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Sezione I civile; sentenza 25 marzo 1983, n. 2084; Pres. Granata, Est. Cantillo, P. M. Ferraiuolo...

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Sezione I civile; sentenza 25 marzo 1983, n. 2084; Pres. Granata, Est. Cantillo, P. M. Ferraiuolo (concl. conf.); Orlandi (Avv. M. S. Giannini, G. A. Micheli, N. Catalano) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Braguglia). Conferma App. Bologna 15 settembre 1977 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1249/1250-1253/1254 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175503 . Accessed: 28/06/2014 11:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.194.166 on Sat, 28 Jun 2014 11:27:26 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 25 marzo 1983, n. 2084; Pres. Granata, Est. Cantillo, P. M. Ferraiuolo(concl. conf.); Orlandi (Avv. M. S. Giannini, G. A. Micheli, N. Catalano) c. Min. finanze (Avv.dello Stato Braguglia). Conferma App. Bologna 15 settembre 1977Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1249/1250-1253/1254Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175503 .

Accessed: 28/06/2014 11:27

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con scrittura privata registrata il 16 settembre 1969 Giulio (o Lucio) Marchetti acquistava un'area sita in Pesaro, per il prezzo di lire 11.000.000.

Al trasferimento venivano applicati i benefici di cui alla 1. 2

luglio 1949 n. 408, ma successivamente l'intendenza di finanza notificava ingiunzione per il pagamento della somma di lire 1.308.000 a titolo di imposta nella misura normale.

Deduceva l'ufficio che il Marchetti era decaduto dai benefici fiscali perché non si era attenuto, nella costruzione eseguita sul

terreno, alla licenza edilizia.

Il contribuente propose ricorso alla commissione tributaria di primo grado e, dopo il rigetto del ricorso stesso, propose ap pello alla commissione di secondo grado, la quale confermava la decisione impugnata.

La Commissione tributaria centrale, su ulteriore ricorso del

contribuente, annullava la decisione di secondo grado, dichiaran

do che la decadenza delle concesse agevolazioni tributarie riguar dava soltanto la parte di edificio non autorizzata dalla licenza

edilizia e l'area a tale parte interessata.

Ritenne l'organo centrale che nella fattispecie si trattava della

costruzione (non autorizzata) di un corpo di fabbrica indipen dente da quello progettato ed eseguito in conformità della li

cenza, e che pertanto — ai sensi dell'art. 41 ter, aggiunto con

l'art. 15 1. 6 agosto 1967 n. 765 alla 1. 17 agosto 1942 n. 1150 —

le agevolazioni fiscali dovevano essere escluse soltanto per la

parte abusiva della costruzione e per la relativa area, ma non

anche per l'altra parte conforme alla licenza.

Ha proposto ricorso per cassazione l'amministrazione delle fi

nanze deducendo due motivi. Il contribuente non si è costituito.

Motivi della decisione. — Va premesso che la Corte costitu

zionale con sentenza del 25 marzo 1982, n. 57 (Foro it., 1982,

I, 902) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità co

stituzionale (che era stata proposta anche nel presente giudizio) dell'art. 26 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, in riferimento all'art.

76 Cost., ritenendo che la Commissione tributaria centrale è le

gittimamente investita anche del potere di conoscere le questio ni di fatto la cui risoluzione è necessaria per verificare l'esisten

za dei vizi dell'atto impugnato.

non si estende all'intero edifìcio », v. Comm. trib. I grado Imperia 27 luglio 1978, Foro it., Rep. 1979, voce Registro, n. 185, non ché Comm. trib. 1 grado Rovereto 15 febbraio 1979, ibid., voce Tributi locali, n. 133. Contra Comm. trib. centrale 28 settembre

1977, n. 2117, id., Rep. 1978, voce Registro, n. 188, secondo cui

la decadenza dai benefici tributari si estende a tutto l'edificio, com

prese le opere eseguite in conformità della licenza edilizia; v., al

tresì', per l'esclusione dall'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati Comm. trib. centrale 23 maggio 1980, n. 6136, id., Rep.

1981, voce Fabbricati (imposta sul reddito dei), n. 18 e Cass. 16 lu

glio 1979, n. 4133, id., Rep. 1979, cit., n. 34, in quanto la non con

formità alla licenza edilizia, anche se non si estende alla costruzione

nella sua totalità, « è sufficiente per realizzare la violazione che la

legge ha voluto reprimere ». Il diverso atteggiarsi della giurisprudenza sulla questione sembra dipendere dal significato da attribuire all'espres sione « singole unità immobiliari » utilizzata dal legislatore all'art.

15 1. 765/67: mentre, infatti, le pronunce delle commissioni tributa

rie di primo grado si richiamano alla legislazione catastale che intende

quale unità immobiliare urbana « ogni parte di immobile » (cfr. r. d.

13 aprile 1939 n. 652, art. 5), la citata decisione 2117/77 della Com

missione tributaria centrale fa riferimento ad una nozione unitaria del l'immobile tale che « la costruzione deve essere considerata nel suo

insieme essendo indubbiamente unica entità immobiliare oggetto dei

benefici tributari » (di tale avviso era già l'interpretazione offerta dal

ministero delle finanze: v. le risoluzioni ministeriali 15 marzo 1975,

il. 9/1361 della direz. gen. imp. dir., in Bollettino trib., 1976, 372 e

17 settembre 1977, n. 251306 della direz. gen. tasse, id., 1977, 1724).

Va notato, comunque, come il decisum della sentenza in epigrafe si

fondi sulla particolarità della costruzione oggetto della controversia,

costituita da « un corpo di fabbrica indipendente da quello proget tato ed eseguito in conformità della licenza », sicché la corte ha rite

nuto di poter distinguere idealmente le aree e le relative opere al

fine di limitare l'applicazione dei benefici fiscali alla sola parte di

costruzione non abusiva (e, a tal proposito, vien fatto di ricordare

come la decisione della Comm. trib. I grado Imperia, cit. [la cui mo

tivazione leggesi id., 1979, 505] si riferisse alla costruzione abusiva

di garages separati ed autonomi rispetto all'edifìcio cui erano stati

adibiti, mentre Comm. trib. centrale 2117/77 [per esteso ibid., 504]

riguardava la costruzione di un attico mediante sopraelevazione del

l'edifìcio cui erano state concesse in un primo tempo le agevolazioni fiscali previste dalla legge).

In dottrina, cfr. Rottino, Cenni sull'inapplicabilità o revoca dei

benefìci fiscali ai sensi dell'art. 15 l. n. 765 del 6 agosto 1967, id.,

1980, 1396; Provini, Circa la decadenza dall'agevolazione fiscale per

abusi edilizi, in Dir. e pratica trib., 1979. 560; Fratepetro, Appunti

sulla decadenza dai benefici fiscali ex art. 15 legge ponte, in Bollet

tino trib., 1978, 1555.

Ciò premesso, può passarsi all'esame del ricorso.

L'amministrazione ricorrente deduce: 1) la Commissione cen

trale ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto

ed il pronunciato, in quanto ha posto a fondamento della decisio

ne una situazione di fatto (indipendenza del corpo di fabbrica

abusivo rispetto a quello progettato ed eseguito in conformità

della licenza edilizia) non dedotta dal contribuente, il quale aveva soltanto chiesto che la decadenza dai benefici fiscali do

vesse essere limitata alle sole opere irregolari; 2) in ogni caso

l'art. 41 ter 1. n. 1150 del 1942 non autorizza a ritenere che la

decadenza possa essere riferita alla sola parte dell'opera esegui ta in contrasto con la licenza edilizia, mentre la ratio della nor

ma porta a ritenere che la decadenza si estenda all'intera unità

immobiliare.

Il primo motivo è infondato perché nel ricorso del 1° dicembre

1975 diretto alla Commissione centrale il Marchetti fece espres so riferimento al concetto delle « varie unità immobiliari che

compongono o possono comporre l'edificio » e dedusse specifi camente che la contravvenzione, come era stato accertato in sede

penale, si riferiva « ad un corpo di fabbrica del tutto indipen dente dall'edificio progettato e approvato».

Non sussiste dunque il denunziato vizio di immutazione della

situazione di fatto, da parte della Commissione centrale, rispetto a quella dedotta dal contribuente.

Neppure il secondo motivo è fondato.

La Commissione centrale ha ritenuto in punto di fatto che la

costruzione eseguita senza licenza edilizia è costituita da un cor

po di fabbrica indipendente dall'edificio progettato ed eseguito in conformità della licenza che era stata connessa.

Da questa premessa (che peraltro emergeva, come il contri

buente aveva dedotto dinanzi alla Commissione centrale, anche

dalle risultanze del giudizio penale) la commissione ha tratto la

conseguenza che la sanzione di decadenza dai benefici fiscali

potesse operare soltanto per la parte di area sulla quale era av

venuta la costruzione abusiva, e non con riferimento all'intera

superficie costituente oggetto dell'atto di acquisto del 16 settem

bre 1969.

Tale criterio è giuridicamente corretto perché la formulazione

dell'art. 41 ter 1. 17 agosto 1942 n. 1150 non autorizza l'interprete a ritenere che sia sufficiente la violazione delle norme edilizie

riferibile ad una sola costruzione (autonoma rispetto ad altre le

gittimamente eseguite su un'area originariamente unica) per im

portare la decadenza dei benefici tributari con riferimento a tutta

l'area e a tutte le costruzioni.

La norma dispone, infatti, che « le opere ... senza licenza o

in contrasto con la stessa ... non beneficiano delle agevolazioni fiscali », e fa quindi espresso riferimento alle « opere » conside

rate nella loro entità strutturale e funzionale, sicché l'esclusione

dal beneficio non può ritenersi estensibile anche ad altre opere (aventi carattere di autonomia) e alla corrispondente porzione di suolo, neppure nel caso in cui quest'ultima porzione faccia

parte di un'area originariamente unica.

In tale situazione non esiste alcun ostacolo concettuale al fra

zionamento dell'area stessa, ai fini dell'applicazione del benefì

cio fiscale soltanto ad una quota-parte di essa (ipotesi che nel

caso in esame ricorre). Questa corte ha infatti ritenuto (sent. 9 dicembre 1977, n. 5327,

id., Rep. 1978, voce Registro, n. 74) che in tema di acqui sto di area edificabilc, qualora solo una porzione dell'area mede

sima sia ammessa a godere dei benefici fiscali di cui all'art. 14

1. 2 luglio 1949 n. 408, il valore della residua porzione, al fine

dell'applicazione dell'imposta ordinaria, va determinato in fra zione proporzionale del prezzo o del valore concordato con l'uffi

cio impositore, considerati in modo globale e unitario. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 25 marzo

1983, n. 2084; Pres. Granata, Est. Cantillo, P. M. Ferraio

lo (conci, conf.); Orlandi (Avv. M. S. Giannini, G. A.

Micheli, N. Catalano) c. Min. finanze (Avv. dello Stato

Braguglia). Conferma App. Bologna 15 settembre 1977.

Dogana — Diritti di prelievo — Importazione di prodotti agricoli — Aliquota applicabile — Disciplina interna modificativa —

Inapplicabilità — Disciplina comunitaria (D. p. r. 22 settembre

1978 n. 695, modificazioni alle disposizioni preliminari alla ta

riffa dei dazi doganali di importazione, art. 3).

All'importazione di prodotti agricoli effettuata anteriormente al

l'entrata in vigore del d. p. r. 22 settembre 1978 n. 695 non si

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1251 PARTE PRIMA 1252

applica la relativa disciplina, che prevede il beneficio del da

zio più favorevole introdotto successivamente alla presentazione della dichiarazione di importazione, con esclusione dei pro dotti agricoli; pertanto, l'aliquota dei diritti di prelievo, in as

senza di norme espresse dell'ordinamento interno, va determinata

secondo la disciplina comunitaria che si riferisce al giorno del

l'importazione. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione del 10 ottobre

1970, la ditta Italo Orlandi e figlio si opponeva all'ingiunzione fiscale con la quale era stato intimato il pagamento di una

differenza per diritti di prelievo su un'importazione di prodotti

agricoli, che l'amministrazione finanziaria pretendeva sul presup

posto che tali diritti dovessero essere liquidati, ai sensi dell'art.

6 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale (d. p. r. 26

giugno 1965 n. 723), secondo l'aliquota in vigore nel giorno dell'accettazione della dichiarazione di importazione e non di

quella più favorevole introdotta successivamente, posta a base

della liquidazione doganale sebbene non fosse stata presentata una richiesta scritta in tal senso. Sosteneva che la norma non

prescrive che la domanda debba essere formulata per iscritto,

per cui doveva ritenersi valida ed efficace quella verbale tempe stivamente fatta da esso opponente.

La tesi veniva accolta dal tribunale adito, il quale dichiarava infondata la pretesa tributaria.

La Corte d'appello di Bologna con sentenza del 19 giugno 1973, accogliendo il gravame della finanza, respingeva l'opposi zione per il motivo che la determinazione dell'aliquota del pre lievo agricolo va fatta non in base alle disposizioni doganali nazionali, ma in base ai regolamenti comunitari, per cui l'aliquo ta è quella del giorno dell'importazione, da identificarsi in quello di accettazione della dichiarazione di importazione; e questo

principio coincide con il 1° comma dell'art. 6 cit., non con il

secondo, che stabilisce il criterio dell'aliquota più favorevole, il

quale è inapplicabile al prelievo agricolo, volto a compensare la differenza tra il prezzo vigente sul mercato mondiale e il più elevato prezzo comunitario, sicché l'aliquota va fissata in funzio ne del prezzo di acquisto delle merci e non può subire varia zioni dopo la dichiarazione di accettazione. La corte osservava,

poi, che con l'ingiunzione si instaura un normale giudizio di

cognizione, nel quale il giudice deve valutare la domanda alla

stregua delle disposizioni di diritto che regolano la materia, sicché non ostava all'accoglimento della tesi suesposta la circo stanza che l'amministrazione, nell'ingiunzione e nel giudizio di

primo grado, avesse fatto riferimento alla disciplina nazionale (in ordine alla forma della domanda) e non a quella comunitaria.

Avverso la sentenza il Divella proponeva ricorso in base a tre

motivi, ai quali l'amministrazione resisteva con controricorso. In pendenza del giudizio di cassazione, veniva emanato il

d. p. r. 22 settembre 1978 n. 695, recante modificazioni, fra l'al

tro, del punto 2 dell'art. 6 cit., nel senso di escludere l'applica bilità ai prelievi agricoli di un'aliquota diversa da quella in

vigore nel giorno dell'accettazione della dichiarazione di impor tazione, peraltro espressamente statuendo avere tale disposizione effetto dall'I 1 settembre 1976.

Con ordinanza del 16 marzo 1979, questa corte rilevava: a) che la predetta modifica poteva essere interpretata sia nel senso che per il periodo precedente alla data indicata non veniva in realtà stabilito quale fosse il regime applicabile, sia nel senso che per detto periodo, invece, fosse applicabile anche ai prelievi agricoli il beneficio dell'aliquota più favorevole sopravvenuta dopo l'accettazione della dichiarazione di importazione; b) che

(1) La decisione fa il paio — per i caratteri della vicenda e per la soluzione proposta — con Cass. 25 maggio 1982, n. 3177, Foro it., 1982, I, 1872, con nota di richiami e cosi si oppone all'orientamento della giurisprudenza di merito che ammette l'applicazione del prelievo nella misura più favorevole che risulti successivamente al giorno dell'importazione e prima dello sdoganamento della merce (cfr. Trib. Napoli 27 maggio 1980, id., Rep. 1981, voce Comunità europee, n. 244, in extenso in Giur. it., 1981, I, 2, 16; in Giur. merito, 1981, III, 187, con nota contraria di Rosa, Il giorno dell'importazione nel regime dei prelievi comunitari', nonché, con diversa indicazione della data, in Dir. e giur., 1980, 576).

Corte giust. CE 12 novembre 1981, cause 212-17/80, intervenuta nella controversia odierna (come nel corso del giudizio deciso da Cass. 3177/82) al (ine di escludere l'applicabilità del regolamento CE 24 luglio 1979 n. 1697 « alle liquidazioni dei dazi all'importazione e all'esportazione effettuate anteriormente al 1° luglio 1980 » si legge in Foro it., 1982, IV, 364, con osservazioni di Daniele.

In dottrina, v., da ultimo, Muratori, Prelievi agricoli, tasse di effetto equivalente a dazi doganali ed efficacia nel tempo delle sentenze interpretative della Corte di giustizia, in Dir. e pratica trib., 1981, II, 209.

in questo secondo senso, peraltro, la disposizione poteva appa rire in contrasto con il diritto comunitario, secondo l'interpreta zione fornitane dalla sentenza della Corte di giustizia in causa

Fracassetti n. 113/75 del 15 giugno 1976 (Foro it., 1977, IV,

26); c) che tuttavia, secondo la tesi della ricorrente, contrasto in

realtà non v'era nel diritto comunitario, dovendosi ritenere vi

gente il principio della non obbligatorietà del recupero di quan to a tempo debito illegittimamente non percetto; d) che occor

reva quindi sottoporre alla Corte di giustizia specifico quesito su

quest'ultimo punto, ai fini di trarre dalla soluzione ad esso data

criteri sui quali orientare anche la soluzione del problema in

terpretativo concernente la sopravvenuta normativa nazionale.

Con sentenza del 27 marzo 1980, nelle cause riunite nn. 67, 127 e 128 del 1979 (id., 1981, IV, 118), la Corte di giustizia

osservava, fra l'altro, che quando manchino disposizioni comu

nitarie in materia è compito dell'ordinamento giuridico nazionale

stabilire le modalità e le condizioni di riscossione degli oneri

finanziari comunitari in generale e dei prelievi agricoli in parti colare, nonché designare le autorità incaricate della riscossione

ed il giudice competente a conoscere delle controversie cui essa

possa dar luogo, purché tali modalità e condizioni non rendano

il sistema di riscossione delle tasse e degli oneri comunitari

meno efficace di quello relativo alle tasse ed agli oneri nazionali

dello stesso tipo. Il 1° luglio 1980 entrava in vigore, però, il regolamento CEE

n. 1697 del 24 luglio 1979 (non ancora operante alla data della

citata sentenza), il quale, nel discipilnare il recupero a posteriori dei dazi all'importazione e all'esportazione non corrisposti dal

debitore per merci soggette ad un regime comportante l'obbligo di effettuarne il pagamento, tra l'altro stabiliva che, ricorrendo

determinate fattispecie legali, le autorità competenti non possono iniziare alcuna azione di recupero o hanno facoltà di non pro cedere al recupero dei dazi percepiti in meno del dovuto, e

che, comunque, sono esclusi gli interessi di mora sulle somme

recuperate a posteriori (art. 5, nn. 1 e 2, e art. 7).

Occorrendo interpretare, ai fini della soluzione della controver

sia, anche tale regolamento, questa corte, con ordinanza del 12

settembre 1980, sospendeva il giudizio, ai sensi dell'art. 177 del

trattato di Roma, fino alla pregiudiziale pronuncia della Corte di

giustizia, cui si chiedeva in primo luogo (con decisione che

assorbiva gli ulteriori e subordinati quesiti, nell'ipotesi di inap plicabilità del suddetto regolamento al presente giudizio) se l'art. 5 del regolamento medesimo operi riguardo alle liquidazioni di

prelievi agricoli inferiori all'importo legalmente dovuto, effettuate

anteriormente al 1° luglio 1980, per le quali prima di tale data

sia stato adottato provvedimento di recupero, circa la cui legit timità, sotto altri aspetti, penda controversia davanti al giudice nazionale.

La Corte di giustizia CE con sentenza del 12 novembre 1981

(id., 1982, IV, 364) dichiarava che il regolamento del Consiglio 24 luglio 1979 n. 1697, non si applica alle liquidazioni dei dazi

all'importazione e all'esportazione effettuate anteriormente al 1°

luglio 1980. In conseguenza, veniva fissata nuovamente la tratta zione del ricorso, che è stato discusso all'odierna udienza.

Motivi della decisione. — (Omissis). 2. - Con il secondo e il terzo motivo, che vanno esaminati insieme perché connessi, si sostiene che all'interpretazione delle norme comunitarie, data dalla Corte di giustizia CE con la sentenza 15 giugno 1976 (in causa 113/75), non dovrebbe riconoscersi efficacia retroattiva,

per l'esigenza di tutelare l'affidamento degli interessati e in considerazione degli inconvenienti che deriverebbero in loro danno dall'applicazione della corretta interpretazione della nor mativa comunitaria ai rapporti pregressi.

La censura è infondata, anche se per ragioni in parte diverse da quelle esposte nella sentenza impugnata, avuto riguardo alle modificazioni della disciplina nazionale e alle decisioni comunita rie posteriori alla pronunzia medesima.

Occorre muovere dalla premessa che per il periodo precedente all'emanazione del d, p. r. 22 settembre 1978 n. 695 (modificativo delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali di

importazione) e del regolamento del Consiglio della CEE 24

luglio 1979 n. 1697 (concernente il recupero a posteriori dei dazi

all'importazione e all'esportazione non corrisposti dal debitore

per merci dichiarate soggette ad un regime doganale comportante l'obbligo di effettuarne il pagamento), la giurisprudenza di que sta corte in materia si è consolidata nel senso che i diritti di

prelievo previsti dai regolamenti della CEE sono disciplinati esclusivamente da tali regolamenti, e non anche, quindi, salvo

espresso richiamo, dalle norme sui dazi doganali, sicché l'aliquo ta del prelievo sull'importazione è sempre quella in vigore il

giorno dell'importazione stessa e, cioè, nel giorno in cui la dichiarazione di importazione viene accettata dagli uffici dogana

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

li, ai sensi dell'art. 17 del regolamento CEE n. 19 del 4 aprile 1962 (come interpretato, con carattere vincolante per gli Stati

membri, dalla Corte di giustizia della Comunità con la pronuncia del 15 giugno 1976), non potendo trovare in materia applicazio ne le norme doganali che prevedono la possibilità di beneficiare della tariffa eventualmente più favorevole, sopravvenuta dopo l'indicato momento e prima del giorno dello sdoganamento (art. 6, n. 2, disp. prel. della tariffa doganale approvata con d. p. r. 26

giugno 1965 n. 723: v., fra altre, sent. n. 748 e n. 562 del 1979, id., Rep. 1979, voce Comunità europee, nn. 233, 231; n. 4980

del 1978, ibid., n. 230 e n. 2621 del 1978, id., 1978, I, 2504). Si tratta quindi di stabilire se, e in quale misura, abbia inciso

su questo indirizzo la sopravvenuta normativa in materia (di diritto interno e di diritto comunitario).

Va subito escluso che sia rilevante, nella concreta vicenda, l'art. 5 del regolamento CEE 24 luglio 1979 n. 1697, il quale dispone che le autorità competenti hanno facoltà di non proce dere al recupero a posteriori dell'importo dei dazi all'importa zione o all'esportazione non riscossi a causa di un errore degli uffici competenti che non poteva essere ragionevolmente scoperto dal debitore, purché questi abbia agito in buona fede ed osser

vato tutte le disposizioni previste dalla disciplina vigente in

ordine alla sua dichiarazione in dogana. Ogni questione al ri

guardo è venuta meno in seguito alla sentenza 12 novembre

1981, con cui la Corte di giustizia CE, in sede di interpretazione delle norme comunitarie, ha stabilito non essere detto regolamen to applicabile alle liquidazioni dei dazi all'importazione o all'e

sportazione effettuate anteriormente al 1° luglio 1980 (data di

entrata in vigore del regolamento medesimo).

Quanto alla sopravvenuta normativa interna (d. p. r. n. 695 del

1978) occorre tener presente che la stessa Corte di giustizia, con

sentenza 27 marzo 1980, ha stabilito che l'interpretazione di una

norma di diritto comunitario, da essa data nell'esercizio della

competenza attribuitale dall'art. 177 del trattato, chiarisce e pre cisa il significato e la portata della norma dal momento della

sua entrata in vigore, onde la disposizione così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa; che soltanto

in via eccezionale, con la stessa sentenza che risolve la questio ne interpretativa, la corte può limitare agli interessati la possibi lità di far valere la disposizione, in tal modo interpretata, per rimettere in discussione rapporti giuridici sorti anteriormente; e

che pertanto non sarebbe conforme al diritto comunitario una

normativa nazionale speciale, relativa alla riscossione delle tasse

e degli oneri comunitari, che attribuisse all'amministrazione dello

Stato, per la loro riscossione, poteri più limitati di quelli ad essa

attribuiti per la riscossione di tasse o di oneri nazionali dello

stesso tipo. L'art. 1, punto 3, del d. p. r. n. 695 del 1978, introducendo un

nuovo testo del punto 2 dell'art. 6 del d. p. r. n. 723 del 1965, stabilisce che « quando dopo la data indicata nel precedente

punto 1 (cioè dopo l'accettazione della dichiarazione di impor

tazione) interviene una variazione del dazio, l'importatore può chiedere l'applicazione del dazio più favorevole » purché la mer

ce non sia stata già lasciata nella sua libera disponibilità, indi

cando nella domanda l'aliquota daziaria richiesta. La facilitazione

non si applica, però, « ai prelievi agricoli ed alle altre imposi zioni preesistenti nell'ambito della politica agricola comune e

nell'ambito dei regimi specifici applicabili, a norma dell'art. 235 del trattato istitutivo della CEE, a talune merci risultanti dalla

trasformazione di prodotti agricoli ».

Il successivo art. 3 dallo stesso decreto, poi, dispone che « la

norma di cui al punto 2, 2° comma, dell'art. 6 disp. prel. alla

tariffa ... quale risulta modificato con l'art. 1 del presente decre

to, ha effetto dall'I 1 settembre 1976».

Il problema esegetico che viene in considerazione riguarda

appunto il regime dei prelievi agricoli comunitari nel tempo anteriore alla data suddetta (periodo al quale si riferisce la

controversia in esame), occorrendo stabilire se la dichiarata i

napplicabilità ad essi delle aliquote più favorevoli, previste in

tema di dazi doganali, a decorrere dall'I 1 settembre 1976, debba

intendersi nel senso che sia stata così implicitamente introdotta,

per il periodo precedente, una norma di segno opposto (per cui

la disciplina dei dazi opererebbe fino a quella data, anche per i

prelievi comunitari) ovvero debba ritenersi che la norma non si

occupi affatto del periodo precedente, al quale, dunque, la nuo

va disciplina del diritto interno sarebbe del tutto inapplicabile. La corte ritiene che quest'ultima sia l'interpretazione più at

tendibile.

Alla prima non giova, anzitutto, il riferimento all'ordinamento

comunitario, allo scopo di sostenere che il legislatore nazionale

abbia limitato l'efficacia retroattiva della disposizione discrimina

toria dei prelievi agricoli in base al principio, proprio ed esclu sivo di quell'ordinamento (ed estraneo, invece, al diritto interno), secondo cui la violazione di un obbligo può non comportare, quando venga accertata, il dovere di adempierlo se da ciò possa derivare un maggior pregiudizio: nella specie, la tardiva perce zione (in base alla sentenza interpretativa della Corte di giusti zia) di tributi non esatti al momento dell'importazione, anziché

elidere la turbativa già verificatasi nella circolazione delle merci, avrebbe comportato un nuovo equilibrio dell'assetto ormai rico

stituitosi, con sostanziale e rinnovata elusione delle finalità per seguite dall'ordinamento comunitario.

Occorre considerare, infatti, che — secondo la consolidata

giurisprudenza della Corte di giustizia (sent. 27 marzo 1980, cause 61, 66, 127 e 128/79, cit.; 12 giugno 1980, cause 119 e

126/79 e cause 130/79, id., 1982, IV, 166; 10 luglio 1980, cause

826/79 e 811/79, id., 1981, IV, 117) — è problema interno

dell'ordinamento di ciascuno degli Stati membri stabilire se, in

quali limiti e a quali condizioni i singoli possono ripetere som

me pagate allo Stato a titolo di tasse in realtà non dovute alla

stregua dell'ordinamento comunitario ovvero, inversamente, lo

Stato possa recuperare somme riscosse in meno in base ad

erronea interpretazione delle norme comunitarie; conseguenzial mente, il c. d. principio dell'affidamento, proprio di tale ordina

mento, in tanto può spiegare i suoi efletti nel diritto nazionale

in quanto in questo si rinvenga una norma che ne recepisca il

contenuto.

Nella specie, cioè, per ammettere che per il periodo anteriore

all'I 1 settembre 1976 il diritto interno abbia voluto legittimare in maniera irrevocabile le situazioni di fatto e di diritto deter

minatesi in conseguenza dell'errata interpretazione del diritto

comunitario, bisognerebbe rinvenire una norma interna che e

sprima, sia pure per implicito, ma in maniera univoca, la volon

tà dello Stato di rinunziare ai supplementi di imposta (fra i

quali quelli oggetto delle ingiunzioni doganali impugnate); e, in

assenza di qualsiasi altro dato legislativo, una tale volontà cer

tamente non si ricava dalla disposizione in esame.

La possibilità di desumere, poi, dal silenzio circa il regime

applicabile nel periodo precedente al limite di retroattività, una

regola di segno opposto a quella positivamente introdotta con

efficacia retroattiva, non solo non trova supporto, manifestamen

te, nell'enunciato normativo, ma è smentita dall'interpretazione

logico-sistematica della disposizione. Al riguardo, occorre considerare che l'intento principale del

d.p. r. n. 695 del 1978 fu di adeguare e conformare l'ordinamen

to interno alla disciplina comunitaria dei diritti di prelievo,

quale risultante dall'interpretazione imposta dalla Corte di giusti zia con la sentenza del 15 giugno 1976 (in causa Frecassetti).

Tuttavia, era dubbio se l'interpretazione racchiusa in tale sen

tenza, sicuramente vincolante per gli Stati membri dalla data

della medesima (appunto dall'I 1 settembre 1976), fosse tale pure

per il periodo anteriore, se, cioè, quel vincolo operasse retroatti

vamente; il che risulta confermato dal fatto che in questo

giudizio la Corte di giustizia è stata adita, fra l'altro, proprio

per dare risposta al detto quesito. È allora del tutto coerente ritenere, nell'esegesi della norma,

che il limite all'efficacia retroattiva del precetto — per cui non

si rinviene nell'enunciato una regola riguardante il periodo pre cedente — corrisponde al deliberato intento del legislatore di

non prendere posizione in ordine alla disciplina dei rapporti pendenti anteriori alla data suddetta, dati gli accennati dubbi

sull'efficacia retroattiva della sentenza interpretativa di cui sopra. La disciplina che governa tali rapporti, dunque, va ricercata al

di fuori della norma in oggetto e non è dubbio che debba

rinvenirsi nel diritto comunitario, secondo l'interpretazione vinco lante per gli Stati membri contenuta nella pronuncia della Corte

di giustizia.

Pertanto, l'aliquota del prelievo sull'importazione è sempre

quella in vigore il giorno dell'importazione stessa, e cioè nel

giorno in cui la dichiarazione doganale viene accettata dagli uffici doganali, ai sensi dell'art. 17 del regolamento CEE n. 19

del 4 aprile 1962, non potendo trovare applicazione le norme

doganali che prevedono la possibilità di beneficiare della tariffa

eventualmente più favorevole sopravvenuta dopo l'indicato mo

mento e prima del giorno dello sdogamento (art. 16, n. 2, disp.

prel. alla tariffa doganale approvata con d.p.r. n. 723/65). A questo principio si è attenuta, in sostanza, la sentenza

impugnata, la quale, quindi, con la diversa motivazione qui svolta, deve essere confermata, rigettandosi il ricorso. (Omissis)

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