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sezione I civile; sentenza 27 gennaio 1993, n. 1017; Pres. Salafia, Est. Sensale, P.M. Tondi (concl....

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sezione I civile; sentenza 27 gennaio 1993, n. 1017; Pres. Salafia, Est. Sensale, P.M. Tondi (concl. diff.); Gulino (Avv. Zangara) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Lancia). Conferma Comm. trib. centrale 14 novembre 1988, n. 7598 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 1475/1476-1479/1480 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187942 . Accessed: 28/06/2014 15:21 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.46 on Sat, 28 Jun 2014 15:21:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 27 gennaio 1993, n. 1017; Pres. Salafia, Est. Sensale, P.M. Tondi (concl.diff.); Gulino (Avv. Zangara) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Lancia). Conferma Comm. trib.centrale 14 novembre 1988, n. 7598Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 1475/1476-1479/1480Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187942 .

Accessed: 28/06/2014 15:21

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1475 PARTE PRIMA 1476

sentenza impugnata per avere liquidato i danni in favore della

Intermoda con riferimento all'intera mancata vendita delle cra

vatte Balmain per il periodo 1° luglio 1979-31 dicembre 1981, mentre avrebbe dovuto prendere in considerazione solo le man

cate vendite derivate dall'omessa estensione territoriale della li

cenza alla Francia e ad altri paesi europei inizialmente esclusi; l'Intermoda avrebbe potuto continuare la vendita nelle zone pre viste nel contratto originario, onde il mancato conseguimento

degli utili relativi è da attribuirsi ad unilaterale decisione della

Intermoda che ha assunto l'iniziativa di risolvere l'intero con

tratto. Tale deduzione era stata prospettata alla corte di appel

lo, che l'ha respinta richiamandosi alla sentenza non definitiva

passata in giudicato, che però nulla ha stabilito in ordine all'en

tità del danno conseguente alla risoluzione.

2. - Il motivo di ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati. La sentenza non definitiva emessa in questo stesso processo

e passata in giudicato — sentenza che questa corte può diretta

mente conoscere, trattandosi di giudicato c.d. interno (v., ex

plurimis, Cass. 14 marzo 1986, n. 1758, Foro it., Rep. 1986,

voce Cosa giudicata civile, n. 37) — ha dichiarato risolto l'inte

ro contratto stipulato tra le parti alla data del 31 dicembre 1979

per effetto della clausola risolutiva espressa fatta valere dalla

società Intermoda ai sensi dell'art. 1456 c.c.

Poiché la risoluzione ha avuto per oggetto l'intero contratto

(e non soltanto la mancata estensione di esso a molti paesi ini

zialmente esclusi, che qui possono convenzionalmente sintetiz

zarsi nella espressione di «mercato francese»), il danno conse

guente a detta risoluzione (da risarcire ai sensi dell'art. 1453, 1° comma, c.c.) va riferito anche esso all'intero contratto.

Dato che la Intermoda ha chiesto il risarcimento del lucro

cessante, e cioè il guadagno che essa avrebbe ottenuto attraver

so il conseguimento della prestazione contrattuale (c.d. interes

se positivo), correttamente il giudice del merito ha identificato

tale prestazione in quella che sarebbe derivata dalla esecuzione

dell'intero contratto successivamente alla sua risoluzione e fino

alla scadenza pattuita (e quindi, nel caso di specie, dal 1° gen naio 1980 al 31 dicembre 1981).

Con riferimento al periodo successivo alla risoluzione (anni

1980-1981), non è fondata la tesi della parte ricorrente, che ri

tiene il danno limitato al mancato conseguimento della presta zione consistente nella estensione della licenza (per la fabbrica

zione e la vendita delle cravatte) al mercato francese, sulla base

del fatto che essa era disponibile a proseguire la esecuzione del

contratto per l'ambito territoriale inizialmente previsto (e nel

quale, come si è meglio precisato in narrativa, il mercato fran

cese non era incluso).

L'obbligazione della società Pierre Balmain di estendere la

concessione della licenza (a decorrere da una certa data futura) formava oggetto — secondo l'accertamento operato dal men

zionato giudicato — della clausola risolutiva espressa contenuta

nel contratto originario. Una volta che la società Intermoda si

è legittimamente avvalsa di tale clausola risolutiva, è venuto

meno l'intero contratto e il danno che ne deriva va correlato

anch'esso all'intero contratto.

Se è vero che il risarcimento del danno si riconduce, in ogni

caso, all'inadempimento del debitore (art. 1218 ss. c.c.), onde

il danno risarcibile è limitato a ciò che è conseguenza immedia

ta e diretta dell'inadempimento (art. 1223 c.c.), nell'ipotesi di

risoluzione tra l'inadempimento ed il danno risarcibile si inter

pone il venir meno del contratto, il quale però è pur sempre un effetto dell'inadempimento. Consegue che il nesso causale

tra l'inadempimento del debitore ed il danno risarcibile non è

escluso dall'iniziativa libera del creditore di chiedere la risolu

zione. Si è osservato in dottrina che la espressa menzione del

risarcimento del danno contenuta nell'art. 1453, 1° comma, c.c., ha proprio il significato di chiarire che la risoluzione è un even

to lesivo provocato dalla condotta del debitore inadempiente, il quale pertanto risponde delle sue conseguenze dannose, seb

bene il venir meno del contratto discenda dall'iniziativa del cre

ditore.

Tale iniziativa può essere giudiziaria e allora, a tutela dell'in

teresse del debitore, è prevista la valutazione del giudice sulla

non scarsa importanza dell'inadempimento (art. 1455 c.c.); ma

quando la risoluzione si verifica di diritto a seguito della dichia razione del creditore di volersi avvalere della clausola risolutiva

Il Foro Italiano — 1993.

espressa (art. 1456), la valutazione dell'incidenza dell'inadempi mento sull'intero contratto è stata già compiuta dalle parti, la

cui autonomia privata ha instaurato il collegamento tra singoli

inadempimenti considerati nella clausola espressa e risoluzione

dell'intero contratto. E tale collegamento non può più essere

contestato né ai fini dell'accertamento giudiziale sull'avvenuta

risoluzione, né agli effetti del risarcimento del danno, il quale ultimo va ricondotto al venir meno dell'intero contratto, e non

limitato al singolo inadempimento considerato nella clausola ri

solutiva espressa. Né per pervenire ad una riduzione dei danni risarcibili può

essere invocato l'art. 1227 c.c., che la società ricorrente richia

ma nella intestazione del motivo di ricorso (sviluppato poi con

pressoché esclusivo riferimento all'omessa motivazione della sen

tenza impugnata sulla censura formulata nei motivi di appello). È sufficiente, al riguardo, osservare che, poiché la legge ricono

sce al contraente adempiente il potere di provocare la risoluzio

ne di diritto del contratto (art. 1456 c.c.), non può nella stessa

condotta essere ravvisato un fatto colposo ovvero il mancato

impiego dell'ordinaria diligenza. In conclusione, limitatamente al mancato guadagno negli an

ni 1980 e 1981, è esatta la sentenza della corte di appello che

ha considerato tale danno come conseguente all'accertamento — passato in giudicato — dell'avvenuta risoluzione del contrat

to alla data del 31 dicembre 1979, affermando che la tesi della

società Pierre Balmain (la quale intendeva limitare tale danno

a quello derivante dalla mancata estensione del contratto) si po neva in contrasto con il precedente giudicato.

3. - La detta motivazione della sentenza impugnata non è,

invece, idonea a giustificare il risarcimento dei danni per il pe riodo anteriore alla risoluzione del contratto, e cioè per il se

condo semestre del 1979. Anche per quest'ultimo periodo la

corte di appello ha affermato che il danno è «conseguente alla

risoluzione e come tale liquidato». Chiaro è l'errore della corte di appello se si tiene presente

che la sentenza non definitiva ha dichiarato risolto il contratto

alla data del 31 dicembre 1979, onde nel secondo semestre del

1979 il rapporto contrattuale era ancora in vita, e può configu rarsi soltanto un danno da inadempimento della singola obbli

gazione, e non da risoluzione dell'intero contratto (danno limi

tato quindi alla mancata estensione del contratto).

Consegue che, per il periodo qui considerato, erronea è la

motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha re

spinto il motivo di appello della società Pierre Balmain (che

appunto sosteneva essere il danno limitato alla mancata esten

sione del contratto), per essere tale motivo in contrasto con il

precedente giudicato, il quale invece non rileva per la determi

nazione dell'entità del danno riferita al secondo semestre 1979.

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 gen naio 1993, n. 1017; Pres. Salafia, Est. Sensale, P.M. Tondi

(conci, diff.); Gulino (Avv. Zangara) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Lancia). Conferma Comm. trib. centrale 14 no

vembre 1988, n. 7598.

Registro (imposta di) — Disciplina transitoria — Testo unico del 1986 — Applicazione retroattiva — Limiti (D.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, art. 79).

Registro (imposta di) — Decadenza da benefici fiscali — Sog

getti tenuti al pagamento dell'imposta (R.d. 30 dicembre 1923

n. 3269, approvazione del testo di legge del registro, art. 93; 1. reg. sic. 4 aprile 1969 n. 6, norme concernenti le agevola zioni fiscali in favore degli stabilimenti industriali tecnicamente

organizzati, art. 1).

Ai sensi dell'art. 79 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 (t.u. delle di

sposizioni concernenti l'imposta di registro) — a tenore del

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quale le disposizioni dello stesso d.p.r., modificative, corret

tive e integrative di quelle anteriormente vigenti, hanno effet

to, se più favorevoli ai contribuenti, anche per gli atti scritti

e le denunce anteriori alla sua entrata in vigore, relativamente

ai quali sia pendente controversia o non sia ancora decorso

il termine di decadenza dell'azione della finanza — la norma di cui all'art. 57, 4° comma, di tale d.p.r. — a tenore del

quale l'imposta complementare dovuta per un fatto imputa bile soltanto ad una delle parti contraenti è a carico esclusivo

di questa — non trova applicazione agli atti formati nel vigo re del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269. (1)

Ai sensi dell'art. 93 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 anche il ven

ditore è tenuto al pagamento dell'imposta di registro dovuta

a seguito di decadenza da un beneficio fiscale (nella specie, l'agevolazione prevista dalla l. reg. sic. 4 aprile 1969 n. 6), anche se la decadenza è imputabile al solo acquirente, senza

che rilevi la natura principale o complementare dell'imposta. (2)

Svolgimento del processo. — In sede di registrazione dell'atto

del 3 agosto 1972, con il quale Angelo e Rosaria Gulino vendet

tero un terreno alla soc. Liquichimica, furono concesse le age volazioni richiamate anche dalla 1. reg. sic. 6/69, avendo l'ac

quirente dichiarato che l'immobile era destinato ad iniziative

industriali da realizzare attraverso l'impianto di stabilimenti in

dustriali tecnicamente organizzati; ma, non essendo stata pro dotta nel termine l'attestazione dell'avvenuta realizzazione del

l'iniziativa industriale, l'ufficio chiese ai venditori il pagamento dell'imposta «principale» di registro.

Il loro ricorso fu accolto dalla commissione tributaria di pri mo grado con decisione confermata in secondo grado, che ri

tenne non sussistere la responsabilità solidale dei venditori nel

l'ipotesi di decadenza dai benefici dovuta a condotta omissiva

dell'acquirente. Il ricorso dell'ufficio è stato accolto dalla Commissione tri

butaria centrale, la quale ha osservato che, nella disciplina della

solidarietà fra debitori d'imposta, non sussiste alcuna deroga con riferimento alla ipotesi in esame e che trova applicazione il principio generale di cui all'art. 93 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, unica norma applicabile nel caso concreto. D'altro canto — si è aggiunto — l'imposta dovuta a seguito di decadenza

da agevolazioni tributarie ha natura ordinaria e principale, e

non complementare, né la solidarietà poteva essere esclusa in

base al successivo art. 55, 4° comma, d.p.r. n. 634 del 1972,

che ha contenuto innovativo ed è inapplicabile ai casi ricadenti

sotto la disciplina anteriore.

Contro tale decisione, Angelo e Rosaria Gulino hanno pro

posto ricorso per cassazione in base a due motivi, illustrati con

(1) Contra, Cass. 1° giugno 1992, n. 6615, Foro it., Mass., 577; 29

aprile 1992, n. 5156, Corriere trib., 1992, 1959; 13 novembre 1991, 12127, Foro it., Rep. 1991, voce Registro, n. 253; Comm. trib. centrale

5 maggio 1987, n. 3698, id., Rep. 1987, voce cit., n. 265; v. anche

Comm. trib. centrale 12 ottobre 1987, n. 7157, ibid., n. 307; 25 settem

bre 1987, n. 6364, ibid., n. 318 (entrambe in tema di termini decaden ziali e prescrizionali), che assumono l'applicabilità dell'art. 76, 1° com

ma, testo unico del 1986 anche alle controversie relative ad atti posti in essere nel vigore del r.d. 3269/23.

(2) L'art. 93 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 affermava la responsabi lità solidale delle parti contraenti (di tutte le parti e, quindi, anche del

venditore) per il pagamento dell'imposta, indipendentemente dalla na

tura (principale o complementare) della tassa di registro (v. art. 7 r.d.

3269/23). L'art. 55, 4° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 (che ha

abrogato il r.d. 3269/23) ha, per contro, stabilito che l'imposta comple mentare di registro dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle

parti contraenti è a carico esclusivo di questa (negli stessi termini, l'art.

57, 4° comma, d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 che ha sostituito il d.p.r.

634/72).

L'applicabilità dell'art. 93 r.d. 3269/23 alla fattispecie in contestazio

ne ha consentito alla corte di esimersi dall'individuare la natura dell'im

posta dovuta in caso di decadenza da benefici fiscali. Ritengono che

si tratti di imposta principale: Cass. 23 luglio 1981, n. 4730, Foro it.,

Rep. 1982, voce Registro, n. 329; 3 luglio 1980, n. 4227, id., Rep.

1980, voce cit., n. 345. Ravvisano invece la natura di imposta comple mentare Cass. 12127/91, cit. (che, quindi, esclude che la decadenza im

putabile all'acquirente possa rivolgersi a danno anche del venditore, ai sensi degli art. 55 d.p.r. 634/72 e 57 d.p.r. 131/86); 9 marzo 1982, n. 1478, id., Rep. 1982, voce cit., n. 79.

Il Foro Italiano — 1993.

memoria, cui l'amministrazione delle finanze ha resistito con

controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo i ricorrenti

denunziano la violazione degli art. 7 e 93 r.d. 30 dicembre 1923

n. 3269, degli art. 40 e 55 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 634 e degli art. 42, 57 e 79 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131. Essi sostengono che è illegittima ed infondata, ai sensi dell'art. 40, 2° comma,

d.p.r. 634/72 e dell'art. 40 t.u. 131/86, l'affemazione, a loro

dire apodittica, contenuta nella decisione impugnata, che l'im

posta dovuta successivamente alla registrazione dell'atto, per de

cadenza dai benefici fiscali, avrebbe natura d'imposta ordinaria

e principale, e non complementare; che l'imposta in contesta zione era stata chiesta, con avviso notificato nel 1978 (e quindi

vigente il d.p.r. 634/72) ed era in ogni caso applicabile la dispo sizione transitoria contenuta nell'art. 79 t.u. 131/86, in base

alla quale le norme più favorevoli dello stesso t.u. hanno effet

to anche per gli atti, scritture e denunzie, relativamente ai quali alla data della sua entrata in vigore sia pendente controversia;

che, per ciò, nel caso concreto doveva essere applicato l'art.

55, 4° comma, d.p.r. 634/72, ora riprodotto nell'art. 57 t.u.

131/86. Con il secondo motivo i ricorrenti denunziano la violazione

dell'art. 93 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, dell'art. 1 1. reg. sic. 4 aprile 1967 n. 6 e dell'art. 109 t.u. 30 giugno 1967 n.

1523, nonché il vizio d'insufficienza di motivazione, sostenendo

che, in base alle citate norme, non sussisteva, nel caso concreto, alcuna loro responsabilità solidale, in quanto l'ufficio aveva re

vocato i benefici fiscali concessi in sede di registrazione non

sulla base della mancata realizzazione dello stabilimento indu

striale, ma per non avere prodotto, la società acquirente, la pre scritta certificazione.

Nella memoria i ricorrenti hanno citato la recente sentenza

13 novembre 1991, n. 12127 (Foro it., Rep. 1991, voce Regi

stro, n. 253) di questa corte, la quale, in una controversia iden

tica, ha affermato che l'imposta di registro dovuta a seguito della decadenza dall'agevolazione tributaria prevista per l'ac

quisto d'immobili destinati a stabilimento (secondo il combina to disposto degli art. 1 1. reg. sic. 6/69 e 109 t.u. 1523/67) ha natura complementare, e non principale, con la conseguenza

che, nel caso in cui la decadenza sia addebitabile al solo acqui

rente, tale imposta è ad esclusivo carico del medesimo, poiché la solidarietà stabilita dall'art. 93 della legge di registro del 1923

resta limitata dalla previsione contenuta nell'art. 55, 4° comma,

d.p.r. 634/72 e riprodotta nell'art. 57, 4° comma, del vigente

d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131, atteso che quest'ultima norma,

quale disposizione più favorevole al contribuente, è applicabile, ai sensi dell'art. 79 del medesimo d.p.r. n. 131, anche agli atti

anteriori alla sua entrata in vigore, relativamente ai quali sia

pendente controversia.

Questa corte non ritiene di dover confermare il precedente indirizzo. Deve innanzi tutto premettersi che la legge che regola il regime tributario di un atto, ai fini dell'imposta di registro, è quello vigente alla data della registrazione (nel caso concreto,

la legge di registro del 1923, essendo pacifico che la registrazio ne dell'atto è avvenuta quando la riforma del 1972/73 non era

ancora vigente), indipendentemente dal momento successivo, in

cui si renda eventualmente esigibile l'imposta suppletiva o com

plementare.

Trova, conseguentemente, applicazione l'art. 93 del citato te

sto normativo, in base al quale (indipendentemente dalla natura

principale, suppletiva o complementare dell'imposta) sono soli

dalmente tenute al pagamento di essa tutte le parti contraenti;

e non l'art. 55, 4° comma, d.p.r. 634/72, che deroga alla soli

darietà, per la sola imposta complementare, se questa è dovuta

per fatto imputabile ad una soltanto di esse. Trattasi, invero,

di norma innovativa, come questa corte ha costantemente affer

mato (sent. 28 luglio 1977, n. 3369, id., Rep. 1977, voce cit., n. 299; 3 maggio 1979, n. 2552, id., Rep. 1979, voce cit., n. 249; 3 luglio 1980, n. 4227, id., Rep. 1980, voce cit., n. 345; 23 luglio 1981, n. 4730, id., Rep. 1982, voce cit., n. 329), preci sando che non si pone alcun problema di costituzionalità, né

sotto il profilo della disparità di trattamento con riguardo alla

diversità fra vecchia e nuova legge di registro, non essendo sin

dacabile il potere del legislatore ordinario di innovare l'ordina

mento e di modificare in conseguenza la disciplina di determi

nati rapporti giuridici; né, con riguardo all'art. 93 della vecchia

legge, sotto il profilo della disparità di trattamento in danno

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1479 PARTE PRIMA 1480

del venditore, il quale, come si giova di un beneficio accordato

in vista di un futuro comportamento dell'acquirente, cosi è te

nuto, in solido con lui, al pagamento dell'imposta in caso di

mancato verificarsi di quel comportamento. Da quanto precede risulta evidente che, dovendosi applicare

l'art. 93 della vecchia legge di registro (che pone la solidarietà

senza distinguere se si tratti d'imposta principale o d'imposta

complementare o suppletiva), non è rilevante stabilire se l'im

posta dovuta nel caso di decadenza dal beneficio imputabile

all'acquirente sia principale o complementare: problema, sul quale non vi sono orientamenti conformi nella giurisprudenza di que sta corte (v. sent. 3369/77, 4727/80 e 4730/81, nel senso della

prima tesi; e 9 marzo 1982, n. 1478, ibid., n. 79, seguita, in

controversia identica alla presente, dalla sentenza citata nella

memoria del ricorrente 12127/91 che dedica alla soluzione del

problema un'approfondita indagine, nel senso della natura com

plementare dell'imposta). Il problema potrebbe riemergere solo se, in virtù della dispo

sizione transitoria dettata dall'art. 79 d.p.r. 26 aprile 1986 n.

131 (t.u. delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), se ne dovesse applicare l'art. 57, 4° comma, il quale, con dispo sizione perfettamente identica a quella già contenuta nel 4° com

ma del d.p.r. 634/72, stabilisce che «l'imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto ad una delle parti con

traenti è a carico esclusivamente di questa»; ma la corte ritiene

che la norma transitoria non possa operare nel caso in esame.

Essa stabilisce che le disposizioni del t.u. modificative, cor

rettive o integrative di quelle anteriormente in vigore si applica no agli atti formati a decorrere dalla data di entrata in vigore del t.u. stesso, ma che tuttavia le disposizioni più favorevoli

ai contribuenti hanno effetto anche per gli atti anteriori, relati

vamente ai quali alla data di entrata in vigore del t.u. sia pen

dente controversia.

I presupposti per l'operatività della norma transitoria sono

dunque: a) che il t.u. modifichi, corregga o integri le disposizio ni ad esso anteriori; b) che la disciplina del t.u. sia più favore

vole al contribuente rispetto a quella precedente; c) che la con

troversia sia ancora pendente. Posto che si tratta di un testo unico, che tendendo per sua

natura al riordinamento della normativa vigente, non potrebbe richiamare in vita una disciplina definitivamente abrogata, deve

ritenersi che il raffronto tra le disposizioni in esso contenute

e quelle che ne possano rimanere modificate, corrette o integra

te, cosi come il raffronto circa l'individuazione della disciplina

più favorevole al contribuente tra quella del t.u. e quella ante

riore, non possa operarsi che con riguardo alla disciplina imme

diatamente precedente, ossia a quella che il t.u. era chiamato

a riordinare e sulla quale soltanto poteva operare retroattiva

mente, e dunque a quella emanata a partire dalla riforma del

1972/73. Diversamente opinando, si avrebbe l'inaccettabile con

seguenza che alcune disposizioni del testo unico, modificative,

correttive o integrative, che opererebbero a decorrere dalla data

di esso, ma che sono rese retroattive, se più favorevoli al contri

buente, dall'art. 79, acquisterebbero un'ulteriore retroattività, al di là di una disciplina, quella vigente alla data del t.u., che

non era, essa stessa, retroattiva. In altri termini, l'art. 79 rende

rebbe retroattive non solo le disposizioni del t.u., alle quali sol

tanto esso può riferirsi (come si addice ad una norma transito

ria che, come tale, ha lo scopo di risolvere problemi intertem

porali determinati dalla successione di una norma a quella immediatamente anteriore), ma anche quelle rispetto alle quali soltanto la retroattività è prevista; e consentirebbe, per saltum,

una valutazione di maggior favore per il contribuente tra le di

sposizioni del t.u. e (qualsiasi) normativa abrogata, anteriore

a quella del 1972/73. E che il confronto debba operarsi solo

tra la disciplina del t.u. e quella immediatamente precedente costituisce il presupposto di numerose sentenze di questa corte

(3198/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 173; 2416-32/89, id., Rep. 1989, voce cit., nn. 89-105; 11410-11/90, id., Rep. 1990, voce

cit., nn. 183, 184; 11451/90, ibid., n. 70) e della Corte costitu

zionale (20 e 785/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 164 e 31/89, id., Rep. 1989, voce cit., n. 344).

La conseguenza è che, poiché l'art. 57, 4° comma, t.u. e l'art.

55, 4° comma, decreto del 1972 sono perfettamente identici,

la norma transitoria non ha modo di operare, mancando il pre

1l Foro Italiano — 1993.

supposto che la norma del t.u. sia più favorevole al contribuen

te, e come non si applica l'art. 55 decreto del 1972, cosi non

si applica l'art. 57 t.u.

Resta da confutare il secondo motivo, secondo cui il benefi

cio sarebbe stato revocato non sulla base della mancata realiz

zazione dello stabilimento, ma per non essere stata prodotta dalla società acquirente la prescritta certificazione (mancata pro

va, si vuol evidentemente dire, non poteva essere fornita dal

venditore). È sufficiente rilevare al riguardo che, a norma della 1. 6 otto

bre 1971 n. 853, modificativa del 2° e 3° comma dell'art. 109

t.u. 30 giugno 1967 n. 1523, la prova del conseguimento del

fine dell'acquisto deve darsi con attestazione della camera di

commercio da presentarsi all'ufficio del registro e che l'attesta

zione è rilasciata dietro domanda dell'interessato, ossia di cia

scuna delle parti contraenti che può produrla in giudizio; si che

la mancata produzione induce a ritenere che il fine, per il quale

era stato concesso il beneficio, non è stato realizzato.

Pertanto, il ricorso dev'essere rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 22 gen naio 1993, n. 779; Pres. Salafia, Est. Luccioli, P.M. Lo

Cascio (conci, conf.); Borgogelli (Avv. Guttieres) c. Visoc

chi (Avv. Martuccelli, Buonomo). Conferma App. Napoli

31 marzo 1990.

Separazione di coniugi — Separazione giudiziale — Procedi

mento — Appello proposto con citazione — Ammissibilità — Limiti (Cod. proc. civ., art. 342, 706, 737; 1. 6 marzo

1987 n. 74, nuove norme sulla disciplina dei casi di sciogli mento del matrimonio, art. 8, 23).

Nel processo di separazione giudiziale dei coniugi l'appello pro

posto con citazione anziché con ricorso è ammissibile solo

se l'atto di citazione viene depositato in cancellerìa nel termi

ne per appellare. (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 12 gennaio-11 marzo 1989 il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, adito da

Patrizia Borgogelli, pronunciava la separazione personale tra

la predetta ed il coniuge Achille Visocchi, con addebito a que

st'ultimo, e dettava i provvedimenti relativi all'affidamento del

la figlia ancora minore, all'assegnazione della casa coniugale ed al mantenimento dell'istante e della figlia.

Avverso tale sentenza, notificata il 4 luglio 1989, la Borgogel li proponeva appello con atto di citazione notificato il 16 set

tembre 1989. La causa veniva iscritta a ruolo il 26 settembre

successivo.

Con sentenza del 31 marzo 1990 la Corte di appello di Napoli dichiarava inammissibile l'impugnazione, osservando che la pro

posizione del gravame con citazione, anziché con ricorso — co

me imposto dal richiamo al procedimento camerale contenuto

nell'art. 8, n. 12, 1. n. 74 del 1987 — non poteva considerarsi

idonea alla conservazione degli effetti dell'appello (in base al

principio generale della conversione degli atti nulli), in quan

(1) La Cassazione, in forza dell'art. 23 1. 6 marzo 1987 n. 74, applica con tutta coerenza anche al processo di separazione la propria giuris prudenza ormai costante sull'appello nel processo di divorzio. Nello

stesso senso, v., da ultimo, Cass. 23 febbraio 1992, n. 2317, Foro it., 1992, I, 1712, con nota di A. Proto Pisani, Violazione di norme pro cessuali, sanatoria «ex nunc» o «ex tunc» e rimessione in termini, cui

adde, citate in motivazione, Cass. 4 maggio 1991, n. 4924, id., Rep. 1991, voce Matrimonio, n. 259; 3 maggio 1991, n. 4876, id., 1992, I, 473; 8 febbraio 1991, n. 1310, id., Rep. 1991, voce cit., n. 257; 4 gennaio 1991, n. 37, id., 1991, I, 1119, con nota critica di Cipriani, La decisione dell'appello nel processo di divorzio.

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