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sezione I civile; sentenza 27 febbraio 1997, n. 1752; Pres. Senofonte, Est. De Musis, P.M. Palmieri...

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sezione I civile; sentenza 27 febbraio 1997, n. 1752; Pres. Senofonte, Est. De Musis, P.M. Palmieri (concl. parz. diff.); G. Scalfati (Avv. Scalfati, Punzi) c. Comune di Sabaudia e altri; Consorzio di bonifica di Latina (Avv. Compagno) c. M. Scalfati (Avv. Conti) e altri; Comune di Sabaudia (Avv. Selvaggi) c. M. Scalfati e altri; P. Scalfati (Avv. A. Pietrosanti) c. G. Scalfati e altri. Conferma App. Roma 26 ottobre 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 4 (APRILE 1997), pp. 1055/1056-1057/1058 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191388 . Accessed: 25/06/2014 09:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 09:42:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 27 febbraio 1997, n. 1752; Pres. Senofonte, Est. De Musis, P.M.Palmieri (concl. parz. diff.); G. Scalfati (Avv. Scalfati, Punzi) c. Comune di Sabaudia e altri;Consorzio di bonifica di Latina (Avv. Compagno) c. M. Scalfati (Avv. Conti) e altri; Comune diSabaudia (Avv. Selvaggi) c. M. Scalfati e altri; P. Scalfati (Avv. A. Pietrosanti) c. G. Scalfati ealtri. Conferma App. Roma 26 ottobre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 4 (APRILE 1997), pp. 1055/1056-1057/1058Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191388 .

Accessed: 25/06/2014 09:42

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1055 PARTE PRIMA 1056

rispondere ad un preciso orientamento critico degli autori», nel

la sua generale valenza, corrisponderebbe ad un'inammissibile

interpretazione estensiva, che ammette la riproduzione di brani

anche al di fuori della ricorrenza di scopi, specifici e verificati, di critica, discussione o insegnamento.

Quanto all'art. 10 della convenzione di Berna, va anzitutto

escluso che vi possa essere totale identificazione tra «citazione»

e «riproduzione parziale» di una stessa opera, che prescinda dalla fuzione che la riproduzione persegue. È immanente al con

cetto di «citazione» la destinazione a convalidare o a smentire una tesi, a costituire la premessa per un discorso, in cui sia

funzionalmente inserita. E il riferimento normativo alla necessi

tà che la citazione sia contenuta «nella misura giustificata dallo

scopo» rimanda ad una funzione specifica che non può essere

quella di mera «illustrazione», suscettibile di una non mediata fruizione. L'utilizzazione a titolo illustrativo è, in effetti, l'og getto della previsione di cui al 2° comma del citato art. 10 che

rinvia alle legislazioni nazionali per la riproduzione di brani a titolo illustrativo, mediante pubblicazione e registrazioni sonore

(genus rispetto al quale la riproduzione di opere in antologie ad uso scolastico, costituiscono soltanto una species, disciplina ta dall'art. 70 1. 633/41 e dall'art. 22 reg. di esecuzione). Do

vendosi altresì rilevare che è soltanto in ragione dell'accertata riconduzione delle riproduzioni sonore alla mera funzione di

illustrazione (inidonea ad integarre la nozione di «citazione», ed a rendere verificabile la commisurazione della riproduzione a congruità con la funzione specifica che persegue) — e non

per trattarsi di riproduzioni «fuori testo» — che il giudice di merito ha negato la ricorrenza del «diritto di citazione» di cui all'art. 10 convenzione di Berna. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 feb braio 1997, n. 1752; Pres. Senofonte, Est. De Musis, P.M. Palmieri (conci, parz. diff.); G. Scalfati (Aw. Scalfati, Pun

zi) c. Comune di Sabaudia e altri; Consorzio di bonifica di Latina (Avv. Compagno) c. M. Scalfati (Avv. Conti) e altri; Comune di Sabaudia (Avv. Selvaggi) c. M. Scalfati e altri; P. Scalfati (Avv. A. Pietrosanti) c. G. Scalfati e altri. Con

ferma App. Roma 26 ottobre 1994.

Responsabilità civile — Inquinamento di un lago — Degrado naturale — Irrilevanza (Cod. civ., art. 2043).

Va confermata la decisione di merito secondo cui, in caso di danni derivanti dall'inquinamento delle acque di un lago, i

fattori naturali di degrado del lago non possono assurgere a concausa dell'inquinamento, in quanto concretantesi in mu tazioni ed eventi succedutisi nel corso di migliaia di anni e, pertanto, irrilevanti nell'arco di tempo preso in considerazio ne ai fini della rilevazione dell'inquinamento. (1)

(1) La sentenza merita di essere segnalata, in quanto costituisce l'epi logo, a distanza di trentanove interminabili anni dal suo esordio, della travagliata vicenda processuale concernente il risarcimento dei danni prodotti dall'inquinamento del lago di Paola, piccolo bacino idrico di proprietà privata ubicato nella parte meridionale del Lazio, nel quale viene praticata l'attività di itticoltura.

Dopo che il giudizio era stato interrotto per due volte per il decesso di alcuni degli originari litiganti e dopo che era interventua una pronun cia delle sezioni unite in sede di regolamento preventivo di giurisdizione (Cass. 9 aprile 1975, n. 1281, Foro it., 1975, I, 1362, con cui veniva sancita l'appartenenza della controversia alla cognizione del''a.g.o.), il Tribunale di Latina (con sentenza 15 settembre 1992, id., Rep. 1993, voci Acque pubbbliche, n. 149, Danni civili, n. Ili e Responsabilità civile, n. 116, e Dir. e giur. agr. e ambente, 1992, 616, con nota di S. Masini, In tema di responsabilità aquìliana e di liquidazione in via equitativa del danno cagionato ad un 'azienda di itticoltura per inquina

li. Foro Italiano — 1997.

Svolgimento del processo. — Alfredo Scalfati, quale proprie tario del lago di Paola e titolare dell'impresa di acquacoltura Azienda vallicoia del lago di Paola, nel 1958 convenne in giudi zio il comune di Sabaudia chiedendone la condanna al risarci

mento dei danni consistenti nel deterioramento dell'acqua del

lago e della produttività di questo, provocati dallo scarico, nel

lago, dei liquami dell'impianto fognario comunale.

Essendo deceduto lo Scalfati, Giulio, Pasquale e Margherita,

quali eredi e comproprietari dell'azienda, nel 1972 proseguirono la causa convenendo nuovamente in giudizio il comune nonché il Consorzio della bonifica di Latina; entrambi i convenuti si

costituirono e il consorzio chiamò in giudizio lo stesso comune

nonché Antonio Carbonelli (titolare di un caseificio), quali pre tesi responsabili dei danni dedotti dagli attori.

Nel corso del giudizio fu proposto, in ordine alla causa Scalfati

comune, e con adesione del consorzio, regolamento preventivo di giurisdizione — invocante la giurisdizione del Tribuanle su

periore delle acque pubbliche — che fu respinto con afferma

zione della giurisdizione del giudice ordinario. Gli Scalfati nonché la società di fatto Azienda vallicoia del

lago di Paola dopo la pronunzia sulla giurisdizione riassunsero la causa; gli stessi successivamente, essendo deceduto il Carbo

nelli, riassunsero la causa nei confronti dei suoi eredi; costoro

rimasero contumaci.

Il Tribunale di Latina ritenne legittimati attivi gli Scalfati in proprio e l'azienda; dichiarò la propria incompetenza — e la

competenza del tribunale regionale delle acque — in ordine alla domanda proposta nei confronti del consorzio e rigettò le do mande di manleva; affermò che l'inquinamento era stato causa to per un sesto da fattori naturali, per due sesti dal comune e per tre sesti da altri soggetti e conseguentemente condannò il comune al risarcimento dei danni in lire 4.852.466.000.

Avverso la sentenza proposero impugnazione (principale) gli Scalfati e la società di fatto Azienda vallicoia del lago di Paola, quest'ultima in persona di Giulio Scalfati, quale «comproprie tario, consocio e amministratore»; gli stessi chiesero che fosse dichiarata la competenza del giudice ordinario anche nei con fronti del consorzio e che questo e il comune fossero condanna ti al risarcimento del danno nella (maggiore) misura di lire 20.000.000.000.

Il comune dedusse l'infondatezza dell'appello e propose im

pugnazione incidentale con la quale chiese il rigetto nel merito della domanda o la riduzione dell'ammontare del danno.

Il consorzio eccepì l'inammissibilità dell'appello principale e

mento del bacino lacuale) aveva accertato la (cor)responsabilità del co mune di Sabaudia nel deterioramento delle acque del lago, fenomeno da attribuirsi in una certa misura anche al versamento dei liquami pro venienti dalla rete fognaria comunale, oltre che a fattori naturali ed alla condotta di altri soggetti.

In sede di gravame, la corte d'appello capitolina, tra le varie statui zioni, ribadiva la responsabilità del comune e, affermando che i fattori naturali di inquinamento non erano rilevanti ai fini della produzione del danno lamentato, riconosceva una somma maggiore a titolo di ri sarcimento.

Il Supremo collegio conferma la decisione di secondo grado, distri candosi tra un fitto ginepraio di questioni, di natura essenzialmente procedurale. Quanto alle censure (per lo più generiche ed inammissibili) riguardanti i profili sostanziali, nessuna di esse si rivela in grado di scalfire l'apparato argomentativo elaborato dai giudici di merito; in par ticolare, si osserva che non vi è contraddizione tra il riconoscere l'esi stenza di un fisiologico e millenario processo di decadimento del lago e l'escludere che l'inquinamento rilevato in un periodo di tempo circo scritto potesse ricollegarsi al degrado naturale in quel frangente verifi catosi. In generale, sull'efficacia eziologica delle condizioni ambientali e dei fattori naturali, ai fini del giudizio di responsabilità extracontrat tuale, cfr. Cass. 27 maggio 1995, n. 5924, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 65 (secondo cui l'autore dell'azione o dell'omissione resta solle vato in toto da ogni responsabilità, quando i citati fattori si palesano sufficienti a determinare l'evento dannoso indipendentemente dall'ap porti del comportamento umano, altrimenti va affermata la piena re sponsabilità del soggetto per tutte le conseguenze scaturenti dall'evento medesimo, senza che possa invocarsi la riduzione proporzionale del ri sarcimento in ragione della minore gravità della colpa).

Per uno sguardo al modello di governo delle risorse idriche delineato dal legislatore, che mira anche a controllare i fenomeni di degrado delle acque nel territorio nazionale, v. Lettera, La gestione delle acque: i servizi idrici dopo la l. n. 36 del 1994, in Diritto pubblico dell'ambien te a cura di Domenichelli-Olivetti Rason-Poli, Padova, 1996, 187 ss.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

propose impugnazione incidentale chiedendo che fosse emessa

(non avendovi provveduto il tribunale) declaratoria di estinzio

ne del processo a causa della nullità — difetto di indicazione

della domanda — dell'atto di riassunzione nei confronti degli eredi Carbonelli e che fosse dichiarata la incompetenza (anzi

ché, come aveva deciso il tribunale, il rigetto) in ordine alla

domanda di garanzia proposta da esso consorzio nei confronti

degli eredi Carbonelli.

Successivamente, con distinto atto il consorzio propose impu

gnazione incidentale chiedendo in via subordinata che gli eredi

Carbonelli e il comune fossero condannati a manlevarlo e che

fosse dichiarata l'inammissibilità dell'appello principale. Con sentenza del 26 ottobre 1994 la Corte d'appello di Ro

ma: a) ritenne che la società di fatto «azienda vallicola», non

avendo assunto alcuna delle forme previste per le società com

merciali, faceva capo solo ai suoi comproprietari — essendo

la società di fatto priva di capacità giuridica — e conseguente mente affermò che non poteva riconoscersi qualità di parte a

detta società di fatto, che la statuizione del tribunale doveva

essere intesa come avente quali destinatari solo i singoli com

proprietari della società e che costoro soltanto dovevano essere

considerati quali appellanti; b) ritenne inammissibile l'impugna zione proposta dagli appellanti principali avverso la statuizione

di incompetenza in base al rilievo che tale statuizione — essen

do le cause proposte nei confronti del comune e del consorzio

distinte, e quindi scindibili — era suscettibile di impugnazione solo mediante regolamento di competenza; conseguentemente ritenne assorbito l'esame dell'istanza dello stesso consorzio, in

quanto proposta in via subordinata, di dichiarazione di estin

zione del giudizio a causa di vizio dell'atto di riassunzione nei

confronti degli eredi Carbonelli; c) rigettò l'appello incidentale

proposto dal comune e quello proposto dal consorzio e dichiarò

inammissibili, perché irregolarmente proposti, gli appelli auto

nomi del consorzio; d) in parziale accoglimento dell'impugna zione proposta dagli appellanti principali affermò che la parte del danno, che il tribunale aveva ritenuto conseguente a fattori

naturali, doveva invece essere ripartita tra il comune e gli altri

soggetti responsabili dell'inquinamento e riformò la sentenza del

tribunale in ordine all'ammontare del risarcimento, che fissò

in lire 7.000.000.000. Affermò in particolare la corte: che i fattori naturali di inqui

namento, in quanto influenti sulla vita del lago solo in un arco

lunghissimo di tempo (migliaia di anni) non erano rilevanti al

fine, essendosi nella specie considerato solo l'ultimo trentennio,

e pertanto il danno nella misura di un sesto del totale, che il

tribunale aveva attribuito a fattori naturali, doveva invece esse

re ripartito tra i soggetti che avevano causato l'inquinamento e quindi, mantenendo lo stesso rapporto di responsabilità fissa

to dal tribunale, il comune doveva essere ritenuto responsabile del danno nella misura di 5/12; che il rapporto tra l'inquina mento proveniente dalla zona nord del lago — causato dal co

mune (e dal Carbonelli) — e quello proveniente dalla zona sud

del lago (canale di bonifica Capogrosso) — causato da altri —

era stato valutato correttamente dal tribunale, e peraltro a van

taggio del comune, considerato che secondo le risultanze della

consulenza la prevalente capacità inquinante proveniva dal lato

nord; che l'affidabilità dei dati forniti dagli Scalfati e presi a

base della determinazione del danno emergeva dal triplice ri

scontro, operato dai consulenti tecnici, tra i documenti contabi

li originari e i registri di produzione, dei bilanci e rendiconti, e di statistica; che la perdita del prodotto costituiva perdita net

ta, non avendo la stessa avuto incidenza sui costi fissi di gestio ne del lago.

Hanno proposto ricorso per cassazione Giulio, Pasquale e Mar

gherita Scalfati, il primo anche quale «comproprietario, conso

cio e amministratore» della società di fatto Azienda vallicola

del lago di Paola; hanno resistito, con controricorso, il comune

ed il consorzio, i quali hanno altresì proposto ricorso incidenta

le; ai ricorsi incidentali hanno resistito, con controricorso, i ri

correnti principali; tutte le parti hanno presentato memoria.

Questa corte ha disposto con ordinanza l'integrazione del con

traddittorio nei confronti degli eredi Carbonelli nonché la noti

fica del ricorso incidentale del consorzio a Pasquale e Marghe

rita Scalfati e del ricorso incidentale del comune al consorzio.

Si sono costituiti, con controricorso, Pasquale e Margherita

Scalfati; il primo ha proposto altresì ricorso incidentale; Pa

li. Foro Italiano — 1997.

squale e Giulio Scalfati, nonché il comune hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — (Omissis). Con il secondo motivo

del ricorso principale si deduce che la corte d'appello è incorsa in violazione degli art. 2043 e 2058 c.c. nonché in vizio di moti

vazione perché ha omesso di attribuire — tenuto conto dell'en

tità dell'inquinamento, delle condizioni del luogo (acqua lacua

le, e quindi stagnante), della insuscettibilità di ripristino imme diato della situazione ambientale ottimale pur dopo la rimozione

delle cause di inquinamento e della perdurante immissione, nel

lago, delle acque bianche dell'abitato comunale — il risarci

mento del danno futuro, consistente nel presumibile perdurare

dell'inquinamento per molto tempo ancora, e del danno consi

stente nella spesa occorrente per la realizzazione delle opere ne

cessarie per eliminare o attenuare il perdurare dell'inquinamento. Il motivo è infondato. La corte d'appello, come è stato riferi

to in narrativa, ha affermato che le spese per riportare il lago ad una situazione ottimale erano indipendenti dall'inquinamen to in quanto trovavano la loro fonte nel decadimento del lago verificatosi nel corso di millenni e che la gradualità del decresci

mento nel tempo degli effetti dell'inquinamento era stata com

putata — nella misura aggiuntiva del dieci per cento — nella

determinazione del danno.

Ora, con il motivo, con il quale sostanzialmente si deduce

solo un vizio di motivazione, non si dimostra la ricorrenza di

questo stesso in quanto non si indicano gli elementi necessari

per consentire a questa corte di delibare la ricorrenza del vizio

stesso.

Non vengono indicati, difatti, né un errore logico nel quale la corte sia incorsa nell'esame degli elementi processuali e nella

loro valutazione né quali siano gli specifici elementi — al fine

è del tutto insufficiente il richiamo generico, privo di qualsiasi indicazione specifica, alla consulenza — dei quali la corte non

abbia tenuto conto oppure abbia dato una errata valutazione.

La censura, in effetti, più che confutare sotto il profilo logi co giuridico le affermazioni della corte — più sopra riportata — si limita a prospettare sostanzialmente la scarsezza dell'am

montare del danno attribuito: essa quindi, finisce con il richie

dere una nuova valutazione degli elementi processuali, in questa sede non consentita.

Con il terzo motivo del ricorso incidentale il comune deduce

che la corte d'appello è incorsa in violazione degli art. 1227

e 2043 c.c., perché, dopo aver accertato la sussistenza di fattori

naturali di inquinamento del lago, ha escluso che gli stessi fos

sero stati causa di parte del danno: laddove allorché un evento

deriva da più cause ognuna di esse dev'essere considerata —

in via concausale o di aggravamento — ed anche se consistente

in un evento naturale e non in un atto dell'uomo, generatrice del danno.

Il motivo è infondato. La corte ha affermato che i fattori

naturali di degrado del lago non avrebbero potuto assurgere a concausa dell'inquinamento del lago stesso in quanto concre

tantisi in mutazioni ed eventi succedutisi nel corso di migliaia di anni, e pertanto erano irrilevanti nell'arco del trentennio pre so in esame al fine della rilevazione dell'inquinamento.

La corte, cioè, ha affermato non che sussistessero fattori na

turali di inquinamento del lago, ma che l'inquinamento, come

individuato (quale fonte del danno) nel trentennio non potesse essere ricollegato (anche) al degrado naturale verificatosi in tale

periodo. Così intesa la portata della pronunzia difetta la premessa sul

la quale la censura si fonda.

Con il quarto motivo del ricorso incidentale il comune dedu

ce che la corte d'appello è incorsa in violazione delle stesse nor

me indicate nel precedente motivo in quanto non ha ritenuto

concausa del danno le — pur accertate — fonti di inquinamen to (diverse da quelle poste in essere dal Carbonelli) del lato sud

del lago (poste in essere da soggetti non convenuti in giudizio). Il motivo è infondato. La corte, difatti, ha tenuto presenti

ed ha valutato tutte le menzionate (ulteriori) fonti di inquina

mento, anche se si è soffermata in particolare su quelle prove nienti dal canale Capogrosso, ed ha affermato che le stesse era

no state computate dal tribunale nella determinazione del dan

no, ed addirittura in misura forse eccessiva, considerata

l'indubbia preponderanza della fonte di inquinamento prove niente dal comune. (Omissis)

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