sezione I civile; sentenza 26 gennaio 2006, n. 1636; Pres. Marziale, Est. Rordorf, P.M. Ceniccola(concl. conf.); Soc. Casa editrice Universo (Avv. Graziadei, Girino) c. Soc. R.c.s. editori (Avv.Sena, Franco), Soc. Headline Italia e altri (Avv. Tarchini, Del Corno). Conferma App. Milano 18maggio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 3 (MARZO 2006), pp. 687/688-699/700Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201275 .
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PARTE PRIMA 688
legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggio ranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna
camera, recante: «modifiche alla parte seconda della Costituzio
ne»; che in data 10 febbraio 2006 è stata depositata ai sensi del
l'art. 11 1. 25 maggio 1970 n. 352 la richiesta di referendum ex
art. 138 Cost., da parte dei consigli regionali della Sardegna, della Campania, del Lazio, della Lombardia, della Valle d'Ao
sta, della Calabria, della Toscana, dell'Emilia-Romagna, delle
Marche, dell'Umbria, della Basilicata, del Friuli-Venezia Giu
lia, della Puglia, della Liguria, dell'Abruzzo; che il quesito indicato nella suddetta richiesta è il seguente:
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente Mo
difiche alla parte seconda della Costituzione approvato dal par lamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 no
vembre 2005?»; che sullo stesso identico quesito
— in data 16 febbraio 2006 — è stata depositata richiesta di referendum ex art. 138 Cost, da
parte del consiglio regionale del Piemonte unitamente a copia autentica della delibera consiliare.
Ritenuto', che il consiglio regionale della Sardegna ha assunto
l'iniziativa ai sensi e per gli effetti dell'art. 10 1. n. 352 del 1970
adottando la delibera n. 144 del 24 novembre 2005 e la delibera
n. 146 del 29 novembre 2005 a maggioranza dei consiglieri as
segnati alla suddetta regione; che l'atto di richiesta depositato in data 10 febbraio 2006
presso la cancelleria di questa corte dai delegati dei consigli re
gionali delle regioni indicate in premessa è conforme a quanto stabilito dall'art. 11 1. n. 352 del 1970.
Così provvede: I. - dichiara ex art. 13 1. n. 352 del 1970 la le
gittimità della richiesta di referendum sul testo di legge costitu
zionale recante: «modifiche alla parte seconda della Costituzio
ne», approvato in seconda votazione dalla camera dei deputati nella seduta del 20 novembre 2005 e dal senato della repubblica il 16 novembre 2005 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 269
del 18 novembre 2005 presentate nella cancelleria della Corte di
cassazione in data 10 febbraio 2006 dai consigli regionali; li. - ammette il referendum sul quesito «Approvate il testo
della legge costituzionale concernente Modifiche alla parte se
conda della Costituzione approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005?».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 gen naio 2006, n. 1636; Pres. Marziale, Est. Rordorf, P.M. Ce
niccola (conci, conf.); Soc. Casa editrice Universo (Avv.
Graziadei, Girino) c. Soc. R.c.s. editori (Avv. Sena, Fran
co), Soc. Headline Italia e altri (Avv. Tarchini, Del Corno).
Conferma App. Milano 18 maggio 2001.
Diritti d'autore — Pubblicazioni periodiche — Testata e
aspetto esteriore — Confondibilità — Esclusione — Fatti
specie (L. 22 aprile 1941 n. 633, protezione del diritto d'auto
re e di altri diritti connessi al suo esercizio, art. 100). Concorrenza (disciplina della) — Concorrenza sleale —
Vendita sottocosto — Abuso di posizione dominante —
Necessità — Fattispecie di vendita abbinata di periodico e quotidiano (Cod. civ., art. 2598; trattato Ce, art. 82; 1. 10
ottobre 1990 n. 287, norme per la tutela della concorrenza e
del mercato, art. 33).
Le testate di pubblicazioni periodiche che presentino scarsa
originalità, perché costituite da parole suscettibili di indivi
duare il settore di riferimento, sono rapportabili ai marchi
c.d. deboli, sicché deve escludersi l'illiceità delle testate suc
cessive, che presentino varianti anche modeste, tali però da
impedire la confondibilità tra le testate stesse (nella specie, la
Il Foro Italiano — 2006.
Suprema corte ha ritenuto immune da vizi logici e giuridici la
sentenza di merito che ha escluso la confondibilità da parte dei lettori tra le testate delle guide televisive Telesette e TV
Sette, ancorché simili, in quanto prive di una qualche rile
vante originalità, ma in presenza di una grafica nettamente
differenziata e della espressione Corriere della Sera nella se
conda delle predette testate). ( 1 ) La fissazione di prezzi anche particolarmente più bassi rispetto
a quelli praticati da altri imprenditori del settore costituisce,
di per sé, pratica lecita, in quanto espressione del principio di
libertà di iniziativa economica e può integrare gli estremi
della concorrenza sleale per vendita sottocosto solo se in con
trasto con il divieto legislativo, interno o comunitario, di abu
so di posizione dominante, quale pratica posta in essere da
un 'impresa che, muovendo da una posizione di dominio, ne
abusi con il frapporre barriere ali 'ingresso di altri concor
renti sul mercato, ovvero favorendone l'eliminazione (nella
specie, la Suprema corte ha escluso che la vendita di una
guida televisiva settimanale abbinata ad un quotidiano integri
gli estremi della vendita sottocosto, non essendo stato né al
legato né tantomeno provato che l'editore sì trovava in una
posizione dominante sul mercato, e che la politica dei prezzi da esso praticata aveva l'effetto anche solo potenziale di raf
forzare tale posizione, atteso oltretutto che si trattava di ini
ziativa editoriale praticata anche da altri concorrenti). (2)
(1-2) I. - La sentenza in rassegna conferma anche nell'ire/- motiva zionale App. Milano 18 maggio 2001, Foro it.. Rep. 2003, voce Diritti d'autore, nn. 114, 115 (e, per esteso. Annali it. dir. autore, 2002, 671). La Cassazione ha infatti ritenuto corretta tale sentenza (massima 1), che ha escluso la confondibilità tra due guide televisive, Telesette e TV Set
te, in quanto sufficientemente differenziate, specie in ragione della scarsa originalità delle testate stesse, essenzialmente descrittive del contenuto delle due guide; la confondibilità è stata esclusa anche con riferimento a quest'ultimo, ai sensi dell'art. 100, 3° comma, I.d.a., e dell'art. 2598 c.c.. pur se i due periodici presentano una certa somi
glianza di concezione editoriale, anche con riferimento alle rubriche
interne, usuali per quel tipo di pubblicazioni. Oltretutto, il secondo dei
periodici in questione non è stato mai presentato in edicola autonoma
mente, ma è stato sempre venduto in allegato al quotidiano II Corriere della Sera ed al supplemento settimanale Sette.
II. - L'art. 100. 1° comma, l.d.a. prevede che «il titolo dell'opera, quando individui l'opera stessa, non può essere riprodotto sopra altra
opera senza il consenso dell'autore»; il 2° comma precisa che «il di vieto non si estende ad opere che siano di specie o carattere così diver so da risultare esclusa ogni possibilità di confusione».
L'art. 102, di contro, dispone che «è vietata come atto di concorrenza sleale la riproduzione o imitazione sopra altre opere della medesima
specie, delle testate ... e di ogni altra particolarità di forma o di colore
nell'aspetto esterno dell'opera dell'ingegno, quando detta riproduzione o imitazione sia atta a creare confusione di opera o di autore».
La giurisprudenza ha fatto frequente applicazione di tali norme, con
particolare riferimento alle testate di pubblicazioni periodiche, sicché
possono enuclearsi al riguardo alcuni ormai consolidati principi, am
piamente fatti propri dalla sentenza in rassegna. Il presupposto della protezione della testata è — per espressa previ
sione di legge — la funzione individualizzante ovvero la capacità iden tificativa e il carattere di novità del titolo medesimo.
Così Cass. 4 settembre 2004, n. 17903, Foro it.. Rep. 2004, voce cit., n. 95: «il titolo di un'opera, dell'ingegno è protetto se ed in quanto in dividua l'opera stessa, della quale rappresenta il segno distintivo, co stituendo l'efficacia individuatrice la ragione esclusiva della tutela giu ridica: ne consegue che esso è protetto ai sensi dell'art. 100 cit., non come bene autonomo, ma in quanto individua l'opera stessa, sicché non
può esistere un diritto al titolo ove non esista l'opera dell'ingegno tu
telata, da esso individuata». L'efficacia individuatrice, precisa App. Milano 9 giugno 1995, id..
Rep. 1996. voce cit., n. 117, deve promanare dall'intrinseca formula zione del titolo medesimo, ovvero dal suo collegamento con altri ele menti dell'opera. Di contro, tale efficacia non si riscontra allorché la testata costituisca una designazione esclusivamente tecnica o generica o di uso comune, ovvero meramente indicativa dell'argomento dell'opera cui è apposto: v. Trib. Milano 12 ottobre 1993, id.. Rep. 1995, voce cit.. n. 161.
Cfr. anche App. Milano 9 giugno 1995, id., Rep. 1996, voce cit., n. 117, secondo cui «il requisito della capacità identificativa di un'opera può essere riconosciuto ad un titolo oltre che a causa del suo carattere
specifico anche a causa della natura dell'opera medesima e delle condi zioni nelle quali il titolo viene adoperato, non dovendosi limitare l'in
dagine ai fini dell'applicazione dell'art. 100 I.d.a., al solo confronto estrinseco fra le due denominazioni identiche o simili».
Trib. Roma 29 maggio 1993, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 162, precisa
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con atti notificati tra il 26 ed il
30 marzo 1993 la Casa editrice Universo s.p.a. (in prosieguo in
dicata come Universo) citò in giudizio dinanzi al Tribunale di
Milano la R.c.s. Editoriale quotidiani editori s.p.a., poi divenuta
R.c.s. editori s.p.a. (in prosieguo R.c.s.), la Headline Italia s.r.l.
(in prosieguo Headline) ed i sig. Franco Corazzi e Claudio
Vertemati.
L'attrice, premesso di essere da molti anni editrice di un assai
diffuso settimanale, denominato Telesette, contenente indica
infine che l'art. 100 l.d.a. protegge solo il titolo proprio della pubblica zione periodica, e non anche l'intestazione di eventuali inserti saltua riamente allegati alla pubblicazione.
III. - Il conflitto tra due editori circa l'appartenenza dei diritti di uti lizzazione economica di una testata va risolto in favore di quello che
provi la priorità della creazione della sua testata, nonché l'anteriorità dell'esecuzione del progetto editoriale, desumibile dalla predisposizio ne dei mezzi, mentre non rileva la priorità dell'iscrizione nel registro della stampa: Trib. Cosenza 14 gennaio 2003, id., Rep. 2004. voce cit., n. 67. Peraltro, l'utilizzazione di una testata da parte di un editore, per concessione di colui che l'ha registrata, non determina il sorgere di al cun diritto autonomo sulla testata in capo all'editore medesimo: Trib. Milano 4 giugno 2001, id.. Rep. 2003, voce cit., n. 110.
Del pari, il criterio di prevalenza nel conflitto tra due testate di riviste è quello della priorità d'uso, e non quello della data di richiesta della
registrazione; v. Trib. Milano 23 luglio 1999, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 144; Trib. Sondrio 17 aprile 1998, ibid., n. 145; Trib. Milano 10
aprile 1995, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 128.. IV. - 11 richiamo alla funzione individualizzante della testata spiega
la diffusione, in giurisprudenza, dell'affermazione per cui la tutela della testata è quella propria dei segni distintivi: v. App. Milano 18 lu
glio 1997, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 146. Ancor più chiaramente, Trib. Milano 7 febbraio 1994, id.. Rep. 1995,
voce cit.. n. 160, assume che l'art. 100 l.d.a. cit. — pur se norma speci fica per titoli e testate — è ispirata alla teoria della tutela dei segni di
stintivi. la cui disciplina generale (salvo norme specifiche espressa mente rinvenibili per i singoli segni) deve esser tratta da quella sul marchio.
Si afferma così che la confondibilità tra titoli deve essere valutata te nendo conto dell'impressione d'insieme e non dei singoli elementi che li compongono; v. App. Milano 18 luglio 1997. id.. Rep. 2000, voce cit.. nn. 148, 149 (secondo cui non costituisce violazione del diritto sui titoli AD architectural digest - Le più belle case del mondo e Arte, mensile di arte, cultura e informazione l'uso dell'espressione AD arte come titolo di un'ulteriore rivista); Trib. Milano 24 febbraio 2000, id..
Rep. 2002, voce Marchio, n. 164, richiama anche il rischio di associa zione (con riferimento, nella specie, alla coesistenza di due segni somi
glianti. «Silhouette» e «Silhouette donna», costituenti l'uno il titolo di una collana di romanzi «rosa» in lingua inglese e l'altro la testata di una rivista di fitness, considerata l'affinità fra detti prodotti editoriali); Trib. Voghera 10 dicembre 1994. id.. Rep. 1995, voce Diritti d'autore, n. 159.
Per la tutela della testata come marchio di fatto — ma ex art. 2598 c.c. — v. Trib. Roma 26 novembre 2004, giud. Iofrida, Soc. Maggioli c. Soc. Geva. inedita, ma di prossima pubblicazione in Le sezioni spe cializzate italiane della proprietà industriale ed intellettuale. De Ferra
ri, Genova, 2005, vol. II. Va però ricordato che. con il codice della pro
prietà industriale, la tutela del marchio di fatto è ormai svincolata dalla
disciplina della concorrenza sleale, costituendo un segno distintivo non titolato: v. Trib. Napoli 5 maggio 2005, Foro it.. 2005, I. 2191, con nota di Casaburi. Il marchio di fatto nel codice della proprietà indu striale.
In ambito cautelare, la testata può essere tutelata sia con l'inibitoria che con il sequestro (quali ormai disciplinati dal codice della proprietà industriale, i cui istituti processuali trovano applicazione per tutti i se
gni distintivi): arg. ex Trib. Napoli 17 dicembre 2003, id., 2004,1, 615. V. - Sempre facendo applicazione dei principi in materia di segni di
stintivi. la giurisprudenza afferma che, ai fini della tutela della testata, non è richiesto un elevato grado di originalità: v. Trib. Torino 21 luglio 2000. id.. Rep. 2001, voce cit.. n. 141 (nella specie, il tribunale ha af
fermato la tutelabilità della testata Torino-sera, pur non individualiz
zante, considerando autonomamente le due parole «Torino» e «sera», in
quanto lo diviene considerando invece dette parole in modo abbinato e
unitario). Di contro, App. Milano 9 giugno 1995, id.. Rep. 1996. voce cit., n.
116. ha escluso che possa considerarsi individualizzante, quindi tutela
bile. il titolo «la pesca sportiva in mare», essendo costituito con una
semplice terminologia di uso corrente in perfetta aderenza concettuale
con il contenuto dell'opera libraria. La giurisprudenza tende ad escludere la confondibilità, allorché la te
stata di cui si lamenti la contraffazione abbia una scarsa funzione iden
tificativa dell'opera, tale da renderla equiparabile al c.d. marchio de
bole, in considerazione delle caratteristiche dell'opera e della diligenza
Il Foro Italiano — 2006.
zioni e commenti dei programmi televisivi della settimana, riferì
che, a partire dal 29 ottobre 1992, la R.c.s. aveva posto in ven
dita una propria guida settimanale ai programmi televisivi, de
nominata TV Sette, allegata al quotidiano II Corriere della Sera.
Lamentò che il titolo, il formato, la cadenza, il contenuto delle
rubriche e le soluzioni grafiche di quest'ultima pubblicazione imitassero pedissequamente quelli del settimanale Telesette,
producendo effetti confusori. Aggiunse inoltre che il settimanale
TV Sette era realizzato, per conto della R.c.s., dalla società
media dei consumatori del settore: v. App. Roma 4 settembre 1995. id., 1995, I, 3561. con osservazioni di Mastrorilli. In termini, v. Trib. Monza 18 dicembre 1995, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 130 (secondo cui non costituisce usurpazione del titolo «satellite» l'uso dei titoli Satellite eurosat e Tutto Tv satellite, per contrassegnare periodici della stessa
specie); Trib. Milano 29 maggio 1995, ibid., voce Marchio, n. 186 (se condo cui non c'è confondibilità tra le testate Super Inter e Inter Foot ball Club)', Trib. Milano 12 ottobre 1993, id.. Rep. 1995, voce Diritti
d'autore, n. 169, secondo cui fra titoli e testate particolarmente generi ci (nella specie, I bellissimi) modificazioni anche lievi sono da sole suf ficienti a garantire la distinzione e l'inconfondibilità.
VI. - Una testata generica o descrittiva, in quanto consistente in una o più parole suscettibili di individuare il prodotto-settore di riferimento,
può assumere in concreto — a seguito di una protratta diffusione —
una connotazione individualizzante, trovando applicazione il c.d. se
condary meaning, istituto proprio dei marchi: v. Trib. Roma 23 dicem bre 1999, id., Rep. 2001, voce cit., n. 143 (nella specie, si trattava della testata Automobilismo): App. Milano 18 luglio 1997, id.. Rep. 2000, voce cit.. n. 147; Trib. Monza 15 aprile 1997, id., Rep. 1999, voce
Marchio, n. 58 (e, per esteso, Giur. dir. ind., 1997. 687: nella specie si trattava della testata New age per una pubblicazione musicale legata al l'omonimo filone culturale; il tribunale ha ritenuto che costituiscano
prova dell'emersione di un significato secondario aggiuntivo rispetto al senso descrittivo dell'espressione in questione la produzione in giudi zio di attestazioni provenienti dalla clientela e ì riscontri contenuti in altre pubblicazioni); Trib. Milano 17 aprile 1997. Foro it.. Rep. 1999. voce Diritti d'autore, n. 153; App. Milano 23 novembre 1993. id., Rep. 1995, voce cit., n. 158.
VII. - In ogni caso la testata, se registrata anche come marchio d'im
presa, può usufruire sia della tutela di cui all'art. 100 l.d.a. che di
quella propria dei marchi (in quanto prodotto editoriale da distinguere dai prodotti delle imprese concorrenti): v. Trib. Cosenza 14 gennaio 2003, cit.; Trib. Monza 19 giugno 2001, id., Rep. 2003, voce cit.. n.
112; Trib. Roma 20 giugno 2001, ibid., voce Marchio, n. 37. Di particolare rilievo è Trib. Monza 15 aprile 1997, cit., per la quale
«la pubblicazione editoriale di una testata contenente la formula lette rale poi protetta con la registrazione del marchio, risolvendosi in pub blica divulgazione e diffusione sul territorio nazionale di detta formula con carattere di novità e priorità editoriale, costituisce ipotesi di pre-uso di fatto, idoneo come tale a far retrodatare e retroagire la tutela della formula stessa, ai fini di un suo utilizzo esclusivo, sino al momento
della prima apparizione»; Trib. Milano 15 dicembre 1994, id.. Rep. 1996, voce cit.. n. 131 (secondo cui «viola i diritti di esclusiva sul se
gno distintivo 'Il Sole-24 Ore", sia come marchio, sia come denomina
zione sociale, sia come testata, l'adozione della ditta individuale TI
Sole. Notiziario delle 24 Ore di Magnaghi Massimo' da parte di un'im
presa che preannuncia la stampa e la diffusione di un mensile economi
co, politico e finanziario»). Cfr. però Trib. Roma 29 maggio 1993. id.,
Rep. 1995. voce Diritti d'autore, n. 163, a cui avviso il titolo di una
pubblicazione periodica può essere registrato come marchio solo quan do lo si intende utilizzare per prodotti diversi dal periodico.
VIII. - La testata può ricomprendere anche — in tutto o in parte —
un marchio anteriore altrui, di norma denominativo, o può essere con fondibile con quest'ultimo. In tal caso il marchio godrà della tutela di
cui all'art. 20 cod. proprietà industriale. Di converso, è nullo per difetto di novità il marchio registrato per
prodotti editoriali, il cui cuore riprenda la testata di una rivista prece dente: v. Trib. Milano 23 luglio 1999, id.. Rep. 2001, voce Marchio, n.
290 (nella specie, il tribunale ha anche ritenuto che la registrazione era
avvenuta in malafede, perché chi aveva registrato il marchio aveva
ideato il progetto editoriale della rivista anteriore, di cui era stato ad un
tempo direttore tecnico editoriale).
Opera qui, ormai, il principio di unitarietà dei segni distintivi, di cui
all'art. 22 cod. proprietà industriale.
IX. - La giurisprudenza distingue nettamente la tutela approntata dal
l'art. 100 da quella di cui all'art. 102 l.d.a.; tale norma configura —
come accennato per espressa previsione — un'ipotesi di concorrenza
sleale, speciale rispetto alla fattispecie generale di cui all'art. 2598 c.c.:
v. Trib. Sassari 17 maggio 1996, id., Rep. 1997, voce Diritti d'autore.
n. 127. Possono richiamarsi Trib. Roma 5 febbraio 2003, id.. Rep. 2003, vo
ce cit.. n. 116 (e, per esteso, Dir. informazione e informatica, 2003.
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PARTE PRIMA
Headline di cui erano soci i sig. Corazzi e Vertemati, i quali erano stati sino a poco prima dipendenti o consulenti della Uni
verso e, in tale veste, avevano contribuito alla configurazione del settimanale Telesette. Osservò ancora che il settimanale al
legato al quotidiano II Corriere della Sera era distribuito sotto
costo, ed in alcuni periodi addirittura gratis, sicché le vendite di
Telesette si erano drasticamente ridotte.
Perciò l'attrice chiese che fosse accertato il carattere illecito
delle condotte addebitate ai convenuti, per violazione degli art.
294. con nota di Sammarco), e App. Milano 9 giugno 1995, Foro it..
Rep. 1996. voce cit., n. 118. Per il primo provvedimento, «[ 1 ]"art. 100 l.d.a. appronta alla testata una tutela minimale, limitata alla sola ipotesi di riproduzione o realizzazione di una copia identica del titolo dell'ope ra senza il consenso del titolare, sempre che non si tratti di opere di
specie o carattere così diverso da escludere ogni possibilità di confu sione: mentre l'art. 102 l.d.a. estende la tutela anche alla imitazione (o realizzazione di un titolo simile all'altro), ove sia idonea a creare con fusione di opera o di autore» (nella specie, il tribunale, ritenuta la so
miglianza e la confondibilità della nuova testata Avanti! Quotidiano so cialista fondato il 25 dicembre 1896 con la testata giornalistica L'A vanti!, ha inibito l'uso nella prima della parola «Avanti!»). Il secondo
provvedimento, invece, osserva che l'atto di concorrenza sleale di cui all'art. 102 cit. è sanzionato non a difesa autonoma ed intrinseca del titolo, ma a tutela dell'impresa editoriale contro atti confusori di ag ganciamento diretti a sviare la clientela a favore della propria iniziativa, costituente pedissequa imitazione dell'assetto editoriale altrui; «conse
guentemente quando l'impressione generale ricavabile dall'aspetto globale del frontespizio evidenzia una serie di differenze immediata mente percepibili che evitano pericoli confusori di sorta è superfluo fa re raffronti ulteriori su spaziature, caratteri di stampa, coloritura del
Uttering, rilegatura, ecc. dato che tali elementi scompaiono ad una vi sione d'insieme che attira l'attenzione del lettore sul titolo, sul soggetto raffigurato in copertura e sulle specificazioni aggiuntive».
Di rilievo è anche App. Torino 11 dicembre 2001, id.. Rep. 2004. voce Marchio, n. 78, secondo cui «l'uso di un marchio, in parte identi co a quello altrui, nella testata di una rivista del tutto simile a quella del concorrente, in modo tale da indurre gli acquirenti a ritenere che i due
prodotti provengano dalla stessa impresa, non è conforme ai principi della correttezza professionale».
Il mercato rilevante, ai fini dell'applicazione degli art. 100-102 l.d.a. e 2598 c.c. è quello strettamente nazionale, in quanto le opere a stampa sono necessariamente legate alla lingua del paese in cui circolano: v. Trib. Milano 31 marzo 1999, id., Rep. 2001, voce Diritti d'autore, n. 146.
La casistica è ampia; v., ad es., Trib. Milano 20 aprile 1998, id.. Rep. 1999. voce cit., n. 151 (secondo cui la testata Automondo è imitata da
quella l'Automondo)', 25 novembre 1996, ibid., n. 154 (secondo cui co stituisce illecito concorrenziale, a danno del titolare delle preesistenti testate Monna e Moana video, la diffusione di un periodico dal titolo io
Moana, ciò a prescindere da ogni considerazione sul fatto che l'editore di quest'ultimo periodico fosse legittimato su base contrattuale all'uso di quel nome da parte dei titolari dei relativi diritti); 25 marzo 1996, ibid., voce Concorrenza (disciplina), n. 217 (che ha escluso l'illecito concorrenziale, a danno del titolare della testata Cavallo Magazine, con la scritta «Cavallo» in grande e «Magazine» in piccolo, con riferimento all'adozione della testata Cavalli & cavalieri con la scritta «Cavalli» in
grande e la dicitura sottostante «& cavalieri» in caratteri ridottissimi, in
quanto fra le due testate non vi è interferenza né concettuale, né grafica, né fonetica).
Può anche richiamarsi Trib. Modena 19 agosto 2002, id.. Rep. 2004, voce cit.. n. 236, secondo cui «costituisce pubblicità ingannevole e atto di concorrenza sleale per appropriazione di pregi di prodotto altrui l'of ferta in vendita di magliette riproducendo sulle confezioni e sui dé
pliant che li accompagnano immagini ed espressioni evidentemente ri ferite ad un programma televisivo di successo, nella specie la trasmis sione Saranno Famosi, così ingenerando nel pubblico l'erroneo con vincimento che si tratti proprio dei capi d'abbigliamento indossati dai
partecipanti alla predetta trasmissione televisiva». Infine, per l'applicazione dell'art. 6 bis della convenzione dell'unio
ne di Parigi ad una testata di un periodico straniero, v. Trib. Milano 7 febbraio 1994. id.. Rep. 1995, voct Marchio, n. 132.
X. - L'art. 100. 4° comma, l.d.a. prevede che «il titolo del giornale, delle riviste o di altre pubblicazioni periodiche non può essere ripro dotto in altre opere della stessa specie se non siano decorsi due anni da
quando è cessata la pubblicazione del giornale»; v., su tale norma, Trib. Milano 20 aprile 1998, id.. Rep. 1999, voce Diritti d'autore, n. 152.
La tutela del titolo si protrae per un biennio non solo in caso di radi cale cessazione della pubblicazione del periodico cui inerisce, ma an che nell'ipotesi che venga a cessare il solo uso del titolo ed il periodico continui ad essere pubblicato con altra denominazione o con denomina zione modificata: v. Trib. Milano 10 aprile 1995, id.. Rep. 1997, voce cit.. n. 129.
Il Foro Italiano — 2006.
100 e 102 l.d.a. (1. 22 aprile 1941 n. 633) e dell'art. 2598, n. 3, c.c., e che fossero emessi i consequenziali provvedimenti inibi
tori e di condanna al risarcimento dei danni.
Tali domande, nel pieno ed attivo contraddittorio di tutti con
venuti, furono però rigettate dal tribunale, la cui pronuncia, a
seguito di tempestivo gravame proposto dalla Universo, è stata
integralmente confermata dalla Corte d'appello di Milano con
sentenza resa pubblica il 18 maggio 2001.
La corte milanese ha osservato:
Inoltre, la pubblicazione pro forma di una testata entro il termine biennale di cui all'art. 100 l.d.a. al mero fine di evitare la decadenza della registrazione è insufficiente a qualificarsi come «ripresa delle
pubblicazioni» e a manifestare la correlativa volontà con la conseguen za che la testata ricade nel pubblico dominio e può essere appropriata da chiunque: v. Trib. Napoli 15 dicembre 1997, id., Rep. 1998. voce
Stampa ed editoria, n. 16.
Beninteso, incombe all'editore convenuto per uso di testata confon dibile con quella del concorrente l'onere di provare ex art. 100, 4°
comma, l.d.a. il non uso biennale di quest'ultima: Trib. Milano 7 feb braio 1994, id.. Rep. 1995, voce Diritti d'autore, n. 166.
XI. - In materia di diritti patrimoniali d'autore su un progetto edito
riale, consistente in una testata giornalistica trasmessa via Internet, v. Cass. 1° luglio 2004 n. 12089, id., 2005, I, 2472, con osservazioni di
Casaburi; sul diritto dell'editore di una testata elettronica on Une sui materiali selezionati per la pubblicazione, e non del direttore, v. Trib. Roma 11 febbraio 2004, id.. 2004,1, 1625. Più in generale, sulle testate delle riviste on line, v. Trib. Viterbo 22 aprile 2002, id.. Rep. 2004, vo ce Marchio, n. 133; Trib. Milano 28 maggio 2002. id.. Rep. 2003. voce
Stampa ed editoria, n. 36; 15 aprile 2002, id.. Rep. 2002. voce Seque stro penale, n. 44; Trib. Cuneo 23 giugno 1997, id.. Rep. 1998, voce Diritti d'autore, n. 164.
Per i conflitti tra il nome di dominio Internet e la testata, v. Trib. Messina 6 novembre 2000, id., 2001, 1, 2032, con osservazioni di Di Ciommo (secondo cui non si applica la normativa speciale in materia di
protezione delle opere dell'ingegno, bensì, per essere entrambi segni distintivi, la norma generale sulla concorrenza sleale); in termini, Trib. Bari 12 giugno 2000, id., Rep. 2002, voce Provvedimenti di urgenza, n. 50.
XII. - La Cassazione ha confermato la sentenza di merito anche nella
parte in cui questa ha escluso che la vendita abbinata della guida televi siva al Corriere della Sera e al settimanale Sette costituisca vendita
sottocosto, illecito concorrenziale ex art. 2598. n. 3, c.c. La società ora
ricorrente, già appellante, non aveva infatti neanche provato il presup posto stesso del suo assunto, vale a dire che la pubblicazione era ven duta sottocosto (concetto, peraltro, quanto mai ambiguo e sfuggente dal
punto di vista giuridico ed economico), limitandosi a richiamare lo slo
gan di lancio, «non costa nulla». La corte d'appello ha avuto allora fa cile gioco a rilevare che la guida in oggetto è un supplemento, parte integrante del quotidiano cui è imprescindibilmente allegato, sicché il suo prezzo è quello di quest'ultimo. Lo slogan sopra riportato — con clude la Cassazione — è appunto una mera manifestazione pubblicita ria, non certo la prova dell'illecita vendita sottocosto.
XIII. - A ben vedere, tale rilievo potrebbe essere assorbente; la Cas sazione è però andata oltre (massima 2), formulando rilievi che, lungi dal l'integrare, come dichiarato, la motivazione della sentenza di ap pello, in realtà la sostituiscono radicalmente, «rivoluzionando» anzi i
principi fin qui sostenuti dalla giurisprudenza in materia di vendita sottocosto, su cui, v., in ultimo. Trib. Roma 15 novembre 2004, id.. 2005. 1, 1471, con osservazioni di Casaburi. cui adde Trib. Torino 1°
giugno 2001, id., Rep. 2003, voce Concorrenza (disciplina), n. 327. Cass. 1636/06 rovescia, in primo luogo, la tradizionale impostazione
per cui «in linea di massima ... le vendite sottocosto sono concorren zialmente illecite» (così Vanzetti-Di Cataldo, Manuale di diritto in dustriale, Milano, 2005, 107).
Le condotte in oggetto, certo, sono riconducibili alia generale, aspe cifica previsione dell'art. 2598. n. 3, c.c., cui sono appunto riferiti i
comportamenti dell'imprenditore «che. nel danneggiare un altro con corrente, si ponga(no) in contrasto con i principi della correttezza pro fessionale».
Tali principi, però, vanno identificati di volta in volta «sulla base di
parametri desunti da altre norme, o da ulteriori principi generali, rinve nibili nell'ordinamento». L'art. 2598, n. 3, c.c. — sottintende allora la sentenza in rassegna — è una sorta di norma in bianco, ma di stretta
interpretazione. Infatti, con specifico riferimento alla vendita sottocosto, «la scelta di
un imprenditore in ordine alla politica dei prezzi che egli intenda attua re sul mercato» è, in via di principio, lecita, essendo «un comporta mento così strettamente legato alle valutazioni di rischio ed ai calcoli di costo e rendimento tipici dell'attività d'impresa» e «trattandosi di uno dei modi in cui si esplica la libertà di iniziativa economica tutelata dal l'art. 41. 1° comma. Cost.». Oltretutto, la scorrettezza nella fissazione di un prezzo «non può dipendere solo dal fatto che i concorrenti ne sia
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
— che l'utilizzo del titolo TV Sette, per la pubblicazione di
un periodico in concorrenza con quello denominato Telesette. non ha implicato violazione del disposto dell'art. 100, 1° com
ma, della citata legge sul diritto d'autore (in prosieguo l.d.a.): sia perche' si tratta di titoli di per sé privi di una marcata origi nalità, in rapporto ai quali anche differenze lievi sono consenti
te, sia perche', comunque, la presenza del titolo del settimanale
edito dalla R.c.s. anche delle parole «Corriere della Sera», con
carattere di assoluta evidenza per dimensione, colore e riqua dratura, esclude possa parlarsi di imitazione del titolo del setti
manale concorrente; — che, pur sussistendo di fatto le somiglianze d'impostazio
ne e di forma tra le rubriche dei due settimanali denunciate dal
l'appellante, e pur dovendosi perciò riconoscere che la conce
no messi in difficoltà: in ciò sta l'essenza stessa della concorrenza», atteso anche che la competizione opera anche sul piano finanziario e del marketing.
Si tratta di una libertà non assoluta, incontrando i limiti posti dagli altri commi dello stesso art. 41 cit.
XIV. - Tuttavia — ed è qui lo snodo decisivo della sentenza — per ché la pratica dei prezzi possa considerarsi scorretta, occorre non solo che la condotta dell'imprenditore «risulti incompatibile con regole e
principi chiaramente posti dall'ordinamento», ma anche che «siffatte
regole o principi siano, per parte loro, riconducibili a quelle esigenze di utilità sociale solo con riferimento alla quale il 2° comma dell'art. 41 Cost, consente di limitare la libertà d'impresa».
Ciò avendo riguardo «a quel che nuoce o a quel che giova al buon funzionamento del mercato, e quindi alla generalità dei consumatori,
perché in questo consiste l'interesse generale»; ancor più icasticamente, la valutazione di scorrettezza della condotta va compiuta «non nell'in teresse dei mercanti, ma in quello del mercato».
La sentenza richiama espressamente. Cass. 11 agosto 2000, n. 10684. Foro it.. Rep. 2000, voce cit., n. 301. pure riferita alle fattispecie resi duali dell'art. 2598. n. 3. c.c.: «Nella valutazione dei comportamenti an ticoncorrenziali occorre tener conto degli interessi collettivi concorrenti alla dinamica economica, in adesione ai principi ed ai limiti di cui al l'art. 41 Cost., finalizzati a garantire che il mercato conservi la qualità strutturale di luogo della libertà di iniziativa economica per tutti i suoi
partecipi, ovvero per chiunque pretenda di esercitare tale iniziativa». La valorizzazione delle esigenze obiettive del mercato, riferito anche
alla generalità dei consumatori, trova riscontro, giova segnalarlo, anche nel recente codice del consumo che significativamente, ricomprende integralmente la disciplina in materia di pubblicità ingannevole, di cui
già al d.leg. 74/92. Per altro verso, il fermo richiamo ai valori di solidarietà sociale di
stacca la pronuncia in rassegna da orientamenti della giurisprudenza di oltreoceano, ove si è giunti ad affermare che la posizione di monopolio è il premio che compete all'imprenditore «vincitore» nella lotta concor renziale.
Da qui. allora, la necessità — evidenziata con estremo rigore da Cass. 1636/06 — della precisa individuazione delle norme che integra no. e danno contenuto, a quella in bianco dell'art. 2598, n. 3 (tale nor ma. quindi, si configura in termini profondamente diversi rispetto alla clausola generale di responsabilità di cui all'art. 2043 c.c.. che pure ne costituisce la matrice storica).
Con riferimento alla vendita al dettaglio — che però nella specie non rileva — il riferimento è all'art. 15 d.leg. 114/98, che offre anzi una
precisa definizione della vendita sottocosto. La Cassazione, piuttosto, afferma che le norme di riferimento, perché
la pratica del ribasso dei prezzi configuri il c.d. dumping interno, sono
quelle in materia di abuso di posizione dominante, di cui all'art. 82 del trattato Ce e 3 1. 287/90. In conclusione, «la vendita sottocosto . . . ap pare contraria ai doveri di correttezza evocati dall'art. 2598. n. 3. c.c., solo se a porla in essere sia un'impresa che muove da una posizione di dominio e che. in tal modo, frapponga barriere all'ingresso di altri con correnti sul mercato o comunque indebitamente abusi di quella sua po sizione».
Tale arresto della Suprema corte, sicuramente di grandissimo rilievo teorico ed operativo, trova riscontro giurisprudenziale in ambito comu
nitario (v. Corte giust. 3 luglio 1991, causa C-62/86, id.. 1992. IV. 81, con osservazioni di Mastrorilli, espressamente richiamata; v. anche
Corte giust. 9 gennaio 2003, causa C-76/00 P, id.. Rep. 2004. voce li mone europea, n. 1087, sui criteri di accertamento del dumping in
terno), ma si traduce nel fortissimo ridimensionamento — ai limiti del
la soppressione di fatto — delle pratiche di vendita sottocosto quale il
lecito concorrenziale (anche in punto di accertamento dell'illecito, e
stremamente arduo, come appunto nella specie). Meglio ancora: il dumping interno da illecito concorrenziale assume i
connotati di illecito antitrust (sicché può meglio definirsi predatory
pricing), appunto quale manifestazione di abuso di posizione domi nante (il che, peraltro, ben si inserisce nel ridimensionamento della
concorrenza sleale indirettamente operato dal codice della proprietà in
dustriale: v. nota a Trib. Napoli 5 maggio 2005, cit.).
Il Foro Italiano — 2006.
zione editoriale di TV Sette ha avuto a modello quella di Tele
sette, essendo stata creata dalle stesse persone (i sig. Corazzi e
Vertemati) che avevano precedentemente contribuito alla realiz
zazione di quest'ultimo periodico, non ne consegue l'esistenza
di alcun illecito, non essendo vietato imitare le caratteristiche, i
pregi e le qualità di un prodotto non tutelato da alcuna privativa; — che, in particolare, la violazione dell'art. 100, 3° comma,
l.d.a. non può risiedere nel mero fatto che siano identici i titoli
delle due rubriche denominate «i film del giorno» e «le trame», atteso il carattere meramente descrittivo di tali denominazioni e
la diversità della grafica e del contenuto delle medesime rubri
che; — che, alla stregua di una valutazione sintetica, e tenendo
anche conto dell'affollamento di prodotti analoghi esistenti in
Ancora di recente Vanzetti-Di Cataldo, op. cit., 107, si preoccupa vano di osservare che la vendita sottocosto si riscontra ogni qualvolta una parte approfitta di una propria posizione di forza economica «anche ove non si tratti di posizione dominante in senso tecnico».
Sulle interferenze tra concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3 (boicot
taggio) e illecito antitrust (con risvolti anche procedurali, in punto di
giurisdizione e di competenza delle sezioni specializzate), v. App. Mi lano 26 aprile 2005, Foro it.. 2005, I, 1885. con nota di Casaburi. Il codice della proprietà industriale e l'antitrust.
Per riferimenti anche di diritto comparato, v. AA.VV., Antitrust fra diritto nazionale e diritto comunitario, Milano. 2005, nonché Colange lo. Lettere da Parigi: nuovi spunti giurisprudenziali sulla dipendenza economica, in Danno e resp.. 2005, 585.
In dottrina, cfr. Libertini, Il ruolo del giudice nell'applicazione delle norme antitrust, in Giur. comm., 1998. I, 649. il quale, nell'ipotesi di
sovrapposizione della normativa ex art. 2598 c.c. con quella antitrust,
opta per la radicale soluzione dell'applicazione del principio di specia lità in favore della seconda. Dello stesso a., cfr. altresì Ancora sui ri medi civili conseguenti ad illeciti antitrust (II). in Danno e resp., 2005, 237, con ulteriori riferimenti bibliografici e l'indicazione, tra i titolari del diritto al risarcimento del danno da illecito antitrust, dei consumato ri finali. V. anche Vigo, Le vendite a prezzi predatori e le strategie di
«marketing», in AA.VV.. Studi di diritto industriale in onore di Adria no Vanzetti, Milano. 2004, II. 1744.
XV. - Sulla vendita sottocosto da parte dell'editore delle copie in vendute di un'opera, v. App. Milano 30 novembre 2001, Foro it.. Rep. 2003, voce Diritti d'autore, n. 101.
Sull'esclusione del dumping interno per la vendita abbinata di due
giornali quotidiani (o di un periodico abbinato ad un quotidiano), i c.d.
giornali-panino, v. App. Milano 18 maggio 2001. ibid., voce Concor
renza (disciplina), n. 326, secondo cui l'illecito «presuppone la prova che l'offerta aggiuntiva eroda completamente i precedenti margini di
guadagno dell'editore, ed anzi, nel caso in cui l'offerta aggiuntiva sia
diretta principalmente a sostenere le vendite del prodotto principale,
presupporrebbe anche la prova che l'iniziativa non sia valsa ad incre
mentare (o difendere convenientemente) le vendite del prodotto princi
pale». Adde. Trib. Firenze 29 aprile 2000. id.. Rep. 2002, voce cit., n. 319
(secondo cui l'illecito in parola non è configurabile a fronte di iniziati
va temporanea e di oggettivo carattere promozionale); Trib. Ancona
Senigallia 10 gennaio 2000, ibid., n. 311 (che esclude l'invocabilità della 1. 10 ottobre 1990 n. 287, che regola fattispecie diverse dagli atti
di concorrenza sleale, ossia le restrizioni della concorrenza e gli abusi di posizione dominante); Trib. Napoli 15 luglio 1997. id., 1997. I, 3022
(che esclude l'illecito sul rilievo che II Corriere del Mezzogiorno, ven
duto in ambito regionale in abbinamento al Corriere della Sera, pur fa
cendo capo a diverso editore, non ha mai avuto circolazione autonoma e disgiunta, presentandosi sostanzialmente come supplemento dell'al
tro). Contra. App. Bologna 20 dicembre 1999. id.. Rep. 2002, voce cit.. n.
317. secondo cui la vendita abbinata può configurare dumping interno, se caratterizzata dall'antieconomicità sotto il profilo del rilevante squi librio tra costi operativi e ricavi (in quanto la configurabilità della ven
dita sottocosto non può essere esclusa dalla valutazione della sua eco
nomicità in relazione a profitti futuri: di contro il sistematico svolgi mento antieconomico dell'attività di impresa rende tale pratica obietti
vamente idonea a danneggiare l'impresa concorrente). Di rilievo anche Trib. Monza 19 giugno 2001, cit., che configura una
fattispecie di concorrenza sleale per storno di clientela, ex art. 2598, n.
3, c.c.. nel comportamento di un editore che, dopo aver cessato di esse
re licenziatario di una testata, avvia un proprio periodico con altra te
stata con un'operazione di marketing diretta ad insinuare nei lettori la
sensazione di continuare a leggere un prodotto editoriale inserito nel
solco tracciato dalla rivista di cui era precedentemente licenziatario.
Cfr.. infine, più in generale, per ulteriori riferimenti dottrinali e giu
risprudenziali. Ubertazzi (a cura di). Commentario breve a! diritto del
la concorrenza, Padova, 2004, 1774 ss. [G. Casaburi]
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695 PARTE PRIMA 696
questo settore di mercato, non è ravvisabile alcuna possibilità di
confusione per i lettori: per la differenza dei titoli, per gli ele
menti di diversità di contenuto e composizione che residuano,
rispetto alle rilevate somiglianze, per il numero complessivo di
pagine delle due pubblicazioni e. soprattutto, per il fatto che il
settimanale della R.c.s. non è acquistabile autonomamente in
edicola, bensì solo in allegato al quotidiano II Corriere della Se
ra (o, saltuariamente, insieme ad altre riviste del medesimo
gruppo editoriale); — che neppure appare illecita l'utilizzazione delle compe
tenze professionali dei sig. Corazzi e Vertemati, ex dipendenti o
collaboratori dell'impresa concorrente, giacché costoro non era
no legati da alcun patto di non concorrenza, né hanno sfruttato
segreti aziendali o conoscenze riservate acquisite presso il pre cedente datore di lavoro, essendo le caratteristiche editoriali di
Telesette pubblicamente ostentate; — che infine, non è stata idoneamente provata l'accusa di
dumping formulata dall'appellante: perché — anche a prescin
dere dalla temporaneità dell'iniziativa promozionale di offerta
gratuita del settimanale TV Sette — occorre tener conto della
circostanza che l'offerta in edicola di detto settimanale fa tut
t'uno con quella del quotidiano II Corriere della Sera, onde, per
configurare l'illecito concorrenziale della vendita sottocosto, si
sarebbe dovuto dimostrare che l'offerta del settimanale non ab
bia avuto l'effetto di incrementare o difendere le vendite del
quotidiano. Avverso tale sentenza la Universo propone ricorso per cassa
zione, articolato in tre motivi.
Resistono con controricorso sia la R.c.s. sia, congiuntamente, i sig. Corazzi e Vertemati e la Headline.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione. — 1. - I tre motivi di ricorso, con i
quali vengono denunciati sia errori di diritto sia vizi di motiva
zione dell'impugnata sentenza, investono: il primo, l'asserita
illecita imitazione del titolo e delle rubriche del settimanale Te
lesette. edito dalla società ricorrente, ad opera del settimanale
TV Sette, di cui è editrice la controricorrente R.c.s.; il secondo,
l'illecito concorrenziale che quest'ultima avrebbe commesso
utilizzando le competenze professionali di ex collaboratori della
medesima ricorrente; il terzo, l'ulteriore illecito consumato me
diante la vendita sottocosto, o addirittura gratuita, del citato set
timanale TV Sette.
Benché tali motivi presentino taluni aspetti di connessione, è
preferibile, per ragioni di maggior chiarezza espositiva, esami
narli qui di seguito separatamente. 2. - Il tema dell'illecita imitazione è ripartito dalla ricorrente
in due distinti profili: l'uno attiene al titolo dei periodici posti a
raffronto, con riferimento al quale viene ipotizzata la violazione
dell'art. 100, 1° comma, l.d.a. (anche in relazione al disposto dell'art. 17. 1° comma, lett. e. 1. marchi), e l'altro concerne i
contenuti e le forme delle rubriche dei medesimi periodici, con
ipotizzata violazione del citato art. 100, 3° comma, e dell'art.
102 l.d.a.
2.1.- Con riguardo al primo profilo, la ricorrente contesta che
tra i titoli delle due riviste sussista una differenza rilevante, tale
non essendo la semplice sostituzione della parola «Tele» con
quella «TV», e critica l'affermazione della corte d'appello se
condo cui si tratterebbe di titoli «debolissimi», perché privi di
sufficiente originalità. Si sarebbe invece dovuto tener conto
della notorietà acquisita nel tempo dal settimanale Telesette e,
quindi, applicare anche in questo campo la teoria c.d. del secon
dary meaning, elaborata nel settore dei marchi, in virtù della
quale anche una denominazione all'origine priva di capacità di
stintiva può poi acquistarla a seguito dell'uso di mercato che ne
sia stato fatto in rapporto ad un determinato prodotto. Erronea
mente, poi, la corte territoriale avrebbe ravvisato un idoneo
elemento di differenziazione dei titoli nella dicitura «Corriere
della Sera», aggiunta alla denominazione TV Sette, trattandosi di
un mero sottotitolo, neppure citato nei messaggi pubblicitari ri
guardanti la testata e, come tale, insufficiente ad evitare effetti
confusori. Né, infine, varrebbe riferirsi ad altre pretese differen
ziazioni grafiche, che l'impugnata sentenza menziona senza pe rò neppure specificamente indicare e che, comunque, non
avrebbero alcuna reale capacità distintiva con riguardo ad un
titolo costituito essenzialmente da parole. 2.2. - Quanto al secondo profilo, le critiche della ricorrente si
appuntano sulle carenze e sulle contraddizioni da cui sarebbe af
fetta la motivazione dell'impugnata sentenza, la quale avrebbe
Il Foro Italiano — 2006.
riconosciuto le notevoli e numerose somiglianze riscontrabili tra
le due riviste senza poi trarne l'ovvia conclusione della loro
confondibilità, escludendola sulla base di ulteriori — ma non
sufficientemente specificati — elementi di differenziazione e,
comunque, in difetto di una loro attenta e puntuale analisi e sen
za l'indispensabile comparazione di sintesi. Né sarebbe possi bile negare la confondibilità dei due periodici
— come la corte
milanese ha fatto — sulla base del rilievo che il settimanale
edito dalla R.c.s. è posto in vendita congiuntamente ad altri pro dotti editoriali; elemento, questo, del tutto irrilevante, a fronte
del fatto che la rivista TV Sette è comunque anch'essa venduta
in edicola, con il rischio di confusione per associazione, poten dosi indurre nei consumatori l'erronea convinzione che si tratti
di una particolare versione della (in realtà concorrente) rivista
Telesette, abbinata al Corriere della Sera, in forza di un'intesa
intervenuta tra gli editori interessati.
3. - Nessuna delle prospettate doglianze appare fondata.
3.1. - Può senz'altro convenirsi sul fatto che la tutela accor
data dalla legge al titolo di una pubblicazione non ne presuppo ne l'originalità in senso, per così dire, assoluto. Anche un titolo
generico o meramente descrittivo può infatti acquistare una fun
zione individualizzatrice se, per l'uso che di quel titolo sia stato
fatto in relazione ad una certa opera, per il tempo in cui ciò si è
verificato e per la notorietà che l'opera ha acquistato presso il
pubblico, si determini diffusamente un fenomeno di associazio
ne; un fenomeno, cioè, in virtù del quale i fruitori dell'opera immediatamente siano portati a collegare all'opera stessa quelle
parole e quei segni, pure in sé privi di particolare originalità, dei
quali il titolo si compone. Può anche convenirsi, ovviamente,
che un titolo da principio dotato di una capacità distintiva «de
bole». perché costituito da una combinazione di parole ed altri
segni grafici di significato relativamente comune, acquisti, per effetto dell'uso protratto nel tempo e del conseguente fenomeno
di associazione cui dianzi si è fatto cenno, una valenza più «forte».
Resta però che, in tutti i casi, il giudizio sull'idoneità distinti
va di un titolo, in relazione ad una determinata opera ed in rap
porto con altri titoli relativi ad opere diverse, si risolve in una
valutazione di fatto circa la possibilità che il pubblico, tratto in
inganno dalla somiglianza dei titoli, scambi un'opera per l'altra.
Valutazione di fatto e dunque, come tale, rimessa al giudice di
merito e non suscettibile di riesame in sede di legittimità, se non
per eventuali difetti di motivazione riconducibili alla previsione dell'art. 360, n. 5, c.p.c.
Orbene, nel caso di specie, la corte d'appello non si è limitata
a considerare che il titolo del settimanale edito dalla Universo è
privo di una particolare originalità ed è dunque «debolissimo», onde la pur lieve differenza letterale e grafica rispetto al titolo
della pubblicazione concorrente basterebbe a costituire un'ido
nea differenziazione; ha anche aggiunto che, comunque e «più radicalmente», ciò che vale ad escludere ogni eventuale confu
sione tra i due titoli è il fatto che in quello del settimanale TV
Sette figura anche l'aggiunta delle parole «Corriere della Sera».
Il carattere decisivo che la corte milanese ha inteso attribuire
a tale ultimo rilievo tronca quindi ogni discussione in ordine
alla valenza «debole» o «forte» (originaria o sopravvenuta con
l'uso) del titolo del settimanale Tele Sette, di cui comunque la
corte di merito ha escluso la confondibilità con l'altro per ef
fetto dell'anzidetta ulteriore dicitura.
Né può accogliersi l'obiezione del ricorrente, secondo cui tale
ulteriore dicitura non avrebbe invece dovuto esser presa in con
siderazione, trattandosi di un semplice sottotitolo. Al contrario,
la corte d'appello ha accertato in modo chiaro ed esplicito che
le parole «Corriere della Sera» concorrono pienamente a costi
tuire il titolo in questione, giacché si integrano in un'unitaria
configurazione grafica con caratteri di assoluta evidenza per dimensione, colore e riquadratura. Ed è appena il caso di osser
vare che un simile accertamento in punto di fatto, casi specifi camente motivato e che correttamente tien conto anche dell'ef
fetto grafico complessivo del titolo (senza necessità di descrive
re minutamente nella sentenza i singoli dettagli che lo compon
gono), non può esser rimesso in discussione dinanzi al giudice di legittimità.
3.2. - Considerazioni sostanzialmente analoghe sono da farsi
a proposito della doglianza concernente il giudizio di non con
fondibilità delle rubriche espresso dalla corte d'appello. Anche in questo caso si tratta di valutazioni tipicamente di
merito, in ordine alle quali non v'è spazio in Cassazione che per
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
obiezioni attinenti alla completezza ed alla logicità della moti
vazione dell'impugnata sentenza. Viceversa, le censure formu
late dalla ricorrente, pur quando formalmente rivolte a criticare
appunto la motivazione, in realtà investono profili di merito e
finiscono per sconfinare in un'inammissibile richiesta di riva
lutazione di tali profili ad opera del giudice di legittimità. Ciò dicasi, in particolare, per l'asserito contrasto logico tra
gli elementi di somiglianza che la corte d'appello ha rilevato nel
contenuto delle due riviste messe a raffronto ed il conclusivo
giudizio di non confondibilità che la medesima corte ha poi
espresso. Contrasto che. in realtà, non sussiste, perché al rilievo
delle suaccennate (peraltro solo parziali) somiglianze ed alla
considerazione per cui certamente la rivista TV Sette ha per molti aspetti avuto a modello la preesistente rivista Tele Sette (a
suo tempo realizzata dalle medesime persone che hanno poi ideato TV Sette), la corte milanese ha fatto seguire un'argo mentata valutazione che l'ha condotta ad escludere, anche sotto
questo aspetto, ogni possibilità di confusione da parte dei fruito
ri: il che basta a porre la fattispecie al di fuori dei limiti entro
cui la legge, anche nell'ottica della concorrenza sleale, vieta
l'utilizzazione ad opera di un concorrente di caratteristiche già da altri adoperate per connotare prodotti analoghi.
Né può sostenersi che siffatta valutazione sia motivata in
modo insufficiente o contraddittorio. Al contrario, l'impugnata sentenza vi perviene dopo aver rilevato che alcuni dei profili di
maggiore somiglianza tra le due riviste riguardano modalità di
presentazione molto comuni, e non perciò tali da costituire un
elemento significativo d'individualizzazione, in un contesto di
grande affollamento di prodotti editoriali sostanzialmente omo
loghi; che gli elementi di diversità contenutistica e compositiva, unitamente al diverso numero delle pagine complessive delle
due pubblicazioni, conducono quindi, all'esito di una valutazio
ne comparativa sintetica, ad escluderne la confondibilità; che.
soprattutto, tale confondibilità è da escludere in considerazione
della diversa presentazione in edicola del periodico TV Sette,
sempre allegato al quotidiano II Corriere della Sem ed al setti
manale Sette. E non ha mancato la corte d'appello di aggiunge re. a quest'ultimo proposito, che non v'è alcun appiglio fattuale
a sostegno della tesi dell'appellante (odierna ricorrente) secon
do cui l'abbinamento delle diverse pubblicazioni sopra indicate
potrebbe indurre nei lettori l'erronea convinzione che quella
pubblicata dalla R.c.s. sia una sorta di editio minor del periodico edito dalla Universo, neppure alla luce della campagna pubbli citaria da cui il suo lancio è stato accompagnato.
Si è dunque in presenza, com'è chiaro, di una decisione di
merito fondata su valutazioni dalle quale la ricorrente, com'è
ovvio, può soggettivamente dissentire, ma il cui iter argomenta tivo è perfettamente delineato, senza che ne emergano contrad
dizioni. onde in nessun modo quella decisione appare priva di
adeguata motivazione.
4. - Il secondo motivo di ricorso, come già accennato, investe
il tema della concorrenza sleale (ex art. 2598, n. 3. c.c.). di cui
la R.c.s. si sarebbe resa colpevole, in concorso con la Headline
ed i sig. Corazzi e Vertemati, avendo costoro cessato la loro
precedente collaborazione con la ricorrente per costituire poi la
predetta società Headline proprio allo scopo, tramite quest'ulti ma, di apportate alla R.c.s. tutto il Know-how acquisito nel corso
dell'attività anteriore. Solo così sarebbe stato possibile realizza
re e porre gratuitamente sul mercato in tempi ravvicinati una ri
vista sostanzialmente identica a quella già edita dalla Universo,
la quale ne avrebbe riportato gravi danni.
4.1. - Neppure questa doglianza può essere condivisa.
Essa non è infatti idonea a superare il decisivo rilievo per cui
gli ex collaboratori della Universo, non essendo vincolati a que st'ultima da alcun obbligo di non concorrenza ed essendo perciò liberi di porre le proprie capacità di lavoro intellettuale a dispo sizione di una società diversa e. tramite questa, di collaborare
con la R.c.s., non hanno apportato a tale nuova collaborazione
notizie riservate o segreti aziendali dei quali fossero venuti in
possesso nel corso o a causa del loro precedente impegno lavo
rativo. Tutte le caratteristiche di forma e di contenuto già speri mentate nell'elaborazione del settimanale edito dalla ricorrente — come correttamente rileva la corte d'appello
— erano di do
minio pubblico, appunto perché percepibili da qualunque lettore
di quel settimanale. Si trattava, perciò, di caratteristiche libera
mente riproducibili (salvo il limite del divieto di atti confusori,
che però si è già visto non essere stato qui superato), ed allora il
fatto che esse siano state in parte riprodotte ad opera di ex di
II Foro Italiano — 2006 — Pane I-13.
pendenti, in favore di un diverso committente, non può configu rare alcun illecito concorrenziale.
5. - Nell'ultimo motivo di ricorso si denuncia nuovamente la
violazione dell'art. 2598. n. 3. c.c.. ma sotto un profilo diverso:
quello del dumping (interno), ossia della vendita sottocosto del
proprio periodico che la R.c.s. avrebbe attuato al fine di espelle re i concorrenti dal mercato.
La ricorrente si duole che la corte d'appello non abbia dato
peso decisivo alla circostanza, ampiamente pubblicizzata dalla
R.c.s., per cui il settimanale TV Sette era offerto in edicola addi
rittura gratis; circostanza a fronte della quale non sarebbe occor
sa alcuna ulteriore prova dell'illecito denunciato. Del tutto erro
neamente. quindi, la medesima corte d'appello avrebbe preteso la dimostrazione —
per altro impossibile da dare ad opera di un
terzo — degli effetti che una tal politica commerciale aveva
prodotto sulle vendite del quotidiano cui il settimanale accede
va. La circostanza che l'imprenditore riesca eventualmente a
compensare il mancato guadagno conseguente alla vendita sot
tocosto di un determinato prodotto con la commercializzazione
di prodotti diversi non toglie, infatti, l'illiceità del dumping in
tal modo operato in danno di altri concorrenti; né tale illiceità
vien meno — sostiene la ricorrente — per la temporaneità della
vendita sottocosto o per il fatto che quell'iniziativa sia even
tualmente attuata per reagire ad analoghe politiche commerciali
poste in essere da altri editori di quotidiani. 5.1. - Neanche questa censura coglie nel segno. Non si può anzitutto non condividere il rilievo della corte
d'appello secondo cui di vendita gratuita, nel caso in esame,
non è possibile parlare. Atteso che la rivista edita dalla R.c.s. si
presenta come un supplemento settimanale, inscindibilmente
allegato al quotidiano edito dalla medesima R.c.s., essa costitui
sce infatti parte integrante di un unico prodotto, il cui prezzo di
vendita è perciò quello del quotidiano, ancorché solo eventual
mente maggiorato in relazione alla presenza del supplemento. La questione, com'è evidente, per il profilo qui considerato, non
si porrebbe in termini diversi se le due pubblicazioni fossero an
che materialmente unificate in una sola, il cui prezzo sarebbe
sempre il medesimo.
Dunque, la circostanza che la società editrice abbia a suo
tempo pubblicizzato il lancio della sua guida ai programmi tele
visivi con la formula «non costa nulla» si risolve in una mera
manifestazione pubblicitaria, ma non sposta i termini della que stione e non può certo da sola bastare — come pretenderebbe la
ricorrente — a fornire la prova di una vendita sottocosto inte
grante gli estremi della concorrenza sleale.
Una corretta impostazione del problema deve allora necessa
riamente prendere le mosse dal rilievo per cui, com'è ben noto,
le ipotesi di concorrenza sleale riconducibili alla previsione de.
l'art. 2958, n. 3, c.c. non sono specificamente determinate. V
rientra qualsiasi comportamento dell'imprenditore che. nel dan
neggiare un altro concorrente, si ponga in contrasto con i prin
cipi della correttezza professionale. Principi la cui concreta
identificazione deve però esser di volta in volta operata sulla
base di parametri desunti da altre norme, o da ulteriori principi
generali rinvenibili nell'ordinamento.
Si tratta allora di stabilire se, ed eventualmente entro quali limiti, possa definirsi contrario alla correttezza professionale il
vendere dei prodotti sul mercato ad un prezzo particolarmente basso, tale da non apparire (almeno nell'immediato) remunera
tivo per l'offerente, ma, per ciò stesso, idoneo a porre in diffi
coltà i concorrenti che praticano un prezzo più elevato.
Ora, è noto come la giurisprudenza di questa corte abbia in
passato avuto più volte modo di affermare la almeno potenziale illiceità della vendita sottocosto in un determinato ambito terri
toriale, se posta in essere allo scopo di conquistare il mercato
con l'eliminazione dei concorrenti per dominarlo poi monopoli sticamente e rivalersi con il rialzo dei prezzi (v., in tal senso,
Cass. 28 aprile 1983. n. 2910, Foro it., 1983, I, 1864); pur non
mancando di sottolineare — almeno a partire dalla pronuncia di
Cass. 21 aprile 1983, n. 2743 {ibid.), — che viene qui in gioco il
rispetto di regole poste oggettivamente a presidio della competi zione economica, onde non occorre che il descritto comporta mento sia accompagnato dall'intenzione soggettiva di nuocere
al concorrente.
Ma, a parte l'ovvia necessità di rispettare le regole dettate a
proposito della vendita sottocosto dalla normativa speciale in
materia di commercio (di cui però non è questione nel presente
caso), occorre anzitutto osservare come la scelta di un impren
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699 PARTE PRIMA 700
ditore in ordine alla politica dei prezzi che egli intenda attuare
sul mercato non possa, in via di principio, non esser considerata
lecita, trattandosi di uno dei modi in cui si esplica la libertà d'i
niziativa economica tutelata dall'art. 41, 1° comma. Cost. Que sta libertà, naturalmente, non è assoluta, ed incontra i limiti in
dicati nei due commi successivi del medesimo art. 41; ma resta
il fatto che, per poter affermare la scorrettezza di un comporta mento così strettamente legato alle valutazioni di rischio ed ai
calcoli di costo e rendimento tipici dell'attività d'impresa, biso
gna che esso risulti incompatibile con regole o principi chiara
mente posti dall'ordinamento. E bisogna che siffatte regole o
principi siano, per parte loro, riconducibili a quell'esigenza di
utilità sociale solo con riferimento alla quale il menzionato 2°
comma dell'art. 41 Cost, consente di limitare la libertà d'impre sa.
In quest'ottica, appare chiaro come la valutazione di even
tuale scorrettezza di un dato comportamento — in specie, ma
non solo, per quel che riguarda la determinazione del prezzo al
quale un bene o un servizio venga offerto sul mercato — debba
essere compiuta non nell'interesse dei mercanti, ma in quello del mercato. Occorre cioè aver riguardo a quel che nuoce o a
quel che giova al buon funzionamento del mercato medesimo
(in tal senso, v. anche Cass. 11 agosto 2000. n. 10684. id., Rep. 2000, voce Concorrenza (disciplina), n. 301), e quindi alla ge neralità dei consumatori, perché in questo risiede l'interesse ge nerale, a prescindere dalla convenienza di una determinata cate
goria professionale. Se così è, necessariamente ne discende che la scorrettezza
nella fissazione di un determinato prezzo non può dipendere dal
solo fatto che i concorrenti ne siano messi in difficoltà: in ciò
sta l'essenza stessa della concorrenza, cui è connaturato l'ele
mento competitivo per il quale ciascuno dei concorrenti si sfor
za di prevalere sull'altro. Ne' certo sarebbe sostenibile che la
competizione sia lecita soltanto a patto di esplicarsi sul piano strettamente produttivo, ossia attraverso la riduzione dei costi di
produzione a parità di qualità del prodotto, essendo invece fuor
di dubbio che siano del pari lecite tecniche di concorrenza che
operano sul piano finanziario e, in generale, attraverso varie
possibili forme di marketing. I limiti entro i quali un tal comportamento è legìttimo fini
scono per identificarsi, perciò, unicamente con quelli che il le
gislatore europeo, prima, e quello nazionale, poi. hanno posto alla libertà d'impresa al fine di garantire appunto la funzionalità
del mercato, e di tutelare l'interesse dei consumatori. In tanto, allora, si potrà sostenere che la fissazione di prezzi più o meno
bassi è atto di concorrenza sleale, in un determinato mercato o in un settore rilevante di esso, in quanto essa contrasti con le re
gole cui s'è appena fatto cenno, e segnatamente con il divieto di
abuso di posizione dominante desumibile dall'art. 82 (ex 86) del
trattato istitutivo dell'Unione europea e dall'art. 3 1. n. 287 del
1990. In altre parole, la vendita sottocosto (o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi) appare contraria ai doveri di correttezza evocati dall'art. 2598, n. 3, c.c., solo se a porla in essere sia un'impresa che muove da una posizione di dominio e
che, in tal modo, frapponga barriere all'ingresso di altri concor
renti sul mercato o comunque indebitamente abusi di quella sua
posizione non avendo alcun interesse a praticare simili prezzi se
non, appunto, quello di eliminare propri concorrenti per poter poi rialzare i prezzi approfittando della situazione di monopolio così venutasi a determinare (v., in tal senso. Corte giust. 3 lualio
1991, causa C-62/86, id., 1992. IV, 81). Alla stregua di tale principio, con il quale va integrata la mo
tivazione dell'impugnata sentenza, il motivo di ricorso in esame
risulta evidentemente infondato, giacché la ricorrente, pur gene ricamente alludendo alla circostanza che la R.c.s. occupa sul
mercato editoriale una posizione importante, non assume di aver
mai provato, e neppure solo allegato, che in quel medesimo
mercato essa si trovi in posizione dominante, né che la politica di prezzi da essa praticata abbia avuto, anche solo potenzial mente, come effetto quello di rinforzare tale posizione in chiave
monopolistica e quindi di schiudere la prospettiva di una suc cessiva libera manipolazione al rialzo dei medesimi prezzi. Ciò
che. del resto, è in punto di fatto smentito dal non contestato ri lievo della corte d'appello secondo cui l'iniziativa editoriale di cui si discute fu assunta dalla R.c.s. per controbattere iniziative
analoghe di altri concorrenti rispetto ai quali, evidentemente, la
stessa R.c.s. non vantava una posizione di dominio.
6. - Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
Il Foro Italiano — 2006.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 gen naio 2006. n. 1285; Pres. Mercurio. Est. Di Cerbo, P.M. Fu
zio (conci, parz. diff.); Soc. Enichem (Avv. Tavormina) c.
Campana e altri (Avv. Ramadori, Gallotta). Cassa App.
Bologna 2 dicembre 2002.
Proprietà industriale — Brevetti per invenzioni industriali — Invenzioni di servizio e invenzioni di azienda — Diffe
renza — Onere della prova — Fattispecie (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, testo delle disposizioni legislative in materia di
brevetti per invenzioni industriali, art. 23). Procedimento civile — Brevetti per invenzioni industriali —
Invenzione d'azienda — Giudizio per la determinazione
dell'equo premio e di nullità del brevetto — Pregiudiziali tà —
Sospensione necessaria (Cod. proc. civ., art. 295; r.d.
29 giugno 1939 n. 1127, art. 23, 59).
Quando non è prevista, in un contratto di lavoro subordinato, una specifica retribuzione a compenso dell'attività inventiva,
l'invenzione fatta dal dipendente, durante lo svolgimento delle sue mansioni, si configura come invenzione di azienda e
non come invenzione di servizio (nella specie, la Suprema corte ha ritenuto immune da vizi il capo della sentenza di me
rito che, alla stregua del principio sopra riportato e sul pre
supposto che l'onere della prova incombe sul datore di lavo
ro. ha escluso la confìgurabilità dell'invenzione di servizio a
fronte della sola documentazione che i lavoratori inventori
godevano di un trattamento retributivo superiore a quello mi
nimo contrattuale, non esplicitamente qualificato come corri
spettivo dell'attività inventiva). (1) Sussistono i presupposti per la sospensione necessaria del giu
dizio per la determinazione dell'equo premio per le invenzio ni di azienda in pendenza del giudizio di nullità del brevetto,
atteso che l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere al
lavoratore l'equo premio può cessare solo con l'accerta
mento giudiziale, con efficacia di giudicato, della nullità in
oggetto. (2)
(1-2) 1. - La Cassazione conferma, con la sentenza in rassegna (mas sima 1). il proprio consolidato orientamento in materia di distinzione tra invenzione d'azienda e di servizio, al fine del riconoscimento del
l'equo premio (previsto solo per la prima); il fattore decisivo sta nella
previsione, per le sole invenzioni di servizio, di una specifica retribu zione per l'attività inventiva. V. Cass. 19 luglio 2003, n. 11305, Foro
it.. 2004, I, 2478, con osservazioni di Casaburi, espressamente richia mata.
Il profilo di maggior interesse sta nei risvolti probatori: la Suprema corte — confermando la correttezza della decisione del giudice di me rito — ha escluso che la previsione contrattuale della retribuzione spe cifica in oggetto possa essere desunta dalla sola presenza, in busta pa ga. di un superminimo individuale, non esplicitamente qualificato come
corrispettivo dell'attività inventiva. Ciò sull'ulteriore presupposto che l'onere della prova della qualificazione dell'invenzione come dì servi zio incombe sul datore di lavoro.
Il codice della proprietà industriale non ha modificato tale assetto: l'art. 64 corrisponde, nei primi commi, all'art. 23 1. invenzioni (così come, d'altronde, l'art. 65 ha sostanzialmente confermato, discutibil mente. la disciplina, introdotta solo nel 2001, delle invenzioni dei ricer catori universitari e degli enti pubblici di ricerca): v. Casaburi-Di Pao la. Guida al codice della proprietà industriale, id., 2005, V. 69, spec. 74 s.
II. - il principio espresso dalla seconda massima, circa il rapporto di
pregiudizialità tra il giudizio di nullità del brevetto dell'invenzione realizzata dal lavoratore e quello promosso da quest'ultimo per la de terminazione dell'equo premio per l'invenzione stessa, corrisponde ai
prevalenti orientamenti della dottrina e della (scarsa) giurisprudenza: v.. in motivazione. Cass. 5 giugno 2000. n. 7484, id.. 2001. I, 554.
In generale, sui presupposti per la sospensione necessaria, ex art. 295
c.p.c.. v.. tra le decisioni più recenti — in termini con la sentenza in
rassegna — Cass.. sez. un., 23 marzo 2005. n. 6215. id.. Mass.. 591: 14
gennaio 2005. n. 687. ibid.. 53; 11 febbraio 2005, n. 2759. id.. 2005, I. 3099.
Istituite le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, con d.leg. 168/03. si è affermato che il giudice del lavoro, davanti al quale sia proposta, in via di domanda riconvenzionale, la domanda di nullità del brevetto, deve dichiarare la propria incompeten za, e rimettere le parti innanzi alla sezione specializzata, competente per materia per le controversie brevettuali, sospendendo il giudizio sul
l'equo premio per pregiudizialità. ai sensi dell'art. 295 c.p.c.: v. Bar buto. Le invenzioni dei dipendenti. Questioni processuali, in AA.VV.. Il codice della proprietà industriale, Milano. 2004, spec. 63 ss.
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