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sezione I civile; sentenza 25 febbraio 1997, n. 1713; Pres. R. Sgroi, Est. Baldassarre, P.M. Di...

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sezione I civile; sentenza 25 febbraio 1997, n. 1713; Pres. R. Sgroi, Est. Baldassarre, P.M. Di Zenzo (concl. conf.); Morini (Avv. Masi) c. Min. finanze. Conferma Comm. trib. centrale 10 luglio 1993, n. 2287 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1859/1860-1861/1862 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192025 . Accessed: 28/06/2014 15:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 15:41:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 25 febbraio 1997, n. 1713; Pres. R. Sgroi, Est. Baldassarre, P.M. DiZenzo (concl. conf.); Morini (Avv. Masi) c. Min. finanze. Conferma Comm. trib. centrale 10luglio 1993, n. 2287Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1859/1860-1861/1862Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192025 .

Accessed: 28/06/2014 15:41

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1859 PARTE PRIMA 1860

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 25 feb braio 1997, n. 1713; Pres. R. Sgroi, Est. Baldassarre, P.M.

Di Zenzo (conci, conf.); Morini (Aw. Masi) c. Min. finanze.

Conferma Comm. trib. centrale 10 luglio 1993, n. 2287.

do l'avviso di liquidazione notificatogli per il pagamento di lire

11.255.700, a titolo di imposta di registro dovuta, sull'atto di

acquisto di un suolo destinato alla costruzione di fabbricati di

civili abitazioni non di lusso, in conseguenza della decadenza

dal beneficio del pagamento della sola imposta fissa.

La Commissione tributaria centrale ha premesso, in diritto, che per godere dei benefici fiscali previsti dalla 1. 408/49 occor

re che della superficie coperta fuori terra dell'immobile edifica

to siano destinati almeno il 51% ad abitazioni non di lusso e

non più del 25 % ad uffici e negozi e che tali presupposti debbo

no concorrere congiuntamente; in fatto che, secondo il contri

buente, nella specie mq. 3441 erano destinati ad abitazione, mq. 1.014 ad albergo vero e proprio e mq. 625 a negozio.

Ciò posto, ha ritenuto provato in base alla qualificazione da

ta dallo stesso contribuente che si tratta di casa-albergo e non

di abitazioni, tanto risultando dal progetto di variante sotto

scritto dal Morini e approvato dalla commissione edilizia il 25

novembre 1971.

Ha aggiunto che, anche a voler seguire l'assunto del contri

buente, doveva parimenti negarsi il diritto all'esenzione per su

peramento del tetto massimo del 25 % di cui alla citata legge, in quanto dai certificati di abitabilità risultava che su 450 vani

utili ed accessori solo 270 erano destinati ad appartamenti, co

stituendo il residuo albergo e accessori; mentre, secondo una

consulenza di parte agli atti, su mq. 3441 di appartamenti mq. 1639 costituivano camere di albergo e accessori (bar, ristorante,

ecc.), determinando il superamento del 25% di cui sopra. Ricorre per cassazione Giulio Morini deducendo un unico mo

tivo, contrastato da controricorso del ministero delle finanze.

Motivi della decisione. — Il ricorrente, denunciando violazio

ne e falsa applicazione degli art. 14 1. 2 luglio 1949 n. 408,

art. 1 1. 6 ottobre 1962 n. 1493 e art. unico 1. 2 dicembre 1967

n. 1212 e censurando la decisione impugnata sotto entrambi

i profili di motivazione, addebita alla Commissione centrale,

da un lato, di avere dato rilievo alla denominazione di casa

albergo, invece che — come avrebbe dovuto — alle definitive

ed effettive caratteristiche dell'edificio realizzato; d'altra parte, di avere calcolato erroneamente, la superficie destinata ad al

bergo quale componente di quella costituente negozi e uffici.

Il ricorso deve essere respinto, in quanto delle due alternative

motivazioni poste a sostegno della decisione impugnata la se

conda resiste alle doglianze del ricorrente.

Questi a sostegno dell'assunto ha richiamato la sentenza 11

luglio 1988, n. 4560 (Foro it., Rep. 1989, voce Registro, n. 391) di questa sezione, la quale, ai fini dell'esenzione venticinquen nale (che richiede gli stessi requisiti di quella qui in esame), ha escluso la equiparabilità ai negozi degli alberghi, sul rilievo

dell'obiettiva diversità delle rispettive caratteristiche strutturali

e funzionali.

Secondo il diverso avviso, espresso dalla più recente sentenza

5 maggio 1994, n. 4317 {id., Rep. 1994, voce cit., n. 103), i

predetti benefici non spettano per gli immobili costruiti come

«casa-albergo» — da ricondurre alla categoria del «negozio», inteso quale luogo deputato allo svolgimento dell'attività im

preditoriale, consistente nell'offerta di beni e servizi al pubblico dei consumatori — qualora, in ragione della superficie suscetti

bile di siffatto impiego, siano superati i limiti dimensionali pre visti dall'art. 1 1. 6 ottobre 1962 n. 1493, come interpretato dalla 1. 2 dicembre 1967 n. 1212 e, in particolare, il limite del

venticinque per cento della superficie totale dei piani sopratter ra destinati a negozi.

Al più recente indirizzo il collegio ritiene di dover aderire, trovando esso fondamento nella lettera e nella ragione ispiratri ce della normativa in esame.

Quanto alla ratio, non si spiega perché mai dovrebbe incidere

negativamente sul diritto all'esenzione la percentuale della su

perficie fuori terra destinata agli esercizi di esposizione e vendi

ta al minuto di beni, intendendo il termine «negozio» nell'uso

comune, sostitutivo di quello di bottega, e non anche le altre

attività speculative, quali gli alberghi, di cui alla sentenza

4560/88, cit., ovvero le sale da ballo, considerate nella sentenza

9 giugno 1977, n. 2373 (id., Rep. 1977, voce Fabbricati (impo sta), n. 11), che dalla prima è richiamata; là dove «le agevola zioni fiscali (in discorso sono) previste per le case di abitazione

non di lusso» e non spettano quando, con vantaggio delle atti

vità speculative, venga meno la prescritta preponderanza del

l'impiego che privilegia la funzione sociale della casa non di lusso.

Registro (imposta di) — Casa-albergo — Benefici fiscali per le abitazioni non di lusso — Superamento dei limiti dimensio

nali — Esclusione (L. 2 luglio 1949 n. 408, disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie, art. 14; 1. 6 ottobre

1962 n. 1493, modifiche ed interpretazioni di norme legislati ve in materia di agevolazioni tributarie nel settore dell'edili

zia, art. 1; 1. 2 dicembre 1967 n. 1212, interpretazione auten

tica dell'art. 1 1. 6 ottobre 1962 n. 1493, art. unico).

I benefici fiscali previsti dall'art. 14 l. 408/49, come modificato dall'art. 11. 1493/62 ed interpretato dall'art, unico I. 1212/67,

per le «case di abitazione non di lusso» non spettano agli immobili costruiti come «case-albergo» — da ricondurre nel

la categoria del «negozio», inteso quale luogo deputato allo

svolgimento dell'attività imprenditoriale consistente nell'offerta di beni e servizi al pubblico dei consumatori — qualora, in

ragione della superficie suscettibile di siffatto impiego, sia su

perato il limite del venticinque per cento della superficie tota

le dei piani sopratterra destinati a negozi. (1)

Svolgimento del processo. — La Commissione tributaria cen

trale, in accoglimento del ricorso dell'ufficio del registro di Ascoli

Piceno e in riforma della decisione di quella commissione tribu

taria di secondo grado, ha disatteso — al pari del giudice di

primo grado — la domanda svolta da Giulio Morini impugnan

(1) Negli stessi termini, v. Cass. 4 maggio 1994, n. 4317, Foro it.,

Rep. 1994, voce Registro, n. 103, secondo la quale la funzione della

«casa-albergo», quale «struttura funzionale all'esercizio di un'attività

d'impresa», non assimilabile alla casa di abitazione, è quella di prestare ospitalità dietro corrispettivo alla massa indiscriminata dei fruitori del

servizio.

Diversamente, v. Cass. 11 luglio 1988, n. 4560, id., Rep. 1989, voce

cit., n. 391, secondo la quale sarebbe arbitrario, in mancanza di qualsi

voglia riferimento normativo, ritenere che i locali destinati ad albergo debbano essere assimilati ai locali destinati ai negozi ai fini del ricono scimento o meno dei benefici previsti dalla normativa de qua-, analoga mente, Cass. 13 luglio 1972, nn. 2365, 2366 e 2367, id., Rep. 1972, voce Fabbricati (imposta), nn. 22-24. Per la giurisprudenza tributaria, cfr. Comm. trib. centrale 18 aprile 1991, n. 3007, id., Rep. 1991, voce

Registro, n. 225, secondo la quale agli effetti dei benefici contemplati dall'art. 14 1. 408/49 gli alberghi non possono equipararsi né alle case di abitazione, né agli uffici o ai negozi; parimenti, esclude che «l'eserci zio dell'industria alberghiera» possa «equipararsi all'attività commer ciale propria dei negozi», Comm. trib. centrale 19 dicembre 1980, n.

3911, id., Rep. 1981, voce cit., n. 247. V. anche Comm. trib. centrale 13 marzo 1987, n. 2073, id., Rep.

1987, voce cit., n. 239, secondo la quale le agevolazioni fiscali (previste dall'art. 13 1. 408/49, nell'interpretazione autentica dell'art, unico 1. 2 dicembre 1967 n. 1212) spettano all'atto di acquisto di un terreno

quando la costruzione realizzata sia stata destinata per oltre il cinquan ta più uno per cento ad abitazione e la restante parte, in assenza di

negozi, sia stata destinata ad albergo. Esclude i benefici fiscali di cui alla 1. 408/49, nel caso di immobili

costruiti come «casa-albergo», «residence» e simili, Cass. 23 ottobre

1974, n. 3045, id., Rep. 1974, voce cit., n. 427, in quanto tali locali non hanno le caratteristiche strutturali e funzionali di quelli destinati ad accogliere nuclei familiari per il soddisfacimento delle esigenze di vita domestica; così anche Cass. 12 maggio 1973, n. 1324, id., Rep. 1973, voce cit., n. 721; 21 giugno 1971, n. 1924, id., Rep. 1971, voce

cit., n. 775; 19 giugno 1971, n. 1889, ibid., n. 551; 17 giugno 1971, n. 1841, ibid., n. 864.

Qualifica un miniappartamento, seppur inserito in un complesso turi stico alberghiero, come «casa di abitazione» e non «casa-albergo», Cass. 9 maggio 1981, n. 3058, id., Rep. 1981, voce cit., n. 244, in quanto nel caso di specie si è ravvisato un riscontro non già di una precaria utilizzazione, bensì della stabile, strutturale attitudine dell'appartamen to ad assolvere alle esigenze dell'abitare, in condizioni adeguate di co modità e di rispetto delle regole igieniche in conformità con gli stan dards che si sono venuti mediamente imponendo nella vita sociale; cfr. anche Cass. 18 marzo 1975, n. 1036, id., Rep. 1975, voce cit., n. 136, secondo la quale le unità abitative inserite in un villaggio turistico sono

qualificabili come case di abitazione quando, indipendentemente dalla denominazione attribuita, gli immobili hanno l'intrinseca, strutturale e funzionale attitudine ad ospitare nuclei familiari. Nello stesso senso,

per la giurisprudenza tributaria, v. Comm. trib. centrale 21 ottobre 1983, n. 3113, inedita.

Il Foro Italiano — 1997.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Sul piano letterale i due precedenti da ultimi citati unificano,

ai fini del calcolo della percentuale del 25%, uffici e negozi, senza considerare che l'art, unico 1. n. 1212 del 1967, dichiara

tamente interpretativo della norma dell'art. 11. n. 1493 del 1962,

distingue, sia nel 1° che nel 2° comma, gli uffici (terza catego ria considerata dalla legge, da ritenere rilevante soltanto nel com

puto della diversa percentuale del 49% di superficie non desti

nata ad abitazione) dai negozi, ai quali, con specifica e chiara enunciazione, riferisce la percentuale del 25 per cento.

Ne deriva che correttamente la Commissione tributaria cen

trale ha ritenuto superato il requisito negativo di cui alla lett.

b) del 2° comma del citato articolo unico, conteggiando le su

perficie destinate a camera di albergo e agli accessori (bar, ri

storante, ecc.). Essendo la decisione sorretta da tale corretto accertamento,

rimane superata la censura diretta contro la prima motivazione.

Consegue il rigetto del ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 22 feb

braio 1997, n. 1639; Pres. Patierno, Est. Spagna Musso, P.M. Carnevali (conci, conf.); Istituto autonomo case po

polari di Napoli (Aw. Napolitano, De Luca di Melpigna

no) c. Soc. Unione Subalpina assicurazioni (Aw. E. Roma

nelli, Cianciaruso). Conferma App. Napoli 11 gennaio 1995.

Opere pubbliche — Appalto — Credito per anticipazione fatta

dalla pubblica amministrazione all'appaltatore — Recupero in via primaria sul corrispettivo dell'opera (D.m. 25 novem

bre 1972, disposizioni per la concessione di anticipazioni alle

imprese appaltataci di lavori o fornitrici di beni o servizi, in esecuzione dell'art. 12, commi 6°, 7° e 8°, r.d. 18 novem

bre 1923 n. 2440).

È infondata la pretesa di un istituto autonomo case popolari volta ad ottenere dal fideiussore la restituzione dell'anticipa zione fatta alla impresa costruttrice senza aver preliminarmente esercitato il diritto di ritenzione sul saldo del compenso del

l'appalto, in quanto l'oggetto immediato del recupero dell'an

ticipazione è costituito dal corrispettivo dell'appalto e, in ca

so di inesistenza di questo credito o di sua incapienza, dalla

fideiussione o dalla cauzione. (1)

(1) La fattispecie che ha dato origine alla complessa vicenda proces suale conclusa dalla sentenza in epigrafe può essere così sintetizzata:

l'Iacp di Napoli aveva erogato all'impresa incaricata della costruzione di alloggi popolari un'anticipazione per la quale era stata rilasciata po lizza fideiussoria da una società assicuratrice. A seguito di rescissione autoritativa del contratto, l'istituto richiedeva direttamente all'assicura

tore, in virtù della polizza predetta, la restituzione dell'anticipazione. La questione, dopo che il giudice di merito aveva accolto la domanda dell'istituto nei confronti dell'assicuratore, giungeva una prima volta al vaglio della Suprema corte, la quale cassava con rinvio la sentenza della corte di appello. Il giudice di merito rigettava la domanda dell'i stituto nei confronti dell'assicuratore, che ricorreva ancora in Cassazione.

La sentenza della Suprema corte stabilisce che, in base alla disciplina di cui al d.m. 25 novembre 1972, l'amministrazione debba recuperare

l'anticipazione esercitando preliminarmente lo ius retentionis sugli ac

conti e sul saldo dell'importo contrattuale: nonostante l'affermazione della Cassazione secondo cui tale previsione — che appare una «sorta»

di anticipato beneficio di escussione a favore del fideiussore — sarebbe

«in realtà un obbligo della pubblica amministrazione committente di

recuperare il credito in via primaria sul corrispettivo dovuto all'impre

sa, mediante il sistema di trasformazione dell'erogazione a titolo di an

ticipazione in erogazione a titolo di compenso», non si può negare che

la disciplina ministeriale determini sostanzialmente una deroga al prin

cipio di cui al 2° comma dell'art. 1944 c.c., ai sensi del quale il benefi cio della previa escussione del debitore principale deve essere pattuito dalle parti.

Secondo Cass. 1° luglio 1995, n. 7345, Foro it.. Rep. 1995, voce

Il Foro Italiano — 1997.

Motivi della decisione. —- Esaminando le singole doglianze

esposte nell'atto propositivo del ricorso esaustivo dell'esercizio

del diritto di impugnazione, con il primo motivo di doglianza l'istituto denunzia l'erroneità della proposizione, rinvenuta nel

la sentenza impugnata e a tenore della quale non sarebbe con

sentito richiedere al fideiussore il residuo dell'«anticipazione» fatta al Pica posto che non avrebbe esercitato il diritto di riten

zione sulla somma di lire 700.000.000 (lire 671.234.000) costi tuente il «saldo» del compenso dell'appalto.

La proposizione sarebbe erronea nella misura in cui la corte

di rinvio aveva ritenuto circostanza pacifica tra le parti che quella

corresponsione si riferisse all'appalto per le costruzioni degli al

loggi popolari di Secondigliano Masseria Cardone, per il quale era stata erogata l'«anticipazione» e stipulata la connessa fi

deiussione per la restituzione, mentre in effetti quel debito tro

vava titolo in rapporti diversi: onde l'impossibilità di «compen

sare», per la diversa causale di quel pagamento, il credito del

residuo dell'anticipazione concernente un diverso rapporto con

trattuale.

Il motivo non trova adito. Le ragioni in proposito addotte

dal ricorrente, pur nella carenza di un loro espresso riferimento

al catalogo dell'art. 360 c.p.c., consentono di identificare la do

glianza nella denunzia di un errore dell'attività del giudice di

rinvio sotto il profilo del vizio di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.).

Senonché, agli effetti di questo caso, di ricorribilità la norma

che esige, a pena di inammissibilità del ricorso, la specifica enun

ciazione dei motivi per i quali si chiede la cassazione del prov vedimento impugnato (art. 366, n. 4, c.p.c.) si traduce nell'one

re di indicare, mediante il richiamo di specifiche attività difensi ve svolte, le questioni dotate del requisito della decisorietà, e

che sebbene puntualmente esposte nel giudizio di merito siano

state poi pretermesse nella decisione o in questa disattese senza

adeguata ragione: indicazioni, queste, che solamente consento

no alla corte la puntuale verifica di un denunziato vizio di atti

vità del giudice del merito.

Nel caso che occupa la corte nella esposizione fatta del moti

vo di ricorso non si rinviene il requisito della specificità della

doglianza nella misura in cui è carente l'indicazione di una par ticolare attività difensiva svolta nel giudizio nelle precedenti fasi

del giudizio, in particolare in quello di rinvio, concernente la

questione dedotta in questa sede con il primo motivo di do

Opere pubbliche, n. 437, la revoca dell'anticipazione implica invece il diritto di chiedere al fideiussore il pagamento della somma anticipata, senza l'obbligo di detrarre il valore delle opere eseguite, salva la possi bilità per il garante, dopo l'avvenuto pagamento, di agire in ripetizione d'indebito verso il beneficiario, facendo valere i diritti che competono al debitore nel rapporto principale.

In generale, sulla revoca delle anticipazioni, v. Cass. 12 maggio 1990, n. 4098, id., Rep. 1991, voce cit., n. 491, secondo cui l'obbligazione fideiussoria accede all'obbligo di restituzione, il quale è collegato ad una scelta discrezionale dell'amministrazione nell'esercizio di un potere di autotutela, scelta per contrastare la quale il debitore non può dedur re che l'inadempimento non è a lui imputabile né esigere un accerta mento sulla responsabilità delle parti ovvero opporre in compensazione altri suoi crediti per lavori eseguiti; secondo Trib. Roma 19 settembre

1986, id., Rep. 1987, voce Fideiussione e mandato di credito, n. 14, la cessione del contratto di appalto non influisce sulla garanzia fideius soria prestata a favore dell'iniziale contraente ed avente ad oggetto la

garanzia di adempimento dell'obbligo di restituzione dell'anticipazione, poiché tale obbligo è del tutto indipendente dai rapporti instaurati suc cessivamente con altra impresa. Nel senso che spetta al giudice ordina rio l'accertamento della sussistenza dell'inadempimento, presupposto per disporre la revoca dell'anticipazione, v. Cass. 4 aprile 1986, n. 2325, id., Rep. 1986, voce Opere pubbliche, n. 246.

Si noti che nella motivazione della sentenza in epigrafe si equipara alla «revoca dell'anticipazione in conseguenza ad un'esecuzione del con tratto non conforme agli obblighi», l'ipotesi (non contemplata espressa mente dall'art. 3 d.m. 25 novembre 1972 e dall'art. 12 d.p.r. 30 giugno 1972 n. 627) di rescissione autoritativa del contratto ai sensi dell'art. 340 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, rendendo così possibile anche

in tal caso il recupero dell'anticipazione. Nel senso che, in caso di re

scissione dell'appalto per colpa dell'appaltatore, la pretesa della pubbli ca amministrazione committente al recupero delle anticipazioni viene

concretamente in essere solo nell'ipotesi in cui l'importo delle anticipa zioni risulti superiore al compenso spettante all'appaltatore per l'esegui to ai sensi dell'art. 340 1. n. 2248, cit., v. infine App. Roma 28 novem

bre 1988, id., Rep. 1991, voce cit., n. 453.

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