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Sezione I civile; sentenza 25 maggio 1960, n. 1364; Pres. Lorizio P., Est. Cesaroni, P. M.Maccarone (concl. conf.); Fall. Soc. produzione Megale (Avv. Bellomia, Sette) c. Ditta PonzanoFilm (Avv. Jelpo) e Presidenza del Consiglio dei ministriSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 925/926-927/928Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175066 .
Accessed: 25/06/2014 04:19
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925 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 926
Analogamente è da dirsi del terreno abbandonato dal
l'acqua corrente (alluvione impropria), che, per venire at
tribuito per diritto di successione al proprietario del fondo
lungo la riva, deve provenire anche esso, secondo la dizione
comune ai due codici, da un'azione lenta dell'acqua che, ritirandosi « insensibilmente », da una delle rive, mette allo
scoperto un lembo di terreno che prima faceva parte del
l'alveo.
L'attribuzione della proprietà degli incrementi al rivie rasco trova la sua giustificazione in quelle che sono le
caratteristiche stesse dell'alluvione, vale a dire la successi vità e la impercettibilità della formazione dell'incremento, che rendono impossibile il rinvenimento del Vero proprie tario ; tutte le volte, invece, che il precedente proprietario sia riconoscibile, come nel caso in cui l'incremento fluviale
sia conseguenza di un'azione rapida ed improvvisa delle
acque (es. inondazione), non può farsi luogo a mutamento
di proprietà ; questa, salvo il caso dell'avulsione (944 cod. civ. vig. ; 456 cod. civ. abr.), viene conservata da chi ne
era il precedente titolare. Di tale principio ha fatto inesatta applicazione la Corte
d'appello di Catanzaro che, ritenendo acquisibile, per acces sione del rivierasco, anche la proprietà degli incrementi
formati, nel caso di alluvione, dall'azione rapida e improv visa delle acque, ha erroneamente accomunato a tale for
mazione, la eadem ratio dell'incrementum latens previsto dal legislatore, con il concorso delle particolari condizioni innanzi indicate, come uno dei modi di acquisto della pro prietà, la cui eccezionalità non ne consente la estensione a casi estranei all'ipotesi tipica prevista dalla legge.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 25 maggio 1960, 11. 1364 ; Pres. Lobizio P., Est. Cesaboni, P. M. Maccarone (conci, conf.) ; Fall. Soc. produzione Megale (Avv. Bellomia, Sette) c. Ditta Ponzano Film (Avv. Jelpo) e Presi denza del Consiglio dei ministri.
(Conferma App. Roma 10 luglio 1958)
Fallimento — Produttore cinematografico —- Ces sione del diritto ai contributi governativi — Op ponibilità al fallimento (Cod. civ., art. 1357 ; r. d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 42, 72 ; 1. 29 dicembre 1949 n. 958, disposizioni per la cine
matografia, art. 14).
La cessione del diritto ai contributi governativi, da parte del
■produttore dell'opera cinematografica, è valida come ces sione di diritto condizionato : pertanto i contributi matu rati sugli introiti successivi alla sentenza dichiarativa del
fallimento del cedente non possono essere devoluti alla massa attiva del fallimento. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Ritenuta in base a tali
considerazioni l'ammissibilità del ricorso, si osserva che esso è in effetti infondato.
Come è pacifico tra le parti, e come risulta del resto dalla scrittura privata 21 novembre 1951, la Soc. a r. 1.
produzione Megale aveva ceduto, a garanzia di un pre cedente finanziamento, alla Ditta Ponzano film, fino alla concorrenza di quattro milioni di lire, i contributi sta tali, che, a norma della legge 29 dicembre 1949 n. 958, sarebbero stati concessi al film « L'eterna catena ».
È pure pacifico clie tali contributi e il credito clie
poteva derivarne nei riguardi dello Stato erano subordinati alla programmazione del film, essendo ragguagliati al dieci
per cento dell'introito lordo degli spettacoli, nei quali il
(1) La sentenza confermata, App. Roma 10 luglio 1958, si legge in Foro it., 1958, I, 1711, con nota di richiami.
film sarebbe stato proiettato (art. 14 della legge citata). Trattandosi quindi della cessione di un credito condizionato al verificarsi di eventi futuri e incerti (programmazione ed
incassi), e quindi di un credito non ancora realizzabile al
momento della cessione, il problema da risolvere è se la cessione poteva ritenersi operativa nei riguardi del falli
mento della Soc. produzione Megale, intervenuto il 14
aprile 1954.
Prendendo separatamente in esame i vari aspetti della
questione, questo Supremo collegio osserva che infondato è il radicale assunto del ricorrente, secondo il quale la
cessione in parola avrebbe effetti meramente obbligatori, vincolando il produttore cedente a trasferire al cessionario
il credito sperato, nel momento in cui questo, per il verifi
carsi dell'evento, fosse entrato nel suo patrimonio. Pure
dovendosi concordare nel rilievo che il credito verso lo
Stato sorge dagli incassi e mai prima che il film sia proiet tato, devesi tuttavia notare non esservi ragione di dubbio che anche i diritti futuri e incerti possono costituire oggetto di rapporti giuridici, onde non può essere di ostacolo alla
cessione il fatto che un credito sia condizionato o solo spe rato (art. 1357 cod. civ.).
Tutto ciò implica la. possibilità di una disposizione im
mediata del diritto condizionato e poiché, per effetto della
cessione, si ha la sostituzione del creditore originario con
altra persona che ne prende il posto, appare evidente che
al verificarsi della condizione gli effetti della cessione si
producono direttamente sul cessionario.
Ed invero, quando le parti stipulano un contratto, esse
rimangono immediatamente vincolate e tale effetto realizza
la tutela dell'interesse fondamentale, che le spinge a con
trattare. Ciò si desume dall'art. 1372, secondo il quale il
contratto ha forza di legge tra le parti, il che è per ogni contratto, e pertanto anche per quello condizionato, gli effetti del quale non dipendono che dal verificarsi del
l'evento. Si deve dunque riconoscere che l'effetto vincolante ri
corre allo stesso modo per ogni ipotesi di negozio ; e sol
tanto si deve aggiungere che nella ipotesi della condizione
sospensiva, per il differimento degli effetti finali, il vincolo
assume una particolare evidenza per l'esigenza di garantire e preparare il completarsi dell'aspettativa propria di chi
acquista un diritto condizionato.
Non vi è dunque motivo di dubitare della validità di
un contratto, nel quale il consenso delle parti verta sul
trasferimento di un credito in atto inesistente, che potrebbe
sorgere in futuro, e che viene in considerazione dei con
traenti appunto per la eventualità che esso venga ad esi
stenza, con le conseguenze che ne discendono per il ces
sionario.
Ritenuto quanto sopra, viene a cadere ogni altra dedu
zione del ricorrente.
Se la cessione de qua è valida ed efficace, non è dato
trarre conseguenze diverse dal fatto che prima della pro
grammazione del film e degli incassi non sussista alcun
credito attuale del produttore : l'essenziale è che al veri
ficarsi della condizione gli effetti negoziali della cessione
si producono direttamente nei confronti del cessionario, e
che il credito passa senz'altro nella sfera patrimoniale di
quest'ultimo, il che appunto si spiega riconoscendo che
oggetto della disposizione può essere anche un diritto fu
turo e incerto : ipotesi ben nota, data la riconosciuta pos sibilità della formazione successiva della fattispecie nego ziale, con riferimento ai casi di efficacia differita o per la
dipendenza della condizione volontaria, che è l'ipotesi ti
pica, o, in genere, per la mancanza di un elemento neces
sario per l'efficacia.
Parimenti è da respingere l'affermazione che il credito, essendo direttamente collegato alla esazione dei contributi
erariali, non costituirebbe che un rimborso dei contributi
stessi, per trarre l'illazione che il credito non può sorgere inizialmente che a favore esclusivo del produttore, per trasferirsi poi nel patrimonio del cessionario. Tale collega mento infatti non rappresenta la causa determinante del
contributo, che va invece ricercata nell'attuazione di prov videnze a favore dell'industria cinematografica, ma il cri
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PARTE PRIMA
terio per la determinazione quantitativa del contributo, ed
esso pertanto non può costituire argomento contro l'effi
cacia vincolante della cessione nel senso sopra chiarito.
Da respingere è altresì l'affermazione che, nel caso, non sarebbe stato ceduto un credito, sia pure futuro, avente
ad oggetto il presunto comportamento di un altro soggetto, ma una semplice aspettativa di fatto, di nessuna rilevanza
giuridica. L'art. 14 della legge dispone : « per ogni film
nazionale di lunghezza superiore ai duemila metri, che sia
stato ammesso, su conforme parere del Comitato tecnico
alla programmazione obbligatoria, che venga presentato
per la programmazione e la cui proiezione nelle sale cine
matografiche si effettui anteriormente al 31 dicembre 1954, è concesso al produttore un contributo pari al dieci per cento dell'introito lordo degli spettacoli ».
Verificandosi quindi la circostanza a cui il contributo
è subordinato, spetta al produttore un diritto soggettivo di
credito, come conseguenza necessaria rispetto alla fatti
specie ipotizzata : il che già consente di delineare, in chi
attende il verificarsi dell'evento, una posizione di aspetta tiva in senso giuridico, che trae la sua ragion d'essere in
qualche cosa di oggettivo e non nella lata idea di una
mera opinione. A ciò si aggiunge che. nella specie, la già avvenuta
ammissione del film ai benefici cinematografici, seguita dalla sua programmazione, rendeva anche certo il diritto
della (Missionaria Ditta Ponzano all'acquisizione del contri
buto, secondo l'ordine della trascrizione della cessione, man
mano che essi sarebbero venuti a maturazione.
Quanto fin qui accennato permette dunque di conclu
dere che la cessione anticipata del contributo cinemato
grafico è pienamente valida, come cessione di un diritto
futuro, salvo l'efficacia traslativa differita del diritto me
desimo non appena venuto ad esistenza, onde al verifi
carsi delle circostanze cui i contributi sono subordinati
sorgerà nel cessionario il diritto soggettivo di credito, pre visto dalla legge verso la pubblica Amministrazione.
Dalla natura così definita della cessione dei contributi
e dagli effetti che ne derivano, discende agevolmente la
sorte della cessione stessa, quando sia dichiarato il falli
mento, essendo chiaro che il diritto di esigere il credito
verso lo Stato è passato al concessionario, per effetto della
cessione debitamente intimata. Se è vero infatti che con la
dichiarazione di fallimento si costituisce un vincolo di indi
sponibilità per i beni del fallito, ciò evidentemente non può accadere per quei beni che siano stati validamente sot
tratti al patrimonio del debitore e che non vi siano entrati
in base ad un precedente atto di disposizione del fallito, antecedente al fallimento.
Esattamente pertanto la Corte di merito, considerando
che non potesse essere contestato l'effetto giuridico della
cessione, consistente nel diretto passaggio del credito con
dizionato dal cedente al cessionario, ha ritenuto che il di
ritto della Ponzano film ai contributi cinematografici, che
sarebbero maturati dopo la dichiarazione del fallimento, non potevano più costituire garanzia dei creditori della
Società cedente, e che l'effetto della cessione non poteva essere travolto o comunque eliminato dal fallimento della
Società produttrice. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 20 maggio 1960, 11. 1281 ; Pres.
Fibbi P., Est. Albano, P. M. Pisano (conci, conf.) ; Picchìoni (Avv. Calafato) c. Acrome (Avv. Patriarca).
(Gassa App. Torino 21 maggio 1959)
Professioni intellettuali — Ingegnere e architetto —
Progettista direttore dei lavori —- Responsabi lità — Estremi (Cod. civ., art. 1176, 2236 ; 1. 2 marzo
1949 n. 143, tariffa professionale ingegneri e architetti, art. 19).
Il progettista e direttore dei lavori, al quale la legge professio nale attribuisce le funzioni di direzione e di alta sorve
glianza, è tenuto ad esercitare le funzioni medesime in
vista della buona esecuzione dell'opera e risponde, per tanto, in ogni caso dei danni provocati dalla imperfetta o
infedele esecuzione dei propri ordini. (1) A norma dell'art. 2236 cod. civ., qualora, a seguito del
l'attività svolta dal professionista, si siano verificati danni a lui imputabili, lo stesso risponde secondo i prin
cipi generali, vale a dire anche per colpa lieve, nel caso
che la prestazione richiesta non implichi la soluzione di
problemi tecnici di particolare difficoltà, mentre risponde solo per dolo o colpa grave nelle altre ipotesi . (2)
La Corte, ecc. — Con l'unico mezzo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 legge 2 marzo
1949 n. 143 in relazione agli art. 2236 e 1176, 2° comma, cod. civ., censurando la sentenza, per avere la Corte di
merito, in contrasto con le norme suindicate, escluso che nel mandato dell'Acrome dovesse ricomprendersi anclie
l'obbligo della sorveglianza della buona riuscita del lavoro.
La censura è fondata.
Invero, la Corte di merito, dopo essere partita dalla
premessa elio dall'ambito delle prestazioni dell'ingegnere e dell'architetto per l'esecuzione delle opere, è esclusa, salvo
speciali accordi, a norma dell'art-. 17 della legge professio nale, l'assistenza giornaliera dei lavori, e che per l'art. 19
la prestazione complessiva del professionista per l'adempi mento del suo mandato comprende, tra l'altro, la direzione
ed alta sorveglianza dei lavori, con visite periodiche nel
numero necessario ad esclusivo giudizio del professionista (par. g), ha ritenuto che dall'essere la direzione e l'alta sor
veglianza dei lavori esercitate, a norma di legge, con visite
periodiche, e più precisamente non quotidiane, come si
desumerebbe dall'esclusione dell'obbligo di assistenza gior naliera, si inferisce che tali compiti devono essere espletati con quel tanto di specificità che è consentita dalla discon
tinuità della presenza sul luogo dell'opera, e che pertanto essi non comprendono l'intervento ad ogni operazione ma
teriale relativa alla costruzione stessa.
Sviluppando ulteriormente questi concetti la Corte ha
ritenuto di precisare :
a) che i professionisti in parola non hanno certamente
l'obbligo di assistere all'esecuzione dei loro ordini, quando la
elementarietà di questi sia tale da farli ritenere agevolmente
intelligibili ed eseguibili da coloro a cui sono impartiti ;
b) che tale compito è, invece, compreso nelle mansioni
di assistenza giornaliera che, a norma del citato art. 17, sono affidate a persona di comune fiducia del committente e del professionista : persona da non confondersi, peraltro, con il sostituto o ausiliario di cui può valersi il solo profes sionista, sotto la propria responsabilità, per l'esecuzione dell'incarico assunto (art. 2232 cod. civ.) ;
c) che il controllo del professionista sull'attività del l'assistente giornaliero, di cui parla l'art. 17 della detta
legge, non comprende un riscontro simultaneo ed incessante di tale attività, giusta quanto esposto sub a).
Infine, applicando tali deduzioni al caso di specie, la
Corte è pervenuta alle seguenti conclusioni :
1) ha affermato che l'omissione di intervento durante l'esecuzione di un lavoro così elementare, come il riempi mento di un fosso con ghiaia, quale ordinato dall'Acrome,
(1-2) In ordine alla responsabilità del professionista, in ge nere, cfr., in senso conforme, Cass. 15 maggio 1959, li. 1433, Foro it., Rep. 1959, voce Professioni intellettuali, n. 16 ; Cass.
22 febbraio 1958, n. 595, id., Rep. 1958, voce cit., n. 40. V. anche App. Milano 10 maggio 1957, id., Rep. 1957, voce
cit., n. 50 ; Trib. Modena 28 febbraio 1958, id., Rep. 1958, voce
cit., ne. 43, 44. Per quanto in specie concerne la resp< nsabilità del proget
tista, v. App. Messina 16 maggio 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 23. In diversa fattispecie (professionista sanitario) v., in ap
plicazione dello stesso principio, Oass. 15 giugno 1954, n. 2016,
id., 1955, I, 1698, con nota di richiami, e 6 dicembre 1951, n. 2754, id., 1952, I, 190.
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