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sezione I civile; sentenza 26 luglio 1994, n. 6958; Pres. Beneforti, Est. Nardino, P.M. Lo Cascio...

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sezione I civile; sentenza 26 luglio 1994, n. 6958; Pres. Beneforti, Est. Nardino, P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Cassa di risparmio di Firenze (Avv. Boggia, Gremigni, Ferrari Lelli) c. Lenzi (Avv. Camici, Leati) e altri; Monte dei Paschi di Siena (Avv. Testa, Nidiaci) c. Lenzi e altri; Banca Toscana (Avv. Lorenzoni, Giallongo) c. Lenzi e altri. Conferma App. Firenze 20 giugno 1990 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 3 (MARZO 1995), pp. 851/852-859/860 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23189111 . Accessed: 28/06/2014 15:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.49 on Sat, 28 Jun 2014 15:17:42 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezione I civile; sentenza 26 luglio 1994, n. 6958; Pres. Beneforti, Est. Nardino, P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Cassa di risparmio di Firenze (Avv. Boggia, Gremigni, Ferrari Lelli)

sezione I civile; sentenza 26 luglio 1994, n. 6958; Pres. Beneforti, Est. Nardino, P.M. Lo Cascio(concl. conf.); Cassa di risparmio di Firenze (Avv. Boggia, Gremigni, Ferrari Lelli) c. Lenzi(Avv. Camici, Leati) e altri; Monte dei Paschi di Siena (Avv. Testa, Nidiaci) c. Lenzi e altri;Banca Toscana (Avv. Lorenzoni, Giallongo) c. Lenzi e altri. Conferma App. Firenze 20 giugno1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 3 (MARZO 1995), pp. 851/852-859/860Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189111 .

Accessed: 28/06/2014 15:17

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PARTE PRIMA

to, di Cass. 3171/81, cit.), ma ciò è conseguenza inevitabile

in una procedura dominata dal fine da raggiungere e quindi sottratta a meccanismi preclusivi o estintivi.

5. - Cosi dimostrata la ammissibilità del regolamento richie

sto dal Tribunale di Castrovillari, occorre ora esaminarne il

merito.

Ai fini della individuazione del tribunale competente a di

chiarare il fallimento viene in rilievo la sede principale dell'im

presa (art. 91. fall.). Trattandosi di società, è tuttavia irrilevan

te la delibera di trasferimento della sede sociale, quando gli atti

all'uopo posti in essere non corrispondono ad un trasferimento

effettivo (Cass. 1864/84, id., Rep. 1985, voce Fallimento, n.

184), ovvero quando la delibera interviene nell'imminenza della

procedura per la dichiarazione di fallimento o, infine, quando nella nuova sede non venga svolta attività alcuna, si da potersi affermare che l'attività d'impresa è cessata in concomitanza col

trasferimento medesimo (Cass. 2808/88, id., Rep. 1988, voce

cit., n. 203). Nella specie, non solo pare che nel luogo del preteso trasferi

mento non siano stati compiuti gli adempimenti necessari per renderlo effettivo, ma emerge altresì', che esso è stato deliberato

quando già la situazione deficitaria si era andata manifestando; inoltre non esiste alcun segno di prosecuzione dell'attività nella

nuova sede.

Va dunque dichiarata la competenza per territorio del Tribu

nale di Lametia Terme.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 luglio

1994, n. 6958; Pres. Beneforti, Est. Nardino, P.M. Lo Ca

scio (conci, conf.); Cassa di risparmio di Firenze (Avv. Bog

gia, Gremigni, Ferrari Lelli) c. Lenzi (Aw. Camici, Leati) e altri; Monte dei Paschi di Siena (Avv. Testa, Nidiaci) c.

Lenzi e altri; Banca Toscana (Aw. Lorenzoni, Giallongo) c. Lenzi e altri. Conferma App. Firenze 20 giugno 1990.

Ipoteca — Ipoteca apparente — Consenso del creditore alla can

cellazione — Diniego — Dliceità (Cod. civ., art. 2043, 2697,

2882).

Posto che l'ipoteca apparente, iscritta su un bene che non era

in proprietà del debitore, è potenzialmente produttiva di dan

no per il legittimo proprietario, è illecito il diniego di assenso

del creditore alla cancellazione dell'ipoteca (nella specie, la

Cassazione ha confermato la sentenza di merito secondo cui

tale responsabilità dà luogo a danno in re ipsa/ (1)

(1) I. - La prima sezione della Cassazione conferma il principio se condo cui il mancato consenso alla cancellazione dell'ipoteca apparente espone il creditore a responsabilità extracontrattuale, per la sopravve nuta incommerciabilità (relativa) del bene gravato da ipoteca: cfr. Cass. 28 luglio 1972, n. 2589, Foro it., 1973, I, 770; Trib. Prato 13 ottobre

1987, id., Rep. 1988, voce Ipoteca, nn. 5, 9 (primo grado della causa in epigrafe).

Parzialmente difforme appare Cass. 26 marzo 1975, n. 1144, id., Rep. 1975, voce cit., n. 11 (per esteso in Banca, borsa, ecc., 1975, II, 202), per la quale, tuia volta eseguito il pagamento cambiario, l'obbligazione del creditore a prestare il consenso ha natura contrattuale.

In ogni caso la richiesta risarcitoria non è inquadrabile nella fattispe cie della responsabilità aggravata ex art. 96, 2° comma, c.p.c.: cfr. Cass. 10 novembre 1973, n. 2974, Foro it., Rep. 1973, voce Spese giu diziali in materia civile, n. 106.

La dottrina concorda nel ritenere ammissibile la responsabilità del creditore: v. G. Tamburrino, Della tutela dei diritti. Le ipoteche, in Commentario Utet, Torino, 1976, 2" ed., 357; G. Gorla - P. Zaneui, Pegno e ipoteche, in Commentario Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1992, 4a ed., 507.

Si può attivare in giudizio chiunque vi abbia interesse: cfr. Cass. 7 dicembre 1973, n. 3335, Foro it., Rep. 1974, voce Ipoteca, n. 4. In

Il Foro Italiano — 1995.

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 12, 14,

15 ottobre 1985 Paolo Lenzi convenne in giudizio davanti al

Tribunale di Prato la Cassa di risparmio di Firenze, il Monte

dei Paschi di Siena, la Banca Toscana e la Banca commerciale

italiana, esponendo: — che con rogito Giovannelli del 31 dicembre 1973, regolar

mente registrato e trascritto, egli aveva acquistato, in compro

prietà con la moglie Gabriella Cattaneo, la quota indivisa del

50% di un immobile sito in Calenzano, via delle Cappelle n. 26; — che con atto di citazione del 16 dicembre 1978, trascritto

presso la conservatoria dei registri immobiliari di Prato il 21

dicembre successivo, aveva chiesto l'accertamento giudiziale della

simulazione dell'acquisto della quota indivisa della Cattaneo; — che tale domanda era stata accolta dal Tribunale di Pra

to, il quale, con sentenza n. 268/85 passata in giudicato, aveva

dichiarato l'istante unico proprietario dell'immobile; — che nel corso di detto giudizio le banche sopra indicate

avevano iscritto ipoteche sulla quota intestata alla Cattaneo; — che con preliminare del 7 febbraio 1985 egli aveva pro

messo di vendere l'immobile alla s.r.l. Tre Elle immobiliare per il prezzo di lire 560.000.000, con il patto di stipulare il rogito notarile di vendita entro un mese dalla intervenuta cancellazio

ne di tutte le formalità inerenti alla quota di un mezzo già inte

stata alla Cattaneo; — che le banche creditrici di quest'ultima, stragiudizialmente

invitate a cancellare le ipoteche, non vi avevano provveduto. Tutto ciò premesso, il Lenzi chiese al tribunale adito di ordi

nare la cancellazione delle ipoteche che risultavano iscritte sulla

quota — in precedenza intestata alla Cattaneo — dell'immobile

sopra indicato e di condannare le banche convenute, in solido, al risarcimento dei danni.

Si costituirono in giudizio la Cassa di risparmio di Firenze, il Monte dei Paschi di Siena e la Banca Toscana, resistendo

alla domanda.

dottrina, si precisa che legittimato attivo può essere qualsiasi altro cre ditore anche chirografario, il titolare di diritti reali limitati sul bene

ipotecato, il terzo proprietario, ecc.: v. Rubino, L'ipoteca mobiliare ed immobiliare, in Trattato diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1956, XIX, 445; G. Stolfi, In tema di cancellazione dell'ipoteca, in Giur.

it., 1975, I, 1, 1548; Gorla - Zanelli, op. loc. cit. Si discute se il consenso (diverso da quello per la rinuncia all'ipoteca)

debba essere esplicito: in questo senso, v. M. Fragali, Ipoteca, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1972, XXII, 847; Tamburrino, op. cit., 355, nota 3. Contra, C. Maiorca, Ipoteca, voce del Novissimo

digesto, Torino, 1963, IX, 106. Per Gorla - Zanelli, op. cit., 489

s., la rinuncia all'ipoteca di cui all'art. 2879 c.c. implica un assenso tacito alla cancellazione, purché ne rivesta le forme.

In ordine al consenso in caso di cessione del credito ipotecario, ove non vi sia stata annotazione, occorre il consenso dell'originario credito re iscritto, che è tenuto a prestarlo dopo aver ottenuto quello del credi tore cessionario; cfr. Cass. 10 luglio 1980, n. 4419, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 12.

Si ritiene ammissibile il provvedimento d'urgenza che ordini la can cellazione dell'ipoteca anche in pendenza del giudizio di merito: cfr. Trib. Macerata 14 dicembre 1987, id., Rep. 1989, voce Provvedimenti di urgenza, n. 176; Trib. Crema 8 marzo 1982, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 84. Contra, Pret. Brindisi 14 ottobre 1987, id., Rep. 1988, voce

cit., n. 186, ritiene che per la cancellazione occorra una sentenza passa ta in giudicato.

In tema di competenza per la domanda di cancellazione, si è esclusa

quella del giudice dell'esecuzione: cfr. Trib. Forlì 24 marzo 1983, id.,

Rep. 1984, voce Ipoteca, n. 13. II. - In ordine agli aspetti probatori, la corte d'appello aveva ritenuto

sussistere il danno in re ipsa. La Suprema corte, pur non cassando il

punto, ha cura di precisare che tale affermazione non implica che «si

possa prescindere dall'accertamento dell'esistenza in concreto, oltre che

dell'ammontare, del danno lamentato»; vi è, piuttosto, un potenziale pregiudizio economico, insito nel fatto che nei registri immobiliari il

bene, pur essendo libero, continua ad apparire ai terzi gravato da ga ranzie reali; tale situazione rende il bene sostanzialmente incommercia bile. Il mancato contrasto coi principi sull'onere della prova sarebbe

poi da riscontrarsi nella «decisiva considerazione» che i giudici del me rito «hanno pronunciato condanna generica al risarcimento dei danni, da liquidarsi in prosieguo di giudizio».

Questa interpretazione ha una traccia in altra, risalente giurispruden za di merito: cfr. Trib. Genova 30 dicembre 1950, id., Rep. 1951, voce

cit., n. 8, secondo la quale vi è danno in re ipsa se dal debitore è stata fatta offerta reale; sul punto, v. Gorla - Zanelli, op. cit., 507, nota 1.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Rimase invece contumace la Banca commerciale italiana, la

quale peraltro provvide in corso di causa a cancellare l'ipoteca da essa iscritta.

Con sentenza del 12 ottobre 1987 il Tribunale di Prato ordi

nò la cancellazione delle ipoteche iscritte dalle tre banche costi

tuite e le condannò al risarcimento dei danni, per la cui liquida zione dispose con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio.

Contro tale pronuncia le parti soccombenti proposero distinti

appelli, ai quali resistette il Lenzi. Riunite le cause, la Corte di appello di Firenze, con sentenza

depositata il 20 giugno 1990, rigettò le impugnazioni, cosi mo tivando:

a) «L'azione diretta ad ottenere la cancellazione dell'ipoteca nel presupposto dell'estinzione dell'obbligazione a garanzia del

la quale l'ipoteca è stata iscritta, ha natura reale»; con la conse

guenza che «la relativa competenza per territorio spetta ... al

giudice nella cui circoscrizione si trova l'immobile» sul quale

grava «il diritto reale di garanzia».

b) Poiché «la cancellazione deve essere consentita dalle parti

oppure ordinata dal giudice con sentenza (art. 2882 e 2884 c.c.), il titolo può essere costituito solo dall'assenso del creditore o

da un ordine del giudice; e legittimato a chiedere la cancellazio

ne, ai sensi dell'art. 2884 c.c., è solo il proprietario gravato dalla ingiusta ipoteca, mentre legittimati passivi sono soltanto

i soggetti che tale ipoteca hanno iscritto o mantenuto illegitti

mamente»; non anche il conservatore dei registri immobiliari, il cui «obbligo di cancellazione ... si pone come conseguenza di attività giudiziaria svoltasi tra tali soggetti e indipendente mente dalla sua funzione pubblica».

c) «Il procedimento camerale di cui all'art. 288 c.c. ... è

del tutto facoltativo ed era impraticabile nel caso in esame, in

cui la cancellazione non risultava né ordinata con sentenza né

assentita dai creditori iscritti». *

d) Infondata è la tesi secondo cui il Lenzi «non avrebbe di

ritto a chiedere la cancellazione delle ipoteche, per essere state

queste prese . . . non contro di lui . . . bensì contro la sig. Cat

taneo Gabriella, che è risultata non essere mai stata proprieta ria di quell'immobile».

Infatti, «le garanzie ipotecarie prese dagli istituti bancari, in

dipendentemente dal soggetto titolare del diritto di proprietà, sono comunque diritti reali che gravano oggettivamente su de

terminati beni immobili; e una volta accertato — come nella

fattispecie — che il legittimo proprietario non ha alcun debito

nei confronti dei suddetti istituti, i pesi reali illegittimamente iscritti o mantenuti su beni di sua esclusiva proprietà costitui

scono una illegittima interferenza nella sua sfera soggettiva pri

vata», nulla rilevando «la distinzione, posta dalla Cassa di ri

sparmio di Firenze, tra acquirenti il bene ipotecario dopo l'i

scrizione e terzi già proprietari del bene a quel momento».

è) Ne consegue che, «una volta passata in giudicato la sen

tenza con la quale il Lenzi è stato riconosciuto come unico pro

prietario fin dall'origine dell'immobile de quo, egli aveva dirit

to ad ottenere la cancellazione delle ipoteche». Il rifiuto delle

banche di «prestare il loro assenso alla cancellazione», richiesto

dal Lenzi con l'atto di costituzione in mora del 15 luglio 1985

«ha avuto per conseguenza il permanere del vincolo ipotecario e . . . concreta un fatto oggettivamente illecito ed inoltre pro duttivo di danno (ex art. 2043 c.c.)». «Tale danno è in re ipsa» ed è «effettivo e reale, non soltanto ipotetico», concretandosi

«nell'ostacolo alla piena commerciabilità dei beni gravati da ipo teca nonché alla loro funzione di garanzia di altri eventuali cre

diti, in quanto i terzi non sempre sono in grado di poter appu rare che il vincolo è solo apparente». È, pertanto, corretta «la

condanna degli istituti di eredito appellanti al risarcimento ge nerico dei danni, da liquidarsi nel prosieguo del giudizio nella misura che sarà concretamente accertata».

Per la cassazione di tale sentenza la Cassa di risparmio di

Firenze, il Monte dei Paschi di Siena e la Banca Toscana s.p.a.,

hanno proposto distinti ricorsi a questa corte, ai quali Paolo

Lenzi ha resistito depositando controricorso in ciascuno dei giu

dizi. La Banca Toscana ha depositato memoria illustrativa. Al

la odierna udienza in discussione i ricorsi proposti contro la

medesima sentenza sono stati riuniti, a norma dell'art. 335 c.p.c. Motivi della decisione. — Sebbene i motivi d'impugnazione

dedotti dalle tre banche ricorrenti siano in parte comuni o con

nessi, sembra opportuno esaminare distintamente i ricorsi e trat

tare separatamente i rilievi critici svolti in ciascuno di essi.

Il Foro Italiano — 1995.

I. - Ricorso della Cassa di risparmio di Firenze.

1) Con il primo motivo, denunciando «erronea e falsa appli cazione dell'art. 21 c.p.c.», la ricorrente ripropone l'eccezione

di incompetenza territoriale del Tribunale di Firenze, rigettata dai giudici di appello, osservando:

a) che, secondo la dottrina prevalente, «l'ipoteca non è più da considerarsi un diritto reale e quindi devono essere applicate le regole generali per l'individuazione del foro competente»;

b) che «nel caso concreto l'azione . . . spiegata dal Lenzi ha

natura obbligatoria e non reale, avendo ad oggetto unicamente

la configurabilità, in capo ai convenuti, dell'obbligo alla cancel

lazione dell'ipoteca e non riguardando assolutamente la validità

ed efficacia di questa, concordemente riconosciuta dalle parti addirittura inesistente».

Tali censure sono infondate. La ricorrente, limitandosi al ri

chiamo dell'opinione di una parte della dottrina circa la natura

giuridica dell'ipoteca, non svolge argomentazioni che possano indurre la corte a discostarsi dalla teoria tradizionale e dalla

propria giurisprudenza (cfr. Cass. 3938/75, Foro it., Rep. 1975, voce Ipoteca, nn. 9, 10), che concordemente definiscono l'ipo teca come diritto reale di garanzia.

Né può condividersi l'assunto riferito sub b). L'azione promossa dal Lenzi — contrariamente a quanto so

stiene la cassa di risparmio — non è diretta contro gli istituti

di credito (attuali ricorrenti) in quanto «creditori della moglie» Gabriella Cattaneo. I rapporti tra costei e le banche sono, in

fatti, totalmente estranei all'oggetto della controversia. Il Lenzi

ha evocato in giudizio le banche in quanto (apparenti) titolari

di diritti reali di garanzia su un bene che, in forza di sentenza

passata in giudicato, è di sua esclusiva proprietà; e la sua azio

ne mira unicamente ad ottenere, in mancanza dell'assenso delle

banche, un titolo giudiziale che disponga la cancellazione delle

ipoteche, la cui giuridica «inesistenza» (perché iscritte su un im

mobile non appartenente alla debitrice Cattaneo) è riconosciuta

dalla stessa cassa di risparmio ed è quindi pacifica. In tale situazione l'azione esercitata dal proprietario del bene

illegittimamente gravato da ipoteca ha natura reale, configuran dosi come actio negatoria tendente alla dichiarazione di libertà

del fondo, senza che venga in discussione l'esistenza del credi

to, in base al quale si è proceduto all'iscrizione dell'ipoteca, o l'obbligo di prestare la garanzia; e la relativa controversia

appartiene alla competenza del giudice del luogo ove è posto

l'immobile, a norma dell'art. 21 c.p.c. (cfr. Cass. 1737/55, id.,

Rep. 1995, voce Competenza civile, n. 358; 3100/71 e 3105/71,

id., Rep. 1971, voce cit., nn. 286, 287; 100/74, id., Rep. 1974, voce cit., n. 88; v. anche, nell'opposta fattispecie di contesta

zione della validità del negozio ipotecario, Cass. 5402/81, id.,

Rep. 1981, voce cit., n. 90). La pronuncia della corte di Firenze in ordine alla competenza

per territorio è conforme a tali principi e si sottrae, pertanto, alle critiche della ricorrente.

2) - 3) Con il secondo mezzo di annullamento, deducendo

«violazione di legge . . . con riferimento agli art. 2652 ss. e 2808

ss. c.c.», la cassa di risparmio censura l'impugnata sentenza

per avere questa ritenuto che da una ipoteca giuridicamente ine

sistente e mai validamente sorta (a causa dell'accertata inesi

stenza nel patrimonio del debitore del bene cui inerisce la ga

ranzia) possa derivare «un danno ingiusto e perciò risarcibile», consistente — secondo l'erronea opinione della corte del merito — «nella maggiore difficoltà della circolazione del bene» e che

sarebbe in re ipsa, in quanto «i terzi non sempre sono in grado di poter appurare che il vincolo è solo apparente». Ad avviso

della ricorrente, qualsiasi terzo, seguendo l'ordine delle iscrizio

ni e trascrizioni risultanti dai pubblici registri immobiliari (i quali hanno una «impostazione a carattere personale»), è in grado di rendersi conto della mera apparenza delle ipoteche, iscritte

non già «contro il Lenzi, ma contro la di lui moglie e limitata

mente alla quota di metà di immobile in quanto a lei apparte

nente; con la conseguenza che «la cancellazione, alla luce dei

principi sulla pubblicità, appare del tutto inutile, non si vede

perché debba essere eseguita e, soprattutto, perché debbano es

sere tenuti a farlo gli istituti di credito», e non il Lenzi, il quale «non si è mai curato di richiedere alle banche» l'assenso a tal

fine necessario, che «mai gli è stato negato». Il terzo motivo di ricorso, connesso al secondo, è diretto a

denunciare l'«insufficienza e contraddittorietà della motivazio

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PARTE PRIMA

ne in ordine all'esistenza del danno». La ricorrente rileva a tal

riguardo come sia «in contrasto con la riconosciuta apparenza del vincolo» l'affermazione dei giudizi del merito secondo la

quale «il perdurare delle iscrizioni ipotecarie» sarebbe «di per sé sufficiente a produrre un danno economico al proprietario» del bene.

La cassa di risparmio dichiara di non contestare che «in con

creto il Lenzi possa aver sofferto un danno», ma assume che

«questo eventuale danno» non sarebbe «conseguenza immedia

ta e diretta della mancata cancellazione delle ipoteche, ma piut tosto il risultato di un errore di valutazione da parte di un ter

zo», «che non ha saputo andare al di là dell'apparenza». Nessuno dei rilievi innanzi riferiti merita accoglimento. Il riconoscimento della «inesistenza», sotto il profilo giuridi

co, delle ipoteche in questione e della loro conseguente totale

inefficacia nei rapporti tra le banche (apparenti titolari di diritti

di garanzia) ed il proprietario del bene ipotecato non implica l'asserita «inutilità della cancellazione delle ipoteche stesse né fa venir meno il diritto e l'interesse del proprietario ad ottenere — in via consensuale o giudiziale — la loro eliminazione anche

formale, cosi che le risultanze dei pubblici registri immobiliari

corrispodano alla realtà giuridica e non sussista, anche per i

terzi, alcuna incertezza sulla libertà del bene.

A tal riguardo questa corte ha stabilito che «sia il carattere di diritto reale dell'ipoteca, sia il valore costitutivo della relati

va iscrizione, riconosciuti dalla prevalente dottrina e giurispru denza, comportano effetti diversi del vincolo nei confronti del

creditore e dei terzi; e se riguardano al primo può ammettersi che l'estinzione dell'obbligazione estingua anche la garanzia ipo tecaria che l'assiste, verso i terzi è certamente necessaria anche la cancellazione dell'ipoteca», poiché il permanere dell'iscrizio

ne, «nonostante l'estinzione del credito, può ben essere di pre

giudizio per il proprietario in quanto determina un intralcio per il commercio giuridico del bene» (Cass. 3938/75, cit.; nello stesso senso Cass. 897/62, id., Rep. 1962, voce Ipoteca, n. 29; v. an

che, per la necessità della cancellazione come «fatto estintivo della garanzia reale», Cass. 4361/83, id., Rep. 1987, voce Con

tratto in genere, n. 350). È appena il caso di osservare che l'obbligo di cancellazione

dell'ipoteca a carico del soggetto che l'ha iscritta, in caso di

pagamento del credito garantito, e gli effetti dell'inadempimen to di tale obbligo non possono non estendersi anche — ed a

maggior ragione — alla più grave ipotesi della inesistenza giuri dica della garanzia ipotecaria, derivante — come nella specie — da fatti sopravvenuti, attesa l'evidente identità della ratio tra questa situazione e quelle considerate nelle predette sentenze.

Né ha alcun fondamento la tesi della ricorrente secondo cui

la cancellazione sarebbe «del tutto inutile», perché «qualsiasi terzo» sarebbe in grado di constatare che le ipoteche in questio ne risultano iscritte contro la Cattaneo e non contro il Lenzi.

Identico assunto è già stato disatteso da questa corte con le citate sentenze 3938/75 e 897/62, la seconda delle quali esatta

mente ravvisa nell'illegittimo permanere dell'iscrizione un osta colo alla libera commerciabilità del bene, e quindi un fatto po tenzialmente produttivo di danno per il proprietario, osservan do che i terzi possono «ignorare la reale situazione» e sono

generalmente «inclini a dare rilevanza all'apparenza del vincolo».

È, comunque, da escludere che i terzi siano tenuti ad affron tare questioni complesse e di incerta soluzione, al fine di stabili re se il vincolo ipotecario che grava su un determinato bene, oggettivamente risultante dai pubblici registri immobiliari, sia effettivo o solo apparente. E non sarebbe certo ad essi imputa bile a titolo di colpa — come la cassa di risparmio pretendereb be — l'eventuale inesatta «valutazione» della situazione reale dell'immobile e tanto meno la determinazione di astenersi, a titolo cautelativo, dalla stipulazione di negozi afferenti a quel bene, in considerazione del fatto oggettivo ed incontestabile —

giustamente sottolineato dai giudici di appello — che proprio su di esso, indipendentemente dalle vicende relative alla pro prietà, le ipoteche risultano tuttora iscritte, pur se a carico della

Cattaneo, (simulata) comproprietaria dell'immobile.

Queste argomentazioni ed i principi ripetutamente enunciati in fattispecie analoghe da questa corte sono sufficienti a confu tare anche l'opinione della ricorrente secondo la quale una iscri zione ipotecaria «apparente» e tamquam non esset sotto il pro filo giuridico non potrebbe mai costituire, neppure potenzial mente, causa di danno ingiusto per il proprietario del bene. Non

Il Foro Italiano — 1995.

è tuttavia superfluo aggiungere che l'impugnata sentenza consi

dera «fatto oggettivamente illecito» e direttamente «produttivo di danno» potenziale non già l'iscrizione delle ipoteche, a suo

tempo legittimamente effettuate dalle banche in forza di validi

titoli giudiziali, bensì' il rifiuto delle stesse di «prestare il loro assenso alla cancellazione», una volta intervenuta la sentenza dichiarativa della simulazione dell'acquisto della quota dell'im

mobile intestata alla Cattaneo, per effetto della quale era dive

nuta priva di oggetto e di causa la garanzia ipotecaria costituita

su un bene non appartenente alla debitrice ma di proprietà esclu

siva di un terzo, totalmente estraneo ai rapporti obbligatori tra

gli istituti di credito e la Cattaneo. Causa del danno, dunque, secondo il giudizio della corte fiorentina, è l'illegittimo ed in giustificato comportamento omissivo delle banche, per aver ri

fiutato non solo di provvedere direttamente, ma anche solo di

collaborare (prestando il proprio consenso) alla eliminazione for

male di vincoli ipotecari divenuti inefficaci, la cui persistenza sia pur solo «apparente», senza arrecare ad esse alcun vantag gio, poteva costituire per il proprietario un pregiudizievole in

tralcio al normale commercio giuridico dell'immobile.

Che l'«assenso» sia stato richiesto dal Lenzi (ed implicita mente negato dalle banche) costituisce — come meglio si spie

gherà tra breve — circostanza di fatto insindacabilmente accer

tata dal giudice del merito. Né si rende necessario stabilire se la cancellazione dovesse essere eseguita ad iniziativa ed a spese delle banche (secondo le indicazioni emergenti dalla giurispru denza innanzi richiamata) ovvero del Lenzi, posto che la corte di appello ha addebitato alla Cassa di risparmio di Firenze ed

agli altri istituti ricorrenti la violazione dell'obbligo di dare il loro consenso alla cancellazione, ai sensi dell'art. 2882 c.c.: ob

bligo che esse avrebbero dovuto comunque adempiere, pur se

convinte di non essere tenute ad «attivarsi» direttamente per

promuovere il procedimento di cancellazione.

Non sussistono, in conclusione, i vizi di legittimità dedotti con i motivi di ricorso esaminati.

4) Con il quarto mezzo la ricorrente, denunciando «insuffi cienza e contraddittorietà della motivazione circa il comporta mento colpevole» ad essa attribuito, assume che erroneamente

i giudici di appello hanno ravvisato la causa del danno nella

«mancata prestazione dell'assenso», senza considerare che «il

Lenzi non ha mai avanzato una richiesta di tal genere, richiesta

che la cassa di risparmio non aveva alcun interesse ad av versare . . .».

La censura è inammissibile, perché la ricorrente non si fa

carico di precisare le ragioni per le quali la motivazione della sentenza sul punto in esame non sarebbe idonea ad esplicitare il ragionamento seguito dalla corte di appello o conterrebbe af

fermazioni incoerenti e tra loro inconciliabili. La doglianza è comunque infondata, risultando con chiarez

za dalla decisione impugnata che la stessa corte, interpretando l'atto di diffida e costituzione in mora in data 15 luglio 1985

(al quale era allegata l'anzidetta sentenza di accertamento della

simulazione), ha ritenuto di ravvisare in esso una richiesta —

quanto meno implicita ma inequivocabile — dell'assenso delle banche necessario per ottenere la cancellazione delle ipoteche, che quella sentenza rendeva inefficaci ed illegittime. Come già si è detto, tale accertamento di fatto, correttamente motivato, si sottrae al sindacato del giudice di legittimità e non risulta

peraltro specificamente censurato, posto che all'atto sopra indi

cato ed alla valutazione del suo contenuto da parte del giudice del merito la ricorrente non dedica il minimo cenno, limitando si ad affermare apoditticamente che il Lenzi non aveva mai ri chiesto l'assenso.

5) Con il quinto motivo la ricorrente lamenta «insufficienza

della motivazione sui punto essenziali della controversia», rile vando che «il giudice di secondo grado . . . non si è pronuncia to sulle varie questioni prospettate e sulle numerose eccezioni sollevate dalle parti» ed ha «fondato la propria decisione sola mente sul preteso diniego dell'assenso alla cancellazione dell'i

poteca». L'inammissibilità della doglianza cosi formulata è evidente.

L'estrema genericità dell'addebito mosso alla corte del merito non consente, infatti, a questo collegio di individuare le specifi che «questioni» ed «eccezioni» asseritamente non esaminate (o in ordine alle quali la sentenza non sarebbe adeguatamente mo

tivata) e, quindi, di valutare la decisività delle circostanze alle

quali la ricorrente intende riferirsi.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È appena il caso di aggiungere che, ove il rilievo di insuffi

ciente motivazione riguardasse la soluzione di questioni di dirit

to, il vizio denunciato sarebbe inconferente in via di principio

e, in concreto, privo di consistenza, poiché la sentenza fornisce

ampia ed ineccepibile giustificazione, sia sul piano logico che

sotto il profilo giuridico, delle statuizioni adottate dalla corte di appello sui punti controversi.

Anche questo motivo di censura va, pertanto, rigettato e, con

esso, l'intero ricorso della Cassa di risparmio di Firenze.

II. - Ricorso del Monte dei Paschi di Siena. I motivi di impugnazione risultano articolati come segue:

1) «Violazione e falsa applicazione degli art. 1346, 1414, 1415, 2652, 2808, 2824, 2825 c.c.» nonché vizi di motivazione su pun ti decisivi della controversia.

Premesso che «il diritto di ipoteca costituisce un diritto reale

di garanzia», la banca svolge varie argomentazioni volte a di

mostrare l'inesistenza giuridica delle ipoteche iscritte sulla quo

ta, intestata alla Cattaneo, di un bene indiviso che, per effetto

della sentenza dichiarativa della nullità dell'acquisto da parte della predetta debitrice, risultava di proporietà esclusiva di un

terzo.

Da ciò consegue, secondo la banca ricorrente, che, non po tendo ricollegarsi alcun effetto giuridico «afflittivo» ad una iscri

zione ipotecaria «posta nel nulla», «nessuna richiesta poteva essere avanzata» dal Lenzi «(tantomeno di natura risarcitoria) al Monte dei Paschi ... né questi aveva l'onere di fare alcun

ché, data la mancanza di ogni lesività della situazione giuridica di cui si discute». Il che avrebbe dovuto indurre i giudici del

merito «a dichiarare l'inammissibilità della domanda, difettan

do ogni interesse a proporla», e comunque ad escludere che

dal comportamento omissivo dell'istituto (per «mancanza del

l'assenso alla cancellazione ipotecaria») potesse derivare «un ef

fetto lesivo (per la sfera giuridica del Lenzi) di per sé inesistente — poiché inesistente e nulla deve considerarsi l'ipoteca — e

quindi impossibile». 2) «Violazione e falsa applicazione degli art. 2898, 2882, 2884,

2885, 2000, 2888 c.c.» e vizi di motivazione su un punto decisi

vo della controversia.

La banca ricorrente dichiara di convenire con il giudice di

appello sull'affermazione che il Lenzi, essendo stato «ricono

sciuto come unico proprietario fin dall'origine dell'immobile de

quo, aveva diritto ad ottenere la cancellazione delle ipoteche»; contesta invece il giudizio di sussistenza di «un obbligo giuridi co a carico dell'istituto di prestare il proprio assenso alla can

cellazione ipotecaria», osservando che «le previsioni dell'assen

so del creditore (2882) o dell'ordine del giudice (2884) non esau

riscono tutte le ipotesi possibili in cui il conservatore possa o

debba provvedere alla cancellazione . . .». Ad avviso della ri

corrente, il Lenzi avrebbe potuto chiedere la cancellazione in

forza del disposto dell'art. 2886 c.c., presentando al conserva

tore la «sentenza che dichiarava nullo il titolo di acquisto della

quota di proprietà del bene sulla quale l'ipoteca era stata iscrit

ta, determinando ictu oculi la nullità ed inesistenza di quest'ul

tima, nullità che il conservatore non avrebbe avuto comunque difficoltà ad acclarare». «In diversa ipotesi, il Lenzi, a fronte

di un illegittimo rifiuto di cancellazione, avrebbe dovuto e po tuto proporre reclamo all'autorità giudiziaria competente, a non

intentare il giudizio» contro la banca.

3) «Violazione e falsa applicazione degli art. 2043 e 2697 c.c.»

e vizi di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Ribadito che «alcun danno può collegarsi ad una situazione

giuridica indifferente e non lesiva», la ricorrente sostiene che

mancherebbe nella specie «nella sua materialità ... il fatto pro

duttivo di danno o comunque Pantigiuridicità, non avendo l'i

stituto alcun dovere giuridico di attivarsi ed essendo attribuiti

dall'ordinamento al Lenzi ben altri strumenti garantistici ai fini

della cancellazione dell'ipoteca». Sarebbe inoltre erronea, secondo la banca, l'affermazione del

l'esistenza del danno in re ipsa, poiché «non esiste e non può

esistere un danno che derivi dalla semplice esistenza (ammesso e concesso che esista) di un diritto reale di garanzia».

La corte di appello non avrebbe, infine, spiegato «perché il

fondamentale canone contenuto nell'art. 2697 potrebbe nella spe

cie non trovare applicazione». II collegio ritiene prive di fondamento le censure innanzi rife

rite, a confutazione delle quali si osserva:

Il Foro Italiano — 1995.

a) In ordine al primo punto. Il richiamo delle norme asseritamente violate dai giudici di

appello è del tutto inconferente, posto che la sentenza riconosce

e ritiene pacifica Inesistenza» giuridica, nei confronti del Len

zi, delle ipoteche iscritte dalle banche, per effetto della sentenza

dichiarativa della simulazione (e della conseguente nullità) del

l'acquisto, da parte della Cattaneo, della quota dell'immobile

a lei intestata e gravata dai vincoli ipotecari. Non è, dunque, in discussione la libertà effettiva del bene.

Ciò peraltro non esclude — come si è spiegato in relazione

al secondo e terzo motivo del ricorso della Cassa di risparmio di Firenze — che la persistente iscrizione di ipoteche, a carico

della Cattaneo e sulla quota d'immobile già a lei intestata, crei

una situazione di apparente permanenza di vincoli reali sul be

ne, in contrasto con la situazione giuridica effettiva di esso.

E per eliminare questo contrasto, di per sé potenzialmente pre

giudizievole per il proprietario (potendo ingenerare dubbi nei

terzi e costituire impedimento alla libera commerciabilità del

bene), la giurisprudenza innanzi richiamata ritiene necessaria la

formale cancellazione delle iscrizioni ipotecarie e riconosce al

proprietario il diritto di ottenerla nei modi previsti dalla legge.

L'obbligo, per il soggetto che ha proceduto (ancorché legitti

mamente, come nella specie) alla iscrizione dell'ipoteca non più

efficace, di provvedere direttamente o quanto meno di prestare il proprio consenso alla cancellazione, costituisce la posizione

passiva correlata al diritto riconosciuto al proprietario. Ciò posto, non ha alcuna consistenza la tesi secondo cui il

Lenzi non avrebbe avuto interesse a proporre la domanda rivol

ta ad ottenere, in difetto del consenso delle banche, il provvedi mento giudiziale che ordini la cancellazione. Ed è frutto di pa lese equivoco l'asserita impossibilità giuridica che da un'ipoteca «inesistente» derivi un «effetto lesivo» della sfera giuridica del

Lenzi, risultando con assoluta chiarezza dalla sentenza e dalle

considerazioni in precedenza svolte che causa di danno poten ziale per il resistente è il colpevole comportamento omissivo delle

banche, le quali non hanno consentito di eliminare la (sia pure

falsa) apparenza di iscrizioni ipotecarie divenute inefficaci ma

oggettivamente risultanti dai registri immmobiliari.

b) In ordine al secondo motivo.

Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il Lenzi non

aveva altro rimedio giuridico, per ottenere la cancellazione delle

ipoteche, che il formale consenso delle «parti interessate» (nella

specie, le banche che le avevano iscritte), a norma dell'art. 2882

c.c., oppure la «sentenza passata in giudicato» o «altro provve dimento definitivo emesso dalle autorità competenti» (art. 2884

c.c.). L'inerzia delle banche, equiparabile agli effetti giuridici al rifiuto del consenso, non lasciava al Lenzi che la seconda

alternativa, ossia la proposizione di un giudizio, per ottenere

dal giudice l'ordine di cancellazione, nei confronti dei soggetti che quelle ipoteche avevano iscritto e che «apparivano» titolari

di diritti reali di garanzia sull'immobile di sua esclusiva proprietà. L'art. 2886 c.c., invocato a sostegno del contrario assunto,

non prevede un tertium benus o uno strumento ulteriore per ottenere la cancellazione dell'ipoteca, ma si limita ad indicare

la «formalità per la cancellazione», prescrivendo che chi la ri

chiede «deve presentare al conservatore l'atto su cui la richiesta

è fondata». E tale «atto» altro non è che la dichiarazione di

consenso o la sentenza (o altro provvedimento) di cui agli art.

2882 e 2884 c.c.

Solo in base a questi titoli (ed a quelli — che qui non interes

sano — previsti dall'art. 2887 c.c.) il conservatore può e deve

procedere alla cancellazione dell'ipoteca, mentre dovrebbe ri

fiutarla se la richiesta fosse fondata su un titolo diverso, ancor

ché di formazione giudiziale. Non può essere, pertanto, condivisa l'opinione della banca

secondo cui il Lenzi avrebbe potuto chiedere ed ottenere la can

cellazione presentando la sentenza che aveva dichiarato la nulli

tà (per simulazione) dell'acquisto, da parte della Cattaneo, del

la metà dell'immobile su cui l'ipoteca era stata iscritta. Invero,

il titolo giudiziale previsto dall'art. 2884 c.c. deve contenere

espressamente l'ordine del giudice al conservatore di procedere alla cancellazione («la cancellazione è eseguita dal conservatore

quando è ordinata con sentenza . . .»). Un simile ordine non

era (né poteva essere) contenuto nella predetta sentenza, pro nunciata nei confronti del Lenzi e della Cattaneo, dalla quale

solo indirettamente e di riflesso potevano scaturire effetti inci

denti sui rapporti tra la Cattaneo e le banche nonché sulla sorte

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PARTE PRIMA

delle garanzie reali iscritte da queste ultime sulla quota dell'im

mobile già intestata alla debitrice. Né il conservatore dei pub blici registri immobiliari ha il potere di accertare, fuori delle

ipotesi specifiche ed in difetto delle condizioni previste dalla legge, se un titolo giudiziale diverso da quelli prescritti sia ido

neo a produrre (anche) l'estinzione della garanzia ipotecaria.

Consegue dai precedenti rilievi che, qualora il Lenzi avesse

formulato richiesta di cancellazione delle ipoteche in base alla

sentenza di cui si discute, il conservatore avrebbe legittimamen te rifiutato di accoglierla e sarebbe, quindi, mancato il presup

posto (illegittimità del rifiuto) per esperire il procedimento ca

merale di reclamo all'autorità giudiziaria di cui agli art. 2888

c.c. e 113 disp. att. c.c.: procedimento che è, peraltro, mera

mente facoltativo — come ha osservato la corte di appello —

e che non preclude quindi il ricorso alla forma contenziosa or

dinaria (cfr. Cass. 2015/50, id., Rep. 1950, voce cit., n. 6).

c) In ordine al terzo motivo.

Va ribadito che l'espressione «danno in re ipsa», infondata

mente criticata dalla ricorrente, non significa che, nel prosieguo del giudizio, si debba o si possa prescindere dall'accertamento

dell'esistenza in concreto, oltre che dell'ammontare, del danno

lamentato dal Lenzi, ma esprime solo il corretto convincimento

del giudice del merito che un potenziale pregiudizio economico

per il Lenzi è insito, per le ragioni in precedenza esposte, nel

fatto che nei registri immobiliari il bene di sua proprietà conti

nui ad apparire, nei confronti dei terzi, gravato da garanzie reali (ancorché iscritte contro la Cattaneo) in contrasto con lo

stato di libertà del bene medesimo.

È, infine, evidente che i giudici del merito non avevano alcu

na ragione di applicare i principi sull'onere della prova stabiliti

dall'art. 2697 c.c. per la decisiva considerazione che essi hanno

pronunciato condanna generica delle banche convenute al risar

cimento dei danni, da liquidarsi in prosieguo di giudizio; sicché è solo nella successiva fase della controversia che potrà venire

in considerazione il problema dell'assolvimento, da parte del

l'attore, dell'onere della prova dei fatti costitutivi della sua

pretesa. Alla stregua delle svolte argomentazioni anche il ricorso del

Monte dei Paschi di Siena deve essere rigettato. III. - Ricorso della Banca Toscana.

1) Con il primo motivo la ricorrente si duole del mancato

accoglimento da parte dei giudici del merito, della propria ecce

zione di incompetenza per territorio del Tribunale di Firenze.

L'infondatezza di tale censura è dimostrata dalle considera

zioni esposte in relazione al primo motivo del ricorso della Cas

sa di risparmio di Firenze, che debbono intendersi qui richiamate.

2) Con il secondo mezzo di annullamento la Banca Toscana

deduce «violazione dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. per erronea

applicazione dei principi generali in tema di interesse ad agire del Lenzi e di legittimazione passiva della Banca Toscana; vio

lazione dell'art. 360, n. 3, c.p.c. per erronea applicazione dei

principi generali in tema di pubblicità costitutiva (in particolare dell'art. 2808 c.c. e dell'art. 2825 c.c.); violazione dell'art. 360, n. 5, per omessa od insufficiente motivazione».

Premesso che l'ipoteca legittimamente iscritta sulla quota del

l'immobile intestata alla Cattaneo (nonostante la precedente tra

scrizione della domanda giudiziale di simulazione proposta dal

Lenzi), è poi venuta meno ex tunc in forza della sentenza pro nunciata nel suddetto giudizio, la ricorrente sostiene:

a) che l'ipoteca su bene indiviso non ha mai spiegato gli ef

fetti che le sono propri, essendo a tal fine necessario un valido

titolo ad essendo l'efficacia dell'iscrizione «subordinata ad un

momento successivo, individuabile nel sorgere della proprietà esclusiva per il debitore, e limitatamente a quei beni o a quelle frazioni di beni che a lui verranno assegnati nella divisione»

(art. 2825 c.c.);

b) che, in difetto di tali condizioni, il bene resta «perfetta mente libero da vincoli», sicché il proprietario Lenzi era privo d'interesse «a promuovere un giudizio per ottenere la cancella

zione richiesta, dato che la stessa non si riferiva ad una formali

tà gravante su un suo bene e quindi afflittiva nei suoi confronti»;

c) che l'interesse non può consistere nel «venir meno di un

affare» (mancata vendita del bene), ciò non essendo «imputabi le alla mancata cancellazione dell'ipoteca inefficace, ma a cause

estranee . . .»;

li Foro Itaiiano — 1995.

d) che, non esistendo «alcuna relazione giuridica» tra la Ban

ca Toscana ed il Lenzi, questi non aveva titolo per «avanzare

pretese nei confronti della banca» in relazione ad un'ipoteca iscritta esclusivamente sulla «quota di comproprietà», poi venu

ta meno, della Cattaneo.

Tali censure non meritano accoglimento. Ed invero:

a/1) La questione del momento in cui l'ipoteca iscritta su

bene indiviso produce «gli effetti sui propri» non incide sulla

soluzione della presente controversia, nella quale si discute del

l'obbligo delle banche di prestare il loro consenso alla cancella

zione delle ipoteche, riconosciute dalla corte legittime alla data

della loro iscrizione, ma divenute inefficaci per vicende giudi ziarie successive, e rimaste, ciò nonostante, iscritte nei pubblici

registri immobiliari, creando la pregiudiziale «apparenza» di cui

si è detto.

b/1) Come si è spiegato, la libertà dell'immobile non rende

va «inutile» e «inammissibile» la domanda giudiziale del Lenzi, diretta alla concreta eliminazione del contrasto risultante dai

registri immobiliari tra la situazione apparente e quella effettiva

del bene, che la corte di appello ha correttamente ritenuto cau

sa di potenziale pregiudizio per il proprietario. Né si comprende come possa sostenersi che gli apparenti vincoli, siccome iscritti

nei confronti della Cattaneo, gravassero, pur dopo il passaggio in giudicato della sentenza sulla simulazione, su un bene non

appartenente al Lenzi, considerato che una quota di esso for

mava oggetto della garanzia ipotecaria.

c/1) Il «venir meno di un affare . . . può ben essere dedotto

come conseguenza dannosa del comportamento omissivo della

banca, legittimante l'esercizio dell'azione risarcitoria. E si è già detto che non sussistono «cause estranee» potenzialmente pro duttive di pregiudizio economico per il Lenzi, se con tale espres sione la ricorrente intende riferirsi a presunte colpa di terzi per non essersi reso conto della mera «apparenza» delle garanzie

ipotecarie tuttora iscritte.

d/1) Proprio la mancanza di qualsiasi «relazione giuridica» tra banca e Lenzi legittimava la pretesa di quest'ultimo di otte

nere il consenso per la cancellazione di un'ipoteca che, sebbene

iscritta nei confronti della Cattaneo, gravava su un bene giudi zialmente riconosciuto di sua esclusiva proprietà.

3) Con il terzo motivo la ricorrente denuncia «violazione del

l'art. 360, n. 3, c.p.c. in riferimento ai principi generali in tema

di responsabilità extracontrattuale ed in particolare dell'art. 2043

c.c.; violazione dell'art. 360, n. 4, c.p.c.; violazione dell'art.

360, n. 5, c.p.c.». Essa sostiene che la corte di appello non

avrebbe potuto pronunciare la condanna generica al risarcimen

to nei confronti della banca, perché l'ipoteca iscritta su bene

di un terzo era «inidonea a creare l'apparenza del vincolo» né

si ravvisano nel caso in esame «gli estremi integranti la fattispe cie generatrice della responsabilità extracontrattuale», mancan

do «l'antigiuridicità della condotta posta in essere dalla Banca

Toscana», ossia «l'elemento psicologico della colpa ... o del

dolo», nonché «il collegamento causale che possa ricondurre

il danno lamentato dal Lenzi, per la mancata vendita del bene, al comportamento della banca che ha rifiutato le cancellazioni».

La ricorrente espone poi le ragioni per le quali la documenta

zione prodotta dal Lenzi (lettera della Banca nazionale del lavo

ro con la quale si negava la concessione di un mutuo al Lenzi; contratto preliminare di vendita) non sarebbe, a suo avviso, ido

nea a provare «la effettiva esistenza delle ipoteche» ed il «pre sunto danno».

Sui rilievi sopra riferiti il collegio si limita ad osservare che F«antigiuridicità» (o, più esattamente l'illiceità) della condotta omissiva della Banca Toscana e l'attitudine di essa a cagionare il danno lamentato dal Lenzi risultano ampiamente dimostrate

dalle considerazioni svolte nella trattazione dei ricorsi delle altre

banche e dei precedenti motivi di impugnazione. Gli altri argomenti attengono alla valutazione delle prove del

danno offerte dal Lenzi e potranno aver rilievo nella successiva

fase di accertamento e liquidazione del pregiudizio concretamente

subito dall'attore, mentre sono del tutto inconferenti nel pre sente giudizio di legittimità.

Il ricorso della Banca Toscana è, in conclusione, infondato

e va rigettato.

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