Sezione I civile; sentenza 28 aprile 1961, n. 963; Pres. Lonardo P., Est. Pece, P. M. Pisano (concl.conf.); Soc. Adriatica di elettricità - S.a.d.e. (Avv. Conte, A. D. Giannini, Scandiani, Frattini) c.Finanze (Avv. dello Stato Salerni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 8 (1961), pp. 1341/1342-1345/1346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174852 .
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1341 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1342
nire a pattuizioni olle siano in contrasto con la regolamen tazione di carattere generale posta in essere dalle organiz zazioni di categoria. In tal caso le clausole difformi del contratto individuale sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo più favorevoli al lavoratore.
Quando, invece, ad una regolamentazione generale per
gli appartenenti ad una determinata categoria di lavora
tori se ne sostituisce un'altra, parimenti di carattere generale, mediante un contratto collettivo concordato tra le categorie interessate, le clausole di quest'ultimo, siano o non più favo
revoli, si sostituiscono alle precedenti : ciò in conformità
alla recente pronunzia n. 1336 del 1960 di questa Sezione
(Foro it., 1960, I, 1963), con la quale s'è appunto statuito
che l'applicabilità della regola sancita dall'art. 2077 cod.
civ., relativa all'efficacia del contratto collettivo sul con
tratto individuale di lavoro, trova posto nel caso vi sia una
difformità tra la clausola di un contratto individuale e le
clausole di un contratto collettivo, e non già anche quando la difformità sussista tra una clausola contenuta in un
contratto collettivo stipulato in regime corporativo ed altra
clausola modificativa in peiiis della precedente, contenuta
in un accordo collettivo posteorporativo, ossia nell'ipotesi in cui si sovrapponga ad una regolamentazione generale un'altra regolamentazione avente lo stesso carattere.
Nella specie, la difformità denunciata si riferisce ad una
clausola contenuta in un contratto collettivo corporativo, la quale non è stata più riprodotta nel contratto nazionale
posteorporativo. Esula pertanto l'applicabilità dell'art.
2077 cod. civ., che prevede il contrasto tra contratto col
lettivo e contratto individuale di lavoro e non tra con
tratti che siano entrambi collettivi, in quanto riferentisi
non a datori di lavoro e lavoratori individuati e nominati, ma a categorie di soggetti rappresentati dalle associazioni
sindacali stipulanti. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 28 aprile 1961, n. 967 ; Pres.
Verzì P., Est. Del Conte, P. M. Toeo (conci, conf.) ; Fallimento Pinnarò (Avv. Amadio) c. Soc. Etelia (Avv.
Baglioni, Carbone) e Fallimento Zito.
(Conferma App. Roma 23 settembre 1959)
Fallimento — Dichiarazione — Precedente domanda
di risoluzione di contratto — Procedibilità — Fi
letti (R. d. 16 marzo 1942 n. 267 disciplina del fal
limento, art. 42, 72, 73).
La dichiarazione di fallimento del compratore non impedisce che il ■venditore, a seguito dell' accoglimento della domanda
giudiziale di risoluzione del contratto, proposta in tempo anteriore alla dichiarazione stessa, consegua la restituzione
del bene. (1)
La Corte, eco. — Con l'unico motivo di ricorso, si de
nunzia la violazione degli art. 42, 72, 73 legge fall, e degli art. 1453, 1455 cod. civ., nonché la contraddittorietà della
motivazione, e si lamenta che la Corte di appello : a) pur avendo rigettato la domanda di revindica, escludendo la
(1) In senso parzialmente difforme, v., da ultimo, App. L'Aquila 28 gennaio 1960 (Foro it., 1900, I, 457, con ampia nota di richiami), per la quale, proposta domanda di risoluzione di contratto, di restituzione delle cose mobili, che ne formano
oggetto, e di risarcimento di danni, la successiva dichiarazione di fallimento del convenuto rende improcedibili le due ultime, mentre la prima prosegue avanti il giudice adito in contraddit torio del curatore.
In dottrina cons., da ultimo, Ferrara, Fallimento, n. 158, nota 19, n. 254, nota 40 (e ivi ulteriori richiami dottrinali), il quale ritiene procedibile la domanda di risoluzione proposta prima della dichiarazione di fallimento al fine della liberazione dell'attore in bonis dal contratto e non del recupero del bene
prestato.
validità del patto di riservato dominio, abbia poi, contrad
dicendosi, dichiarato risolto il contratto per colpa del com
pratore ; 6) non abbia considerato cbe una volta interve nuto il fallimento, la risoluzione non era più possibile, essendo il bene già entrato a far parte dell'attivo fallimen tare ; e) abbia erroneamente condannato il fallimento al risarcimento dei danni.
Tutte le censure sono manifestamente infondate. Non vi è contraddizione tra il rigetto della domanda
di revindica e l'accoglimento di quella di risoluzione, trat tandosi di azioni fondate su fatti giuridici del tutto diversi.
È esatto poi che il fallimento produce l'indisponibilità dei beni del fallito e la par condicio creditorum, onde deve ritenersi di regola inefficace, nei confronti della massa, il rimedio della risoluzione per pregresso inadempimento del debitore non ancora fallito. Senonchè tale principio non si
applica allorché, come nella specie, il contraente in bonis aveva già acquisito il diritto alla risoluzione prima della dichiarazione di fallimento, mediante la proposizione della domanda giudiziale in tempo anteriore alla dichiarazione stessa. In tale ipotesi la dichiarazione di fallimento non è di ostacolo al recupero del bene da parte del contraente adem
piente, in quanto gli effetti della sentenza costitutiva di risoluzione retroagiscono al momento della domanda.
Infine, per l'espresso disposto dell'art. 1453 cod. civ., l'inadempimento di uno dei contraenti dà diritto all'altro di ottenere, oltre la risoluzione del contratto, anche il risar cimento dei danni.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 28 aprile 1961, n. 963 ; Pres. Lonardo P., Est. Pece, P. M. Pisano (conci, conf.) ; Soc. Adriatica di elettricità - S.a.d.e. (Avv. Conte, A. D. Giannini, Scandiani, Frattini) c. Finanze
(Avv. dello Stato Salerni).
(Conferma App. Venezia 15 luglio 1959)
Tassa sulle concessioni governative — Derivazioni «li acque pubbliche — Dichiarazione di pubblica utilità — Liquidazione sulla base della spesa effettiva (L. 25 giugno 1865 n. 2359, sulle espropria zioni per p. u., art. 3 ; d. 1. 30 maggio 1947 n. 604, provvedimenti in materia di tasse sulle concessioni
governative, tabolla A, n. 147). Tassa sulle concessioni governative — T. u. n. 118
del 1953 — Questione di incostituzionalità — Ma nifesta infondatezza (L. 14 marzo 1952 n. 128, prov vedimenti in materia di tasse sulle concessioni go vernative, art. 10 ; d. pres. 20 marzo 1953 n. 112, t. u: in materia di tasse sulle concessioni governative, ali. A, n. 147).
Anche sotto il vigore della tabella A allegata al decreto legisl. 30 maggio 1947 n. 604, la previsione di spesa indicata nella relazione sommaria allegata alla domanda, con cui viene chiesta la dichiarazione di pubblica utilità di grandi derivazioni e di opere di raccolta delle acque, non vincola
gli organi della Amministrazione finanziaria, che possono procedere all'accertamento dell'effettivo ammontare della
spesa al momento dell'emanazione del decreto di conces sione. (1)
È manifestamente infondata la questione di incostituzionalità del decreto pres. 20 marzo 1953 n. 112, che ha approvato il nuovo t. u. delle tasse sulle concessioni governative, sotto il profilo di asserita violazione dei limiti posti al Governo dalla legge delegante. (2)
(1-2) La Cassazione si è espressa nello stesso senso nella pre cedente sentenza 13 aprile 1961, n. 786, Foro it., Mass., 187, emessa in analoga controversia tra la stessa S.a.d.e. e l'Ammi nistrazione finanziaria.
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1343 PARTE PRIMA 1344
i La Corte, eoe. — Con l'unico mezzo di ricorso la S.a.d.e.
denunzia la erronea interpretazione, da parte della sen
tenza impugnata, dell'art. 147 della tabella ali. A decreto
legisl. 30 maggio 1947 n. 604. Più specificamente, la ricor
rente afferma che poiché per l'art. 33 t. u. 11 dicembre 1933
n. 1775 sulle acque e gli impianti elettrici per le grandi deri
vazioni e per le opere di raccolta e regolazione delle acque, il
decreto di concessione ha efficacia di dichiarazione di pub blica utilità per tutti i lavori di impianti occorrenti così
alla costruzione come all'esercizio, la sentenza impugnata avrebbe dovuto far capo all'art. 3 della legge base sulle espro
priazioni per pubblica utilità (legge n. 2359 del 1865), secondo cui qualsiasi domanda, fatta anche dai privati,
per ottenere la dichiarazione di pubblica utilità, deve
essere accompagnata da una relazione sommaria, la quale deve indicare, tra l'altro, la spesa presunta.
La ricorrente vorrebbe dedurne che, ai fini dell'art. 147
della tabella ali. A decreto legisl. 30 maggio 1947 n. 604, la tassa sulla concessione deve essere rapportata alla pre visione di spesa, che l'aspirante concessionario dovette
presentare unitamente alla domanda tendente ad ottenere
la concessione.
Il rilievo sopra trascritto non appare determinante
ai fini della decisione, in quanto, se spiega l'obbligo di
allegare, alla domanda di concessione, la indicazione della
spesa presunta, non permette anche di ritenere che la tassa
di concessione debba essere rapportata esclusivamente, così come affermato dalla ricorrente, a quella indicazione
di spesa, con esclusione di qualsiasi controllo da parte
degli organi tributari in sede di tassazione della concessione.
La previsione di spesa e la indicazione dei mezzi di esecu
zione dell'opera pubblica, prescritti dall'art. 3 legge del
1865 sulla espropriazione, ed alla quale la ricorrente si è
richiamata, ha la finalità di evitare il pericolo di far subire, al proprietario del bene espropriando, una espropriazione senza la sicurezza, quanto meno presuntiva, della completa esecuzione delle opere progettate. Nella ipotesi, che qui interessa, delle concessioni governative, la previsione della
spesa viene utilizzata anche ai fini tributari, ma resta
pur sempre il problema, più sopra prospettato, del carattere
vincolante o meno di quella previsione, per gli organi tributari.
E a tal fine è necessario avere presente il carattere
tributario della questione e procedere alla interpretazione della legge tributaria 30 maggio 1947 n. 604, vigente
all'epoca in cui la S.a.d.e. ottenne la concessione, postochè la tassa colpisce l'atto di concessione. In tale interpreta zione, la Corte di appello non è incorsa nell'errore denun
ziato dalla ricorrente.
Infatti, l'art. 147 della legge summenzionata prevede una tassazione con il cosiddetto « sistema per scaglioni », nel senso che l'importo della tassa è determinato con ri ferimento al diverso ammontare della spesa complessiva prevista per l'opera.
Il quesito centrale di causa consisteva nell'accertare se il riferimento legislativo dovesse intendersi fatto alla
previsione di spesa presentata dall'istante la concessione o alla previsione di spesa, quale accertata, in sede di controllo,
dagli organi tributari. La sentenza impugnata ha ritenuto,
esattamente, la seconda soluzione. Per vero la locuzione della legge del 1947, «se la spesa
complessiva dell'opera fu prevista in somma non maggiore,
Il principio era stato affermato anche da App. Cagliari 4 luglio 1956, id., Rep. 1956, voce Tassa sulle concessioni gover native, n. 4.
È da notare che la nota al n. 147 tabella A decreto pres. 20 marzo 1953 n. 112, ancora in vigore alla data di deliberazione
(28 febbraio 1961) e non alla data di deposito della presente decisione, è integralmente riprodotta nel t. u. delle tasse sulle concessioni governative, appr. con decreto pres. 1° marzo 1961 n. 121 (Le Leggi, 1961, 453), ed entrato in vigore il 23 marzo del corrente anno.
Per il carattere non innovativo del t. u. approvato con de creto pres. 20 marzo 1953 n. 112 rispetto alla tabella allegata al decreto legisl. 30 maggio 1947 n. 604, cfr. App. Cagliari 4 luglio 1956, citata.
ecc. » non permette di concludere, così come la ricorrente
vorrebbe, che si debba avere riguardo esclusivamente
alla previsione dell'interessato, attribuendole un inammis
sibile e abnorme carattere vincolante per gli organi fi
nanziari. Al contrario, la ratio della legge, la quale ha
utilizzato la previsione della spesa quale criterio presuntivo dell'utilità derivante al privato dalla concessione, impone di ritenere che, anche secondo la legge del 1947, la previ sione di spesa, da tenersi presente per la tassazione era sì
quella fatta dall'interessato, ma controllata ed eventual
mente integrata dagli organi finanziari in sede di tassa
zione, in modo da svincolarla dai criteri soggettivi dell'in
teressato alla concessione e conferirle un carattere di obiet
tività ed attualità. La ratio della legge resterebbe frustrata
in pieno, qualora, nella ipotesi, che è quella di causa, di un
lungo periodo di tempo intercorso tra la presentazione della istanza e la emanazione del decreto di concessione, si dovesse ritenere vincolante, ai fini della tassazione del
decreto di concessione, la previsione di spesa allegata dal privato alla istanza di concessione.
D'altra parte, l'art. 10 della legge organica, 30 di
cembre 1923 n. 3279 per le tasse sulle concessioni gover native, prevedendo esplicitamente un termine di prescri zione per l'azione, tanto dell'Amministrazione finanziaria
per « supplemento a causa di liquidazioni inesatte », quanto del contribuente « per restituzione di somme indebitamente
pagate », convalida la possibilità di ulteriori accertamenti, a vantaggio sia dell'Amministrazione finanziaria, sia del
contribuente, onde controllare la esattezza della previ sione della spesa dedotta dal richiedente la concessione.
E, sotto l'accennato profilo, la stessa ricorrente ha
ammesso, nella discussione orale del ricorso, che la dizione
lata del richiamato art. 10 legge n. 3279 del 1923 non
permette di restringere il significato concettuale del « sup
plemento », in esso articolo previsto, alla nozione tecnico
giuridica della tassa suppletiva di cui all'art. 7 legge di registro.
Deve essere ulteriormente sottolineato come altra
conferma della esposta interpretazione dell'art. 147 legge n. 604 del 1947 è data dal vigente art. 147 della tariffa
ali. A del t. u. sulle concessioni governative, approvato con decreto pres. n. 112 del 1953, postochè la nota a tale
voce della tariffa esplicitamente prescrive che « la tassa
deve essere liquidata sulla base dell'ammontare complessivo della spesa, quale risulta dall'atto di emanazione del
provvedimento, tenendo conto di ogni eventuale aggior namento ».
La odierna ricorrente ha eccepito, nella memoria illu
strativa del ricorso, che si sarebbe formato il giudicato sulla dichiarazione contenuta nella sentenza impugnata e non contestata dall'Amministrazione delle finanze, che
nella specie non è applicabile la legge del 1953, ma quella del 1947 comechè vigente (detta legge del 1947) all'epoca di emanazione del decreto di concessionè di cui è discussione.
Ogni questione sulla esistenza o meno dell'affermato
giudicato resta assorbita dal duplice particolare che ef
fettivamente, come si è già detto, la tassazione della con
cessione di cui trattasi va controllata con riferimento
alla legge vigente al tempo del decreto di concessione, e che la legge del 1953 viene qui valorizzata nel suo carattere, sul punto, di legge interpretativa e chiarificatrice della
precedente legge del 1947.
La ricorrente ha protestato la illegittimità costituzionale
della predetta legge del 1953, anche sotto il profilo inter
pretativo della precedente legge, affermando che sarebbero
stati violati i limiti della delega al Governo per la compila zione del testo unico delle disposizioni sulle tasse per con
cessioni governative. L'eccezione di incostituzionalità è però manifestamente
infondata, attesa la specifica delega al Governo (art. 10
legge 14 marzo 1952 n. 128) a procedere « alla raccolta
in un testo unico di tutte le disposizioni vigenti in materia
di tasse sulle concessioni governative, e ad apportarvi le modifiche ed aggiunte che si renderanno necessarie
per il loro coordinamento e per una più precisa formula
zione tecnica delle disposizioni stesse ».
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1345 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1346
Ne consegue che ben può la menzionata legge del 1953 essere valorizzata ai fini della esatta interpretazione della
precedente legge del 1947.
Atteso tutto quanto fin qui esposto, deve concluder sene che, sia ai sensi dell'art. 147 decreto legisl. 30 maggio 1947 n. 604, sia ai sensi dell'art. 147 della tariffa all. A t. u. delle leggi in materia di tasse sulle concessioni gover native, approvato con d. pres. 20 marzo 1953 n. 112, la tassa di concessione governativa deve essere liquidata sulla base dell'ammontare complessivo della spesa, quale risulta, al momento della emanazione del provvedimento di concessione, dalla previsione dell'interessato, integrata, se necessario, dagli accertamenti degli organi finanziari che devono procedere alla tassazione. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 27 aprile 1961, n. 949 ; Pres. Torrente P., Est Rossano, P. M. Silocchi (conci,
conf.) ; Quaini (Avv. Franchini) c. Costa (Avv. Sal
vucci, Ghio).
(Conferma App. Genova 31 luglio 1959)
Cessione dei erediti — Cessione simulata — Inte resse del debitore ceduto alla dichiarazione —
Carenza (Cod. civ., art. 1415, 1264 ; cod. proc. civ., art. 360).
Il debitore ceduto non ha interesse ad agire per la dichiara zione di simulazione della cessione. (1)
La Corte, eco. — (Omissis). Con il seoondo motivo il
Quaini denuncia la violazione, « dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., in relazione all'art. 1415 cod. civ. per non avere la sen tenza impugnata riconosciuto il suo diritto di far valere la simulazione dell'atto 7 marzo 1953 ed avere omesso di esa minare se la simulazione avesse leso i suoi diritti. Assume,
genericamente, che la prova della simulazione sussisteva e che in conseguenza i suoi diritti erano lesi.
Invece la Corte di appello ha esattamente ritenuto che la scrittura privata del 7 marzo 1953, con la quale il Mulasso cedette il suo credito verso il Quaini al Costa, non fosse
impugnabile per simulazione dal Quaini. In vero, come più volte questo Supremo collegio ha avuto occasione di preci sare (sentenze 21 luglio 1947, n. 1160, Foro it., Rep. 1947, voce Cessione, n. 6 ; 26 giugno 1941, n. 1927, id., Rep. 1941. voce cit., n. 20 ; 29 maggio 1940, n. 1721, id., Rep. 1940, voce cit., n. 24 ; 30 novembre 1932, n. 3615, id., Rep. 1932, voce cit. n. 12) il debitore ceduto non è legittimato, per mancanza d'interesse, ad eccepire la simulazione del ne
gozio tra cedente e cessionario, perchè, non essendo egli soggetto di tale negozio ed essendo questo efficace nei suoi confronti anche contro la sua volontà, la simulazione, an che se provata, non influirebbe sulla sussistenza del suo de bito nè escluderebbe la estinzione dello stesso per effetto
dell'adempimento al cessionario. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
(1) Oltre le decisioni riportate nel testo della sentenza (Cass. 21 luglio 1947, n. 1160, Foro it., Rep. 1947, voce Cessione, n. 6 ; 26 giugno 1941, n. 1927, id., Eep. 1941, voce cit., n. 20; 29
maggio 1940, n. 1721, id., Rep. 1940, voce cit., n. 24 ; 30 no vembre 1932, n. 3015, id., Rep. 1932, voce cit., n. 12) non esi stono sull'argomento altri precedenti giurisprudenziali. In dot trina vedi Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1952, II, 2, pag. 193.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 24 aprile 1961, n. 919 ; Pres.
Celentano P., Est. Pece, P. M. Tavolaro (conci,
conf.) ; Stappaerts (Avv. Greco) c. Pratolongo (Avv.
Berlingieri) e Società meridionale trasporti Luciano
Pranzosini (Avv. Cioffi, Giurco).
(Conferma App. Genova 8 aprile 1960)
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione marit
tima trasporto merci — Danno verificatosi ante
riormente al periodo di copertura — Nullità (Cod. nay., art. 514).
Assicurazione (contratto di) — Certiiicati assicura
tivi — Nullità del rapporto sottostante di assicu
razione — Opponibilità al terzo possessore (Cod. civ., art. 1418, 1882, 1895, 1905).
Il contratto di assicurazione marittima è nullo allorché il
sinistro siasi verificato prima dell'inizio del periodo di
copertura convenzionale. (1) La nullità del contratto d'assicurazione marittima è opponi
bile al terzo possessore del certificato di sicurtà emesso
per conto di chi spetta. (2)
(1-2) Rischio putativo nell'assicurazione marittima di
trasporto merci e nullità del contratto per avaria partico lare preesistinte all'imbarco.
1. — Con la prima massima, la Cassazione ha risolto una
questione di notevole importanza, per la prima volta venuta, a quanto ci consta, all'esame del Supremo collegio ; viene chia
rita, cioè, la portata dell'art. 514 cod. nay., relativamente al concetto del rischio putativo (1). Si sa, infatti, che come regola generale soltanto un evento futuro dannoso e incerto può essere dedotto in vincolo al fine di una stipulazione assicurativa. Nel concetto di rischio è insita l'idea di futuro, oltreché quella della
possibilità concreta del suo verificarsi.
Ora, come eccezione a questa regola di fondo, esiste l'art. 514 cod. nav., in base di quale è ammessa l'assicurazione del rischio putativo, di quel rischio, cioè, creduto tale nella convin zione delle parti, anche se, in concreto, esso non integra gli estremi di una efficienza causale proiettata nel futuro e di una
possibilità effettiva di realizzazione. In altri termini, nelle assi curazioni marittime, la causa giuridica del contratto non viene a soffrire se successivamente si scopre che l'avvenimento dedotto in garanzia non avrebbe mai potuto verificarsi; basta che le
parti contraenti abbiano avuto, al momento della stipulazione, la intima convinzione che si trattava di un rischio reale e non
semplicemente putativo. Orbene, alla norma dell'art. 514 si è richiamata la ricorrente
nel suo primo motivo. Ammessa la buona fede delle parti e ammesso che, conformemente alle perizie a destino, il danno si sia verificato prima del viaggio Napoli-Anversa, si dovrebbe ritenere che al momento dell'assunzione il rischio era considerato dai contraenti perfettamente assicurabile. Se poi accertamenti
postumi hanno dimostrato che il rischio non sussisteva più, perchè il danno si era già prodotto, tale circostanza non dovrebbe influire sulla validità del contratto di assicurazione.
A questa tesi, peraltro brillante, la Cassazione ha tuttavia
risposto con un argomento di assoluta incontestabilità, facendo rilevare che il criterio del rischio putativo può essere applicato anche per un danno che si sia verificato prima della stipulazione contrattuale, ma che si sia prodotto pur sempre in costanza di
copertura assicurativa. Si può dunque assicurare un rischio pu tativo, cioè risarcire i danni già avvenuti, ma non conosciuti dalle parti, solo se si dà contrattualmente efficacia retroattiva
(1) In giurisprudenza, sul punto specifico risulta soltanto Trib. Torino 15 maggio 1941, Foro it., Rep. 1942, voce Assicurazione (con tratto), n. 50, nella quale viene dichiarato non risarcibile il danno per sinistro avvenuto anteriormente alla conclusione del contratto di assi curazione, in difetto di retrodatazione della copertura.
Neppure in dottrina l'argomento sembra essere stato trattato a fondo. Oltre all'ampia opera del Donati (Trattato del diritto delle assicurazioni private, Milano. 1956) che, alla pag. 36 del vol. Ili, si occupa in ganzale del problema, si possono consultare le monografie del Berlingieri, in Diritto marittimo, 1925, 545 e del Brunetti (Li neamenti della riforma delle assicurazioni marittime, in Assicurazioni, 1943, I, 9), che tratta l'argomento sotto il profilo dell'inesistenza del rischio (art. 1895 cod. civ.) e dell'interesse all'assicurazione (art. 1905).
Il Fobo Italiano — Volume LXXXIV — Parte 1
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