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sezione I civile; sentenza 28 dicembre 2000, n. 16205; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Martone...

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sezione I civile; sentenza 28 dicembre 2000, n. 16205; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Martone (concl. conf.); Zavoli e altro (Avv. Zavoli, Santoro) c. Ravaioli (Avv. Viola, Bertolani, Raggi). Cassa App. Bologna 20 marzo 2000 e decide nel merito Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1601/1602-1629/1630 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196181 . Accessed: 28/06/2014 18:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.38 on Sat, 28 Jun 2014 18:35:45 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 28 dicembre 2000, n. 16205; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Martone(concl. conf.); Zavoli e altro (Avv. Zavoli, Santoro) c. Ravaioli (Avv. Viola, Bertolani, Raggi).Cassa App. Bologna 20 marzo 2000 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1601/1602-1629/1630Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196181 .

Accessed: 28/06/2014 18:35

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 28 di cembre 2000, n. 16205; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Martone (conci, conf.); Zavoli e altro (Avv. Za voli, Santo

ro) c. Ravaioli (Avv. Viola, Bertolani, Raggi). Cassa App. Bologna 20 marzo 2000 e decide nel merito.

Elezioni — Diritto di elettorato passivo — Deroghe

— Ap

plicazione analogica — Esclusione (Cost., art. 51; d.p.r. 16

maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, art. 9

bis; 1. 23 dicembre 1966 n. 1147, modificazioni alle norme sul

contenzioso elettorale amministrativo, art. 5; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, art. 2, 8; d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 3).

Sanità pubblica — Primario ospedaliero — Funzioni diri genziali — Esclusione — Causa di ineleggibilità — Insus sistenza (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 9 bis-, 1. 23 di cembre 1966 n. 1147, art. 5; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 2;

d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, art. 3; d.leg. 19 giugno 1999 n. 229, norme per la razionalizzazione del servizio sanitario

nazionale, a norma dell'art. 1 1. 30 novembre 1998 n. 419, art.

15). Elezioni — Elezioni comunali — Sindaco — Primario ospe

daliero — Incompatibilità (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 9 bis; 1. 23 dicembre 1966 n. 1147, art. 5; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 8; d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, art. 3; d.leg. 19

giugno 1999 n. 229, art. 15). Elezioni — Elezioni comunali — Causa di incompatibilità —

Rimozione da parte dell'eletto — Termine — Decorrenza

(Cost., art. 3, 24; d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 9 bis\ 1. 23 dicembre 1966 n. 1147, art. 5; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 7; 1. 3 agosto 1999 n. 265, disposizioni in materia di autonomia e

ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla 1. 8 giu

gno 1990 n. 142, art. 20).

Il diritto di elettorato passivo, in quanto riconducibile alla sfera dei diritti inviolabili della persona, è suscettibile di restrizioni nei soli limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di pa ri rango costituzionale; non sono pertanto suscettibili di ap

plicazione analogica le deroghe previste alla regola della

eleggibilità, le quali devono conformarsi ai canoni della ne

cessarietà e della ragionevole proporzionalità. (1)

(1-10) I. - Nelle decisioni riportate, la Corte di cassazione esamina alcuni aspetti della disciplina inerente alle situazioni d'ineleggibilità e/o d'incompatibilità in cui versi il soggetto titolare di cariche elettive.

Sulla potestas iudicandi del giudice ordinario in ordine a tali pro blematiche e sulla natura non impugnatoria del relativo giudizio, v. Cass. 23 marzo 2000, n. 3473, Foro it., Mass., 355, secondo cui il con tenzioso elettorale ha per oggetto l'accertamento e la tutela della situa zione di diritto soggettivo pubblico (all'elettorato passivo) che si assu me violata, e non l'atto amministrativo (nella specie, la delibera del

consiglio comunale di decadenza per incompatibilità dalla carica di

consigliere) che di quel giudizio costituisce un mero presupposto pro cessuale e di cui non deve chiedersi l'annullamento.

Per quanto attiene all'esperibilità del ricorso per cassazione, Cass. 7

luglio 2000, n. 9065, id., 2000. I, 3502, ha rilevato che anche in rela zione all'azione popolare in materia di eleggibilità e decadenza relative alle elezioni comunali, prevista dall'art. 82 d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, la legittimazione ad impugnare per cassazione le sentenze pronun ciate in secondo grado dalla corte d'appello nonché la legittimazione ad

impugnare per revocazione le sentenze della Corte di cassazione o a ri chiederne la correzione degli errori materiali spetta soltanto a coloro che sono stati parti nel giudizio che ha condotto alla sentenza impu gnata e non anche ai cittadini elettori, rimasti estranei al processo (un'eccezione in tal senso è, infatti, prevista esclusivamente per il giu dizio di appello dal 2° comma del medesimo art. 82).

Con riferimento all'autonomia dell'azione ex art. 9 bis rispetto a

quella ex art. 82 d.p.r. 570/60, v. Cass. 7 ottobre 2000, n. 13357, ibid., 3455, con nota di richiami.

II. - In ordine alle fattispecie d'ineleggibilità dei consiglieri comuna

li, v. Corte cost. 4 novembre 1999, n. 421, ibid., 345, con nota di ri

chiami, che ha dichiarato l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2. 1° comma, n. 7,1. 23 aprile 1981 n. 154, nella

parte in cui esso stabilirebbe l'ineleggibilità dei dipendenti comunali al

Il Foro Italiano — 2001.

La riorganizzazione del servizio sanitario nazionale, operata dal d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, ha dato luogo ad un pro gressivo accentramento dei poteri di gestione delle Usi, e poi delle Asl, a seguito del quale si è prodotto un restringimento dell'area della dirigenza con funzioni apicali e, conseguen temente, una limitazione delle ipotesi di ineleggibilità; tra

queste non può pertanto essere annoverata quella del prima rio ospedaliero, non esercitando egli funzioni di rilievo ester

no, fatte salve quelle legate all'espletamento dei compiti te

rapeutici. (2) La carica di sindaco è incompatibile con quella di primario di

divisione nella locale unità sanitaria, in quanto il sindaco,

pur dopo la ristrutturazione delle Usi operata dal d.leg. 502/92, riveste, da solo o nel più ampio contesto della confe renza dei sindaci, un ruolo nella formazione del programma, nell'indirizzo sanitario e nel controllo contabile delle nuove

Asl, tale da evidenziare una immanente possibilità di conflitto di interessi con le funzioni di professionista operante all'in terno dell'unità sanitaria. (3)

Il «congruo termine» entro il quale l'eletto può rimuovere la causa d'incompatibilità si applica, sulla base di quanto af fermato da Corte cost. n. 160 del 1997 e stante il disposto dell'art. 20 l. 3 agosto 1999 n. 265, a partire dal giorno della

notificazione del ricorso introduttivo dell'azione popolare volta all'accertamento dell'incompatibilità (si legge in moti

vazione che la diversa soluzione che individuasse il dies a quo in concomitanza con il passaggio in giudicato della sentenza

potrebbe, infatti, condurre al mantenimento anche per un

lungo periodo di tempo della situazione di conflitto di interes

si). (4)

consiglio comunale, ma non anche a quello circoscrizionale. Sull'ine

leggibilità alla carica di consigliere comunale di un dirigente o di un

componente del consiglio di amministrazione di una società partecipata dal comune, v. Cass. 6 marzo 2000, n. 2490, e 22 febbraio 2000, n.

1992, id., Mass., 303 e 243. Con riguardo all'ineleggibilità del sindaco, nel senso che con il si

stema di elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia adottato dalla 1. 25 marzo 1993 n. 81 continua a trovare applicazione, quanto alla materia della ineleggibilità e delle incompatibilità, la prece dente normativa di cui alla 1. 154/81, v. Cass. 25 febbraio 1999, n.

1631, id., Rep. 1999, voce Elezioni, n. 53. Sull'ineleggibilità susse

guente ad una condanna, anche in sede di patteggiamento, per uno dei reati di cui all'art. 15 1. 19 marzo 1990 n. 55, v. Cass. 7 ottobre 2000, n. 13357, cit., nonché Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 1999, n. 1144, e 13 settembre 1999, n. 1052, id., 2000, III, 410, con nota di richiami e osservazioni di Passaglia. Nel senso che la condanna del candidato sindaco si riverbera in un vizio incidente sulla presentazione delle liste a lui collegate, comportando quindi non soltanto la nullità dell'elezione del candidato, ma anche l'invalidità dello svolgimento delle operazioni elettorali, v. Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 1999, n. 1052, cit. Sul

possibile pregiudizio che la dichiarazione di ineleggibilità del sindaco

può arrecare ad altri soggetti, v. anche Cass. 25 settembre 1999, n.

10630, e 30 luglio 1999, n. 8261, id., Rep. 1999, voce cit., nn. 164 e

163, secondo cui nelle controversie in cui si contesta l'eleggibilità del

sindaco, a seguito di elezioni svoltesi dopo l'entrata in vigore della 1.

81/93, gli eletti delle liste collegate nella candidatura del sindaco non sono contraddittori necessari, in quanto le eventuali conseguenze nega tive per le liste connesse rappresentano il legale corollario della dichia razione d'ineleggibilità del sindaco senza, quindi, che sia necessaria la

presenza e l'intervento di questi ultimi eletti, né l'estensione della contestazione nei loro confronti; gli stessi sono peraltro legittimati al l'intervento adesivo dipendente ed all'appello.

Sul venir meno delle cause di ineleggibilità, v. Trib. Cagliari 24 ot tobre 1997, ibid., nn. 39, 40, che ha richiesto all'uopo un formale atto di dimissioni accompagnato dall'effettiva astensione dall'incarico rico

perto e dalla presa d'atto da parte dell'amministrazione destinataria, o dal formarsi del previsto silenzio-assenso.

Per quanto concerne le diverse problematiche che si ricollegano alla nomina degli assessori, nel senso che essi debbano essere in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla carica di consigliere comunale, v. Cass. 6 marzo 2000, n. 2490, cit., che ha altresì precisato che non si applica agli assessori nominati dal sindaco la regola secondo cui per i consiglieri comunali le dimissioni dalle cariche che li rende rebbero incompatibili con quella elettiva devono essere rese prima della

presentazione delle candidature. III. - Con riferimento alla disciplina delle incompatibilità, v. Cass. 18

gennaio 2000, n. 489, id., Mass., 42, secondo cui le cause d'incompati bilità con il mantenimento della carica, previste dalla 1. 154/81, devono essere interpretate nei limiti indispensabili a garantire che l'esercizio del mandato elettorale sia corretto e non impedito da pericolose interfe renze di finalità individuali con esigenze di pubblico interesse; da tale

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1603 PARTE PRIMA 1604

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 di

cembre 2000, n. 16203; Pres. ed est. Criscuolo, P.M. Fraz

zini (conci, conf.); Gili (Avv. Romanelli, Delazer, Bianchi

ni) c. Cogo e altro (Avv. Bert acche). Conferma App. Venezia

11 luglio 2000.

Elezioni — Elezioni comunali — Amministratore di ente

privato soggetto a vigilanza del comune — Incompatibilità

— Fattispecie (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 9 bis', 1. 23 dicembre 1966 n. 1147, art. 5; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 3).

Elezioni — Elezioni comunali — Causa di incompatibilità —

Rimozione da parte dell'eletto — Termine — Decorrenza — Questione manifestamente infondata di costituzionalità

(Cost., art. 3, 51; d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 9 bis; 1. 23

dicembre 1966 n. 1147, art. 5; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 7).

È incompatibile con la carica di consigliere comunale quella di

amministratore di un ente privato su cui il comune eserciti il

potere di vigilanza attraverso forme di ingerenza e di concor

so nella formazione della volontà dell'ente medesimo (nella

specie, la Cassazione ha ritenuto che sussistesse un poten ziale conflitto di interessi nella concentrazione, nella stessa

persona, delle funzioni di consigliere comunale e di vicepre sidente di associazione sportiva affidataria della gestione de

gli impianti sportivi comunali a titolo di comodato e destina

taria di un contributo comunale come parziale rimborso per

spese ed eventuali perdite di gestione). (5) E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 7 /. 23 aprile 1981 n. 154, nella parte in cui

attribuisce ali 'interessato la facoltà di rimuovere la causa di

incompatibilità entro il termine di dieci giorni dalla data di

notificazione del ricorso giurisdizionale anziché da quella della pronuncia di decadenza, in riferimento agli art. 3 e 51

Cost. (6)

orientamento si è tratta, nella specie, la conclusione che non costituisce causa di incompatibilità per la conservazione della carica di consigliere comunale la circostanza che questi svolga contemporaneamente l'atti vità di agente di assicurazione di una società privata con la quale l'ente

pubblico abbia stipulato contratti di assicurazione.

Sull'ipotesi di incompatibilità per lite pendente con l'ente di appar tenenza, v. Cass. 30 marzo 1999, n. 3070, id., Rep. 1999, voce cit., n.

52, che ha rilevato come, in tema di contenzioso elettorale amministra

tivo, l'ultimo pomma dell'art. 3 1. 154/81 — secondo cui l'incompati bilità con la carica di consigliere comunale, per effetto di lite civile o amministrativa con il comune, non sussiste in relazione ai fatti connessi con l'esercizio del mandato — vada inteso, per quanto riguarda il fatto

generatore della lite, con riferimento alle controversie che risultino strettamente correlate ai compiti istituzionali del soggetto della cui in

compatibilità si discute, oppure a quelle in cui quel soggetto non faccia valere interessi personali e privati, ma, ancorché in modo errato o in fondato, interessi della collettività (nella specie, si è affermata la sussi stenza della «connessione» in relazione ad una controversia instaurata dal comune, nei confronti di alcuni consiglieri, avente ad oggetto le

spese ed il risarcimento dei danni sopportati a seguito di un procedi mento penale per abuso in atti d'ufficio instaurato a carico del sindaco

precedente, su denuncia dei predetti consiglieri, concluso con sentenza di proscioglimento). Per l'affermazione secondo cui il tema dell'in

compatibilità di cui all'art. 3 1. 154/81 investe globalmente il rapporto tra l'eletto e l'ente territoriale, riguardando, senza distinzioni, tutti gli atti ai quali il consigliere eletto è chiamato a partecipare nell'organo deliberante del comune, v. Trib. Belluno 31 maggio 1997, id., 1999, 1, 2121, con nota di richiami e nota di Pertici.

Sul tema, v. anche Cass. 19 maggio 1999, n. 4824, id., Rep. 1999, voce cit., n. 48, in base alla quale la pendenza di un procedimento pe nale per reati commessi dall'eletto in danno dell'ente territoriale è cau sa d'incompatibilità dell'eletto stesso (ex lege 154/81) ogni volta in cui l'ente si costituisca parte civile in sede penale.

Nel senso che il ricorrere della «pendenza» della lite sia da ravvisarsi tanto nell'ipotesi in cui sia l'eletto ad assumere la veste di attore, sia in

quella in cui a promuovere la lite sia stato invece l'ente territoriale, per cui la rimozione della causa d'incompatibilità, necessaria ad evitare la

decadenza, può avvenire, nel primo caso, per opera dell'«eletto», men tre, nel secondo, comporta necessariamente l'iniziativa dell'ente (la quale potrà, eventualmente, essere stimolata dall'eletto attraverso gli stessi mezzi che sono a disposizione di qualsiasi convenuto — soddi sfacimento della pretesa, transazione, ecc. —, e si esprimerà attraverso i tipici atti estintivi — del giudizio o dell'azione — che sono a disposi zione di qualsiasi attore), cfr. Cass. 17 dicembre 1999, n. 14204, ibid., n. 50; dal principio riconosciuto si è dedotto che ove vertasi nell'ipotesi

Il Foro Italiano — 2001.

Ill

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 15 giu

gno 2000, n. 8178; Pres. Annunziata, Est. Macioce, P.M.

Mele (conci, conf.); Carturan (Avv. Autieri, Nascani) c. Ci

rilli e altro (Avv. Corso Lanci) e altri. Cassa App. Roma 16

dicembre 1999 e decide nel merito.

Elezioni — Elezioni comunali — Sindaco — Medico conven

zionato con l'azienda Usi — Incompatibilità (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 82; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 8, 9;

d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, art. 3; d.leg. 19 giugno 1999

n. 229, art. 3, 3 ter, 4). Elezioni — Elezioni comunali — Causa di incompatibilità —

Rimozione da parte dell'eletto — Anteriorità rispetto alla

notifica del ricorso — Decadenza — Esclusione (D.p.r. 16

maggio 1960 n. 570, art. 9 bis, 82; 1. 23 dicembre 1966 n.

1147, art. 5; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 8, 9; 1. 3 agosto 1999

n. 265, art. 20).

Le modifiche intervenute a seguito del d.leg. 502/92 hanno in

trodotto nuove ipotesi di ineleggibilità-incompatibilità, senza

con ciò dar luogo ad una abrogazione tacita di quelle prece dentemente in vigore; permane pertanto la causa di incompa tibilità tra la carica di sindaco e l'esercizio delle funzioni di

medico convenzionato con l'azienda Usi, non potendosi de

durre, dal ridimensionamento delle funzioni di controllo ed

indirizzo dei comuni nei riguardi delle nuove aziende, la so

pravvenuta irrazionalità della disciplina prevista dalla l. 23

aprile 1981 n. 154. (7) La rimozione della causa di incompatibilità, in virtù del princi

pio di cristallizzazione, esclude, pur se attuata tardivamente

rispetto al termine di dieci giorni a partire dal momento del

l'assunzione della carica elettiva, la possibilità di una di

chiarazione di decadenza qualora la rimozione stessa (nella

specie, verificatasi non con la mera interruzione unilaterale

dell'attività, ma con un atto di sospensione-sostituzione pro veniente dall'azienda sanitaria) sia anteriore alla notifica del

ricorso introduttivo del giudizio di accertamento. (8)

in cui la lite sia stata introdotta dal comune attraverso la sua costituzio ne di parte civile nell'ambito di un procedimento penale pendente a ca rico dell'eletto, non costituiscono fattore ostativo all'incidenza e rile vanza della delibera di revoca della costituzione di parte civile in que stione né la considerazione relativa all'eventuale successiva riproponi bilità dell'azione in sede civile (non essendo compito del giudice elet torale rilevare l'esistenza di mere potenzialità di future cause di pen denza di conflitto), né quella relativa alla circostanza per cui la delibera di revoca della costituzione di parte civile possa essere eventualmente inficiata da conflitto di interessi nascente dal profilo per cui lo stesso meccanismo legislativo vigente ha a comportare che la decadenza del sindaco determini altresì la decadenza della giunta e lo scioglimento del

consiglio ex art. 37 bis 1. 8 giugno 1990 n. 142, come modificato dal l'art. 21 1. 81/93 (posto che il giudice competente a rilevare l'esistenza di eventuali abusi e conflitti d'interesse nell'adozione di un tal tipo di delibera non è quello dell'eleggibilità).

In ordine al rilievo per cui l'esistenza della causa d'incompatibilità per la pendenza di una lite in corso con il comune può essere negata, per apprezzamenti relativi alla consistenza delle domande in essa avan

zate, solo se le risultanze del relativo procedimento ne evidenzino pri ma facie il carattere meramente formale od artificioso, e non anche in esito a considerazioni e riscontri operati sui presupposti processuali e sulle condizioni dell'azione riservati — in quanto tali — al giudice competente, v. Cass. 6 maggio 1999, n. 4533, ibid., n. 51.

Per quel che attiene alla rimozione della causa d'incompatibilità, ed al termine entro il quale ciò è consentito, v. Cass. 18 gennaio 2000, n. 489, cit., e 12 novembre 1999, n. 12529, id., 2000,1, 3592, con nota di

richiami, secondo cui la facoltà dell'eletto di rimuovere la situazione

d'incompatibilità per lite pendente dopo l'avvenuta proposizione della domanda giudiziale rivolta alla pronuncia di decadenza deve essere

esercitata, secondo quanto affermato da Corte cost. 4 giugno 1997, n. 160, id., 1997, I, 2380. con nota di richiami, entro un termine congruo, «ragionevolmente breve» da non superare il limitato arco temporale in cui la rimozione dell'incompatibilità possa ritenersi indipendente dal

l'espletamento del mandato di consigliere. Sul tema, v. la modifica intervenuta a seguito della 1. 3 agosto 1999

n. 265 {Le leggi, 1999, I, 3145), nella quale si è stabilito che i dieci

giorni assegnati all'eletto per eliminare le cause d'ineleggibilità o di

incompatibilità (art. 7, 3° comma, 1. 154/81), debbono essere computa ti, nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giuris dizionale, dalla data di notificazione del ricorso (art. 7, 4° comma).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

IV

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 giu

gno 2000, n. 7768; Pres. Reale, Est. Panebianco, P.M. Ve

lardi (conci, conf.); Matarese e altro (Avv. Acunto, Moli

naro) c. Iacono (Avv. Di Costanzo, Procaccini). Cassa App.

Napoli 1° aprile 1999 e decide nel merito.

Elezioni — Contenzioso elettorale — Lite pendente — Sin

dacato del giudice elettorale — Limiti — Fattispecie (Cod.

proc. pen., art. 77; 1. 23 aprile 1981 n. 154, art. 3; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 58).

Elezioni — Elezioni comunali — Lite pendente — Nozione — Fattispecie (L. 23 aprile 1981 n. 154, art. 3; 1. 19 marzo

1990 n. 55, nuove disposizioni per la prevenzione della delin

quenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazio

ne di pericolosità sociale, art. 15; 1. 18 gennaio 1992 n. 16, norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali, art. 1; 1. 12 gennaio 1994 n. 30, disposizioni modi

ficative della 1. 19 marzo 1990 n. 55, in materia di elezioni e

nomine presso le regioni e gli enti locali, e della 1. 17 febbraio

1968 n. 108, in materia di elezioni dei consigli regionali delle

regioni a statuto ordinario, art. 1 ).

Il giudice del contenzioso elettorale, in caso di denunciata in

compatibilità per lite pendente, deve limitarsi a prendere atto

dell'effettività di tale pendenza, non potendo, neppure inci

dentalmente, sindacare le relative determinazioni del giudice

penale (nella specie, la Cassazione ha declinato la propria

competenza a giudicare della legittimità ed ammissibilità

della costituzione di parte civile nel procedimento penale a

carico del sindaco). (9) Rientrano nella nozione di lite pendente, ai sensi di cui all'art.

3, n. 4, l. 154/81, quei conflitti in cui si contrappongano posi zioni personali e private dell'eletto con gli interessi della

collettività, restando, invece, esclusi quelli che insorgano sul

l'effettiva rispondenza degli atti posti in essere ai compiti istituzionali cui l'eletto è preposto (nella specie, la Cassazio

ne ha ritenuto sussistente la causa di incompatibilità in ordi

ne ad un procedimento penale per abuso di ufficio in cui il

comune si era costituito parte civile). (10)

IV. - Con precipuo riferimento alle ineleggibilità ed alle incompati bilità previste in relazione all'esercizio della professione medica presso le strutture convenzionate, v. Cass. 15 maggio 1996, n. 4511, Foro it.,

Rep. 1996, voce cit., n. 53, secondo cui, in tema di ineleggibilità del

personale delle Usi, anche prima delle modifiche introdotte dalla nuova

normativa contenuta nel d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, non poteva es

sere preclusa al primario ospedaliero l'eleggibilità né in virtù della di

sposizione di cui al n. 8 dell'art. 2 1. 154/81, la quale riguardava i sog getti che, nell'ambito dell'Usi, svolgevano funzioni di direzione di tutto il personale, né di quella contenuta nel n. 11 dello stesso articolo, la quale — facendo riferimento a «gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordi

namento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente ri

spettivamente dalla regione, provincia o comune» — non riguardava af

fatto il personale dipendente delle Usi. Per l'affermazione dell'ineleggibilità alla carica di sindaco del diri

gente amministrativo di un presidio ospedaliero costituito in azienda

ospedaliera, v. Cass. 25 febbraio 1999, n. 1631, id., Rep. 1999, voce

cit., n. 35. V. anche Cass. 20 gennaio 1999, n. 483, ibid., n. 37, per la

quale, a norma dell'art. 2 1. 154/81, l'ineleggibilità a consigliere comu

nale sussiste non solo per coloro ai quali sia stata espressamente e for

malmente attribuita la qualifica di dirigente di una struttura convenzio nata con l'Asl, ma, più in generale, per tutti coloro che, alla data di pre sentazione della candidatura, esplichino, anche solo di fatto, una fun

zione riconducibile, per le sue obiettive caratteristiche, a quelle proprie dei dirigenti, atteso che il bene tutelato dalla norma — la libertà di voto — è messo in pericolo dall'esercizio in concreto da parte del candidato

del potere di assumere le decisioni di un dirigente, in quanto intrinse

camente idonee a condizionare la scelta dell'elettore, indipendente mente dal fatto che tale potere gli sia stato attribuito in modo formale

ed espresso. Sulla sopravvivenza della disciplina dettata dalla 1. 154/81 a seguito

dell'entrata in vigore del d.leg. 502/92, nel senso che con la nuova or

ganizzazione delle Usi — quali entità aziendali strumentali delle regio ni — introdotta dal d.leg. 502/92, permangono le cause d'ineleggibilità dei legali rappresentanti e dei dirigenti delle strutture convenzionate

previste dall'art. 2, n. 9.1. 154/81, v. Cass. 6 febbraio 1996, n 957, id.,

Rep. 1997, voce cit., n. 55. Conformemente, v. Cass. 25 febbraio 1999, n. 1631, id., Rep. 1999, voce cit., n. 36, secondo cui, in tema di ineleg

II Foro Italiano — 2001.

I

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Tribunale di Ri

mini depositato il 22 luglio 1999, proposto ai sensi dell'art. 9

bis d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, gli avv. Antonio Zavoli e

Paolo Santoro, quali cittadini elettori del comune di Rimini, chiedevano di dichiarare l'ineleggibilità e/o l'incompatibilità del neoeletto sindaco di Rimini dott. Alberto Ravaioli a causa

della sua posizione di primario della divisione di oncologia del

l'Ausi di Rimini.

gibilità alla carica di sindaco, il d.leg. 502/92, non intervenendo in al cun modo sulla disciplina normativa dell'ineleggibilità e delle incom

patibilità, non ha abrogato, neppure tacitamente, l'art. 2, n. 8, 1. 154/81

(secondo cui i dipendenti delle Usi ed i coordinatori non sono eleggibili nel comune il cui territorio coincide con quello dell'unità sanitaria), con la conseguenza che, a seguito della specificazione del concetto di «coordinatori» (art. 3 e 4, 9° comma, d.leg. 502/92), oggi identificati nelle figure dei direttori generali, amministrativi e sanitari, tutti questi soggetti devono tuttora ritenersi destinatari della sanzione della ineleg gibilità, che va, invece, esclusa (ai sensi della 1. 4 aprile 1991 n. Ili) con riferimento alla (diversa) categoria dei dipendenti Usi che facciano

parte degli uffici di direzione (per effetto della devoluzione, in via tem

poranea, dei poteri di gestione delle dette unità agli amministratori

straordinari). Contra, per l'affermazione secondo cui la disposizione che prevede

va, per i dipendenti delle Usi e per i professionisti con esse convenzio

nati, l'incompatibilità con la carica di sindaco o di assessore comunale, deve ritenersi abrogata per sopravvenuta nuova disciplina, anche in as

senza di uno specifico atto abrogativo in tal senso, v. App. Perugia 30

novembre 1995, e Trib. Spoleto 26 luglio 1995, id., Rep. 1996, voce

cit., nn. 54 e 55. Dello stesso avviso sono andati anche i giudici di me rito nel corso del giudizio poi concluso con la prima delle decisioni qui

riportate (Cass. 28 dicembre 2000, n. 16205). Cfr., in particolare, Trib. Rimini 21 settembre 1999 (confermata da App. Bologna 20 marzo

2000): «Deve ritenersi attualmente superata [...] l'ipotesi che, a norma del

l'art. 8, n. 2,1. 23 aprile 1981 n. 154, sanciva l'incompatibilità tra la ca rica di sindaco e la posizione del mero dipendente della unità sanitaria

locale, e perciò anche del primario, poiché dopo la riforma del sistema sanitario nazionale, la sopravvenuta previsione legislativa e l'operati vità di nuove cause non solo di ineleggibilità ma anche di incompatibi lità, specifiche per gli organi delle nuove aziende sanitarie, pur in di

fetto di una abrogazione espressa, ha determinato, a norma dell'art. 15 delle preleggi, l'abrogazione tacita delle previgenti disposizioni, non

più compatibili con le nuove disposizioni che regolano le cause e di

ineleggibilità e di incompatibilità già previste dalle disposizioni della

legge anteriore; in particolare ha determinato l'abrogazione non solo

dell'art. 2, n. 8, ma anche dell'art. 8, n. 2.1. 23 aprile 1981 n. 154.

«Tale ultima disposizione, nel tempo in cui le unità sanitarie locali

erano disciplinate come strutture operative dei comuni (art. 15 1. 23 di

cembre 1978 n. 833) prive di personalità giuridica e di autonomia pa trimoniale, essendo all'epoca il patrimonio immobiliare degli ex enti

ospedalieri intestato al comune con vincolo di destinazione a favore

dell'Usi, costituiva naturale corollario della più generale causa di in

compatibilità di cui al n. 1 dell'art. 3 stessa legge, con l'evidente fina

lità di prevenzione di conflitti di interesse determinati dalla confluenza nello stesso soggetto del rapporto organico, espressione della volontà

dell'ente esponenziale, e della posizione nella struttura dipendente. «[.. .] la radicale riforma delle unità sanitarie, trasformate in Ausi,

aziende regionali dotate di personalità giuridica pubblica ed autonomia

patrimoniale, [ha] comportato la pratica inapplicabilità della tassativa causa di incompatibilità di cui all'art. 8, n. 2, 1. 23 aprile 1981 n. 154,

per la sostanziale abrogazione della struttura Usi di riferimento, ragione per cui l'interpretazione prospettata dai ricorrenti della permanente vi

genza di tale disposizione, perciò applicabile anche alle Ausi riformate, finirebbe per sanzionare in maniera irrazionale e sproporzionata il cu

mulo delle condizioni soggettive rispetto alla limitata influenza del sin

daco sulla attività dell'azienda sanitaria e, pertanto, per porsi in contra

sto con i principi costituzionali. «Considerato infatti che soltanto gli interessi di rango costituzionale

fondano le ragioni idonee a giustificare le restrizioni dell'elettorato

passivo, [...] l'unica lettura della disposizione adeguata ai principi co

stituzionali, dovendosi preferire per il generale principio di conserva

zione degli atti giuridici l'interpretazione che non esponga la disposi zione a profili d'illegittimità costituzionale, resta quella della abroga zione tacita. Tale inoperatività si desume in ogni caso dalla sopravve nienza della autonoma disciplina di nuove cause di incompatibilità di

cui ai periodi 5 e 6 del 9° comma dell'art. 3 d.leg. 30 dicembre 1992 n.

502, non solo per la nuova figura del direttore generale, ma anche per le cariche già previste dalla previgente disciplina dei direttori ammini

strativi e dei direttori sanitari, per i quali, a rigore, nell'ipotesi di mera

integrazione della disciplina delle preesistenti cause d'incompatibilità,

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1607 PARTE PRIMA 1608

Il Ravaioli, costituitosi in giudizio, oltre a contestare nel me

rito la fondatezza del ricorso, ne eccepiva l'inammissibilità, sotto tre diversi profili: omessa notifica del ricorso al presidente del consiglio comunale di Rimini, mancata integrazione del

contraddittorio nei confronti del comune di Rimini, omessa im

pugnazione preventiva della delibera di convalida degli eletti.

Il p.m., intervenuto nel giudizio, chiedeva il rigetto del ricor

so.

Con sentenza del 19 agosto - 21 settembre 1999 il tribunale

rigettava il ricorso e dichiarava interamente compensate tra le

parti le spese processuali. Il tribunale respingeva le eccezioni di inammissibilità del ri

corso, osservando: che l'irritualità della notifica, per essere stata

effettuata nella residenza personale anziché nella sede comuna

le, era sanata dalla costituzione del Ravaioli; che dalla natura

dell'azione popolare, finalizzata non all'impugnativa del prov vedimento amministrativo di convalida degli eletti, ma all'ac

certamento della sussistenza dei requisiti di eleggibilità e di

permanenza nella carica elettiva, derivava come logica conse

guenza che non era necessaria l'impugnazione della delibera di

convalida degli eletti; che il comune non si poteva considerare

parte del giudizio, essendo portatore di un interesse soltanto

mediato e secondario all'esito della controversia.

Il tribunale escludeva poi la sussistenza delle dedotte cause

d'ineleggibilità e d'incompatibilità, in base alle seguenti consi

derazioni: il primario componente l'ufficio di direzione dell'Usi

era sicuramente ineleggibile ai sensi dell'art. 2, n. 8,1. 23 aprile 1981 n. 154, che vietava l'eleggibilità dei dipendenti delle Usi coordinatori ovvero chiamati dalla legge a far parte dell'ufficio

di direzione; che però tale norma si doveva ritenere tacitamente

abrogata dal d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502, che aveva soppres so la figura del coordinatore e l'ufficio di direzione ed aveva

privato i dirigenti sanitari delle attribuzioni loro conferite, riser

vando espressamente tutti i poteri di gestione al direttore gene rale, con la conseguenza che i dirigenti sanitari non avevano più

quella capacità operativa che ne determinava l'ineleggibilità, la

quale era ora prevista per il direttore generale dall'art. 3, 9°

comma, citato d.leg. e non era estesa ai dirigenti sanitari eletti o

eleggibili nel collegio dei sanitari, nuovo organismo interno dotato di mero potere consultivo che non poteva essere conside rato come la prosecuzione del soppresso ufficio di direzione, dotato invece di poteri di amministrazione attiva; che la radicale

riforma operata dalle nuove norme aveva determinato l'abroga zione tacita anche dell'art. 8, n. 2, 1. 23 aprile 1981 n. 154, che

stabiliva l'incompatibilità tra la carica di sindaco e la posizione di mero dipendente dell'Usi, e quindi anche di primario; che i ricorrenti avevano sostenuto che il Ravaioli, quale dipendente dell'Ausi in posizione apicale ed inquadrato al livello della diri

genza del ruolo sanitario, era ineleggibile anche ai sensi dell'art.

2, n. 11, 1. n. 154 del 1981, secondo cui erano ineleggibili i di pendenti con poteri di organizzazione e coordinamento del per sonale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettiva mente dalla regione, provincia o comune; che tale norma era

senz'altro ancora in vigore, trattandosi di norma di carattere ge nerale e quindi non rivolta direttamente alla disciplina di riordi no del servizio sanitario; che però la tesi dei ricorrenti non pote va essere accolta, non essendo esatto qualificare il dirigente sa nitario primario ospedaliero come dipendente del comune con

gli anzidetti poteri di organizzazione e coordinamento, sia per ché l'azienda sanitaria non era più struttura del comune ma un ente strumentale della regione, sia perché il primario ospedalie ro ha compiti interni di vigilanza sull'attività e sulla disciplina del personale assegnato alla sua divisione, ma non compiti, a rilevanza esterna, di organizzazione del personale dell'azienda; che la deduzione di ulteriori conflitti di interesse esulava dalle

ipotesi tassative delle cause di ineleggibilità o incompatibilità. I successivi gravami principale, dello Zavoli e del Santoro e,

incidentale, del Ravaioli (ripropositivi, rispettivamente, delle

tale nuova disposizione risulterebbe quanto meno superflua, rientrando tali figure nel novero dei dipendenti Usi, come tali già colpiti dalla cau sa d'incompatibilità di cui all'art. 8, n. 2,1. 23 aprile 1981 n. 154».

V. - L'art. 274, lett. /), d.leg. 18 agosto 2000 n. 267 (Le leggi, 2000, I, 3712) ha abrogato la 1. 154/81, «fatte salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali». La nuova disciplina relativa ai sindaci, ai

presidenti di provincia, ai consiglieri comunali, provinciali e circoscri zionali è stata dettata dagli art. 55-70 d.leg. cit. [P. Passaglia]

Il Foro Italiano — 2001.

questioni di merito e delle questioni pregiudiziali di rito disatte

se dal tribunale) venivano, poi, integralmente respinti dalla

Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 20 marzo 2000.

Da qui l'odierno ricorso per cassazione (articolato in sedici

motivi) degli stessi Zavoli e Santoro.

Resiste il Ravaioli, che ha anche proposto ricorso incidentale,

affidato, a sua volta, a quattro motivi di cassazione, illustrati an

che con memoria.

Motivi della decisione. — I. - Il ricorso principale si compone (formalmente) di sedici motivi.

Con i primi dodici di detti mezzi, lo Zavoli ed il Santoro —

denunciando «violazione e falsa applicazione di norme di dirit

to, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa

punti decisivi della controversia prospettati dalla parte e rileva

bili d'ufficio» — criticano, in particolare, la corte territoriale:

1) per avere confuso la ratio delle cause d'incompatibilità (conflitto di interessi) con quella delle cause d'ineleggibilità

(posizione di prestigio suscettibile di condizionare il voto di

settori significativi dell'elettorato);

2) per avere erroneamente ritenuto abrogato l'art. 2, n. 8,1. n.

154 del 1981 dal d.leg. n. 502 del 1992; 3) per avere a torto presupposto che l'ineleggibilità dei diri

genti sanitari in posizione apicale dipendesse dal loro essere

partecipi della direzione della Usi e non dalla loro posizione di

prestigio;

4) per avere errato nel disconoscere l'ineleggibilità a sindaco

dei primari ospedalieri, pur facenti parte del «consiglio dei sa

nitari» (di cui al d.leg. 502/92) che ha sostituito il precedente «ufficio direttivo» delle Usi ed aventi comunque poteri sia di

organizzazione che di coordinamento del personale dell'azien

da;

5) per non avere rilevato l'identità di posizione del «primario

ospedaliero» («dirigente sanitario di struttura complessa») e dei

«dirigenti delle strutture convenzionate» ineleggibili ex n. 9

dell'art. 2 e dei dipendenti, con poteri organizzatori e di coordi

namento di enti dipendenti dal comune, del pari ineleggibili ex

n. 11 dell'art. 21. 154/81;

6) per avere omesso di considerare che «ai sensi dell'art. 8, n. 2, 1. n. 154 cit., anche oggi, sono in condizioni d'incompati bilità i semplici dipendenti delle Usi o Ausi»;

7) per avere trascurato di considerare, ai fini dell'incompa tibilità con la carica di sindaco del dipendente con poteri di co

ordinamento anche settoriali di enti o aziende dipendenti dal

comune (ex art. 3 1. 154/81), che il decreto Bindi del 19 giugno 1999 ha ridefinito le Ausi come aziende sottoposte al doppio controllo di comuni e regioni;

8) per non aver preso in esame la nuova 1. reg. 3/99 dell'E

milia-Romagna che prevede il controllo preventivo dei comuni

sulle Ausi;

9) per avere «praticamente ignorato» la nuova normativa na zionale di cui al d.leg. 19 giugno 1999 n. 229 sul punto della

competenza dei sindaci in ordine al controllo delle Ausi, sotto la

responsabilità vigilata dei direttori generali; 10) per non aver tenuto conto dell'art. 12 predetto d.leg.

229/99 e della modifica dell'art. 15 d.leg. 502/92, attributivi di

più pregnanti responsabilità anche di rilievo esterno, ai dirigenti sanitari, già primari;

11 ) per avere «dedicato poche e frettolose righe alla riforma della sanità nazionale, seminando, in questo contesto, i nuovi

poteri attribuiti alla «conferenza dei sindaci»;

12) per avere contraddittoriamente concluso che «il caso in

esame non è previsto dal legislatore» dopo aver affermato che la

disciplina della correlativa previsione d'ineleggibilità doveva

ritenersi «abrogata». Con i residui quattro motivi si ripropongono, poi, in via su

bordinata le eccezioni di costituzionalità (che la corte di merito

avrebbe omesso di sollevare), per contrasto con gli art. 3, 51 e 97 Cost., rispettivamente:

a) dell'art. 2 1. n. 154 del 1981, nella parte in cui non preve derebbe l'ineleggibilità a sindaco del dirigente sanitario di struttura complessa nell'ambito dell'Ausi in riferimento alle al tre previsioni contenute nei nn. 2 («funzionari di pubblica sicu

rezza»), 3 («ufficiali superiori»), 4 («ministri di culto»), 6 («vi ce pretori onorari»), 9 («dirigenti di strutture convenzionate») e 11 («dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di

organizzazione») dello stesso art. 2 (motivo 13);

b) dell'art. 8 1. n. 154 del 1981, per l'omessa estensione al

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dirigente sanitario dell'incompatibilità ivi prevista nei confronti

dei «dipendenti (in genere) delle Usi» (motivo 14); c) dell'art. 3, n. 9, d.leg. n. 502 del 1992, «nella parte in cui

non prevede l'incompatibilità tra la carica di sindaco ... e

l'esercizio, della funzione di dirigente sanitario di struttura

complessa nell'ambito dell'Ausi il cui bacino di utenza com

prenda il territorio del comune» (motivo 15 e motivo 16, so

stanzialmente ripetitivo del precedente). II. - Con i quattro motivi dell'impugnazione incidentale, il

Ravaioli, a sua volta, rispettivamente:

1) reitera l'eccezione d'inammissibilità del ricorso elettorale

per omessa notifica anche al sindaco quale presidente del consi

glio comunale in violazione dell'art. 9 bis d.p.r. n. 570 del 1960;

2) parimenti si duole del mancato accoglimento dell'ecce

zione d'inammissibilità dello stesso ricorso per difetto di notifi

ca anche ad assessori e consiglieri comunali (i quali sarebbero

pregiudicati dall'eventuale decadenza del sindaco per effetto

della disciplina sub art. 37 bis 1. n. 142 del 1990 introdotto dal

l'art. 20 1. n. 81 del 1993); 3) denuncia violazione dell'art. 4 della legge sul contenzioso

amministrativo e degli art. 99 e 112 c.p.c., in relazione alla non

rilevata «inammissibilità» del ricorso in ragione (non già della

mancata previa impugnazione davanti al giudice amministrati

vo, come erroneamente percepito dai giudici del merito, bensì) della disapplicazione dei provvedimenti di convalida dell'eletto

(che assume) operata dai giudici a quibus, ancorché non richie

sta dagli attori, in violazione del principio di necessaria corri

spondenza tra il chiesto e il pronunciato;

4) ripropone, in subordine, la questione — non esaminata,

per assorbimento, dalla corte territoriale — di legittimità costi

tuzionale, per contrasto con gli art. 3 e 24 Cost., dell'art. 9 bis

d.p.r. n. 570 del 1960, ove interpretato nel senso che il «congruo termine» per la rimozione della causa di decadenza (che erro

neamente il tribunale aveva reputato già consumato) decorra dal

giorno della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio elettorale e non dal passaggio in giudicato della sentenza che

accerta la ricorrenza dell'eventuale incompatibilità. III. - I due ricorsi vanno previamente riuniti ai sensi dell'art.

335 c.p.c. IV. - Vanno esaminati preliminarmente i primi tre motivi del

l'impugnazione incidentale in quanto involgenti questioni pre

giudiziali di ammissibilità del ricorso elettorale per i profili —

come detto — della mancata sua notifica al sindacato, ad asses

sori e consiglieri comunali e dell'asserita disapplicazione ultra

petitum dei provvedimenti di convalida dell'eletto.

Nessuna delle sottese censure è, però, fondata.

Ed invero:

a) la notifica al sindaco quale presidente del consiglio comu

nale del ricorso in questione, prevista dagli art. 3 e 9 bis, ultimo

comma, d.p.r. n. 570 del 1960, non ha lo scopo d'instaurare un

rapporto processuale nei confronti del consiglio comunale, ma

solo di dargli notizia del procedimento. Con la conseguenza che

l'omissione di tale notifica non determina la prospettata inam

missibilità del ricorso (cfr. sez. I 1020/91, Foro it., Rep. 1991, voce Elezioni, n. 186; 5988/87, id., Rep. 1987, voce cit., n.

160); b) parimenti la prevista decadenza della giunta e lo sciogli

mento del consiglio comunale per effetto della decadenza del

sindaco ex art. 37 bis 1. n. 142 del 1990 (aggiunto dall'art. 20 1.

n. 81 del 1993) conferiscono al comune un interesse solo me

diato e secondario rispetto all'esito della lite concernente la

permanenza in carica del sindaco, cosicché gli organi delibera

tivo ed esecutivo dell'ente non possono considerarsi parte di

quel giudizio (cfr. 8979/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 191; 1020/91, cit.), per cui appunto non rileva che il ricorso introdut

tivo non sia stato (come nella specie) a detti organi notificato;

c) non pertinente è, infine, l'addebito, che si rivolge alla

corte territoriale, per il profilo di un'asserita «disapplicazione del provvedimento di convalida operata ultra petitum» in quanto

quei giudici — conformandosi ad ormai consolidata giurispru

denza — hanno correttamente ritenuto che l'azione di decaden

za dell'eletto sia direttamente proponibile innanzi al giudice or

dinario indipendentemente dal previo esperimento e (ove espe

rito) dall'esito del procedimento amministrativo (cfr. 1020/91,

cit., id., Rep. 1991, voce cit., n. 154; 3083/88, id., Rep. 1998, voce cit., n. 73; 5669/87, id., 1987,1, 2008, explurimis), del cui

provvedimento conclusivo non occorre, quindi, delibare, neppu

II Foro Italiano — 2001.

re incidentalmente, la legittimità ai fini della pronuncia sulla

fondatezza o meno dell'azione.

V. - Per la loro connessione e/o complementarità, possono

congiuntamente esaminarsi i sedici mezzi dell'impugnazione

principale che, sia pur sotto varie angolazioni, ripropongono la

medesima tesi di fondo della «ineleggibilità e/o incompatibilità alla carica di sindaco [del comune di Rimini] del Ravaioli in

quanto primario della divisione di oncologia della Ausi [del comune medesimo]».

In particolare i percorsi argomentativi a sostegno della previ sione d'ineleggibilità fanno perno (in relazione alla ratio sotto

stante, su cui si diffonde il primo motivo) sull'esclusa abroga zione della disposizione dell'art. 2, n. 8, 1. n. 154 del 1981 (mo tivi 2 e 12); su un'interpretazione estensiva di detta disposizione

(mezzi terzo e quarto) o di quelle sub nn. 9 e 11 del medesimo

art. 2 (motivo 5), ovvero, in subordine, su una sollecitata reduc

tio ad legitimitatem di tale norma, per irragionevolezza dell'e

ventuale carenza di una causa ad hoc d'ineleggibilità a fronte

delle altre cause d'ineleggibilità ivi testualmente elencate ai nn.

2, 3, 4, 6, 9 e 11 (motivo 13). L'incompatibilità tra la carica di sindaco e la funzione svolta

dal Ravaioli è fatta, in tesi dei ricorrenti, a sua volta, gradata mente, discendere dalla diretta applicazione del «non abrogato» art. 8, n. 2, 1. n. 154 del 1981 (motivo 6), nel quadro della nor

mativa di riferimento (motivi da 7 a 11) ovvero, dalla sollecita

declaratoria d'illegittimità costituzionale della predetta disposi zione o dell'art. 3 d.leg. n. 502 del 1992 ove interpretati nel sen

so che non prevedano una siffatta incompatibilità. V.l. - All'esame del primo gruppo di censure giova premette

re che la regolamentazione della materia in discussione ha il suo

punto essenziale di riferimento nel precetto dell'art. 51 Cost,

(che opera in funzione di «limite» nei confronti del legislatore e

in funzione «ermeneutica» nei confronti del giudice, tenuto a

scegliere, tra le più interpretazioni possibili, delle norme sottor

dinate, quella costituzionalmente compatibile): precetto che as

sicura in via generale il diritto di elettorato passivo, riconduci

bile alla sfera dei «diritti inviolabili della persona» (cfr. Corte

cost. 141/96, id., 1996, I, 2307; 571/89, id., 1990, I, 1447; 235/89, ibid., 375); suscettibile, come tale, di restrizioni (che si risolvono in una compressione delle possibilità che l'ordina

mento costituzionale offre al cittadino di partecipare alla vita

democratica) nei soli limiti indispensabili alla tutela di altri inte

ressi di pari rango costituzionale, nel rispetto della necessarietà

e della ragionevole proporzionalità di tali limitazioni (Corte cost. 467/91, id., Rep. 1992, voce Leva militare, n. 54).

Per cui l'eleggibilità è la regola e l'ineleggibilità è l'eccezio ne e le norme che derogano o comunque comprimono il diritto

elettorale passivo sono di stretta interpretazione (Corte cost.

166/72, id., 1972,1, 3313; 571/89, cit; 344/93, id., 1995,1, 427, ex plurimis).

V.2. - Avendo appunto presenti tali principi, e con riguardo alla prima e centrale questione attinente all'applicabilità del

l'art. 2, n. 8, 1. n. 154 del 1981 a seguito della ristrutturazione

delle Usi, questa sezione, anche attraverso una lettura coordi

nata dei propri precedenti giurisprudenziali (sent. 10701/93, id.,

Rep. 1993, voce Elezioni, nn. 100, 157; 4888/94, id., Rep. 1994, voce cit., n. 187; 1631/99, id., Rep. 1999, voce cit., nn. 35, 53; cui adde 4511/96, id., Rep. 1996, voce cit., n. 53, in fattispecie

analoga), ha avuto di recente occasione di affermare:

a) che la riorganizzazione del servizio sanitario nazionale —

e, in particolare, dell'unità sanitaria locale, prima, e dell'azien

da, poi — «è avvenuta secondo una linea di progressivo accen

tramento dei poteri gestionali in un ambito sempre più ristretto

di soggetti» («ufficio direttivo», ex art. 15 1. 833/78; «ammini

stratore straordinario», ex art. 1 1. 111/91; «direttore generale e

collegio dei revisori», ex art. 3 d.leg. 502/92; «direttori genera

le, sanitario e amministrativo», ex d.leg. 517/93) con progressi vo restringimento dell'area della dirigenza con funzioni apicali

(come confermato anche dall'art. 60 del recente d.leg. n. 267

del 2000, sull'ordinamento degli enti locali, non applicabile ra

tione temporis alla fattispecie) «nella trasparente intenzione di

rendere più efficiente la struttura, improntandone l'attività a

criteri manageriali (cfr. sent. 15284/00 e 15285/00, id., Mass. 2001, 60 e 61);

b) che a tale fenomeno organizzatorio «ha corrisposto una

parallela disciplina dell'eleggibilità, il cui ambito è stato limi tato alle residue figure apicali in un contesto che, pur non igno

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PARTE PRIMA

rando la presenza di altre figure dirigenziali, tuttavia le conside

ra di minor esponenza, sì da non ingenerare quel pericolo di al

terazione della par condicio tra i candidati che costituisce, per effetto del potere esercitato nei confronti dell'elettorato locale,

la ragione fondamentale della previsione d'ineleggibilità»;

c) che pertanto — come nella vigenza dell'«ufficio di dire

zione» (di cui all'art. 15 1. 833/78), l'art. 2, n. 8, 1. 154/81 non stabiliva l'ineleggibilità per tutti i dirigenti della Usi, ma sol

tanto per quelli che facessero parte di detto ufficio, nel cui am

bito andava quindi individuata l'apicalità della funzione eserci

tata (secondo quanto già precisato da Cass. 8710/90, id., 1991,1,

1648, e 12541/92, id., Rep. 1992, voce cit., n. 138); e come, nel

regime transitorio della 1. 111/91 l'apicalità della funzione e la

conseguente ineleggibilità dovevano ritenersi limitate ai com

missari straordinari (Cass. 4888/94, cit.) — così, nel vigore del

sopravvenuto d.leg. 502/92, che ha ristretto l'area della dirigen za con rilievo apicale alle figure del «direttore generale» (e dei

componenti del collegio del revisori) dell'Asl (riconfigurata come «ente strumentale della regione dotato di personalità giu ridica pubblica e di autonomia organizzativa amministrativa e

patrimoniale»: 1° e 4° comma dell'art. 3 d.leg. cit.), l'ineleggi bilità risulta conseguentemente circoscritta alla predetta figura del «direttore generale», come espressamente disposto dal n. 9

dell'art. 3 predetto d.leg. (e dal successivo art. 4 per la corri

spondente figura di direttore generale di ospedale costituito in

azienda ospedaliera). Mentre all'art. 2 1. 154/81 — non abroga

to, secondo Cass. 1631/99, cit., dal d.leg. n. 502 del 1992 (e fino

all'entrata in vigore del d.leg. n. 267 del 2000, sull'ordinamento

degli enti locali, che all'art. 274, lett. e, ha abrogato l'intera 1.

n. 154, «fatte salve le disposizioni previste per i consiglieri re

gionali») — va comunque riconosciuto un campo residuale di

applicazione necessariamente ristretto alle ipotesi di funzioni

realmente apicali, ossia del tutto equivalenti a quelle esercitate

dalle figure dirigenziali attualmente poste al vertice della strut

tura della Asl (Cass. 15284/00 e 15285/00, citate). V.3. - In applicazione dei riferiti principi

— che questo colle

gio condivide e ribadisce — deve, quindi, escludersi che il resi

stente, quale primario (di divisione) di struttura ospedaliera Ausi esercitasse funzioni apicali nel senso voluto dalla legge

(art. 3 d.leg. 502/92; art. 2, n. 8, 1. 154/81) per limitare l'eletto

rato passivo (cfr., in tal senso, Cass. 4511/96, cit.). È assorbente, su ogni altra contraria considerazione svolta dai

ricorrenti, il rilievo, infatti, che il primario ospedaliero è prepo sto prevalentemente ad attività di mera proposta interna e — a

differenza del direttore generale e del direttore amministrativo o

sanitario che con questi concorrono all'esercizio della funzione

di direzione e coordinamento della struttura — non ha, invece, altre significative attribuzioni di rilievo esterno che non siano

quelle, appunto, legate all'espletamento dei compiti terapeutici a favore degli assistiti; per cui il primario non può certo collo

carsi al vertice della struttura Ausi (o di azienda ospedaliera), ai

fini che ne interessano.

V.3.1. - L'ineleggibilità del primario neppure può poi discen

dere, come subordinatamente si prospetta, da un'assimilazione

ad altre figure soggettive (dirigenti di strutture convenzionate,

dipendenti di enti, dipendenti dal comune) — per le quali l'ine

leggibilità è sancita (ex nn. 9 e 11 dell'art. 2 1. 154/81) in ragio ne di una posizione asseritamente suscettibile di non maggiore

possibilità di incidenza di quella dei primari ospedalieri, sulla

regolarità della competizione elettorale — poiché l'applicazione

«analogica», che così sostanzialmente si reclama, di disposizio ni limitative dell'elettorato passivo non è consentita, per il già sottolineato carattere «eccezionale» di dette disposizioni.

V.3.2. - Né infine è riconoscibile alcun margine di «non ma

nifesta infondatezza» alle ipotizzate questioni di legittimità co

stituzionale, poiché l'ineleggibilità dei primari che, con tali que stioni si mira ad introdurre per via di intervento additivo sulle

varie disposizioni a tale fine alternativamente denunciate, non

attiene al piano delle addizioni (c.d. «a rima obbligata») con

sentite al giudice delle leggi, inerendo viceversa alla sfera di di

screzionalità delle scelte riservata al legislatore, non sindacabile

se non per il profilo della manifesta irragionevolezza. Irragione volezza che, nella specie, manifestamente non ricorre, stante la

già rilevata continuità e coerenza del disegno normativo volto

alla progressiva riduzione e limitazione delle cause d'ineleggi bilità in corrispondenza ai profili realmente apicali delle struttu

re sanitarie, in sintonia con l'esigenza di massima espansione (o

Il Foro Italiano — 2001.

minima compressione) del diritto «inviolabile» all'elettorato

passivo, ex art. 2 e 51 Cost.

V.3.3. - Conclusivamente sono, quindi, infondati i motivi 2 e

3, in realazione ai motivi 1, 4, 5, 12, 13 del ricorso principale. VI. - A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi con ri

guardo alla questione dell'incompatibilità. Anche per tale profilo questo collegio intende muoversi (nella

sua piena condivisione) sulla linea della propria giurisprudenza. Il riferimento va, in particolare, alla recente sentenza 15 giu

gno 2000, n. 8178 {id., Mass., 1502), con la quale — in un'a

naloga controversia elettorale in ordine alla compatibilità o me

no della carica di sindaco con quello di sanitario convenzionato

con la Ausi — si è affermato che quella incompatibilità sussiste

e si desume dalla disposizione di cui all'art. 8, 1° comma, n. 2, 1. n. 154 del 1981 — non abrogata, per quanto già detto (e come

espressamente confermato dall'art. 31, lett. a, 1. delega n. 265

del 1999 che ne ha previsto la riunione e il coordinamento con

altre norme regolatrici della materia) — la quale testualmente,

appunto, stabilisce che «i dipendenti delle Usi nonché i profes sionisti con esse convenzionati non possono ricoprire la cari

ca... di sindaco del comune il cui territorio coincide con il ter

ritorio della Usi da cui dipendono ...», all'evidente scopo (tra l'altro attentamente desunto dai lavori preparatori dalla prece dente sentenza 6080/94, id., Rep. 1994, voce Sanitario, n. 84) di

«impedire il sospetto di inquinamento della funzione pubblica derivante dal potenziale conflitto di interessi tra amministratore

dell'ente locale e professionista operante» (come il primario di

divisione del caso in esame) «nella locale unità sanitaria».

Ed infatti — se è pur vero, come sostenuto dal resistente, che

con la ristrutturazione delle Usi ex d.leg. 502/92, si è attuato un

arretramento dei poteri gestori del comune nei confronti delle

Usi (ora Asl) operanti sul suo territorio (in corrispondenza al

l'avanzamento dei poteri della regione) — vero è anche però

che ciò non ha comportato una recisione dei rapporti, di contro

ancora caratterizzati da funzioni di controllo ed indirizzo, del

comune nei riguardi delle nuove aziende tale da svuotare il

menzionato art. 8 dalle sue condizioni di razionale cogenza:

permanendo nel quadro di disciplina dello stesso d.leg. 502/92

(v. art. 3, 14° comma), come anche meglio definito dagli art. 3

ter e 4 del successivo d.leg. 229/99, un ruolo rilevante del sin

daco (da solo o nel più ampio contesto della conferenza dei sin

daci) nella formazione del programma, nell'indirizzo sanitario e

nel controllo contabile delle Asl (cfr. 8178/00, cit.), eviden

ziale un'immanente possibilità di conflitto di interessi tra sin

daco e componente della struttura sanitaria.

Vanno, pertanto, accolti i motivi da 6 a 11 (con assorbimento

degli ulteriori motivi da 14 a 16, prospettanti subordinate que stioni di legittimità costituzionale) del ricorso principale.

VII. - Residua, a questo punto, l'esame del quarto subordi

nato motivo del ricorso incidentale sul dies a quo del «congruo termine» per la rimozione della causa d'incompatibilità, da

parte dell'eletto, nei cui confronti sia stata esercitata l'azione

popolare ex art. 9 bis d.p.r. n. 570 del 1960.

Sostiene al riguardo il ricorrente (che in concreto non ha sin

qui cessato lo svolgimento dell'attività incompatibile) che quel termine non possa iniziare a decorrere prima del passaggio in

giudicato della sentenza accertativa dell'incompatibilità, pro

spettandosi altrimenti una duplice violazione del diritto di difesa

(art. 24 Cost.) in danno dell'eletto — ove da lui si pretendesse l'esercizio della facoltà di rimozione a seguito del mero ricorso

elettorale che «potrebbe anche essere cervellotico o comunque infondato» — e del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) «per

disparità di trattamento fra gli eletti oggetto di azione giudizia ria (cui non sarebbe consentito optare a ragion veduta) rispetto a

quegli eletti che fossero oggetto di una procedura soltanto am

ministrativa, ai quali, dopo le loro difese, e dopo la deliberazio

ne definitiva del consiglio l'art. 7 1. 154/81 accorda ancora dieci

giorni per rimuovere od optare». La censura così formulata non è però fondata né sul piano

ermeneutico né per i profili del dubbio d'incostituzionalità della

norma di riferimento.

La consistenza di due (e diversamente conformati) meccani

smi di rimozione della causa d'incompatibilità — il primo

(quello contenzioso amministrativo) mirante a rimuovere l'in

compatibilità attraverso una procedura in contraddittorio che

consente all'eletto di presentare osservazioni e prevedente come

extrema ratio la pronuncia di decadenza, ed il secondo, su azio

ne popolare, costruito in modo tale da «cristallizzare» la fatti

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

specie al momento della proposizione della domanda — ha in

fatti già superato il vaglio di costituzionalità non ravvisandosi,

tra l'altro, irragionevolezza nel fatto che se l'eletto non rimuove

tempestivamente l'incompatibilità confidando nel procedimento amministrativo ex art. 7 1. 154/81 lo fa «a suo rischio» (cfr. Corte cost. 235/89, cit.).

A parte le valutazioni di «opportunità» di siffatta complessiva

disciplina che la stessa Corte costituzionale ha ritenuto «riser

vate all'esclusivo apprezzamento discrezionale del legislatore», l'unico aspetto di sua confliggenza con il dettato costituzionale

è stato invero poi ravvisato — ed emendato — dalla successiva

sentenza (additiva di principio) n. 160 del 1997 (id., 1997, I, 2380) nella non prevista facoltà di rimozione dell'incompatibi lità anche in relazione alla sua contestazione per via di ricorso

popolare. Dal che la dichiarazione d'illegittimità costituzionale

del citato art. 9 bis d.p.r. 570/60 «nella parte in cui non preve

de[va] che la decadenza dell'eletto in situazione d'incompatibi lità possa essere pronunciata dal giudice adito [per via di azione

popolare] senza che sia data all'interessato la facoltà di rimuo

vere utilmente la causa d'incompatibilità entro un congruo ter

mine dalla notifica del ricorso».

Ora, appunto, con riguardo a tale «congruo termine» — che, con l'art. 20 successiva 1. n. 265 del 1999, è stato positivamente fissato in giorni dieci dalla notificazione del ricorso — non è

sostenibile, né in via di esegesi né di ulteriore reductio ad legi timitatem del predetto art. 9 bis 1. 154/81 (o dell'art. 20 1.

265/99), che esso possa, come si pretende, decorrere «solo dal

passaggio in giudicato della sentenza che accerti la ricorrenza

della causa d'incompatibilità». E, infatti — a prescindere dall'evidente irragionevolezza del

mantenimento, che ne deriverebbe, per un lungo periodo di

tempo (al limite anche per tutta la durata del mandato elettivo:

cfr. Cass. 4533/99, id., Rep. 1999, voce Elezioni, nn. 51, 124) della situazione di conflitto di interesse —, sta di fatto che sulla

questione di legittimità, che si vorrebbe per tal profilo sollevare, la Corte costituzionale si è sostanzialmente già pronunciata,

proprio con la richiamata sentenza n. 160 del 1997. Con la quale ha invero ben chiarito come sia coessenziale — ai fini del ne

cessario bilanciamento degli interessi dell'eletto con i beni sal

vaguardati dall'incompatibilità — che il termine in questione

sia «ragionevolmente breve» e non possa per ciò che decorrere

dalla data della notificazione del ricorso di cui all'art. 9 bis

d.p.r. n. 570 del 1960. Il ricorso incidentale va quindi integralmente rigettato. Vili. -

L'accoglimento dei motivi da 6 a 11 (v. retro, sub VI)

dell'impugnazione principale comporta la cassazione della sen

tenza impugnata e la decisione della causa nel merito, con l'ac

coglimento della domanda per il profilo (subordinato) della sus

sistenza della causa d'incompatibilità e la conseguente declara

toria di decadenza dell'eletto dalla carica di sindaco.

II

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 7 mar

zo 2000 i sig. Franco Cogo e Vittorio Peretto, cittadini elettori del comune di Schiavon, adirono il Tribunale di Bassano del

Grappa esponendo che:

a) i sig. Camillo Gili e Urbano Barbieri, consiglieri comunali

eletti nella lista «Il Pozzo» alle elezioni del 13 giugno 1999 e

componenti del gruppo di maggioranza consiliare, rivestivano

rispettivamente la carica di vicepresidente e di direttore sportivo dell'associazione sportiva U.S. Elle esse, con sede in Schiavon

alla via Roma n. 2;

b) con deliberazione consiliare 16 ottobre 1999, n. 61, era

stata approvata la nuova convenzione tra il detto comune e la

U.S. Elle esse, la quale prevedeva l'affidamento a quest'ultima della gestione degli impianti sportivi comunali a titolo di como

dato e l'impegno, da parte del comune, di versare all'associa

zione sportiva la somma di venticinque milioni di lire come par ziale rimborso per spese ed eventuali perdite di gestione;

c) l'ingerenza del comune negli affari e nella partecipazione alle iniziative della U.S. Elle esse era tale da far ritenere que st'ultima soggetta alla vigilanza da parte dell'ente pubblico;

d) il comune versava in via continuativa all'associazione

sportiva contributi non obbligatori, eccedenti il dieci per cento

del totale delle entrate dell'associazione.

Il Foro Italiano — 2001.

Su tali premesse gli istanti chiesero che fosse pronunciata la

decadenza del Gili e del Barbieri dalla carica di consiglieri co

munali del comune di Schiavon.

I convenuti contestarono la domanda, negando di essere am

ministratori o dipendenti con potere di rappresentanza della U.S.

Elle esse (tale funzione essendo assolta in seno all'associazione

dal consiglio direttivo) e deducendo che non era configurabile un rapporto di vigilanza e/o di finanziamento in misura ecce

dente il dieci per cento delle entrate da parte dell'ente territo

riale nei confronti dell'associazione sportiva. Richiamata, quindi, la necessità che una pronuncia di deca

denza fosse comunque preceduta dall'assegnazione di congruo termine per la rimozione della causa d'incompatibilità, chiesero

il rigetto del ricorso.

Acquisita agli atti la documentazione prodotta il tribunale a

dìto, con sentenza depositata il 25 maggio 2000, dichiarò la de

cadenza di Camillo Gili, per incompatibilità, dalla carica di con

sigliere comunale del comune di Schiavon; rigettò il ricorso nei

confronti di Urbano Barbieri; compensò tra le parti le spese del

giudizio. II Gili propose appello, deducendo che, nella specie, non sus

sistevano le condizioni oggettive e soggettive d'incompatibilità e prospettando la questione di legittimità costituzionale dell'art.

7 1. n. 154 del 1981 in relazione agli art. 3 e 51 Cost.

Gli appellati si costituirono per resistere al gravame. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza depositata I'll

luglio 2000, rigettò l'impugnazione e condannò l'appellante al

pagamento delle spese del grado, considerando:

che il tribunale, dopo avere inquadrato la controversia nella

previsione di cui all'art. 3, 1° comma, n. 1, 1. n. 154 del 1981, aveva affermato che la U.S. Elle esse era soggetta alla vigilanza del comune di Schiavon e riceveva dall'ente sovvenzioni ecce

denti il dieci per cento delle sue entrate; che il primo giudice aveva posto a fondamento della decisio

ne la convenzione stipulata tra l'ente territoriale, proprietario

degli impianti sportivi, e la predetta associazione, richiamando

principalmente: 1) l'art. 3, relativo all'obbligo della società di

predisporre e sottoporre al controllo della giunta comunale un

regolamento per l'utilizzo degli impianti sportivi; 2) l'art. 6, concernente la partecipazione del comune, tramite un suo rap

presentante nominato dal sindaco, alle riunioni della medesima

associazione; 3) l'art. 7, implicante l'impegno della giunta co

munale a confrontarsi con l'associazione su progetti specifici in

ambito sportivo, nonché l'eventuale versamento di contributi

comunali per i progetti ritenuti validi, con l'accordo che alla fi

ne di ogni anno di gestione si sarebbe fatto luogo a verifica con

giunta tra la pubblica amministrazione e l'U.S. Elle esse circa il

rendiconto presentato, al fine di una corretta valutazione della

cifra stabilita a parziale rimborso spese e/o perdite di gestione; 4) l'art. 8 in forza del quale, con riguardo all'utilizzo degli im

pianti ad opera di terzi, le relative tariffe dovevano essere depo sitate presso l'ufficio di segreteria del comune per l'analisi affi

data alla giunta comunale, con la precisazione che esse poteva no essere applicate soltanto dopo formale approvazione da parte della giunta medesima;

che tale impostazione nella sostanza meritava conferma, es

sendo coerente con i dati acquisiti, correttamente valutati alla

luce dei principi vigenti in materia; che andava richiamato l'orientamento della giurisprudenza di

legittimità, espresso (tra le altre) dalla sentenza di questa corte

n. 4168 del 1995 (Foro it., Rep. 1995, voce Elezioni, nn. 166,

219), circa il significato del concetto di vigilanza; che, in tale quadro, il conflitto d'interessi (anche potenziale)

che la legge intendeva evitare era profilabile non soltanto in

presenza di un rapporto di vigilanza implicante un mero con

trollo estrinseco, di legalità o di merito, da parte del comune su

gli atti o sui comportamenti dell'ente amministrato dall'eletto

alla carica dell'ente territoriale, ma anche (a maggior ragione)

quando il rapporto risultasse tale da consentire un'ingerenza di

retta del comune medesimo sugli atti o sui comportamenti di

quel sodalizio, ovvero quando la vigilanza si risolvesse in un

controllo idoneo ad incidere sul processo formativo della vo

lontà di quest'ultimo; che tale situazione —

per la cui sussistenza bastava che la po sizione del comune rispetto al sodalizio, nel quale l'eletto alla

carica pubblica aveva poteri di gestione, fosse tale da consentire

il concorso del comune medesimo nella formazione della vo

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PARTE PRIMA

lontà di quell'ente (come nella specie) —

imponeva che il co

mune fosse posto in grado di svolgere il proprio ruolo in coe

renza con i propri fini di pubblico interesse, e faceva sorgere

perciò la necessità d'impedire ogni possibile commistione o

conflitto fra lo stesso interesse pubblico e il diverso interesse

personale di chi assolveva, nell'ente in questione, mansioni

amministrative; che neppure potevano nutrirsi dubbi circa la sussistenza del

requisito relativo alla sovvenzione facoltativa superiore, nel

l'anno, al dieci per cento del totale delle entrate dell'ente, es

sendo sufficiente ricordare che il bilancio preventivo prodotto in

causa era di duecentosessantasette milioni di lire, mentre la sov

venzione ammontava a venticinque milioni di lire, cui andava

aggiunta l'entità dell'ulteriore contributo in beni e servizi corri

spondente all'affidamento a titolo gratuito degli impianti sporti vi comunali;

che anche l'ulteriore doglianza dell'appellante sulla ritenuta

sussistenza della situazione soggettiva d'incompatibilità non era

fondata;

che, infatti, era pacifico in causa che il Gili ricopriva la carica

di vicepresidente del consiglio direttivo della U.S. Elle esse e, in

quanto tale, sostituiva il presidente nei casi previsti dallo statu

to, come pure era provato per tabulas che a detto consiglio era

no demandate le deliberazioni più importanti per la vita sociale

(art. 17 ss. dello statuto), mentre il presidente aveva una serie di

attribuzioni direttive, organizzative e rappresentative, estensibili

al vicepresidente in caso di sostituzione; che la circostanza (pacifica) costituita dal fatto che il Gili fos

se componente del consiglio direttivo e dunque fosse ammini

stratore, era di per sé sufficiente a far ricadere la fattispecie in

esame nell'ipotesi di incompatibilità menzionata; che la questione di legittimità costituzionale era superata dal

l'art. 20, 1° comma, 1. n. 265 del 1999, alla stregua del quale «nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede

giurisdizionale il termine di dieci giorni previsto dal 4° comma

decorre dalla data di notificazione del ricorso», norma della

quale il Gili non aveva inteso avvalersi;

che, se doveva convenirsi sul carattere eccezionale delle nor

me implicanti divieti o incompatibilità diretti a limitare l'eletto

rato passivo e l'effettivo esercizio delle funzioni pubbliche elet

tive, era del pari innegabile che la norma destinata a trovare ap

plicazione nel caso in esame perseguisse a sua volta una finalità

costituzionalmente rilevante, siccome relativa alla salvaguardia del principio d'imparzialità contemplato nell'art. 97 Cost.

Per la cassazione di tale sentenza Camillo Gili ha proposto ri

corso a questa corte, deducendo le censure che saranno esami

nate.

Franco Cogo e Vittorio Peretto hanno resistito con controri

corso.

Gli altri intimati (Urbano Barbieri e p.g. presso la Corte

d'appello di Venezia) non hanno svolto in questa sede attività

difensiva.

Motivi della decisione. — 1. - Nel controricorso i resistenti

eccepiscono l'inammissibilità del ricorso, ponendo in evidenza

che con quest'ultimo vengono ripetute le ragioni addotte in sede

d'appello, sicché, pur con un formale rispetto dell'art. 366, n. 4,

c.p.c., si chiederebbe in realtà a questa corte una nuova valuta

zione del merito della causa. E, per quanto in materia elettorale

la Corte di cassazione sia giudice anche del merito, tuttavia la

valutazione dei fatti non potrebbe configurarsi come un riesame

pieno del merito stesso, esercitato in un ulteriore terzo grado. L'eccezione non ha fondamento.

Come già affermato in giurisprudenza (e come gli stessi resi

stenti ricordano), in materia elettorale la Corte di cassazione ha

il potere di statuire nel merito, onde deve riesaminare diretta

mente la controversia con cognizione piena dei fatti di causa

(Cass. 7 marzo 1990, n. 1808, id., 1991, I, 1544; 1° febbraio 1991, n. 966, id., Rep. 1991, voce cit., nn. Ili, 236). Pertanto — fermo restando il divieto di acquisire nel giudizio di legitti mità prove nuove, per cui l'esercizio del detto potere rimane

circoscritto all'esame delle risultanze probatorie già dedotte nei

precedenti gradi del giudizio (Cass. 966/91, cit.; 9 febbraio

1995, n. 1465, id., Rep. 1995, voce cit., nn. 168, 172, 220) — non è precluso al ricorrente riproporre censure già sollevate nel

giudizio d'appello e disattese dal giudice di secondo grado, allo

scopo di ottenere per l'appunto una nuova e diretta rivalutazione

dei fatti di causa, essendo ciò coerente con la struttura del pro cesso elettorale.

Il Foro Italiano — 2001.

2. - Con unico, articolato motivo il Gili denunzia «violazione

e falsa applicazione di norme di diritto; violazione dell'art. 3, 1°

comma, n. 1,1. 154/81; violazione e falsa applicazione degli art.

1362 ss. c.c.; contraddittorietà della motivazione».

Sostiene che la semplice lettura della convenzione, e delle di

sposizioni di questa richiamate dalla sentenza impugnata, rende

rebbe palese l'insussistenza di ogni potere di vigilanza del co

mune, sia se inteso come potere d'ingerenza diretta sugli atti o

sui comportamenti dell'associazione, sia se inteso come potere idoneo ad incidere sul processo formativo della volontà del so

dalizio. La corte territoriale avrebbe erroneamente applicato i criteri

interpretativi di cui agli art. 1362 ss. c.c. e quindi avrebbe appli cato in modo erroneo l'art. 3, 1° comma, n. 1,1. n. 154 del 1981.

Richiamati l'art. 51 Cost, e l'esigenza di un'interpretazione

rigorosa nell'individuazione delle cause d'ineleggibilità o in

compatibilità, il ricorrente afferma che il potere di vigilanza consisterebbe nel riesame di un'attività amministrativa per veri

ficarne la corrispondenza a determinati requisiti. Il detto potere si tradurrebbe nel riesame, preventivo o successivo, degli atti o

dell'attività di un soggetto per verificarne la conformità a de

terminate norme giuridiche (controllo di legittimità), ovvero la

corrispondenza a criteri di opportunità, convenienza, buona

amministrazione (controllo di merito), e si manifesterebbe sol

tanto attraverso atti o provvedimenti tipici e determinati (visto,

omologazione, autorizzazione, annullamento, nulla osta).

Questa corte avrebbe precisato che la nozione di vigilanza di

cui all'art. 3 1. n. 154 del 1981 comprende, oltre ai casi tipici ri

feribili al potere di controllo ordinario, anche i casi in cui — per

effetto di previsioni di leggi o contrattuali — un comune sia

dotato di un potere tale da consentire un'ingerenza diretta del

comune stesso sugli atti o sui comportamenti dell'ente vigilato, ovvero i casi in cui la vigilanza si traduca in un controllo idoneo

ad incidere sul processo formativo della volontà dell'ente (sog

getto alla vigilanza). Nel caso di specie i rapporti tra il comune di Schiavon e

l'U.S. Elle esse non comprenderebbero né poteri di vigilanza ti

pizzati nelle forme tradizionali, né poteri tali da rendere il co

mune partecipe del processo formativo della volontà del sodali

zio. Al contrario, i rapporti reciproci sarebbero imperniati su

forme di collaborazione e cooperazione su un piano paritario e

non di sovraordinazione o di vigilanza, anche e soprattutto per ché l'atto di affidamento degli impianti non contemplerebbe al

cun trasferimento di potestà pubblicistiche dal comune all'asso

ciazione.

Infatti: a) l'impegno di redigere e di fornire il bilancio (art. 7

del disciplinare) avrebbe soltanto lo scopo di creare la base per la discussione di una futura e possibile variazione del contribu

to, senza alcuna finalità d'indagine o vigilanza nelle scelte di

merito, nel lavoro e nella volontà dell'associazione; b) l'impe

gno assunto dall'U.S. Elle esse di elaborare un regolamento per l'utilizzo degli impianti (art. 5) e per le tariffe di utilizzo (art. 8) rientrerebbe in un'attività di collaborazione, istruttoria e pro dromica all'adozione di un atto proprio del comune di Schiavon

collocabile tra gli atti di amministrazione attiva e non di vigi lanza in senso tecnico, poiché mancherebbe un'attività autono

ma del sodalizio da sottoporre a controllo, e la relativa approva zione avrebbe carattere eccezionale e limitato, costituendo un

unicum non ripetibile; c) l'impegno delle parti per un confronto

su progetti specifici in ambito sportivo rappresenterebbe la

chiave di lettura di tutti i rapporti tra il comune e l'associazione, collocati su un piano di parità, di confronto e di collaborazione, non di vigilanza; d) la rappresentanza del comune in seno al

consiglio direttivo del sodalizio, essendo senza diritto di voto, avrebbe lo scopo di rendere continuativo ed efficace il rapporto di collaborazione, senza conferire all'ente territoriale alcun po tere specifico.

In sostanza l'associazione U.S. Elle esse godrebbe di ampia autonomia, senza ingerenze nel processo di formazione della

volontà né controlli da parte del comune, con il quale avrebbe

un ampio rapporto di collaborazione e coordinamento.

La sentenza impugnata avrebbe poi errato nel ritenere che

l'associazione riceva dal comune una sovvenzione facoltativa

superiore nell'anno al dieci per cento delle entrate del sodalizio. La corte territoriale sarebbe giunta a tale conclusione somman do al contributo annuale di venticinque milioni di lire il valore

dell'affidamento a titolo gratuito degli impianti sportivi comu

nali alla U.S. Elle esse. Ma il ragionamento sarebbe affetto da

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

più vizi, sia perché il contributo di venticinque milioni di lire

non sarebbe superiore al dieci per cento delle entrate, sia perché l'affidamento degli impianti non costituirebbe una forma di

sovvenzione bensì un onere per il sodalizio, sia perché il versa

mento dei venticinque milioni di lire non costituirebbe una sov venzione facoltativa ma la controprestazione dovuta dal comune

nell'ambito contrattuale.

Inoltre le condizioni soggettive d'incompatibilità sarebbero

insussistenti.

Il Gili occuperebbe la carica di vicepresidente dell'U.S. Elle

esse e non sarebbe un dipendente con poteri di rappresentanza o

coordinamento. Egli, pertanto, sarebbe privo della qualificazio ne giuridica soggettiva necessaria per ricadere nelle condizioni

d'incompatibilità stabilite dalla norma.

Dallo statuto del sodalizio risulterebbe con chiarezza che la

carica di vicepresidente non comporterebbe alcun potere di

amministrazione, essendo questo conferito in via esclusiva ad

un consiglio direttivo, e che il vicepresidente non sarebbe una

figura istituzionalizzata all'interno del sodalizio, sicché, man

cando al riguardo una specifica disciplina, la figura stessa assu

merebbe un valore prettamente onorifico e simbolico.

Infine il Gili, costituendosi in primo grado, avrebbe chiesto in

via subordinata la concessione di un congruo termine per elimi

nare la situazione d'incompatibilità ai sensi della sentenza della

Corte costituzionale 4 giugno 1997, n. 160 (id., 1997, I, 2380). Il tribunale avrebbe respinto la richiesta affermando che la sen

tenza della Corte costituzionale sarebbe stata superata dall'art.

20 1. 3 agosto 1999 n. 265. La sentenza impugnata avrebbe se

guito tale interpretazione che sarebbe errata e non avrebbe colto

il senso della riforma legislativa e della sentenza del giudice delle leggi.

Richiamata la motivazione di detta sentenza, il ricorrente so

stiene che al consigliere dichiarato decaduto per effetto di una

pronuncia giudiziaria dovrebbero essere riconosciuti gli stessi

diritti e facoltà previsti dall'art. 7 1. n. 154 del 1981 per il consi

gliere dichiarato decaduto a seguito di una pronuncia ammini

strativa del consiglio cui appartiene. In particolare, gli andrebbe

riconosciuto il diritto di eliminare la causa d'incompatibilità entro dieci giorni dalla pronuncia di decadenza (art. 7, 6° com

ma, 1. n. 154 del 1981). La necessità d'interpretare il sistema in

questo senso deriverebbe dai principi enunciati dalla corte e

dalla circostanza che il consigliere è soggetto passivo dell'azio

ne giudiziaria popolare e non potrebbe per questo soltanto tro

varsi in una situazione di maggiore difficoltà e svantaggio ri

spetto al consigliere che non sia soggetto passivo di detta azio

ne.

Qualora l'interpretazione propugnata dovesse essere respinta il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale del

l'art. 7 1. 23 aprile 1981 n. 154, in riferimento agli art. 3 e 51

Cost.

Il ricorso non ha fondamento, mentre la questione di legitti mità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente in

fondata.

Nel caso di specie è applicabile l'art. 3, 1° comma, n. 1,1. 23

aprile 1981 n. 154, alla stregua del quale non può ricoprire la

carica di consigliere regionale, provinciale, comunale o circo scrizionale (tra gli altri) «l'amministratore o il dipendente con

poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o

azienda soggetti a vigilanza rispettivamente da parte della re

gione, della provincia o del comune o che dagli stessi riceva in

via continuativa una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa,

quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del

totale delle entrate dell'ente».

Nell'esegesi di detta norma questa corte ha avuto modo di

chiarire che essa è diretta ad evitare un conflitto, anche poten ziale, tra l'interesse che l'amministratore dell'ente controllato

deve tutelare e quello che deve tutelare l'eletto alla carica del

comune controllante, sicché il concetto di vigilanza va inteso

nel senso di comprendere ogni forma d'ingerenza o di controllo

del comune nell'attività dell'ente controllato, non occorrendo

che la vigilanza medesima si esplichi nelle forme più penetranti dell'annullamento o dell'approvazione degli atti dell'ente stes

so; ed ha aggiunto che il termine «vigilanza» deve essere inter

pretato, sul piano grammaticale e logico, nella sua accezione più lata, quindi non in modo limitativo con riferimento ai soli tipici controlli tutori e di legittimità o a quelli (sostitutivi) sugli orga ni, potendo invece il relativo potere concretarsi anche in con

II Foro Italiano — 2001.

traili di più ampia e diversa natura e potendo esso discendere

non soltanto dalla legge ma anche da un vincolo contrattuale

(così Cass. 11 aprile 1995, n. 4168, cit., in motivazione: v. an

che la giurisprudenza in detta pronuncia richiamata). Il collegio condivide l'orientamento così espresso, che trova

riscontro sia nel testuale tenore normativo, con riferimento al

significato delle parole, sia nella ratio che la disposizione inten

de perseguire. Né giova addurre che le cause d'ineleggibilità o d'incompati

bilità, in quanto limitative di un diritto fondamentale del cittadi

no (art. 51 Cost.), hanno carattere tassativo e sono di stretta in

terpretazione. Il principio è senza dubbio da condividere, ma al

riguardo vanno fatte due osservazioni: la prima si riassume nel

rilievo che lo stesso art. 51 Cost., nel riconoscere a tutti i citta

dini il diritto di accedere in condizioni di eguaglianza agli uffici pubblici e alle cariche elettive, demanda alla legge di stabilire i

requisiti necessari; la seconda si collega al disposto dell'art. 97

Cost., alla stregua del quale vanno assicurati il buon andamento

e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ambito dell'impar zialità rientrano anche la trasparenza dei comportamenti tenuti

dai soggetti chiamati alle cariche elettive e la garanzia che essi

perseguano gli interessi generali affidati alle cure della pubblica amministrazione senza commistioni improprie o confusioni di

ruoli. Pertanto il necessario rigore ermeneutico nell'interpreta zione delle norme sulle cause d'ineleggibilità o d'incompatibi lità deve essere coordinato con l'esigenza di non privare di ogni contenuto il precetto normativo diretto a realizzare valori pure assistiti da tutela costituzionale.

In questo quadro, venendo all'esame della convenzione inter

venuta tra il comune di Schiavon e l'U.S. Elle esse, deve osser

varsi che detta convenzione contempla l'affidamento in gestione di impianti sportivi comunali alla menzionata società sportiva

(così definita nell'atto). Nel contesto delle varie clausole fu stabilito: che il sodalizio

avrebbe predisposto ogni anno un bilancio di previsione, in

viandolo al comune entro trenta giorni dalla sua approvazione ed impegnandosi altresì ad «elaborare, approvare e fornire il

conto consuntivo entro trenta giorni dalla sua approvazione» (art. 7); che le tariffe per l'utilizzazione degli impianti doveva

no, entro quindici giorni dalla loro approvazione, essere depo sitate presso l'ufficio segreteria del comune per l'analisi da

parte della giunta comunale e potevano essere applicate soltanto

dopo formale approvazione da parte della stessa giunta comu

nale (art. 8); che il comune sarebbe stato rappresentato alle ri

unioni del consiglio direttivo dell'US. Elle esse da un proprio

rappresentante nominato dal sindaco, senza diritto di voto (art.

6); che la società sportiva avrebbe predisposto un regolamento

per l'utilizzo degli impianti, da sottoporre al controllo della

giunta comunale entro tre mesi dalla firma della presente con

venzione (art. 5).

Orbene, richiamate le puntuali osservazioni svolte al riguardo dai giudici di merito (che si condividono), non può porsi in dubbio che il complesso di codeste clausole —- da leggere non

già isolatamente bensì congiuntamente e in correlazione tra loro — riveli una penetrante forma d'ingerenza del comune nell'at tività del sodalizio attuativa della citata convenzione, tale da

consentire all'ente territoriale di concorrere alla formazione

della volontà del medesimo sodalizio, così esercitando per l'ap

punto la vigilanza prevista dall'art. 3, 1° comma, n. 1,1. n. 154

del 1981 nel significato sopra indicato.

Ogni anno la società sportiva deve elaborare e trasmettere al

comune un bilancio di previsione e poi il conto consuntivo. La

trasmissione di tali documenti si giustifica soltanto nella pro

spettiva di consentire all'ente territoriale una verifica sull'an

damento della gestione. Tale verifica ben può comprendere an

che i presupposti per una possibile variazione del contributo

versato dal comune, ma circoscriverla soltanto a tale finalità, come pretende il ricorrente, è a dir poco riduttivo e non trova

giustificazione nel contesto della clausola e della convenzione.

Peraltro, ove pur potesse accedersi alla tesi (si ripete, riduttiva)

propugnata dal Gili, resterebbe pur sempre vero che al comune

spetta un potere di verificare l'andamento della gestione del so

dalizio in relazione ad una parte importante del rapporto posto in essere con la convenzione, ossia in relazione al contributo

annuo. E, poiché la variazione potrebbe essere in aumento o in

diminuzione, inevitabilmente la verifica de qua si risolve in una

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PARTE PRIMA 1620

indagine sulle scelte del sodalizio, che da quella indagine resta

dunque condizionato.

Ancor più palese è l'ingerenza dell'ente territoriale in ordine

alla formazione del regolamento per l'utilizzo degli impianti. La

società sportiva deve predisporre (attività preparatoria) il rego lamento stesso, il quale va poi sottoposto al controllo della

giunta comunale. E controllo significa esame, vigilanza, potere

d'impartire direttive per modifiche o integrazioni. L'argomento del ricorrente, secondo cui si tratterebbe di attività di carattere

eccezionale (costituente un unicum) non può essere condiviso, sia perché

— se fosse esatto — comunque non farebbe venir

meno l'ingerenza del comune ed il suo concorso nella forma

zione della volontà del sodalizio in relazione ad un momento di

particolare significato nello svolgimento del rapporto, sia perché in realtà non è esatto, ben potendosi creare durante tale svolgi mento i presupposti per modifiche o integrazioni del regola mento stesso.

Dire poi, come si sostiene nel ricorso, che la predisposizione del regolamento (e delle tariffe di utilizzo, su cui si tornerà di

qui a poco) avrebbe natura «di attività di collaborazione, istrut

toria e prodromica all'adozione di un atto proprio del comune di

Schiavon rientrante nell'ambito degli atti di amministrazione

attiva», significa affermare che al comune spetta in via esclusiva

il potere di dettare le norme regolamentari e tariffarie, così spie

gando nello svolgimento del rapporto (e quindi nelle scelte del

l'associazione ad esso relative) un'ingerenza ancor più marcata

di quella che il tenore delle clausole convenzionali già rende

palese.

Quanto ora esposto vale a maggior ragione per la previsione recata dall'art. 8 della convenzione. Le tariffe di utilizzo non

soltanto sono soggette ad analisi da parte della giunta comunale

ma possono trovare applicazione soltanto dopo essere state for

malmente approvate dal detto organo. Analisi ed approvazione costituiscono momenti significativi del potere di vigilanza che il

comune si è riservato e del quale è espressione anche la presen za di un rappresentante del comune alle riunioni del consiglio direttivo dell'associazione. Il fatto che il rappresentante sia pri vo del diritto di voto non è incompatibile con il potere di vigi lanza esercitato dal comune ma è con esso coerente, perché quel

potere si esercita anche dall'esterno del sodalizio, in base alla

conoscenza dell'andamento della gestione che la presenza del

rappresentante del comune è destinata a consentire.

Conclusivamente, alla stregua delle considerazioni che prece dono, il potere di vigilanza del comune di Schiavon nella specie sussiste, attraverso le forme d'ingerenza e di concorso nella

formazione della volontà dell'ente privato sopra evidenziate, onde si pone anche la necessità — costituente la ratio della

norma dettata dall'art. 3 1. n. 154 del 1981 — di prevenire ogni

possibile conflitto d'interessi che si realizzerebbe con la con

centrazione, nella stessa persona, delle funzioni di consigliere comunale e di amministratore di un ente privato sottoposto a vi

gilanza dello stesso comune. Il risultato ermeneutico così raggiunto rende superflua l'inda

gine circa la natura del contributo annuo di venticinque milioni

di lire, corrisposto dal comune alla società sportiva al sensi del

l'art. 7 della convenzione. Se è vero che detta somma non appa re qualificabile come sovvenzione facoltativa, perché in base al

tenore, della clausola è riferita a «parziale rimborso spese ed

eventuali perdite di gestione», è vero del pari che il dato è privo di rilievo ai fini della decisione, perché l'art. 3, 1° comma, n. 1, 1. n. 154 del 1981 considera in via alternativa (come è reso pale se dalla disgiuntiva «o») l'esistenza del potere di vigilanza da

parte del comune sull'ente privato oppure il ricevimento da

parte di quest'ultimo della sovvenzione, con la conseguenza che, una volta stabilito che il detto potere sussiste, resta realiz

zata la condizione oggettiva d'incompatibilità. Passando quindi a verificare la condizione soggettiva d'in

compatibilità, è pacifico che il sig. Gili in seno all'U.S. Elle es se riveste la carica di vicepresidente e fa anche parte del consi

glio direttivo del sodalizio. Tali circostanze sono state accertate

anche dalla sentenza impugnata, la quale ha altresì verificato

che a detto consiglio sono demandate le deliberazioni più im

portanti per la vita sociale.

Ciò posto, non è esatto, in primo luogo, che l'incarico di vi

cepresidente avrebbe «un valore prettamente onorifico e simbo

lico» nell'ambito del sodalizio. Come messo in luce dai giudici di merito, si tratta di una figura destinata a sostituire il presi

li. Foro Italiano — 2001.

dente dell'associazione in caso d'impedimento di questo «in

ogni sua attribuzione» (v. lo statuto; e si tratta di attribuzioni

molto pregnanti), sicché sia pure in posizione vicaria può assu

mere funzioni direttive e rappresentative dell'associazione al

massimo livello.

Inoltre egli fa parte del consiglio direttivo. Tale organo, in

base allo statuto, è responsabile verso l'assemblea della gestio ne sportiva dell'associazione ed ha una serie di compiti (tra cui

quelli di deliberare sulle questioni riguardanti l'attività del so

dalizio per l'attuazione delle sue finalità e secondo le direttive

dell'assemblea, assumendo tutte le iniziative del caso, di predi

sporre i bilanci preventivi e consuntivi, di deliberare su ogni atto di carattere patrimoniale e finanziario eccedente l'ordinaria

amministrazione, di redigere l'eventuale regolamento interno) che lo rendono l'organo di amministrazione della società sporti va. Ciò, peraltro, non è contestato dal ricorrente, il quale tutta

via sostiene che «l'amministrazione appartiene al consiglio in

via collegiale e la partecipazione del Gili non è certo connotata

da particolari caratteristiche idonee a conferirgli un potere di

rappresentanza o coordinamento».

Ma, mentre quest'ultimo richiamo non è pertinente (perché i

poteri di rappresentanza e di coordinamento sono riferiti dalla

norma al dipendente, cioè ad una figura che non viene qui in di

scussione), non può essere condivisa la tesi secondo cui la natu

ra collegiale dell'organo escluderebbe che il Gili possa essere

identificato come amministratore. Si deve replicare che il citato

art. 3 non prevede che l'amministratore debba essere unico, sic

ché anche più soggetti collegialmente investiti della qualità di

amministratori rientrano nella previsione normativa. Altrimenti

bisognerebbe giungere al paradossale risultato che, quando l'amministrazione sia affidata a più persone, nessuno uti sin

gulus può essere qualificato amministratore. Ed è appena il caso

di aggiungere che ciò non significa procedere ad un'interpreta zione analogica della norma, ma soltanto ricercarne il signifi cato attraverso i criteri previsti dall'art. 12 disp. sulla legge in

generale. Sussistono, dunque, le condizioni oggettive e soggettive d'in

compatibilità nei confronti del ricorrente.

Resta da dire della questione di legittimità costituzionale.

Al riguardo si deve premettere che la Corte costituzionale, con sentenza 4 giugno 1997, n. 160, cit., ha dichiarato l'illegit timità costituzionale dell'art. 9 bis d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570

(e successive modificazioni), nella parte in cui prevede che la

decadenza del consigliere in situazione d'incompatibilità possa essere pronunciata dal giudice adito senza che sia stata data al

l'interessato la facoltà di rimuovere utilmente la causa d'in

compatibilità entro un congruo termine dalla notifica del ricorso

previsto da detto art. 9 bis.

Nell'iter argomentativo che conduce a tale statuizione il giu dice delle leggi ha affermato (tra l'altro) che, ferma la concor

renza del meccanismo previsto dall'art. 7 1. n. 154 del 1981

(concernente il procedimento amministrativo per rimuovere la causa d'ineleggibilità o incompatibilità: art. 7, cit., 3° comma

ss.) e dell'azione diretta al tribunale contemplata dal menzio

nato art. 9 bis d.p.r. n. 570 del 1960 (introdotto dall'art. 5 1. 23

dicembre 1966 n. 1147), gli art. 3 e 51 Cost, impongono di tem

perare l'eccessiva severità del sistema, assicurando la propor zione tra fini perseguiti e mezzi prescelti. Bisogna dunque con

sentire di rimuovere la causa d'incompatibilità entro un termine

ragionevolmente breve, dopo la notifica del ricorso di cui al

l'art. 9 bis, per assicurare un equilibrio tra la ratio giustificativa

dell'incompatibilità e la salvaguardia del diritto di elettorato

passivo, senza pregiudizio di un futuro intervento del parla mento e di un'evoluzione giurisprudenziale che diano compiuta razionalità al sistema (così Corte cost. n. 160 del 1997, cit., in

motivazione). La Corte costituzionale, dunque, identifica il mezzo per il

conseguimento dei fini ritenuti meritevoli di tutela, indicandolo

nella possibilità per l'interessato di rimuovere la causa d'in

compatibilità entro un termine ragionevolmente breve, dopo la

notifica del ricorso di cui all'art. 9 bis.

In coerenza con tale indicazione l'art. 20 1. 3 agosto 1999 n.

265, con l'art. 20 ha inserito dopo il 4° comma dell'art. 7 1. n.

154 del 1981, la seguente disposizione: «Nel caso in cui venga

proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale, il ter

mine di dieci giorni previsto dal 4° comma decorre dalla data di

notificazione del ricorso».

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Pertanto, quando fu proposta l'azione in esame il Gili avrebbe

potuto rimuovere la causa d'incompatibilità entro dieci giorni dalla data di notificazione del ricorso.

Il ricorrente però sostiene che al consigliere dichiarato deca

duto per effetto di una pronuncia giudiziaria andrebbero ricono

sciuti gli stessi diritti e facoltà previsti dall'art. 7 per la pronun cia in sede amministrativa del consiglio cui appartiene. In parti colare, gli spetterebbe il diritto di eliminare la causa d'incom

patibilità entro dieci giorni dalla pronuncia di decadenza. Qua lora la normativa non fosse interpretata in tal modo, solleva

questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 1. n. 154 del

1981 in riferimento agli art. 51 e 3 Cost.

L'interpretazione propugnata dal Gili non può essere accolta

perché è in contrasto col dettato dell'art. 7 cit. (come integrato dall'art. 20 1. n. 265 del 1999), che — come si è detto — attri

buisce all'interessato il diritto di rimuovere la causa d'incom

patibilità entro il termine di dieci giorni dalla data di notifica zione del ricorso. Spostare in avanti il dies a quo di detto termi

ne (addirittura ad un momento successivo alla pronuncia di de

cadenza) significa non già effettuare un'operazione ermeneutica

(interpretazione adeguatrice) bensì introdurre un sistema contra

rio alla normativa vigente. Né questa presta il fianco ai prospettati dubbi di legittimità

costituzionale.

Il procedimento amministrativo previsto dall'art. 7 1. n. 154

del 1981 stabilisce che, in presenza di una causa d'ineleggibilità o d'incompatibilità, il consiglio di cui l'interessato fa parte

gliela contesta. Il consigliere ha dieci giorni di tempo per for

mulare osservazioni o per eliminare le cause d'ineleggibilità o

d'incompatibilità. Entro i dieci giorni successivi il consiglio de libera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa d'ine

leggibilità o incompatibilità, invita il consigliere a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, l'opzione per la carica che intende

conservare.

Qualora il consigliere non vi provveda entro i successivi dieci

giorni il consiglio lo dichiara decaduto e contro la relativa deli

berazione è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale com

petente per territorio.

Come si vede, si tratta di una procedura amministrativa le cui

sequenze temporali si svolgono tutte nell'ambito dell'organo cui l'interessato appartiene e che si conclùde con una delibera

zione di decadenza soggetta a ricorso giurisdizionale. Le diffe

renze che in detta procedura si colgono rispetto al procedimento

giurisdizionale sono giustificate dalla diversa natura dei due

procedimenti, onde non è ravvisabile alcuna violazione dell'art.

3 Cost.

Né sussiste violazione dell'art. 51 Cost. Invero, con l'art. 20

1. n. 265 del 1999 si è escluso (seguendo l'indicazione del giu dice delle leggi) che la domanda ex art. 9 bis cristallizzi la fatti

specie, precludendo all'eletto di adempiere tardivamente l'ob

bligo di rimuovere la causa d'incompatibilità. L'interessato può, «entro un termine ragionevolmente breve» dalla data di notifi

cazione del ricorso (sul punto la discrezionalità del legislatore

appare correttamente esercitata), rimuovere la causa d'incom

patibilità, e ciò consente di affermare che l'esigenza di operare un bilanciamento degli interessi meritevoli di tutela, segnalata dal giudice delle leggi, è stata realizzata.

Di qui la manifesta infondatezza della dedotta questione di

legittimità costituzionale.

Conclusivamente, alla stregua delle considerazioni esposte il

ricorso per cassazione deve essere respinto.

Ili

Svolgimento del processo. — Con ricorso proposto ai sensi

dell'art. 82 d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 Cirilli Giovanni, To massini Siila, Carletti Carlo, Bordin Giulio, Di Leo Liberatore e

Cicchitti Alfio impugnavano innanzi al Tribunale di Latina la

delibera 10 luglio 1999 con la quale il consiglio comunale di

Cisterna di Latina aveva convalidato l'elezione a sindaco di

Carturan Mauro.

A loro avviso, infatti, sussisteva incompatibilità del neoeletto

a coprire la carica di sindaco ai sensi dell'art. 8, 1° comma, n. 2,

1. 154/81 prestando egli attività di medico convenzionato con la

Il Foro Italiano — 2001.

Asl di Latina ed avendo rimosso tardivamente tale situazione di

incompatibilità. Costituitosi il Carturan e intervenuto il p.m., il Tribunale di

Latina, riunito al procedimento promosso altra identica azione

proposta contestualmente da Gasbarri Olimpo ed altri sei eletto

ri, respingeva i ricorsi affermando che lettera e ratio dell'art. 8, 1° comma, n. 2, 1. 154/81 rendevano la prevista ipotesi d'in

compatibilità del tutto inapplicabile al sopravvenire — in sosti

tuzione della Usi e per effetto del d.leg. 502/92 — delle Asl di

cui al decreto legislativo anzidetto, posto che, con le nuove

strutture, le aziende non vedevano più il comune quale gestore della Usi attraverso la nomina del comitato di gestione, essendo

rimaste all'ente locale solo funzioni di verifica contabile, pro

posta, indirizzo.

La pronunzia era impugnata dagli elettori Cirilli, Tomassini,

Carletti, Bordin, Di Leo e Cicchitti e l'adita corte di Roma, co

stituitosi il Carturan (che chiedeva rigettarsi l'appello) ed inter

venuto il p.m. (che si associava alla richiesta degli appellanti di

dichiarare la decadenza del Carturan), con sentenza 16 dicembre

1999 accoglieva il gravame e dichiarava l'incompatibilità del

l'appellato a ricoprire la carica di sindaco (rimettendo al consi

glio comunale la declaratoria di decadenza). Nella motivazione della pronunzia la corte d'appello osserva

va:

1) l'incompatibilità di cui all'art. 8 doveva ritenersi perma nente pur con l'introduzione nel sistema delle Asl, posto che

permanente era il conflitto di interessi tra carica di sindaco e

ruolo di medico convenzionato con il servizio sanitario nazio

nale: il comune, infatti, conservava svariate competenze nella

definizione dei programmi regionali, nell'esame dei bilanci, nella proposta di programmi del servizio locale;

2) in tal senso andava, del resto, inteso il d.leg. 502/92 che — sintomaticamente — introduceva una nuova causa d'incom

patibilità all'art. 3, 9° comma, per le nuove figure di direzione

dell'azienda sanitaria senza, contestualmente, nulla precisare in

ordine alle preesistenti — e quindi conservate —

ipotesi d'in

compatibilità; 3) il Carturan, la cui delibera di convalida era stata adottata

— con esecuzione immediata — il 10 luglio 1999, aveva comu

nicato solo in data 11 agosto 1999 la sospensione della sua atti

vità sin dalla sua elezione, sì che la Asl aveva potuto deliberare

(con delibera del direttore generale n. 1983 in data 24 agosto

1999) la sospensione della relativa convenzione solo con decor

renza 12 agosto 1999, e pertanto ben oltre i dieci giorni previsti,

per la rimozione, dall'art. 9 1. 154/81;

4) non soccorreva, poi, a rimettere in termini il Carturan il

disposto del sopravvenuto art. 20 1. 265/99 (e per il quale il ter

mine, in caso di azione popolare, decorreva dalla data di notifi

cazione del ricorso, nella specie il 13 agosto 1999), dato che tale

norma era entrata in vigore (il 21 agosto 1999) successivamente

alla nomina del Carturan.

Per la cassazione di tale sentenza il Carturan ha proposto ri

corso con atto notificato il 23 dicembre 1999: non si sono co

stituiti gli intimati Tomassini, Carletti, Bordin e Di Leo.

Si sono costituiti Cirilli e Cicchitti notificando, in data 12

gennaio 2000, controricorso contenente ricorso incidentale al

Carturan ed al p.g. presso la Corte d'appello di Roma.

Alla fissata udienza del 12 aprile 2000 il collegio, riuniti i ri

corsi, rilevato che il ricorso principale non era stato notificato al

p.g. presso la corte di merito e che il ricorso incidentale non era

stato — di converso — notificato agli elettori Tomassini, Car

letti, Bordin e Di Leo, ritenuta la necessità di integrare il con

traddittorio nei riguardi di tali soggetti-parti processuali del pro cedimento di secondo grado, assegnava alle rispettive parti im

pugnanti termine di venti giorni e rinviava la discussione ad

udienza fissa.

Alla fissata udienza del 7 giugno 2000, espletati gli incom

benti assegnati (il p.g. risultando evocato il 19 aprile 2000, e gli elettori indicati essendo stati intimati il 2 maggio 2000), i difen sori illustravano le loro richieste ed il p.g. pronunziava la pro

pria requisitoria orale.

Motivi della decisione. — Preliminarmente richiamata l'ordi

nanza di riunione dei due ricorsi, pronunziata dal collegio a ver

bale 12 aprile 2000 ai sensi dell'art. 335 c.p.c., nonché consta

tata la tempestività delle disposte integrazioni del contradditto

rio e l'assenza di costituzione di alcuno dei soggetti intimati,

devono essere esposte le doglianze proposte dal ricorrente prin

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1623 PARTE PRIMA 1624

cipale e dai ricorrenti incidentali avverso la sentenza 16 dicem

bre 1999 della corte di Roma che, come sopra riportato, ebbe ad

accogliere la proposta azione popolare dichiarando l'incompati bilità a carico del Carturan, accertandone la mancata tempestiva rimozione e ritenendo inconferente a sanarla la sopravvenienza normativa (ma rimettendo alla sede consiliare l'invocata decla

ratoria di decadenza). Con il primo motivo del ricorso principale, viene denunziata

la violazione degli art. 8, 1° comma, n. 2, 1. 154/81 e 3 d.leg. 502/92. Ad avviso del ricorrente con la riforma introdotta dal

decreto del 1992 (e segnatamente con le previsioni di cui agli art. 1, 5° comma, 2, 2° comma, 3, 1° e 5° comma) l'azienda Usi, dotata di personalità giuridica ed operante nell'ambito del piano

regionale (come attuato con la 1. reg. Lazio 16 giugno 1994 n.

18) nonché diretta dal nuovo direttore generale e dai direttori

amministrativi e sanitari dallo stesso nominati, non avrebbe più interrelazioni rilevanti con il comune tali da giustificare l'ipote si del conflitto di interesse ad eliminare il quale era stata dettata la norma del 1981. Il sindaco, infatti, perduto ogni potere di ge stione, avrebbe solo conservato poteri di controllo, proposta ed

indirizzo e nell'ambito di un'imputazione collegiale di volontà

(il collegio dei revisori e la conferenza dei sindaci). Ditalché

l'interpretazione rigorosa comportante la statuizione di soprav vivenza alla riforma dell'incompatibilità de qua sarebbe grave lesione dei diritti di elettorato passivo e costituzionalmente irra

gionevole. Con il secondo motivo, di contro, il Carturan contesta la sta

tuizione per la quale l'incompatibilità affermata (ed ut supra contestata) non sarebbe stata rimossa conformemente al dispo sto dell'art. 9 1. 154/81. A suo avviso, e con riguardo al testo

dell'invocata disposizione sul rapporto libero-professionale, non vi sarebbe alcuna previsione impositiva di un onere di domanda di aspettativa da parte del neoeletto, ma solo quello di procedere alla cessazione dalle funzioni incompatibili: ed in tal prospettiva

egli avrebbe tempestivamente operato, cessando immediata

mente dall'assistenza ai pazienti e solo I'll agosto 1999 comu nicando alla Asl (che ne prese atto il giorno appresso) tale ces

sazione. D'altro canto, ad avviso del Carturan, quand'anche la

comunicazione dell'avvenuta cessazione fosse ritenuta tardiva

rispetto al termine di dieci giorni, non da questo discenderebbe

alcuna conseguenza dato che, come statuito in pronunzie della

Suprema corte, il termine utile entro il quale rimuovere le in

compatibilità non poteva che coincidere con la data di proposi zione-notificazione dell'azione popolare, con la conseguenza per la quale l'incompatibilità sarebbe stata rimossa con effetti dal 12 agosto 1999 e quindi prima della vocatio in iudicio del 13

agosto 1999.

Con il terzo motivo, infine, il Carturan invoca la sopravve nienza dell'art. 20 1. 265/99 a rendere comunque tempestiva la rimozione della situazione d'incompatibilità occorsa nell'am bito di un procedimento elettorale pendente (dal 13 agosto 1999) alla data della sua entrata in vigore (21 agosto 1999). E l'intervento normativo, statuente che in caso di azione popolare il termine di dieci giorni dovesse farsi decorrere dalla notifica dell'azione stessa, avrebbe condotto alla conseguenza di veder

comunque datare dal 13 agosto 1999 il termine di sanatoria de

quo, per altro verso, quindi, facendo ritenere esso ricorrente af fatto adempiente all'obbligo di legge.

Con l'unico mezzo del ricorso incidentale, poi, gli impu gnanti Cirilli e Cicchitti denunziano violazione degli art. 82 ed 82 bis d.p.r. 570/60, 7 ed 8 1. 154/81 per avere la corte d'appel lo, pur correttamente accertata la non rimossa incompatibilità del Carturan con la carica, omesso di pronunziare la decadenza del sindaco da essa sull'erroneo assunto —

sempre contrastato dalla giurisprudenza di legittimità

— dell'incompetenza del

l'a.g.o. a provvedere al proposito. Orbene, ritiene il collegio che, infondato il primo motivo del

ricorso principale, debba esserne accolto il secondo e che, sta tuita la tempestiva rimozione da parte del Carturan della causa

d'incompatibilità (ed in tal pronunzia restando assorbita la co

gnizione tanto del terzo motivo quanto del ricorso incidentale), vada cassata l'impugnata sentenza e debba il collegio, deciden do nel merito ai sensi di legge, definitivamente rigettare le im

pugnazioni proposte avverso la delibera con la quale il consiglio comunale di Cisterna di Latina ebbe a convalidare l'elezione di Carturan Mauro a sindaco di quel comune.

1. - La norma di cui all'art. 8, 1° comma, n. 2, 1. 23 aprile

Il Foro Italiano — 2001.

1981 n. 154 statuisce l'incompatibilità con la carica di sindaco

della posizione del sanitario convenzionato con l'Usi territo

rialmente coincidente con quel comune. Ciò all'evidente scopo

(tra l'altro attentamente desunto dai lavori preparatori dalla

sent. 6080/94 di questa corte, Foro it., Rep. 1994, voce Sanita

rio, n. 84) di impedire il sospetto dell'inquinamento della pub blica funzione derivante dal potenziale conflitto di interesse tra

amministratore dell'ente locale e professionista operante in re

gime di convenzione con l'Usi innestata in quell'ente. Orbene, tale norma operava con pieno vigore anche nel caso del profes sionista-sindaco Carturan, posto che nessuna sua abrogazione tacita può ritenersi avverata per effetto delle nuove norme sul

l'incompatibilità introdotte dal d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502 e

che l'effettiva riduzione delle competenze gestorie del comune

nell'attività dell'Asl, quale risultante dalla normativa di riordino

sanitaria emanata dal 1992, non raggiunge livelli tali da far na

scere il sospetto d'irragionevolezza nella conservazione della

norma del 1981.

2. - Sotto il primo profilo va rammentato che l'art. 3, 9°

comma, d.leg. 502/92 ebbe ad introdurre specifiche cause di

ineleggibilità-incompatibilità, alle cariche di componente le as

semblee elettive, delle nuove figure di direzione della azienda

Usi (il direttore generale ed i direttori amministrativi e sanitari) nulla statuendo sulla non marginale presenza normativa delle

altre incompatibilità ed in primis di quelle fissate per i dipen denti o professionisti convenzionati delle Usi: e la specificità innovativa della previsione dell'art. 3, 9° comma, non può che

far ritenere — come già con estrema chiarezza statuito da questa corte (Cass. 1631/99, id., Rep. 1999, voce Elezioni, nn. 35, 53, e

957/96, id., Rep. 1997, voce cit., n. 53) — inconsistente l'ipote si dell'abrogazione tacita degli art. 8 e 9 della legge del 1981, sol essendosi occupato il legislatore di delineare le condizioni

d'ineleggibilità delle nuove figure direzionali e nulla avendo

anche implicitamente disposto sulle condizioni relative a tutto il

restante personale dipendente dell'Asl (o con essa operante). 3. - Sotto il secondo profilo è lecito chiedersi se l'indiscuti

bile arretramento dei poteri gestori del comune nei confronti

delle unità sanitarie operanti sul suo territorio (speculare all'a

vanzamento dei poteri della regione disposto dal citato riordino

normativo) sia stato, come pretende il Carturan (e come sostan

zialmente affermato dal Tribunale di Latina), tale da svuotare la

previsione dell'art. 8 dalle sue condizioni di razionale cogenza sì da imporre a questa corte — nell'esercizio dei suoi poteri of

ficiosi — la rimessione alla Corte costituzionale dello scrutinio

d'irragionevolezza che le compete. A tal quesito il collegio ri

tiene doversi dare risposta negativa. 4. - L'esclusione dei poteri di impulso gestorio del comune è

indubbia sol che si raffronti la previsione dell'art. 15 1. 833/78 con quella dell'art. 3, 6° comma, d.leg. 502/92 (che investe pre sidente e giunta regionale del potere di nomina del direttore ge nerale della nuova Usi). Ma è altrettanto indubbio che in capo al sindaco — da solo o nel più ampio contesto della «conferenza» dei sindaci —

permanga un ruolo rilevante nella formazione del

programma, nell'indirizzo sanitario e nel controllo contabile dell'Usi: basti al proposito considerare il disposto dell'art. 3, 14° comma, d.leg. 502/92 e dei successivi art. 3, 3 ter e 4 d.leg. 229/99, nonché l'analitica previsione di cui all'art. 13 1. reg. Lazio 16 giugno 1994 n. 18. Ed allora, se la riduzione del potere gestorio del comune sulla Usi non significa affatto la recisione di rapporti, di contro ancora caratterizzati da funzioni di con

trollo ed indirizzo del comune nei riguardi delle nuove aziende, non sussiste il palese svuotamento dei presupposti dell'art. 8 1.

154/81 che, soltanto, ne imporrebbe la denunzia d'irrazionalità, ma sussiste un mero dubbio di opportunità di sopravvivenza della sanzione del conflitto d'interesse che soltanto al legislato re compete di valutare se debba permanere o se, nell'esercizio

governativo della funzione delegata dall'art. 31,3° comma, lett.

e), 1. 3 agosto 1999 n. 265, debba essere specificamente e sem

plicemente abrogata. 5. - Accertata, quindi, la permanenza della ipotesi normativa

d'incompatibilità, ed esaminando la censura (secondo motivo) volta dal Carturan alla sentenza della corte romana sul punto della tardiva rimozione di tale condizione, va certamente conte stata la fondatezza del primo profilo della censura, quello per il

quale il medico convenzionato con l'Usi eliminerebbe tempesti vamente l'incompatibilità per il solo fatto di aver unilateral

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mente sospeso la sua attività convenzionata. È ben vero, infatti,

che per il sanitario operante in regime di convenzione ai sensi

dell'art. 48 1. 833/78 non è esigibile l'inoltro di una domanda di

aspettativa quale quella imposta ai dipendenti dell'Asl eletti alle

cariche di cui all'art. 8 1. 154/81; ed è ben vero che l'art. 9, 2°

comma, della legge impone che nel termine di dieci giorni il

professionista «cessi dalle funzioni». Ma è pur vero che tale

cessazione è riferita alle «funzioni» e non ad una qualsivoglia attività sanitaria e che nel comma successivo tale «cessazione»

è ben precisato essere il presupposto della sospensione sostituzione della convenzione individuale, e cioè di atto prove niente dall'organo rappresentativo dell'azienda e ad adottarsi

nell'interesse degli assistiti. E di qui l'evidente conseguenza per la quale è giuridicamente irrilevante ai fini in discorso che il

professionista — all'indomani della nomina — meramente si

astenga dall'attività ambulatoriale-domiciliare, al medesimo in

combendo di partecipare all'azienda, con atto necessariamente

recettizio, la propria opzione per l'espletamento della carica

pubblica, dalla data di tale comunicazione derivando, in una con

la sospensione del rapporto, la rimozione della causa d'incom

patibilità. Il che è avvenuto, con delibera 1983/99 del direttore

generale dell'Ausi di Latina, con decorrenza esattamente fissata

al 12 agosto 1999, data di ricezione della nota 11 agosto 1999

nella quale il Carturan comunicava la propria determinazione. E

di qui l'indubbia tardività della rimozione rispetto al termine di

cui all'art. 9, 2° comma. 1. 154/81.

6. - Ma se la testé ravvisata tardività appare indiscutibile, va

però considerato, come impone di fare l'esatta censura conte

nuta nel secondo profilo del motivo di ricorso in esame, che la

corte di merito non si è in alcun modo data carico delia valuta

zione del fatto che, .Comunque, al momento della proposizione dell'azione popolare, il 13 agosto 1999 (valendo a tal fine la

data della notifica e restando quella del deposito idonea ai soli

fini della valutazione di tempestività ai sensi degli art. 9 bis ed

82 d.p.r. 570/60), la causa d'incompatibilità era stata dal Cartu

ran — seppur tardivamente (ma il 12 agosto 1999) — indub

biamente rimossa. Come esattamente ricordato dal ricorrente

principale, infatti, la corte di Roma non ha neanche evidenziato

tale profilo e le complesse questioni dell'interferenza con l'one

re in discorso del procedimento amministrativo e dell'azione

popolare, del tutto ignorando i pronunziati al proposito adottati

da questa corte.

7. - Occorre, invero, prendere le mosse dal principio di cri

stallizzazione posto da questa corte con riguardo ai tempi della

rimozione delle ineleggibilità-incompatibilità di cui agli art. 2, 3, 6 e 7 1. 154/81 (ma sicuramente operante anche per le ipotesi di cui agli art. 8 e 9) e, segnatamente, a quelli dell'azione po

polare di cui agli art. 9 bis ed 82 d.p.r. 570/60. Questa corte, an

che assai recentemente, ha infatti rammentato che «... la propo sizione della domanda giudiziale ex art. 9 bis, 3° comma, d.p.r. 570/60 — come integrato dalla 1. 1147/66 e mantenuto fermo

dalla 1. 154/81 — definisce e cristallizza la fattispecie (salvo

quanto ora previsto dall'art. 20 1. 265/99 ...), escludendo sia

l'ulteriore possibilità che l'eletto adempia tardivamente all'ob

bligo di rimuovere la causa d'incompatibilità, sia la possibilità di rilevanza di altre situazioni legittimanti che sopravvengano

dopo la domanda medesima ...». E siffatto principio — con la

decisiva deroga di cui appresso — se escludeva, in malam par

tem., la rilevanza di rimozioni successive all'azione popolare

obbliga di converso a considerare (in bonam partem) totalmente

tempestive tutte le rimozioni che — se pur tardive rispetto al

termine di dieci giorni assegnato dagli art. 6, ultimo comma, 7, 4° comma, e 9 1. n. 154 del 1981 — siano però precedenti al

l'introduzione del giudizio di accertamento.

8. - Al ridetto principio di cristallizzazione la Corte costitu

zionale, come è noto, ha inteso introdurre un rilevante tempera mento. Facendosi carico della coesistenza dei due diversi mec

canismi legali —

quello amministrativo, mirato alla rimozione

in contraddittorio della causa d'incompatibilità e sfociante nella

decadenza quale extrema ratio della procedura, e quello giuris

dizionale, appunto aperto da una domanda ad effetti drastica

mente cristalizzanti la vicenda — la corte (sent. 160/97, id.,

1997, I, 2380) ha rilevato l'iniquità del rammentato principio di

cristallizzazione là dove impedirebbe l'esercizio dello ius poe nitendi in corso di azione popolare ed ha dichiarato illegittimo l'art. 9 bis nella parte in cui non consentirebbe detto esercizio

«... entro un congruo termine dalla notifica del ricorso previsto

Il Foro Italiano — 2001 — Parte I-30.

da esso». E della fissazione del congruo termine in discorso si è

fatto carico il legislatore là dove ha inserito un comma successi

vo al 4° nell'art. 7 1. 154/81 statuente che «nel caso in cui venga

proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale, il ter

mine di dieci giorni previsto dal 4° comma decorre dalla data di

notificazione del ricorso» (art. 20 1. 265/99, cit.). 9. - Che, poi, siffatta modifica legislativa

— entrata in vigore il 21 agosto 1999 (essendo stata la legge pubblicata sulla G.U. 6

agosto 1999, n. 183) sia suscettibile di avere applicazione nel

caso in esame, ove l'azione popolare era stata introdotta con

atto notificato il 13 agosto 1999, appare al collegio essere que stione affatto inconferente, posto che il problema sottoposto ai

giudici di merito e riproposto a questa corte non è certo quello della tempestività di una rimozione posta in essere dopo l'intro

duzione del giudizio bensì quello del rapporto tra il termine di

legge — nella specie inosservato — e gli effetti conservativi

della domanda, nella specie preceduta dalla pur tardiva rimozio

ne. E la questione scaturente da tale rapporto trova certamente

soluzione dando, ancora una volta, prevalenza al principio di

cristallizzazione ed ai suoi effetti conservativi bidirezionali, volti cioè non solo ad impedire che dopo la domanda (rectius:

dopo il nuovo termine di legge che ad essa segue) abbiano rilie

vo rimozioni tardive o altre vicende sopraggiunte ma anche a

conservare — questa volta in bonam partem

— gli effetti di ri

mozione anteriori alla domanda stessa.

10. - Al proposito questa corte ha avuto occasione di afferma

re (Cass. 3508/93, id., Rep. 1993, voce cit., nn. 94, 115) che

«... perché la fattispecie divenga non più suscettibile di muta

mento attraverso il tardivo adempimento dell'eletto è necessario

oltre al decorso del termine di dieci giorni dal verificarsi della

causa d'ineleggibilità-incompatibilità senza che questa sia ri

mossa altresì il promovimento dell'azione di cui al più volte ci

tato art. 9 bis, 3° comma ...», tal domanda, infatti, definendo e

cristallizzando la fattispecie con esclusione della possibilità che

l'eletto adempia tardivamente. E «... tale scelta interpretativa —

prosegue la pronunzia citata — trova conforto nel rilievo

che il tardivo adempimento giova pur sempre all'eliminazione

della causa d'ineleggibilità-incompatibilità, mentre il pericolo di eventuali situazioni di stallo dovrebbe essere evitato dal pote re di azione riconosciuto al cittadino elettore ...». E dunque nel

rapporto tra termine di adempimento di cui all'art. 9 1. 154/81 e

funzione cristallizzante dell'azione di cui all'art. 9 bis d.p.r. 570/60 che va trovato il raccordo tra la condizione della tardi

vità e la sanzione della decadenza: e se quest'ultima può essere

adottata soltanto all'esito de! procedimento giurisdizionale e se

il promuovimento è impedito — come erroneamente non avver

tito dalla corte territoriale — dalla «... rimozione della causa

d'incompatibilità, pur se avvenuta successivamente al decorso

dei termine previsto ...» ben può affermarsi, come fatto da que sta corte anni addietro, che il «... termine di dieci giorni ... non

sancisce un'automatica sanzione di decadenza nel caso d'inos

servanza dell'adempimento da parte del candidato, ma concede

a questo uno spatium deliberandi» (Cass. 4642/93, ibid., n. 82). 11. - Da quanto sin qui rilevato consegue l'indubbia violazio

ne di legge commessa dalla corte territoriale e denunziata dal

Carturan nella seconda parte del secondo motivo del ricorso:

l'incompatibilità (e la conseguente decadenza) non si sarebbe

mai potuta pronunziare sulla base della tardività dell'adempi mento all'obbligo di rimozione, essendo conclamato dagli atti

che tale rimozione era stata compiutamente posta in essere — e

con atto deliberativo del direttore generale dell'Asl — il giorno innanzi a quello della notifica del ricorso di Cirilli Giovanni e

degli altri cinque elettori, sì da rendere non accoglibile una do

manda il cui unico scopo — su tali premesse

— sarebbe dovuto

apparire ai giudici del gravame come quello di far constatare

una tardività nella rimozione di una condizione comunque già rimossa prima della domanda e l'effetto del cui accoglimento sarebbe dovuto emergere come quello di non consentire

l'espletamento del mandato elettorale per un conflitto d'interes

se indubitabilmente escluso prima dell'azione che mirava a de

nunziarne l'esistenza. A tal pronunzia di necessario rigetto delle

domande proposte dai cittadini elettori innanzi al Tribunale di

Latina deve provvedere questa corte — cassata la pronunzia im

pugnata — sulla base del disposto dell'art. 384 c.p.c. essendo

anche solo sulla base di tale disposizione (stante la pacificità delle vicende di fatto), ben prima che alla stregua dei poteri di

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1627 PARTE PRIMA

valutazione concessi dall'art. 82 ter d.p.r. 570/60, che la corte di

legittimità può pronunziare nel merito sulla domanda. Nella

pronunzia resta assorbita anche la cognizione del ricorso inci

dentale.

IV

Svolgimento del processo. — Con sentenza dell'8-27 luglio

1998 il Tribunale di Napoli, decidendo sul ricorso depositato in

data 23 aprile 1998 da Matarese Francesco e Mattera Lucio

Giovanni, cittadini elettori del comune di Serrara Fontana, di

chiarava l'insussistenza della causa d'incompatibilità di cui al

l'art. 3, n. 4, 1. 154/81 denunciata dai ricorrenti nei confronti del

sindaco Iacono Luigi a seguito della costituzione di parte civile

del comune nel procedimento penale pendente avanti al Tribu

nale di Napoli a carico dello stesso Iacono per il reato di abuso

d'ufficio riguardante il rilascio di autorizzazioni edilizie.

Osservava il tribunale che, essendo stato illegittimamente nominato dal g.i.p. anziché dalla giunta, come richiesto dall'art.

35 1. 142/90, il curatore speciale per la costituzione di parte ci

vile, si era verificato un vizio tale della costituzione medesima

da incidere sull'effettiva pendenza della lite, trattandosi di un

presupposto processuale, senza che possa assumere rilievo il

fatto che il giudice penale avesse ammesso tale costituzione.

I suddetti cittadini elettori proponevano impugnazione e, al

l'esito del giudizio nel quale si costituiva lo Iacono, la Corte

d'appello di Napoli con sentenza del 26 marzo - 1° aprile 1999

rigettava il gravame, sia pure in base ad una diversa motivazio

ne.

Dopo aver osservato che erroneamente il tribunale aveva

escluso la pendenza della lite sia perché «il curatore speciale ha

un autonomo potere deliberativo delimitato dall'incompatibili tà» e sia perché «la costituzione di parte civile è immanente al

processo e non revocabile né impugnabile», rilevava la corte

d'appello che nella fattispecie doveva richiamarsi l'ultimo

comma dell'art. 3 1. 154/81 in base al quale l'ipotesi d'incom

patibilità denunciata (art. 3, n. 4) non si applica «agli ammini

stratori per fatto connesso all'esercizio del mandato» e che deve

ritenersi in tal caso sufficiente la soluzione in radice del con

flitto di interessi tramite la nomina di un curatore speciale. Precisava al riguardo che tale norma non autorizza una distin

zione fra esercizio lecito ed esercizio illecito e che, ai fini della

sua interpretazione, non può non incidere il fatto che altre nor

me (art. 15 1. 19 marzo 1990 n. 55) prevedono la decadenza per il reato di abuso d'ufficio e per altri più gravi reati solo quando sia pronunciata una condanna definitiva.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione

Matarese Francesco e Mattera Lucio Giovanni, deducendo un

unico motivo di censura.

Resiste con controricorso Iacono Luigi che ha anche proposto ricorso incidentale affidato ad unico motivo, illustrato anche

con memoria.

Motivi della decisione. — Pregiudizialmente i due ricorsi, il

principale e l'incidentale, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335

c.p.c., riguardando la stessa sentenza.

Prioritario, trattandosi di questione anche essa pregiudiziale, è l'esame del ricorso incidentale con cui Iacono Luigi denuncia

violazione e falsa applicazione dell'art. 3 1. 23 aprile 1981 n. 154 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione

in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Deduce che, essendo

competente a conoscere della causa d'incompatibilità il giudice del contenzioso elettorale, deve ritenersi che al medesimo, com

peta, nell'ipotesi di lite pendente fra l'eletto ed il comune, va

lutare la ritualità o l'esistenza della costituzione di parte civile

del comune medesimo ed al riguardo sostiene l'illegittimità sia

del provvedimento con cui è stato nominato il curatore speciale che di quello successivo con cui è stato nominato il difensore in

quanto in entrambi manca l'autorizzazione alla costituzione di

parte civile in nome e per conto del comune, con la conseguenza che non può ritenersi configurata l'ipotesi di lite pendente. De

duce altresì che in ordine al reato contestato di abuso d'ufficio è

stata già disposta l'archiviazione con provvedimento del 17 marzo 1994 e che comunque, in base all'art. 58 1. 142/90, tutte

le controversie, che già in tema di responsabilità di funzionari,

agenti ed impiegati dello Stato erano attratte nell'ambito della

giurisdizione della Corte dei conti, sono devolute alla stessa

giurisdizione anche per quanto riguarda gli amministratori ed il

personale degli enti locali.

Il Foro Italiano — 2001.

La censura è infondata.

I problemi relativi alla legittimazione del soggetto costituitosi

parte civile nel procedimento penale, all'ammissibilità di tale

costituzione, alla sua regolarità formale ed all'eventuale nomina

di un curatore speciale nelle ipotesi previste dall'art. 77, 2°

comma, c.p.p. sono di competenza del giudice penale, senza che

in sede civile, sia pure incidenter tantum, sia consentito interlo

quire o comunque pervenire ad opposte conclusioni.

Pertanto nel caso, come quello in esame, in cui la situazione

d'incompatibilità denunciata è costituita dalla pendenza di un

procedimento civile originato dalla costituzione di parte civile

in un procedimento penale a carico del soggetto della cui in

compatibilità appunto si discute, il giudice del contenzioso

elettorale deve limitarsi a prendere atto dell'effettività di detta

pendenza che costituisce un elemento esterno al procedimento elettorale e non può sindacare le decisioni adottate in quella se

de sulla legittimità ed ammissibilità della costituzione di parte civile.

Non potendo del resto influire con la sua decisione su tale

aspetto del giudizio penale, un'eventuale declaratoria d'illegit timità di quella costituzione pronunciata dal giudice civile non

eliminerebbe infatti la situazione d'incompatibilità, ravvisata

dalla legge nel dato formale della pendenza di un procedimento civile fra l'eletto e l'ente che è stato chiamato a rappresentare.

Solo in presenza di situazioni conclamate, che facciano venir

meno l'effettiva pendenza della lite, è consentita al giudice del

contenzioso elettorale alla cui attenzione siano portate, una va

lutazione al riguardo, come nel caso in cui sia venuto meno il

conflitto di interessi a seguito di transazione o rinuncia agli atti

del giudizio ovvero di manifesta infondatezza o di pretestuosità della lite, risultante, ad un esame prima facie, con tale evidenza

da escludere qualsiasi invasione nella sfera di competenza del

giudice davanti al quale pende la controversia dedotta come

causa d'incompatibilità (in tal senso, Cass. 4724/92, Foro it.,

Rep. 1992, voce Elezioni, n. 145). Ma nessuna di tali ipotesi ri

sulta essersi verificata od anche semplicemente dedotta.

Né può essere esaminato in questa sede l'assunto secondo cui

nel caso in esame sarebbe stata disposta l'archiviazione con

provvedimento del g.i.p. del 17 marzo 1994 in quanto nei pre cedenti gradi non si è fatto riferimento alcuno all'ipotesi di ces

sazione della causa d'incompatibilità, la quale peraltro sarebbe

venuta meno addirittura ben prima dell'espletamento delle ele

zioni e della stessa nomina del curatore speciale avvenuta con

provvedimento del 18 marzo 1997.

Parimenti non assume rilevanza giuridica in questa sede il ri

chiamo all'art. 58 1. 142/90 in ordine alla giurisdizione della

Corte dei conti, non precludendo tale disposizione la costituzio

ne di parte civile nel procedimento penale. Né infine può utilmente essere dedotta la mancanza di auto

rizzazione della giunta ai fini della pretesa illegittimità della co

stituzione di parte civile, non essendo applicabile la disposizio ne di cui all'art. 35 1. 142/90 allorché la nomina del curatore

speciale avvenga, atteso il conflitto di interessi, ai sensi dell'art.

77 c.p.p. Con l'unico articolato motivo del ricorso principale Matarese

Francesco e Mattera Lucio Giovanni denunciano violazione e

falsa applicazione dell'art. 3, ultimo comma, 1. 23 aprile 1981 n.

154 in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. Lamentano che la corte

d'appello non abbia considerato che la norma ha inteso include

re fra le cause d'incompatibilità quei giudizi nei quali il sog

getto faccia valere interessi personali e privati ed escludere solo

quelli nei quali i fatti generatori della lite siano stati compiuti

per far valere, sia pure in modo errato od infondatamente, inte

ressi della collettività inerenti alla funzione pubblica e che nel

caso in esame il giudizio riguarda invece comportamenti volti a

favorire interessi privati, ove è insito il pericolo che il conflitto

di interessi possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente e comunque possa ingenerare all'esterno sospetti al ri

guardo. Sostengono altresì che nessuna influenza può assumere,

nell'interpretazione di tale norma, l'art. 15 1. 55/90, come modi

ficato dalle leggi 16/92 e 30/94, operando le due normative su

piani diversi e che l'affermazione della corte di merito, secondo

cui per l'applicazione dell'esimente non è consentito distingue re fra esercizio lecito ed esercizio illecito dell'amministratore, è

giuridicamente errata.

La censura è fondata.

Questa corte ha già avuto modo di occuparsi più volte (per

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Page 16: sezione I civile; sentenza 28 dicembre 2000, n. 16205; Pres. Reale, Est. Morelli, P.M. Martone (concl. conf.); Zavoli e altro (Avv. Zavoli, Santoro) c. Ravaioli (Avv. Viola, Bertolani,

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tutte, da ultimo, Cass. 12627/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 35,

e 3070/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 52) dell'interpretazione dell'art. 3, ultimo comma, 1. 154/81 — il quale esclude l'ipotesi

d'incompatibilità in presenza di un «fatto connesso con l'eser

cizio del mandato» — enunciando il principio, che può conside

rarsi ormai consolidato, in base al quale devono ritenersi esclusi

dall'area dell'incompatibilità tutti quei conflitti che insorgano sull'effettiva rispondenza degli atti ai compiti istituzionali cui è

preposto il soggetto della cui incompatibilità si discute ed inclu

si invece quelli in cui si contrappongono le posizioni personali e

private di quel soggetto con gli interessi della collettività.

E evidente infatti che non può parlarsi di atto connesso con

l'esercizio del mandato e delle funzioni pubbliche che ne rap

presentano il contenuto allorché si ipotizzi un abuso di dette

funzioni per un profitto personale proprio od altrui, rappresen tando tale abuso, come è stato efficacemente affermato, proprio

l'opposto dell'espletamento del mandato.

Pertanto qualora, come nel caso in esame, il comune si costi

tuisca parte civile nel procedimento penale per il reato di abuso

d'ufficio nel rilascio di un'autorizzazione edilizia, non si è in

presenza certamente di fattispecie in qualche modo correlata

agli interessi della collettività ma di ipotesi illecita finalizzata a

fini personali. D'altra parte, se la ragione della prevista incompatibilità è da

ricercare nel pericolo che il conflitto di interessi possa orientare

le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente e se, per contro, il

fondamento dell'esimente del 3° comma dello stesso art. 3 deve

essere ravvisato nella necessità di escludere tutte quelle irrego larità poste in essere, pur sempre, nell'ambito di un'attività

amministrativa ispirata al perseguimento di interessi generali, è

evidente che, nell'ipotesi prospettata di abuso d'ufficio nel rila

scio di autorizzazione edilizia, nessun interesse generale, sia pu re esercitato in modo irregolare, ma solo quello privato può ri

tenersi perseguito e che sussiste quindi il pericolo che la norma

mira ad evitare — attraverso il bilanciamento degli interessi

contrapposti riservato al legislatore — con il sacrificio del di

ritto alla carica da parte del soggetto nei cui confronti il con

flitto si prefiguri. Né ovviamente, come è stato più volte ripetuto e dedotto an

che dai ricorrenti, può assumere rilevanza ai fini interpretativi in

esame la disposizione di legge (art. 15 1. 19 marzo 1990 n. 55

nel testo introdotto dall'art. 1 1. 18 gennaio 1992 n. 16 e modifi

cato dall'art. 1 1. 12 gennaio 1994 n. 30) che correla la non can

didabilità alla presenza di alcune condanne penali irrevocabili,

essendo ben diversa la finalità di tale norma, ispirata dalla ne

cessità di escludere dalle cariche pubbliche persone ritenute in

degne per aver commesso delitti di grave allarme sociale o con

tro la pubblica amministrazione e richiedente coerentemente una

pronuncia irrevocabile di condanna, rispetto alla norma in esa

me, la cui previsione non riguarda la persona ma i suoi rapporti con l'ente nei termini sopra precisati.

L'accoglimento del ricorso principale comporta la cassazione

dell'impugnata sentenza e la pronuncia di decadenza per in

compatibilità di Iacono Luigi alla carica di sindaco del comune

di Serrara Fontana, dovendo nei giudizi in materia elettorale la

Corte di cassazione decidere anche nel merito, quale giudice di

terza istanza con poteri di diretta cognizione dei fatti di causa ed

emergendo dalle risultanze probatorie acquisite al processo che

all'epoca delle elezioni sussisteva la causa d'incompatibilità di

cui all'art. 3, n. 4,1. 154/81 per le ragioni sopra esposte.

Il Foro Italiano — 2001.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15

dicembre 2000, n. 1267/SU; Pres. Vessia, Est. Vittoria, P.M.

Dettori (conci, conf.); Cuculio (Avv. Moscarini) c. Univer

sità della Tuscia di Viterbo (Avv. Cerulu Irelli), Renzullo

(Avv. Di Pasquale). Regolamento di giurisdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Dirigenti —

Diritto alla conferma nell'incarico rivestito — Decorrenza — Controversia — Giurisdizione del giudice ordinario (D.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizzazione dell'organiz zazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della di

sciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 1.

23 ottobre 1992 n. 421, art. 28, 68; d.leg. 31 marzo 1998 n.

80, nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rap

porti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdi zione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione ammini

strativa, emanate in attuazione dell'art. 11, 4° comma, 1. 15

marzo 1997 n. 59, art. 29, 45; d.leg. 29 ottobre 1998 n. 387,

ulteriori disposizioni integrative e correttive del d.leg. 3 feb

braio 1993 n. 29, e successive modificazioni, e del d.leg. 31

marzo 1998 n. 80, art. 10, 18).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Direttore am

ministrativo di università — Scadenza dell'incarico —

Attribuzione dell'incarico ad altro soggetto — Giurisdi zione del giudice ordinario (D.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, art. 19, 28, 68; 1. 15 maggio 1997 n. 127, misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, art. 17; d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, art. 13, 28, 29, 45; d.leg. 29 ottobre 1998 n. 387, art. 10, 18).

Rientra fra le controversie che l'art. 68, 1° comma, d.leg.

29/93, nel testo risultante dall'art. 29 d.leg. 80/98 e dall'art.

18, 1° comma, d.leg. 387/98, ha devoluto al giudice ordina

rio, in funzione di giudice del lavoro, quella in cui un diri

gente rivendichi il diritto ad essere confermato nell'incarico

che ricopriva alla data, successiva alla scadenza dell'inca

rico, del 30 giugno 1998 e, cioè, alla data stabilita dall'art.

45, 17° comma, d.leg. 80/98 per l'attribuzione al giudice or

dinario delle controversie inerenti ai rapporti di lavoro pub blico. (1)

Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla controversia

avente ad oggetto il diritto di un dirigente, in sede di prima

applicazione della I. 127/97, ad essere confermato nell'inca

rico — attribuito, invece, ad altro soggetto — di direttore

amministrativo di una università. (2)

(1-2) Per risolvere la questione di giurisdizione, la sentenza applica i

principi già affermati — con riguardo all'interpretazione degli art. 68, 1° comma, d.leg. 29/93 (nuovo testo) e 45, 17° comma, d.leg. 80/98 —

da Cass., sez. un., 20 novembre 1999, n. 808/SU, Foro it.. Rep. 1999, voce Impiegato dello Stato, n. 286, e 24 febbraio 2000, n. 41/SU, id.,

2000,1, 1483, con nota di Dalfino. Di rilievo, in motivazione, la distinzione fra procedimento di sele

zione per l'accesso alla qualifica (id est: allo status) di dirigente e con

creta attribuzione degli incarichi dirigenziali, nel senso che, da una

parte, i dirigenti «di carriera» possono anche non essere preposti alla

direzione di uffici di livello dirigenziale (generale o ordinario), restan do «a disposizione» dell'amministrazione per altri compiti, mentre, dall'altra, incarichi dirigenziali possono essere attribuiti anche ad

estranei all'amministrazione (alle condizioni e nei limiti di cui all'art.

19, 6° comma, d.leg. 29/93, nuovo testo) con contratto a tempo deter

minato, senza previo esperimento di una procedura concorsuale. Si può dire, perciò, che, nel lavoro pubblico, l'«essere dirigente» (in quanto vincitore di un concorso per l'accesso alla qualifica) non necessaria mente coincide — diversamente da quanto accade nell'impiego privato — con il «fare il dirigente» (nel senso di svolgere la propria attività

sulla base di uno specifico incarico di funzioni da parte di un'ammini

strazione): cfr. Battini, Il rapporto di lavoro con le pubbliche ammini

strazioni, Padova, 2000, 664 ss. Circa l'ammissibilità e i limiti del sindacato del giudice ordinario in

ordine al conferimento e alla revoca degli incarichi dirigenziali, v.

D'Alessio, Gli incarichi di funzioni dirigenziali (art. 19). in Carinci

D'Antona (diretto da), Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche am

ministrazioni. Commentario, Milano, 2000, 773 ss.; Apicella, Incarichi

dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche e tutela giurisdizionale, in

Trib. amm. reg.. 2000, II, 407 ss.: G. Nicosia, 1 nuovi meccanismi di

responsabilizzazione della dirigenza pubblica: gli incarichi di funzione

dirigenziale, in Foro it., 2001, I, 720; Zucaro, Il diritto soggettivo del

dirigente ali 'incarico, di prossima pubblicazione in Giornale dir. amm.

Da segnalare che Tar Lazio, ord. 19 luglio 2000, n. 6060 (al mo

mento. per quanto risulta, inedita), ha sollevato questione di legittimità

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