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sezione I civile; sentenza 27 luglio 1998, n. 7368; Pres. Corda, Est. Fioretti, P.M. Gambardella...

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sezione I civile; sentenza 27 luglio 1998, n. 7368; Pres. Corda, Est. Fioretti, P.M. Gambardella (concl. conf.); Min. finanze c. Del Negro e altri (Avv. Mainardis). Conferma Comm. trib. centrale 15 gennaio 1996, n. 79 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1995/1996-1999/2000 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193736 . Accessed: 28/06/2014 15:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 15:28:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 27 luglio 1998, n. 7368; Pres. Corda, Est. Fioretti, P.M. Gambardella(concl. conf.); Min. finanze c. Del Negro e altri (Avv. Mainardis). Conferma Comm. trib.centrale 15 gennaio 1996, n. 79Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1995/1996-1999/2000Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193736 .

Accessed: 28/06/2014 15:28

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1995 PARTE PRIMA 1996

tenuto ininfluente la statuizione sull'affidamento presa dal tri

bunale ordinario.

Tale ininfluenza è esatta, e sulla base di essa il tribunale ha

esattamente formulato il dispositivo del provvedimento, ancor

ché vada corretta la motivazione del provvedimento sul punto. Va osservato al riguardo che l'art. 7 1. n. 64 del 1994, di

esecuzione della convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli

aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, attri

buisce al tribunale per i minorenni del luogo dove si trova il

minore la competenza a conoscere delle istanze di riconsegna del minore stesso al genitore al quale sia stato sottratto.

L'art. 16 della convenzione su detta statuisce che «dopo ave

re ricevuto notizia di un trasferimento illecito di un minore o

del suo mancato ritorno ai sensi dell'art. 3, le autorità giudizia rie o amministrative dello Stato contraente nel quale il minore

è stato trasferito o è trattenuto, non potranno deliberare per

quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento, fino a quando non sia stabilito che le condizioni della presente convenzione, relative al ritorno del minore, sono state soddisfatte, o non sia

trascorso un periodo ragionevole senza che sia stata inoltrata

un'istanza in applicazione della convenzione». Tale norma è cor

relata con le finalità della convenzione, quali sono enunciate

nel suo preambolo, tra le quali vi è quella di proteggere il mino

re, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti

dal suo trasferimento o mancato rientro illecito, stabilendo pro cedure dirette ad assicurare l'immediato rientro del minore nel

proprio Stato di residenza abituale, considerando tale rientro

in linea di principio conforme all'interesse del minore a non

essere allontanato dal genitore al quale è stato affidato e presso il quale vive.

Coerentemente a tale scopo l'art. 16, al fine di impedire che

controversie relative all'affidamento del minore vengano instau

rate per cercare di paralizzarne il rientro presso il genitore al

quale sia stato sottratto, prevedendo che le autorità dello Stato

nel quale è stato trasferito o trattenuto, dopo avere ricevuto

notizia del trasferimento illecito del minore, non possano «deli

berare per quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento»

prima che si sia adempiuto a quanto prescritto dalla convenzio

ne stessa, o sia trascorso un ragionevole periodo di tempo senza

che alcuna istanza sia stata inoltrata ai sensi della convenzione, non priva dette autorità della giurisdizione al riguardo — non

essendo detta giurisdizione trasferita ad altro giudice di altro

ordinamento o dello stesso ordinamento e non essendo concepi bile che sulla domanda venga meno la giurisdizione di qualsiasi

giudice — ma impone ad esse la sospensione di ogni decisione

sull'affidamento.

A ulteriore rafforzamento dell'attuazione degli scopi perse

guiti dalla convenzione, ed a garanzia della sua osservanza da

parte degli Stati aderenti, il successivo art. 17 statuisce che «il

solo fatto che una decisione relativa all'affidamento sia stata

presa o sia passibile di riconoscimento dello Stato richiesto non

può giustificare il rifiuto di far tornare il minore, in forza della

presente convenzione».

Ne deriva che il motivo — con il quale si allega l'incompeten za del tribunale per i minorenni a decidere sull'applicazione del

la convenzione ed il diritto del ricorrente a trattenere il minore

presso di sé in base al provvedimento di affidamento dello stes

so ottenuto dal Tribunale ordinario di Reggio Calabria in data

14 aprile 1996 — va rigettato alla stregua dei su detti art. 16

e 17 della convenzione, correggendosi la motivazione del prov vedimento impugnato, nel senso che il giudice nazionale adito

con la richiesta di separazione personale non è privo di giurisdi zione riguardo alla richiesta del provvedimento interinale o de

finitivo di affidamento del minore, ma è tenuto a sospendere

ogni decisione al riguardo sino alla definizione del procedimen to di riconsegna del minore previsto dalla convenzione su detta,

procedimento alla definizione del quale è competente il tribuna

le per i minorenni ai sensi dell'art. 7 1. n. 64 del 1994 di esecu

zione della convenzione, senza che su tale competenza, per quanto

sopra detto, spieghi alcun effetto la pendenza di procedimenti relativi all'affidamento del minore e senza che abbiano rilievo

ostativo, in relazione alle statuizioni che il tribunale per i mino

renni è chiamato ad emettere ai sensi della convenzione, gli even

tuali provvedimenti presi in qualunque tempo nei su detti pro

cedimenti, potendo esso tenerne conto unicamente prendendone in considerazione le motivazioni al fine di stabilire se ne risulti

li Foro Italiano — 1999.

no elementi ostativi, ai sensi della convenzione, alla riconsegna del minore al genitore al quale sia stato sottratto.

4. - Parimenti infondato è il secondo motivo, con il quale si deducono insufficienze motivazionali in ordine al pregiudizio che potrebbe derivare al minore dal ritorno presso la madre, che ha iniziato una convivenza con altro uomo, derivanti anche

dall'omissione delle indagini richieste in relazione a tale dedotto

pregiudizio. Al riguardo va osservato che la convenzione dell'Aja prevede

che, in linea di principio, debba senz'altro essere ordinata la

restituzione del minore sottratto al genitore affidatario, con le

sole eccezioni previste dall'art. 13, tra le quali rientra il «rischio

grave che il rientro del minore lo esponga a un danno fisico

o psichico o lo esponga ad una situazione intollerabile». Il 1°

comma dell'articolo, peraltro, addossa l'onere di tale prova alla

persona, istituzione o organismo che si oppongono al rientro

presso il genitore al quale sia stato sottratto, disponendo altresì

che debba tenersi conto delle informazioni sulla situazione del

minore fornite dall'«autorità centrale e da ogni altra autorità

competente dello Stato di residenza abituale del minore».

Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto, con motivazione

adeguata, insussistente la prova in atti della mancanza per il

minore del su detto rischio, né in questa sede vengono indicate

specifiche omissioni di valutazione al riguardo, censurabili sot

to il profilo motivazionale, emergenti dagli atti, tali non essen

do le mancate indagini — non previste dalla convenzione —

sulla personalità del convivente della madre del minore, in rela

zione alla quale lo stesso ricorrente non ha dedotto alcun con

creto elemento che implichi il su detto rischio.

Anche il terzo motivo è infondato, avendo per un verso esat

tamente il tribunale negato la possibilità di riunione della pro cedura dinanzi ad esso pendente per il rimpatrio del minore

a quella instaurata per ottenere la decadenza della madre dalla

potestà genitoriale; per altro verso ostando comunque il sopra citato art. 16 della convenzione dell'Aja all'emissione di qua

lunque pronuncia attinente all'affidamento del minore prima della decisione di quella sulla riconsegna del minore al genitore al quale è stato sottratto.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 luglio 1998, n. 7368; Pres. Corda, Est. Fioretti, P.M. Gambar

della (conci, conf.); Min. finanze c. Del Negro e altri (Avv.

Mainardis). Conferma Comm. trib. centrale 15 gennaio 1996, n. 79.

Valore aggiunto (imposta sul) — Accesso in locali adibiti ad

abitazione — Difetto di autorizzazione del procuratore della

repubblica — Illegittimità — Mancata opposizione del contri

buente — Irrilevanza (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istitu

zione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 52).

Va annullato l'avviso di accertamento fondato sulle risultanze di un accesso effettuato in un'abitazione, senza la prescritta autorizzazione del procuratore della repubblica, ai sensi del

l'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, a nulla rilevando che

il contribuente non abbia fatto opposizione, non potendosi

configurare un consenso, laddove quest'ultimo sia stato ripe tutamente ammonito dai militari in merito alle conseguenze

sfavorevoli che gli sarebbero derivate da un rifiuto di esibi

zione della documentazione richiesta. (1)

(1) Comm. trib. centrale 15 gennaio 1996, n. 79, qui confermata, è massimata in Foro it., Rep. 1996, voce Tributi in genere, n. 1026.

In senso conforme alla pronunzia in epigrafe, con riferimento ad ac

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Nel periodo 4 aprile 1985-4 giu

gno 1985 la guardia di finanza effettuava una verifica fiscale

nei confronti di Di Gleria Paride. All'esito della verifica redige va processo verbale di constatazione sulla base del quale l'uffi

cio provinciale Iva di Udine emetteva avvisi di irrogazione di

sanzioni per mancata emissione, nel corso degli anni dal 1980

al 1984, di bolle di accompagnamento delle merci viaggianti. Avverso detti avvisi il Di Gleria proponeva ricorso alla Com

missione tributaria di primo grado di Udine, deducendo che

gli avvisi erano nulli, perché la verifica era avvenuta con acces

so a locali adibiti ad uso di abitazione senza l'autorizzazione

del procuratore della repubblica di cui all'art. 52 d.p.r. 633/72,

e comunque che l'emissione delle bolle di accompagnamento

non era obbligatoria, dato che si trattava di merci occorrenti

per riparazioni e manutenzioni presso clienti.

La commissione tributaria adita, con distinte pronunzie, re

spingeva tutti i ricorsi, tranne quello relativo al 1980, che veni

va parzialmente accolto con riduzione della sanzione in applica

zione della continuazione di cui all'art. 8 1.7 gennaio 1929 n. 4.

Tali decisioni venivano appellate dal contribuente e per quan

to riguarda il 1980 anche dall'ufficio.

cessi in autovettura privata, v. Cass. 8 novembre 1997, n. 11036, id.,

1998, I, 1531, con nota di richiami, ad avviso della quale, ai sensi del

l'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, è illegittima l'acquisizione di

documenti rinvenuti nell'autovettura di proprietà di un terzo estraneo

al rapporto tributario, nel corso di un accesso non autorizzato dal pro curatore della repubblica, a nulla rilevando che il proprietario del vei

colo non abbia fatto opposizione; v., inoltre, anch'essa in relazione

ad accessi in autovettura privata, Cass. 2 febbraio 1998, n. 1036, id.,

Mass., 109, e Riv. dir. trib., 1998, II, 720, che ha affermato l'illegitti mità della ricerca ed acquisizione di documenti avvenuta senza l'auto

rizzazione della procura della repubblica e senza il consenso del pro

prietario dell'autoveicolo, al contempo affermando l'irrilevanza del so

pravvenuto consenso dell'interessato; per la giurisprudenza tributaria, v. Comm. trib. centrale 5 settembre 1994, n. 2989, Foro it., Rep. 1994,

voce Valore aggiunto (imposta), n. 277, secondo cui il consenso del

contribuente sana l'illegittimità dell'accesso.

V., in dottrina, le perplessità manifestate da A. Toppan, Accessi,

verifiche e ricerche della guardia di finanza su autoveicoli e «sponta nea» esibizione di documenti utili all'accertamento tributario, in Riv.

dir. trib., 1998, II, 726 ss., in merito ad una collaborazione del contri

buente dettata dal timore di non poter utilizzare altrimenti documenti

a lui favorevoli e di subire conseguenze negative dal rifiuto di esibizione

degli stessi. Ad avviso di questo autore, «. . . anche a voler qualificare la volontarietà di tale collaborazione come 'consenso' all'accesso, reste

rebbe fermo che si tratterebbe pur sempre di consenso viziato da errore, in quanto prestato nell'erronea convinzione che l'accesso si svolga se

condo le previsioni di legge, mentre soltanto un consenso consapevole, basato sulla precisa conoscenza dell'illegittimità dell'atto, potrebbe ave

re efficacia sanante».

Nello stesso senso, v. G. Ferraù, Illegittimi gli avvisi fondati su dati

acquisiti durante accessi senza autorizzazione, in Corriere trib., 1998,

3490 ss., il quale ritiene che «il consenso del contribuente all'accesso,

per avere efficacia sanante, deve essere espressamente prestato e per

produrre tale effetto deve essere spontaneo e consapevole, in base alla

conoscenza dei vizi che rendono illegittima l'ispezione»; G. Vanz, In

dagini fiscali e caratteri della «spontanea» collaborazione del contri

buente o di terzi ai fini dell'utilizzabilità del materiale probatorio acqui

sito, in Rass. trib., 1998, 1387 ss., ad avviso del quale non è configura bile alcun libero consenso del contribuente quando l'invito a procedere all'accesso rivolto ai militari operanti sia stato formulato dal contri

buente «a seguito di ripetuti richiami alle conseguenze sfavorevoli che

sarebbero derivate da un suo rifiuto di esibire i libri e i registri contabili

custoditi nell'abitazione»; G. Porcaro, Vizi oggettivi dell'attività istrut

toria e spontaneità nell'esibizione di documenti, ibid., 524 ss., ad avvi

so del quale «se si escludono i casi di partecipazione 'provocata' (richie

sta di esibizione di documentazione) e di partecipazione che si risolve

nella spontanea fornitura di elementi ai fini dell'accertamento (ad esempio

il prezzo o la percentuale di ricarico applicata), l'intervento del contri

buente nella fase istruttoria rimane una mera eventualità priva di ogni

conseguenza giuridica»; «. . . su queste basi sistematiche, non sembra

in alcun modo ricavabile l'idea di attribuire alla spontanea partecipa

zione del contribuente efficacia sanante degli eventuali vizi nell'esplica

zione dell'attività istruttoria. E ciò proprio in quanto l'attività del con

tribuente e l'attività dell'organo accertatore si sviluppano su piani di

versi e fondamentalmente paralleli». V. anche, in tema, R. Fanelli,

La corretta procedura per i controlli su auto private, in Corriere trib.,

1998, 636.

Il Foro Italiano — 1999.

La Commissione tributaria di secondo grado di Udine, rite

nuto illegittimo l'accesso della guardia di finanza, annullava gli

avvisi. Contro tali decisioni l'ufficio ricorreva alla Commissione tri

butaria centrale che, previa riunione, respingeva i ricorsi.

Osservava detto giudice che gli accessi presso l'abitazione del

contribuente, effettuati dalla guardia di finanza senza la pre scritta autorizzazione del procuratore della repubblica, dovevansi

ritenere illegittimi e che conseguentemente dovevansi ritenere nulli

gli avvisi di irrogazione che ne erano derivati.

Né poteva ritenersi che, essendo i militari entrati nell'abita

zione con il consenso del Di Gleria, detta autorizzazione non

fosse necessaria, dato che l'invito a procedere all'accesso venne

da questo formulato a seguito dei ripetuti richiami alle conse

guenze sfavorevoli che sarebbero derivate da un suo rifiuto di

esibire i libri ed i registri contabili custoditi nell'abitazione.

Né infine poteva trascurarsi il fatto che il processo verbale

di constatazione, redatto dalla guardia di finanza, era stato di

chiarato nullo dal giudice penale con sentenza passata in giudi

cato a causa della suindicata irregolarità. Avverso detta decisione il ministero delle finanze ha proposto

ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Del Negro Ma

rina, Di Gleria Roberto, Di Gleria Rudy, Di Gleria Fabrizio,

tutti quali eredi di Di Gleria Paride, hanno resistito con contro

ricorso, depositando anche memoria difensiva.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente

denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 52 d.p.r.

633/72; 2697 c.c.; 2699, 2700 c.c.; da 2727 a 2729 c.c.; dei

principi generali in materia di prova e di prova documentale;

di atti del giudice penale; dell'art. 12 1. 516/82; dell'art. 28 c.p.p.

del 1930; dell'art. 654 c.p.p.; del combinato disposto delle nor

me e dei principi sopra richiamati; violazione e falsa applicazio ne dell'art. 37 d.p.r. 636/72 e dell'art. 132 c.p.c.; motivazione

omessa, insufficiente, contraddittoria su punto decisivo della con

troversia.

Deduce il ricorrente che nel caso di specie non era necessaria

l'autorizzazione del procuratore della repubblica, avendo il Di

Gleria invitato i militi ad entrare ed a svolgere ricerche. Il con

senso all'accesso, poi, non poteva essere escluso da eventuali

richiami dei militi operanti alle conseguenze che la legge fa deri

vare da un rifiuto di esibire la documentazione posseduta e tan

tomeno dai doverosi ammonimenti di rito rivolti al contribuen

te all'inizio della verifica. Che detti ammonimenti abbiano indotto il Di Gleria all'invi

to da lui formulato sarebbe stato, poi, apoditticamente affer

mato dalla Commissione tributaria centrale, che non avrebbe

fornito al riguardo alcuna dimostrazione.

Parimenti erroneo sarebbe il riferimento alla sentenza penale,

non potendo questa avere alcun rilievo, non risultando che l'am

ministrazione finanziaria fosse stata messa in condizione di par

tecipare al giudizio. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e fal

sa applicazione degli art. da 52 a 58 d.p.r. 633/72; dell'art.

14 Cost.; dei principi generali in materia di validità degli atti giuridici e di prova e del combinato disposto dei principi e nor

me soprarichiamati; motivazione omessa, insufficiente, contrad

dittoria su punto decisivo della controversia.

Secondo il ricorrente l'accesso in mancanza dell'autorizzazio

ne del procuratore della repubblica potrebbe dar luogo a re

sponsabilità dei militari operanti, ma non potrebbe determina

re, non essendo prevista da alcuna disposizione di legge, l'inuti

lizzabilità dei dati raccolti, né la nullità del processo verbale

di constatazione e degli avvisi di accertamento o di irrogazione

di sanzioni emanati in base a questo.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Sostiene l'amministrazione ricorrente, come su riferito, che

il Di Gleria invitò i militari della guardia di finanza ad entrare

nei locali di sua abitazione e ad eseguire le ricerche della docu

mentazione di loro interesse e ciò integrerebbe pieno consenso

all'accesso, consenso che non potrebbe essere escluso da even

tuali ripetuti richiami alle conseguenze che la legge fa derivare

da un rifiuto di esibire la documentazione posseduta o dagli

ammonimenti di rito rivolti al contribuente.

Inoltre la commissione centrale avrebbe affermato apoditti

camente il collegamento tra gli ammonimenti rivoltigli ed il con

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1999 PARTE PRIMA 2000

senso all'accesso del Di Gleria, dato che risulterebbe solamente

che la guardia di finanza ad inizio di verifica effettuò gli am

monimenti di legge e che nel corso della verifica il Di Gleria

fece l'invito di cui sopra. Pertanto sul punto di fatto in questione la motivazione della

pronunzia sarebbe meramente apparente e affetta da travisata

considerazione delle risultanze e degli atti di causa.

Tali affermazioni non possono essere condivise.

Va osservato preliminarmente che il ricorso per cassazione

è stato proposto ai sensi dell'art. 111 Cost, e che l'inosservanza

dell'obbligo di motivazione su questioni di fatto può essere de

nunciata con detto mezzo quando si traduce in mancanza della

motivazione stessa e che ciò si verifica non solo nei casi di radi

cale carenza, ma anche quando essa si estrinsechi in argomenti non idonei a rivelare la ratio decidendi (motivazione apparen

te), o fra loro logicamente inconciliabili o obiettivamente in

comprensibili (motivazione perplessa) (cfr., in tal senso tra le

molte, Cass. 10598/92 resa a sezioni unite, Foro it., 1995, I,

633; 3067/95, id., Rep. 1995, voce Tributi in genere, n. 1598;

5438/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 1660). Nella decisione impugnata, con riferimento al punto di fatto

in questione, si legge testualmente:

«Né può ritenersi che, nella fattispecie sottoposta a questo

giudizio, l'ingresso dei militari avvenne con il consenso del Di

Gleria e che, perciò, non era necessaria l'autorizzazione del ma

gistrato, tenuto conto delle circostanze in cui l'invito venne for

mulato e cioè a seguito dei ripetuti richiami alle conseguenze sfavorevoli che sarebbero derivate da un suo rifiuto di esibire

i libri e i registri contabili custoditi nell'abitazione (cfr. disposi zioni di legge riportate nel verbale).

D'altro canto, non si può trascurare da un lato che la verifica

nell'abitazione fu svolta senza l'autorizzazione prescritta, in virtù

di una norma che la prevede e che è stata richiamata nel verbale

dagli stessi militari che l'hanno redatto; dall'altro che il proces so verbale di constatazione in questione è stato dichiarato nullo

dal giudice penale, con sentenza passata in giudicato a causa

delle stesse irregolarità che sono in questa sede in discussione».

Tale motivazione è idonea a rivelare la ratio decidendi, essen

do indicate le ragioni per le quali il giudice a quo ha ritenuto

di dover escludere l'avvenuta prestazione del consenso all'acces

so, e non contiene argomentazioni fra loro logicamente inconci

liabili o obiettivamente incomprensibili, atteso che il su riporta to iter argomentativo, seppur conciso, è logico e perfettamente

comprensibile. Deve escludersi, pertanto, la denunciata violazione dell'art.

132, n. 4, c.p.c.

Censura, altresì, l'amministrazione ricorrente il riferimento

alla sentenza penale, sostenendone la erroneità: — perché l'amministrazione stessa non fu posta in grado di

partecipare al processo; — perché il provvedimento del giudice penale non è una sen

tenza (come travisatamente afferma la decisione impugnata), ben sì un'ordinanza resa in limine al dibattimento;

— perché sia l'art. 28 c.p.p. abrogato, sia l'art. 12 1. 516/82, sia l'art. 654 del nuovo c.p.p. prevedono che la sentenza penale faccia stato per quanto riguarda i fatti materiali accertati dal

giudice, per cui la dichiarazione di nullità del giudice penale del verbale, perché l'accesso era avvenuto senza autorizzazione

del procuratore della repubblica, non potrebbe far stato nel pre sente processo, trattandosi di diritto e non di fatto.

Tali censure, anche se fondate, si palesano irrilevanti, in quanto il richiamo alla sentenza penale non costituisce l'unica ratio de

cidendi, ma argomento ulteriore rispetto alle precedenti argo mentazioni, che da sole valgono a sorreggere la decisione impu

gnata e che, come dimostrato, non vengono scalfite dalle altre

censure mosse dall'amministrazione ricorrente.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

L'art. 52, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, dispone che gli uffici dell'Iva possano disporre l'accesso di impiegati dell'amministrazione finanziaria nei locali destinati all'esercizio

di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali per

procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e

ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del

l'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni; che gli impiegati che eseguono l'accesso devono essere muniti

Il Foro Italiano — 1999.

di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo del capo del

l'ufficio da cui dipendono;

che, in ogni caso, per accedere in locali che siano adibiti an

che ad abitazione è necessaria anche l'autorizzazione del procu ratore della repubblica.

L'amministrazione ricorrente sostiene che la mancanza di tale

ultima autorizzazione non determinerebbe l'illegittimità degli atti

che si fondino sui dati acquisiti a seguito dell'accesso nell'abita

zione del contribuente, come affermato dalla decisione impu

gnata, e che la tutela di quest'ultimo si risolverebbe esclusiva

mente nella responsabilità (penale, civile, amministrativa, a se

conda dei casi) di colui che aggredisce il domicilio fuori dei

casi di legge. Tale tesi non può essere condivisa.

Gli avvisi di accertamento o di rettifica o di irrogazione di

sanzioni hanno la natura di atti amministrativi e, quindi, come

qualsiasi atto amministrativo, possono essere affetti dal vizio

che va sotto il nome di violazione di legge. Ciò posto, non si può ragionevolmente negare che gli avvisi

summenzionati siano inficiati da tale vizio nell'ipotesi in cui

siano motivati facendo riferimento a dati acquisiti in violazione

di disposizioni di legge di carattere imperativo, quale quella in

esame, che prevede per l'accesso nell'abitazione del contribuen

te la «necessaria» autorizzazione del procuratore della repubblica. In mancanza dell'autorizzazione in questione si verifichereb

be un'ingiustificata compressione del fondamentale diritto al

l'inviolabilità del domicilio sancito dall'art. 14 Cost., per cui

anche in tal caso deve valere il principio formulato dalla Corte

costituzionale nella sentenza 6 aprile 1973, n. 34 (id., 1973, I,

953), emessa a seguito di denuncia di illegittimità costituzionale

dell'art. 226, ultimo comma, c.p.p. abrogato, secondo il quale «attività compiute in dispregio dei fondamentali diritti del citta dino non possono essere assunte di per sé a giustificazione e

a fondamento di atti processuali a carico di chi quelle attività

costituzionalmente illegittime abbia subito».

Conclusivamente può affermarsi, pertanto, anche in conside

razione delle analogie che l'attività istruttoria, necessaria per l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione

e delle altre violazioni, presenta con l'attività istruttoria penale, che attività compiute in dispregio del fondamentale diritto al

l'inviolabilità del domicilio, non possono essere assunte di per sé a giustificazione ed a fondamento di avvisi di accertamento

o di irrogazione di sanzioni a carico di chi quelle attività costi

tuzionalmente illegittime abbia subito, dato che in mancanza

dell'autorizzazione del procuratore della repubblica viene meno

la prevalenza dell'interesse fiscale, anch'esso costituzionalmente

garantito dall'art. 53 Cost., sul diritto del contribuente all'in

violabilità del proprio domicilio.

Per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

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