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sezione I civile; sentenza 25 marzo 1999, n. 2801; Pres. Grieco, Est. Altieri, P.M. Schirò (concl....

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sezione I civile; sentenza 25 marzo 1999, n. 2801; Pres. Grieco, Est. Altieri, P.M. Schirò (concl. diff.); Banco di Napoli (Avv. Marseglia, Morgera) c. Fall. Nappi (Avv. Carrano) e altro. Cassa App. Salerno 4 marzo 1997 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 185/186-193/194 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195316 . Accessed: 25/06/2014 05:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.202 on Wed, 25 Jun 2014 05:36:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 25 marzo 1999, n. 2801; Pres. Grieco, Est. Altieri, P.M. Schirò (concl.diff.); Banco di Napoli (Avv. Marseglia, Morgera) c. Fall. Nappi (Avv. Carrano) e altro. CassaApp. Salerno 4 marzo 1997 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 185/186-193/194Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195316 .

Accessed: 25/06/2014 05:36

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ha intimato il pagamento alla ditta Lido Tricoli gestione Legato Vincenzo e nonostante detta precisazione ha notificato l'atto

a Tricoli Giovanni Luigi. In ogni caso l'opposta non ha prodotto in giudizio alcuna

documentazione relativa all'effettiva consegna della fornitura

dei prodotti alimentari, come peraltro era stato disposto con

ordinanza del 18 marzo 1998, e di conseguenza la richiesta avan

zata in via subordinata di condanna del chiamato in causa Le

gato Vincenzo, ex art. 106 c.p.c., non può essere accolta.

È di tutta evidenza, infatti, che la semplice produzione della

fattura, se può considerarsi idonea per l'emissione del decreto

ingiuntivo, non è sufficiente per dimostrare la pretesa creditoria

una volta instauratosi il giudizio ordinario.

L'opposizione avanzata da Tricoli Giovanni va, pertanto, ac

colta e di conseguenza il decreto ingiuntivo opposto deve essere

revocato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 25 marzo

1999, n. 2801; Pres. Grieco, Est. Altieri, P.M. Schirò (conci,

diff.); Banco di Napoli (Avv. Marseglia, Morgera) c. Fall.

Nappi (Avv. Carrano) e altro. Cassa App. Salerno 4 marzo 1997 e decide nel merito.

Fallimento — Azione revocatoria fallimentare — Negozio solu

torio anomalo voluto dalle parti — Declaratoria di simulazio

ne e di revoca — Cassazione della sentenza — Esclusione —

Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 384; r.d. 16 marzo 1942 n.

267, disciplina del fallimento, art. 67).

La sentenza di merito che, avendo accertato la volontà della

banca e del correntista poi fallito di estinguere un precedente debito avvalendosi di un «meccanismo solutorio anomalo»

(costituito, nella specie, dall'accensione di un mutuo ipoteca rio senza acquisizione da parte del correntista della disponibi lità della somma mutuata, depositata su un libretto di rispar mio costituito in pegno irregolare da un terzo a garanzia del

debito preesistente e successivamente utilizzata per estinguere tale passività), abbia ritenuto la complessiva operazione af

fetta da simulazione relativa e, al contempo, conforme allo

schema del negozio indiretto, revocandola ai sensi dell'art.

67, 1° comma, n. 2, l. fall., va annullata nella sola parte che ha dichiarato la simulazione, rimanendone fermo il di

spositivo, comunque conforme al diritto. (1)

(1) Con la sentenza in epigrafe, della quale non risultano precedenti negli esatti termini, la corte regolatrice tratta un aspetto particolare del tema della revocatoria dei negozi attraverso i quali le banche sanano la posizione debitoria del correntista, non garantita, con la concessione di un ulteriore credito, munito di garanzia reale, il cui ammontare non viene messo nella disponibilità del debitore, ma è utilizzato per estin

guere la preesistente passività. Le ipotesi che più frequentemente si verificano, al riguardo, sono

l'accensione di un mutuo assistito da garanzia tipica (pegno o ipoteca) o atipica (cessione di credito o mandato in rem proprìam), con utilizzo della somma mutuata per coprire la precorsa esposizione, o la conces sione di un'apertura di credito ai sensi dell'art. 1842 c.c., con conte

stuale concessione della garanzia (ipotesi, questa, nella quale, in presen za di un affidamento di importo superiore a quello della scopertura, la banca mira a cautelarsi anche contro il rischio di revocatoria delle

successive rimesse in conto corrente, che, in presenza dell'apertura di

credito, acquisiscono natura ripristinatoria della provvista correlata al

fido; v., sul tema, da ultimo, App. Venezia 4 dicembre 1998, Trib.

Milano 9 marzo 1999, e Trib. Rovigo 22 dicembre 1998, Foro it., 1999,

I, 2681, con nota di richiami). La decisione qui riportata affronta la prima di tali ipotesi (come pure

fanno Cass. 19 novembre 1997, n. 11495, id., Rep. 1998, voce Falli

mento, n. 478; 29 settembre 1997, n. 9520, ibid., n. 480; 22 novembre

1996, n. 10347, id., Rep. 1997, voce cit., n. 419; 18 novembre 1992, n. 12342, id., Rep. 1993, voce cit., n. 347; 9 maggio 1991, n. 5193,

Il Foro Italiano — 2000.

Svolgimento del processo. — 1.1. - Il fallimento di Stefano

Nappi conveniva dinanzi al Tribunale di Salerno il Banco di

Napoli s.p.a., la sezione del credito fondiario del Banco e Nico

la Di Giaimo, congiunto del Nappi, chiedendo che fosse di

chiarata:

I) in via incidentale:

a) con efficacia di giudicato la simulazione relativa — con

cernente il Napoli e il Di Giaimo — del negozio di costituzione

di pegno del libretto di risparmio, emesso dalla filiale di Saler

no del banco, con la somma a credito di lire 615.764.554;

id., 1992, I, 152, con nota di Fabiani, Revocatoria fallimentare: un

«puzzle» tutt'altro che definito-, nella giurisprudenza di merito, Trib. Catania 25 maggio 1992, id., Rep. 1993, voce cit, n. 348; 29 febbraio 1992, ibid., n. 345; Trib. Cagliari 26 febbraio 1990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 419; App. Milano 2 febbraio 1990, id., Rep. 1991, voce

cit., n. 412; mentre Cass. 21 dicembre 1998, n. 12740, id., Rep. 1998, voce cit., n. 479; 2 settembre 1998, n. 8703, ibid., n. 475; 29 agosto 1995, n. 9075, id., Rep. 1996, voce cit., n. 401; 13 luglio 1994, n. 6569, id., Rep. 1995, voce cit., n. 416; 22 marzo 1994, n. 2742, id., Rep. 1994, voce cit., n. 413; 25 febbraio 1993, n. 2330, id., Rep. 1993, voce

cit., n. 339; 25 novembre 1992, n. 12538, ibid., n. 342, e, nella giuris prudenza di merito, App. Palermo 24 gennaio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 359, trattano casi di concessione di apertura di credito), ed enuncia un principio che suscita interesse sotto due distinti aspetti.

Anzitutto, e quanto al decisum immediato, i giudici di legittimità, dopo aver premesso che, in presenza dell'accertamento in sede di meri to dell'effettiva volontà delle parti di porre in essere il negozio solutorio

anomalo, l'operazione non può considerarsi simulata, ma va ricondotta allo schema del negozio indiretto (conformandosi così ad un orienta mento ormai consolidato; v., infatti, seppure con espressioni a volte di dubbia portata, Cass. 21 dicembre 1998, n. 12740, cit.; 2 settembre

1998, n. 8703, cit.; 19 novembre 1997, n. 11495, cit.; 29 settembre 1997, n. 9520, cit.; 22 novembre 1996, n. 10347, cit.; 29 agosto 1995, n. 9075, cit.; 13 luglio 1994, n. 6569, cit.; 22 marzo 1994, n. 2742, cit., che non esclude la possibilità della simulazione quando le parti abbiano voluto soltanto la garanzia reale, e non anche l'apertura di credito; 25 febbraio 1993, n. 2330, cit.; 25 novembre 1992, n. 12538, cit.; 9

maggio 1991, n. 5193, cit.; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Ca tania 25 maggio 1992, cit., che non esclude neppure essa l'ipotesi della simulazione; 29 febbraio 1992, cit.; App. Milano 2 febbraio 1990, cit.; contra, invece, nel senso che l'operazione è senz'altro simulata, paiono le datate Cass. 4 aprile 1970, n. 909, id., Rep. 1970, voce cit., n. 372, e 29 gennaio 1970, n. 182, ibid., n. 297, che parla di «carattere pura mente fittizio» del negozio), hanno ritenuto che la sentenza di merito, che affermava sia la simulazione, sia la ricorrenza del negozio indiretto, pronunciando la revoca ai sensi dell'art. 67, 1° comma, n. 2, 1. fall., non fosse da cassare, ma da annullare nel solo capo che accertava la

simulazione, in applicazione del disposto dell'art. 384 c.p.c., poiché l'an nullamento di tale capo non influiva nel complesso delle diverse ratio nes decidendi, che risultavano immuni da vizi; e sotto questo particola re aspetto, probabilmente per la stretta attinenza del principio al caso di specie, non si rinvengono precedenti.

Secondo la corte, poi, ad essere colpita dalla declaratoria di ineffica cia deve essere, in tali casi, l'intera «sequenza di atti», in quanto costi tuente un «complesso meccanismo solutorio» avente carattere di anor malità (nello stesso senso, v. anche Cass. 2 settembre 1998, n. 8703, cit.; 19 novembre 1997, n. 11495, cit., dove si afferma che la revoca «doveva estendersi all'intero procedimento indirettamente solutorio»; 22 novembre 1996, n. 10347, cit., che parla di «inefficacia dell'atto conclusivo della sequenza» e di «diretta comunicazione di tale ineffica cia agli altri atti, preordinati, della sequenza stessa»; 13 luglio 1994, n. 6569, cit., che qualifica come anormale «l'intera operazione formata dai negozi collegati»; 25 febbraio 1993, n. 2330, cit., che anch'essa

parla di «intera operazione . . . anormale» e ritiene revocabile sia la

garanzia, sia l'atto estintivo del debito; 25 novembre 1992, n. 12538, cit.); anche se occorre notare, al riguardo, che in alcuni dei casi appena citati (cui adde Trib. Catania 29 febbraio 1992, cit.; Trib. Milano 2 febbraio 1990, cit.), la revoca ha colpito, in concreto, il solo evento

solutorio, o la sola concessione del nuovo credito, quale effetto, verosi

milmente, dell'osservanza da parte dei giudicanti del principio di corri

spondenza tra il chiesto e il prununciato. Nel senso, invece, che la revoca deve colpire la concessione della ga

ranzia, perché successiva al credito garantito, individuato nell'origina ria passività, v. Cass. 21 dicembre 1998, n. 12740, cit.; 29 settembre

1997, n. 9520, cit., che afferma anche la natura «anormale» del nego zio complessivo; 29 agosto 1995, n. 9075, cit.; 22 marzo 1994, n. 2742, cit.; 18 novembre 1992, n. 12342, cit.; nella giurisprudenza di merito, Trib. Catania 25 maggio 1992, cit.

Non ravvisa invece l'anormalità dell'operazione ma revoca il paga mento ai sensi dell'art. 67, 2° comma, 1. fall., in quanto ricompreso nel periodo sospetto, Cass. 9 maggio 1991, n. 5193, cit.

Di assai dubbia portata, infine, poiché l'unico riferimento è costitui to dalla massima ufficiale, è la recente Cass. 28 gennaio 1999, n. 741, id., Mass., Ili, dove, in presenza di un'operazione analoga a quella

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PARTE PRIMA

ti) la revoca degli atti solutori effettuati, sia a pagamento di

cambiali girate per lo sconto per lire 368.865.000, sia a chiusura

del passivo del conto corrente acceso dal Nappi presso la filiale

del Banco di Battipaglia, pari a lire 225.289.174; II) in via definitiva: a) la simulazione assoluta del contratto di mutuo fondiario

stipulato tra il Nappi e il banco con rogito del 18 giugno 1985,

e la conseguente nullità dell'ipoteca su un fabbricato per opifi

cio industriale ivi indicato; ti) in subordine, la simulazione relativa del predetto contrat

to, con la conseguente revoca della garanzia ipotecaria, ai sensi,

alternativamente, del 1° comma, n. 3, e del 2° comma dell'art.

67 1. fall; c) in ulteriore subordine, la revoca degli atti solutori e dell'i

poteca ai sensi dell'art. 67, 2° comma, n. 2, 1. fall.

La curatela deduceva che il banco si era insinuato allo stato

passivo per la somma di lire 38.461.463, relativa allo scoperto

di conto acceso presso la propria filiale di Battipaglia.

Detto credito rappresentava l'epilogo contabile di una vicen

da che veniva così ricostruita: — dall'estratto del conto intestato al Nappi risultavano —

con causale «disposizione» — due accrediti in date 8 e 16 mag

gio 1986, per lire 180.537.129 e 37.797.420. In conseguenza,

10 scoperto di conto pari a lire 214.795.612, superiore al limite

concesso di 200.000.000, era stato ripianato. Con la seconda

disposizione si era coperto anche l'ulteriore addebito, con cau

sale «competenze»; — essendo stato ripianato il conto circa un mese prima della

dichiarazione di fallimento, il giudice delegato aveva chiesto al

banco l'identità del soggetto autore della prima disposizione,

ricevendo la risposta che si trattava di un terzo; — dal primo accredito residuava un saldo passivo di lire

33.643.688, ripianato dalla seconda disposizione, che portava

11 saldo in attivo a lire 4.153.732, utilizzate per il saldo delle

competenze per un esattamente corrispondente importo. Poiché

la seconda disposizione e l'addebito delle competenze erano sta

ti effettuati in pari data, se ne doveva dedurre che il terzo dove

va sapere anticipatamente quanto esattamente occorreva per chiu

dere il conto; — su quest'ultimo erano transitate anche le operazio.. elati

ve al rapporto di sconto tra il Nappi e il banco, e precisamente

cambiali, parte delle quali, per lire 363.835.000, pur apparendo

regolarmente adempiute dagli obbligati principali, erano rima

ste insolute, senza che il banco provvedesse alle conseguenti an

notazioni in addebito, in quanto le aveva occultate. Secondo

l'istante il saldo passivo contabilizzato era, pertanto, inferiore

a quello reale; — il banco non si era insinuato al passivo per il credito deri

vante dal mancato pagamento degli effetti scontati in quanto

era stato soddisfatto. Infatti, aveva restituito al Nappi cambiali

per l'esatto importo sopra indicato, dopo che il «terzo» aveva

effettuato un versamento di lire 359.265.000; — sull'estratto conto del 31 gennaio 1986 figurava, con valu

ta anteriore di alcuni mesi, un accredito per lire 18.493.562 che,

secondo l'istante, avrebbe dovuto riferirsi alla retrocessione de

gli interessi sullo sconto delle cambiali girate al banco, e non

ancora pervenute a scadenza quando il Nappi aveva ritirato il

«pacco» di cambiali per lire 363.865.000; — dinanzi allo stesso tribunale pendeva procedura esecutiva

immobiliare che il Banco di Napoli, senza insinuarsi al passivo

del fallimento, aveva iniziato contro il Nappi a seguito dell'ero

gazione a suo favore di un mutuo fondiario. Il contratto era

stato stipulato con rogito notarile del 18 giugno 1985 e la som

ma mutuata (lire 730.000.000) era stata versata il 4 luglio 1985,

come da atto notarile di quietanza; — a garanzia del mutuo il Nappi aveva costituito ipoteca su

immobile di sua proprietà per lire 1.825.000.000;

di cui alla sentenza in epigrafe, si è affermato che la richiesta di ammis

sione al passivo al rango ipotecario del credito derivante dal mutuo

concesso ad hoc sarebbe legittima quando l'ipoteca, pur successiva al

l'esposizione originaria, sia irrevocabile perché anteriore al periodo so

spetto, a nulla rilevando la circostanza che la somma mutuata non sia

mai stata messa a disposizione del correntista, ma soltanto annotata

sul suo conto corrente, con la conseguenza pratica di consentire la co

stituzione di un vincolo reale a garanzia di una esposizione debitoria

in precedenza non garantita. [E. Staunovo Polacco]

Il Foro Italiano — 2000.

— lo stesso giorno in cui il Nappi aveva rilasciato quietanza,

Nicola Di Giaimo, genero del Nappi, aveva vincolato, a garan

zia dell'esposizione di quest'ultimo verso il banco, costituendo

lo in pegno, un libretto di risparmio al portatore emesso dalla

stessa filiale di Salerno, portante una somma a credito di lire

615.764.554. Secondo l'istante la somma non era pari a quella

figurante nel contratto di mutuo, perché dalla stessa occorreva

detrarre le spese e gli oneri a carico del mutuatario; inoltre,

10 stesso Nappi aveva dichiarato che la somma versatagli in con

tanti era solo di lire 50.000.000; — secondo l'istante, il mutuo non era mai entrato nella ma

teriale disponibilità del Nappi, ma era defluito sul libretto di

risparmio intestato al Di Giaimo ed era stato utilizzato dal ban

co per pagare le cambiali rimaste insolute e «tenute nel casset

to», per azzerare lo scoperto e per estinguere anticipatamente

un precedente mutuo fondiario; — in conclusione, secondo l'istante, la reale intenzione delle

parti era quella di apprestare un mezzo per ottenere il pagamen

to garantito delle ragioni del banco verso il Nappi, e non di

concludere un contratto di mutuo fondiario.

Si costituiva in giudizio il Di Giaimo, il quale confermava, sostanzialmente, l'assunto del fallimento, anche quanto all'inte

stazione fittizia del libretto al portatore.

Si costituivano anche il Banco di Napoli e la sezione del cre

dito fondiario del banco, i quali sostenevano l'assoluta regolari

tà delle operazioni e, in particolare, che il mutuo e il pagamen

to della somma mutuata erano operazioni reali; che la somma

costituita in pegno era stata in parte imputata — su conforme

disposizione del Di Giaimo — ad estinzione di titoli scontati

dal Nappi; che il banco era assolutamente estraneo ad accordi

intercorsi tra il Nappi e il Di Giaimo, per cui non sussisteva

interposizione fittizia di persona. Con sentenza in data 19 settembre-31 ottobre 1991 il tribuna

le dichiarava simulato il contratto di mutuo fondiario stipulato

tra il Nappi e la sezione fondiaria del banco e, per conseguenza,

la nullità della relativa garanzia ipotecaria concessa dallo stesso

Nappi. 1.2. - La Corte d'appello di Napoli, con sentenza 18 dicem

bre 1996-4 marzo 1997, rigettava l'appello del Banco di Napoli

ed accoglieva l'impugnazione incidentale della curatela.

La sentenza è così motivata: — la statuizione della decisione di primo grado, secondo cui

11 contratto di mutuo era simulato perché stipulato allo scopo

di consentire alla banca di trasformare il proprio credito chiro

grafario in privilegiato non era censurabile in quanto: a) era

inconfutabile che i rapporti tra la banca, il Nappi e il Di Giai mo integravano gli estremi di un complesso negoziale unitario,

destinato ab origine ad estinguere il finanziamento in violazione

della par condicio creditorum, per cui gli stessi dovevano essere

valutati nel loro complesso; b) secondo la giurisprudenza di le

gittimità (sent. 12342/92, Foro it., Rep. 1993, voce Fallimento,

n. 347; 2742/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 413), nel caso

di mutuo ipotecario stipulato a copertura di un'anticipazione,

in precedenza concessa, senza che il mutuatario acquisisca la

disponibilità della somma mutuata, l'ipoteca integra garanzia

costituita per un debito preesistente, ed è quindi revocabile ai

sensi dell'art. 67, 1° comma, 1. fall.; ovvero, il riferimento della

garanzia ad una nuova apertura di credito è considerato simula

zione parziale; c) in applicazione del principio della revocabilità

dei pagamenti indipendentemente dal contratto cui si riferisco

no, nel caso in cui una banca concede un mutuo ipotecario con

destinazione del ricavato all'estinzione di debiti preesistenti si

configura un'ipotesi di atto solutorio, revocabile ex art. 67, 2°

comma, 1. fall.; — nel caso di specie, il mutuo era stato perfezionato con

la consegna degli assegni ai mutuatari, e costoro avevano subito

girato i titoli alla banca. Pertanto, la trasformazione del prece

dente credito chirografario in credito garantito da ipoteca risul

tava attuata con l'accensione del nuovo mutuo e con la destina

zione del ricavato a parziale estinzione dei debiti preesistenti.

Ciò che contava, quindi, era la natura solutoria dell'atto; — diverse circostanze indiziami, e precisamente: la costitu

zione di pegno irregolare, costituito da libretto al portatore con

segnato alla banca, da parte Di Giaimo; la mancanza di spiega

zioni circa le modalità del versamento dell'ingente somma da

parte di costui; la sua qualità di prossimo congiunto del Nappi;

il fatto che lo stesso Di Giaimo non si fosse insinuato al passi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vo, facevano ritenere simulata l'intera operazione (mutuo, ipo

teca, creazione di libretto al portatore con intestazione fittizia

e sua costituzione in pegno irregolare); — né poteva dubitarsi della finalità solutoria dell'intera ope

razione, posto che la somma figurante sul libretto era stata uti

lizzata dalla banca per abbattere lo scoperto del conto, congela to da oltre un anno, e per il pagamento delle cambiali di favore

girate dal Nappi per lo stesso scoperto; — la prova della consapevole partecipazione della banca al

l'accordo simulatorio emergeva dal fatto che quest'ultima, an

ziché utilizzare subito l'importo del libretto per l'estinzione del

lo scoperto, aveva atteso circa un anno; — doveva, invece, accogliersi l'appello incidentale, tendente

ad ottenere la dichiarazione di simulazione (relativa) del libretto

di risparmio, la quale scaturiva dalle considerazioni sopra svol

te, trattandosi di atto inserito in un complesso meccanismo ne

goziale; l'atto doveva, pertanto, essere revocato quale garanzia concessa per un debito preesistente, ai sensi dell'art. 67, 1° com

ma, n. 4, 1. fall, o, in alternativa, come atto facente parte di

un meccanismo solutorio non effettuato con mezzo normale di

pagamento (art. 67, 1° comma, n. 2, 1. fall.); — qualora si fosse ritenuto applicabile il principio della re

vocabilità dei pagamenti indipendentemente da quella dei con

tratti cui si riferiscono, opererebbe l'art. 67, 2° comma, risul

tando provata dalla curatela la scientia decoctionis della banca; — la revoca del complesso ed unitario meccanismo negoziale

comportava, pertanto, l'inefficacia — nei confronti del falli

mento — dei pagamenti effettuati dal Nappi a mezzo di prelie

vo, ad opera della banca, dal libretto al portatore, e cioè quello

per lire 180.000.000 dell'8 maggio 1985 e per lire 37.797.420

del 16 maggio 1985, in riferimento allo scoperto di conto; quel lo per lire 363.685.000 dell'8 agosto 1985 per le cambiali scontate;

— gli interessi legali decorrevano dalla domanda, e agli stessi

doveva aggiungersi il maggior danno ex art. 1224, 2° comma,

c.c., nella misura del tre per cento, tenuto conto del presumibi le reddito costituito dai frutti del deposito bancario delle somme.

Avverso tale sentenza il Banco di Napoli ha proposto ricorso

per cassazione, sulla base di sei mezzi d'annullamento.

Resiste il fallimento con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato «memorie».

I motivi di ricorso: 2.1. - Col primo motivo la banca ricor

rente, denunciando sotto diversi profili difetto, insufficienza o

contraddittorietà della motivazione, censura la sentenza impu

gnata, nella parte in cui la stessa ha considerato i rapporti inter

corsi tra essa banca, il Di Giaimo ed il Nappi come complesso unitario negoziale destinato ab origine a preordinare — in vio

lazione della par condicio creditorum — un congegno estintivo

del finanziamento.

II tribunale aveva, invece, ritenuto che il contratto di mutuo

fosse simulato, in quanto stipulato per trasformare in privile

giato il credito chirografario della banca.

Il punto centrale della controversia era quello di accertare

se il mutuo fosse o non affetto da simulazione assoluta.

Nella specie, la reale consegna della somma — attraverso la

quale si perfeziona il mutuo: art. 1813 e 1814 c.c. — risultava

dagli atti notarili.

La sentenza, sul punto della pretesa simulazione, sarebbe del

tutto carente di motivazione, sia in relazione al contratto di

mutuo, sia in relazione agli altri contratti, in quanto si sarebbe

limitata all'esposizione acritica delle tesi contrapposte. Sarebbe, del pari, carente e/o erronea la motivazione della

sentenza circa la prova della partecipazione del banco all'asseri

to accordo fittizio tra il Nappi e il Di Giaimo circa la costitu

zione del libretto al portatore. Le circostanze elencate nella sentenza non avrebbero, infatti,

valore indiziante nel senso preteso, in quanto: a) il ritardo nel

l'escussione del pegno irregolare si spiega col fatto che ciò, pro

prio per logica contabile, doveva avvenire alla chiusura del rap

porto, e tale chiusura, disposta su ordine della direzione gene rale del banco, era motivata dal fatto che il Nappi era prossimo al fallimento; b) comunque, da tale unica circostanza non pote va dedursi, ai sensi dell'art. 2727 c.c., la partecipazione della

banca al preteso accordo simulato; c) il mutuo stipulato non

era un mutuo di scopo, e quindi il banco non doveva verificare

se i lavori di restauro del fabbricato aziendale fossero iniziati;

d) infine, la corte d'appello non avrebbe neppure indicato

quale fosse la causa simulandi.

Il Foro Italiano — 2000.

2.2. - Col secondo motivo la ricorrente denuncia, sotto altro

profilo, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione.

La sentenza ha ritenuto la sussistenza della simulazione rela

tivamente all'intera operazione (mutuo, ipoteca, creazione del

libretto al portatore, sua costituzione in pegno) e, quindi, affer

mato che la somma fittiziamente concessa in mutuo non era

mai uscita dalla disponibilità della banca (salvo che per la som

ma di lire 50.000.000). Da ciò conseguiva che le domande di revoca ex art. 67 1. fall, non potevano essere accolte. E poiché il banco si era insinuato al passivo solo per il suo residuo credi

to per interessi (lire 50.000.000), l'unico pregiudizio che il falli mento avrebbe potuto subire, e che legittimava il curatore a

far valere la simulazione ai sensi dell'art. 1415, 2° comma, c.c., era soltanto l'ipoteca.

Quanto alle ritenute conseguenze della simulazione del con

tratto di mutuo, sarebbe stata superflua l'indagine sulla simula

zione degli altri due atti. Comunque, secondo costante giuris

prudenza, per aversi interposizione fittizia di persona è necessa

ria la partecipazione del terzo contraente all'accordo simulatorio, senza la quale non si stabilisce alcun rapporto tra interponente e terzo, e nei confronti di questo l'effettivo contraente sarebbe

solo la persona interposta. E al fine di ritenere partecipe il ter

zo, si richiede che la volontà negoziale di questo sia diretta, non solo a considerare la funzione figurativa del contraente, ma anche ad assumere diritti ed obblighi nei confronti dell'in

terponente.

Pertanto, secondo la ricorrente, l'accoglimento dell'appello incidentale avrebbe comportato un ingiusto arricchimento per la procedura fallimentare.

2.3. - Col terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 67

1. fall., nonché insufficienza e/o contraddittorietà della motiva

zione, la banca deduce che la sentenza non avrebbe tratto le

giuste conseguenze dalla premessa di una finalizzazione del com

plesso negoziale, con la partecipazione di un terzo, a trasforma

re il credito chirografario in privilegiato. Secondo la ricorrente, da tali premesse conseguiva soltanto

la revoca dell'ipoteca. Si tratterebbe, infatti, di un negozio indi

retto, caratterizzato dalla realità delle singole componenti. La

corte d'appello ha, invece, valutato ciascun atto autonomamen

te, considerandolo simulato e, quindi, nullo.

Sotto altro profilo, se il banco non avesse concesso il mutuo

fondiario, sarebbe stato titolare dell'originario credito chirogra fario, realizzabile nella percentuale di concorso. Nella logica dei

giudici di merito la par condicio creditorum sarebbe, quindi,

rispettata, mentre non lo sarebbe se, sulla base del mutuo ga rantito da ipoteca, il banco ottenesse il cento per cento del cre dito (privilegiato). È evidente, allora, che per ristabilire la par condicio basta dichiarare inefficace l'ipoteca.

La decisione impugnata punirebbe, quindi, due volte il ban

co, giacché ritiene inefficace l'ipoteca e, per altro verso, consi dera revocabile l'incasso della somma conseguito attraverso l'e

scussione del pegno costituito dal Di Giaimo. Con l'ulteriore,

assurda, conseguenza che il banco dovrebbe essere ammesso due

volte al passivo: una per l'originario credito, e una seconda (sem

pre in chirografo) per il credito derivante dal mutuo. 2.4. - Il quarto motivo ripropone la tesi, svolta nel secondo

mezzo, della incongruenza tra la premessa di un negozio nullo

per simulazione assoluta e la revocazione del pagamento delle

somme incassate dal banco la quale presupponeva, invece, la

disponibilità da parte del Nappi e, per esso, da parte del Di Giaimo. Tale tesi viene svolta subordinatamente a quella della

natura non simulata del mutuo e della non revocabilità dell'i

poteca. 2.5. - Col quinto motivo, denunciando violazione degli art.

112 e 113 c.p.c. e difetto di motivazione, la ricorrente lamenta

che la corte di merito abbia erroneamente qualificato il rappor to sottoposto al suo esame in riferimento all'art. 67, 1° comma, n. 4, 1. fall., riferentesi solo ai negozi di garanzia; che, inoltre, le altre due ipotesi applicate in via alternativa si fonderebbero

su diversi presupposti di fatto, non accertati né esaminati in

motivazione.

Inoltre, secondo la ricorrente, il pagamento della somma di

lire 363.685.000, relativo alle cambiali scontate, non era revo

cabile. Infatti, il netto ricavo dei titoli scontati e rimasti insoluti alla

scadenza era stato accreditato in conto al Nappi. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il contratto di scon

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PARTE PRIMA

to fa acquistare alla banca la proprietà dei titoli scontati, senza

obbligarla ad addebitare in conto corrente l'importo dei titoli

scaduti, potendo agire nei confronti di tutti i debitori cambiari

(art. 1859 c.c.: sent. 4718/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 418). L'incasso del denaro pagato soddisfa, quindi, un credito pro

prio del cessionario, e non del cedente, per cui, in caso di falli

mento del cliente, l'azione revocatoria del curatore può essere

rivolta contro il negozio di sconto, ma non pure contro il paga mento successivamente pagato alla banca dal debitore cartolare

(sent. 1295/91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 396; 2821/91, ibid., n. 397).

Nella specie, l'azione non ha per oggetto il negozio di sconto

bancario.

2.6. - Col sesto motivo la ricorrente lamenta che sia stato

riconosciuto il diritto alla rivalutazione monetaria, pur non aven

do la curatela fornito la prova del maggior danno, ex art. 1224, 2° comma, c.c., e pur essendo notorio che i tassi di deposito bancario o postale, previsti dall'art. 34 1. fall., erano inferiori

al tasso legale. Motivi della decisione. — 3.1. - L'esame delle censure richie

de alcune premesse sulla esatta definizione del dictum della sen

tenza impugnata. Come si è detto, la corte d'appello ha sostan

zialmente seguito la ricostruzione dei fatti prospettata dalla «cu

ratela», condividendone anche — sia pure in via alternativa —

l'articolata qualificazione giuridica. In sintesi, tutti gli atti posti in essere dalla banca e dal debitore, a partire dal contratto di

mutuo fondiario, costituirebbero un'unica sequenza, finalizzata

all'estinzione del debito risultante dallo scoperto di conto, in

crementato dall'importo delle cambiali scontate e non andate

a buon fine, e perciò integrante mezzo anormale di pagamento ai sensi dell'art. 67, 1° comma, n. 2, 1. fall.

In tale visione — che rappresenta la fondamentale ratio deci

dendi — s'inseriscono statuizioni alternative, con le quali è sta

ta dichiarata la simulazione relativa dell'atto di costituzione del

pegno irregolare, e/o l'inefficacia dei singoli atti di pagamento e di costituzione di garanzie.

3.2. - Passando al primo motivo, lo stesso merita accogli mento nella parte in cui viene censurata la dichiarazione di si

mulazione del mutuo fondiario e di nullità dell'ipoteca. L'anomalia (se così può dirsi) della decisione impugnata con

siste nel fatto che la stessa ha confermato espressamente la sta

tuizione della sentenza di primo grado sul punto. Infatti, pur mostrando di propendere per l'applicazione del meccanismo re

vocatorio previsto per gli anormali mezzi di pagamento all'inte

ra sequenza degli atti, come risulta inequivocabilmente da più

parti della motivazione (soprattutto pag. 44: «Del pari inconfu

tabile, nella specie, è che i rapporti intercorsi tra la banca, il

Nappi ed il Di Giaimo integrano gli estremi di un complesso ed unitario meccanismo negoziale, destinato ab origine (attra verso il collegamento del singoli atti e della funzione tipica a

ciascuno propria) a preordinare, in violazione della par condi

cio creditorum, un congegno estintivo del finanziamento, per

cui, come esattamente evidenziato dalla curatela, detti atti e ne

gozi vanno valutati non ex se, ma nel loro sincretismo finale»), nonché dall'adesione incondizionata alle tesi prospettate dalla

curatela nell'appello incidentale, la corte di merito ha affermato: — «... le circostanze rimarcate dal tribunale sono idonee

ad integrare gli estremi di altrettante presunzioni . . . tali da

far ritenere la sussistenza della simulazione relativamente alla

intera operazione» (pag. 49); «Circa il contratto di mutuo fondiario e la relativa iscrizione

d'ipoteca, il tribunale ha già provveduto, sotto il profilo della

simulazione, con l'impugnata sentenza» (pag. 57). Tale contrasto è, peraltro, soltanto apparente. In realtà, ciò

che la sentenza mira ad affermare, è soltanto la finalità perse

guita dalla sequenza degli atti, onde inquadrarla in un meccani

smo solutorio anomalo. Infatti, proprio la ricostruzione di tale

meccanismo mostra che i giudici di merito hanno ritenuto che

il Banco di Napoli e il debitore Nappi abbiano inteso adottare

una serie di atti per conseguire un reale risultato (e cioè il ripia namento del debito originario mediante un meccanismo che fosse

posto al riparo dalla revocatoria, in una situazione di grave dis

sesto dell'impresa), il che è manifestamente in contrasto con un intento di creare soltanto una realtà apparente, proprio della

simulazione. In tale complesso meccanismo, articolato in atti

ed effetti giuridici realmente voluti dalle parti, si è inserita l'in

terposizione fittizia del Di Giaimo per la creazione del libretto

Il Foro Italiano — 2000.

al portatore, mediante utilizzazione della somma data a mutuo, e successiva destinazione della stessa a ripianamento dello

scoperto. Una significativa conferma di tale qualificazione del comples

so meccanismo si ricava dal fatto che la stessa sentenza si ri

chiama a precedenti giurisprudenziali in materia, e si preoccupa di indagare anche sulla revocabilità di singoli atti (garanzie re vocabili perché prestate per debiti preesistenti; singoli atti di pagamento). A tutto ciò vengono aggiunte considerazioni sulla

simulazione degli atti stessi.

In sintesi, la corte di merito — decidendo su specifiche do

mande della curatela — ha inteso affermare l'inefficacia degli atti nei confronti del fallimento sotto il profilo di fattispecie revocatone di cui all'art. 67, 1° comma, n. 2, ovvero n. 3, 1. fall., e, nel contempo, ha dichiarato la simulazione di singoli atti.

Pur trattandosi di ragioni giuridiche non alternative in rela

zione ad una identica pronuncia, in quanto la sentenza che di

chiara la simulazione comporta una radicale inefficacia degli atti simulati, mentre l'inefficacia conseguente alla sentenza che

accoglie la domanda di revoca opera soltanto nei confronti del

la massa, tale statuizione concorrente non comporta alcuna con

traddizione o perplessità, censurabile sotto il profilo dell'art.

360, n. 5, c.p.c. Intanto, potrebbe trattarsi di statuizioni alter

native di diversa portata e intensità. Tale intento emerge chiara

mente a pag. 45, dove viene richiamata la sentenza di questa corte 2742/94, cit., nella quale l'ipoteca iscritta dalla banca in

sede di apertura di credito concessa al cliente già debitore per saldo passivo relativo ad altro contratto regolato in conto cor

rente è qualificabile come garanzia di detta preesistente obbliga

zione, e come tale ricade nelle previsioni dell'art. 67, 1° com

ma, n. 4, 1. fall., «in presenza di simulazione assoluta, ovvero

in presenza di collegamento negoziale», che evidenzi l'intento

dei contraenti di considerare la nuova provvista come già utiliz

zata dall'accreditato per l'importo corrispondente al precorso debito. Pertanto, la pratica finalità perseguita dal fallimento, e cioè quella di giungere all'inopponibilità alla massa degli atti

di costituzione di garanzia e/o solutori, posti in essere per ripia nare le preesistenti passività, potrebbe in astratto rispondere ad

esigenze di fornire un duplice supporto motivazionale in rela

zione a tale finalità.

La correttezza di tale tecnica — più decisoria che motivazio

nale — è stata ritenuta dalla giurisprudenza di questa corte, oltre che nelle sentenze 2742/94, cit., e 6569/94 (id., Rep. 1995, voce cit., n. 416), citate nella decisione impugnata, anche nelle

più recenti 9075/95 (id., Rep. 1996, voce cit., n. 401), 9520/97 (id., Rep. 1998, voce cit., n. 480), e 12740/98 (ibid., n. 479).

Ma, come si è già osservato, la sentenza mostra di ritenere

che le parti abbiano voluto realmente compiere gli atti, al fine

di utilizzarne gli effetti per conseguire un reale risultato. Per

tanto, non essendo possibile rimuovere tale statuizione median

te correzione della motivazione, la parte della sentenza con la

quale è stata dichiarata la simulazione dei diversi atti (eccezion fatta dell'interposizione fittizia del Di Giaimo) deve essere an

nullata.

3.3. - Sono, invece, infondate le censure svolte nella seconda

parte del primo motivo e nel secondo, terzo e quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente.

Si deve rilevare, anzitutto, che il ricorso non contiene specifi che censure su quella che, come si è sopra spiegato, costituisce

la ratio decidendi di fondo della sentenza.

La banca ricorrente non ha, infatti, contestato, né sotto il

profilo dell'accertamento dei fatti, né sotto quello dell'interpre tazione o applicazione di norme giuridiche, la ricostruzione de

gli atti come sequenza degli stessi, collegata in vista di un prati co risultato, né la qualificazione di tale sequenza come mezzo

anormale di pagamento, con l'ulteriore qualificazione (aggiun tiva o alternativa) di alcuni atti come revocabili ex se. Le censu

re si limitano, infatti, a porre in rilievo che atti dichiarati invali

di perché simulati non sono idonei a produrre effetti giuridici e, quindi, a ricadere sotto il meccanismo della revocatoria.

La ricorrente ha soggiunto che la conseguenza logica della

ricostruzione accolta dalla corte d'appello sarebbe soltanto l'i

nefficacia dell'ipoteca. In realtà è, invece, assolutamente chiaro

che la dichiarazione di inefficacia ha colpito tutta la sequenza di atti.

Quanto alla partecipazione del Di Giaimo, la sentenza ha ri

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tenuto trattarsi di interposizione fittizia su una serie di circo

stanze costituenti indizi gravi, precisi e concordanti, con moti

vazione immune da censure di legittimità. È evidente, del resto,

che tale interposizione, nel complesso meccanismo volto ad estin

guere le precedenti passività, aveva un ruolo fondamentale, giac ché mirava a proteggere le rimesse sul conto dalla revocatoria,

facendole apparire come effettuate da un terzo con denaro

proprio. 3.4. - Passando alla prima parte del quinto motivo, non è

vero che la corte d'appello abbia esaminato la vicenda solo sot

to il profilo dell'art. 67, 1° comma, n. 4, applicabile soltanto

ai negozi di garanzia. Si è già ripetutamente osservato come

la fondamentale ratio decidendi della sentenza impugnata sia

proprio il collegamento tra i diversi atti, combinato col fittizio

intervento del terzo, collegamento che fa ritenere inefficace, in

nanzitutto, l'estinzione del pregresso debito. Solo a fine raffor

zativo la sentenza ha ricordato che, comunque, le garanzie era

no revocabili anche ex se, in quanto prestate per un debito pree sistente.

La seconda parte del motivo contiene un errore di prospetti va: il principio richiamato dalla banca ricorrente, secondo cui

l'incasso dei titoli scontati soddisfa un credito del cessionario,

per cui tale incasso non costituisce pagamento revocabile, non

ha alcun rilievo nella specie, in cui il debito del soggetto che

ha scontato i titoli non deriva dall'operazione di sconto, ma

dal fatto che i titoli scontati non sono andati a buon fine. Tan

to che, secondo una corretta regola di gestione, il mancato in

casso delle cambiali avrebbe dovuto portare a corrispondente addebito nel conto o, quanto meno, in altro apposito conto,

mentre, come la sentenza ha rilevato, i titoli in questione erano

stati tenuti dalla banca «nel cassetto».

Infine, la ricostruzione accolta, e la sua qualificazione giuri

dica come mezzo anormale di pagamento (oltre alla pronuncia d'inefficacia delle garanzie per sé considerate) non conduce af

fatto, come ritenuto dalla banca ricorrente, all'assurda conse

guenza del sorgere di un doppio credito (in chirografo) della

banca, e cioè quello originario e quello derivante dal mutuo

(dal momento che lo stesso deve considerarsi realmente eroga

to). Come si è detto, la somma mutuata non era entrata nella

autonoma e materiale disponibilità del mutuatario, essendo sta

ta impiegata dalla banca per ripianare la precedente passività. Il mutuatario non ha alcun obbligo alla restituzione di una som

ma di cui non ha avuto la autonoma disponibilità. In altre pa

role, la complessiva inefficacia che colpisce la sequenza degli atti (nella quale si inserisce la statuizione d'interposizione fitti

zia di persona) rende insensibile la massa alle variazioni patri moniali poste in essere a partire dall'accensione del mutuo. Re

sta, pertanto, in essere solo l'originario credito (e cioè lo sco

perto di conto maggiorato dell'importo delle cambiali non andate

a buon fine o, comunque, ritirate) e, in relazione ad esso, per usare un'espressione del linguaggio contabile, il complesso degli atti compiuti a partire dal mutuo fondiario può definirsi come

operazione puramente permutativa. Altro è, naturalmente, il problema di un'insinuazione di tale

credito, in relazione alla quale, naturalmente, la banca può in

correre nelle preclusioni derivanti dallo stato della procedura,

avendo, con la propria operazione fraudolenta, assunto il ri

schio relativo.

3.5. - Anche l'ultimo motivo non può trovare accoglimento,

essendo immune da rilievi il ragionamento della corte d'appel

lo, la quale si è limitata ad accordare, su esplicita domanda

della curatela, un danno ulteriore commisurato al tre per cento

delle somme dovute per i periodi in cui l'interesse legale era

commisurato al cinque per cento annuo, sulla base della pro

spettazione del maggior reddito ottenibile dal deposito bancario

delle somme.

3.6. - La conclusione è, pertanto, nel senso che il ricorso —

fatta eccezione per la prima parte del primo motivo — deve

essere rigettato. Per quanto riguarda l'annullamento del capo di sentenza re

lativo alla simulazione del mutuo fondiario e la conseguente

nullità dell'iscrizione ipotecaria, la cassazione della sentenza sul

punto non rende necessario un nuovo esame in sede di rinvio,

potendo questa corte, nell'esercizio dei poteri di decisione nel

merito attribuitile dall'art. 384 c.p.c., dichiarare l'insussistenza

Il Foro Italiano — 2000 — Parte 1-4.

della simulazione respingendo la relativa domanda, non essen

do, all'uopo, necessari ulteriori accertamenti o valutazioni di

fatto. Come si è detto, infatti, la decisione della corte d'appello sul punto sostanzia un'erronea qualificazione giuridica del com

plesso negoziale (o almeno di parte di esso) e, quindi, un vizio

di falsa applicazione di norme giuridiche (art. 360, n. 3, c.p.c.), il quale legittima una pronunzia sul merito.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 marzo

1999, n. 2625; Pres. Genghini, Est. Dell'Anno, P.M. Rai

mondi (conci, diff.); Soc. Ferrovie dello Stato (Aw. Tosi) c. Filt-Cgil del Trentino (Aw. Vacirca), Uil-Trasporti (Avv. Cescatti, Pellegrini), Fit-Cisl. Cassa Trib. Trento 19 marzo

1996 e decide nel merito.

Sciopero, serrata e boicottaggio — Sciopero nei servizi pubblici essenziali — Accordo sindacale per la determinazione delle

prestazioni indispensabili — Giudizio di inidoneità della com missione di garanzia — Successiva proposta della commissio

ne — Inosservanza — Poteri del datore di lavoro — Fattispe cie di comportamento antisindacale (Cost., art. 40; 1. 20 mag

gio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei

lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei

luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 28; 1. 12 giu

gno 1990 n. 146, norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della com

missione di garanzia dell'attuazione della legge, art. 1, 2, 8).

Va cassata la sentenza che abbia ritenuto antisindacale il com

portamento del datore di lavoro che, qualora non sussista

un fondato pericolo di pregiudizio grave ed imminente ai di ritti della persona costituzionalmente garantiti, ma sia rima

sta inosservata la proposta della commissione di garanzia se

guita al giudizio di inidoneità dell'accordo di determinazione delle prestazioni indispensabili in caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali, abbia comandato l'espletamento di tali pre

stazioni nei limiti stabiliti dalla commissione con la sua pro posta, esplicante efficacia vincolante, quanto al giudizio di

congruità delle prestazioni, sia nei confronti delle parti, sia

nei confronti del giudice. (1)

(1) La premessa del ragionamento sviluppato dalla pronuncia in epi grafe sta nell'affermazione della natura imperativa della disposizione del 1° comma dell'art. 2 1. 146/90, che detta le procedure da seguire nella proclamazione degli scioperi, fissandone i limiti, concernenti l'e

rogazione agli utenti delle prestazioni indispensabili. Secondo la corte, la norma va applicata anche quando le parti non abbiano concluso i contratti collettivi e gli accordi negoziali previsti dal 2° comma dell'art. 2 della legge nonché quando la commissione di garanzia abbia espresso giudizio di inidoneità degli accordi raggiunti.

La pronuncia fa leva sul 1° comma dell'art. 2, che configura su chi esercita il diritto di sciopero un autonomo obbligo legale a che in ogni caso sia assicurato un livello di prestazioni compatibile con le finalità della legge e sul 2° comma dell'art. 19, secondo cui le parti collettive

devono comunque attenersi a quanto previsto dal 1° comma dell'art.

2, ancorché non vi abbiano provveduto per determinazione pattizia.

Dunque, prosegue la Cassazione, nell'ipotesi in cui gli accordi manchi

no o nel caso in cui la commissione di garanzia li abbia giudicati inido

nei, le prestazioni indispensabili dovranno comunque essere determinate.

E a provvedere saranno per la corte, a seconda dei casi, il datore

di lavoro o l'autorità amministrativa. L'autorità amministrativa farà

ricorso alla precettazione qualora sussista, ai sensi dell'art. 8 della leg

ge, un fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti

della persona costituzionalmente garantiti. Quando, invece, tale presup

posto non ricorra, la Cassazione ritiene doveroso l'intervento del dato

re di lavoro. Il regolamento datoriale, peraltro, sottolinea la corte, deve

essere contenuto nei limiti della proposta della commissione di garan

zia, seguita al giudizio di inidoneità dell'accordo raggiunto dalle parti. In questo senso, secondo la pronuncia in epigrafe, la proposta della

commissione dispiega efficacia vincolante sia nei confronti delle parti,

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