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sezione I civile; sentenza 25 marzo 1999, n. 2801; Pres. Grieco, Est. Altieri, P.M. Schirò (concl.diff.); Banco di Napoli (Avv. Marseglia, Morgera) c. Fall. Nappi (Avv. Carrano) e altro. CassaApp. Salerno 4 marzo 1997 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 185/186-193/194Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195316 .
Accessed: 25/06/2014 05:36
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ha intimato il pagamento alla ditta Lido Tricoli gestione Legato Vincenzo e nonostante detta precisazione ha notificato l'atto
a Tricoli Giovanni Luigi. In ogni caso l'opposta non ha prodotto in giudizio alcuna
documentazione relativa all'effettiva consegna della fornitura
dei prodotti alimentari, come peraltro era stato disposto con
ordinanza del 18 marzo 1998, e di conseguenza la richiesta avan
zata in via subordinata di condanna del chiamato in causa Le
gato Vincenzo, ex art. 106 c.p.c., non può essere accolta.
È di tutta evidenza, infatti, che la semplice produzione della
fattura, se può considerarsi idonea per l'emissione del decreto
ingiuntivo, non è sufficiente per dimostrare la pretesa creditoria
una volta instauratosi il giudizio ordinario.
L'opposizione avanzata da Tricoli Giovanni va, pertanto, ac
colta e di conseguenza il decreto ingiuntivo opposto deve essere
revocato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 25 marzo
1999, n. 2801; Pres. Grieco, Est. Altieri, P.M. Schirò (conci,
diff.); Banco di Napoli (Avv. Marseglia, Morgera) c. Fall.
Nappi (Avv. Carrano) e altro. Cassa App. Salerno 4 marzo 1997 e decide nel merito.
Fallimento — Azione revocatoria fallimentare — Negozio solu
torio anomalo voluto dalle parti — Declaratoria di simulazio
ne e di revoca — Cassazione della sentenza — Esclusione —
Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 384; r.d. 16 marzo 1942 n.
267, disciplina del fallimento, art. 67).
La sentenza di merito che, avendo accertato la volontà della
banca e del correntista poi fallito di estinguere un precedente debito avvalendosi di un «meccanismo solutorio anomalo»
(costituito, nella specie, dall'accensione di un mutuo ipoteca rio senza acquisizione da parte del correntista della disponibi lità della somma mutuata, depositata su un libretto di rispar mio costituito in pegno irregolare da un terzo a garanzia del
debito preesistente e successivamente utilizzata per estinguere tale passività), abbia ritenuto la complessiva operazione af
fetta da simulazione relativa e, al contempo, conforme allo
schema del negozio indiretto, revocandola ai sensi dell'art.
67, 1° comma, n. 2, l. fall., va annullata nella sola parte che ha dichiarato la simulazione, rimanendone fermo il di
spositivo, comunque conforme al diritto. (1)
(1) Con la sentenza in epigrafe, della quale non risultano precedenti negli esatti termini, la corte regolatrice tratta un aspetto particolare del tema della revocatoria dei negozi attraverso i quali le banche sanano la posizione debitoria del correntista, non garantita, con la concessione di un ulteriore credito, munito di garanzia reale, il cui ammontare non viene messo nella disponibilità del debitore, ma è utilizzato per estin
guere la preesistente passività. Le ipotesi che più frequentemente si verificano, al riguardo, sono
l'accensione di un mutuo assistito da garanzia tipica (pegno o ipoteca) o atipica (cessione di credito o mandato in rem proprìam), con utilizzo della somma mutuata per coprire la precorsa esposizione, o la conces sione di un'apertura di credito ai sensi dell'art. 1842 c.c., con conte
stuale concessione della garanzia (ipotesi, questa, nella quale, in presen za di un affidamento di importo superiore a quello della scopertura, la banca mira a cautelarsi anche contro il rischio di revocatoria delle
successive rimesse in conto corrente, che, in presenza dell'apertura di
credito, acquisiscono natura ripristinatoria della provvista correlata al
fido; v., sul tema, da ultimo, App. Venezia 4 dicembre 1998, Trib.
Milano 9 marzo 1999, e Trib. Rovigo 22 dicembre 1998, Foro it., 1999,
I, 2681, con nota di richiami). La decisione qui riportata affronta la prima di tali ipotesi (come pure
fanno Cass. 19 novembre 1997, n. 11495, id., Rep. 1998, voce Falli
mento, n. 478; 29 settembre 1997, n. 9520, ibid., n. 480; 22 novembre
1996, n. 10347, id., Rep. 1997, voce cit., n. 419; 18 novembre 1992, n. 12342, id., Rep. 1993, voce cit., n. 347; 9 maggio 1991, n. 5193,
Il Foro Italiano — 2000.
Svolgimento del processo. — 1.1. - Il fallimento di Stefano
Nappi conveniva dinanzi al Tribunale di Salerno il Banco di
Napoli s.p.a., la sezione del credito fondiario del Banco e Nico
la Di Giaimo, congiunto del Nappi, chiedendo che fosse di
chiarata:
I) in via incidentale:
a) con efficacia di giudicato la simulazione relativa — con
cernente il Napoli e il Di Giaimo — del negozio di costituzione
di pegno del libretto di risparmio, emesso dalla filiale di Saler
no del banco, con la somma a credito di lire 615.764.554;
id., 1992, I, 152, con nota di Fabiani, Revocatoria fallimentare: un
«puzzle» tutt'altro che definito-, nella giurisprudenza di merito, Trib. Catania 25 maggio 1992, id., Rep. 1993, voce cit, n. 348; 29 febbraio 1992, ibid., n. 345; Trib. Cagliari 26 febbraio 1990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 419; App. Milano 2 febbraio 1990, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 412; mentre Cass. 21 dicembre 1998, n. 12740, id., Rep. 1998, voce cit., n. 479; 2 settembre 1998, n. 8703, ibid., n. 475; 29 agosto 1995, n. 9075, id., Rep. 1996, voce cit., n. 401; 13 luglio 1994, n. 6569, id., Rep. 1995, voce cit., n. 416; 22 marzo 1994, n. 2742, id., Rep. 1994, voce cit., n. 413; 25 febbraio 1993, n. 2330, id., Rep. 1993, voce
cit., n. 339; 25 novembre 1992, n. 12538, ibid., n. 342, e, nella giuris prudenza di merito, App. Palermo 24 gennaio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 359, trattano casi di concessione di apertura di credito), ed enuncia un principio che suscita interesse sotto due distinti aspetti.
Anzitutto, e quanto al decisum immediato, i giudici di legittimità, dopo aver premesso che, in presenza dell'accertamento in sede di meri to dell'effettiva volontà delle parti di porre in essere il negozio solutorio
anomalo, l'operazione non può considerarsi simulata, ma va ricondotta allo schema del negozio indiretto (conformandosi così ad un orienta mento ormai consolidato; v., infatti, seppure con espressioni a volte di dubbia portata, Cass. 21 dicembre 1998, n. 12740, cit.; 2 settembre
1998, n. 8703, cit.; 19 novembre 1997, n. 11495, cit.; 29 settembre 1997, n. 9520, cit.; 22 novembre 1996, n. 10347, cit.; 29 agosto 1995, n. 9075, cit.; 13 luglio 1994, n. 6569, cit.; 22 marzo 1994, n. 2742, cit., che non esclude la possibilità della simulazione quando le parti abbiano voluto soltanto la garanzia reale, e non anche l'apertura di credito; 25 febbraio 1993, n. 2330, cit.; 25 novembre 1992, n. 12538, cit.; 9
maggio 1991, n. 5193, cit.; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Ca tania 25 maggio 1992, cit., che non esclude neppure essa l'ipotesi della simulazione; 29 febbraio 1992, cit.; App. Milano 2 febbraio 1990, cit.; contra, invece, nel senso che l'operazione è senz'altro simulata, paiono le datate Cass. 4 aprile 1970, n. 909, id., Rep. 1970, voce cit., n. 372, e 29 gennaio 1970, n. 182, ibid., n. 297, che parla di «carattere pura mente fittizio» del negozio), hanno ritenuto che la sentenza di merito, che affermava sia la simulazione, sia la ricorrenza del negozio indiretto, pronunciando la revoca ai sensi dell'art. 67, 1° comma, n. 2, 1. fall., non fosse da cassare, ma da annullare nel solo capo che accertava la
simulazione, in applicazione del disposto dell'art. 384 c.p.c., poiché l'an nullamento di tale capo non influiva nel complesso delle diverse ratio nes decidendi, che risultavano immuni da vizi; e sotto questo particola re aspetto, probabilmente per la stretta attinenza del principio al caso di specie, non si rinvengono precedenti.
Secondo la corte, poi, ad essere colpita dalla declaratoria di ineffica cia deve essere, in tali casi, l'intera «sequenza di atti», in quanto costi tuente un «complesso meccanismo solutorio» avente carattere di anor malità (nello stesso senso, v. anche Cass. 2 settembre 1998, n. 8703, cit.; 19 novembre 1997, n. 11495, cit., dove si afferma che la revoca «doveva estendersi all'intero procedimento indirettamente solutorio»; 22 novembre 1996, n. 10347, cit., che parla di «inefficacia dell'atto conclusivo della sequenza» e di «diretta comunicazione di tale ineffica cia agli altri atti, preordinati, della sequenza stessa»; 13 luglio 1994, n. 6569, cit., che qualifica come anormale «l'intera operazione formata dai negozi collegati»; 25 febbraio 1993, n. 2330, cit., che anch'essa
parla di «intera operazione . . . anormale» e ritiene revocabile sia la
garanzia, sia l'atto estintivo del debito; 25 novembre 1992, n. 12538, cit.); anche se occorre notare, al riguardo, che in alcuni dei casi appena citati (cui adde Trib. Catania 29 febbraio 1992, cit.; Trib. Milano 2 febbraio 1990, cit.), la revoca ha colpito, in concreto, il solo evento
solutorio, o la sola concessione del nuovo credito, quale effetto, verosi
milmente, dell'osservanza da parte dei giudicanti del principio di corri
spondenza tra il chiesto e il prununciato. Nel senso, invece, che la revoca deve colpire la concessione della ga
ranzia, perché successiva al credito garantito, individuato nell'origina ria passività, v. Cass. 21 dicembre 1998, n. 12740, cit.; 29 settembre
1997, n. 9520, cit., che afferma anche la natura «anormale» del nego zio complessivo; 29 agosto 1995, n. 9075, cit.; 22 marzo 1994, n. 2742, cit.; 18 novembre 1992, n. 12342, cit.; nella giurisprudenza di merito, Trib. Catania 25 maggio 1992, cit.
Non ravvisa invece l'anormalità dell'operazione ma revoca il paga mento ai sensi dell'art. 67, 2° comma, 1. fall., in quanto ricompreso nel periodo sospetto, Cass. 9 maggio 1991, n. 5193, cit.
Di assai dubbia portata, infine, poiché l'unico riferimento è costitui to dalla massima ufficiale, è la recente Cass. 28 gennaio 1999, n. 741, id., Mass., Ili, dove, in presenza di un'operazione analoga a quella
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PARTE PRIMA
ti) la revoca degli atti solutori effettuati, sia a pagamento di
cambiali girate per lo sconto per lire 368.865.000, sia a chiusura
del passivo del conto corrente acceso dal Nappi presso la filiale
del Banco di Battipaglia, pari a lire 225.289.174; II) in via definitiva: a) la simulazione assoluta del contratto di mutuo fondiario
stipulato tra il Nappi e il banco con rogito del 18 giugno 1985,
e la conseguente nullità dell'ipoteca su un fabbricato per opifi
cio industriale ivi indicato; ti) in subordine, la simulazione relativa del predetto contrat
to, con la conseguente revoca della garanzia ipotecaria, ai sensi,
alternativamente, del 1° comma, n. 3, e del 2° comma dell'art.
67 1. fall; c) in ulteriore subordine, la revoca degli atti solutori e dell'i
poteca ai sensi dell'art. 67, 2° comma, n. 2, 1. fall.
La curatela deduceva che il banco si era insinuato allo stato
passivo per la somma di lire 38.461.463, relativa allo scoperto
di conto acceso presso la propria filiale di Battipaglia.
Detto credito rappresentava l'epilogo contabile di una vicen
da che veniva così ricostruita: — dall'estratto del conto intestato al Nappi risultavano —
con causale «disposizione» — due accrediti in date 8 e 16 mag
gio 1986, per lire 180.537.129 e 37.797.420. In conseguenza,
10 scoperto di conto pari a lire 214.795.612, superiore al limite
concesso di 200.000.000, era stato ripianato. Con la seconda
disposizione si era coperto anche l'ulteriore addebito, con cau
sale «competenze»; — essendo stato ripianato il conto circa un mese prima della
dichiarazione di fallimento, il giudice delegato aveva chiesto al
banco l'identità del soggetto autore della prima disposizione,
ricevendo la risposta che si trattava di un terzo; — dal primo accredito residuava un saldo passivo di lire
33.643.688, ripianato dalla seconda disposizione, che portava
11 saldo in attivo a lire 4.153.732, utilizzate per il saldo delle
competenze per un esattamente corrispondente importo. Poiché
la seconda disposizione e l'addebito delle competenze erano sta
ti effettuati in pari data, se ne doveva dedurre che il terzo dove
va sapere anticipatamente quanto esattamente occorreva per chiu
dere il conto; — su quest'ultimo erano transitate anche le operazio.. elati
ve al rapporto di sconto tra il Nappi e il banco, e precisamente
cambiali, parte delle quali, per lire 363.835.000, pur apparendo
regolarmente adempiute dagli obbligati principali, erano rima
ste insolute, senza che il banco provvedesse alle conseguenti an
notazioni in addebito, in quanto le aveva occultate. Secondo
l'istante il saldo passivo contabilizzato era, pertanto, inferiore
a quello reale; — il banco non si era insinuato al passivo per il credito deri
vante dal mancato pagamento degli effetti scontati in quanto
era stato soddisfatto. Infatti, aveva restituito al Nappi cambiali
per l'esatto importo sopra indicato, dopo che il «terzo» aveva
effettuato un versamento di lire 359.265.000; — sull'estratto conto del 31 gennaio 1986 figurava, con valu
ta anteriore di alcuni mesi, un accredito per lire 18.493.562 che,
secondo l'istante, avrebbe dovuto riferirsi alla retrocessione de
gli interessi sullo sconto delle cambiali girate al banco, e non
ancora pervenute a scadenza quando il Nappi aveva ritirato il
«pacco» di cambiali per lire 363.865.000; — dinanzi allo stesso tribunale pendeva procedura esecutiva
immobiliare che il Banco di Napoli, senza insinuarsi al passivo
del fallimento, aveva iniziato contro il Nappi a seguito dell'ero
gazione a suo favore di un mutuo fondiario. Il contratto era
stato stipulato con rogito notarile del 18 giugno 1985 e la som
ma mutuata (lire 730.000.000) era stata versata il 4 luglio 1985,
come da atto notarile di quietanza; — a garanzia del mutuo il Nappi aveva costituito ipoteca su
immobile di sua proprietà per lire 1.825.000.000;
di cui alla sentenza in epigrafe, si è affermato che la richiesta di ammis
sione al passivo al rango ipotecario del credito derivante dal mutuo
concesso ad hoc sarebbe legittima quando l'ipoteca, pur successiva al
l'esposizione originaria, sia irrevocabile perché anteriore al periodo so
spetto, a nulla rilevando la circostanza che la somma mutuata non sia
mai stata messa a disposizione del correntista, ma soltanto annotata
sul suo conto corrente, con la conseguenza pratica di consentire la co
stituzione di un vincolo reale a garanzia di una esposizione debitoria
in precedenza non garantita. [E. Staunovo Polacco]
Il Foro Italiano — 2000.
— lo stesso giorno in cui il Nappi aveva rilasciato quietanza,
Nicola Di Giaimo, genero del Nappi, aveva vincolato, a garan
zia dell'esposizione di quest'ultimo verso il banco, costituendo
lo in pegno, un libretto di risparmio al portatore emesso dalla
stessa filiale di Salerno, portante una somma a credito di lire
615.764.554. Secondo l'istante la somma non era pari a quella
figurante nel contratto di mutuo, perché dalla stessa occorreva
detrarre le spese e gli oneri a carico del mutuatario; inoltre,
10 stesso Nappi aveva dichiarato che la somma versatagli in con
tanti era solo di lire 50.000.000; — secondo l'istante, il mutuo non era mai entrato nella ma
teriale disponibilità del Nappi, ma era defluito sul libretto di
risparmio intestato al Di Giaimo ed era stato utilizzato dal ban
co per pagare le cambiali rimaste insolute e «tenute nel casset
to», per azzerare lo scoperto e per estinguere anticipatamente
un precedente mutuo fondiario; — in conclusione, secondo l'istante, la reale intenzione delle
parti era quella di apprestare un mezzo per ottenere il pagamen
to garantito delle ragioni del banco verso il Nappi, e non di
concludere un contratto di mutuo fondiario.
Si costituiva in giudizio il Di Giaimo, il quale confermava, sostanzialmente, l'assunto del fallimento, anche quanto all'inte
stazione fittizia del libretto al portatore.
Si costituivano anche il Banco di Napoli e la sezione del cre
dito fondiario del banco, i quali sostenevano l'assoluta regolari
tà delle operazioni e, in particolare, che il mutuo e il pagamen
to della somma mutuata erano operazioni reali; che la somma
costituita in pegno era stata in parte imputata — su conforme
disposizione del Di Giaimo — ad estinzione di titoli scontati
dal Nappi; che il banco era assolutamente estraneo ad accordi
intercorsi tra il Nappi e il Di Giaimo, per cui non sussisteva
interposizione fittizia di persona. Con sentenza in data 19 settembre-31 ottobre 1991 il tribuna
le dichiarava simulato il contratto di mutuo fondiario stipulato
tra il Nappi e la sezione fondiaria del banco e, per conseguenza,
la nullità della relativa garanzia ipotecaria concessa dallo stesso
Nappi. 1.2. - La Corte d'appello di Napoli, con sentenza 18 dicem
bre 1996-4 marzo 1997, rigettava l'appello del Banco di Napoli
ed accoglieva l'impugnazione incidentale della curatela.
La sentenza è così motivata: — la statuizione della decisione di primo grado, secondo cui
11 contratto di mutuo era simulato perché stipulato allo scopo
di consentire alla banca di trasformare il proprio credito chiro
grafario in privilegiato non era censurabile in quanto: a) era
inconfutabile che i rapporti tra la banca, il Nappi e il Di Giai mo integravano gli estremi di un complesso negoziale unitario,
destinato ab origine ad estinguere il finanziamento in violazione
della par condicio creditorum, per cui gli stessi dovevano essere
valutati nel loro complesso; b) secondo la giurisprudenza di le
gittimità (sent. 12342/92, Foro it., Rep. 1993, voce Fallimento,
n. 347; 2742/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 413), nel caso
di mutuo ipotecario stipulato a copertura di un'anticipazione,
in precedenza concessa, senza che il mutuatario acquisisca la
disponibilità della somma mutuata, l'ipoteca integra garanzia
costituita per un debito preesistente, ed è quindi revocabile ai
sensi dell'art. 67, 1° comma, 1. fall.; ovvero, il riferimento della
garanzia ad una nuova apertura di credito è considerato simula
zione parziale; c) in applicazione del principio della revocabilità
dei pagamenti indipendentemente dal contratto cui si riferisco
no, nel caso in cui una banca concede un mutuo ipotecario con
destinazione del ricavato all'estinzione di debiti preesistenti si
configura un'ipotesi di atto solutorio, revocabile ex art. 67, 2°
comma, 1. fall.; — nel caso di specie, il mutuo era stato perfezionato con
la consegna degli assegni ai mutuatari, e costoro avevano subito
girato i titoli alla banca. Pertanto, la trasformazione del prece
dente credito chirografario in credito garantito da ipoteca risul
tava attuata con l'accensione del nuovo mutuo e con la destina
zione del ricavato a parziale estinzione dei debiti preesistenti.
Ciò che contava, quindi, era la natura solutoria dell'atto; — diverse circostanze indiziami, e precisamente: la costitu
zione di pegno irregolare, costituito da libretto al portatore con
segnato alla banca, da parte Di Giaimo; la mancanza di spiega
zioni circa le modalità del versamento dell'ingente somma da
parte di costui; la sua qualità di prossimo congiunto del Nappi;
il fatto che lo stesso Di Giaimo non si fosse insinuato al passi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vo, facevano ritenere simulata l'intera operazione (mutuo, ipo
teca, creazione di libretto al portatore con intestazione fittizia
e sua costituzione in pegno irregolare); — né poteva dubitarsi della finalità solutoria dell'intera ope
razione, posto che la somma figurante sul libretto era stata uti
lizzata dalla banca per abbattere lo scoperto del conto, congela to da oltre un anno, e per il pagamento delle cambiali di favore
girate dal Nappi per lo stesso scoperto; — la prova della consapevole partecipazione della banca al
l'accordo simulatorio emergeva dal fatto che quest'ultima, an
ziché utilizzare subito l'importo del libretto per l'estinzione del
lo scoperto, aveva atteso circa un anno; — doveva, invece, accogliersi l'appello incidentale, tendente
ad ottenere la dichiarazione di simulazione (relativa) del libretto
di risparmio, la quale scaturiva dalle considerazioni sopra svol
te, trattandosi di atto inserito in un complesso meccanismo ne
goziale; l'atto doveva, pertanto, essere revocato quale garanzia concessa per un debito preesistente, ai sensi dell'art. 67, 1° com
ma, n. 4, 1. fall, o, in alternativa, come atto facente parte di
un meccanismo solutorio non effettuato con mezzo normale di
pagamento (art. 67, 1° comma, n. 2, 1. fall.); — qualora si fosse ritenuto applicabile il principio della re
vocabilità dei pagamenti indipendentemente da quella dei con
tratti cui si riferiscono, opererebbe l'art. 67, 2° comma, risul
tando provata dalla curatela la scientia decoctionis della banca; — la revoca del complesso ed unitario meccanismo negoziale
comportava, pertanto, l'inefficacia — nei confronti del falli
mento — dei pagamenti effettuati dal Nappi a mezzo di prelie
vo, ad opera della banca, dal libretto al portatore, e cioè quello
per lire 180.000.000 dell'8 maggio 1985 e per lire 37.797.420
del 16 maggio 1985, in riferimento allo scoperto di conto; quel lo per lire 363.685.000 dell'8 agosto 1985 per le cambiali scontate;
— gli interessi legali decorrevano dalla domanda, e agli stessi
doveva aggiungersi il maggior danno ex art. 1224, 2° comma,
c.c., nella misura del tre per cento, tenuto conto del presumibi le reddito costituito dai frutti del deposito bancario delle somme.
Avverso tale sentenza il Banco di Napoli ha proposto ricorso
per cassazione, sulla base di sei mezzi d'annullamento.
Resiste il fallimento con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato «memorie».
I motivi di ricorso: 2.1. - Col primo motivo la banca ricor
rente, denunciando sotto diversi profili difetto, insufficienza o
contraddittorietà della motivazione, censura la sentenza impu
gnata, nella parte in cui la stessa ha considerato i rapporti inter
corsi tra essa banca, il Di Giaimo ed il Nappi come complesso unitario negoziale destinato ab origine a preordinare — in vio
lazione della par condicio creditorum — un congegno estintivo
del finanziamento.
II tribunale aveva, invece, ritenuto che il contratto di mutuo
fosse simulato, in quanto stipulato per trasformare in privile
giato il credito chirografario della banca.
Il punto centrale della controversia era quello di accertare
se il mutuo fosse o non affetto da simulazione assoluta.
Nella specie, la reale consegna della somma — attraverso la
quale si perfeziona il mutuo: art. 1813 e 1814 c.c. — risultava
dagli atti notarili.
La sentenza, sul punto della pretesa simulazione, sarebbe del
tutto carente di motivazione, sia in relazione al contratto di
mutuo, sia in relazione agli altri contratti, in quanto si sarebbe
limitata all'esposizione acritica delle tesi contrapposte. Sarebbe, del pari, carente e/o erronea la motivazione della
sentenza circa la prova della partecipazione del banco all'asseri
to accordo fittizio tra il Nappi e il Di Giaimo circa la costitu
zione del libretto al portatore. Le circostanze elencate nella sentenza non avrebbero, infatti,
valore indiziante nel senso preteso, in quanto: a) il ritardo nel
l'escussione del pegno irregolare si spiega col fatto che ciò, pro
prio per logica contabile, doveva avvenire alla chiusura del rap
porto, e tale chiusura, disposta su ordine della direzione gene rale del banco, era motivata dal fatto che il Nappi era prossimo al fallimento; b) comunque, da tale unica circostanza non pote va dedursi, ai sensi dell'art. 2727 c.c., la partecipazione della
banca al preteso accordo simulato; c) il mutuo stipulato non
era un mutuo di scopo, e quindi il banco non doveva verificare
se i lavori di restauro del fabbricato aziendale fossero iniziati;
d) infine, la corte d'appello non avrebbe neppure indicato
quale fosse la causa simulandi.
Il Foro Italiano — 2000.
2.2. - Col secondo motivo la ricorrente denuncia, sotto altro
profilo, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione.
La sentenza ha ritenuto la sussistenza della simulazione rela
tivamente all'intera operazione (mutuo, ipoteca, creazione del
libretto al portatore, sua costituzione in pegno) e, quindi, affer
mato che la somma fittiziamente concessa in mutuo non era
mai uscita dalla disponibilità della banca (salvo che per la som
ma di lire 50.000.000). Da ciò conseguiva che le domande di revoca ex art. 67 1. fall, non potevano essere accolte. E poiché il banco si era insinuato al passivo solo per il suo residuo credi
to per interessi (lire 50.000.000), l'unico pregiudizio che il falli mento avrebbe potuto subire, e che legittimava il curatore a
far valere la simulazione ai sensi dell'art. 1415, 2° comma, c.c., era soltanto l'ipoteca.
Quanto alle ritenute conseguenze della simulazione del con
tratto di mutuo, sarebbe stata superflua l'indagine sulla simula
zione degli altri due atti. Comunque, secondo costante giuris
prudenza, per aversi interposizione fittizia di persona è necessa
ria la partecipazione del terzo contraente all'accordo simulatorio, senza la quale non si stabilisce alcun rapporto tra interponente e terzo, e nei confronti di questo l'effettivo contraente sarebbe
solo la persona interposta. E al fine di ritenere partecipe il ter
zo, si richiede che la volontà negoziale di questo sia diretta, non solo a considerare la funzione figurativa del contraente, ma anche ad assumere diritti ed obblighi nei confronti dell'in
terponente.
Pertanto, secondo la ricorrente, l'accoglimento dell'appello incidentale avrebbe comportato un ingiusto arricchimento per la procedura fallimentare.
2.3. - Col terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 67
1. fall., nonché insufficienza e/o contraddittorietà della motiva
zione, la banca deduce che la sentenza non avrebbe tratto le
giuste conseguenze dalla premessa di una finalizzazione del com
plesso negoziale, con la partecipazione di un terzo, a trasforma
re il credito chirografario in privilegiato. Secondo la ricorrente, da tali premesse conseguiva soltanto
la revoca dell'ipoteca. Si tratterebbe, infatti, di un negozio indi
retto, caratterizzato dalla realità delle singole componenti. La
corte d'appello ha, invece, valutato ciascun atto autonomamen
te, considerandolo simulato e, quindi, nullo.
Sotto altro profilo, se il banco non avesse concesso il mutuo
fondiario, sarebbe stato titolare dell'originario credito chirogra fario, realizzabile nella percentuale di concorso. Nella logica dei
giudici di merito la par condicio creditorum sarebbe, quindi,
rispettata, mentre non lo sarebbe se, sulla base del mutuo ga rantito da ipoteca, il banco ottenesse il cento per cento del cre dito (privilegiato). È evidente, allora, che per ristabilire la par condicio basta dichiarare inefficace l'ipoteca.
La decisione impugnata punirebbe, quindi, due volte il ban
co, giacché ritiene inefficace l'ipoteca e, per altro verso, consi dera revocabile l'incasso della somma conseguito attraverso l'e
scussione del pegno costituito dal Di Giaimo. Con l'ulteriore,
assurda, conseguenza che il banco dovrebbe essere ammesso due
volte al passivo: una per l'originario credito, e una seconda (sem
pre in chirografo) per il credito derivante dal mutuo. 2.4. - Il quarto motivo ripropone la tesi, svolta nel secondo
mezzo, della incongruenza tra la premessa di un negozio nullo
per simulazione assoluta e la revocazione del pagamento delle
somme incassate dal banco la quale presupponeva, invece, la
disponibilità da parte del Nappi e, per esso, da parte del Di Giaimo. Tale tesi viene svolta subordinatamente a quella della
natura non simulata del mutuo e della non revocabilità dell'i
poteca. 2.5. - Col quinto motivo, denunciando violazione degli art.
112 e 113 c.p.c. e difetto di motivazione, la ricorrente lamenta
che la corte di merito abbia erroneamente qualificato il rappor to sottoposto al suo esame in riferimento all'art. 67, 1° comma, n. 4, 1. fall., riferentesi solo ai negozi di garanzia; che, inoltre, le altre due ipotesi applicate in via alternativa si fonderebbero
su diversi presupposti di fatto, non accertati né esaminati in
motivazione.
Inoltre, secondo la ricorrente, il pagamento della somma di
lire 363.685.000, relativo alle cambiali scontate, non era revo
cabile. Infatti, il netto ricavo dei titoli scontati e rimasti insoluti alla
scadenza era stato accreditato in conto al Nappi. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il contratto di scon
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PARTE PRIMA
to fa acquistare alla banca la proprietà dei titoli scontati, senza
obbligarla ad addebitare in conto corrente l'importo dei titoli
scaduti, potendo agire nei confronti di tutti i debitori cambiari
(art. 1859 c.c.: sent. 4718/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 418). L'incasso del denaro pagato soddisfa, quindi, un credito pro
prio del cessionario, e non del cedente, per cui, in caso di falli
mento del cliente, l'azione revocatoria del curatore può essere
rivolta contro il negozio di sconto, ma non pure contro il paga mento successivamente pagato alla banca dal debitore cartolare
(sent. 1295/91, id., Rep. 1991, voce cit., n. 396; 2821/91, ibid., n. 397).
Nella specie, l'azione non ha per oggetto il negozio di sconto
bancario.
2.6. - Col sesto motivo la ricorrente lamenta che sia stato
riconosciuto il diritto alla rivalutazione monetaria, pur non aven
do la curatela fornito la prova del maggior danno, ex art. 1224, 2° comma, c.c., e pur essendo notorio che i tassi di deposito bancario o postale, previsti dall'art. 34 1. fall., erano inferiori
al tasso legale. Motivi della decisione. — 3.1. - L'esame delle censure richie
de alcune premesse sulla esatta definizione del dictum della sen
tenza impugnata. Come si è detto, la corte d'appello ha sostan
zialmente seguito la ricostruzione dei fatti prospettata dalla «cu
ratela», condividendone anche — sia pure in via alternativa —
l'articolata qualificazione giuridica. In sintesi, tutti gli atti posti in essere dalla banca e dal debitore, a partire dal contratto di
mutuo fondiario, costituirebbero un'unica sequenza, finalizzata
all'estinzione del debito risultante dallo scoperto di conto, in
crementato dall'importo delle cambiali scontate e non andate
a buon fine, e perciò integrante mezzo anormale di pagamento ai sensi dell'art. 67, 1° comma, n. 2, 1. fall.
In tale visione — che rappresenta la fondamentale ratio deci
dendi — s'inseriscono statuizioni alternative, con le quali è sta
ta dichiarata la simulazione relativa dell'atto di costituzione del
pegno irregolare, e/o l'inefficacia dei singoli atti di pagamento e di costituzione di garanzie.
3.2. - Passando al primo motivo, lo stesso merita accogli mento nella parte in cui viene censurata la dichiarazione di si
mulazione del mutuo fondiario e di nullità dell'ipoteca. L'anomalia (se così può dirsi) della decisione impugnata con
siste nel fatto che la stessa ha confermato espressamente la sta
tuizione della sentenza di primo grado sul punto. Infatti, pur mostrando di propendere per l'applicazione del meccanismo re
vocatorio previsto per gli anormali mezzi di pagamento all'inte
ra sequenza degli atti, come risulta inequivocabilmente da più
parti della motivazione (soprattutto pag. 44: «Del pari inconfu
tabile, nella specie, è che i rapporti intercorsi tra la banca, il
Nappi ed il Di Giaimo integrano gli estremi di un complesso ed unitario meccanismo negoziale, destinato ab origine (attra verso il collegamento del singoli atti e della funzione tipica a
ciascuno propria) a preordinare, in violazione della par condi
cio creditorum, un congegno estintivo del finanziamento, per
cui, come esattamente evidenziato dalla curatela, detti atti e ne
gozi vanno valutati non ex se, ma nel loro sincretismo finale»), nonché dall'adesione incondizionata alle tesi prospettate dalla
curatela nell'appello incidentale, la corte di merito ha affermato: — «... le circostanze rimarcate dal tribunale sono idonee
ad integrare gli estremi di altrettante presunzioni . . . tali da
far ritenere la sussistenza della simulazione relativamente alla
intera operazione» (pag. 49); «Circa il contratto di mutuo fondiario e la relativa iscrizione
d'ipoteca, il tribunale ha già provveduto, sotto il profilo della
simulazione, con l'impugnata sentenza» (pag. 57). Tale contrasto è, peraltro, soltanto apparente. In realtà, ciò
che la sentenza mira ad affermare, è soltanto la finalità perse
guita dalla sequenza degli atti, onde inquadrarla in un meccani
smo solutorio anomalo. Infatti, proprio la ricostruzione di tale
meccanismo mostra che i giudici di merito hanno ritenuto che
il Banco di Napoli e il debitore Nappi abbiano inteso adottare
una serie di atti per conseguire un reale risultato (e cioè il ripia namento del debito originario mediante un meccanismo che fosse
posto al riparo dalla revocatoria, in una situazione di grave dis
sesto dell'impresa), il che è manifestamente in contrasto con un intento di creare soltanto una realtà apparente, proprio della
simulazione. In tale complesso meccanismo, articolato in atti
ed effetti giuridici realmente voluti dalle parti, si è inserita l'in
terposizione fittizia del Di Giaimo per la creazione del libretto
Il Foro Italiano — 2000.
al portatore, mediante utilizzazione della somma data a mutuo, e successiva destinazione della stessa a ripianamento dello
scoperto. Una significativa conferma di tale qualificazione del comples
so meccanismo si ricava dal fatto che la stessa sentenza si ri
chiama a precedenti giurisprudenziali in materia, e si preoccupa di indagare anche sulla revocabilità di singoli atti (garanzie re vocabili perché prestate per debiti preesistenti; singoli atti di pagamento). A tutto ciò vengono aggiunte considerazioni sulla
simulazione degli atti stessi.
In sintesi, la corte di merito — decidendo su specifiche do
mande della curatela — ha inteso affermare l'inefficacia degli atti nei confronti del fallimento sotto il profilo di fattispecie revocatone di cui all'art. 67, 1° comma, n. 2, ovvero n. 3, 1. fall., e, nel contempo, ha dichiarato la simulazione di singoli atti.
Pur trattandosi di ragioni giuridiche non alternative in rela
zione ad una identica pronuncia, in quanto la sentenza che di
chiara la simulazione comporta una radicale inefficacia degli atti simulati, mentre l'inefficacia conseguente alla sentenza che
accoglie la domanda di revoca opera soltanto nei confronti del
la massa, tale statuizione concorrente non comporta alcuna con
traddizione o perplessità, censurabile sotto il profilo dell'art.
360, n. 5, c.p.c. Intanto, potrebbe trattarsi di statuizioni alter
native di diversa portata e intensità. Tale intento emerge chiara
mente a pag. 45, dove viene richiamata la sentenza di questa corte 2742/94, cit., nella quale l'ipoteca iscritta dalla banca in
sede di apertura di credito concessa al cliente già debitore per saldo passivo relativo ad altro contratto regolato in conto cor
rente è qualificabile come garanzia di detta preesistente obbliga
zione, e come tale ricade nelle previsioni dell'art. 67, 1° com
ma, n. 4, 1. fall., «in presenza di simulazione assoluta, ovvero
in presenza di collegamento negoziale», che evidenzi l'intento
dei contraenti di considerare la nuova provvista come già utiliz
zata dall'accreditato per l'importo corrispondente al precorso debito. Pertanto, la pratica finalità perseguita dal fallimento, e cioè quella di giungere all'inopponibilità alla massa degli atti
di costituzione di garanzia e/o solutori, posti in essere per ripia nare le preesistenti passività, potrebbe in astratto rispondere ad
esigenze di fornire un duplice supporto motivazionale in rela
zione a tale finalità.
La correttezza di tale tecnica — più decisoria che motivazio
nale — è stata ritenuta dalla giurisprudenza di questa corte, oltre che nelle sentenze 2742/94, cit., e 6569/94 (id., Rep. 1995, voce cit., n. 416), citate nella decisione impugnata, anche nelle
più recenti 9075/95 (id., Rep. 1996, voce cit., n. 401), 9520/97 (id., Rep. 1998, voce cit., n. 480), e 12740/98 (ibid., n. 479).
Ma, come si è già osservato, la sentenza mostra di ritenere
che le parti abbiano voluto realmente compiere gli atti, al fine
di utilizzarne gli effetti per conseguire un reale risultato. Per
tanto, non essendo possibile rimuovere tale statuizione median
te correzione della motivazione, la parte della sentenza con la
quale è stata dichiarata la simulazione dei diversi atti (eccezion fatta dell'interposizione fittizia del Di Giaimo) deve essere an
nullata.
3.3. - Sono, invece, infondate le censure svolte nella seconda
parte del primo motivo e nel secondo, terzo e quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente.
Si deve rilevare, anzitutto, che il ricorso non contiene specifi che censure su quella che, come si è sopra spiegato, costituisce
la ratio decidendi di fondo della sentenza.
La banca ricorrente non ha, infatti, contestato, né sotto il
profilo dell'accertamento dei fatti, né sotto quello dell'interpre tazione o applicazione di norme giuridiche, la ricostruzione de
gli atti come sequenza degli stessi, collegata in vista di un prati co risultato, né la qualificazione di tale sequenza come mezzo
anormale di pagamento, con l'ulteriore qualificazione (aggiun tiva o alternativa) di alcuni atti come revocabili ex se. Le censu
re si limitano, infatti, a porre in rilievo che atti dichiarati invali
di perché simulati non sono idonei a produrre effetti giuridici e, quindi, a ricadere sotto il meccanismo della revocatoria.
La ricorrente ha soggiunto che la conseguenza logica della
ricostruzione accolta dalla corte d'appello sarebbe soltanto l'i
nefficacia dell'ipoteca. In realtà è, invece, assolutamente chiaro
che la dichiarazione di inefficacia ha colpito tutta la sequenza di atti.
Quanto alla partecipazione del Di Giaimo, la sentenza ha ri
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tenuto trattarsi di interposizione fittizia su una serie di circo
stanze costituenti indizi gravi, precisi e concordanti, con moti
vazione immune da censure di legittimità. È evidente, del resto,
che tale interposizione, nel complesso meccanismo volto ad estin
guere le precedenti passività, aveva un ruolo fondamentale, giac ché mirava a proteggere le rimesse sul conto dalla revocatoria,
facendole apparire come effettuate da un terzo con denaro
proprio. 3.4. - Passando alla prima parte del quinto motivo, non è
vero che la corte d'appello abbia esaminato la vicenda solo sot
to il profilo dell'art. 67, 1° comma, n. 4, applicabile soltanto
ai negozi di garanzia. Si è già ripetutamente osservato come
la fondamentale ratio decidendi della sentenza impugnata sia
proprio il collegamento tra i diversi atti, combinato col fittizio
intervento del terzo, collegamento che fa ritenere inefficace, in
nanzitutto, l'estinzione del pregresso debito. Solo a fine raffor
zativo la sentenza ha ricordato che, comunque, le garanzie era
no revocabili anche ex se, in quanto prestate per un debito pree sistente.
La seconda parte del motivo contiene un errore di prospetti va: il principio richiamato dalla banca ricorrente, secondo cui
l'incasso dei titoli scontati soddisfa un credito del cessionario,
per cui tale incasso non costituisce pagamento revocabile, non
ha alcun rilievo nella specie, in cui il debito del soggetto che
ha scontato i titoli non deriva dall'operazione di sconto, ma
dal fatto che i titoli scontati non sono andati a buon fine. Tan
to che, secondo una corretta regola di gestione, il mancato in
casso delle cambiali avrebbe dovuto portare a corrispondente addebito nel conto o, quanto meno, in altro apposito conto,
mentre, come la sentenza ha rilevato, i titoli in questione erano
stati tenuti dalla banca «nel cassetto».
Infine, la ricostruzione accolta, e la sua qualificazione giuri
dica come mezzo anormale di pagamento (oltre alla pronuncia d'inefficacia delle garanzie per sé considerate) non conduce af
fatto, come ritenuto dalla banca ricorrente, all'assurda conse
guenza del sorgere di un doppio credito (in chirografo) della
banca, e cioè quello originario e quello derivante dal mutuo
(dal momento che lo stesso deve considerarsi realmente eroga
to). Come si è detto, la somma mutuata non era entrata nella
autonoma e materiale disponibilità del mutuatario, essendo sta
ta impiegata dalla banca per ripianare la precedente passività. Il mutuatario non ha alcun obbligo alla restituzione di una som
ma di cui non ha avuto la autonoma disponibilità. In altre pa
role, la complessiva inefficacia che colpisce la sequenza degli atti (nella quale si inserisce la statuizione d'interposizione fitti
zia di persona) rende insensibile la massa alle variazioni patri moniali poste in essere a partire dall'accensione del mutuo. Re
sta, pertanto, in essere solo l'originario credito (e cioè lo sco
perto di conto maggiorato dell'importo delle cambiali non andate
a buon fine o, comunque, ritirate) e, in relazione ad esso, per usare un'espressione del linguaggio contabile, il complesso degli atti compiuti a partire dal mutuo fondiario può definirsi come
operazione puramente permutativa. Altro è, naturalmente, il problema di un'insinuazione di tale
credito, in relazione alla quale, naturalmente, la banca può in
correre nelle preclusioni derivanti dallo stato della procedura,
avendo, con la propria operazione fraudolenta, assunto il ri
schio relativo.
3.5. - Anche l'ultimo motivo non può trovare accoglimento,
essendo immune da rilievi il ragionamento della corte d'appel
lo, la quale si è limitata ad accordare, su esplicita domanda
della curatela, un danno ulteriore commisurato al tre per cento
delle somme dovute per i periodi in cui l'interesse legale era
commisurato al cinque per cento annuo, sulla base della pro
spettazione del maggior reddito ottenibile dal deposito bancario
delle somme.
3.6. - La conclusione è, pertanto, nel senso che il ricorso —
fatta eccezione per la prima parte del primo motivo — deve
essere rigettato. Per quanto riguarda l'annullamento del capo di sentenza re
lativo alla simulazione del mutuo fondiario e la conseguente
nullità dell'iscrizione ipotecaria, la cassazione della sentenza sul
punto non rende necessario un nuovo esame in sede di rinvio,
potendo questa corte, nell'esercizio dei poteri di decisione nel
merito attribuitile dall'art. 384 c.p.c., dichiarare l'insussistenza
Il Foro Italiano — 2000 — Parte 1-4.
della simulazione respingendo la relativa domanda, non essen
do, all'uopo, necessari ulteriori accertamenti o valutazioni di
fatto. Come si è detto, infatti, la decisione della corte d'appello sul punto sostanzia un'erronea qualificazione giuridica del com
plesso negoziale (o almeno di parte di esso) e, quindi, un vizio
di falsa applicazione di norme giuridiche (art. 360, n. 3, c.p.c.), il quale legittima una pronunzia sul merito.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 20 marzo
1999, n. 2625; Pres. Genghini, Est. Dell'Anno, P.M. Rai
mondi (conci, diff.); Soc. Ferrovie dello Stato (Aw. Tosi) c. Filt-Cgil del Trentino (Aw. Vacirca), Uil-Trasporti (Avv. Cescatti, Pellegrini), Fit-Cisl. Cassa Trib. Trento 19 marzo
1996 e decide nel merito.
Sciopero, serrata e boicottaggio — Sciopero nei servizi pubblici essenziali — Accordo sindacale per la determinazione delle
prestazioni indispensabili — Giudizio di inidoneità della com missione di garanzia — Successiva proposta della commissio
ne — Inosservanza — Poteri del datore di lavoro — Fattispe cie di comportamento antisindacale (Cost., art. 40; 1. 20 mag
gio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei
lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei
luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 28; 1. 12 giu
gno 1990 n. 146, norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della com
missione di garanzia dell'attuazione della legge, art. 1, 2, 8).
Va cassata la sentenza che abbia ritenuto antisindacale il com
portamento del datore di lavoro che, qualora non sussista
un fondato pericolo di pregiudizio grave ed imminente ai di ritti della persona costituzionalmente garantiti, ma sia rima
sta inosservata la proposta della commissione di garanzia se
guita al giudizio di inidoneità dell'accordo di determinazione delle prestazioni indispensabili in caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali, abbia comandato l'espletamento di tali pre
stazioni nei limiti stabiliti dalla commissione con la sua pro posta, esplicante efficacia vincolante, quanto al giudizio di
congruità delle prestazioni, sia nei confronti delle parti, sia
nei confronti del giudice. (1)
(1) La premessa del ragionamento sviluppato dalla pronuncia in epi grafe sta nell'affermazione della natura imperativa della disposizione del 1° comma dell'art. 2 1. 146/90, che detta le procedure da seguire nella proclamazione degli scioperi, fissandone i limiti, concernenti l'e
rogazione agli utenti delle prestazioni indispensabili. Secondo la corte, la norma va applicata anche quando le parti non abbiano concluso i contratti collettivi e gli accordi negoziali previsti dal 2° comma dell'art. 2 della legge nonché quando la commissione di garanzia abbia espresso giudizio di inidoneità degli accordi raggiunti.
La pronuncia fa leva sul 1° comma dell'art. 2, che configura su chi esercita il diritto di sciopero un autonomo obbligo legale a che in ogni caso sia assicurato un livello di prestazioni compatibile con le finalità della legge e sul 2° comma dell'art. 19, secondo cui le parti collettive
devono comunque attenersi a quanto previsto dal 1° comma dell'art.
2, ancorché non vi abbiano provveduto per determinazione pattizia.
Dunque, prosegue la Cassazione, nell'ipotesi in cui gli accordi manchi
no o nel caso in cui la commissione di garanzia li abbia giudicati inido
nei, le prestazioni indispensabili dovranno comunque essere determinate.
E a provvedere saranno per la corte, a seconda dei casi, il datore
di lavoro o l'autorità amministrativa. L'autorità amministrativa farà
ricorso alla precettazione qualora sussista, ai sensi dell'art. 8 della leg
ge, un fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti
della persona costituzionalmente garantiti. Quando, invece, tale presup
posto non ricorra, la Cassazione ritiene doveroso l'intervento del dato
re di lavoro. Il regolamento datoriale, peraltro, sottolinea la corte, deve
essere contenuto nei limiti della proposta della commissione di garan
zia, seguita al giudizio di inidoneità dell'accordo raggiunto dalle parti. In questo senso, secondo la pronuncia in epigrafe, la proposta della
commissione dispiega efficacia vincolante sia nei confronti delle parti,
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