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sezione I civile; sentenza 25 agosto 1995, n. 8995; Pres. Cantillo, Est. R. Sgroi, P.M. Buonajuto...

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sezione I civile; sentenza 25 agosto 1995, n. 8995; Pres. Cantillo, Est. R. Sgroi, P.M. Buonajuto (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Mangia) c. Soc. Istituto per l'edilizia popolare e popolarissima (Avv. Liuzzi) e Cerulli (Avv. Prosperetti). Conferma Comm. trib. centrale 2 maggio 1991, n. 3395 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 6 (GIUGNO 1996), pp. 2189/2190-2195/2196 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190517 . Accessed: 28/06/2014 15:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.163 on Sat, 28 Jun 2014 15:33:15 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 25 agosto 1995, n. 8995; Pres. Cantillo, Est. R. Sgroi, P.M. Buonajuto(concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Mangia) c. Soc. Istituto per l'edilizia popolare epopolarissima (Avv. Liuzzi) e Cerulli (Avv. Prosperetti). Conferma Comm. trib. centrale 2maggio 1991, n. 3395Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 6 (GIUGNO 1996), pp. 2189/2190-2195/2196Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190517 .

Accessed: 28/06/2014 15:33

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

timità, perché, da una parte lo strumento probatorio in esame

è affidato «alla prudenza del giudice» di merito e dall'altra (sotto il profilo del vizio di motivazione) non sono state dedotte speci fiche ragioni logiche che dimostrassero la inderogabile necessità

di ricorrervi. Del pari infondate sono le censure relative alla

pretesa nullità del contratto di uso per illiceità della causa, per essere stato stipulato in frode alle disposizioni imperative sulla

durata e la cessazione del rapporto.

Siccome, per costante giurisprudenza di questa corte, le san

zioni di cui all'art. 79 1. 392/78 sono rivolte ad impedire un'elu

sione di tipo preventivo del diritto del conduttore (sent. 11402/93,

id., 1994, I, 1081), ne deriva la liceità di ogni negozio che costi

tuendo in capo al (precedente) conduttore un (nuovo) diritto

reale sul bene (prima) locato ponga fine, transattivamente, do

po la stipulazione del contratto di locazione (cfr. Cass. 4709/91,

id., Rep. 1991, voce Locazione, n. 225), al precedente rapporto. In particolare, tale rapporto non poteva, nel caso in esame,

condizionare la durata del nuovo diritto reale, anche perché,

comunque, con il nuovo contratto non era diminuito il (periodo

di) godimento, che in base alle pattuizioni transattive di cui al

contratto di locazione, sarebbe spettato al conduttore.

Per quanto attiene al diritto alla indennità, con il terzo mez

zo del ricorso, si asserisce che, anche accettando l'effetto estin

tivo del negozio (costitutivo del diritto) di uso, esso sarebbe

sopravvissuto essendo la cessazione del rapporto locativo ricon

ducibile alla volontà del locatore.

Sul punto, il tribunale ha correttamente motivato (nonostan te la discutibilità delle osservazioni sulla ratio della norma) ar

gomentando che, siccome, con la costituzione del diritto di uso, non era cessata la disponibilità del bene da parte del condutto

re, questi non aveva diritto alla pretesa indennità.

Infatti, anche se — come sostiene il ricorrente — l'indennità

copre presuntivamente la perdita del bene-avviamento, tale per dita ricorre soltanto quando il conduttore è costretto a cessare

lo svolgimento della propria attività nell'immobile locato (Cass.

2734/85], id., Rep. 1985, voce cit., n. 793, citata dal ricorrente) e non invece quando — continuando la stessa ubicazione del

l'attività, sia pure ad altro titolo, dopo la cessazione del rap

porto locativo — non si può presumere nessuna dispersione o

perdita del bene-avviamento. Correlativamente, l'indennità pre vista dalla normativa sulle locazioni non si può applicare alla

cessazione dell'uso reale nel termine consensualmente convenu

to nel negozio costitutivo.

Per tutte le ragioni finora esposte, si deve concludere che, nonostante l'erroneo riferimento alla novazione, il dispositivo della impugnata sentenza deve essere confermato osservando che:

a) il contratto costitutivo del diritto di uso è stato valido ed

efficace;

b) dalla data della sua stipulazionne è cessato il precedente

rapporto locativo, non per novazione, ma per logica impossibi lità di protrarre il godimento locativo a favore di un soggetto che aveva acquistato l'uso reale della cosa, (prima) locata;

c) non è dovuta al conduttore alcuna indennità per la perdita dell'avviamento.

II

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il primo motivo il

ministero ricorrente, denunciando la violazione e la falsa appli cazione degli art. 823 c.c., 34 1. 27 luglio 1978 n. 392 e 31

1. 1° giugno 1939 n. 1089, nonché il difetto di motivazione della

sentenza impugnata, deduce che il tribunale ha errato nel rite

nere che in caso di esercizio, da parte della pubblica ammini

strazione, del diritto di prelazione ex art. 31 e 32 1. 1° giugno 1939 n. 1089, e di conseguente acquisizione, da parte della me

desima, della proprietà di un immobile di interesse artistico o

storico, la stessa pubblica amministrazione sia tenuta a corri

spondere al conduttore dell'immobile già adibito ad uno degli usi di cui all'art. 27 1. 27 luglio 1978 n. 392 (nel caso in esame,

ad esercizio commerciale) l'indennità per la perdita dell'avvia

mento commerciale. L'errore consiste nel non avere considerato

che la prelazione di cui alla legge speciale n. 1089 del 1939,

non può essere equiparata alle altre forme civilistiche di prela zione del terzo in quanto ha una finalità espropriativa e non

comporta il subentro della pubblica amministrazione al prece dente locatore.

Il Foro Italiano — 1996.

La censura è fondata. Come questa Corte suprema ha più volte precisato, la prelazione attribuita alla pubblica ammini

strazione dall'art. 31 1. 1° giugno 1939 n. 1089, con riguardo alle alienazioni fra privati di cose di interesse artistico o storico

comporta l'esercizio di un potere di acquisizione coattiva del

bene e si concreta nell'emanazione di un provvedimento ammi

nistrativo e nella sua comunicazione all'interessato che assume

il valore di elemento costitutivo della fattispecie e non di uno

strumento di conoscenza (Cass., sez. un., 1° luglio 1992, n.

8079, Foro it., Rep. 1992, voce Antichità, n. 73). Trattasi, dunque, di esercizio di un potere ablatorio per effet

to del quale l'immobile così acquisito è soggetto, ai sensi del

combinato disposto degli art. 822 e 824 c.c., al regime del de

manio pubblico. Ciò comporta l'ulteriore conseguenza che il

suo godimento da parte di terzi non può più avvenire in base

a contratti di diritto privato, ma soltanto mediante un atto avente

natura di concessione.

Da tali premesse in diritto discende che il rapporto di locazio

ne concluso dal precedente proprietario dell'immobile di inte

resse artistico o storico con un terzo cessa automaticamente per effetto dell'esercizio del potere ablatorio da parte della pubblica amministrazione.

Orbene, l'estinzione del rapporto di locazione avente per og

getto l'immobile così acquisito comporta che l'ex conduttore

non può vantare verso la pubblica amministrazione — che non

ha mai assunto la qualita di locatore — alcun diritto che sia

dipendente o collegato a tale qualità e, in particolare, non può esercitare — ex art. 34 1. 27 luglio 1978 n. 392 (o ex art. 69

per il periodo transitorio previsto dalla stessa legge) — l'azione

diretta ad ottenere il compenso per la perdita dell'avviamento

commerciale, operando tale normativa nei rapporti tra condut

tore e locatore.

Le considerazioni sopra esposte sono da sole sufficienti per decidere la controversia.

Il secondo motivo, poiché è stato proposto «in via del tutto

subordinata», resta assorbito. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata per il nuovo giudizio a diverso

giudice.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 25 agosto

1995, n. 8995; Pres. Cantillo, Est. R. Sgroi, P.M. Buona

iuto (conci, diff.); Min. finanze (Aw. dello Stato Mangia) c. Soc. Istituto per l'edilizia popolare e popolarissima (Avv.

Liuzzi) e Cernili (Aw. Prosperetti). Conferma Comm. trib.

centrale 2 maggio 1991, n. 3395.

Tributi in genere — Contenzioso tributario — Avviso di accer

tamento del maggior valore — Impugnazione del contribuen

te — Prova del maggior valore — Onere dell'amministrazio

ne finanziaria (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634, disciplina del

l'imposta di registro, art. 48, 49).

In tema di co. tenzioso tributario, nel giudizio promosso me

diante l'impugnazione da parte del contribuente dell'avviso

di accertamento del maggior valore, grava sull'amministra

zione finanziaria l'onere di provare la sussistenza dei concreti

elementi di fatto che, sul parametro prescelto, giustificano il quantum accertato, indipendentemente dalla contestazione

del contribuente circa la validità e ricorrenza in concreto de

gli stessi, essendo sufficiente che il contribuente contesti la

validità dell'avviso di accertamento. (1)

(1) I. - Nei medesimi termini, v. Cass. 19 aprile 1995, n. 4394, Comm. trib. centr., 1995, II, 645; 21 marzo 1995, n. 3235, Riv. giur. trib., 1995, 1075, con nota di L. Salvaneschi, Necessaria enunciazione del criterio astratto di determinazione del maggior valore accertato; 17 marzo

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2191 PARTE PRIMA 2192

Svolgimento del processo. — Con scrittura privata registrata il 10 gennaio 1984, l'Istituto per l'edilizia popolare e popolaris sima (Iepp) consentiva il riscatto in favore di Nicola Cerulli

di un alloggio già concessogli in locazione con patto di futura

vendita.

L'ufficio del registro di Roma, con avviso di accertamento, elevava il valore dell'immobile e contro di esso proponevano ricorso le parti contraenti, chiedendone, tra l'altro, l'annulla

mento per difetto di motivazione.

La commissione di primo grado, con decisione confermata

in secondo grado il 30 maggio 1988, accoglieva il ricorso sotto

tale profilo.

1995, n. 3083, Ross, trib., 1995, 1871; 19 aprile 1993, n. 4565, Foro

it., Rep. 1993, voce Tributi in genere, n. 823. II. - La Suprema corte con la decisione in epigrafe ripropone il con

solidato orientamento in tema di onere probatorio in sede di giudizio promosso dinanzi alla commissione tributaria per l'annullamento del l'avviso di accertamento di maggior valore, ribadendo che tale onere

spetta all'amministrazione finanziaria, anche se l'avviso sia stato con

gniamente motivato. In tal senso, v. Cass. 26 luglio 1995, n. 8173, id., Mass., 927; 14

giugno 1995, n. 6727, ibid., 787; 27 aprile 1994, n. 4009, id., Rep. 1994, voce cit., n. 964; 21 luglio 1992, n. 8806, id., Rep. 1993, voce

Registro, n. 58; 6 maggio 1992, n. 5376, id., Rep. 1992,.voce cit., n.

123; 13 aprile 1991, n. 3935, id., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 976; 28 dicembre 1990, n. 12203, id., Rep. 1990, voce Registro, n.

126; 21 dicembre 1990, n. 12142, ibid., n. 125; 21 dicembre 1990, n.

12141, ibid., n. 124; sez. un. 17 agosto 1990, n. 8351, id., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 747; 19 febbraio 1990, n. 1230, id., Rep. 1990, voce Registro, n. 130; 28 aprile 1990, n. 3605, ibid., voce Tributi in genere, n. 2624; sez. un. 13 luglio 1989, n. 3285, id., Rep. 1989, voce Registro, nn. 281, 282; 15 maggio 1989, n. 2220, ibid., n. 284; sez. un. 26 ottobre 1988, ». 5783, ibid., n. 286, e Giusi, civ., 1989, I, 961, con nota di S. Sotgiu, Alla ricerca di un «contenuto minimo» nella motivazione degli avvisi di accertamento delle imposte di trasferi mento-, condividono il medesimo principio, seppur in obiter dicta, sez. un. 4 gennaio 1993, n. 8, Foro it., 1993, I, 79; 17 febbraio 1992, n.

1918, ibid., 535, con nota di richiami di D. Parrotta. Per la giurispru denza tributaria, v., nel medesimo senso, Comm. trib. centrale 12 otto bre 1994, n. 3349, Giur. imp., 1995, 298; 20 dicembre 1993, n. 3648, Foro it., Rep. 1994, voce Tributi in genere, n. 974; 17 novembre 1993, n. 3192, Comm. trib. centr., 1995, I, 565 (m); 22 ottobre 1993, n. 2891, Foro it., Rep. 1994, voce Registro, n. 82; 12 febbraio 1993, n. 961, id., Rep. 1993, voce Tributi in genere, n. 673; 20 gennaio 1993, n.

442, ibid., n. 766; 9 giugno 1992, n. 3941, id., Rep. 1992, voce Regi stro, n. 126; 12 maggio 1992, n. 3438, ibid., n. 127; 7 maggio 1992, n. 3409, ibid., n. 128; 26 marzo 1992, n. 2291, ibid., voce Tributi loca

li, n. 164; 19 marzo 1992, n. 2188, ibid., voce Registro, n. 131; 3 feb braio 1992, n. 842, ibid., n. 133; 8 aprile 1991, n. 2716, ibid., voce Tributi in genere, n. 834; 4 marzo 1991, n. 1566, id., Rep. 1991, voce

Registro, n. 131; 18 gennaio 1991, n. 408, id., Rep. 1992, voce cit., n. 141; 11 gennaio 1991, n. 183, id., Rep. 1991, voce Successioni (im

posta), n. 32; 25 ottobre 1990, n. 6852, ibid., voce Tributi locali, n.

162; 13 luglio 1990, n. 5240, id., Rep. 1990, voce Registro, n. 137; 19 marzo 1990, n. 2195, ibid., voce Tributi in genere, n. 2626; 10 feb braio 1989, n. 1140, id., Rep. 1989, voce Registro, n. 294; Comm. trib. I grado Milano 21 febbraio 1995, Bollettino trib., 1995, 452; Comm. trib. II grado Matera 27 marzo 1993, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 64; Comm. trib. I grado Roma 19 maggio 1992, id., Rep. 1992, voce Tributi in genere, n. 824; Comm. trib. II grado Matera 8 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce Registro, n. 303, e Dir. e pratica trib., 1989, II, 958, con nota di F. Davini.

Il principio è (ora) pacifico anche in relazione all'accertamento del

maggior reddito soggetto ad Irpef, Irpeg e Ilor (v. Cass. 3 aprile 1995, n. 3904, Fisco, 9003; Comm. trib. centrale 26 novembre 1993, n. 3355, Foro it., Rep. 1994, voce Tributi in genere, n. 976; Comm. trib. II

grado Piacenza 27 ottobre 1993, ibid., n. 978; Comm. trib. I grado Bari 12 aprile 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 984; Comm. trib. II grado Venezia 30 novembre 1988, id., Rep. 1990, voce cit., n. 637); ovvero soggetto ad imposta di ricchezza mobile (cfr. Comm. trib. cen trale 20 giugno 1986, n. 5611, id., Rep. 1986, voce Ricchezza mobile

(imposta), n. 59); ovvero ad imposta complementare (v. Comm. trib. centrale 16 gennaio 1991, n. 271, id., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 753). Analogamente, per quanto riguarda l'accertamento di opera zioni in evasione dell'imposta sul valore aggiunto, cfr. Comm. trib. centrale 8 ottobre 1990, n. 6298, ibid., voce Valore aggiunto (imposta), n. 271; 14 marzo 1989, n. 2029, id., Rep. 1989, voce Tributi in genere, n. 955.

III. - Chiara risulta dalla giurisprudenza cit. supra la differenza tra

obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento e onere di provare la fondatezza della pretesa tributaria, con l'evidente corollario che l'as

II Foro Italiano — 1996.

Il ricorso dell'ufficio alla Commissione tributaria centrale ve

niva rigettato, con decisione n. 3395 del 2 maggio 1991, nella

quale si osservava: «l'avviso di cui trattasi reca, nella parte mo

tiva, soltanto la comunicazione che i valori erano stati determi

nati con riferimento ai trasferimenti a qualsiasi titolo, alle divi

sioni ed alle perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni

alla data dell'atto, che hanno avuto per oggetto gli stessi immo

bili o altri di caratteristiche similari e che era stato attribuito

per la parte abitativa il valore a vano di lire . . .».

Pertanto, nell'avviso notificato al contribuente, se da un lato

è specificato il criterio adottato per la determinazione del valore

(riferimento a precedenti trasferimenti), dall'altro manca l'indi

solvimento del primo non esime l'amministrazione dalle conseguenze che derivano — ex art. 2697 c.c. — dal mancato assolvimento del se condo. V., per una puntuale ricognizione della distinzione tra l'obbligo di motivazione e l'onere probatorio che incombono sull'amministrazio

ne, Cass. 13 maggio 1994, n. 4686, id., Rep. 1994, voce cit., n. 970; 16 agosto 1993, n. 8685, ibid., n. 969; 7 febbraio 1992, n. 1382, id., Rep. 1992, voce cit., n. 823, e Bollettino trib., 1992, 1117, con nota di M. Maffezzoni, Obbligo di motivazione e prova dell'accertamento, e Riv. dir. trib., 1992, II, 418, con nota di R. Lupi, Motivazione e

prova: «dall'astratto al concreto»-, 8 aprile 1992, n. 4307, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 825; Cass., sez. un., 3 giugno 1987, n. 4853, id., 1987, I, 2021, con nota di richiami, e Giust. civ., 1987, I, 2869, con nota di M. Finocchiaro, Un contrasto di giurisprudenza nell'ambito delle sezioni unite (sulla motivazione negli accertamenti tributari)?, ad avviso della quale «motivazione dell'accertamento ed onere della prova stanno su piani affatto diversi, in quanto la prima attiene alla (mera) enunciazione degli elementi utilizzati dall'amministrazione nelle sue de

terminazioni, il secondo alla dimostrazione di tali elementi (fattuali) in giudizio. L'onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa (. . .) in via di principio incombe sempre sull'amministrazione, anche quando l'atto sia compiutamente motivato; e il carattere sommario della moti vazione può solo comportare — tenuto conto, in ogni caso, dei limiti della contestazione — un maggior impegno probatorio o richiedere un'ul teriore allegazione, con le modalità e nel termine stabilito dalle norme del processo».

Sembrano invece confondere l'obbligo di motivazione con l'onere pro batorio, Cass., sez. un., 3 giugno 1987, n. 4844, Foro it., 1987, I, 2022; 20 giugno 1987, n. 5444, id., Rep. 1987, voce cit., n. 544, ad avviso delle quali l'onere della prova resta condizionato dal fatto che l'ufficio abbia o meno assolto all'obbligo (per Cass. n. 4844 è però un onere) di motivare l'avviso di accertamento; Comm. trib. centrale 15 settem bre 1990, n. 5733, id., Rep. 1990, voce Registro, n. 136, secondo la

quale va dichiarata la nullità dell'avviso di accertamento nel corso di carenza di motivazione dello stesso, cui non sia stato «posto rimedio nel corso di giudizio, ad esito del quale la pretesa dell'ufficio sia rimasta del tutto sprovvista di qualsiasi elemento di prova e, quindi, inattendibile».

In dottrina, nel senso di distinguere tra motivazione — la cui man

canza, o insufficienza, rende nullo l'accertamento di maggior valore — e onere probatorio, spettante in sede contenziosa all'amministrazio ne finanziaria, cfr. R. Lupi, L'onere della prova nella dialettica del

giudizio sul fatto, in Riv. dir. trib., 1993, I, 1197, ss., spec. 1208; Id., v. anche Motivazione e prova nell'accertamento tributario, con partico lare riguardo alle imposte dirette e all'Iva, in Riv. dir. fin., 1987, I, 274 ss., spec. 293, il quale sostiene che il termine «motivazione» talvol ta viene usato come sinonimo di «dimostrazione», quando invece la motivazione dell'accertamento è un «requisito minimale» dell'avviso di

accertamento, la cui insufficienza equivale all'assenza, senza possibilità di successive «integrazioni» in sede contenziosa; su tale distinzione, v. anche A. Buscema, Aspetti sostanziali e processuali della fondatezza della pretesa erariale, in Fisco, 1994, 3630; R. Borri, La motivazione dell'avviso di accertamento (nota a Comm. trib. centrale 24 settembre

1993, n. 2580, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 60), in Fisco, 1993, 11393; B. Lo Giudice, La motivazione dell'avviso di accertamento in materia di imposta di registro e di Invim (nota a Cass. 5444/87, cit.), in Comm. trib. centr., 1987, II, 642: secondo tale a. motivazione ed onere della prova stanno su piani diversi, in quanto la prima attiene alla mera enunciazione degli elementi, utilizzati dall'amministrazione nelle sue determinazioni, il secondo alla dimostrazione di tali elementi in giudizio.

IV. - Nel senso che l'onere della prova in sede contenziosa spetti, anche in fattispecie diverse da quelle concernenti l'accertamento del mag gior valore all'amministrazione finanziaria, cfr. Cass. 27 agosto 1994, n. 7548, Foro it., Rep. 1994, voce Tributi in genere, n. 1073 (in tema di impugnazione del diniego di esenzione venticinquennale del reddito dei fabbricati); Comm. trib. centrale 6 giugno 1994, n. 2005, inedita

(in relazione alla contestazione del carattere mutualistico di una coope rativa edilizia ai fini dell'applicazione dell'imposta sui redditi); Cass. 6 aprile 1994, n. 3261, ibid., n. 1074; 24 marzo 1994, n. 2904, ibid., n. 1075; 15 maggio 1993, n. 5565, id., Rep. 1993, voce Prova civile

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

cazione degli specifici elementi concretamente utilizzati dall'uf

ficio del registro nell'eseguire la valutazione.

Alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di cas

sazione, la semplice comunicazione al contribuente del criterio

astratto in base al quale è stato fissato il maggior valore costi

tuisce motivazione sufficiente, ma l'ufficio, in sede contenzio

sa, ha l'onere di provare la sussistenza dei concreti elementi

di fatto che, nel parametro prescelto, giustificano il quantum accertato (sentenze n. 5786 del 26 ottobre 1988, Foro it., Rep.

1988, voce Registro, n. 112 e n. 3285 del 13 luglio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 281, entrambe a sezioni unite).

È quindi determinante, nel caso in esame, la circostanza che

l'ufficio non ha fornito, neppure nel corso del giudizio, elemen

ti idonei ad integrare (nel senso indicato dalla Corte di cassazio

ne) il criterio di valutazione enunciato nel ripetuto avviso, non

essendo configurabili come tali i dati descrittivi ed il valore uni

tario per vano abitabile».

Avverso la suddetta decisione l'amministrazione finanziaria

dello Stato ha proposto ricorso per cassazione. L'Istituto per l'edilizia popolare e popolarissima ha resistito con controricor

so. Anche il Cernili ha notificato controricorso, illustrato con

memoria.

Motivi della decisione. — L'amministrazione denuncia la vio

lazione ed errata applicazione degli art. 48 e 49 d.p.r. 634/72

nonché la violazione dei principi generali in materia di motiva

zione degli avvisi di accertamento di valore, osservando che nel

la specie l'amministrazione aveva fatto riferimento ai criteri e

motivi dell'accertamento, precisandoli in modo congruo e suffi

ciente, alla luce della giurisprudenza della Suprema corte, che

ha ritenuto che in materia di imposta di registro e di Invim

l'avviso predetto è viziato per difetto di motivazione, solo quando non sia indicata l'adozione dei criteri astratti contemplati dalla

legge, o comunque criteri correlati al caso concreto, sì da non

in genere, n. 12 (in tema di diniego o di decadenza dall'esenzione venti

cinquennale dell'Ilor); Comm. trib. centrale 6 marzo 1991, n. 1744, id., Rep. 1991, voce Valore aggiunto, n. 260 (ove si afferma che incom be sull'ufficio, giusta l'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'inoltro di

campioni gratuiti senza il contrassegno di cui all'art. 2, 3° comma, d.p.r. 27 ottobre 1972 n. 633); 5 febbraio 1991, n. 959, id., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 983 (in tema di accertamento della inesistenza di

un'operazione ai fini dell'Iva). Sulla questione relativa all'onere della prova in sede di opposizione

all'ingiunzione fiscale, ai sensi del r.d. 10 aprile 1910 n. 639, v. Cass. 30 agosto 1995, n. 9161 e 22 giugno 1995, n. 7048, id., 1996, I, 970, con nota di richiami.

Per G. Tinelli, Prova (dir. trib.), voce deli 'Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1991, XXV, 4 ss., l'amministrazione finanziaria rive ste la posizione sostanziale di attore cui incombe l'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 c.c.; così anche P. Russo, Processo tributario, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1987, XXXVI, 754 ss., spec. 783; v. ancora, sull'onere della prova, S. Patti, Prove - Disposizioni generali (art. 2697-2698), in Commentario Scialoja-Branca, Bologna Roma, 1987, 83 ss.; Id., Prova (dir. proc. civ.), voce dell' Enciclopedia

giuridica Treccani, Roma, 1991, XXV, 9; in generale, v. S. La China, Riflessioni ed esperienze di un processualista nel processo tributario, in Dir. e pratica trib., 1993, I, 1381.

V. - La sentenza in epigrafe riconosce poi conforme a diritto la deci sione con la quale la commissione tributaria aveva ravvisato la validità dell'avviso di accertamento che aveva fatto riferimento al mero «crite rio astratto» in base al quale era stato determinato il maggior valore, escludendo la necessità in tale sede di ulteriore specificazione del caso

concreto, essendo sufficiente che il contribuente potesse esplicare il pro

prio diritto di difesa in sede d'impugnazione dell'avviso di accertamento.

Sull'argomento esiste giurisprudenza attualmente unanime: v. di re

cente ed ex plurimis, Cass. 1° settembre 1995, n. 9223, Corriere trib.,

1995, 3383; 11 gennaio 1994, n. 230, Foro it., Rep. 1994, voce Regi

stro, n. 80; 11 gennaio 1994, n. 231, ibid., voce Tributi in genere, n.

967; per ulteriori riferimenti, v. sez. un., 4 gennaio 1993, n. 8, cit.

Per la giurisprudenza tributaria, cfr., da ultimo, Comm. trib. centrale

24 ottobre 1993, n. 2580, cit.; 7 ottobre 1993, n. 2709, ibid., n. 975; 7 maggio 1992, n. 3382, id., Rep. 1992, voce Registro, n. 129; 3 feb

braio 1992, n. 778, ibid., voce Tributi locali, n. 165; 3 febbraio 1992, n. 732, ibid., voce Registro, n. 134.

In dottrina, sulla motivazione dell'accertamento, cfr. A. Voglino, L'incidenza della l. 7 agosto 1990 n. 241, sui procedimenti tributari

di accertamento, in Bollettino trib., 1995, 889 ss., spec. 895; S. Trova

to, La motivazione dei provvedimenti tributari e la legge sul procedi mento amministrativo, in Fisco, 1994, 11138.

Il Foro Italiano — 1996.

rispondere all'esigenza di consentire al contribuente l'esercizio

del diritto di difesa e delimitare l'ambito delle ragioni adducibi

li dall'ufficio nell'eventuale fase contenziosa.

È evidente — osserva l'amministrazione — che la motivazio

ne dell'avviso de quo è idonea a rispondere alle descritte esigenze. Diverso problema — continua l'amministrazione è quello (che

non può afferire alla validità dell'avviso) dell'onere che, succes

sivamente alla predisposizione e notifica dell'avviso, grava sul

l'ufficio, di provare la sussistenza dei concreti elementi di fatto

che, sul parametro prescelto, giustificano il quantum accertato; si tratta di onere probatorio che nasce al momento in cui il

contribuente sollevi il motivo dell'insussistenza degli elementi

di fatto o quando le commissioni tributarie, usando i propri

poteri istruttori ed estimativi richiedano specifiche prove al ri

guardo, circostanze che non si sono verificate nel caso di specie.

Dunque — conclude l'amministrazione — la Commissione tri

butaria centrale ha errato sia ritenendo che non si sia adempiu to il cennato onere probatorio (che processualmente non è mai

sorto, in difetto di contraria eccezione o di esercizio dei poteri estimativi dei giudici), sia, comunque, nel ritenere che il (pre

sunto) venir meno a tale onere potesse ridondare sulla stessa

validità ab orgine dell'avviso di accertamento.

Il ricorso è infondato. La prima parte è priva di oggetto e

di interesse, dal momento che la Commissione tributaria centra

le (andando in contrario avviso rispetto al decisum delle com

missioni di pierito) ha riconosciuto la validità dell'avviso di ac

certamento, in base ai corretti principi richiamati dalla stessa, nonché dalla ricorrente (da ultimo, Cass. 4686/94, id., Rep.

1994, voce Tributi in genere, n. 970). La seconda parte — pur muovendo da un presupposto esatto

(e cioè che, in giudizio, l'onere della prova del maggior valore — rispetto a quello dichiarato — ricade sull'amministrazione, come ha affermato la costante giurisprudenza, fra l'altro con

sentenza 4565/93, id., Rep. 1993, voce cit., n. 823), erronea

mente sostiene che tale onere probatorio non era sorto a suo

carico.

Esso, secondo la ricorrente, è ancorato ad uno dei fatti pro cessuali indicati, ma tale prospettazione è inesatta: non è neces

sario infatti (vedi, ancora, Cass. 4565/93), che il contribuente

contesti — oltre la nullità dell'avviso per difetto di motivazione — anche la validità e ricorrenza in concreto degli elementi ad

dotti dall'amministrazione, perché sorga il suddetto onere pro batorio.

Invero, l'impugnazione del contribuente, sia pure con la sem

plice deduzione della nullità per difetto o vizio di motivazione, contiene un'implicita affermazione che il bene non ha il valore

indicato dall'ufficio, che pertanto ha l'onere di provarlo in giu

dizio, indipendentemente da qualsiasi iniziativa della commis

sione adita. In altri termini, la contestazione relativa alla validi

tà dell'avviso di accertamento, comprende l'affermazione della

congruità del valore dichiarato, e perciò l'amministrazione non

può limitarsi a dedurre che la valutazione è stata compiuta in

conformità ai criteri di legge (ed indicati nell'accertamento), ma

deve altresì provare in giudizio l'esistenza degli elementi valuta

tivi sostenuti (nella specie, i «trasferimenti, le divisioni e le peri zie giudiziarie» che avevano avuto per oggetto gli stessi immo

bili o altri di caratteristiche similari). Non è inutile sottolineare

che i contribuenti avevano lamentato, nel corso del giudizio, la mancanza dei suddetti concreti elementi di riferimento, ed

avevano quindi dedotto anche il difetto di prova della pretesa fiscale.

Su tale questione (che è preliminare all'estimazione in concre

to) è competente la Commissione centrale, perché attiene al pro blema giuridico indicato, che doveva essere affrontato (una vol

ta risolta in senso favorevole alla finanza la questione prelimi nare della validità dell'avviso sotto il profilo della pura e semplice

motivazione). L'asserzione della ricorrente, secondo la quale detto secondo

problema non attiene alla validità dell'avviso, è esatta, ma non

costituisce una valida censura alla decisione della Commissione

tributaria centrale, la quale non ha affermato il contrario, ma

ha detto una cosa diversa, e cioè che, in mancanza di un'indica

zione dei suddetti elementi di prova nell'avviso, essi avrebbero

dovuto essere forniti nel corso del giudizio, in conformità alla

giurisprudenza di questa corte già citata.

Giova, infine, osservare, che la motivazione conclusiva della

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Page 5: sezione I civile; sentenza 25 agosto 1995, n. 8995; Pres. Cantillo, Est. R. Sgroi, P.M. Buonajuto (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Mangia) c. Soc. Istituto per l'edilizia

2195 PARTE PRIMA 2196

decisione (che non costituivano elementi di prova, nel senso sud

detto «i dati descrittivi ed il valore unitario per vano abitabi

le»), a parte il fatto che non è espressamente impugnata, è in

sé esatta, perché neppure congruente con il criterio indicato nel

l'avviso di accertamento, che esigeva la prova dei dedotti ele

menti di comparazione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 1° ago sto 1995, n. 8385; Pres. Sciolla Lagrange Pusterla, Est.

Marletta, P.M. Aloisi (conci, diff.); Albertin (Avv. Mesia

no, Caniato) c. Di Lernia e altri; Di Lernia e altri (Aw.

Laurora) c. Albertin. Cassa App. Venezia 27 giugno 1991.

Locazione — Obbligazioni del conduttore — Diligenza nell'uso

della cosa locata — Manutenzione — Inadempimento — Con

seguenze (Cod. civ., art. 1587, 1590).

Qualora il conduttore nel corso del rapporto si renda inadem

piente all'obbligo di osservare nell'uso della cosa locata la

diligenza del buon padre di famiglia, il locatore può agire sia per la risoluzione del contratto, sia per la riduzione in

pristino o l'esecuzione delle necessarie opere di manutenzio

ne, e in ogni caso per il risarcimento dei danni, senza necessi

tà di attendere la cessazione del rapporto. (1)

Svolgimento del processo. — Di Lernia Beatrice e Laurora

Francesco e Nicola convenivano in giudizio Albertin Luciano

(1) Circa i rapporti tra l'art. 1587, n. 1, e art. 1590 c.c., e quindi sulla possibilità per il locatore di agire per la risoluzione del contratto,

qualora il conduttore si renda gravemente inadempiente all'obbligazio ne di buon uso della cosa locata, la Cassazione ribadisce un principio ormai consolidato, che ha avuto occasione di affermare, in tema di locazioni urbane, soprattutto con riferimento ad ipotesi di modificazio ni dell'immobile locato; v. Cass. 28 ottobre 1993, n. 10735, Foro it., Rep. 1994, voce Locazione, n. 300 (per esteso in Arch, locazioni, 1994,

321); 5 luglio 1991, n. 7412, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 158; 24 ottobre 1988, n. 5747, id., Rep. 1988, voce cit., n. 116; 4 marzo

1988, n. 2275, id., 1989, I, 1202, con nota di richiami (ove si sottolinea, tra l'altro, che spetta al giudice del merito la valutazione dell'importan za dell'inadempimento, ai fini della risoluzione contrattuale: in propo sito, v. anche Cass. 23 marzo 1992, n. 3586, id., Rep. 1992, voce cit., n. 355, e 4 ottobre 1990, n. 9821, id., Rep. 1991, voce cit., n.. 413, annotata da M. De Tilla, in Giust. civ., 1991, I, 1260). Tra le pronun zie di merito, v. inoltre, da ultimo, Trib. Milano 19 luglio 1993, Foro

it., Rep. 1994, voce cit., n. 168 (riportata per esteso in Arch, locazioni e ambiente, 1994, 357); App. Salerno 9 luglio 1994 e Pret. Busto Arsizio Gallarate 7 giugno 1994, Ross, locazioni, 1995, 65, con nota di G. Guida.

Riguardo al diritto del locatore di ottenere per via giudiziale, in corso di rapporto, il ripristino dello stato dei luoghi, alterato abusivamente dal conduttore, l'enunciazione della pronunzia in epigrafe (sulla quale non risulta che la Cassazione si sia in precedenza pronunziata, quanto meno in modo espresso), v. invece, in senso difforme, Pret. Milano, ord. 18 aprile 1991, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 157, e Pret. Firen

ze, ord. 25 maggio 1989, id., 1990, I, 2372 (entrambe emesse in sede di procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c.), secondo cui il locatore non può pretendere la demolizione di opere edilizie abusivamente rea lizzate dal conduttore, se non alla conclusione del rapporto, in relazio ne all'obbligo di cui all'art. 1590 c.c.

Sulla possibilità per il locatore di rifiutare la restituzione dell'immo bile locato, al termine del rapporto, fino a quando il conduttore non lo abbia rimesso in pristino stato, come è suo obbligo (ex art. 1590, cit.), v. Cass. 18 giugno 1993, n. 6798, id., 1993, I, 2819, con nota di richiami.

Sul rapporto tra domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c. e domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, v., da ulti

mo, Cass. 5 aprile 1995, n. 3999, id., 1996, I, 1394, nel senso che il

rigetto della prima di tali domande, ove derivi dal ritenuto scarso rilie vo dell'inadempimento, non esclude la possibilità di accogliere la do manda risarcitoria.

Il Foro Italiano — 1996.

davanti al Tribunale di Venezia, chiedendo la risoluzione per

inadempimento del convenuto del contratto di locazione del

l'immobile sito in Venezia, adibito ad albergo (denominato Uni

verso Nord) e, in particolare, deducendo che il convenuto, con

duttore dell'immobile, non aveva ottemperato all'obbligo di ma

nutenzione nei termini di cui al contratto.

Il convenuto contestava l'inadempimento a lui addebitato e

riconvenzionalmente chiedeva agli attori il pagamento della som

ma di lire 1.009.060: domanda peraltro non contestata per rim

borso di metà delle spese di registrazione del contratto e interes

si sui depositi cauzionali effettuati.

L'adito tribunale, con sentenza 19 luglio 1988, dichiarava ces

sata la materia del contendere in ordine alla domanda di risolu

zione del contratto e rigettava la domanda di danni sul rilievo

per cui l'art. 1590 c.c. consente al conduttore la scelta dei tempi e dei modi più opportuni per ottemperare all'obbligo di manu

tenzione, con facoltà per i locatori di verificarlo solo al mo

mento della restituzione dell'immobile.

Avverso tale sentenza proponevano appello la Di Lernia e

i Laurora.

La Corte d'appello di Venezia, con sentenza 27 giugno 1991, in parziale riforma della sentenza appellata, condannava l'Al

bertin a risarcire agli appellanti i danni in controversia per la

somma di lire 8.000.000.

Osserva la corte territoriale che l'obbligo di mantenere la co

sa in buono stato locativo, fissato dall'art. 1576 c.c., poteva essere fatto valere in qualsiasi momento della locazione, non

potendo essere confuso con l'obbligo di restituzione previsto

per la scadenza del contratto.

Il danno risarcibile non poteva essere, però, quantificato nel

costo degli interventi omessi dal conduttore, non potendosi esclu

dere che egli, o il successivo conduttore a lui subentrato, vi

avessero posto rimedio successivamente o potessero ancora far

lo prima della scadenza del rapporto. In difetto di precisi ele

menti, che la consulenza tecnica espletata non aveva evidenzia

to, il danno poteva essere valutato in via equitativa. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l'Al

bertin, deducendo tre mezzi di annullamento. Resistono con con

troricorso la Di Lernia e i Laurora, contestualmente proponen do ricorso incidentale sulla base di due mezzi. A quest'ultimo resiste con controricorso l'Albertin, che ha successivamente pro dotto memoria e quindi note d'udienza.

Motivi della decisione. — Va, in via pregiudiziale, disposta, a norma dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei due ricorsi, propo sti avverso la medesima sentenza.

Preliminare è l'esame del secondo mezzo del ricorso principa le col quale, denunciandosi violazione degli art. 1587 e 1590

c.c., si deduce che da tali norme non è dato ricavare l'esistenza, a carico del locatario, di un dovere di mantenere la cosa locata

in buono stato locativo e di eseguirvi le riparazioni a suo cari

co, ovvero il ripristino delle modificazioni e innovazioni appor tate, operante già in corso di rapporto, l'inosservanza del quale

possa esser fatta valere dal locatore in qualsiasi momento del

rapporto anteriore a quello della prevista riconsegna della cosa.

Assume, infatti, il ricorrente che l'art. 1587 c.c. non prevede il dovere del locatario di mantenere la cosa in buono stato loca

tivo, bensì quello, diverso, di «osservare la diligenza del buon

padre di famiglia», mentre l'art. 1590, nel sancire l'obbligo di

restituzione della cosa al locatore nello stato medesimo in cui

il conduttore l'ha ricevuta, indica chiaramente il «tempo» in

cui tutte le riparazioni e riduzioni in pristino debbono essere

eseguite, il che esclude che queste debbano essere attuate neces

sariamente in corso di rapporto. D'altra parte, l'art. 1176 si limita a ripartire tra le due parti

del rapporto l'obbligo delle riparazioni. La censura è infondata. Questa corte ha ripetutamente affer

mato che l'obbligo del conduttore di osservare nell'uso della

cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, a norma

dell'art. 1587, n. 1, c.c., è sempre operante nel corso della loca

zione, indipendentemente dall'altro obbligo, sancito dall'art.

1590, di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello

stesso stato in cui è stata consegnata. Sì che il locatore ha dirit

to di esigere in ogni tempo l'osservanza dell'obbligazione di cui

all'art. 1587, n. 1, il cui inadempimento è valutabile ai fini della

risoluzione del contratto.

L'obbligo di restituzione della cosa in buono stato locativo, alla fine della locazione, sancito dall'art. 1590 c.c., non sta,

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