Sezione I civile; sentenza 27 luglio 1964, n. 2094; Pres. Celentano P., Est. Di Majo, P. M.Criscuoli (concl. conf.); Ente costruzioni e ricostruzioni-E.c.e.r. (Avv. Luciani) c. Finanze (Avv.dello Stato Vista)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 10 (1964), pp. 1939/1940-1941/1942Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23154007 .
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1939 PARTE PRIMA 1940
nata prima del merito. Deve esserlo, senza dubbio, nei
casi normali, in ossequio appunto del principio logico se
condo cui l'indagine sulla ammissibilità di una domanda
deve precedere l'indagine sulla sua fondatezza. Ma allor
quando, come nella specie, all'indagine sull'ammissibilità
della domanda non possa subito procedersi, essendo neces
sario che prima sia decisa, in altro processo, un'altra que stione ad essa pregiudiziale, e risulti, d'altro canto, cbe la
domanda, ammissibile o meno che sia, è comunque priva di fondamento, non può certo dirsi, ai sensi e per gli effetti
dell'art. 3, 2° comma, cod. proc. pen. e dell'art. 295 cod.
proc. civ., che dalla decisione della questione pregiudiziale a quella di ammissibilità dipenda la decisione della causa
relativa alla domanda infondata. La decisione di tale causa
può infatti aver luogo subito, prescindendo dalla questione di ammissibilità, mediante una pronuncia di rigetto della
domanda, pronuncia, che, data l'infondatezza della do
manda stessa, non lede in alcun modo i diritti dell'istante, e che assicura, d'altro canto, una sollecita tutela delle ra
gioni di colui contro il quale la domanda è stata proposta. L'esattezza e l'opportunità dei rilievi sin qui svolti in
via generale si appalesano ancor più evidenti qualora dei
rilievi stessi si faccia applicazione al caso concreto sottoposto all'esame della Corte.
Nella specie si tratta di un'istanza di regolamento di
competenza proposta contro una sentenza non definitiva di un giudice di primo grado, il quale ha dichiarato la pro
pria competenza sulla causa. La proposizione dell'istanza
ha sospeso di diritto (art. 48 cod. proc. civ.) il processo
pendente davanti al giudice di merito. Per stabilire se la
istanza sia ammissibile o meno si dovrebbe, come si è
visto, attendere l'esito del giudizio penale, che molto pro babilmente sarà iniziato a seguito del rapporto di questa Corte ; ed è verosimile che tale giudizio, attraverso i vari
gradi di giurisdizione, duri diversi anni.
Ma l'istanza di regolamento di competenza è, come si
dimostrerà di qui a poco, manifestamente infondata. (Omis sis)
Per questi motivi, rigetta il ricorso e dichiara la compe tenza per valore e per territorio del Tribunale di Yelletri. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo procedimento, liquidate in lire 4.100, oltre a lire settanta
cinquemila per onorario di avvocato. Ordina che sia fatto rapporto al procuratore della Re
pubblica di Velletri in ordine al reato di falsità prospettato dal procuratore generale nelle sue conclusioni, e che gli siano trasmessi le informazioni e gli atti occorrenti, nonché
copia della presente sentenza.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 27 luglio 1964, n. '2094; Pres. Celentano P., Est. Di Majo, P. M. Criscuoli (conci, conf.) ; Ente costruzioni e ricostruzioni-E.c.e.r. (Avv. Luciani) c. Finanze (Avv. dello Stato Vista).
(Gassa App. Roma 18 gennaio 1962)
Registro — Agevolazioni fiscali — Costruzioni per i senza tetto — Af fidaincnto dell'esecuzione a
terzi — Applicabilità (D. 1. 1. 10 aprile 1947 n. 261,
disposizioni per l'alloggio dei rimasti senza tetto in se
guito ad eventi bellici, art. 93).
Le agevolazioni fiscali previste dal decreto legisl. 10 aprile 1947In. 261 per la costruzione di case ai senza tetto si
estendono anche ai contratti con i quali il concessionario
affida a terzi l'esecuzione materiale dei lavori. (1)
(1) Questione esaminata per la prima volta dalla. Cassa zione ; in senso conforme App. Roma 7 luglio 1962, Foro it., Rep. 1962, voce Registro, n. 329.
Sulla interpretazione estensiva in materia di agevolazioni
La Corte, ecc. — Con. l'unico mezzo si censura la impu
gnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 93
del decreto legisl. 10 aprile 1947 n. 261, in relazione all'art.
360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. e si sostiene che il beneficio
concesso agli atti e contratti occorrenti per l'attuazione
della legge stessa copra anche i negozi di subappalto inter
venuti fra l'originario concessionario e le altre ditte.
La censura è fondata. I giudici del merito hanno pre messo che il beneficio fiscale previsto dall'art. 93 del de
creto legisl. n. 261 del 1947 è dato agli atti e contratti oc
correnti per la attuazione del decreto stesso (costruzione di case ai senza tetto) e per escludere dall'àmbito di tale
norma la fattispecie concreta hanno considerato che la
ratio della norma medesima sarebbe quella di non gravare la spesa di costruzione o ricostruzione degli alloggi dell'im
posta di cui trattasi, di talché il beneficio riguarderebbe l'amministrazione concedente l'appalto, rendendo a questa ultima possibile una migliore utilizzazione dei fondi de
stinati alla ricostruzione degli alloggi dei senza tetto ; non altrettanto, si aggiunge, si verificherebbe nei rap
porti fra appaltatore e subappaltatore, regolati esclusiva
mente da finalità di lucro che la legge non può avere consi
derato con favore.
Ora, questo ragionamento non coglie appieno il senso della legge.
Perchè, anzitutto, in tema di leggi tributarie sussiste la possibilità di ricorrere alla interpretazione estensiva
quando si ravvisino, nel caso non espressamente regolato dal legislatore, motivi e finalità propri dello spirito della
legge che si vuole applicare per estensione (sent. n. 863 de! 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Tasse in genere, n. 96 ; n. 611 del 1962, id., Rep. 1962, voce Registro, n. 643 ; n. 699 del 1962, ibid., voce Tasse in genere, n. 97 ; n. 1752
del 1963, id., Rep. 1963, voce cit., n. 147 bis). Ed i motivi e le finalità della legge che interessa sono
indubbiamente volti, come si desume del resto dal tenore letterale della norma, a favorire tutti quegli atti e contratti occorrenti per la costruzione di nuove case per i senza tetto,
epperò con riguardo a tutti quei negozi che, come mezzo a fine, siano in correlazione con quell'obiettivo, si ricol
leghino cioè all'attuazione della legge medesima ; la quale poi, nella sua normativa, specificamente prevede la possi bilità per l'ente concessionario di affidare ad altri la ese cuzione dei lavori avuti in concessione (art. 3), sicché può dirsi che in seno alla legge stessa è già configurato un atto che si ravvisa fra quelli necessari al raggiungimento dei fini
tipici che si intendono realizzare. Relazioni quindi ben indi viduate dal legislatore in modo immediato e diretto tra il concessionario, del quale rimane integra la responsa bilità verso lo Stato (ministero dei lavori pubblici) per il
regolare adempimento della concessione, e l'impresa cui in concreto viene affidata la materiale esecuzione dei lavori. Il collegamento tra i due atti (concessione e successivo ap palto dei lavori da parte del concessionario) è innegabile e come il primo è assistito dalle agevolazioni tributarie lo deve essere sicuramente anche il secondo perchè « occor rente per l'attuazione del decreto ».
In materia analoga, riguardante la costruzione di case non di lusso a norma della legge 2 luglio 1949 n. 408, que sta Corte suprema ha avuto occasione di precisare che le agevolazioni fiscali previste dall'art. 14 di detta legge per i contratti di appalto sono applicabili anche ai con tratti di subappalto, purché abbiano per oggetto la costru zione delle case regolate dalla legge stessa ed entro i ter mini da essa previsti (sent. n. 2690 del 1959 Foro it., 1959, I, 1455).
Si è considerato che, dal punto di vista della_struttura
giuridica, il subappalto, come contratto collegato e su bordinato con l'appalto, si identifica con l'appalto mede
simo, in quanto esso è un appalto concluso dall'appalta
fiscali, si veda, oltre le sentenze citate in motivazione, Cass. 19 aprile 1961, n. 8(33, id., 1902, X, 118, con ampia nota di richiami.
Riguardo all'estensione al subappalto dei benefici concessi con la legge 2 luglio 1949 n. 408, vedasi Cass. 6 ottobre 1959, n. 2690, id., 1959, I, 1455, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tore (clie assume la veste e le obbligazioni del commit
tente) verso un terzo (subappaltatore), ohe ha lo stesso og getto del contratto di appalto precedente (compimento parziale o totale della stessa opera).
Nel solco tracciato da questo indirizzo è agevole rite nere che rimane ancora più confermata la tesi secondo
cui, come si diceva innanzi, nello spirito della legge n. 201 del 1947, l'agevolazione fiscale ivi prevista debba esten dersi anche ai contratti con i quali il concessionario dei
lavori per la ricostruzione delle case ai senza tetto affi
da a terzi, in conformità a quanto previsto dalla legge stessa, la materiale esecuzione dei lavori medesimi.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio della causa ad altra sezione della stessa corte
d'appello che, nel nuovo esame, si uniformerà al principio di diritto testé enunciato, e provvederà la corte st ssa
anche in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 24 luglio 1964, n. 2028 ; Pres
Varai,i,o P., Est. Caporaso, P. M. Toro (conci, conf.) Cerioli (Avv. Bolognesi) c. Besson.
(Dichiara inammissibile ricorso avverso Trib. Crema 20 feb braio 196-3)
Ricusa e astensione «lei <|iu<lice — Ordinanza sulla
ricusazione — Hieorso per cassazione Inam
missibilità (Cod. proc. civ., art. 52, 53, 54).
È inammissibile il ricorso per cassazione avverso Vordinanza
di rigetto della istanza di ricusazione. (1)
La Corte, ecc. — Devesi preliminarmente stabilire se
sia o non ammissibile il ricorso contro il provvedimento di
rigetto della istanza di ricusazione. A norma degli art. 52
e 53 cod. proc. civ. nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi dal giudizio, ciascuna delle parti può proporne la ricusazione, mediante semplice ricorso, il quale non va
notificato nè alla controparte, nè al giudice ricusato. Sulla
istanza si provvede con ordinanza non impugnabile. Ne
consegue elìe in tanto la denunciata ordinanza del Tribu
nale di Crema, come sopra composto, potrebbe essere im
pugnata con ricorso per cassazione, in quanto fosse possi bile riconoscere in essa il contenuto materiale di una sen
tenza, anziché quello della ordinanza. È ormai consolidato
orientamento giurisprudenziale che, per effetto dell'art. Ili
della Costituzione, sono impugnabili per cassazione tutti i
provvedimenti dei giudici ordinari e speciali, che abbiano
carattere sostanziale di sentenza, anche se per essi la legge
prescriva la forma della ordinanza (o del decreto). Senonchè, considerati il carattere, il contenuto e la
finalità pratica della ordinanza che decide sulla ricusa
zione del giudice (art. 53 cod. proc. civ.), la Corte di cas
sazione, con giurisprudenza ormai costante, ha negato che
contro «li essa possa ammettersi il ricorso per cassazione
ex art. Ili della Costituzione (Cass. 19 aprile 1962, n. 774, Foro it., Rep. 1962, voce Ricusa, n. 8 ; 3 marzo 1962, n.
403, ibid., voce Cassazione civ., n. 23 ; 17 gennaio 1959, n. 121, id., Rep. 1959, voce Ricusa, n. 12^; 30 dicembre
1959, n. 3608, ibid., n. 13, ecc.). A tale conclusione si perviene considerando la confi
gurazione ed il carattere che l'ordinamento processuale
vigente dà al procedimento di ricusazione ed al relativo
atto terminale. Con esso viene regolata esclusivamente la
(1) Giurisprudenza costante : Cass. 19 aprile 1962, n. 774, Foro it., Rep. 1962, voce Ricusa, n. 8 ; 17 gennaio 1959, n. 121,
id., Rep. 1959, voce cit., n. 12 ; 30 dicembre 1959, n. 3608, ibid., n. 13 ; 26 gennaio 1955, n. 184, id., 1956, I, 1155, con ulteriori
conformi richiami giurisprudenziali.
composizione dell'organo giurisdizionale che deve giudicare la controversia nella quale si è inserita la istanza di ricusa zione. Si tratta di procedimento che si instaura su semplice richiesta di una delle parti del giudizio, senza che si formi un vero e proprio contraddittorio tra due o più contendenti.
Non sono infatti legittimati a contraddire nò la contro
parte nò il giudice ricusato. Questo ultimo deve essere
sentito, come deve procedersi alla necessaria istruttoria in
base alle indicazioni del richiedente, ma tutto ciò è confi
gurato come dovere del giudice d'informarsi e di accertare i fatti prima di provvedere, funzionando la istanza della
parte più come denuncia della incompatibilità del giudice rispetto ad un determinato processo che come formale do
manda nei confronti di un diretto e legittimo controinteres
sato. Segno questo che, secondo il diritto tuttora vigente in materia di ricusazione del giudice civile, non si è voluto
dare alla procedura in questione il fine di tutelare diretta
mente diritti e interessi delle parti, ma quello, più circo
scritto, di accertare o di rimuovere un ostacolo alla capacità del giudice di esercitare nel caso concreto il potere giurisdi zionale, di cui è genericamente investito. Si tratta quindi di una procedura in funzione strumentale rispetto alla lite, nella quale l'incidente di ricusazione s'inserisce, senza tut
tavia apportare nessun definitivo ed irrimediabile pregiu dizio ai diritti ed agli interessi dell'ima e dell'altra parte in causa, tanto più se si condivide la tesi accolta da questo
Supremo collegio, che « la violazione dell'obbligo del giu dice di astenersi nei casi specificati dalla legge, può dar
luogo a doglianze davanti la Corte di cassazione (contro la sentenza nella controversia cui la ricusazione si riferi
sce), solo quando la parte abbia fatto valere le sue ragioni con il procedimento di ricusazione previsto dall'art. 53 cod.
proc. civ. e quando tale procedimento e la sua decisione
presentino motivi di annullamento ai sensi dell'art. 560
cod. proc. civ. » (Cass. 16 agosto 1951, n. 2528, Foro it., Rep. 1951, voce Sentenza civ., n. 55).
Le ricorrenti sostengono però che, se si dovesse esclu
dere il ricorso per cassazione contro l'ordinanza in parola, nonostante il disposto dell'art. Ili della Carta costituzio
nale, sorgerebbe illic et immediat una questione di ille
gittimità costituzionale dell'art. 53 cod. proc. civ. Ma, come
si è visto, non si discute ed anzi si ammette l'applicabilità dell'art. Ili della Costituzione a tutti i provvedimenti aventi natura sostanziale di sentenza e quindi, ipotetica mente e potenzialmente, anche alla ordinanza prevista dal
l'art. 53, sempre che il carattere ed il contenuto essenziale
di tale ultimo provvedimento siano ritenuti conformi e
corrispondenti al carattere ed al contenuto della sentenza.
Chè se invece s'interpreta, alla stregua di quanto si è detto
più sopra, il provvedimento di cui all'art. 53 come vera e
propria ordinanza, nella sua forma come nella sua sostanza, allora si è certamente fuori dell'àmbito dell'art. Ili della
Costituzione e non v'è luogo a questione di incostituziona
lità della citata norma di procedura. La giurisprudenza della Corte di cassazione è però
ferma nel ritenere che si tratta di provvedimento avente
natura di ordinanza, come tale non ricorribile per cassazione.
Eccepiscono altresì le ricorrenti che a diversa conclu
sione dovrebbe indurre il fatto che nella materia penale l'art. 69 cod. proc. pen., integrato dall'aggiunta del 4°
comma apportatavi dalla legge di riforma del 18 giugno 1955 n. 517, dichiara la impugnabilità della ordinanza
pronunziata sulla istanza di ricusazione. È ovvio però che
tale norma non può essere applicata al rito civile, nè può far diversamente stabilire il carattere della parallela ordi
nanza prevista dal codice di procedura civile. È il legisla tore ohe deve intervenire, come già ha fatto nel campo
penale, per modificare la disciplina della ricusazione del
giudice civile, ove dovesse ritenere che l'interesse dei pri vati fosse da tutelare, anche in materia di controversia
civile, mediante un giudizio contenzioso culminante in un
provvedimento giurisdizionale impugnabile per cassazione.
Ma non può il giudice estendere la disciplina propria della
procedura penale a quella civile, modificando, a suo arbi
trio, la portata ed il contenuto degli art. 52 e segg. cod.
proc. civile.
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