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Sezione I civile; sentenza 25 settembre 1959, n. 2609; Pres. Lorizio P., Est. De Majo, P. M.Cutrupia (concl. conf.); Romana (Avv. Amoretti) c. Soc. Nitens (Avv. Jemolo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 5 (1960), pp. 803/804-805/806Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174919 .
Accessed: 25/06/2014 01:27
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803 PARTE PRIMA 804
stata chiesto la produzione dei libri sociali, e quella dei libri
contabili per accertare le circostanze di cui allalett. c) e d), dall'esame dei quali il consulente avrebbe potuto ricavare
se il La Fata aveva disposto del patrimonio e dei fondi della
Società a suo piacimento. Dei mezzi istruttori gli ultimi erano evidentemente
inammissibili, perchè le circostanze di cui alla lett. a) e b) risultavano pacifiche, e la produzione integrale dei libri e
delle scritture contabili poteva essere autorizzata solo nelle
controversie relative a scioglimento di società, o comunione
di beni ed a successioni per causa di morte (art. 2711 cod.
civ.), onde l'inutilità anche della consulenza tecnica, del
resto diretta non ad accertare l'esistenza di determinati
fatti rilevanti, ma a ricercare se ne esistessero.
Ma del pari prive di rilevanza sono le circostanze de
dotte a prova per testi (quali sono state pressoché testual
mente riportate), onde l'insufficiente motivazione sulla
loro mancata ammissione non può costituire un valido
motivo di gravame. Dalla stessa, infatti, null'altro avrebbe
potuto desumersi più di quel che ne ha tratto la Corte di
merito, e cioè che si sarebbe trattato di una società di
comodo, totalmente dominata dal La Fata che, quale socio
sovrano, ne disponeva a suo piacimento, e su tale accerta
mento non si sarebbe potuto fondare un'affermazione di
responsabilità personale del La Fata per le obbligazioni assunte dalla Società.
Invero, che il socio sovrano o l'amministratore, quando riduce la società a suo strumento, per servirsene come di
cosa propria, si qualifichi per ciò stesso imprenditore (oc
culto) e quindi responsabile personalmente delle obbliga zioni sociali, è tesi che non sembra possa trovare accogli mento nel sistema vigente, ove tale qualifica richiede lo
esercizio professionale d'una attività organizzata per la
produzione e lo scambio di beni e servizi, e quindi la spen dita del nome, necessaria per poter imputare allo stesso, e non alla società, gli atti nei quali si concreta l'attività
imprenditrice. D'altra parte, il valersi dei mezzi e degli strumenti che
la legge offre per il raggiungimento degli scopi che si vo
gliono perseguire non può che ritenersi lecito, ed è quindi lecito anche il valersi di una società costituita magari per consentire il ricorso al beneficio della responsabilità limitata.
La situazione del socio sovrano che, avendo la maggio ranza delle azioni o delle quote, ha la possibilità di esprimere una volontà determinante per l'attività sociale, e quindi
può domiuare la società, rientra nel normale funzionamento
della società stessa, informato al principio della maggioranza, e non può quindi giustificare il sorgere nel socio di una re
sponsabilità diversa e più grave di quella prevista dal tipo di società. Contro di che non vale opporre il disposto del
l'art. 2362 cod. civ., perchè si tratta di norma eccezionale
da cui non può trarsi un principio che possa estendersi ol
tre il caso in essa contemplato. Il fatto che il socio sovrano
si serva della società come strumento dei suoi interessi
personali non può, perciò, considerarsi un abuso a cui debba
conseguire la responsabilità personale del socio, sempre che
siano osservate le norme poste a tutela dei diritti dei terzi.
Che se tali norme non saranno rispettate, varrà il ricorso
alle sanzioni all'uopo sancite che prevedono la responsa bilità anche penale dei sindaci e degli amministratori, ma
non la responsabilità personale dei soci per i debiti della
società.
La Corte ha, poi, preso in esame anche l'altra tesi pro
spettata, della esistenza di una società di fatto fra la società
di capitali e l'imprenditore individuale, per escluderne la
configurabilità nel vigente ordinamento giuridico. Si è
con ciò adeguata al principio affermato dalla giurisprudenza e per il vero contrastato dalla prevalente dottrina. Per altro, la tesi si presenta nella specie in linea di fatto totalmente
priva di base, chè le circostanze dedotte a prova non la
giustificavano, non potendosi l'esistenza di una società di
fatto, mai rivelatasi, desumere dalla mera affermazione
della confusione dei patrimoni, non giustificabile col solo
fatto che il La Fata abbia potuto servirsi per uso perso nale delle attività sociali ed abbia, per contro, potuto ga rantire personalmente qualche volta le obbligazioni sociali.
Infine, è da escludere ohe le anzidette circostanze de
dotte a prova potessero dimostrare che la Società a resp. lim. si fosse trasformata in ditta individuale, il che avrebbe
per lo meno richiesto il concorde consenso degli altri soci.
(Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 25 settembre 1959, n. 2609; Pres. Lorizio P., Est. De Majo, P. M. Cutrupia
(conci, conf.) ; Romana (Avv. Amoretti) c. Sòc. Nitens
(Avv. Jemolo).
(Conferma App. Milano 6 dicembre 1957)
Società — Società per azioni — Amministratori —
Azione di responsabilità solo nei confronti di
alcuni —'Ammissibilità (Cod. civ., art. 2393).
L'assemblea di una società per azioni nel suo insindacabile
apprezzamento può scegliere tra gli amministratori colui
o coloro nei cui confronti ritiene opportuno promuovere l'azione di responsabilità, senza doverla necessariamente
promuovere nei confronti di tutti. (1)
La Corte, ecc. — Deve ordinarsi la riunione dei due
ricorsi, principale e incidentale, sotto il numero più antico
di ruolo.
Con il primo ed il secondo mezzo del ricorso principale,
che sono intimamente connessi, il Romana, nei denunciare
la violazione e falsa applicazione dei principi che regolano
l'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori,
nonché insufficiente motivazione della impugnata sentenza,
deduce che erroneamente la Corte ha affermato che esso
Romana aveva sollevato soltanto la questione teorica della
responsabilità solidale degli amministratori, e che nei suoi
rilievi all'assemblea non potevano ravvisarsi gli estremi
di una proposta formale da sottoporre al voto.
La Corte non ha considerato che dal verbale di assem
blea risultava che il Romana sollevò esplicitamente la que
stione della responsabilità solidale.
Nemmeno, secondo il ricorrente, può ammettersi che
l'assemblea abbia implicitamente disatteso la sua proposta,
votando, come ha ritenuto la Corte, la proposta contraria
relativa alla proposizione dell'azione di responsabilità nei
suoi esclusivi confronti, sia perchè la proposta Romana
non fu formalmente messa ai voti, sia perchè la delibera
zione, essendo atto solenne, mal si concilia con il concetto
della manifestazione tacita.
Aggiunge il ricorrente che la Corte ha ritenuto propo
nibile l'azione di responsabilità contro uno solo degli ammi
nistratori, malgrado la loro responsabilità solidale verso la
Società. La Corte, con motivazione insufficiente, ha confuso
tra la solidarietà di cui all'art. 2392 e quella di cui all'art.
1292 cod. civ., ed ha erroneamente ritenuto applicabile
alla solidarietà tra amministratori l'azione di regresso,
senza considerare che il regresso presuppone l'accertamento
della responsabilità, che nella specie solo la Società è legit
timata a provocare. Ora, in ordine logico deve anzitutto esaminarsi la do
glianza con la quale il Romana sostiene che l'azione sociale
di responsabilità avrebbe dovuto essere deliberata dal
l'assemblea della Nitens contro tutti gli amministratori
e non contro lui soltanto.
Questa tesi, così come è formulata nella sua assolutezza,
non può essere accolta.
(1) Non risultano precedenti. In dottrina, v. Frè, Società per azioni, in Commentario a
cura di A. Scialoja e G. Branca, pag. 413. Per riferimenti, v. Cass. 25 marzo 1938, Foro it., Rep. 1938,
voce Società, nn. 251-254.
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805 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 806
Basta solo per poco soffermarsi sul disposto del 3° comma dell'art. 2393 cod. civ., che fa esplicito riferimento ad amministratori contro cui è proposta (ossia deliberata) l'azione sociale di responsabilità, per convincersi che tale
limitata previsione implica ovviamente che il relativo
giudizio non debba essere autorizzato dall'assemblea ne
cessariamente contro tutti, ma lo possa essere invece con
tro taluno o taluni soltanto degli amministratori medesimi, in quanto ritenuti i principali se non unici colpevoli del
danno arrecato all'ente. La quale possibilità di scelta rimane
poi confermata anche per altro verso. Perchè se non si
dubita che gli amministratori sono ex lege solidalmente
responsabili verso la società dell'inadempimento dei doveri
che fanno capo all'ufficio, consegue evidentemente che
debba affermarsi, alla stessa guisa di quanto avviene ogni
qualvolta trattasi di responsabilità solidale, il buon diritto
del creditore, ossia della società, di potere ottenere indiffe
rentemente da ciascuno dei condebitori, e per l'intero, il
debito risarcitorio.
Posto, pertanto, il principio, esattamente richiamato
dai Giudici di merito, che l'assemblea di una società per
azioni, nel suo insindacabile apprezzamento, può scegliere, tra gli amministratori, quali responsabili solidali, colui o
coloro contro i quali ritiene più conveniente esercitare
l'azione sociale di responsabilità, vengono a cadere tutti gli altri argomenti addotti dal Romana a sostegno delle pro
poste censure, di cui innanzi si è fatto cenno. In effetti, che solo la società sia legittimata a provocare l'accertamento
di una responsabilità, ex art. 2393, degli amministratori
verso la società stessa, è principio non discutibile, in quanto è ben noto che tale responsabilità sussiste unicamente nei
confronti dell'ente, e soltanto da questo può essere fatta
valere a mezzo dei suoi organi. Accertato quindi dalla Corte di merito che l'assemblea
della Soc. Nitens aveva, con la deliberazione adottata,
nelle forme di legge, autorizzato l'azione di responsabilità contro esso Romana, a ragione detta Corte ha sottolineato
che con tale delibera veniva implicitamente disattesa la
richiesta del Romana fatta in seno all'assemblea per la
estensione dell'azione di responsabilità agli altri ammini
stratori.
Nè poi è argomento consistente quello secondo cui, una
volta promosso il giudizio dalla società contro taluno o
taluni soltanto degli amministratori incolpati, a costoro
verrebbe preclusa l'azione di regresso, non essendo ad essi
consentito di promuovere l'accertamento della responsa bilità degli altri amministratori. Si trascura qui di consi
derare che l'azione di regresso è azione individuale (e non
sociale), per cui nell'ambito dei rapporti interni tra essi
condebitori deve essere consentito l'accertamento del grado di responsabilità di ciascuno (arg. art. 2055), e quindi è
da ritenere che l'amministratore condannato, il quale ab
bia pagato il debito, ha sicuramente il diritto di rivalersi
nei confronti degli altri secondo i comuni principi che. rego
lano il regresso nella responsabilità solidale.
Il primo ed il secondo mezzo del ricorso principale devono
essere quindi respinti. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 7 agosto 1959, 11. 2489; Pres.
Torrente P., Est. Giannattasio, P. M. Tavolaho
(conci, conf.) ; Soc. Imbottigliamento bevande (Avv.
Silingardi, De Longhi) c. Pierallini e Manicardi
(Avv. Sxoroni, Roncaglia, Gaudenzi).
(Conferma App. Bologna 16 aprile 1958)
Società — Società a responsabilità limitata — Socio
dissenziente -—Nozione (Cod. civ., art. 2486, 2377).
Società — Società a responsabilità limitata-— Conflitto
d'interessi — « Quorum » costitutivo e « quorum »
deliberativo (Cod. civ., art. 2486, 2373).
Per socio dissenziente deve intendersi quello che non ha concorso
col suo voto alla formazione di volontà dell'assemblea ;
pertanto è tale colui che abbia votato in favore di una
proposta, che erroneamente è dichiarata non approvata. (1) La distinzione tra quorum costitutivo e quorum deliberativo
ex art. 2373 è applicabile anche alle società a responsa bilità limitata, che possono pertanto deliberare anche
senza che si raggiunga il voto favorevole della maggio ranza del capitale sociale. (2)
La Corte, ecc. — Con il primo motivo la Società ricor
rente denuncia violazione e falsa applicazione degli art.
2486 e 2487 cod. civ. e delle norme ivi richiamate, dell'art.
2907 cod. civ. e degli art. 99, 100, 112, 113, 157, 163, 164,
276, 342, 349 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3
e 5. Premesso che gli attori avevano chiesto, in via prin
cipale, la dichiarazione di validità della deliberazione assembleare e, conseguentemente, quella di nullità della
deliberazione del consiglio d'amministrazione, e, in subordine, la nullità di entrambe le deliberazioni, si eccepisce : a) che
avendo Pierallini e Manicardi richiesto non l'annullamento
di una deliberazione, ma l'accertamento positivo della
validità dell'approvazione della proposta all'ordine del
giorno dell'assemblea (dichiarazione d'illegittimità della
deliberazione consiliare), essi erano carenti di legittimazione ad impugnare le deliberazioni, non essendo soci dissenzienti;
6) che tra la richiesta principale di accertamento positivo di approvazione della proposta all'ordine del giorno e quella subordinata d'annullamento sia della delibera assembleare
sia di quella consiliare, v'è una manifesta contraddizione ;
c) che in ordine alla domanda subordinata di annullamento
della delibera consiliare gli attuali resistenti erano carenti
di legittimazione attiva e comunque decaduti dall'impugna zione ; d) che la Corte di merito ha confuso attribuendo
tali eccezioni di carenza di legittimazione e di decadenza
alla domanda principale, e non a quella subordinata, per la quale erano state proposte.
Tali censure non sono fondate. La legittimazione alla
azione di annullamento della deliberazione assembleare
(art. 2377 cod. civ.) spetta ai soci assenti o dissenzienti
(1) Sul concetto di socio dissenziente la giurisprudenza è
scarsa ; nello stesso senso della sentenza annotata vedi la sen
tenza confermata App. Bologna 16 aprile 1958, Foro it., Rep.
1958, voce Società, n. 370 ; nel senso che il socio astenuto per conflitto di interessi sia legittimato all'impugnativa ex art. 2377,
v. Trib. Firenze 20 febbraio 1958, ibid., n. 371 ; infine il socio
allontanatosi dall'assemblea prima della sua regolare costitu
zione è stato considerato assente dal Tribunale di Venezia 18
maggio 1959, id., 1959, I, 1784, con nota di richiami. Adde in
dottrina Trimarchi, Titolarità del diritto di impugnare le deli
berazioni assembleari (in Riv. società, 1957, 68), che ritiene il
socio astenuto legittimato ad impugnare le deliberazioni assem
bleari, e Schermi, Esito della votazione e calcolo della maggioranza nelle assemblee delle società per azioni e a responsabilità limitata
(in Giust. civ., 1959, I, 2129) che, commentando la presente sen
tenza, concorda nel risultato, dissentendone però nella motiva
zione.
(2) Precedenti specifici sono solo le due sentenze di primo e
secondo grado ; quest'ultima confermata dalla sentenza riportata
App. Bologna 16 aprile 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Società, nn. 361, 362 ; quella difforme di primo grado è Trib. Modena 21
maggio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 370, pubblicata con
nota critica di Minervini, Questioni in tema di computo della
maggioranza assembleare e di determinazione della remunerazione
degli amministratori « investiti di particolari cariche », in Banca,
borsa, ecc., 1957, II, 302. In dottrina v. altresì Schermi, op. cit., che concorda con la soluzione accolta dalla Cassazione.
In tema di maggioranza richiesta per la deliberazione del
l'azione di responsabilità contro l'amministratore socio, astenuto
quindi per conflitto d'interessi, vedi Cass. 23 gennaio 1957,
n. 201, Foro it., 1957, I, 218, con nota di richiami.
Per riferimenti in tema d'interesse sociale e conflitto d'inte
ressi, vedi Cass. 25 ottobre 1958, n. 3471 e 20 giugno 1958, n. 2148,
id., 1959, I, 1150, con nota di richiami. Adde in dottrina Greco,
Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959, pag. 240 e
segg. ; Graziavi, Diritto delle società, Napoli, 1960, pag. 328, che
aderiscono alla dottrina dominante dell'interesse sociale come
interesse comune dei soci.
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