sezione I civile; sentenza 27 luglio 1998, n. 7368; Pres. Corda, Est. Fioretti, P.M. Gambardella(concl. conf.); Min. finanze c. Del Negro e altri (Avv. Mainardis). Conferma Comm. trib.centrale 15 gennaio 1996, n. 79Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1995/1996-1999/2000Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193736 .
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1995 PARTE PRIMA 1996
tenuto ininfluente la statuizione sull'affidamento presa dal tri
bunale ordinario.
Tale ininfluenza è esatta, e sulla base di essa il tribunale ha
esattamente formulato il dispositivo del provvedimento, ancor
ché vada corretta la motivazione del provvedimento sul punto. Va osservato al riguardo che l'art. 7 1. n. 64 del 1994, di
esecuzione della convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli
aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, attri
buisce al tribunale per i minorenni del luogo dove si trova il
minore la competenza a conoscere delle istanze di riconsegna del minore stesso al genitore al quale sia stato sottratto.
L'art. 16 della convenzione su detta statuisce che «dopo ave
re ricevuto notizia di un trasferimento illecito di un minore o
del suo mancato ritorno ai sensi dell'art. 3, le autorità giudizia rie o amministrative dello Stato contraente nel quale il minore
è stato trasferito o è trattenuto, non potranno deliberare per
quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento, fino a quando non sia stabilito che le condizioni della presente convenzione, relative al ritorno del minore, sono state soddisfatte, o non sia
trascorso un periodo ragionevole senza che sia stata inoltrata
un'istanza in applicazione della convenzione». Tale norma è cor
relata con le finalità della convenzione, quali sono enunciate
nel suo preambolo, tra le quali vi è quella di proteggere il mino
re, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti
dal suo trasferimento o mancato rientro illecito, stabilendo pro cedure dirette ad assicurare l'immediato rientro del minore nel
proprio Stato di residenza abituale, considerando tale rientro
in linea di principio conforme all'interesse del minore a non
essere allontanato dal genitore al quale è stato affidato e presso il quale vive.
Coerentemente a tale scopo l'art. 16, al fine di impedire che
controversie relative all'affidamento del minore vengano instau
rate per cercare di paralizzarne il rientro presso il genitore al
quale sia stato sottratto, prevedendo che le autorità dello Stato
nel quale è stato trasferito o trattenuto, dopo avere ricevuto
notizia del trasferimento illecito del minore, non possano «deli
berare per quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento»
prima che si sia adempiuto a quanto prescritto dalla convenzio
ne stessa, o sia trascorso un ragionevole periodo di tempo senza
che alcuna istanza sia stata inoltrata ai sensi della convenzione, non priva dette autorità della giurisdizione al riguardo — non
essendo detta giurisdizione trasferita ad altro giudice di altro
ordinamento o dello stesso ordinamento e non essendo concepi bile che sulla domanda venga meno la giurisdizione di qualsiasi
giudice — ma impone ad esse la sospensione di ogni decisione
sull'affidamento.
A ulteriore rafforzamento dell'attuazione degli scopi perse
guiti dalla convenzione, ed a garanzia della sua osservanza da
parte degli Stati aderenti, il successivo art. 17 statuisce che «il
solo fatto che una decisione relativa all'affidamento sia stata
presa o sia passibile di riconoscimento dello Stato richiesto non
può giustificare il rifiuto di far tornare il minore, in forza della
presente convenzione».
Ne deriva che il motivo — con il quale si allega l'incompeten za del tribunale per i minorenni a decidere sull'applicazione del
la convenzione ed il diritto del ricorrente a trattenere il minore
presso di sé in base al provvedimento di affidamento dello stes
so ottenuto dal Tribunale ordinario di Reggio Calabria in data
14 aprile 1996 — va rigettato alla stregua dei su detti art. 16
e 17 della convenzione, correggendosi la motivazione del prov vedimento impugnato, nel senso che il giudice nazionale adito
con la richiesta di separazione personale non è privo di giurisdi zione riguardo alla richiesta del provvedimento interinale o de
finitivo di affidamento del minore, ma è tenuto a sospendere
ogni decisione al riguardo sino alla definizione del procedimen to di riconsegna del minore previsto dalla convenzione su detta,
procedimento alla definizione del quale è competente il tribuna
le per i minorenni ai sensi dell'art. 7 1. n. 64 del 1994 di esecu
zione della convenzione, senza che su tale competenza, per quanto
sopra detto, spieghi alcun effetto la pendenza di procedimenti relativi all'affidamento del minore e senza che abbiano rilievo
ostativo, in relazione alle statuizioni che il tribunale per i mino
renni è chiamato ad emettere ai sensi della convenzione, gli even
tuali provvedimenti presi in qualunque tempo nei su detti pro
cedimenti, potendo esso tenerne conto unicamente prendendone in considerazione le motivazioni al fine di stabilire se ne risulti
li Foro Italiano — 1999.
no elementi ostativi, ai sensi della convenzione, alla riconsegna del minore al genitore al quale sia stato sottratto.
4. - Parimenti infondato è il secondo motivo, con il quale si deducono insufficienze motivazionali in ordine al pregiudizio che potrebbe derivare al minore dal ritorno presso la madre, che ha iniziato una convivenza con altro uomo, derivanti anche
dall'omissione delle indagini richieste in relazione a tale dedotto
pregiudizio. Al riguardo va osservato che la convenzione dell'Aja prevede
che, in linea di principio, debba senz'altro essere ordinata la
restituzione del minore sottratto al genitore affidatario, con le
sole eccezioni previste dall'art. 13, tra le quali rientra il «rischio
grave che il rientro del minore lo esponga a un danno fisico
o psichico o lo esponga ad una situazione intollerabile». Il 1°
comma dell'articolo, peraltro, addossa l'onere di tale prova alla
persona, istituzione o organismo che si oppongono al rientro
presso il genitore al quale sia stato sottratto, disponendo altresì
che debba tenersi conto delle informazioni sulla situazione del
minore fornite dall'«autorità centrale e da ogni altra autorità
competente dello Stato di residenza abituale del minore».
Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto, con motivazione
adeguata, insussistente la prova in atti della mancanza per il
minore del su detto rischio, né in questa sede vengono indicate
specifiche omissioni di valutazione al riguardo, censurabili sot
to il profilo motivazionale, emergenti dagli atti, tali non essen
do le mancate indagini — non previste dalla convenzione —
sulla personalità del convivente della madre del minore, in rela
zione alla quale lo stesso ricorrente non ha dedotto alcun con
creto elemento che implichi il su detto rischio.
Anche il terzo motivo è infondato, avendo per un verso esat
tamente il tribunale negato la possibilità di riunione della pro cedura dinanzi ad esso pendente per il rimpatrio del minore
a quella instaurata per ottenere la decadenza della madre dalla
potestà genitoriale; per altro verso ostando comunque il sopra citato art. 16 della convenzione dell'Aja all'emissione di qua
lunque pronuncia attinente all'affidamento del minore prima della decisione di quella sulla riconsegna del minore al genitore al quale è stato sottratto.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 27 luglio 1998, n. 7368; Pres. Corda, Est. Fioretti, P.M. Gambar
della (conci, conf.); Min. finanze c. Del Negro e altri (Avv.
Mainardis). Conferma Comm. trib. centrale 15 gennaio 1996, n. 79.
Valore aggiunto (imposta sul) — Accesso in locali adibiti ad
abitazione — Difetto di autorizzazione del procuratore della
repubblica — Illegittimità — Mancata opposizione del contri
buente — Irrilevanza (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istitu
zione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 52).
Va annullato l'avviso di accertamento fondato sulle risultanze di un accesso effettuato in un'abitazione, senza la prescritta autorizzazione del procuratore della repubblica, ai sensi del
l'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, a nulla rilevando che
il contribuente non abbia fatto opposizione, non potendosi
configurare un consenso, laddove quest'ultimo sia stato ripe tutamente ammonito dai militari in merito alle conseguenze
sfavorevoli che gli sarebbero derivate da un rifiuto di esibi
zione della documentazione richiesta. (1)
(1) Comm. trib. centrale 15 gennaio 1996, n. 79, qui confermata, è massimata in Foro it., Rep. 1996, voce Tributi in genere, n. 1026.
In senso conforme alla pronunzia in epigrafe, con riferimento ad ac
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Nel periodo 4 aprile 1985-4 giu
gno 1985 la guardia di finanza effettuava una verifica fiscale
nei confronti di Di Gleria Paride. All'esito della verifica redige va processo verbale di constatazione sulla base del quale l'uffi
cio provinciale Iva di Udine emetteva avvisi di irrogazione di
sanzioni per mancata emissione, nel corso degli anni dal 1980
al 1984, di bolle di accompagnamento delle merci viaggianti. Avverso detti avvisi il Di Gleria proponeva ricorso alla Com
missione tributaria di primo grado di Udine, deducendo che
gli avvisi erano nulli, perché la verifica era avvenuta con acces
so a locali adibiti ad uso di abitazione senza l'autorizzazione
del procuratore della repubblica di cui all'art. 52 d.p.r. 633/72,
e comunque che l'emissione delle bolle di accompagnamento
non era obbligatoria, dato che si trattava di merci occorrenti
per riparazioni e manutenzioni presso clienti.
La commissione tributaria adita, con distinte pronunzie, re
spingeva tutti i ricorsi, tranne quello relativo al 1980, che veni
va parzialmente accolto con riduzione della sanzione in applica
zione della continuazione di cui all'art. 8 1.7 gennaio 1929 n. 4.
Tali decisioni venivano appellate dal contribuente e per quan
to riguarda il 1980 anche dall'ufficio.
cessi in autovettura privata, v. Cass. 8 novembre 1997, n. 11036, id.,
1998, I, 1531, con nota di richiami, ad avviso della quale, ai sensi del
l'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, è illegittima l'acquisizione di
documenti rinvenuti nell'autovettura di proprietà di un terzo estraneo
al rapporto tributario, nel corso di un accesso non autorizzato dal pro curatore della repubblica, a nulla rilevando che il proprietario del vei
colo non abbia fatto opposizione; v., inoltre, anch'essa in relazione
ad accessi in autovettura privata, Cass. 2 febbraio 1998, n. 1036, id.,
Mass., 109, e Riv. dir. trib., 1998, II, 720, che ha affermato l'illegitti mità della ricerca ed acquisizione di documenti avvenuta senza l'auto
rizzazione della procura della repubblica e senza il consenso del pro
prietario dell'autoveicolo, al contempo affermando l'irrilevanza del so
pravvenuto consenso dell'interessato; per la giurisprudenza tributaria, v. Comm. trib. centrale 5 settembre 1994, n. 2989, Foro it., Rep. 1994,
voce Valore aggiunto (imposta), n. 277, secondo cui il consenso del
contribuente sana l'illegittimità dell'accesso.
V., in dottrina, le perplessità manifestate da A. Toppan, Accessi,
verifiche e ricerche della guardia di finanza su autoveicoli e «sponta nea» esibizione di documenti utili all'accertamento tributario, in Riv.
dir. trib., 1998, II, 726 ss., in merito ad una collaborazione del contri
buente dettata dal timore di non poter utilizzare altrimenti documenti
a lui favorevoli e di subire conseguenze negative dal rifiuto di esibizione
degli stessi. Ad avviso di questo autore, «. . . anche a voler qualificare la volontarietà di tale collaborazione come 'consenso' all'accesso, reste
rebbe fermo che si tratterebbe pur sempre di consenso viziato da errore, in quanto prestato nell'erronea convinzione che l'accesso si svolga se
condo le previsioni di legge, mentre soltanto un consenso consapevole, basato sulla precisa conoscenza dell'illegittimità dell'atto, potrebbe ave
re efficacia sanante».
Nello stesso senso, v. G. Ferraù, Illegittimi gli avvisi fondati su dati
acquisiti durante accessi senza autorizzazione, in Corriere trib., 1998,
3490 ss., il quale ritiene che «il consenso del contribuente all'accesso,
per avere efficacia sanante, deve essere espressamente prestato e per
produrre tale effetto deve essere spontaneo e consapevole, in base alla
conoscenza dei vizi che rendono illegittima l'ispezione»; G. Vanz, In
dagini fiscali e caratteri della «spontanea» collaborazione del contri
buente o di terzi ai fini dell'utilizzabilità del materiale probatorio acqui
sito, in Rass. trib., 1998, 1387 ss., ad avviso del quale non è configura bile alcun libero consenso del contribuente quando l'invito a procedere all'accesso rivolto ai militari operanti sia stato formulato dal contri
buente «a seguito di ripetuti richiami alle conseguenze sfavorevoli che
sarebbero derivate da un suo rifiuto di esibire i libri e i registri contabili
custoditi nell'abitazione»; G. Porcaro, Vizi oggettivi dell'attività istrut
toria e spontaneità nell'esibizione di documenti, ibid., 524 ss., ad avvi
so del quale «se si escludono i casi di partecipazione 'provocata' (richie
sta di esibizione di documentazione) e di partecipazione che si risolve
nella spontanea fornitura di elementi ai fini dell'accertamento (ad esempio
il prezzo o la percentuale di ricarico applicata), l'intervento del contri
buente nella fase istruttoria rimane una mera eventualità priva di ogni
conseguenza giuridica»; «. . . su queste basi sistematiche, non sembra
in alcun modo ricavabile l'idea di attribuire alla spontanea partecipa
zione del contribuente efficacia sanante degli eventuali vizi nell'esplica
zione dell'attività istruttoria. E ciò proprio in quanto l'attività del con
tribuente e l'attività dell'organo accertatore si sviluppano su piani di
versi e fondamentalmente paralleli». V. anche, in tema, R. Fanelli,
La corretta procedura per i controlli su auto private, in Corriere trib.,
1998, 636.
Il Foro Italiano — 1999.
La Commissione tributaria di secondo grado di Udine, rite
nuto illegittimo l'accesso della guardia di finanza, annullava gli
avvisi. Contro tali decisioni l'ufficio ricorreva alla Commissione tri
butaria centrale che, previa riunione, respingeva i ricorsi.
Osservava detto giudice che gli accessi presso l'abitazione del
contribuente, effettuati dalla guardia di finanza senza la pre scritta autorizzazione del procuratore della repubblica, dovevansi
ritenere illegittimi e che conseguentemente dovevansi ritenere nulli
gli avvisi di irrogazione che ne erano derivati.
Né poteva ritenersi che, essendo i militari entrati nell'abita
zione con il consenso del Di Gleria, detta autorizzazione non
fosse necessaria, dato che l'invito a procedere all'accesso venne
da questo formulato a seguito dei ripetuti richiami alle conse
guenze sfavorevoli che sarebbero derivate da un suo rifiuto di
esibire i libri ed i registri contabili custoditi nell'abitazione.
Né infine poteva trascurarsi il fatto che il processo verbale
di constatazione, redatto dalla guardia di finanza, era stato di
chiarato nullo dal giudice penale con sentenza passata in giudi
cato a causa della suindicata irregolarità. Avverso detta decisione il ministero delle finanze ha proposto
ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Del Negro Ma
rina, Di Gleria Roberto, Di Gleria Rudy, Di Gleria Fabrizio,
tutti quali eredi di Di Gleria Paride, hanno resistito con contro
ricorso, depositando anche memoria difensiva.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 52 d.p.r.
633/72; 2697 c.c.; 2699, 2700 c.c.; da 2727 a 2729 c.c.; dei
principi generali in materia di prova e di prova documentale;
di atti del giudice penale; dell'art. 12 1. 516/82; dell'art. 28 c.p.p.
del 1930; dell'art. 654 c.p.p.; del combinato disposto delle nor
me e dei principi sopra richiamati; violazione e falsa applicazio ne dell'art. 37 d.p.r. 636/72 e dell'art. 132 c.p.c.; motivazione
omessa, insufficiente, contraddittoria su punto decisivo della con
troversia.
Deduce il ricorrente che nel caso di specie non era necessaria
l'autorizzazione del procuratore della repubblica, avendo il Di
Gleria invitato i militi ad entrare ed a svolgere ricerche. Il con
senso all'accesso, poi, non poteva essere escluso da eventuali
richiami dei militi operanti alle conseguenze che la legge fa deri
vare da un rifiuto di esibire la documentazione posseduta e tan
tomeno dai doverosi ammonimenti di rito rivolti al contribuen
te all'inizio della verifica. Che detti ammonimenti abbiano indotto il Di Gleria all'invi
to da lui formulato sarebbe stato, poi, apoditticamente affer
mato dalla Commissione tributaria centrale, che non avrebbe
fornito al riguardo alcuna dimostrazione.
Parimenti erroneo sarebbe il riferimento alla sentenza penale,
non potendo questa avere alcun rilievo, non risultando che l'am
ministrazione finanziaria fosse stata messa in condizione di par
tecipare al giudizio. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e fal
sa applicazione degli art. da 52 a 58 d.p.r. 633/72; dell'art.
14 Cost.; dei principi generali in materia di validità degli atti giuridici e di prova e del combinato disposto dei principi e nor
me soprarichiamati; motivazione omessa, insufficiente, contrad
dittoria su punto decisivo della controversia.
Secondo il ricorrente l'accesso in mancanza dell'autorizzazio
ne del procuratore della repubblica potrebbe dar luogo a re
sponsabilità dei militari operanti, ma non potrebbe determina
re, non essendo prevista da alcuna disposizione di legge, l'inuti
lizzabilità dei dati raccolti, né la nullità del processo verbale
di constatazione e degli avvisi di accertamento o di irrogazione
di sanzioni emanati in base a questo.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Sostiene l'amministrazione ricorrente, come su riferito, che
il Di Gleria invitò i militari della guardia di finanza ad entrare
nei locali di sua abitazione e ad eseguire le ricerche della docu
mentazione di loro interesse e ciò integrerebbe pieno consenso
all'accesso, consenso che non potrebbe essere escluso da even
tuali ripetuti richiami alle conseguenze che la legge fa derivare
da un rifiuto di esibire la documentazione posseduta o dagli
ammonimenti di rito rivolti al contribuente.
Inoltre la commissione centrale avrebbe affermato apoditti
camente il collegamento tra gli ammonimenti rivoltigli ed il con
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1999 PARTE PRIMA 2000
senso all'accesso del Di Gleria, dato che risulterebbe solamente
che la guardia di finanza ad inizio di verifica effettuò gli am
monimenti di legge e che nel corso della verifica il Di Gleria
fece l'invito di cui sopra. Pertanto sul punto di fatto in questione la motivazione della
pronunzia sarebbe meramente apparente e affetta da travisata
considerazione delle risultanze e degli atti di causa.
Tali affermazioni non possono essere condivise.
Va osservato preliminarmente che il ricorso per cassazione
è stato proposto ai sensi dell'art. 111 Cost, e che l'inosservanza
dell'obbligo di motivazione su questioni di fatto può essere de
nunciata con detto mezzo quando si traduce in mancanza della
motivazione stessa e che ciò si verifica non solo nei casi di radi
cale carenza, ma anche quando essa si estrinsechi in argomenti non idonei a rivelare la ratio decidendi (motivazione apparen
te), o fra loro logicamente inconciliabili o obiettivamente in
comprensibili (motivazione perplessa) (cfr., in tal senso tra le
molte, Cass. 10598/92 resa a sezioni unite, Foro it., 1995, I,
633; 3067/95, id., Rep. 1995, voce Tributi in genere, n. 1598;
5438/95, id., Rep. 1996, voce cit., n. 1660). Nella decisione impugnata, con riferimento al punto di fatto
in questione, si legge testualmente:
«Né può ritenersi che, nella fattispecie sottoposta a questo
giudizio, l'ingresso dei militari avvenne con il consenso del Di
Gleria e che, perciò, non era necessaria l'autorizzazione del ma
gistrato, tenuto conto delle circostanze in cui l'invito venne for
mulato e cioè a seguito dei ripetuti richiami alle conseguenze sfavorevoli che sarebbero derivate da un suo rifiuto di esibire
i libri e i registri contabili custoditi nell'abitazione (cfr. disposi zioni di legge riportate nel verbale).
D'altro canto, non si può trascurare da un lato che la verifica
nell'abitazione fu svolta senza l'autorizzazione prescritta, in virtù
di una norma che la prevede e che è stata richiamata nel verbale
dagli stessi militari che l'hanno redatto; dall'altro che il proces so verbale di constatazione in questione è stato dichiarato nullo
dal giudice penale, con sentenza passata in giudicato a causa
delle stesse irregolarità che sono in questa sede in discussione».
Tale motivazione è idonea a rivelare la ratio decidendi, essen
do indicate le ragioni per le quali il giudice a quo ha ritenuto
di dover escludere l'avvenuta prestazione del consenso all'acces
so, e non contiene argomentazioni fra loro logicamente inconci
liabili o obiettivamente incomprensibili, atteso che il su riporta to iter argomentativo, seppur conciso, è logico e perfettamente
comprensibile. Deve escludersi, pertanto, la denunciata violazione dell'art.
132, n. 4, c.p.c.
Censura, altresì, l'amministrazione ricorrente il riferimento
alla sentenza penale, sostenendone la erroneità: — perché l'amministrazione stessa non fu posta in grado di
partecipare al processo; — perché il provvedimento del giudice penale non è una sen
tenza (come travisatamente afferma la decisione impugnata), ben sì un'ordinanza resa in limine al dibattimento;
— perché sia l'art. 28 c.p.p. abrogato, sia l'art. 12 1. 516/82, sia l'art. 654 del nuovo c.p.p. prevedono che la sentenza penale faccia stato per quanto riguarda i fatti materiali accertati dal
giudice, per cui la dichiarazione di nullità del giudice penale del verbale, perché l'accesso era avvenuto senza autorizzazione
del procuratore della repubblica, non potrebbe far stato nel pre sente processo, trattandosi di diritto e non di fatto.
Tali censure, anche se fondate, si palesano irrilevanti, in quanto il richiamo alla sentenza penale non costituisce l'unica ratio de
cidendi, ma argomento ulteriore rispetto alle precedenti argo mentazioni, che da sole valgono a sorreggere la decisione impu
gnata e che, come dimostrato, non vengono scalfite dalle altre
censure mosse dall'amministrazione ricorrente.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
L'art. 52, 1° comma, d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, dispone che gli uffici dell'Iva possano disporre l'accesso di impiegati dell'amministrazione finanziaria nei locali destinati all'esercizio
di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali per
procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e
ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento del
l'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni; che gli impiegati che eseguono l'accesso devono essere muniti
Il Foro Italiano — 1999.
di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo del capo del
l'ufficio da cui dipendono;
che, in ogni caso, per accedere in locali che siano adibiti an
che ad abitazione è necessaria anche l'autorizzazione del procu ratore della repubblica.
L'amministrazione ricorrente sostiene che la mancanza di tale
ultima autorizzazione non determinerebbe l'illegittimità degli atti
che si fondino sui dati acquisiti a seguito dell'accesso nell'abita
zione del contribuente, come affermato dalla decisione impu
gnata, e che la tutela di quest'ultimo si risolverebbe esclusiva
mente nella responsabilità (penale, civile, amministrativa, a se
conda dei casi) di colui che aggredisce il domicilio fuori dei
casi di legge. Tale tesi non può essere condivisa.
Gli avvisi di accertamento o di rettifica o di irrogazione di
sanzioni hanno la natura di atti amministrativi e, quindi, come
qualsiasi atto amministrativo, possono essere affetti dal vizio
che va sotto il nome di violazione di legge. Ciò posto, non si può ragionevolmente negare che gli avvisi
summenzionati siano inficiati da tale vizio nell'ipotesi in cui
siano motivati facendo riferimento a dati acquisiti in violazione
di disposizioni di legge di carattere imperativo, quale quella in
esame, che prevede per l'accesso nell'abitazione del contribuen
te la «necessaria» autorizzazione del procuratore della repubblica. In mancanza dell'autorizzazione in questione si verifichereb
be un'ingiustificata compressione del fondamentale diritto al
l'inviolabilità del domicilio sancito dall'art. 14 Cost., per cui
anche in tal caso deve valere il principio formulato dalla Corte
costituzionale nella sentenza 6 aprile 1973, n. 34 (id., 1973, I,
953), emessa a seguito di denuncia di illegittimità costituzionale
dell'art. 226, ultimo comma, c.p.p. abrogato, secondo il quale «attività compiute in dispregio dei fondamentali diritti del citta dino non possono essere assunte di per sé a giustificazione e
a fondamento di atti processuali a carico di chi quelle attività
costituzionalmente illegittime abbia subito».
Conclusivamente può affermarsi, pertanto, anche in conside
razione delle analogie che l'attività istruttoria, necessaria per l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione
e delle altre violazioni, presenta con l'attività istruttoria penale, che attività compiute in dispregio del fondamentale diritto al
l'inviolabilità del domicilio, non possono essere assunte di per sé a giustificazione ed a fondamento di avvisi di accertamento
o di irrogazione di sanzioni a carico di chi quelle attività costi
tuzionalmente illegittime abbia subito, dato che in mancanza
dell'autorizzazione del procuratore della repubblica viene meno
la prevalenza dell'interesse fiscale, anch'esso costituzionalmente
garantito dall'art. 53 Cost., sul diritto del contribuente all'in
violabilità del proprio domicilio.
Per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.
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