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Sezione I civile; sentenza 27 luglio 1962, n. 2168; Pres. Celentano P., Est. Malfitano, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 27 luglio 1962, n. 2168; Pres. Celentano P., Est. Malfitano, P. M. Maccarone (concl. conf.); Valla (Avv. Ungaro, Nebbia, Gravone) c. Bertolini e Procuratore gen. Corte app. Torino Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 1 (1963), pp. 69/70-73/74 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23153232 . Accessed: 25/06/2014 08:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:54:43 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 27 luglio 1962, n. 2168; Pres. Celentano P., Est. Malfitano, P. M.Maccarone (concl. conf.); Valla (Avv. Ungaro, Nebbia, Gravone) c. Bertolini e Procuratore gen.Corte app. TorinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 1 (1963), pp. 69/70-73/74Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153232 .

Accessed: 25/06/2014 08:54

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fatta propria anche dalle autorita amministrative (cfr. la

giä suaccennata oircolare del Ministero dei trasporti 11. 178 del 15 aprile 1955), che le norme, che riconosoono la validity delle anzidette patenti e dei permessi internazionali di guida, sono applicabili soltanto agli stranieri, nonchö a coloro che, cittadini italiani, abbiano residenza in uno Stato estero, e non anche ai cittadini italiani, residenti in Italia, che, nel corso di una loro temporanea dimora all'estero, abbiano ottenuto il rilascio di una patente o di un permesso da una autoritä, straniera o da una autoritä, internazionale. Tale interpretazione restrittiva appare pienamente adeguata ai principi di carattere pubblicistico che regolano il rilascio delle patenti, atti autorizzativi che presuppongono 1'accer

tamento, nel cittadino italiano, di particolari requisiti in relazione alle esigenze della circolazione ; per cui ö oppor tuno e doveroso che lo Stato non deroghi ai propri normali

poteri nei rapporti dei suoi cittadini, riconoscendo giuri dioitä ad analoghi atti amministrativi emanati da Stati e'steri (spesso senza preventivi vagli di capacity tecnica e

psicofisica alia guida paragonabili, per rigore, a quelli pre scritti dalla legge italiana) se non in un ambito limitato alle esigenze della circolazione internazionale. Soccorre, ai fini di questa limitazione, anche il concetto, valevole come criterio interpretativo, che gli accordi internazionali, i quali

poggiano sul principio della reciprocity, mirano, essenzial

mente, ad organizzare la migliore tutela dei cittadini degli Stati partecipanti nei confronti degli altri Stati, contem

perando,perõ,tale scopo con l'esercizio, da parte di ciascuno

Stato, dei poteri sovrani nei confronti dei propri cittadini.

Questa subordinazione, delle agevolazioni riguardanti la

legittimazione soggettiva alia circolazione, alle esigenze del traffico internazionale, e, quindi, alia quality di straniero o di italiano residente all'estero, si desume anche dal § 2 del predetto art. 1 della Convenzione ; norma, questa, che, stabilendo che gli Stati contraenti non sono impegnati a

riconoscere i benefici della Convenzione stessa ai condu centi che saranno rimasti senza interruzione nel territorio di uno di essi Stati per un periodo superiore ad un anno, rende evidente che lo spirito della Convenzione ö unica mente quello di favorire il conducente straniero, che poträ, circolare, col suo veicolo, nel territorio dello Stato estero, senza sottoporsi a nuovo esame, purchö, perõ, non pro

trsgga la sua dimora ai di lä, di un certo limite temporale. Trascorso tale termine, egli sar& tenuto ad osservare le norme sulla legittimazione alla circolazione propria del

Paese che lo ospita. A piii forte ragione, il beneficio deve

ritenersi immediatamente escluso per il cittadino residente in Italia, il quale e tenuto a regolare sempre la sua con dotta secondo le leggi del proprio Paese.

Concetti analoghi a quelli sopra esposti erano stati gia recentemente accolti in una sentenza della IV Sezione pe nale di questa Suprema corte (n. 2065 del 28 novembre

1961). II Supremo collegio era stato chiamato a pronun ciarsi su una contravvenzione all'art. 80 del nuovo codice

stradale, approvato con decreto pres. 15 giugno 1959 n.

393 (guida di autoveicoli da parte di chi non sia munito

di patente), addebitata ad un cittadino italiano residente in Italia, il quale, durante una sua temporanea dimora a

Bruxelles, aveva ottenuto dalla autoritä, locale il rilascio

di un permesso internazionale di guida. E, in quell'occa sione, il Supremo collegio fissõ il prinoipio che la disposi zione dell'art. 98, 1° comma, del predetto t.u., che con

sente ai conducenti muniti di patente di guida o di per messo internazionale rilasciato da uno Stato estero di gui dare in Italia autoveicoli o motoveicoli della stessa categoria

per cui & valida la loro patente ed il loro permesso, non e

applicabile ai cittadini italiani residenti in Italia. La eitata

decisione del Supremo collegio acquista particolare rilievo, in quanto con la sentenza ora impugnata la Corte di Napoli ha affermato che la questione di cui qui si discute non

dovrebbe nemmeno sorgere se il sinistro fosse avvenuto

sotto l'impero del t. u. del 1959, e se, quindi, fosse stata

applicabile la norma dell'art. 98 ; con il quale rilievo pare che i G-iudiei di appello abbiano inteso dire che il legisla tore, con la disposizione predetta, dettata dal nuovo codice

della itrada. si £ perfettamente adeguato alia Convenzione

di Ginevra del 1949, e D6 ha dato un'autorevole ed inequi vocabile interpretazione nel senso ehe la norma permissiva noil fa alouna distinzione tra cittadini stranieri e oittadini

italiani, e, fra questi ultimi, tra coloro ehe hanno residenza all'estero e quello ehe risiedono in Italia. Ora, a questo riguardo, la Sezione penale di questa Suprema corte, dopo avere analizzato le disposizioni della Convenzione di Gine

vra, ed avere ritenuto ehe il t. u. del 1959 non põssa non essersi adeguato alla vigente normativa internazionale, ha, tuttavia, dimostrato ehe nessuna espressione univoca, valida ad indurre ad una interpretazione estensiva, puö riscontrarsi nel nuovo testo legislativo, costituendo, in so

stanza, il citato 1° comma dell'art. 98 una pura e semplice parafrasi, o, meglio, un semplice riassunto della piu det

tagliata norma dell'art. 24, § 1, della Convenzione. Invero, se, in sede di formulazione dell'art. 98 del vigente eodice

stradale, si fosse voluto, quanto al punto speeifico,innovare a quella interpretazione restrittiva delle norme della Con venzione di Ginevra, che risultava gih aceolta quale com munis opinio, sarebbe stata scelta una diversa formula, no si sarebbe mancato di giustificare tale cambiamento di indirizzo in sede di lavori preparatori e di relazione al testo

legislativo, data anche l'importanza del prineipio nei rap porti internazionali e dati i suoi riflessi sull'ordine pubblico.

In definitiva, sia prr la diseiplina dettata dalla Con venzione di Ginevra, prima dell'entrata in vigore del t. u.

del codice della strada del 1959, sia anche per tale t. u., che quella diseiplina ha sostanzialmente recepito, la pre vista legittimazione soggettiva alia circolazione, nel terri torio italiano, di conducenti muniti di patenti di guida e di permessi internazionali rilaseiati da uno Stato estero, 6

limitata ai cittadini stranieri e ai cittadini italiani residenti

all'estero, e non si estende ai cittadini italiani residenti

in Italia, ai quali patenti e permessi siano stati rilaseiati

durante una loro temporanea dimora all'estero. La impu

gnata sentenza, la quale non si e adeguata a tale prineipio, deve, pertanto, essere annullata, affinche altro giudice rie

saminila causa alia stregua dei criteri sopra esposti. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sazione I civile ; sentenza 27 luglio 1962, n. 2168 ; Pres.

Celentano P., Est. Malfitano, P. M. Maccarone

(concl. oonf.) ; Valla (Aw. Ungaro, Nebbia, Gravone) c. Bertolini e Proouratore gen. Corte app. Torino.

(Gmferma App. Torino 26 giugno 1960)

Appello in materia civile — Manila!» allavvocatn —

Coil (crimen!« in calce alla citazione di primo

(|rado — Estensibilitä al giudizi» dappcll» (Cod.

proc. civ., art. 83). Matrimonio —- Matrimonii» canonic» celebrato al

l'estero tra cittadini italiani — Trascrizione —

Ammissibililü (Cod. civ., art. 115; Concordato tra

la Santa Sede e l'ltalia, art. 34 ; 1. 27 maggio 1929 n.

847, applicazione del Concordato tra la Santa Sede e

l'ltalia nella parte relativa al matrimonio, art. 5, 8, 12).

E valido Vatto di appello, sottoscritto dal difensore, cui la

parte aveva nelVatto di citazione di primo grado conferito

procura anehe per il grado d'appello. (1)

(1) La procura speciale oonferita per il giudizio di primo grado si estende anche al grado di appello, qualora la parte abbia dichiarato espressamente di volerla conferire anche per tale grado : Cass. 14 aprile 1961, n. 805, Foro it., Rep. 1961, voce Procedimento civ., n. 91 ; App. Firenze 18 maggio 1960, ibid., ii. 90 ; Oass. 7 novembre 1958, n. 3626, id., Rep. 1958, voce cit., n. 169 ; 25 luglio 1957, n. 3144, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 134, 135 ; 24 gennaio 1957, n. 230, ibid., n. 136 ; 16 giugno 1956, n. 2099, id., Rep. 1956, voce cit., n. 201 ; App. Trieste 23 aprile 1PS6, id., Rep. 1957, voc« eit., t». 137 (annotstft da Giavnomi,

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71 PARTE PRIMA 72

Pud essere trascritto agli effetti civili il matrimonii) celebrato tra i cittadini italiani avanti il ministro del eulto catto

lico, in uno Stato, che non gli riconosce effetti civili, nb la maneata lettura degli articoli del codice civile rende

nulla Veseguita trascrizione. (2)

La Corte, ecc. — Con il primo motivo si sostiene la

nullita del giudizio di appello in quanto il difensore del

Bertolini avrebbe sottoscritto 1'atto di appello senza essere

munito di procura per tale giudizio. A1 riguardo si assume clio l'affermazione contenuta nell'epigrafe della sentenza di appello, secondo la quale il Bertolini era rappresentato dall'avv. Allais per delega del 12 dicembre 1957 in calce

alia copia dell'atto di oitazione in primo grado estensibile

al grado di appello, sarebbe erronea, sia perchõ di tale

procura non fu fatta menzione nell'atto di appello, sia per chfc la data surriferita non corrispondeva a quella indicata

nella comparsa con la quale il Bertolini si costitui nel giu dizio di primo grado.,

La censura e infondata. Come questa Corte suprema ha altre volte affermato, il convenuto puõ conferire la pro cura speciale al difensore sia in calce o margine della com

parsa di risposta, sia in calce o margine della copia notifi

catagli della citazione introduttiva del giudizio e tale pro cura puõ valere per il giudizio di appello qualora egli abbia

espressamente dichiarato di volerla conferire per tale grado (v. sent. n. 3141 del 1957, Foro it., Rep. 1957, voce Proce

dimento civ., nn. 134, 135). Nella specie, poicho la Corte di merito ha accertato che l'avv. Allais rappresentava il Bertolini in virtu, di procura in calce alia copia della cita zione introduttiva del giudizio di primo grado e che tale

procura fu conferita anche per il giudizio di secondo grado, l'atto di appello fu legittimamente sottoscritto dal detto

avvocato come difensore del Bertolini.

No puõ sostenersi che la Corte sarebbe incorsa in er rore nel ritenere che la procura fu conferita anche per il

giudizio di secondo grado, in quanto siffatto errore non risulta dagli atti del processo, nõ 6 stato, comunque, provato dalla ricorrente. Non sussiste, quindi, la denunciata nullity del giudizio di appello.

Con il secondo motivo, denunciandosi la falsa applica zione delFart. 34 del Concordato tra l'ltalia e la Santa

Sede e delle disposizioni contenute nella legge 27 maggio

in Giur. it., 1957, I, 2, 60) ; Trib. Palermo 3 gennaio 1955, Foro it., Rep. 1955, voce Appello civ., n. 87 ; App. Napoli 26 aprile 1952, id., Rep. 1952, voce Procedimento civ., n. 107 ; Oass. 29 marzo 1951, n. 695, id., Rep. 1951, voce cit., n. 151 ; 6 febbraio 1950, n. 309, id., Rep. 1950, voce cit., n. 106 ; 12 agosto 1949, n. 2286, id., Rep. 1949, voce cit., n. 121 ; App. Brescia 23 febbraio 1949, id., Rep. 1949, voce Appello civ., n. 90 ; App. Firenze 15 aprile 1949, id., Rep. 1949, voce Procedimento civ., n. 120 ; App. Ve nezia 3 giugno 1946, id., Rep. 1946, voce Appello civ., n. 93 ; App. Venezia 19 febbraio 1940, ibid., nn. 94, 95.

Nel senso, invece, che la procura non possa estendersi oltre l'ambito del giudizio per il quale is stata rilasciata: Oass. 20 marzo 1948, n. 404, id., Rep. 1948, voce Procedimento civ., n. 120 ; App. Napoli 1 luglio 1940, id., Rep. 1947, voce cit., n. 57.

Nel senso che il termine « giudizio » e unitariamente com prensivo dei vari gradi del processo : App. Genova 28 febbraio 1953, id., Rep. 1953, voce cit., n. 142.

Oontro questa interpretazione estensiva: App. Lecce 20 maggio 1953, ibid., voce Appello civ., n. 100 ; Oass. 17 gennaio 1951, n. 121, id., Rep. 1951, voce Procedimento civ., n. 150.

(2) Oonf. Trib. Genova 15 gennaio 1960, Foro it., Rep. 1960, voce Matrimonio, n. 81 ; App. Torino 7 marzo 1958, id., 1959, I, 1576, con nota di richiami, cui adde Bertola, in Studi in onore di E. Crosa; V. Starace, in Riv. dir. internaz., 1961, 457. Contra App. Genova 13 ottobre 1960, Foro it., Rep. 1961, voce cit., n. 66 (Temi gen., 1961, 110, con nota di Gusmano ; Foro pad., 1961, I, 1454, con nota di Scardulla).

Sulla inidoneitil della maneata lettura degli articoli del codice civile a giustificare l'azione di nullita della trascrizione, v. Cass. 20 febbraio 1958, n. 526 (Foro it., 1958, I, 351, con nota di richiami), la quale ha ritenuto infondata la domanda di nullita della trascrizione, basata su ciõ che il matrimonio era stato contratto per pi-ocura in un caso nel quale la legge italiana non lo consent®,

1929 n. 847, si censura la sentenza impugnata per aver

ritenuto eke põssa essere trasoritto nei registri dello stato

civile italiano un atto di matrimonio contratto da cittadini

italiani con il rito cattolico in uno Stato, come la Francia, in oui non siano attribuiti effetti civili al matrimonio reli

gioso e ehe la trascrizione põssa essere eseguita in base a

una copia autentica di tale atto. Al riguardo si deduce eke

la legge concordataria non puõ avere alcuna efficacia fuori

del territorio dello Stato italiano, clie nella specie l'atto

di matrimonio non conteneva tutti i requisiti prescritti da

tale legge e eke, comunque, la trascrizione non era stata

eseguita in base a uno dei due originali dell'atto di matri

monio ehe devono essere compilati dal parroco celebrante.

Ancke questa censura 6 infondata.

Nella sentenza n. 4117 del 25 ottobre 1957 (Foro it.,

Eep. 1957, voce Matrimonio, nn. 63, 64) questa Corte

suprema, affermando eke il matrimonio contratto da cit

tadini italiani all'estero davanti ai ministri del culto cat

tolico e trascritto nei registri dello stato civile rientra

lieU'orbita del Concordato tra l'ltalia e la Santa Sede e

eke siffatta situazione non e configurabile quando il matri

monio religioso sia giä, recepito per gli effetti civili nel

l'ordinamento giuridico vigente nello Stato in cui il matri

monio b stato celebrato, ka ammesso la possibilita della trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni

canonici contratti da cittadini italiani in Stati nei quali a tali matrimoni non siano attribuiti effetti civili. Invero, il riconoscimento della validita civile dei matrimoni con

tratti all'estero dai cittadini italiani nella forma concor

dataria e, quindi, la possibilita della loro trascrizione si

fondano sulla extraterritoriality delle norme concordatarie,

piu volte affermata da questa Corte suprema a proposito della delibazione delle sentenze di annullamento di matri

moni tra cittadini italiani pronunciate all'estero da tri

bunali ecclesiastici (v. sent. n. 2802 del 1939, id., 1939,

I, 1307 ; n. 949 del 1946, id., 1946, I, 680 e n. 671 del 1948,

id., 1948, I, 377). Al riguardo si e rilevato eke tali sentenze non possono ritenersi emesse da un giudice straniero, cioö

in dipendenza di una sovranitä territoriale caratteristica

dello Stato dal punto di vista internazionale, in quanto lo Stato italiano, per effetto del Concordato con la Santa

Sede, ka recepito nei proprio ordinamento matrimoniale il

diritto canonico, secondo il quale la giurisdizione ecclesia

stica (i esercitata senza limiti di confini su tutti i cattoliei in qualsiasi parte del mondo si trovino.

Ora la ricezione dell'ordinamento canonico iinporta per lo Stato italiano l'accettazione del canone fondamentale, insito in tale ordinamento, della ultraterritorialitä del Sa cramento eke puõ essere ricevuto in qualsiasi parte del mondo siano presenti i ministri del culto cattolico investiti

del potere di impartirlo. II matrimonio, quindi, contratto

da cittadini italiani all'estero secondo le norme canonicke, essendo celebrate secondo un ordinamento giuridico vi

gente ancke all'estero e eke dallo Stato italiano 6 ricono sciuto come competente nella materia matrimoniale, deve ritenersi valido civilmente e, pertanto, trascrivibile.

D'altra parte, l'art. 5 della legge matrimoniale, nei di

sporre eke il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico secondo le norme del diritto canonico

produce, quando sia trascritto, gli stessi effetti del matri monio civile, non distingue tra matrimoni celebrati in Italia e matrimoni celebrati all'estero. Nõ alla trascrivibilitä dei matrimoni concordatari celebrati all'estero osta la dispo sizione dell'art. 8 della legge matrimoniale del 27 maggio 1929 n. 847, secondo la quale l'atto di matrimonio deve essere trasmesso all'ufficiale di stato civile del comune in cui esso fu celebrato, percke tale disposizione prevede la

ipotesi normale del matrimonio celebrato in Italia, ma non esclude la possibilita della trascrizione qualora la celebra zione avvenga all'estero, ben potendo ritenersi eke, in tale

caso, la trascrizione avvenga nell'ufficio dello stato civile del luogo dell'ultimo domicilio degli sposi a seguito di trasmissione dell'atto fatta a mezzo dell'agente diplomatico o consolare viciniore al luogo dove il matrimonio canonico fu celebrato, secondo le norme degli art. 49, 51 del r. decreto

9 luglio 1939 n. 1238.

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73 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 74

Sostiene la ricorrente che la trascrizione del matrimonio da lei contratto con il Bertolini sarebbe nulla perch.6 sa rebbe stata eseguita in base a una oopia anziche a uno dei due originali dell'atto di matrimonio che il celebrante deve

compilare e che tale atto non conteneva la data in cui il matrimonio fu celebrato, nö la menzione dell'eseguita let tura agli sposi degli articoli del codice civile prescritta dall'art. 8 della legge matrimoniale.

Al riguardo va osservato che la Corte di merito ha ac certato che fu trascritto l'originale dell'atto di matrimonio contenente la data in cui questo fu celebrato e tale accer

tamento, eseguito in base ai documenti autentici esibiti, e incensurabile in questa sede.

La mancata menzione della lettura degli articoli del codice civile, che, secondo l'istruzione della Sacra congre gazione De disciplina Sacramentorum del 2 luglio 1929 n. 24 deve essere eseguita anche dai ministri del culto che celebrano matrimoni concordatari all'estero, dä luogo, a norma dell'art. 10 della legge matrimoniale, alia sospen sione della trascrizione, non all'annullamento di essa se & stata eseguita, in quanto, come questa Corte suprema ha altre volte affermato (v. sent. Sez. un. n. 526 del 1958, Foro it., 1958, I, 351), l'azione di nullitä della trascrizione del matrimonio canonico 6 improponibile fuori dei casi

previsti dall'art. 12 della legge medesima, trattandosi di casi tassativi insuscettibili di interpretazione estensiva o

analogica.

Consegue che si deve rigettare il ricorso e condannare il ricorrente alia perdita del deposito.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 26 luglio 1962, n. 2148 ;Tres. Verzi P., Est. I'jece, P. M. Pedote (concl. conf.); Pinanze (Aw. dello Stato Varvesi) c. Banca naz.

agricoltura (Aw. Pepe).

(öonferma App. Roma 14 giugno 1960)

Auimassi — Operazioni di finanziamento — Trat lamenlo tributario (Legge 5 luglio 1928 n. 1760, conversione iu legge, con modificazioni del r. d. 1. 29 luglio 1927 n. 1509, ordinamento del credito agrario, art. 31 ; r. d. 1. 15 giugno 1936 n. 1273, disciplina del mercato granario, art. 23).

Ls operazioni di finanziamento degli ammassi obbligatori non sono soggette ai regime fiscale di abbonamento con

templato neli'art. 21 della legge 5 luglio 1928 n. 1760, ma godono delVesenzione fiscale prevista nelVart. 23 del r. decreto legge 15 giugno 1936 n. 1273, la quale si ap plica anclie ai rapporti tra eriti ammassatori e istituti

finanziatori. (1)

La Corte, ecc. — (Omissis). Il quesito di eausa con sisteva nell'acoertare se le operazioni di finanziamento

degli ammassi dsl grano sono soggette ai regime fiscale di abbonamento stabilito dall'art. 21 della legge 5 luglio 1928 n. 1760, ebe ba convertito in legge il r. decreto legge 29 luglio 1927 n. 1509, oppure se godono della esenzione

(1) Nou constano precedenti specifici editi del Supremo collegio ; la Oommissione centrale delle imposte si era espressa nel senso dell'applicabilita dell'imposta nella decisione 15 otto bre 1949, n. 6056, Foro it., Rep. 1951, voce Ammassi, nn. 21, 22.

Sui limiti dell'esenzione prevista nell'art. 21 della legge 5 luglio 1928 n. 1760, v. Cass. 12 ottobre 1960, n. 2682, id., 1961, I, 290, con nota di richiami, cui adde Trib. Perugia 7 luglio 1961, id., 1962, I, 1204, con nota di richiami.

Sulla natura giuridica degli ammassi obbligatori, v., da ultimo, Cass. 22 marzo 1962, n. 593, ibid., 1065, con osservazioni di Andbioli ; Oorte cost. 14 giugno 1962, n. 54, ibid., 1074, con nota di richiami.

fiscale di cui all'art. 23 r. decreto legge 15 giugno 1936

n. 1273. La sentenza impugnata ha ritenuto la seconda tesi.

L'Amministrazione delle finanze ha denunziato, con il

primo mezzo del ricorso, che la Corte del merito non ha

tenuto presente: a) che l'attivita, tipica degli ammassi

costituisce una ipotesi di quella vendita collettiva dei pro dotti agricoli, che õ espressamente considerata nell'art. 2, n. 4, lett. b, della legge 5 luglio 1928 n. 1760, con la conse

guenza che il finanziamento degli ammassi costituisce

un'operazione di credito agrario soggetta al regime di ab

bonamento di cui all'art. 21 della predetta legge n. 1760

del 1928; 6) che l'inquadramento dei finanziamenti tra

le operazioni di credito agrario (assoggettate al tributo in

abbonamento) b confermato dall'art. 16 del r. decreto legge n. 1273 del 1936, il quale prescrive che « soltanto gli istituti

autorizzati all'esercizio del credito agrario, le casse di

risparmio e i monti di pegni di prima categoria possono

eseguire le operazioni di finanziamento previste dall'art. 14

a favore degli enti ammassatori». II motivo del ricorso & infondato. £ indubitato (e lo ammette, nella propria memoria,

la stessa Amministrazione delle finanze) che quando venne

emanata la legge n. 1760 del 1928, non esistevano gli am

massi che vennero, inveoe, previsti dal r. decreto legge 24 giugno 1935 n. 1049 (convertito nelle legge 2 marzo

1936 n. 727) e poscia, nella forma di ammassi obbligatori, dal r. decreto legge 16 marzo 1936 n. 392 (convertito nella

legge 28 maggio 1936 n. 1228), per essere infine disciplinati dal r. decreto legge 15 giugno 1936 n. 1273. Ciõ posto, ove

la tesi delle Finanze fosse esatta, non si comprenderebbe, anzitutto, perche il menzionato r. decreto n. 1273 del

1936, pur contenendo una completa ed autonoma disci

plina degli ammassi, dal lato tecnico, finanziario e fiscale, non abbia (tanto piii che la materia fiscale e insuscettibile

di interpretazione analogica) riprodotto o, quanto meno,

richiamato, per le operazioni di finanziamento degli ammassi, il regime fiscale di abbonamento di cui alia legge 5 luglio 1928 n. 1760.

In secondo luogo, non b possibile riportare le operazioni di finanziamento degli ammassi nel concetto di operazioni di credito agrario di esercizio «per anticipazioni ai soci

(delle associazioni libere di agricoltori) in caso di utilizza

zione, trasformazione e vendita collettiva dei loro prodotti ».

Infatti, le operazioni di credito agrario di esercizio si ri

solvono in un sistema di finanziamento a favore degli

agricoltori produttori, onde cautelare questi ultimi, nella

ricerca del credito presso banche, dalla concorrenza di

operatori economici di rami diversi da quello della pro duzione agricola ed in grado di sollecitare il credito delle

banche stesse a condizioni piü vantaggiose per gli istituti

finanziari.

La regolarizzazione degli ammassi sia in quanto agli ammassi obbligatori totali (r. decreto legge 16 marzo

1936 n. 392, convertito nella legge 28 maggio 1936 n.

1228), sia in quanto agli ammassi obbligatori per con

tingente (decreto legisl. 5 settembre 1947 n. 888), e, invece, dominata da un fine prettamente e direttamente pubbli cistico, consistente nella necessity di assicurare, a prezzi di imperio, il fabbisogno necessario alia massa dei con

sumatori.

E giova richiamare che il carattere pubblicistico di cui

sopra ha informato sia l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte suprema (sent. n. 2251 del 1942, Foro it.,

1942, I, 890 ; n. 248 del 1945, id., 1944-46, I, 39 ; n. 176

del 1950, id., 1950, I, 1037), sia la evoluzione della dottrina

nella soggetta materia, facendo ritenere non contenibile

negli schemi privatistici la configurazione giuridica degli

ammassi, riportandola (specialmente sotto il profilo della

soppressione dello ius disponendi del prodotto nell'am

massante) nello schema di una espropriazione mobiliare,

oppure di una gestione coatta, o, anche, di un vero e pro

prio monopolio statale per la vendita dei prodotti am

massati, i quali, prima ancora del conferimento all'ammasso, si presenterebbero giä gravati da un onere reale di espro

priazione, che li rende indisponibili per i produttori. Giova a questo punto sottolineare come, pur essendosj

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