Sezione I civile; sentenza 28 gennaio 1963, n. 138; Pres. Celentano P., Est. Bianchi d'Espinosa, P.M. Toro (concl. conf.); Motosi (Avv. Piccardi), Bernardini R. (Avv. Albenzio, Nostini, Piattoli),Bernardini G. (Avv. Albenzio, Patroni Griffi), Montanari (Avv. Furno, Moschella) c. Ministeridel tesoro e delle finanze (Avv. dello Stato Soprano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 2 (1963), pp. 239/240-243/244Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153064 .
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239 PARTE PRIMA 240
(secondo le norme di cui all'art. 6 della legge sull'imposta
entrate) ove il pagamento dell'i.g.e. sia invece anticipato, come aecade di regola, dal creditore ed effettuato in base a fattura del venditore (come avrebbe dovuto accadere
nella specie), ai sensi dell'art. 8, lett. a, della legge medesima.
In entrambe le ipotesi, infatti, il fatto generatore del
l'imposta (entrata in danaro quale corrispettivo della ces sione di beni, o di servigi ricevuti, o da ricevere) si e ormai
verificato ed il diritto alia percezione dell'imposta h pereiõ
perfetto in favore dello Stato, con la conseguenza che
nessuna restituzione dell'imposta õ dovuta per le successive
vicende del negozio, nel quale la clausola di pagamento immediato del prezzo, o dell'anticipo sul prezzo, sia conte
nuta, o per la sopravvenuta inefficacia del negozio stesso,
originalmente valido, e poi divenuto sia pure retroatti
vamente inefficace per il mancato verificarsi della condi
zione sospensiva al quale il negozio stesso era stato sotto
posto nel suo complesso, tanto piu che, come si õ detto il
fatto generatore del diritto alia percezione dell'i.g.e. e
l'entrata in danaro e non l'atto sottostante, mentre per
l'imposta di registro il fatto generatore e l'atto e non il
trasferimento di ricchezza da questo prodotto. Pertanto, il richiamo fatto dai G-iudici di merito alia disposizione dell'art. 17 della legge sul registro e del tutto erroneo ed
inoperante, comunque, nella specie in cui si trattava del
l'imposta entrata pagata su un anticipo di prezzo versato
per effetto della apposita clausola, che tale immediato
versamento espressamente aveva previsto. Non puõ, infine, neppure parlarsi di un diritto alia
restituzione dell'imposta pagata per i.g.e. in base all'art.
47 della legge relativa, perche questa disposizione si rife
risce solo all'imposta erroneamente versata e pereiõ ad una
fattispecie di cui si sono giä superiormente rilevate le dif
ferenze rispetto a quella in esame in cui non si sostiene
neppure che l'acquirente abbia pagato 1 imposta per errore.
Deve, tuttavia, soggiungersi che, se quanto si e premesso e sicuramente esatto per quanto attiene alia restituzione
delle somme versate dal Bonelli per i.g.e. sull'anticipo di
prezzo effettivamente pagato al venditore o da questo ultimo ricevuto ed incassato, non cosi accade, invece,
per l'i.g.e. sulle somme offerte sia pure realmente dal
Bonelli, ma rifiutate dal venditore quale saldo del prezzo dovuto. Qui, infatti, secondo gli accertamenti del Giudice
di merito, non si 6 mai verificata alcuna entrata in favore
del venditore, in quanto le somme mai vennero da lui
percepite, ma solo offerte da,l compratore e rifiutate, con
la successiva dichiarazione del Tribunale che le somme
stesse non dovevano essere accettate, attesa la soprav venuta inefficacia del coutratto quale effetto della eondi
zione sospensiva non verificata.
£ noto a questo proposito che l'imposta sull'entrata
non e dovuta, infatti, allorquando nessuna effettiva en
trata vi sia stata e ciõ si verifica, tra l'altro, appunto, allorquando il venditore si sia, come nella specie, rifiutato
di ricevere il prezzo offertogli dal compratore, sostenendo
la inefficacia della vendita (cfr. per riferimenti sul punto Cass. 7 aprile 1956, n. 1022, Foro it., Kep. 1956, voce Tassa
sull'entrata, n. 141). Puõ dirsi pereiõ che l'importo i.g.e. sull'anzidetto saldo
di prezzo offerto dal Bonelli. ma rifiutato dal venditore, non e dovuto. 11 mezzo in esame deve pertanto essere
accolto limitatamente alle doglianze relative alia condanna
a torto pronunciata dal Giudice di merito per l'iiitera
somma a titolo di i.g.e. sul prezzo. anziclie solo sul saldo
di prezzo mai ritirato dal venditore, senza distinguere cosi
tra la parte di prezzo effettivamente riscossa dal vendi
tore (per la quale nessun rimborso puõ essere dovuto) e
quella invece mai riscossa dal venditore e sulla quale il
rimborso poteva essere disposto in base agli importi che
potranno risultare effettivamente versati dal Bonelli a
titolo di i.g.e. Tale effettivo importo dovrä, pertanto, essere previa
mente accertato dal giudice di rinvio, con la conseguenza che rimane assorbito il terzo mezzo del ricorso, essendo
alio stato prematura ogni decisione sulla data di decor
renza degli interessi se prima non venga concretamente
acclarata, alla stregua dei criteri giuridici sopra fissati, la esistenza di uu debito per rimborso a carico dell'Ammi
nistrazione finanziaria.
La sentenza denunziata deve essere cassata in rela
zione alia censura accolta ed a qualla dichiarata assorbita
e la causa deve essere rinviata ad altra corte d'appello, clie, nel deciderla, si atterrä ai principi di diritto sopra enunciati, provvedendo altresi sulle spese del giudizio di
cassazione.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 28 gennaio 1963, 11. 138 ; Pres.
Celentano P., Est. Bianchi d'Espinosa, P. M. Toko
(eonel. conf.); Motosi (Aw. Piccardi), Bernardini k.
(Ayy. Albenzio, Nostini, Piattoli), Bernardini G.
(Aw. Albenzio, Patroni Griffi), Montanari (Aw.
Furno, Moschella) c. Ministeri del tesoro e delle
finanze (Aw. dello Stato Soprano).
(Gassa App. Firenze 19 dicembre 1959)
Cainhi» <11 divisa estera — Iiifraziuni valutarie —
Pena pecuniaria — Coneiliazioiie eoncessa ad uno
dei coobblifjati — Eifieacia per gli altri (R. d. 1.
5 dicembre 1938 n. 1928, norme per la repressione delle violazioni delle leggi tributarie, art. 2, 3, 4, 8 ;
legge 7 gennaio 1929 n. 4, norme generali per la repres sione delle violazioni delle leggi finanziarie, art. 3, 11).
L'ammissione di uno degli autori dell'unica violazione di
norme valutarie ai pagamento di sonima a titolo di
conciliazione, estingue Vobbligazione di pagamento della
pena pecuniaria anche per gli altri trasgressori. (1)
La Corte, ecc. — La questione, clie i ricorrenti Motosi, Montanari e Bernardini Renzo prospettano con l'limco
motivo dei loro ricorsi, ed il Bernardini Giorgio con il
primo motivo del suo ricorso, consiste nello stabilire se, allorclie (in presenza di un'unica violazione di noime
valutarie addebitabile a piu persone) il Ministro del tesoro, esercitando i poteri a lui attribuiti dall'art. 8 r. decreto
legge 5 dicembre 1938 n. 1928, abbia ammesso alia cosid
detta «oblazione» taluno soltanto dei trasgressori, possa
poi infliggere agli altri trasgressori la pena pecuniaria di
cui all'art. 2 dello stesso decreto. A1 quesito la Corte di
merito ha dato risposta affermativa ; ma la decisione noil
6 rispondente alia esatta interpretazione delle norme legis lative in materia, onde la sentenza impugnata deve essere
annullata. Si deve, infatti, partire dal presupposto, di assoluta
evidenza, e non posto in dubbio neanche dalla sentenza
(1) Tra il Tribunale (2 luglio 1957, Est. Capaccioli, Foro it.,
1958, I, 818, con nota di richiami) e la Corte d'appello di Firenze
(19 dicembre 1959, Pres. Comucci, Est. Poktanova, id., 1960,
I, 1811, con nota di richiami), la Cassazione prende partito a
favore del primo e di App. Genova 18 gennaio 1960 (ioid.), a
sua volta riformata, ma per difetto di motivazione, da Cass. 6
marzo 1962, n. 434. Foro pad., 1962, I, 606.
Cass. 4 luglio 1962, n. 1703, richiamata nel corso della moti
vazione e che ha ritenuto il carattere civile della pena pecuniaria inflitta per le violazioni delle norme tributarie che non costi
tuiscono reato, leggesi infra, 417.
* * *
In, altra rivista giudiziaria (1963, I, 21) la motivazione
della presente senten,za e attribuita alia sentenza 13 ottobre
1962, n. 2994, che riportiamo infra, 287.
In realta, i punti comuni fra le due sentence si esauriscono
nella identity di alcune parti, mentre radicalmente diverse sono
le questioni esaminate, che, per giunta , avevano deciso due diverse
corti d'appello.
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241 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 242
della Corte fiorentina, che, di fronte ad un'unica trasgres sione, puõ essere inflitta una sola pena pecuniaria, quale ohe sia il numero dei trasgressori; e non una pena pecu niaria a ciasouno di essi. Tale prinoipio emerge chiara
mente da tutto il sistema adottato in proposito dalla legge 7 gennaio 1929 n. 4, sulla repressione delle violazioni delle
leggi finanziarie, legge che costituisce il testo fondamentale
in materia, ed alia quale il decreto legge n. 1928 del 1938
e coordinato (l'art. 3 di detto decreto richiama esplicita mente alcune delle norme fondamentali della legge n. 4); e dalle stesse norme del decreto da ultimo ricordato. Soste
nere (come fanno le Amministrazioni resistenti) il prin
cipio opposto, che cioe la pena pecuniaria non deve essere
necessariamente unica nel caso che l'infrazione sia impu tabile a piu persone, significa non soltanto trascurare il
rilievo che l'obbligazione di pagare la «pena pecuniaria »
ha carattere civile (art. 3, 2° comma, legge n. 4, richia
mato dall'art. 3 r. decreto legge n. 1928), e ad essa non
possono essere quindi applicati criteri e norme proprie del
diritto penale ; ma, soprattutto, la chiarissima disposizione che stabilisce la solidarietä fra piu. trasgressori al paga mento della pena pecuniaria e della sopratassa nel caso
di una trasgressione imputabile a piu persone (art. 11
legge del 1929, anch'esso richiamato dal decreto legge del
1938). Anche l'art. 4 di quest'ultimo testo legislativo
prospetta alcune ipotesi di obbligazione solidale per il
pagamento di un'unica pena pecuniaria per una trasgres sione imputabile a piu persone ; e, del resto, il principio dell'unicita della pena deriva direttamente dalla circostanza
che (art. 2 del decreto legge) la misura della pena e stabilita
in riferimento al valore delle divise, dei titoli e delle merci
che costituiscono l'oggetto della violazione, cioe con un
criterio obiettivo, in relazione alPentitä complessiva della
trasgressione. Di fronte a tali considerazioni perde eviden
temente ogni importanza l'argomento che in contrario le
Amministrazioni resistenti vorrebbero trarre dalla dizione
letterale dello stesso art. 2, che parla di « pene pecuniarie », al plurale, anziche al singolare.
Pissato cosl il principio che, per una sola trasgressione
imputabile a piii persone, puõ essere inflitta una sola pena
pecuniaria, al pagamento della quale sono obbligati in
solido tutti i responsabili della violazione, non potrebbe certo convenirsi con la tesi su cui la Corte di merito ha
fondato la sua decisione : che cioe il principio della solida
rietä non e applicabile se non dal momento in cui la pena viene inflitta in concreto (da tale tesi la Corte ha dedotto
la conseguenza che la cosiddetta «oblazione», essendo
sostitutiva della pena ed anteriore ad essa, rimane esclusa
dall'applicazione dei principi che regolano le obbligazioni
solidali). Come, infatti, questa Corte suprema ha ritenuto di
recente (sentenza 4 luglio 1962, n. 1703), l'obbligazione di pagare 1a, « pena pecuniaria » sorge al momento in cui
I'illecito e commesso, e non al momento in cui la pena stessa viene stabilita in concreto, ed irrogata ; onde, se
la trasgressione b imputabile a piu persone, dal momento
della trasgressione b giä operante il vincolo della solida
rietä ; non diversamente da come, nel campo del diritto
comune, l'obbligazione in solido fra piü autori di un illecito
sorge al momento in cui I'illecito b commesso (art. 2043
e 2055 cod. civ.), anche se la concreta liquidazione del danno
risarcibile avviene in un momento successivo. Dall'art. 3
della legge del 1929 risulta, infatti, testualmente, che
l'obbligazione al pagamento di una somma a titolo di pena
pecuniaria sorge dalla violazione delle norme finanziarie ; e l'esattezza della tesi b confermata dal rilievo che l'art. 17
della stessa legge (anche esso espreseamente richiamato
dall'art. 3 del decreto del 1938) stabilisce che la prescri zione del diritto dello Stato alia riscossione della pena
pecuniaria ha inizio dal giorno della commessa violazione.
Dalle suesposte premesse discende agevolmente la solu
zione della questione sottoposta all'esame di questa Corte.
Sia la legge del 1929, sia quella del 1938, regolano, in veritä
in modo assai sommario, l'istituto della cosiddetta. «obla
zione », e con riferimento esclusivamente al caso tipico,
che cioe si tratti di violazione imputabile ad una sola per
sona ; ma õ facile il dedurre olie il pagamento della somma a titolo di « oblazione » da parte di uno degli obbligati in
solido liberi i condebitori (oosi come avviene per l'adempi mento in genere di una obbligazione solidale, art. 1292
cod. civ.), nell'ipotesi di trasgressione imputabile a piü
soggetti. Applicare, infatti, all'istituto dflla cosiddetta,
« oblazione » (che del resto non b in tal modo definita dai
testi legislativi) i principi che regolano l'oblazione in
materia penale (ed in particolare la norma secondo la
quale il reato e estinto soltanto nei riguardi del soggetto che ha esfguito l'oblazione, art. 162 e 182 cod. pen.), non
e possibile perche, avendo l'obbligazione di pagare la pena
pecuniaria carattere civile, ad essa non sono assoluta
mente applicabili (come costantemente ha stabilito questa
Corte, da ultimo con la gia ricordata sentenza n. 1703
del 1962) regole e principi propri del diritto penale. In particolare, poi, b da ricordare che la cosiddetta
«oblazione» per le violazioni delle leggi finarziarie non
costituenti reato b regolata dalla legge del 1929, art. 15, e che questa stessa legge, nei due articoli precedenti, regola, ed in modo diverso, l'oblazione vera e propria (quale causa
estintiva del reato) per quelle violazioni che costituiscono
contravvenzione.
L'istituto e stato accolto, sia pure coil alcune diversitä
(essendo diversa la misura della somma da pagare, ed
essendo l'ammissione all'« oblazione » affidata alla potcsta discrezionale del Ministro, mentre per l'art. 15 della legge del 1929 essa costituisce una facoltä per il trasgressore), dal r. decreto legge 5 dicembre 1938 n. 1928, art. 8. Sia
la legge speciale, ga la legge generale, dispongono che il
pagamento della somma stabilita a titolo di oblazione
«estingue tutti gli effetti derivanti dalla violazione » (art. 8
r. decreto legge n. 1928), o «estingue l'oblazione relativa
alia pena pecuniaria nascente dalla violazione» (art. 15
legge n. 4); disposizioni dalle quali risulta chiaramente
che, essendo unica l'obbligazione a pagare la pena pecu niaria anche nei caso di trasgressione imputabile a piü
persone, detta obbligazione si estingue anche nei confronti
degli obbligati in solido con colui che ha eseguito il paga mento.
Tale conclusione riceve conferma dai principi che rego lano le obbligazioni solidali. II pagamento della semma a
titolo di conciliazione, infatti, esplicitamente definito come
un modo di estinzione della obbligazione che nasce dalla
trasgressione, presenta qualche analogia con l'adempimento a mezzo di una prestazione diversa da quella dovuta
(art. 1197 cod. civ.), e puõ ritenersi perciõ un modo di
estinzione, dell'obbligazione di carattere satisfattorio, con
la evidente conseguenza che l'adempimento libera i con
debitori solidali. La legge, in definitiva, prevede che lo
Stato (creditore) possa (attraverso la determinazione del
Ministro del tesoro) accettare in pagamento una prestazione inferiore a quella dovuta, purche ricorrano alcune circo
stanze oggettive e soggettive, valutabili discrezionalmente
dal Ministro competente (art. 8 decreto n. 1928). Giungere alia soluzione opposta (e cioe a quella accolta dalla sen
tenza impugnata), significherebbe prevedere, nei caso di
piü responsabili di una medesima trasgressione, la possi bility di pagare, in concreto, somme superiori alia massima
pena complessiva quale prevista dall'art. 2 ; perchfe, am
metter: do alcuni dei trasgressori alia conciliazione, ed in
fliggendo agli altri, in solido, il massimo stabilito dalla
norma ora eitata, in pratica tale massimo sarebbe larga mente superato. Conclusione che appare in contrasto con
il sistema adottato dalla legge, che, ccme si 6 detto, com
misura l'entita della pena pecuniaria (unica) al valore delle
divise che costituiscono l'oggetto della violazione, e non
al numero degli autori della trasgressione. Alia tesi cosi accolta la diligente difesa delle Ammini
strazioni resistenti oppone che, poiche l'art. 8 subordina
l'ammissione alia conciliazione «ai precedenti del trasgres sore », l'ammissione medesima deve essere decisa con rife
rimento alla personalita di ogni singolo trasgressore ; onde
il beneficio concesso a un trasgressore di buoni precedenti non puõ giovare ai corresponsabili che non abbiano pre cedenti analoghi. Quella norma, perõ, puõ tutfalpiü consi
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243 PARTE PRIMA 244
gliare il Ministro a non concedere il beneficio in questione, nel caso di trasgressione imputabile a piii persone, se non
quando tutti gli obbligati ne faooiano domanda, onde ac
certare nel suo complesso le oircostanze del fatto e la perso nalita di tutti i trasgressori, e valutare cosi meglio l'oppor tunitä di concedere o meno il beneficio medesimo ; cosi
come dev'essere fatto allorche, in genere, si determina in
concreto la misura della pena pecuniaria, la quale anch'essa
va fissata « con riferimento alla personalita di clii l'ha com
messa » (art. 4, 2° e 3° comma, della legge n. 4, richiamato
dall'art. 3 del decreto del 1928). Ma se il Ministro, come nel
caso concreto, abbia ritenuto opportuno (nell'esercizio delle
facoltä discrezionali ad esso attribuite) consentire la con
ciliazione anche sulla domanda di alcuni soltanto dei tras
gressori (nella specie, la Cassa di risparmio, nell'interesse
del suo presidente e del suo vice presidente), per le ragioni innanzi esposte, il pagamento della somma a titolo di obla
zione non puõ non estinguere l'obbligazione anche nei con
fronti degli altri obbligati solidali.
I ricorsi principali devono perciõ essere accolti; e, cassata la sentenza impugnata, la causa ya rimessa ad
altro giudice di appello clie, nella sua decisione, dovrä
attenersi al seguente principio di diritto :
« Allorclie, per le violazioni delle norme in materia valu
taria, il Ministro si sia yalso della facoltä di cui all'art. 8
del r. decreto legge 5 dicembre 1938 n. 1928, ammettendo
al pagamento di una somma a titolo di conciliazione taluno
soltanto dei responsabili di un'unica violazione, il paga mento della somma cosi stabilita estingue l'obbligazione al pagamento della pena pecuniaria anche nei confronti
degli altri trasgressori, ai quali, perciõ, la pena pecuniaria
prevista dall'art. 2 del r. decreto legge n. 1928 non puõ
piü essere inflitta ». (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezione III civile ; sentenza 26 gennaio 1963, n. 119 ; Pres.
Naso P., Est. Stile, P. M. Silocchi (concl. conf.); G-ulisano (Avv. Yiaggio, Diana) c. Pappalardo (Aw, Loeusso Caputi).
(Gassa A pp. Oatania 5 luglio 1961)
Contratti agrari — Simulazione del contratto — Ae
eertamento — Competenza del giudice ordinaria
mente costituito (Legge 4 agosto 1948 n. 1094, pro
roga dei contratti agrari, art. 7 ; legge 28 marzo 1957 n. 244, proroga dei contratti agrari, art. 1).
Rientra nella competenza del giudice ordinariamente costi tuito e noil della sezione specializzata per la proroga legale la questione relativa alia simulazione del contratto di
affitto di jondo rustico se non b contestato il diritto alia
proroga. (1)
II
Sezione III civile ; sentenza 19 germaio 1963, n. 60 ; Pres.
Mastrapasqua P., Est. Cortesani G., P. M. Caldarera
(concl. conf.); Oamposano (Aw. Lucrezi.) c. Donadoui
(Aw. Soddu).
(Conferma Trib. Napoli 3 giugno 1960)
Contratti agrari — Perequazione del canoiie — Au mento della pressione tributaria — Rilevanza —
Limiti.
Tra i fatti nuovi, eccedenti la normale alea, che giustificano la pereqiiazione del canone dei fondi rustici, rientra la
pressione tributaria, sol se sia determinata da un nuovo
tributo ovvero dalVaumento di aliqwota d'imposta giä esi
stente. (2)
I
La Corte, ecc. — Con il primo mezzo del ricorso, An
tonino Gulisano denuncia violazione delle norme sulla com
petenza (art. 360, n. 2, cod. proc. civ.) e deduce che, non
vertendosi sull'assoggettabilita del contratto di mezza
dria alia proroga dei contratti agrari, ne essendo venuta
in discussione la qualificazione giuridica del contratto
medesimo come contratto agrario assoggettabile o meno a
proroga legale, ma, investendo la questione unicamente la
pretesa simulazione del contratto, come un qualsiasi con
tratto, e non come un contratto agrario soggetto a proroga, non poteva in alcun modo profilarsi, ma doveva escludersi, la competenza per materia della sezione specializzata agraria.
La censura e fondata. Come gia esposto in narrativa,
Giuseppe Pappalardo, con il ricorso 18 'maggio 1960 alia
Sezione specializzata agraria, deduce ehe aggiudicatario
(1-2) Alia motivazione della sentenza 11. 119 viene data ospi talita non perche riserbi qualche interesse per gli operatori pratici, uniformandosi essa al costante orientamento giurispru denzlale, riassunto nella massima (v., da ultimo, sent. 19 giugno 1962, n. 1549, Foro it., Mass., 466 ; 11 maggio 1960, n. 1086, id., Rep. 1960, voce Contratti agrari, n. 266 ; 7 novembre 1958, n. 3647, id., Rep. 1958, voce cit., n. 319), ma perche costituisce la riprova forse superflua della scarsa attenzione dedicata da non pochi magistrati del Supremo collcgio alle edizioni speciali della Gazzetta ufficiale, neile quali sono pubblicati i dispositivi delle sentenze della Corte costituzionale e i testi delle ordinanze di rimessione alia Oorte.
II caso, che qui si denuncia, 6 assai grave. Preceduto da ampi riassunti della motivazione apparsi persino
nei quotidiani, il dispositivo della sentenza 20 dicembre 1962, n. 108 (retro, 11, con mie osservazioni), con la quale la Oorte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionaliti della istituzione delle sezioni agrarie specializzate, e stato pubblicato nella Gaz zetta ufficiale, n. 327 del 22 dicembre 1962 (edizione speciale).
Trentaquattro giorni dopo il 23 dicembre 1962 (data, dalla
quale le norme incostituzionali sulla istituzione delle sezioni
agrarie specializzate non sono piü applicabili) la Cassazione ha
giudicato dei rapporti di competenza tra giudice ordinariamente costituito e sezione specializzata agraria, come se questa facesse ancora parte dell'ordinamento giudiziario.
Si obiettera: avendo la Cassazione ritenuto l'incompetenza della buonanima, la necessity di riprendere daccapo il giudizio eventualmente introdotto non viene meno, ma e sin troppo evi dente che il rispetto della Costituzione e della sentenza della Corte
costituzionale, che ne e la garante, non soffrono patteggiamenti. Poiche la sentenza diviene immutabile per il giudice che 1'ha
pronunciata con il deposito, attestato dal cancelliere, incombeva al Presidente di udienza l'obbligo di riconvocare il Collegio per ch6 questo ponesse motivazione e dispositivo della sentenza al l'unisono con la pronuncia d'incostituzionalita.
Ancor piü preoccupante e la vicenda della sentenza n. 60, nella quale la non aurea direttiva del quieta non movere non
giustifica la conservazione del dispositivo di rigetto, cui, se la sentenza della Corte costituzionale fosse stata tenuta presente, doveva, a stare all'msegnamento del Supremo collegio ispi rato ad inquadrare nello schema della competenza per materia anche i rapporti tra sezione specializzata e sezione ordinaria mente costituita dello stesso tribunale, sostituirsi il dispositivo di annullamento con la dichiarazione di competenza del tribu nale ordinariamente costituito.
Anche qui, non si mancherä, dai banditori del fatto com
piuto, di invocare il principio proclamato dalle Sezioni unite
penali con la sentenza 27 ottobre 1962 (in questo volume, II, 1, con mie osservazioni), ma, a parte la fallacia di quel principio, 6 agevole replicare che esso non vale sempre per le Se zioni civili della Cassazione (sent. 7 luglio 1962, 1349, retro, 111 ; 9 gennaio 1963, n. 23, infra, 402).
Se i sacerdoti di Temi non credono alia Costituzione, non si puõ pretendere che le tributino sostanziale rispetto i laici : con quale animo i Procuratori della Repubblica promuovono azioni penali contro operai rei di violate norme sullo sciopero, di cui la Corte costituzionale ha affermato la legittimitä costitu
zionale, quando al vertice dell'Ordine giudiziario si verificano vi cende del ti o di quelle, che duole denunciare sulle colonne di questo antico periodico ?
V. A. V. A.
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