle singole disposizioni dell'art. 113, oltre che agli altri

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

accantonamenti prudenziali, in misura maggiore della suddetta

percentuale, che il giudice delegato ha il potere di disporre an

che in relazione a crediti non ammessi, ma la cui ammissione, ancora sub iudìce nel giudizio di opposizione ex art. 98 1. fall., al momento del riparto parziale, presenti rilevanti e seri ele

menti di probabilità. Resta dunque confermato, per il caso di specie, il principio di

diritto secondo il quale «il creditore non ammesso al passivo,

pur potendo come ogni altro interessato presentare osservazioni

al piano di riparto e potendo giovarsi dell'accantonamento ge nerico e di quegli altri che il giudice delegato può disporre pru denzialmente proprio, ed anche, in relazione all'esito favorevole

del giudizio di opposizione allo stato passivo che egli valuti in

tal senso sulla base di elementi di probabilità, non ha tuttavia di

ritto ad un accantonamento specifico. Né è consentita, per il ca

rattere tassativo delle sue previsioni, un'applicazione della nor

ma dell'art. 113 1. fall, che, in analogia, estenda la previsione di

accantonamento ai crediti non ammessi. Tale risultato interpre tativo non contrasta con gli art. 3 e 24 Cost., stante la sostan

ziale diversità di situazione giuridica in cui vengono a trovarsi, nel procedimento fallimentare, i creditori non ammessi rispetto a quegli altri creditori considerati dalle specifiche previsioni (in particolare ai nn. 2 e 3) dell'art. 113 1. fall.» (v. Cass. n. 11961

del 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Fallimento, n. 561; n. 2186

del 1991, ibid., n. 560; n. 3500 del 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 517; n. 4259 del 1998, id., 1998, I, 1809; n. 8575 del 1998, id., 1999,1, 929).

Il ricorso va dunque rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 1° aprile 2004, n. 6385; Pres. Giuliano, Est. Purcaro, P.M. Na

poletano (conci, conf.); Di Bernardo e altri (Avv. Rossi) c.

Chiacchio. Cassa Trib. Napoli 10 dicembre 1999 e decide nel

merito.

Responsabilità civile — Locazione di immobile — Incendio — Danni a terzi — Responsabilità del locatore — Esclu

sione (Cod. civ., art. 2051).

La responsabilità per i danni provocati a terzi dall'incendio

sviluppatosi in un appartamento condotto in locazione grava sul locatario e non sul proprietario, a meno che i danni la

mentati derivino dalla violazione degli obblighi di custodia e

di controllo su di lui gravanti perché relativi a cose (strutture murarie ed impianti in esse conglobati) che non passano nella

disponibilità del locatario. ( 1 )

(1) Il principio espresso in massima può dirsi consolidato. Nello stes so senso si esprimono infatti, Cass. 30 marzo 2001, n. 4737, Foro it., Rep. 2001, voce Responsabilità civile, n. 379; 19 gennaio 2001, n. 782, ibid., n. 351 (e Danno e resp., 2001, 726, con nota di R. Breda, La Cassazione e i danni da cose in custodia, quattro casi in rassegna); 27

giugno 1997, n. 5780, Foro it.. Rep. 1997, voce cit., n. 247; 26 giugno 1997, n. 5706, id., 1997, I, 2861. In dottrina, v. A. Di Carlo, Contratto di locazione e responsabilità da custodia, in Rass. locazioni, 1998, 190; A. Cimino, Danni da infiltrazioni a seguito di opere eseguite nell'im mobile: criteri di imputazione della responsabilità in capo ed proprie tario-locatore e al conduttore, in Resp. civ., 1996, 668; P. Ziviz, La re

sponsabilità delle cose in custodia nell'ipotesi di immobile concesso in

locazione, in Contratti, 1995, 193. In generale, sulla responsabilità del custode, v., da ultimo, Cass. 4

novembre 2003, n. 16527, Foro it., Rep. 2004, voce cit., n. 120 (e Dan no e resp., 2004, 161, con nota di P. Pardolesi, Responsabilità da cu stodia in cerca d'identità)', 20 agosto 2003, n. 12219, Foro it., 2004, I, 511, con nota di L. Caputi (e Danno e resp., 2004, 515, con nota di C.

Costantini, L'interpretazione dell'art. 2051 c.c.: oltre il fascino dei consueti «dazzling tricks»).

Il Foro Italiano — 2005.

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 18 settembre 1992, Carmine Chiacchio convenne in giudizio, innanzi al vice pretore di Napoli

— sezione distaccata di Frat

tamaggiore —, Francesco Di Bernardo, per sentirlo condannare

al risarcimento dei danni cagionati ai beni mobili che arredava

no l'appartamento di Vico II Miseno 5, Frattamaggiore, a se

guito dell'incendio sviluppatosi nel vano sottostante di proprietà del convenuto.

Quest'ultimo, costituitosi, contestò ogni addebito e chiese il

rigetto della domanda.

Espletata l'istruttoria del caso, il giudice adito, con sentenza

in data 17 aprile 1998, condannò il Di Bernardo al pagamento, a

titolo risarcitorio, della somma complessiva di lire 4.000.000, oltre interessi legali.

Proposto appello ad opera di Antonio, Mario, Pasquale, Pao

lo, Adele, Rosa e Giovanni Di Bernardo, quali eredi dell'origi nario convenuto, deceduto nelle more, il Tribunale di Napoli re

spinse il gravame, confermando integralmente la sentenza di

prime cure.

Per la cassazione della menzionata sentenza Antonio, Mario,

Pasquale, Paolo, Adele, Rosa e Giovanni Di Bernardo hanno

proposto ricorso, sulla base di tre motivi.

L'intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., nonché contraddittoria, insufficiente ed omessa motivazione su

un punto decisivo della controversia, deducono che il tribunale

aveva affermato la responsabilità del proprietario dell'immobi

le, collegandola all'omesso esercizio, da parte del loro dante

causa, del potere di controllo e custodia sulla res, cui egli era

obbligato, nonostante l'esistenza del rapporto locativo, quale

proprietario dell'immobile. Peraltro, in tal modo decidendo, il

giudice a quo era andato di contrario avviso al consolidato inse

gnamento di questo Supremo collegio, secondo cui, nella loca

zione, dopo la consegna dell'immobile, permane una presunzio ne di responsabilità ex art. 2051 c.c. a carico del proprietario locatore, limitatamente, peraltro, al suo obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione e di efficienza delle strutture edili

zie e degli impianti, non, invece, anche in relazione all'obbligo di custodia, gravante esclusivamente sul conduttore.

La censura è fondata.

Va rilevato, in primo luogo, che ai fini dell'applicazione della norma dell'art. 2051 c.c., stante il dato lessicale della norma, si

ritiene sufficiente, per l'applicazione della stessa, la sussistenza

del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato

luogo all'evento lesivo.

Custode è chi abbia l'effettivo potere di fatto sulla cosa e

può, perciò, essere non solo il proprietario della cosa, ma anche

il possessore o il semplice detentore della cosa, atteso che il

criterio di imputazione della responsabilità per i danni cagionati a terzi da cosa in custodia è la disponibilità di fatto e giuridica sulla cosa che comporti il potere-dovere di intervenire, per evi

tare eventuali danni a terzi.

A tal fine è stato costantemente affermato, in tema di locazio

ne, che il proprietario dell'immobile locato, conservando la di sponibilità giuridica, e quindi la custodia, delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati (come cornicioni, tetti, tuba

ture idriche), su cui il conduttore non ha il potere-dovere di in

tervenire, è responsabile, in via esclusiva, ai sensi dell'art. 2051

(e 2053) c.c., dei danni arrecati a terzi da dette strutture ed im

pianti. Relativamente, invece, alle altre parti ed accessori del

bene locato, rispetto alle quali il conduttore acquista detta di

sponibilità con facoltà ed obbligo di intervenire, ai fini di evita

re pregiudizio ad altri, la responsabilità verso i terzi, secondo le

previsioni del citato art. 2051 c.c., grava soltanto sul conduttore

medesimo (cfr., in tal senso, Cass., sez. un., 11 novembre 1991, n. 12019, Foro it., 1993, I, 922; 18 dicembre 1996, n. 11321, id.. Rep. 1996, voce Responsabilità civile, n. 194). La locazio

ne, infatti, comporta di norma il passaggio nel conduttore del

l'obbligo della custodia della cosa locata, in applicazione della

disposizione di cui al n. 1 dell'art. 1587 c.c., secondo la quale il

conduttore deve prendere in consegna la cosa e se ne deve servi

re con la diligenza del buon padre di famiglia per l'uso determi

nato dal contratto. Significativa è, altresì, al riguardo la disposi zione di cui al 1° comma dell'art. 1588 c.c., anche se applica bile esclusivamente al rapporto interno locatore-conduttore, che

sancisce una presunzione iuris tantum di responsabilità, a carico

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