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Sezione I civile; sentenza 27 maggio 1982, n. 3245; Pres. Brancaccio, Est. Santosuosso, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 27 maggio 1982, n. 3245; Pres. Brancaccio, Est. Santosuosso, P. M. Martinelli (concl. conf.); Gamboz (Avv. Moschella, Nardi) c. Rojc e Proc. gen. App. Trieste. Conferma App. Trieste 27 febbraio 1978 e 12 febbraio 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1369/1370-1371/1372 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175522 . Accessed: 25/06/2014 10:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.128 on Wed, 25 Jun 2014 10:02:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione I civile; sentenza 27 maggio 1982, n. 3245; Pres. Brancaccio, Est. Santosuosso, P. M. Martinelli (concl. conf.); Gamboz (Avv. Moschella, Nardi) c. Rojc e Proc. gen. App. Trieste.

Sezione I civile; sentenza 27 maggio 1982, n. 3245; Pres. Brancaccio, Est. Santosuosso, P. M.Martinelli (concl. conf.); Gamboz (Avv. Moschella, Nardi) c. Rojc e Proc. gen. App. Trieste.Conferma App. Trieste 27 febbraio 1978 e 12 febbraio 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1369/1370-1371/1372Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175522 .

Accessed: 25/06/2014 10:02

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

con il ricorso è stata proposta avverso l'affermazione della corte di merito secondo cui il « fabbricatino » de quo, per quanto insistente in parte su area non pignorata, doveva seguire la sorte dell'area pignorata sulla quale per l'altra parte esso insisteva, data la sua natura di pertinenza della pensione Mencattelli costi tuente oggetto della vendita forzata (giacché l'unica doglianza proposta al riguardo dai ricorrenti è stata formulata per la

prima volta, come si è visto, solo in sede di memoria illustrati

va), il motivo in esame non merita accoglimento. Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato.

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione i civile; sentenza 27 mag

gio 1982, n. 3245; Pres. Brancaccio, Est. Santosuosso, P. m.

Martinelli (conci, conf.); Gamboz (Avv. Moschfxla, Nardi) c. Rojc e Proc. gen. App. Trieste. Conferma App. Trieste 27

febbraio 1978 e 12 febbraio 1979.

Delibazione — Delibazione parziale — Competenza giurisdizio nale del giudice straniero — Accertamento — Limiti (Cod.

proc. civ., art. 4, 797).

Quando sia consentita la delibazione parziale di uno dei diversi

capi della sentenza straniera, fra loro scindibili, il requisito del

la competenza giurisdizionale del giudice straniero deve essere

accertato con riguardo alla domanda relativa al capo della sen

tenza di cui si chiede l'efficacia in Italia. (1)

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo, il ricorrente

censura la sentenza non definitiva della corte di Trieste per aver riconosciuto la competenza giurisdizionale del Tribunale di

Lubiana, condizione richiesta dal n. 1 dell'art. 797 c. p. c.; ed in

proposito deduce: a) che la competenza del giudice straniero, che ha emesso la decisione delibanda, si determina in base alla

domanda proposta innanzi al medesimo e non in relazione al

l'oggetto della delibazione; da tale principio discende — se

condo il ricorrente — che il criterio di collegamento per affer

ei) Non si rinvengono precedenti in termini. Nel caso di specie, era stata adita da cittadina jugoslava la Corte

d'appello di Trieste per la declaratoria di efficacia in Italia della

sentenza, pronunciata da tribunale jugoslavo, con la quale era stata dichiarata la paternità naturale di cittadino italiano nei confronti del

figlio della stessa, ed era stato posto a carico di quest'ultimo l'obbli

go di corrispondere determinate somme mensili per il mantenimento del minore. Nel corso del giudizio, la domanda di delibazione era stata ridotta al solo capo delia sentenza straniera relativa all'obbligo alimentare. La Cassazione, affrontando il primo mezzo del ricorso, ha affermato che, in quanto la questione verteva esclusivamente sugli effetti economico-patrimoniali di rapporto familiare, il criterio di col

legamento non poteva che essere quello di cui all'art. 4, n. 2, c. p. c.

e ncn quello previsto al n. 1 di detto articolo, a nulla rilevando la fonte di detta obbligazione; che a questo riguardo rilevava l'accertamento del luogo della nascita e non del concepimento, essendo la prima fatto generatore dell'obbligo alimentare; che per l'accertamento della

competenza internazionale occorre fare riferimento alla parte della

domanda di cui si chiede la delibazione, sempre che si tratti di

domande scindibili. La Cassazione, pur prospettandosi il rilievo che potrebbe essere

facilmente sollevato contro detto criterio (e cioè « ambulatorietà » del

requisito di cui all'art. 797, n. 2, c.p.c., potendo essere competente o

meno il giudice straniero, a seconda della scelta da parte dell'attore

di richiesta di delibazione di un capo o di un altro della sentenza), ne ha evidenziato la rispondenza alla ratio della norma, che è quella di evitare di dare efficacia in Italia ad una pronuncia che sarebbe

spettata non al giudice straniero, ma a quello italiano. Sull'ammissibilità della delibazione parziale di sentenza straniera nel

solo capo comportante condanna al pagamento degli alimenti a favore

del figlio naturale, a nulla rilevando la mancata delibazione (o non

delibabilità) del capo concernente la dichiarazione di figlio naturale

del minore, Cass. 28 luglio 1980, n. 4854, Foro it., 1980, I, 2799; 17

luglio 1980, n. 4648, ibid.. 2800. con nota di richiami di giurispru denza e dottrina; 19 ottobre 1972, n. 3133, id., 1973, I, 2188; 6

marzo 1970, n. 557, (d., 1971, 1, 2660, con nota di A. Giardina, La

delibazione parziale delle sentenze straniere di accertamento della

filiazione e di condanna agli alimenti. Sulla delibazione parziale in genere, v., da ultimo, Cass. 12 aprile

1979, n. 215, id., 1980, 1, 194; 8 ottobre 1978, n. 4480, id., Rep.

1980, voce Delibazione, n. 15; 10 luglio 1978, n. 3442, ibid., n. 16.

In dottrina, in generale, v. Andrioli, Commento, 1964, IV3, 661

ss., spec. 673 ss.; G. Morelli, Diritto processuale civile internaziona

le, 1954, 302 ss., spec. 313; Vitta, Corso di diritto internazionale

privato e processuale, 1976, 74 ss.; Pau, Delibazione, voce del

Novissimo digesto, 1960, V, 371 ss.

mare la competenza del giudice straniero non poteva essere nella

specie quello di cui al n. 2 dell'art. 4 c.p.c. (in relazione cioè ad un rapporto obbligatorio), ma quello previsto dal n. 1 dello stesso articolo, dal momento che la domanda al Tribunale di Lubiana comprendeva la questione sullo status-, competente era

pertanto il giudice del territorio di residenza del convenuto; b) che dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, l'assegno alimentare per i figli adulterini non può più essere qualificato come rapporto meramente obbligatorio, ma come rapporto di

tipo «familiare»; per cui dovrebbe sempre farsi riferimento all'art. 4, n. 1, del codice di rito; c) anche se il diritto agli alimenti potesse considerarsi un rapporto obbligatorio, nella spe cie il fatto generatore dell'obbligazione (concepimento) risulta avvenuto in Jugoslavia soltanto per le affermazioni della Rojc, mentre avrebbe dovuto essere obiettivamente dimostrato in base a fatti certi.

È opportuno sgombrare il campo dalle due ultime questioni, che appaiono di facile soluzione. Va, invero, distinta l'ipotesi in cui oggetto del giudizio sia una questione di status, coinvolgente anche aspetti di natura patrimoniale, da quella in cui la causa verta esclusivamente sugli effetti economico-patrimoniali di un determinato rapporto familiare. In questo secondo caso, la fonte

dell'obbligazione, non venendo direttamente in questione, non

può avere quella rilevanza prevalente, ai fini della determinazio ne della competenza, che al contrario deve rivestire nella prima ipotesi.

Nella specie, quindi, non giova approfondire se, a seguito della riforma del diritto di famiglia, sia mutata, ed in quali

termini, la qualificazione dell'assegno economico attribuibile ai

figli adulterini, dal momento che in ogni caso, quando la causa

verta esclusivamente sulla determinazione di detto assegno, le

norme sulla competenza giurisdizionale da tener presenti sono

quelle relative a questo rapporto economico e non quelle atti

nenti alla fonte, di natura familiare, dell'obbligazione medesima.

Ancor più rapidamente sull'ultima questione, va osservato che, ai fini dell'indagine sulla competenza del giudice straniero, non

rileva l'accertamento del luogo in cui è avvenuto il concepimen

to, poiché il fatto generatore dell'obbligazione alimentare nei

confronti del figlio naturale è quello della sua nascita, non il

mero concepimento; e nella specie indubbiamente il minore in

questione risulta essere nato in Iugoslavia.

Più delicata appare la questione prospettata con il primo

profilo della censura. In proposito non sono rilevanti gli argo menti addotti in contrario dal p. m. nell'odierna discussione orale

circa il momento cui deve riferirsi l'accertamento della compe tenza giurisdizionale del giudice straniero o sull'insindacabilità in

sede di legittimità dell'accertamento compiuto dalla corte d'ap

pello. Ed invero, il requisito della predetta competenza giurisdi zionale si inquadra fra le condizioni dell'azione; e nella specie, se qualche rilevanza in causa potesse attribuirsi alla sopravvenu ta riforma del diritto di famiglia, va riconosciuto che questa è

entrata in vigore in epoca anteriore sia alla sentenza del Tribu

nale di Lubiana che alla istanza di delibazione.

Indubbiamente la Corte di cassazione, in ordine all'accerta

mento della competenza internazionale in materia di delibazione, non ha gli stessi poteri di indagine che sono ad essa attribuiti

nei riguardi della competenza degli organi giurisdizionali nazio

nali; ma, se non è consentito alla Corte regolatrice riesaminare i

documenti e gli altri presupposti di fatto relativi al predetto accertamento, essa ha pur sempre il potere-dovere di sindacare se

la corte d'appello abbia rispettato le norme di legge nella

valutazione di quei presupposti.

Per la soluzione della prima questione prospettata dal ricor

rente, punto determinante si appalesa quello di precisare quale sia l'ambito della domanda cui riferirsi ai fini della delibazione

della sentenza straniera, se quello relativo all'intera causa pro

posta dinanzi al giudice straniero, oppure quella parte della

domanda della quale si chiede l'efficacia in Italia.

A favore del primo criterio è suggestivo rilevare che, ove non

si tenesse conto di tutta la causa, il requisito previsto dall'art.

797, n. 1, c.p.c. avrebbe un carattere ambulatoriale, nel senso

che il giudice straniero diverrebbe competente o meno secondo

che l'attore chieda la delibazione di una o di un'altra parte della sentenza delibanda.

Senonché, appare più decisivo, a favore del secondo criterio,

considerare che la ratio della condizione richiesta dal citato n. 1

dell'art. 797 è quella di evitare di dare efficacia in Italia a una

pronuncia che spettava, non al giudice straniero, ma a quello italiano. In questa prospettiva, la competenza giurisdizionale ri

levante è quella concernente la questione di cui si chiede l'effi

cacia in Italia, mentre ogni altra diversa questione decisa dal

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1371 PARTE PRIMA 1372

giudice straniero è tamquam non esset per il nostro ordinamen

to, salvo che le diverse domande proposte dinanzi al giudice straniero siano fra loro inscindibilmente connesse.

Ne deriva che, quando sia consentita la delibazione parziale di uno dei diversi capi della sentenza straniera, fra loro scindibi

li, il requisito della competenza giurisdizionale del giudice stra

niero deve essere accertato con riguardo alla domanda relativa

alla questione di cui si chiede l'efficacia in Italia.

Nel secondo mezzo di ricorso si denunziano in questa sede

una serie di ostacoli alla delibazione per questioni attinenti alla

regolarità del procedimento. Questo sarebbe anzitutto viziato per la violazione dell'art. 805 c.p.c. che prescrive l'autorizzazione

del p.m. per la notificazione di citazioni a comparire davanti ad

autorità straniera.

La Corte d'appello di Trieste ha rilevato in proposito che

l'atto di citazione potrebbe essere stato trasmesso secondo le

modalità previste dall'art. 4 della convenzione 3 dicembre 1960

italo-jugoslava. Ma, a prescindere da tale considerazione, sembra

a questa Suprema corte che la violazione della citata norma

dell'art. 805 non determini l'invalidità della notifica. In un remoto suo arresto (sent. 12 maggio 1927, Foro it., Rep.

1927, voce Delibazione, n. 27), in realtà, la Cassazione ritenne

che, in mancanza della predetta autorizzazione del p. m., « non

può essere conceduta forza esecutiva in Italia alla sentenza

straniera pronunciata in contumacia del convenuto ». Più recen temente (sent. 23 novembre 1979, n. 6112, id., Rep. 1979, voce

cit., n. 37), la questione è stata diversamente risolta, ma con

riguardo alle specifiche norme della convenzione italo-francese 12

gennaio 1955.

Nel riaffermare un orientamento già emerso nella pronuncia da ultimo citata, questo collegio ritiene che l'autorizzazione de!

p. m. prevista dall'art. 805 c. p. c. non rimuove un impedimento legale alla notifica degli atti giudiziari di autorità straniera, per cui la sua mancanza determinerebbe l'invalidità della notifica stessa. Detta autorizzazione, infatti, non è stata stabilita dalla

legge a garanzia di un diritto del cittadino, ma costituisce una formalità preordinata al fine pubblicistico di controllare il rispet to delle sovranità degli Stati e quindi delle norme concernenti la materia della reciproca assistenza giudiziaria internazionale. Ne

consegue che la inosservanza di detta formalità non può essere denunziata dalle parti private per farne derivare effetti pregiudi zievoli agli atti del processo.

La seconda irregolarità del procedimento che il ricorrente lamenta è quella dell'incongruità del termine (25 giorni) ad esso concesso per comparire dinanzi al Tribunale di Lubiana.

Anche questa doglianza non appare fondata. Premesso che il « congruo termine » di cui parla l'art. 797, n. 2, non si iden tifica con quello previsto dalle norme procedurali italiane né con

quello stabilito dalle norme dell'ordinamento straniero, sia pure con riferimento ai parametri desumibili da dette norme, ma è rimesso alla valutazione del giudice della delibazione, va osser vato che quest'ultimo ha motivato sulla predetta congruità in modo logico e sufficiente, considerando la distanza fra le città di Trieste e Lubiana, la facilità di attraversamento della frontiera e di procurarsi un'adeguata assistenza difensiva.

Il ricorrente denunzia in terzo luogo che dinanzi al Tribunale di Lubiana non sia intervenuto il p. m. e non gli sia stato nominato un difensore di ufficio.

Le censure sono inattendibili. La prima è peraltro inammissibi

le, in quanto proposta per la prima volta in questa sede. Va per la seconda affermato che, pur se fosse prevista nel nostro ordi

namento la nomina di un difensore d'ufficio a chi non ne faccia

richiesta e non segua la relativa procedura, il giudice italiano, nel delibare le sentenze pronunciate in altri ordinamenti giuri

dici, non deve esaminare se le norme processuali applicate nel

procedimento svoltosi all'estero offrono le medesime garanzie

previste in Italia, in quanto ciascun giudice deve seguire le

norme dell'ordinamento processuale in base al quale decide (Cass.

5745/79, id., Rep. 1979, voce Matrimonio, n. 185). L'ultima censura contenuta nel secondo motivo di ricorso ri

guarda la violazione dell'art. 797, n. 4, c.p.c., vale a dire il

mancato passaggio in giudicato della sentenza delibanda. Rileva

in proposito il ricorrente che non poteva ravvisarsi il giudicato, una volta riconosciuto il difetto di notifica della citazione e

della sentenza, e la ristrettezza del termine (15 giorni) per

impugnare detta sentenza davanti alla Corte suprema slovena.

Per dimostrare l'infondatezza di questa doglianza, oltre che

richiamare il principio or ora enunciato circa la misura delle

garanzie richieste ai fini della delibazione, va ripetuto che la

notifica della citazione non può ritenersi invalida per la mancata

autorizzazione del p. m.; che la sentenza fu — come ha accerta to la corte d'appello — notificata al Gamboz personalmente;

che il passaggio in giudicato, attestato in calce alla sentenza

jugoslava, poteva essersi verificato anche indipendentemente dalla

notifica.

Con il terzo motivo di ricorso si sostiene che, dopo l'entrata

in vigore della riforma del diritto di famiglia, non è più consen

tito, per il dovuto rispetto ai principi di ordine pubblico, deli

bare una sentenza straniera di condanna ad assegni alimentari a

favore di figli adulterini senza estendere la delibazione anche

allo status costituente il presupposto della obbligazione stessa.

Questa Suprema corte si è numerose volte pronunciata su

detta questione, anche dopo l'entrata in vigore delle nuove nor

me del diritto di famiglia, affermando, pur alla luce delle con

venzioni internazionali in materia di obblighi alimentari, che al

fine di assicurare un minimo di assistenza ai minori, specie con

la più sollecita efficacia alle pronunzie emesse al riguardo, le

disposizioni sulle obbligazioni alimentari hanno una loro auto

nomia rispetto alla disciplina relativa all'accertamento del

sottostante rapporto di filiazione. Tale rapporto viene considera

to, in questa prospettiva, come semplice elemento qualificante

dell'obbligazione medesima, la quale trova il suo presupposto immediato nel mero fatto della procreazione (Cass. 3442/78, id.,

Rep. 1978, voce Delibazione, n. 52; 4480/78, ibid., n. 53;

2154/79, id., 1980, I, 194; 4648/80, id., Rep. 1980, voce cit., n.

14, ed altre). (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 27 mag

gio 1982, n. 3242; Pres. U. Miele, Est. Falcone, P. M.

Grossi (conci, difl.); Azienda municipalizzata autotrasporti di

Palermo (Avv. Pensovecchio) c. Lascari (Avv. Di Stefa

no). Cassa App. Palermo 17 settembre 1979.

Assicurazione (contratto di) — Assicurazione obbligatoria r.c.a. — Viaggiatori su veicolo adibito a trasporto pubblico — Re

sponsabilità contrattuale — Normativa applicabile (Cod. civ., art. 1681; 1. 24 dicembre 1969 n. 990, assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei vei

coli a motore e dei natanti, art. 1, 22).

Nel caso di danni alla persona, subiti da viaggiatori a bordo di vei

coli adibiti al trasporto pubblico, risulta applicabile l'art. 22 l.

990/69, anche quando la relativa responsabilità è fatta valere dal

danneggiato a titolo contrattuale. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo di ricorso

l'A.m.a.t., denunciando la violazione e falsa applicazione degli art. 1 e 22 1. 24 dicembre 1969 n. 990, afferma che la sentenza

impugnata ha erroneamente risolto, in senso negativo, il proble ma dell'applicabilità o meno della legge sull'assicurazione obbli

gatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione

dei veicoli a motore alla responsabilità contrattuale quando trat

tasi di danni alla persona subiti da viaggiatori a bordo di

veicoli adibiti al trasporto pubblico, sostenendo che dal titolo

della legge e dalla norma del 2° comma dell'art. 1 l'applicabilità della disciplina dettata, e quindi anche quella dell'art. 22 che

esige la preventiva messa in mora dell'assicuratore come condi

zione di proponibilità dell'azione di risarcimento contro il prete so responsabile, non viene ristretta, come ha erroneamente rite

(1) Conf., Trib. Palermo 8 marzo 1980, Riv. giur. circolaz. e trasp., 1981, 605, e 21 dicembre 1979, Foro it., Rep. 1980, voce Assicurazio ne (contratto), n. 248. In dottrina, per un conciso ma esauriente riferimento al problema, v. G. Giannini e M. Mariani, La responsa bilità per i danni dalla circolazione dei veicoli, Milano, 1982, 87 ss.

Sul principio secondo il quale l'art. 22 1. 990/69 trova applicazione non solo nel caso delle « azioni dirette », proposte cioè nei confronti dell'assicuratore a norma dell'art. 18 della stessa legge, ma anche in

ogni azione di risarcimento dei danni, ancorché spiegata esclusivamen te contro il responsabile civile o l'autore del fatto illecito, v. Trib. Salerno 28 novembre 1980, Foro it. Rep. 1981, voce cit., n. 305; Cass. 7 luglio 1980, n. 4333, id., Rep. 1980, voce cit., n. 245; 4

aprile 1980, n. 2222, ibid., n. 243; 26 aprile 1979, n. 2415, id., Rep. 1979, voce cit., n. 275; 10 maggio 1978, n. 2262, id., 1978, I, 1922, con nota di richiami.

In generale sulla tutela concessa al trasportato dalla legge sull'assi curazione obbligatoria r.c.a., v (oltre il su menzionato lavoro di Giannini e Mariani) Perissinotti Bisoni, I trasportati e la l.

990/69, in Dir. e pratica assic., 1980, 37, nonché, Flamini, Trasportati e assicurazione obbligatoria, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1979; A.

Berti, L'assicurazione obbligatoria e i trasportati, id., 1977, 273; M. Antinozzi, I terzi trasportati e l'assicurazione obbligatoria, in Dir. e pratica assic., 1975, 462.

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