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sezione I civile; sentenza 26 gennaio 2006, n. 1636; Pres. Marziale, Est. Rordorf, P.M. Ceniccola...

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sezione I civile; sentenza 26 gennaio 2006, n. 1636; Pres. Marziale, Est. Rordorf, P.M. Ceniccola (concl. conf.); Soc. Casa editrice Universo (Avv. Graziadei, Girino) c. Soc. R.c.s. editori (Avv. Sena, Franco), Soc. Headline Italia e altri (Avv. Tarchini, Del Corno). Conferma App. Milano 18 maggio 2001 Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 3 (MARZO 2006), pp. 687/688-699/700 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201275 . Accessed: 25/06/2014 00:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.51 on Wed, 25 Jun 2014 00:04:43 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 26 gennaio 2006, n. 1636; Pres. Marziale, Est. Rordorf, P.M. Ceniccola(concl. conf.); Soc. Casa editrice Universo (Avv. Graziadei, Girino) c. Soc. R.c.s. editori (Avv.Sena, Franco), Soc. Headline Italia e altri (Avv. Tarchini, Del Corno). Conferma App. Milano 18maggio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 3 (MARZO 2006), pp. 687/688-699/700Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201275 .

Accessed: 25/06/2014 00:04

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PARTE PRIMA 688

legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggio ranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna

camera, recante: «modifiche alla parte seconda della Costituzio

ne»; che in data 10 febbraio 2006 è stata depositata ai sensi del

l'art. 11 1. 25 maggio 1970 n. 352 la richiesta di referendum ex

art. 138 Cost., da parte dei consigli regionali della Sardegna, della Campania, del Lazio, della Lombardia, della Valle d'Ao

sta, della Calabria, della Toscana, dell'Emilia-Romagna, delle

Marche, dell'Umbria, della Basilicata, del Friuli-Venezia Giu

lia, della Puglia, della Liguria, dell'Abruzzo; che il quesito indicato nella suddetta richiesta è il seguente:

«Approvate il testo della legge costituzionale concernente Mo

difiche alla parte seconda della Costituzione approvato dal par lamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 no

vembre 2005?»; che sullo stesso identico quesito

— in data 16 febbraio 2006 — è stata depositata richiesta di referendum ex art. 138 Cost, da

parte del consiglio regionale del Piemonte unitamente a copia autentica della delibera consiliare.

Ritenuto', che il consiglio regionale della Sardegna ha assunto

l'iniziativa ai sensi e per gli effetti dell'art. 10 1. n. 352 del 1970

adottando la delibera n. 144 del 24 novembre 2005 e la delibera

n. 146 del 29 novembre 2005 a maggioranza dei consiglieri as

segnati alla suddetta regione; che l'atto di richiesta depositato in data 10 febbraio 2006

presso la cancelleria di questa corte dai delegati dei consigli re

gionali delle regioni indicate in premessa è conforme a quanto stabilito dall'art. 11 1. n. 352 del 1970.

Così provvede: I. - dichiara ex art. 13 1. n. 352 del 1970 la le

gittimità della richiesta di referendum sul testo di legge costitu

zionale recante: «modifiche alla parte seconda della Costituzio

ne», approvato in seconda votazione dalla camera dei deputati nella seduta del 20 novembre 2005 e dal senato della repubblica il 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 269

del 18 novembre 2005 presentate nella cancelleria della Corte di

cassazione in data 10 febbraio 2006 dai consigli regionali; li. - ammette il referendum sul quesito «Approvate il testo

della legge costituzionale concernente Modifiche alla parte se

conda della Costituzione approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005?».

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 gen naio 2006, n. 1636; Pres. Marziale, Est. Rordorf, P.M. Ce

niccola (conci, conf.); Soc. Casa editrice Universo (Avv.

Graziadei, Girino) c. Soc. R.c.s. editori (Avv. Sena, Fran

co), Soc. Headline Italia e altri (Avv. Tarchini, Del Corno).

Conferma App. Milano 18 maggio 2001.

Diritti d'autore — Pubblicazioni periodiche — Testata e

aspetto esteriore — Confondibilità — Esclusione — Fatti

specie (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'auto

re e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 100). Concorrenza (disciplina della) — Concorrenza sleale —

Vendita sottocosto — Abuso di posizione dominante —

Necessità — Fattispecie di vendita abbinata di periodico e quotidiano (Cod. civ., art. 2598; trattato Ce, art. 82; 1. 10

ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela della concorrenza e

del mercato, art. 33).

Le testate di pubblicazioni periodiche che presentino scarsa

originalità, perché costituite da parole suscettibili di indivi

duare il settore di riferimento, sono rapportabili ai marchi

c.d. deboli, sicché deve escludersi l'illiceità delle testate suc

cessive, che presentino varianti anche modeste, tali però da

impedire la confondibilità tra le testate stesse (nella specie, la

Il Foro Italiano — 2006.

Suprema corte ha ritenuto immune da vizi logici e giuridici la

sentenza di merito che ha escluso la confondibilità da parte dei lettori tra le testate delle guide televisive Telesette e TV

Sette, ancorché simili, in quanto prive di una qualche rile

vante originalità, ma in presenza di una grafica nettamente

differenziata e della espressione Corriere della Sera nella se

conda delle predette testate). ( 1 ) La fissazione di prezzi anche particolarmente più bassi rispetto

a quelli praticati da altri imprenditori del settore costituisce,

di per sé, pratica lecita, in quanto espressione del principio di

libertà di iniziativa economica e può integrare gli estremi

della concorrenza sleale per vendita sottocosto solo se in con

trasto con il divieto legislativo, interno o comunitario, di abu

so di posizione dominante, quale pratica posta in essere da

un 'impresa che, muovendo da una posizione di dominio, ne

abusi con il frapporre barriere ali 'ingresso di altri concor

renti sul mercato, ovvero favorendone l'eliminazione (nella

specie, la Suprema corte ha escluso che la vendita di una

guida televisiva settimanale abbinata ad un quotidiano integri

gli estremi della vendita sottocosto, non essendo stato né al

legato né tantomeno provato che l'editore sì trovava in una

posizione dominante sul mercato, e che la politica dei prezzi da esso praticata aveva l'effetto anche solo potenziale di raf

forzare tale posizione, atteso oltretutto che si trattava di ini

ziativa editoriale praticata anche da altri concorrenti). (2)

(1-2) I. - La sentenza in rassegna conferma anche nell'ire/- motiva zionale App. Milano 18 maggio 2001, Foro it.. Rep. 2003, voce Diritti d'autore, nn. 114, 115 (e, per esteso. Annali it. dir. autore, 2002, 671). La Cassazione ha infatti ritenuto corretta tale sentenza (massima 1), che ha escluso la confondibilità tra due guide televisive, Telesette e TV Set

te, in quanto sufficientemente differenziate, specie in ragione della scarsa originalità delle testate stesse, essenzialmente descrittive del contenuto delle due guide; la confondibilità è stata esclusa anche con riferimento a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 100, 3° comma, I.d.a., e dell'art. 2598 c.c.. pur se i due periodici presentano una certa somi

glianza di concezione editoriale, anche con riferimento alle rubriche

interne, usuali per quel tipo di pubblicazioni. Oltretutto, il secondo dei

periodici in questione non è stato mai presentato in edicola autonoma

mente, ma è stato sempre venduto in allegato al quotidiano II Corriere della Sera ed al supplemento settimanale Sette.

II. - L'art. 100. 1° comma, l.d.a. prevede che «il titolo dell'opera, quando individui l'opera stessa, non può essere riprodotto sopra altra

opera senza il consenso dell'autore»; il 2° comma precisa che «il di vieto non si estende ad opere che siano di specie o carattere così diver so da risultare esclusa ogni possibilità di confusione».

L'art. 102, di contro, dispone che «è vietata come atto di concorrenza sleale la riproduzione o imitazione sopra altre opere della medesima

specie, delle testate ... e di ogni altra particolarità di forma o di colore

nell'aspetto esterno dell'opera dell'ingegno, quando detta riproduzione o imitazione sia atta a creare confusione di opera o di autore».

La giurisprudenza ha fatto frequente applicazione di tali norme, con

particolare riferimento alle testate di pubblicazioni periodiche, sicché

possono enuclearsi al riguardo alcuni ormai consolidati principi, am

piamente fatti propri dalla sentenza in rassegna. Il presupposto della protezione della testata è — per espressa previ

sione di legge — la funzione individualizzante ovvero la capacità iden tificativa e il carattere di novità del titolo medesimo.

Così Cass. 4 settembre 2004, n. 17903, Foro it.. Rep. 2004, voce cit., n. 95: «il titolo di un'opera, dell'ingegno è protetto se ed in quanto in dividua l'opera stessa, della quale rappresenta il segno distintivo, co stituendo l'efficacia individuatrice la ragione esclusiva della tutela giu ridica: ne consegue che esso è protetto ai sensi dell'art. 100 cit., non come bene autonomo, ma in quanto individua l'opera stessa, sicché non

può esistere un diritto al titolo ove non esista l'opera dell'ingegno tu

telata, da esso individuata». L'efficacia individuatrice, precisa App. Milano 9 giugno 1995, id..

Rep. 1996. voce cit., n. 117, deve promanare dall'intrinseca formula zione del titolo medesimo, ovvero dal suo collegamento con altri ele menti dell'opera. Di contro, tale efficacia non si riscontra allorché la testata costituisca una designazione esclusivamente tecnica o generica o di uso comune, ovvero meramente indicativa dell'argomento dell'opera cui è apposto: v. Trib. Milano 12 ottobre 1993, id.. Rep. 1995, voce cit.. n. 161.

Cfr. anche App. Milano 9 giugno 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 117, secondo cui «il requisito della capacità identificativa di un'opera può essere riconosciuto ad un titolo oltre che a causa del suo carattere

specifico anche a causa della natura dell'opera medesima e delle condi zioni nelle quali il titolo viene adoperato, non dovendosi limitare l'in

dagine ai fini dell'applicazione dell'art. 100 I.d.a., al solo confronto estrinseco fra le due denominazioni identiche o simili».

Trib. Roma 29 maggio 1993, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 162, precisa

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con atti notificati tra il 26 ed il

30 marzo 1993 la Casa editrice Universo s.p.a. (in prosieguo in

dicata come Universo) citò in giudizio dinanzi al Tribunale di

Milano la R.c.s. Editoriale quotidiani editori s.p.a., poi divenuta

R.c.s. editori s.p.a. (in prosieguo R.c.s.), la Headline Italia s.r.l.

(in prosieguo Headline) ed i sig. Franco Corazzi e Claudio

Vertemati.

L'attrice, premesso di essere da molti anni editrice di un assai

diffuso settimanale, denominato Telesette, contenente indica

infine che l'art. 100 l.d.a. protegge solo il titolo proprio della pubblica zione periodica, e non anche l'intestazione di eventuali inserti saltua riamente allegati alla pubblicazione.

III. - Il conflitto tra due editori circa l'appartenenza dei diritti di uti lizzazione economica di una testata va risolto in favore di quello che

provi la priorità della creazione della sua testata, nonché l'anteriorità dell'esecuzione del progetto editoriale, desumibile dalla predisposizio ne dei mezzi, mentre non rileva la priorità dell'iscrizione nel registro della stampa: Trib. Cosenza 14 gennaio 2003, id., Rep. 2004. voce cit., n. 67. Peraltro, l'utilizzazione di una testata da parte di un editore, per concessione di colui che l'ha registrata, non determina il sorgere di al cun diritto autonomo sulla testata in capo all'editore medesimo: Trib. Milano 4 giugno 2001, id.. Rep. 2003, voce cit., n. 110.

Del pari, il criterio di prevalenza nel conflitto tra due testate di riviste è quello della priorità d'uso, e non quello della data di richiesta della

registrazione; v. Trib. Milano 23 luglio 1999, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 144; Trib. Sondrio 17 aprile 1998, ibid., n. 145; Trib. Milano 10

aprile 1995, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 128.. IV. - 11 richiamo alla funzione individualizzante della testata spiega

la diffusione, in giurisprudenza, dell'affermazione per cui la tutela della testata è quella propria dei segni distintivi: v. App. Milano 18 lu

glio 1997, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 146. Ancor più chiaramente, Trib. Milano 7 febbraio 1994, id.. Rep. 1995,

voce cit.. n. 160, assume che l'art. 100 l.d.a. cit. — pur se norma speci fica per titoli e testate — è ispirata alla teoria della tutela dei segni di

stintivi. la cui disciplina generale (salvo norme specifiche espressa mente rinvenibili per i singoli segni) deve esser tratta da quella sul marchio.

Si afferma così che la confondibilità tra titoli deve essere valutata te nendo conto dell'impressione d'insieme e non dei singoli elementi che li compongono; v. App. Milano 18 luglio 1997. id.. Rep. 2000, voce cit.. nn. 148, 149 (secondo cui non costituisce violazione del diritto sui titoli AD architectural digest - Le più belle case del mondo e Arte, mensile di arte, cultura e informazione l'uso dell'espressione AD arte come titolo di un'ulteriore rivista); Trib. Milano 24 febbraio 2000, id..

Rep. 2002, voce Marchio, n. 164, richiama anche il rischio di associa zione (con riferimento, nella specie, alla coesistenza di due segni somi

glianti. «Silhouette» e «Silhouette donna», costituenti l'uno il titolo di una collana di romanzi «rosa» in lingua inglese e l'altro la testata di una rivista di fitness, considerata l'affinità fra detti prodotti editoriali); Trib. Voghera 10 dicembre 1994. id.. Rep. 1995, voce Diritti d'autore, n. 159.

Per la tutela della testata come marchio di fatto — ma ex art. 2598 c.c. — v. Trib. Roma 26 novembre 2004, giud. Iofrida, Soc. Maggioli c. Soc. Geva. inedita, ma di prossima pubblicazione in Le sezioni spe cializzate italiane della proprietà industriale ed intellettuale. De Ferra

ri, Genova, 2005, vol. II. Va però ricordato che. con il codice della pro

prietà industriale, la tutela del marchio di fatto è ormai svincolata dalla

disciplina della concorrenza sleale, costituendo un segno distintivo non titolato: v. Trib. Napoli 5 maggio 2005, Foro it.. 2005, I. 2191, con nota di Casaburi. Il marchio di fatto nel codice della proprietà indu striale.

In ambito cautelare, la testata può essere tutelata sia con l'inibitoria che con il sequestro (quali ormai disciplinati dal codice della proprietà industriale, i cui istituti processuali trovano applicazione per tutti i se

gni distintivi): arg. ex Trib. Napoli 17 dicembre 2003, id., 2004,1, 615. V. - Sempre facendo applicazione dei principi in materia di segni di

stintivi. la giurisprudenza afferma che, ai fini della tutela della testata, non è richiesto un elevato grado di originalità: v. Trib. Torino 21 luglio 2000. id.. Rep. 2001, voce cit.. n. 141 (nella specie, il tribunale ha af

fermato la tutelabilità della testata Torino-sera, pur non individualiz

zante, considerando autonomamente le due parole «Torino» e «sera», in

quanto lo diviene considerando invece dette parole in modo abbinato e

unitario). Di contro, App. Milano 9 giugno 1995, id.. Rep. 1996. voce cit., n.

116. ha escluso che possa considerarsi individualizzante, quindi tutela

bile. il titolo «la pesca sportiva in mare», essendo costituito con una

semplice terminologia di uso corrente in perfetta aderenza concettuale

con il contenuto dell'opera libraria. La giurisprudenza tende ad escludere la confondibilità, allorché la te

stata di cui si lamenti la contraffazione abbia una scarsa funzione iden

tificativa dell'opera, tale da renderla equiparabile al c.d. marchio de

bole, in considerazione delle caratteristiche dell'opera e della diligenza

Il Foro Italiano — 2006.

zioni e commenti dei programmi televisivi della settimana, riferì

che, a partire dal 29 ottobre 1992, la R.c.s. aveva posto in ven

dita una propria guida settimanale ai programmi televisivi, de

nominata TV Sette, allegata al quotidiano II Corriere della Sera.

Lamentò che il titolo, il formato, la cadenza, il contenuto delle

rubriche e le soluzioni grafiche di quest'ultima pubblicazione imitassero pedissequamente quelli del settimanale Telesette,

producendo effetti confusori. Aggiunse inoltre che il settimanale

TV Sette era realizzato, per conto della R.c.s., dalla società

media dei consumatori del settore: v. App. Roma 4 settembre 1995. id., 1995, I, 3561. con osservazioni di Mastrorilli. In termini, v. Trib. Monza 18 dicembre 1995, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 130 (secondo cui non costituisce usurpazione del titolo «satellite» l'uso dei titoli Satellite eurosat e Tutto Tv satellite, per contrassegnare periodici della stessa

specie); Trib. Milano 29 maggio 1995, ibid., voce Marchio, n. 186 (se condo cui non c'è confondibilità tra le testate Super Inter e Inter Foot ball Club)', Trib. Milano 12 ottobre 1993, id.. Rep. 1995, voce Diritti

d'autore, n. 169, secondo cui fra titoli e testate particolarmente generi ci (nella specie, I bellissimi) modificazioni anche lievi sono da sole suf ficienti a garantire la distinzione e l'inconfondibilità.

VI. - Una testata generica o descrittiva, in quanto consistente in una o più parole suscettibili di individuare il prodotto-settore di riferimento,

può assumere in concreto — a seguito di una protratta diffusione —

una connotazione individualizzante, trovando applicazione il c.d. se

condary meaning, istituto proprio dei marchi: v. Trib. Roma 23 dicem bre 1999, id., Rep. 2001, voce cit., n. 143 (nella specie, si trattava della testata Automobilismo): App. Milano 18 luglio 1997, id.. Rep. 2000, voce cit.. n. 147; Trib. Monza 15 aprile 1997, id., Rep. 1999, voce

Marchio, n. 58 (e, per esteso, Giur. dir. ind., 1997. 687: nella specie si trattava della testata New age per una pubblicazione musicale legata al l'omonimo filone culturale; il tribunale ha ritenuto che costituiscano

prova dell'emersione di un significato secondario aggiuntivo rispetto al senso descrittivo dell'espressione in questione la produzione in giudi zio di attestazioni provenienti dalla clientela e ì riscontri contenuti in altre pubblicazioni); Trib. Milano 17 aprile 1997. Foro it.. Rep. 1999. voce Diritti d'autore, n. 153; App. Milano 23 novembre 1993. id., Rep. 1995, voce cit., n. 158.

VII. - In ogni caso la testata, se registrata anche come marchio d'im

presa, può usufruire sia della tutela di cui all'art. 100 l.d.a. che di

quella propria dei marchi (in quanto prodotto editoriale da distinguere dai prodotti delle imprese concorrenti): v. Trib. Cosenza 14 gennaio 2003, cit.; Trib. Monza 19 giugno 2001, id., Rep. 2003, voce cit.. n.

112; Trib. Roma 20 giugno 2001, ibid., voce Marchio, n. 37. Di particolare rilievo è Trib. Monza 15 aprile 1997, cit., per la quale

«la pubblicazione editoriale di una testata contenente la formula lette rale poi protetta con la registrazione del marchio, risolvendosi in pub blica divulgazione e diffusione sul territorio nazionale di detta formula con carattere di novità e priorità editoriale, costituisce ipotesi di pre-uso di fatto, idoneo come tale a far retrodatare e retroagire la tutela della formula stessa, ai fini di un suo utilizzo esclusivo, sino al momento

della prima apparizione»; Trib. Milano 15 dicembre 1994, id.. Rep. 1996, voce cit.. n. 131 (secondo cui «viola i diritti di esclusiva sul se

gno distintivo 'Il Sole-24 Ore", sia come marchio, sia come denomina

zione sociale, sia come testata, l'adozione della ditta individuale TI

Sole. Notiziario delle 24 Ore di Magnaghi Massimo' da parte di un'im

presa che preannuncia la stampa e la diffusione di un mensile economi

co, politico e finanziario»). Cfr. però Trib. Roma 29 maggio 1993. id.,

Rep. 1995. voce Diritti d'autore, n. 163, a cui avviso il titolo di una

pubblicazione periodica può essere registrato come marchio solo quan do lo si intende utilizzare per prodotti diversi dal periodico.

VIII. - La testata può ricomprendere anche — in tutto o in parte —

un marchio anteriore altrui, di norma denominativo, o può essere con fondibile con quest'ultimo. In tal caso il marchio godrà della tutela di

cui all'art. 20 cod. proprietà industriale. Di converso, è nullo per difetto di novità il marchio registrato per

prodotti editoriali, il cui cuore riprenda la testata di una rivista prece dente: v. Trib. Milano 23 luglio 1999, id.. Rep. 2001, voce Marchio, n.

290 (nella specie, il tribunale ha anche ritenuto che la registrazione era

avvenuta in malafede, perché chi aveva registrato il marchio aveva

ideato il progetto editoriale della rivista anteriore, di cui era stato ad un

tempo direttore tecnico editoriale).

Opera qui, ormai, il principio di unitarietà dei segni distintivi, di cui

all'art. 22 cod. proprietà industriale.

IX. - La giurisprudenza distingue nettamente la tutela approntata dal

l'art. 100 da quella di cui all'art. 102 l.d.a.; tale norma configura —

come accennato per espressa previsione — un'ipotesi di concorrenza

sleale, speciale rispetto alla fattispecie generale di cui all'art. 2598 c.c.:

v. Trib. Sassari 17 maggio 1996, id., Rep. 1997, voce Diritti d'autore.

n. 127. Possono richiamarsi Trib. Roma 5 febbraio 2003, id.. Rep. 2003, vo

ce cit.. n. 116 (e, per esteso, Dir. informazione e informatica, 2003.

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PARTE PRIMA

Headline di cui erano soci i sig. Corazzi e Vertemati, i quali erano stati sino a poco prima dipendenti o consulenti della Uni

verso e, in tale veste, avevano contribuito alla configurazione del settimanale Telesette. Osservò ancora che il settimanale al

legato al quotidiano II Corriere della Sera era distribuito sotto

costo, ed in alcuni periodi addirittura gratis, sicché le vendite di

Telesette si erano drasticamente ridotte.

Perciò l'attrice chiese che fosse accertato il carattere illecito

delle condotte addebitate ai convenuti, per violazione degli art.

294. con nota di Sammarco), e App. Milano 9 giugno 1995, Foro it..

Rep. 1996. voce cit., n. 118. Per il primo provvedimento, «[ 1 ]"art. 100 l.d.a. appronta alla testata una tutela minimale, limitata alla sola ipotesi di riproduzione o realizzazione di una copia identica del titolo dell'ope ra senza il consenso del titolare, sempre che non si tratti di opere di

specie o carattere così diverso da escludere ogni possibilità di confu sione: mentre l'art. 102 l.d.a. estende la tutela anche alla imitazione (o realizzazione di un titolo simile all'altro), ove sia idonea a creare con fusione di opera o di autore» (nella specie, il tribunale, ritenuta la so

miglianza e la confondibilità della nuova testata Avanti! Quotidiano so cialista fondato il 25 dicembre 1896 con la testata giornalistica L'A vanti!, ha inibito l'uso nella prima della parola «Avanti!»). Il secondo

provvedimento, invece, osserva che l'atto di concorrenza sleale di cui all'art. 102 cit. è sanzionato non a difesa autonoma ed intrinseca del titolo, ma a tutela dell'impresa editoriale contro atti confusori di ag ganciamento diretti a sviare la clientela a favore della propria iniziativa, costituente pedissequa imitazione dell'assetto editoriale altrui; «conse

guentemente quando l'impressione generale ricavabile dall'aspetto globale del frontespizio evidenzia una serie di differenze immediata mente percepibili che evitano pericoli confusori di sorta è superfluo fa re raffronti ulteriori su spaziature, caratteri di stampa, coloritura del

Uttering, rilegatura, ecc. dato che tali elementi scompaiono ad una vi sione d'insieme che attira l'attenzione del lettore sul titolo, sul soggetto raffigurato in copertura e sulle specificazioni aggiuntive».

Di rilievo è anche App. Torino 11 dicembre 2001, id.. Rep. 2004. voce Marchio, n. 78, secondo cui «l'uso di un marchio, in parte identi co a quello altrui, nella testata di una rivista del tutto simile a quella del concorrente, in modo tale da indurre gli acquirenti a ritenere che i due

prodotti provengano dalla stessa impresa, non è conforme ai principi della correttezza professionale».

Il mercato rilevante, ai fini dell'applicazione degli art. 100-102 l.d.a. e 2598 c.c. è quello strettamente nazionale, in quanto le opere a stampa sono necessariamente legate alla lingua del paese in cui circolano: v. Trib. Milano 31 marzo 1999, id., Rep. 2001, voce Diritti d'autore, n. 146.

La casistica è ampia; v., ad es., Trib. Milano 20 aprile 1998, id.. Rep. 1999. voce cit., n. 151 (secondo cui la testata Automondo è imitata da

quella l'Automondo)', 25 novembre 1996, ibid., n. 154 (secondo cui co stituisce illecito concorrenziale, a danno del titolare delle preesistenti testate Monna e Moana video, la diffusione di un periodico dal titolo io

Moana, ciò a prescindere da ogni considerazione sul fatto che l'editore di quest'ultimo periodico fosse legittimato su base contrattuale all'uso di quel nome da parte dei titolari dei relativi diritti); 25 marzo 1996, ibid., voce Concorrenza (disciplina), n. 217 (che ha escluso l'illecito concorrenziale, a danno del titolare della testata Cavallo Magazine, con la scritta «Cavallo» in grande e «Magazine» in piccolo, con riferimento all'adozione della testata Cavalli & cavalieri con la scritta «Cavalli» in

grande e la dicitura sottostante «& cavalieri» in caratteri ridottissimi, in

quanto fra le due testate non vi è interferenza né concettuale, né grafica, né fonetica).

Può anche richiamarsi Trib. Modena 19 agosto 2002, id.. Rep. 2004, voce cit.. n. 236, secondo cui «costituisce pubblicità ingannevole e atto di concorrenza sleale per appropriazione di pregi di prodotto altrui l'of ferta in vendita di magliette riproducendo sulle confezioni e sui dé

pliant che li accompagnano immagini ed espressioni evidentemente ri ferite ad un programma televisivo di successo, nella specie la trasmis sione Saranno Famosi, così ingenerando nel pubblico l'erroneo con vincimento che si tratti proprio dei capi d'abbigliamento indossati dai

partecipanti alla predetta trasmissione televisiva». Infine, per l'applicazione dell'art. 6 bis della convenzione dell'unio

ne di Parigi ad una testata di un periodico straniero, v. Trib. Milano 7 febbraio 1994. id.. Rep. 1995, voct Marchio, n. 132.

X. - L'art. 100. 4° comma, l.d.a. prevede che «il titolo del giornale, delle riviste o di altre pubblicazioni periodiche non può essere ripro dotto in altre opere della stessa specie se non siano decorsi due anni da

quando è cessata la pubblicazione del giornale»; v., su tale norma, Trib. Milano 20 aprile 1998, id.. Rep. 1999, voce Diritti d'autore, n. 152.

La tutela del titolo si protrae per un biennio non solo in caso di radi cale cessazione della pubblicazione del periodico cui inerisce, ma an che nell'ipotesi che venga a cessare il solo uso del titolo ed il periodico continui ad essere pubblicato con altra denominazione o con denomina zione modificata: v. Trib. Milano 10 aprile 1995, id.. Rep. 1997, voce cit.. n. 129.

Il Foro Italiano — 2006.

100 e 102 l.d.a. (1. 22 aprile 1941 n. 633) e dell'art. 2598, n. 3, c.c., e che fossero emessi i consequenziali provvedimenti inibi

tori e di condanna al risarcimento dei danni.

Tali domande, nel pieno ed attivo contraddittorio di tutti con

venuti, furono però rigettate dal tribunale, la cui pronuncia, a

seguito di tempestivo gravame proposto dalla Universo, è stata

integralmente confermata dalla Corte d'appello di Milano con

sentenza resa pubblica il 18 maggio 2001.

La corte milanese ha osservato:

Inoltre, la pubblicazione pro forma di una testata entro il termine biennale di cui all'art. 100 l.d.a. al mero fine di evitare la decadenza della registrazione è insufficiente a qualificarsi come «ripresa delle

pubblicazioni» e a manifestare la correlativa volontà con la conseguen za che la testata ricade nel pubblico dominio e può essere appropriata da chiunque: v. Trib. Napoli 15 dicembre 1997, id., Rep. 1998. voce

Stampa ed editoria, n. 16.

Beninteso, incombe all'editore convenuto per uso di testata confon dibile con quella del concorrente l'onere di provare ex art. 100, 4°

comma, l.d.a. il non uso biennale di quest'ultima: Trib. Milano 7 feb braio 1994, id.. Rep. 1995, voce Diritti d'autore, n. 166.

XI. - In materia di diritti patrimoniali d'autore su un progetto edito

riale, consistente in una testata giornalistica trasmessa via Internet, v. Cass. 1° luglio 2004 n. 12089, id., 2005, I, 2472, con osservazioni di

Casaburi; sul diritto dell'editore di una testata elettronica on Une sui materiali selezionati per la pubblicazione, e non del direttore, v. Trib. Roma 11 febbraio 2004, id.. 2004,1, 1625. Più in generale, sulle testate delle riviste on line, v. Trib. Viterbo 22 aprile 2002, id.. Rep. 2004, vo ce Marchio, n. 133; Trib. Milano 28 maggio 2002. id.. Rep. 2003. voce

Stampa ed editoria, n. 36; 15 aprile 2002, id.. Rep. 2002. voce Seque stro penale, n. 44; Trib. Cuneo 23 giugno 1997, id.. Rep. 1998, voce Diritti d'autore, n. 164.

Per i conflitti tra il nome di dominio Internet e la testata, v. Trib. Messina 6 novembre 2000, id., 2001, 1, 2032, con osservazioni di Di Ciommo (secondo cui non si applica la normativa speciale in materia di

protezione delle opere dell'ingegno, bensì, per essere entrambi segni distintivi, la norma generale sulla concorrenza sleale); in termini, Trib. Bari 12 giugno 2000, id., Rep. 2002, voce Provvedimenti di urgenza, n. 50.

XII. - La Cassazione ha confermato la sentenza di merito anche nella

parte in cui questa ha escluso che la vendita abbinata della guida televi siva al Corriere della Sera e al settimanale Sette costituisca vendita

sottocosto, illecito concorrenziale ex art. 2598. n. 3, c.c. La società ora

ricorrente, già appellante, non aveva infatti neanche provato il presup posto stesso del suo assunto, vale a dire che la pubblicazione era ven duta sottocosto (concetto, peraltro, quanto mai ambiguo e sfuggente dal

punto di vista giuridico ed economico), limitandosi a richiamare lo slo

gan di lancio, «non costa nulla». La corte d'appello ha avuto allora fa cile gioco a rilevare che la guida in oggetto è un supplemento, parte integrante del quotidiano cui è imprescindibilmente allegato, sicché il suo prezzo è quello di quest'ultimo. Lo slogan sopra riportato — con clude la Cassazione — è appunto una mera manifestazione pubblicita ria, non certo la prova dell'illecita vendita sottocosto.

XIII. - A ben vedere, tale rilievo potrebbe essere assorbente; la Cas sazione è però andata oltre (massima 2), formulando rilievi che, lungi dal l'integrare, come dichiarato, la motivazione della sentenza di ap pello, in realtà la sostituiscono radicalmente, «rivoluzionando» anzi i

principi fin qui sostenuti dalla giurisprudenza in materia di vendita sottocosto, su cui, v., in ultimo. Trib. Roma 15 novembre 2004, id.. 2005. 1, 1471, con osservazioni di Casaburi. cui adde Trib. Torino 1°

giugno 2001, id., Rep. 2003, voce Concorrenza (disciplina), n. 327. Cass. 1636/06 rovescia, in primo luogo, la tradizionale impostazione

per cui «in linea di massima ... le vendite sottocosto sono concorren zialmente illecite» (così Vanzetti-Di Cataldo, Manuale di diritto in dustriale, Milano, 2005, 107).

Le condotte in oggetto, certo, sono riconducibili alia generale, aspe cifica previsione dell'art. 2598. n. 3, c.c., cui sono appunto riferiti i

comportamenti dell'imprenditore «che. nel danneggiare un altro con corrente, si ponga(no) in contrasto con i principi della correttezza pro fessionale».

Tali principi, però, vanno identificati di volta in volta «sulla base di

parametri desunti da altre norme, o da ulteriori principi generali, rinve nibili nell'ordinamento». L'art. 2598, n. 3, c.c. — sottintende allora la sentenza in rassegna — è una sorta di norma in bianco, ma di stretta

interpretazione. Infatti, con specifico riferimento alla vendita sottocosto, «la scelta di

un imprenditore in ordine alla politica dei prezzi che egli intenda attua re sul mercato» è, in via di principio, lecita, essendo «un comporta mento così strettamente legato alle valutazioni di rischio ed ai calcoli di costo e rendimento tipici dell'attività d'impresa» e «trattandosi di uno dei modi in cui si esplica la libertà di iniziativa economica tutelata dal l'art. 41. 1° comma. Cost.». Oltretutto, la scorrettezza nella fissazione di un prezzo «non può dipendere solo dal fatto che i concorrenti ne sia

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

— che l'utilizzo del titolo TV Sette, per la pubblicazione di

un periodico in concorrenza con quello denominato Telesette. non ha implicato violazione del disposto dell'art. 100, 1° com

ma, della citata legge sul diritto d'autore (in prosieguo l.d.a.): sia perche' si tratta di titoli di per sé privi di una marcata origi nalità, in rapporto ai quali anche differenze lievi sono consenti

te, sia perche', comunque, la presenza del titolo del settimanale

edito dalla R.c.s. anche delle parole «Corriere della Sera», con

carattere di assoluta evidenza per dimensione, colore e riqua dratura, esclude possa parlarsi di imitazione del titolo del setti

manale concorrente; — che, pur sussistendo di fatto le somiglianze d'impostazio

ne e di forma tra le rubriche dei due settimanali denunciate dal

l'appellante, e pur dovendosi perciò riconoscere che la conce

no messi in difficoltà: in ciò sta l'essenza stessa della concorrenza», atteso anche che la competizione opera anche sul piano finanziario e del marketing.

Si tratta di una libertà non assoluta, incontrando i limiti posti dagli altri commi dello stesso art. 41 cit.

XIV. - Tuttavia — ed è qui lo snodo decisivo della sentenza — per ché la pratica dei prezzi possa considerarsi scorretta, occorre non solo che la condotta dell'imprenditore «risulti incompatibile con regole e

principi chiaramente posti dall'ordinamento», ma anche che «siffatte

regole o principi siano, per parte loro, riconducibili a quelle esigenze di utilità sociale solo con riferimento alla quale il 2° comma dell'art. 41 Cost, consente di limitare la libertà d'impresa».

Ciò avendo riguardo «a quel che nuoce o a quel che giova al buon funzionamento del mercato, e quindi alla generalità dei consumatori,

perché in questo consiste l'interesse generale»; ancor più icasticamente, la valutazione di scorrettezza della condotta va compiuta «non nell'in teresse dei mercanti, ma in quello del mercato».

La sentenza richiama espressamente. Cass. 11 agosto 2000, n. 10684. Foro it.. Rep. 2000, voce cit., n. 301. pure riferita alle fattispecie resi duali dell'art. 2598. n. 3. c.c.: «Nella valutazione dei comportamenti an ticoncorrenziali occorre tener conto degli interessi collettivi concorrenti alla dinamica economica, in adesione ai principi ed ai limiti di cui al l'art. 41 Cost., finalizzati a garantire che il mercato conservi la qualità strutturale di luogo della libertà di iniziativa economica per tutti i suoi

partecipi, ovvero per chiunque pretenda di esercitare tale iniziativa». La valorizzazione delle esigenze obiettive del mercato, riferito anche

alla generalità dei consumatori, trova riscontro, giova segnalarlo, anche nel recente codice del consumo che significativamente, ricomprende integralmente la disciplina in materia di pubblicità ingannevole, di cui

già al d.leg. 74/92. Per altro verso, il fermo richiamo ai valori di solidarietà sociale di

stacca la pronuncia in rassegna da orientamenti della giurisprudenza di oltreoceano, ove si è giunti ad affermare che la posizione di monopolio è il premio che compete all'imprenditore «vincitore» nella lotta concor renziale.

Da qui. allora, la necessità — evidenziata con estremo rigore da Cass. 1636/06 — della precisa individuazione delle norme che integra no. e danno contenuto, a quella in bianco dell'art. 2598, n. 3 (tale nor ma. quindi, si configura in termini profondamente diversi rispetto alla clausola generale di responsabilità di cui all'art. 2043 c.c.. che pure ne costituisce la matrice storica).

Con riferimento alla vendita al dettaglio — che però nella specie non rileva — il riferimento è all'art. 15 d.leg. 114/98, che offre anzi una

precisa definizione della vendita sottocosto. La Cassazione, piuttosto, afferma che le norme di riferimento, perché

la pratica del ribasso dei prezzi configuri il c.d. dumping interno, sono

quelle in materia di abuso di posizione dominante, di cui all'art. 82 del trattato Ce e 3 1. 287/90. In conclusione, «la vendita sottocosto . . . ap pare contraria ai doveri di correttezza evocati dall'art. 2598. n. 3. c.c., solo se a porla in essere sia un'impresa che muove da una posizione di dominio e che. in tal modo, frapponga barriere all'ingresso di altri con correnti sul mercato o comunque indebitamente abusi di quella sua po sizione».

Tale arresto della Suprema corte, sicuramente di grandissimo rilievo teorico ed operativo, trova riscontro giurisprudenziale in ambito comu

nitario (v. Corte giust. 3 luglio 1991, causa C-62/86, id.. 1992. IV. 81, con osservazioni di Mastrorilli, espressamente richiamata; v. anche

Corte giust. 9 gennaio 2003, causa C-76/00 P, id.. Rep. 2004. voce li mone europea, n. 1087, sui criteri di accertamento del dumping in

terno), ma si traduce nel fortissimo ridimensionamento — ai limiti del

la soppressione di fatto — delle pratiche di vendita sottocosto quale il

lecito concorrenziale (anche in punto di accertamento dell'illecito, e

stremamente arduo, come appunto nella specie). Meglio ancora: il dumping interno da illecito concorrenziale assume i

connotati di illecito antitrust (sicché può meglio definirsi predatory

pricing), appunto quale manifestazione di abuso di posizione domi nante (il che, peraltro, ben si inserisce nel ridimensionamento della

concorrenza sleale indirettamente operato dal codice della proprietà in

dustriale: v. nota a Trib. Napoli 5 maggio 2005, cit.).

Il Foro Italiano — 2006.

zione editoriale di TV Sette ha avuto a modello quella di Tele

sette, essendo stata creata dalle stesse persone (i sig. Corazzi e

Vertemati) che avevano precedentemente contribuito alla realiz

zazione di quest'ultimo periodico, non ne consegue l'esistenza

di alcun illecito, non essendo vietato imitare le caratteristiche, i

pregi e le qualità di un prodotto non tutelato da alcuna privativa; — che, in particolare, la violazione dell'art. 100, 3° comma,

l.d.a. non può risiedere nel mero fatto che siano identici i titoli

delle due rubriche denominate «i film del giorno» e «le trame», atteso il carattere meramente descrittivo di tali denominazioni e

la diversità della grafica e del contenuto delle medesime rubri

che; — che, alla stregua di una valutazione sintetica, e tenendo

anche conto dell'affollamento di prodotti analoghi esistenti in

Ancora di recente Vanzetti-Di Cataldo, op. cit., 107, si preoccupa vano di osservare che la vendita sottocosto si riscontra ogni qualvolta una parte approfitta di una propria posizione di forza economica «anche ove non si tratti di posizione dominante in senso tecnico».

Sulle interferenze tra concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3 (boicot

taggio) e illecito antitrust (con risvolti anche procedurali, in punto di

giurisdizione e di competenza delle sezioni specializzate), v. App. Mi lano 26 aprile 2005, Foro it.. 2005, I, 1885. con nota di Casaburi. Il codice della proprietà industriale e l'antitrust.

Per riferimenti anche di diritto comparato, v. AA.VV., Antitrust fra diritto nazionale e diritto comunitario, Milano. 2005, nonché Colange lo. Lettere da Parigi: nuovi spunti giurisprudenziali sulla dipendenza economica, in Danno e resp.. 2005, 585.

In dottrina, cfr. Libertini, Il ruolo del giudice nell'applicazione delle norme antitrust, in Giur. comm., 1998. I, 649. il quale, nell'ipotesi di

sovrapposizione della normativa ex art. 2598 c.c. con quella antitrust,

opta per la radicale soluzione dell'applicazione del principio di specia lità in favore della seconda. Dello stesso a., cfr. altresì Ancora sui ri medi civili conseguenti ad illeciti antitrust (II). in Danno e resp., 2005, 237, con ulteriori riferimenti bibliografici e l'indicazione, tra i titolari del diritto al risarcimento del danno da illecito antitrust, dei consumato ri finali. V. anche Vigo, Le vendite a prezzi predatori e le strategie di

«marketing», in AA.VV.. Studi di diritto industriale in onore di Adria no Vanzetti, Milano. 2004, II. 1744.

XV. - Sulla vendita sottocosto da parte dell'editore delle copie in vendute di un'opera, v. App. Milano 30 novembre 2001, Foro it.. Rep. 2003, voce Diritti d'autore, n. 101.

Sull'esclusione del dumping interno per la vendita abbinata di due

giornali quotidiani (o di un periodico abbinato ad un quotidiano), i c.d.

giornali-panino, v. App. Milano 18 maggio 2001. ibid., voce Concor

renza (disciplina), n. 326, secondo cui l'illecito «presuppone la prova che l'offerta aggiuntiva eroda completamente i precedenti margini di

guadagno dell'editore, ed anzi, nel caso in cui l'offerta aggiuntiva sia

diretta principalmente a sostenere le vendite del prodotto principale,

presupporrebbe anche la prova che l'iniziativa non sia valsa ad incre

mentare (o difendere convenientemente) le vendite del prodotto princi

pale». Adde. Trib. Firenze 29 aprile 2000. id.. Rep. 2002, voce cit., n. 319

(secondo cui l'illecito in parola non è configurabile a fronte di iniziati

va temporanea e di oggettivo carattere promozionale); Trib. Ancona

Senigallia 10 gennaio 2000, ibid., n. 311 (che esclude l'invocabilità della 1. 10 ottobre 1990 n. 287, che regola fattispecie diverse dagli atti

di concorrenza sleale, ossia le restrizioni della concorrenza e gli abusi di posizione dominante); Trib. Napoli 15 luglio 1997. id., 1997. I, 3022

(che esclude l'illecito sul rilievo che II Corriere del Mezzogiorno, ven

duto in ambito regionale in abbinamento al Corriere della Sera, pur fa

cendo capo a diverso editore, non ha mai avuto circolazione autonoma e disgiunta, presentandosi sostanzialmente come supplemento dell'al

tro). Contra. App. Bologna 20 dicembre 1999. id.. Rep. 2002, voce cit.. n.

317. secondo cui la vendita abbinata può configurare dumping interno, se caratterizzata dall'antieconomicità sotto il profilo del rilevante squi librio tra costi operativi e ricavi (in quanto la configurabilità della ven

dita sottocosto non può essere esclusa dalla valutazione della sua eco

nomicità in relazione a profitti futuri: di contro il sistematico svolgi mento antieconomico dell'attività di impresa rende tale pratica obietti

vamente idonea a danneggiare l'impresa concorrente). Di rilievo anche Trib. Monza 19 giugno 2001, cit., che configura una

fattispecie di concorrenza sleale per storno di clientela, ex art. 2598, n.

3, c.c.. nel comportamento di un editore che, dopo aver cessato di esse

re licenziatario di una testata, avvia un proprio periodico con altra te

stata con un'operazione di marketing diretta ad insinuare nei lettori la

sensazione di continuare a leggere un prodotto editoriale inserito nel

solco tracciato dalla rivista di cui era precedentemente licenziatario.

Cfr.. infine, più in generale, per ulteriori riferimenti dottrinali e giu

risprudenziali. Ubertazzi (a cura di). Commentario breve a! diritto del

la concorrenza, Padova, 2004, 1774 ss. [G. Casaburi]

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695 PARTE PRIMA 696

questo settore di mercato, non è ravvisabile alcuna possibilità di

confusione per i lettori: per la differenza dei titoli, per gli ele

menti di diversità di contenuto e composizione che residuano,

rispetto alle rilevate somiglianze, per il numero complessivo di

pagine delle due pubblicazioni e. soprattutto, per il fatto che il

settimanale della R.c.s. non è acquistabile autonomamente in

edicola, bensì solo in allegato al quotidiano II Corriere della Se

ra (o, saltuariamente, insieme ad altre riviste del medesimo

gruppo editoriale); — che neppure appare illecita l'utilizzazione delle compe

tenze professionali dei sig. Corazzi e Vertemati, ex dipendenti o

collaboratori dell'impresa concorrente, giacché costoro non era

no legati da alcun patto di non concorrenza, né hanno sfruttato

segreti aziendali o conoscenze riservate acquisite presso il pre cedente datore di lavoro, essendo le caratteristiche editoriali di

Telesette pubblicamente ostentate; — che infine, non è stata idoneamente provata l'accusa di

dumping formulata dall'appellante: perché — anche a prescin

dere dalla temporaneità dell'iniziativa promozionale di offerta

gratuita del settimanale TV Sette — occorre tener conto della

circostanza che l'offerta in edicola di detto settimanale fa tut

t'uno con quella del quotidiano II Corriere della Sera, onde, per

configurare l'illecito concorrenziale della vendita sottocosto, si

sarebbe dovuto dimostrare che l'offerta del settimanale non ab

bia avuto l'effetto di incrementare o difendere le vendite del

quotidiano. Avverso tale sentenza la Universo propone ricorso per cassa

zione, articolato in tre motivi.

Resistono con controricorso sia la R.c.s. sia, congiuntamente, i sig. Corazzi e Vertemati e la Headline.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione. — 1. - I tre motivi di ricorso, con i

quali vengono denunciati sia errori di diritto sia vizi di motiva

zione dell'impugnata sentenza, investono: il primo, l'asserita

illecita imitazione del titolo e delle rubriche del settimanale Te

lesette. edito dalla società ricorrente, ad opera del settimanale

TV Sette, di cui è editrice la controricorrente R.c.s.; il secondo,

l'illecito concorrenziale che quest'ultima avrebbe commesso

utilizzando le competenze professionali di ex collaboratori della

medesima ricorrente; il terzo, l'ulteriore illecito consumato me

diante la vendita sottocosto, o addirittura gratuita, del citato set

timanale TV Sette.

Benché tali motivi presentino taluni aspetti di connessione, è

preferibile, per ragioni di maggior chiarezza espositiva, esami

narli qui di seguito separatamente. 2. - Il tema dell'illecita imitazione è ripartito dalla ricorrente

in due distinti profili: l'uno attiene al titolo dei periodici posti a

raffronto, con riferimento al quale viene ipotizzata la violazione

dell'art. 100, 1° comma, l.d.a. (anche in relazione al disposto dell'art. 17. 1° comma, lett. e. 1. marchi), e l'altro concerne i

contenuti e le forme delle rubriche dei medesimi periodici, con

ipotizzata violazione del citato art. 100, 3° comma, e dell'art.

102 l.d.a.

2.1.- Con riguardo al primo profilo, la ricorrente contesta che

tra i titoli delle due riviste sussista una differenza rilevante, tale

non essendo la semplice sostituzione della parola «Tele» con

quella «TV», e critica l'affermazione della corte d'appello se

condo cui si tratterebbe di titoli «debolissimi», perché privi di

sufficiente originalità. Si sarebbe invece dovuto tener conto

della notorietà acquisita nel tempo dal settimanale Telesette e,

quindi, applicare anche in questo campo la teoria c.d. del secon

dary meaning, elaborata nel settore dei marchi, in virtù della

quale anche una denominazione all'origine priva di capacità di

stintiva può poi acquistarla a seguito dell'uso di mercato che ne

sia stato fatto in rapporto ad un determinato prodotto. Erronea

mente, poi, la corte territoriale avrebbe ravvisato un idoneo

elemento di differenziazione dei titoli nella dicitura «Corriere

della Sera», aggiunta alla denominazione TV Sette, trattandosi di

un mero sottotitolo, neppure citato nei messaggi pubblicitari ri

guardanti la testata e, come tale, insufficiente ad evitare effetti

confusori. Né, infine, varrebbe riferirsi ad altre pretese differen

ziazioni grafiche, che l'impugnata sentenza menziona senza pe rò neppure specificamente indicare e che, comunque, non

avrebbero alcuna reale capacità distintiva con riguardo ad un

titolo costituito essenzialmente da parole. 2.2. - Quanto al secondo profilo, le critiche della ricorrente si

appuntano sulle carenze e sulle contraddizioni da cui sarebbe af

fetta la motivazione dell'impugnata sentenza, la quale avrebbe

Il Foro Italiano — 2006.

riconosciuto le notevoli e numerose somiglianze riscontrabili tra

le due riviste senza poi trarne l'ovvia conclusione della loro

confondibilità, escludendola sulla base di ulteriori — ma non

sufficientemente specificati — elementi di differenziazione e,

comunque, in difetto di una loro attenta e puntuale analisi e sen

za l'indispensabile comparazione di sintesi. Né sarebbe possi bile negare la confondibilità dei due periodici

— come la corte

milanese ha fatto — sulla base del rilievo che il settimanale

edito dalla R.c.s. è posto in vendita congiuntamente ad altri pro dotti editoriali; elemento, questo, del tutto irrilevante, a fronte

del fatto che la rivista TV Sette è comunque anch'essa venduta

in edicola, con il rischio di confusione per associazione, poten dosi indurre nei consumatori l'erronea convinzione che si tratti

di una particolare versione della (in realtà concorrente) rivista

Telesette, abbinata al Corriere della Sera, in forza di un'intesa

intervenuta tra gli editori interessati.

3. - Nessuna delle prospettate doglianze appare fondata.

3.1. - Può senz'altro convenirsi sul fatto che la tutela accor

data dalla legge al titolo di una pubblicazione non ne presuppo ne l'originalità in senso, per così dire, assoluto. Anche un titolo

generico o meramente descrittivo può infatti acquistare una fun

zione individualizzatrice se, per l'uso che di quel titolo sia stato

fatto in relazione ad una certa opera, per il tempo in cui ciò si è

verificato e per la notorietà che l'opera ha acquistato presso il

pubblico, si determini diffusamente un fenomeno di associazio

ne; un fenomeno, cioè, in virtù del quale i fruitori dell'opera immediatamente siano portati a collegare all'opera stessa quelle

parole e quei segni, pure in sé privi di particolare originalità, dei

quali il titolo si compone. Può anche convenirsi, ovviamente,

che un titolo da principio dotato di una capacità distintiva «de

bole». perché costituito da una combinazione di parole ed altri

segni grafici di significato relativamente comune, acquisti, per effetto dell'uso protratto nel tempo e del conseguente fenomeno

di associazione cui dianzi si è fatto cenno, una valenza più «forte».

Resta però che, in tutti i casi, il giudizio sull'idoneità distinti

va di un titolo, in relazione ad una determinata opera ed in rap

porto con altri titoli relativi ad opere diverse, si risolve in una

valutazione di fatto circa la possibilità che il pubblico, tratto in

inganno dalla somiglianza dei titoli, scambi un'opera per l'altra.

Valutazione di fatto e dunque, come tale, rimessa al giudice di

merito e non suscettibile di riesame in sede di legittimità, se non

per eventuali difetti di motivazione riconducibili alla previsione dell'art. 360, n. 5, c.p.c.

Orbene, nel caso di specie, la corte d'appello non si è limitata

a considerare che il titolo del settimanale edito dalla Universo è

privo di una particolare originalità ed è dunque «debolissimo», onde la pur lieve differenza letterale e grafica rispetto al titolo

della pubblicazione concorrente basterebbe a costituire un'ido

nea differenziazione; ha anche aggiunto che, comunque e «più radicalmente», ciò che vale ad escludere ogni eventuale confu

sione tra i due titoli è il fatto che in quello del settimanale TV

Sette figura anche l'aggiunta delle parole «Corriere della Sera».

Il carattere decisivo che la corte milanese ha inteso attribuire

a tale ultimo rilievo tronca quindi ogni discussione in ordine

alla valenza «debole» o «forte» (originaria o sopravvenuta con

l'uso) del titolo del settimanale Tele Sette, di cui comunque la

corte di merito ha escluso la confondibilità con l'altro per ef

fetto dell'anzidetta ulteriore dicitura.

Né può accogliersi l'obiezione del ricorrente, secondo cui tale

ulteriore dicitura non avrebbe invece dovuto esser presa in con

siderazione, trattandosi di un semplice sottotitolo. Al contrario,

la corte d'appello ha accertato in modo chiaro ed esplicito che

le parole «Corriere della Sera» concorrono pienamente a costi

tuire il titolo in questione, giacché si integrano in un'unitaria

configurazione grafica con caratteri di assoluta evidenza per dimensione, colore e riquadratura. Ed è appena il caso di osser

vare che un simile accertamento in punto di fatto, casi specifi camente motivato e che correttamente tien conto anche dell'ef

fetto grafico complessivo del titolo (senza necessità di descrive

re minutamente nella sentenza i singoli dettagli che lo compon

gono), non può esser rimesso in discussione dinanzi al giudice di legittimità.

3.2. - Considerazioni sostanzialmente analoghe sono da farsi

a proposito della doglianza concernente il giudizio di non con

fondibilità delle rubriche espresso dalla corte d'appello. Anche in questo caso si tratta di valutazioni tipicamente di

merito, in ordine alle quali non v'è spazio in Cassazione che per

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

obiezioni attinenti alla completezza ed alla logicità della moti

vazione dell'impugnata sentenza. Viceversa, le censure formu

late dalla ricorrente, pur quando formalmente rivolte a criticare

appunto la motivazione, in realtà investono profili di merito e

finiscono per sconfinare in un'inammissibile richiesta di riva

lutazione di tali profili ad opera del giudice di legittimità. Ciò dicasi, in particolare, per l'asserito contrasto logico tra

gli elementi di somiglianza che la corte d'appello ha rilevato nel

contenuto delle due riviste messe a raffronto ed il conclusivo

giudizio di non confondibilità che la medesima corte ha poi

espresso. Contrasto che. in realtà, non sussiste, perché al rilievo

delle suaccennate (peraltro solo parziali) somiglianze ed alla

considerazione per cui certamente la rivista TV Sette ha per molti aspetti avuto a modello la preesistente rivista Tele Sette (a

suo tempo realizzata dalle medesime persone che hanno poi ideato TV Sette), la corte milanese ha fatto seguire un'argo mentata valutazione che l'ha condotta ad escludere, anche sotto

questo aspetto, ogni possibilità di confusione da parte dei fruito

ri: il che basta a porre la fattispecie al di fuori dei limiti entro

cui la legge, anche nell'ottica della concorrenza sleale, vieta

l'utilizzazione ad opera di un concorrente di caratteristiche già da altri adoperate per connotare prodotti analoghi.

Né può sostenersi che siffatta valutazione sia motivata in

modo insufficiente o contraddittorio. Al contrario, l'impugnata sentenza vi perviene dopo aver rilevato che alcuni dei profili di

maggiore somiglianza tra le due riviste riguardano modalità di

presentazione molto comuni, e non perciò tali da costituire un

elemento significativo d'individualizzazione, in un contesto di

grande affollamento di prodotti editoriali sostanzialmente omo

loghi; che gli elementi di diversità contenutistica e compositiva, unitamente al diverso numero delle pagine complessive delle

due pubblicazioni, conducono quindi, all'esito di una valutazio

ne comparativa sintetica, ad escluderne la confondibilità; che.

soprattutto, tale confondibilità è da escludere in considerazione

della diversa presentazione in edicola del periodico TV Sette,

sempre allegato al quotidiano II Corriere della Sem ed al setti

manale Sette. E non ha mancato la corte d'appello di aggiunge re. a quest'ultimo proposito, che non v'è alcun appiglio fattuale

a sostegno della tesi dell'appellante (odierna ricorrente) secon

do cui l'abbinamento delle diverse pubblicazioni sopra indicate

potrebbe indurre nei lettori l'erronea convinzione che quella

pubblicata dalla R.c.s. sia una sorta di editio minor del periodico edito dalla Universo, neppure alla luce della campagna pubbli citaria da cui il suo lancio è stato accompagnato.

Si è dunque in presenza, com'è chiaro, di una decisione di

merito fondata su valutazioni dalle quale la ricorrente, com'è

ovvio, può soggettivamente dissentire, ma il cui iter argomenta tivo è perfettamente delineato, senza che ne emergano contrad

dizioni. onde in nessun modo quella decisione appare priva di

adeguata motivazione.

4. - Il secondo motivo di ricorso, come già accennato, investe

il tema della concorrenza sleale (ex art. 2598, n. 3. c.c.). di cui

la R.c.s. si sarebbe resa colpevole, in concorso con la Headline

ed i sig. Corazzi e Vertemati, avendo costoro cessato la loro

precedente collaborazione con la ricorrente per costituire poi la

predetta società Headline proprio allo scopo, tramite quest'ulti ma, di apportate alla R.c.s. tutto il Know-how acquisito nel corso

dell'attività anteriore. Solo così sarebbe stato possibile realizza

re e porre gratuitamente sul mercato in tempi ravvicinati una ri

vista sostanzialmente identica a quella già edita dalla Universo,

la quale ne avrebbe riportato gravi danni.

4.1. - Neppure questa doglianza può essere condivisa.

Essa non è infatti idonea a superare il decisivo rilievo per cui

gli ex collaboratori della Universo, non essendo vincolati a que st'ultima da alcun obbligo di non concorrenza ed essendo perciò liberi di porre le proprie capacità di lavoro intellettuale a dispo sizione di una società diversa e. tramite questa, di collaborare

con la R.c.s., non hanno apportato a tale nuova collaborazione

notizie riservate o segreti aziendali dei quali fossero venuti in

possesso nel corso o a causa del loro precedente impegno lavo

rativo. Tutte le caratteristiche di forma e di contenuto già speri mentate nell'elaborazione del settimanale edito dalla ricorrente — come correttamente rileva la corte d'appello

— erano di do

minio pubblico, appunto perché percepibili da qualunque lettore

di quel settimanale. Si trattava, perciò, di caratteristiche libera

mente riproducibili (salvo il limite del divieto di atti confusori,

che però si è già visto non essere stato qui superato), ed allora il

fatto che esse siano state in parte riprodotte ad opera di ex di

II Foro Italiano — 2006 — Pane I-13.

pendenti, in favore di un diverso committente, non può configu rare alcun illecito concorrenziale.

5. - Nell'ultimo motivo di ricorso si denuncia nuovamente la

violazione dell'art. 2598. n. 3. c.c.. ma sotto un profilo diverso:

quello del dumping (interno), ossia della vendita sottocosto del

proprio periodico che la R.c.s. avrebbe attuato al fine di espelle re i concorrenti dal mercato.

La ricorrente si duole che la corte d'appello non abbia dato

peso decisivo alla circostanza, ampiamente pubblicizzata dalla

R.c.s., per cui il settimanale TV Sette era offerto in edicola addi

rittura gratis; circostanza a fronte della quale non sarebbe occor

sa alcuna ulteriore prova dell'illecito denunciato. Del tutto erro

neamente. quindi, la medesima corte d'appello avrebbe preteso la dimostrazione —

per altro impossibile da dare ad opera di un

terzo — degli effetti che una tal politica commerciale aveva

prodotto sulle vendite del quotidiano cui il settimanale accede

va. La circostanza che l'imprenditore riesca eventualmente a

compensare il mancato guadagno conseguente alla vendita sot

tocosto di un determinato prodotto con la commercializzazione

di prodotti diversi non toglie, infatti, l'illiceità del dumping in

tal modo operato in danno di altri concorrenti; né tale illiceità

vien meno — sostiene la ricorrente — per la temporaneità della

vendita sottocosto o per il fatto che quell'iniziativa sia even

tualmente attuata per reagire ad analoghe politiche commerciali

poste in essere da altri editori di quotidiani. 5.1. - Neanche questa censura coglie nel segno. Non si può anzitutto non condividere il rilievo della corte

d'appello secondo cui di vendita gratuita, nel caso in esame,

non è possibile parlare. Atteso che la rivista edita dalla R.c.s. si

presenta come un supplemento settimanale, inscindibilmente

allegato al quotidiano edito dalla medesima R.c.s., essa costitui

sce infatti parte integrante di un unico prodotto, il cui prezzo di

vendita è perciò quello del quotidiano, ancorché solo eventual

mente maggiorato in relazione alla presenza del supplemento. La questione, com'è evidente, per il profilo qui considerato, non

si porrebbe in termini diversi se le due pubblicazioni fossero an

che materialmente unificate in una sola, il cui prezzo sarebbe

sempre il medesimo.

Dunque, la circostanza che la società editrice abbia a suo

tempo pubblicizzato il lancio della sua guida ai programmi tele

visivi con la formula «non costa nulla» si risolve in una mera

manifestazione pubblicitaria, ma non sposta i termini della que stione e non può certo da sola bastare — come pretenderebbe la

ricorrente — a fornire la prova di una vendita sottocosto inte

grante gli estremi della concorrenza sleale.

Una corretta impostazione del problema deve allora necessa

riamente prendere le mosse dal rilievo per cui, com'è ben noto,

le ipotesi di concorrenza sleale riconducibili alla previsione de.

l'art. 2958, n. 3, c.c. non sono specificamente determinate. V

rientra qualsiasi comportamento dell'imprenditore che. nel dan

neggiare un altro concorrente, si ponga in contrasto con i prin

cipi della correttezza professionale. Principi la cui concreta

identificazione deve però esser di volta in volta operata sulla

base di parametri desunti da altre norme, o da ulteriori principi

generali rinvenibili nell'ordinamento.

Si tratta allora di stabilire se, ed eventualmente entro quali limiti, possa definirsi contrario alla correttezza professionale il

vendere dei prodotti sul mercato ad un prezzo particolarmente basso, tale da non apparire (almeno nell'immediato) remunera

tivo per l'offerente, ma, per ciò stesso, idoneo a porre in diffi

coltà i concorrenti che praticano un prezzo più elevato.

Ora, è noto come la giurisprudenza di questa corte abbia in

passato avuto più volte modo di affermare la almeno potenziale illiceità della vendita sottocosto in un determinato ambito terri

toriale, se posta in essere allo scopo di conquistare il mercato

con l'eliminazione dei concorrenti per dominarlo poi monopoli sticamente e rivalersi con il rialzo dei prezzi (v., in tal senso,

Cass. 28 aprile 1983. n. 2910, Foro it., 1983, I, 1864); pur non

mancando di sottolineare — almeno a partire dalla pronuncia di

Cass. 21 aprile 1983, n. 2743 {ibid.), — che viene qui in gioco il

rispetto di regole poste oggettivamente a presidio della competi zione economica, onde non occorre che il descritto comporta mento sia accompagnato dall'intenzione soggettiva di nuocere

al concorrente.

Ma, a parte l'ovvia necessità di rispettare le regole dettate a

proposito della vendita sottocosto dalla normativa speciale in

materia di commercio (di cui però non è questione nel presente

caso), occorre anzitutto osservare come la scelta di un impren

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699 PARTE PRIMA 700

ditore in ordine alla politica dei prezzi che egli intenda attuare

sul mercato non possa, in via di principio, non esser considerata

lecita, trattandosi di uno dei modi in cui si esplica la libertà d'i

niziativa economica tutelata dall'art. 41, 1° comma. Cost. Que sta libertà, naturalmente, non è assoluta, ed incontra i limiti in

dicati nei due commi successivi del medesimo art. 41; ma resta

il fatto che, per poter affermare la scorrettezza di un comporta mento così strettamente legato alle valutazioni di rischio ed ai

calcoli di costo e rendimento tipici dell'attività d'impresa, biso

gna che esso risulti incompatibile con regole o principi chiara

mente posti dall'ordinamento. E bisogna che siffatte regole o

principi siano, per parte loro, riconducibili a quell'esigenza di

utilità sociale solo con riferimento alla quale il menzionato 2°

comma dell'art. 41 Cost, consente di limitare la libertà d'impre sa.

In quest'ottica, appare chiaro come la valutazione di even

tuale scorrettezza di un dato comportamento — in specie, ma

non solo, per quel che riguarda la determinazione del prezzo al

quale un bene o un servizio venga offerto sul mercato — debba

essere compiuta non nell'interesse dei mercanti, ma in quello del mercato. Occorre cioè aver riguardo a quel che nuoce o a

quel che giova al buon funzionamento del mercato medesimo

(in tal senso, v. anche Cass. 11 agosto 2000. n. 10684. id., Rep. 2000, voce Concorrenza (disciplina), n. 301), e quindi alla ge neralità dei consumatori, perché in questo risiede l'interesse ge nerale, a prescindere dalla convenienza di una determinata cate

goria professionale. Se così è, necessariamente ne discende che la scorrettezza

nella fissazione di un determinato prezzo non può dipendere dal

solo fatto che i concorrenti ne siano messi in difficoltà: in ciò

sta l'essenza stessa della concorrenza, cui è connaturato l'ele

mento competitivo per il quale ciascuno dei concorrenti si sfor

za di prevalere sull'altro. Ne' certo sarebbe sostenibile che la

competizione sia lecita soltanto a patto di esplicarsi sul piano strettamente produttivo, ossia attraverso la riduzione dei costi di

produzione a parità di qualità del prodotto, essendo invece fuor

di dubbio che siano del pari lecite tecniche di concorrenza che

operano sul piano finanziario e, in generale, attraverso varie

possibili forme di marketing. I limiti entro i quali un tal comportamento è legìttimo fini

scono per identificarsi, perciò, unicamente con quelli che il le

gislatore europeo, prima, e quello nazionale, poi. hanno posto alla libertà d'impresa al fine di garantire appunto la funzionalità

del mercato, e di tutelare l'interesse dei consumatori. In tanto, allora, si potrà sostenere che la fissazione di prezzi più o meno

bassi è atto di concorrenza sleale, in un determinato mercato o in un settore rilevante di esso, in quanto essa contrasti con le re

gole cui s'è appena fatto cenno, e segnatamente con il divieto di

abuso di posizione dominante desumibile dall'art. 82 (ex 86) del

trattato istitutivo dell'Unione europea e dall'art. 3 1. n. 287 del

1990. In altre parole, la vendita sottocosto (o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi) appare contraria ai doveri di correttezza evocati dall'art. 2598, n. 3, c.c., solo se a porla in essere sia un'impresa che muove da una posizione di dominio e

che, in tal modo, frapponga barriere all'ingresso di altri concor

renti sul mercato o comunque indebitamente abusi di quella sua

posizione non avendo alcun interesse a praticare simili prezzi se

non, appunto, quello di eliminare propri concorrenti per poter poi rialzare i prezzi approfittando della situazione di monopolio così venutasi a determinare (v., in tal senso. Corte giust. 3 lualio

1991, causa C-62/86, id., 1992. IV, 81). Alla stregua di tale principio, con il quale va integrata la mo

tivazione dell'impugnata sentenza, il motivo di ricorso in esame

risulta evidentemente infondato, giacché la ricorrente, pur gene ricamente alludendo alla circostanza che la R.c.s. occupa sul

mercato editoriale una posizione importante, non assume di aver

mai provato, e neppure solo allegato, che in quel medesimo

mercato essa si trovi in posizione dominante, né che la politica di prezzi da essa praticata abbia avuto, anche solo potenzial mente, come effetto quello di rinforzare tale posizione in chiave

monopolistica e quindi di schiudere la prospettiva di una suc cessiva libera manipolazione al rialzo dei medesimi prezzi. Ciò

che. del resto, è in punto di fatto smentito dal non contestato ri lievo della corte d'appello secondo cui l'iniziativa editoriale di cui si discute fu assunta dalla R.c.s. per controbattere iniziative

analoghe di altri concorrenti rispetto ai quali, evidentemente, la

stessa R.c.s. non vantava una posizione di dominio.

6. - Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

Il Foro Italiano — 2006.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 gen naio 2006. n. 1285; Pres. Mercurio. Est. Di Cerbo, P.M. Fu

zio (conci, parz. diff.); Soc. Enichem (Avv. Tavormina) c.

Campana e altri (Avv. Ramadori, Gallotta). Cassa App.

Bologna 2 dicembre 2002.

Proprietà industriale — Brevetti per invenzioni industriali — Invenzioni di servizio e invenzioni di azienda — Diffe

renza — Onere della prova — Fattispecie (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, testo delle disposizioni legislative in materia di

brevetti per invenzioni industriali, art. 23). Procedimento civile — Brevetti per invenzioni industriali —

Invenzione d'azienda — Giudizio per la determinazione

dell'equo premio e di nullità del brevetto — Pregiudiziali tà —

Sospensione necessaria (Cod. proc. civ., art. 295; r.d.

29 giugno 1939 n. 1127, art. 23, 59).

Quando non è prevista, in un contratto di lavoro subordinato, una specifica retribuzione a compenso dell'attività inventiva,

l'invenzione fatta dal dipendente, durante lo svolgimento delle sue mansioni, si configura come invenzione di azienda e

non come invenzione di servizio (nella specie, la Suprema corte ha ritenuto immune da vizi il capo della sentenza di me

rito che, alla stregua del principio sopra riportato e sul pre

supposto che l'onere della prova incombe sul datore di lavo

ro. ha escluso la confìgurabilità dell'invenzione di servizio a

fronte della sola documentazione che i lavoratori inventori

godevano di un trattamento retributivo superiore a quello mi

nimo contrattuale, non esplicitamente qualificato come corri

spettivo dell'attività inventiva). (1) Sussistono i presupposti per la sospensione necessaria del giu

dizio per la determinazione dell'equo premio per le invenzio ni di azienda in pendenza del giudizio di nullità del brevetto,

atteso che l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere al

lavoratore l'equo premio può cessare solo con l'accerta

mento giudiziale, con efficacia di giudicato, della nullità in

oggetto. (2)

(1-2) 1. - La Cassazione conferma, con la sentenza in rassegna (mas sima 1). il proprio consolidato orientamento in materia di distinzione tra invenzione d'azienda e di servizio, al fine del riconoscimento del

l'equo premio (previsto solo per la prima); il fattore decisivo sta nella

previsione, per le sole invenzioni di servizio, di una specifica retribu zione per l'attività inventiva. V. Cass. 19 luglio 2003, n. 11305, Foro

it.. 2004, I, 2478, con osservazioni di Casaburi, espressamente richia mata.

Il profilo di maggior interesse sta nei risvolti probatori: la Suprema corte — confermando la correttezza della decisione del giudice di me rito — ha escluso che la previsione contrattuale della retribuzione spe cifica in oggetto possa essere desunta dalla sola presenza, in busta pa ga. di un superminimo individuale, non esplicitamente qualificato come

corrispettivo dell'attività inventiva. Ciò sull'ulteriore presupposto che l'onere della prova della qualificazione dell'invenzione come dì servi zio incombe sul datore di lavoro.

Il codice della proprietà industriale non ha modificato tale assetto: l'art. 64 corrisponde, nei primi commi, all'art. 23 1. invenzioni (così come, d'altronde, l'art. 65 ha sostanzialmente confermato, discutibil mente. la disciplina, introdotta solo nel 2001, delle invenzioni dei ricer catori universitari e degli enti pubblici di ricerca): v. Casaburi-Di Pao la. Guida al codice della proprietà industriale, id., 2005, V. 69, spec. 74 s.

II. - il principio espresso dalla seconda massima, circa il rapporto di

pregiudizialità tra il giudizio di nullità del brevetto dell'invenzione realizzata dal lavoratore e quello promosso da quest'ultimo per la de terminazione dell'equo premio per l'invenzione stessa, corrisponde ai

prevalenti orientamenti della dottrina e della (scarsa) giurisprudenza: v.. in motivazione. Cass. 5 giugno 2000. n. 7484, id.. 2001. I, 554.

In generale, sui presupposti per la sospensione necessaria, ex art. 295

c.p.c.. v.. tra le decisioni più recenti — in termini con la sentenza in

rassegna — Cass.. sez. un., 23 marzo 2005. n. 6215. id.. Mass.. 591: 14

gennaio 2005. n. 687. ibid.. 53; 11 febbraio 2005, n. 2759. id.. 2005, I. 3099.

Istituite le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, con d.leg. 168/03. si è affermato che il giudice del lavoro, davanti al quale sia proposta, in via di domanda riconvenzionale, la domanda di nullità del brevetto, deve dichiarare la propria incompeten za, e rimettere le parti innanzi alla sezione specializzata, competente per materia per le controversie brevettuali, sospendendo il giudizio sul

l'equo premio per pregiudizialità. ai sensi dell'art. 295 c.p.c.: v. Bar buto. Le invenzioni dei dipendenti. Questioni processuali, in AA.VV.. Il codice della proprietà industriale, Milano. 2004, spec. 63 ss.

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