+ All Categories
Home > Documents > Sezione I civile; sentenza 28 giugno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Benanti...

Sezione I civile; sentenza 28 giugno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Benanti...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: dangquynh
View: 249 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
Sezione I civile; sentenza 28 giugno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Benanti (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Vittoria) c. Tirelli e altri. Cassa Comm. trib. centrale 20 giugno 1980, n. 2203 Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 12 (DICEMBRE 1984), pp. 2989/2990-2991/2992 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178344 . Accessed: 28/06/2014 19:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 19:10:02 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: Sezione I civile; sentenza 28 giugno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Benanti (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Vittoria) c. Tirelli e altri. Cassa Comm.

Sezione I civile; sentenza 28 giugno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Benanti(concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Vittoria) c. Tirelli e altri. Cassa Comm. trib.centrale 20 giugno 1980, n. 2203Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 12 (DICEMBRE 1984), pp. 2989/2990-2991/2992Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178344 .

Accessed: 28/06/2014 19:10

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 19:10:02 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sezione I civile; sentenza 28 giugno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Benanti (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Vittoria) c. Tirelli e altri. Cassa Comm.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 28 giu

gno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Be

nanti (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Vittoria) e. Tirelli e altri. Cassa Comm. trib. centrale 20 giugno 1980, n. 2203.

Successioni e donazioni (imposte sulle) — Presunzione di esisten

za di denaro, gioielli e mobilia — Prova contraria — Verbale

di inventario — Formalità (R.d. 30 dicembre 1923 n. 3270,

legge tributaria sulle successioni, art. 31, 56).

Il processo verbale di inventario redatto presso lo studio del

notaio rogante senza che risulti compiuta la ricognizione nel

l'abitazione del de cuius non è idoneo a vincere la presunzione di esistenza, nell'asse ereditario e nella misura predeterminata dall'art. 31, 1" comma, r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, di

denaro, gioielli e mobilia; lo stesso inventario vale, invece, ad

evitare agli eredi la decorrenza del termine per la presentazione della denuncia di successione. (1)

Svolgimento del processo. — Nicola Tirelli, deceduto il 4 mar

zo 1967, aveva incluso nel proprio testamento la seguente disposi zione: « Lascio a tutti d miei fratelli e cioè Francesco, Silvio, Do

menico, Mario e Gioacchino la mia quota del fondo Santianni in

tenimento di Facchio, prov. di Benevento, nonché il quartino in

Salvator Rosa n. 81, Napoli, facendo obbligo a quattro fratelli di

donare a Silvio la loro quota di fabbricato in Villaricca a via Gau

dosi 2, a loro pervenuta da zia Rosa Tirelli. Il fratello che non

adempie a tale obbligazione non dovrà beneficiare dei lasciti che

andranno a favore di mio fratello Silvio». In esecuzione della se

conda parte 'di tale disposizione, all'erede Silvio Tirelli venne tra

sferito dagli altri coeredi la loro quota del fabbricato in Villaricca, via Gaudosi 2, con atto pubblico in data 24 ottobre 1967.

Gli eredi presentarono la denunzia di successione beneficiata e

pagarono le imposte liquidate: in particolare l'ufficio detrasse dal

valore delle quote ereditarie spettanti ai fratelli — Francesco,

Domenico, Mario e Gioacchino — quello delle quote sul fabbrica

to in Villaricca che essi trasferirono a Silvio ed aumentò di tale

valore cosi detratta la quota ereditaria di Silvio, ritenendo che la

predetta disposizione testamentaria prevedesse un legato di cosa

dell'erede.

In sede ispettiva venne rilevata l'inidoneità dell'inventario a

superare la presunzione dell'art. 31 1. tributaria sulle successioni

del 1923 in quanto nel relativo processo verbale, redatto dal

notaio rogante nel suo studio, non si dà atto di alcun accesso da

parte del medesimo alla casa di abitazione del de cuius. Pertanto

venne dedotta la tardività della denunzia di successione con la

conseguente applicabilità delle sopratasse e degli interessi, oltre che

dell'aumento dell'imponibile tassabile ai sensi del citato art. 31.

Venne, inoltre, rilevata dall'ispettore la tassabilità dell'obbligo

posto nel testamento a carico dei quattro coeredi di donare

l'immobile di loro proprietà all'altro coerede, Silvio.

Contro l'atto impositorio i coeredi ricorsero alla commissione

dell'imposta di primo grado che accolse le loro domande; la

decisione veniva confermata prima dalla commissione di secondo

grado e poi da quella centrale, entrambe adite dall'ufficio.

In particolare la Commissione centrale, quanto alla questione della validità dell'inventario, ha osservato che questo risulta

(1) La questione dovrebbe essere, per cosi dire, « in via d'estinzio ne » dal momento che l'art. 8 della vigente disciplina dell'imposta sulle successioni considera compresi nell'attivo ereditario determinati valori

per un importo percentuale fìsso « anche se dichiarati o indicati in inventario per un importo minore ».

Nello stesso senso della decisione riportata v. Cass. 29 maggio 1978, n. 2689, Foro it., Rep. 1978, voce Successioni (imposta), n. 17, che richiede quale requisito necessario e sufficiente la tempestiva redazione di un inventario formalmente e sostanzialmente completo.

Cfr., altresì, Cass. 10 aprile 1979, n. 2048, id., Rep. 1980, voce cit., n. 35, che ravvisava incompletezza e tardività in un inventario riaperto a distanza di molto tempo con la compilazione di un'appendice; Cass. 22 novembre 1980, n. 6209, ibid., n. 32; 10 dicembre 1979, n. 6381, ibid., n. 33; 27 aprile 1979, n. 2443, id., Rep. 1979, voce cit., n. 18. Sull'inefficacia tributaria dell'inventario compiuto tardivamente (sebbene nei termini prorogati dal pretore), v. Cass. 19 novembre 1973, n. 3084, id., 1974, I, 1748, con note di richiami di giurisprudenza e dottrina.

In dottrina, sui limiti della prova contraria alla presunzione prevista dall'art. 31 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, v. M.V. Cernigliaro Dini, La prova contraria alla presunzione di denaro, gioielli e mobilia

nell'imposta di successione, in Dir. e pratica trib., 1976, II, 255; G. Gallo Orsi, La presunzione di esistenza di denaro, gioielli e mobilia

nell'imposta di successione, in Vita not., 1975, 218. Sui dubbi di legittimità costituzionale sollevati dall'art. 8, 2° comma,

d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, ove stabilisce una presunzione assoluta di esistenza di gioielli, denaro e mobilia, v. Comm. trib. II grado Modena 27 novembre 1981, Foro it., 1982, III, 459.

confezionato con puntuale rispetto delle prescrizioni indicate

dall'art. 75 c.p.c. ed è stato, di fatto, censurato solo perché secondo l'ufficio sarebbe stato redatto senza il necessario accesso

ai fini della ricognizione preventiva. Ma, ha aggiunto la commis

sione, occorre considerare che il notaio rogante ha rilasciato una

formale attestazione dalla quale risulta che egli, con l'assistente

estimatore (falegname) e alla presenza di due degli eredi interes

sati si era recato nell'unica stanza occupata dal defunto nella casa

di uno dei fratelli per individuare e far apprezzare le poche masserizie di sua proprietà. Tale attestato è venuto cosi a far

« parte degli atti connessi alla confezione dell'inventario e rende

questo efficace a tutti gli effetti e quindi principalmente idoneo a

vincere la presunzione di cui al suindicato art. 31 ». Comunque, ha precisato la Commissione centrale, « l'inventario rimane pur

sempre efficace a prolungare i termini per gli adempimenti fiscali

all'unica condizione che l'accettazione beneficiata ex art. 484 c.c.

sia intervenuto nei quattro mesi dalla morte del de cuius: il che

è puntualmente avvenuto nel caso concreto ».

Quanto alla seconda questione la Commissione centrale ha

escluso che l'obbligo posto dal testatore a carico dei quattro coeredi e a favore del quinto coerede, integri un onere modale o

un legato di cosa altrui, « bensì soltanto un invito rivolto ad un

determinato comportamento da parte di alcuni fratelli beneficiati,

nel caso di 'loro accettazione del lascito ». « Seguendo il ragiona mento dell'ispettore, la quota trasferita verrebbe ad essere tassata

due volte nei confronti di Silvio ». Indi la commissione ha

affermato che la devoluzione dell'immobile di proprietà dei

quattro coeredi deve considerarsi effettuata a favore di Silvio sin

dall'origine secondo le indicazioni testamentarie onde l'imposta

va commisurata al valore della quota da ciascuno appresa nella

realtà concreta, cosi come, del resto, aveva operato l'ufficio in

un primo tempo. Ricorre per cassazione l'amministrazione finanze; i contribuenti

non si sono costituiti.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo l'amministrazio

ne delle finanze deduce la violazione e la falsa applicazione degli art. 31 e 56 legge successioni 30 dicembre 1923 n. 3270 nonché

dell'art. 773 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. L'ammini

strazione premette che « nel caso in esame, non soltanto è

pacifico che l'inventario è stato redatto interamente presso lo

studio del notaio rogante, ma è anche da notarsi che esso non

reca alcuna menzione che il necessario accesso presso l'abitazione

del defunto sia stato eseguito ». Indi essa sostiene che la decisione

impugnata sia caduta in un grave, palese errore di diritto circa le

caratteristiche e le formalità del verbale di inventario nel ritenere

che le manchevolezze di questo possano essere superate mediante

attestazioni successive e superate, rilasciate dal notaio, e non

facenti parte del suo contenuto, laddove solo un verbale di

inventario che abbia i requisiti della tempestività e della comple

tezza può essere sufficiente a vincere la presunzione dell'art. 31

della legge tributaria sulle successioni. Secondo l'amministrazione,

poi, l'impugnata decisione sarebbe erronea anche per aver affer

mato che l'inventario è in ogni caso valido ai fini del prolunga mento dei termini di presentazione della denunzia.

Il motivo va accolto nei limiti che saranno poi appresso

precisati.

L'abrogato r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270 (legge tributaria sulle

successioni), applicabile alla fattispecie in esame giacché la suc

cessione si apri nella sua vigenza, fissava all'art. 31, 1° comma —

cosi come l'art. 8, 2° comma, dell'attuale d.p.r. 26 ottobre 1972 n.

637 (disciplina delle imposte sulle successioni e donazioni) — una

presunzione di esistenza, nell'asse ereditario, di gioielli, denari e

mobilia in una percentuale predeterminata rispetto al valore

dell'asse ereditario medesimo. Mentre il vigente art. 8 stabilisce

che l'importo da esso presunto di tale tipo di beni rimane fermo,

anche se in inventario è dichiarato o indicato un importo minore,

l'abrogato art. 31 prevedeva, nei comma 2° e 3°, che la presun zione poteva essere vinta dalle risultanze di « inventari di tutela e

di eredità beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposi zione di suggelli, disposta dall'autorità giudiziaria immediatamente

dopo l'apertura della successione ». La norma precisava che in

tali casi si doveva aver riguardo esclusivamente ai detti documen

ti sin che da essi fosse risultato « un valore minore od anche

l'inesistenza assoluta di gioielli, denaro e mobilia » sia che fosse

risultato « un valore superiore » dei beni medesimi, rispetto alla

misura predeterminata. Il ricorso legislativo alla presunzione per i beni mobili in

parola si giustifica con il rilievo che la loro occultabilità al fisco,

a differenza degli immobili (e dei mobili registrati), non presenta

particolari difficoltà pratiche e giuridiche. Ma, se in un inventario

giudiziale erano accertate l'entità e la consistenza del patrimonio relitto del de cuius in gioielli, denaro e mobilia, tale accertamento

This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 19:10:02 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sezione I civile; sentenza 28 giugno 1984, n. 3837; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. Benanti (concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Vittoria) c. Tirelli e altri. Cassa Comm.

2991 PARTE PRIMA 2992

— in considerazione della veste di pubblico ufficiale documentan

te del suo autore e del procedimento della sua formazione e

documentazione, minutamente predisposto dalla legge (art. 769

c.p.c. e art. 192 disp. att. c.p.c.) in funzione dell'interesse alla

veridicità e alla completezza — veniva considerato dall'art. 31, 2°

e 3° comma (r.d. n. 3270/23), corrispondente alla realtà e, quindi,

prevalente sulla situazione da esso stesso presunta nel 1° comma.

Tale situazione, più che costituire applicazione della disciplina dell'efficacia probatoria dell'atto pubblico, si ispirava a criteri di

mera opportunità. L'inventario giudiziale si qualifica certamente

atto pubblico ai sensi dell'art. 2699 c.c., ma l'efficacia probatoria

privilegiata assiste, in base all'art. 2700, oltre che i suoi elementi

estrinseci (provenienza, luogo e tempo), il fatto della ricerca

svolta dal p.u. e quello del rinvenimento dei beni annotati, ma

non anche il giudizio sul loro valore e neppure, a maggior

ragione, l'inesistenza di altra mobilia, di altri gioielli e denari

oltre quelli rappresentati nell'inventario - documento. Queste

considerazioni non sono certamente estranee alla ratio del vigente art. 8, 2° comma, il quale dispone che « nell'attivo si considerano

compresi denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci

per cento del valore complessivo netto dell'asse ereditario, anche

se dichiarati o indicati in inventario per un importo minore ».

Nella specie è applicabile, come sopra si è precisato, l'art. 31, in base al quale gli accertamenti e le stime annotati nell'inventa

rio, pur se non rientranti nell'ambito dell'efficacia probatoria

privilegiata di cui all'art. 2700 c.c., assumevano il valore, iuris et

de iure, di verità e, come tali, erano, sul piano probatorio e al

fine limitato della determinazione della base imponibile per le

imposte di successione, vincolanti per l'amministrazione finanzia

ria, per il contribuente e per lo stesso giudice. Perché potesse aver luogo siffatta efficacia, era necessario che i predetti accerta

menti e stime avessero rappresentato le risultanze di una specifica attività ricognitiva e valutativa personalmente svolta dal p.u. nel

contraddittorio di tutti i soggetti interessati e da lui contestual

mente documentata nel relativo processo verbale con l'osservanza

delle forme richieste. Nel caso in esame, in base alle affermazioni

date per pacifiche nella decisione impugnata, dal processo verbale

risulta che esso è stato redatto nello studio del notaio rogante e

non risulta, invece, che questi si sia recato nell'abitazione del de

cuius per effettuare la ricognizione diretta dei beni ivi esistenti e

di eventuali documenti mediante i quali sarebbe stato possibile individuare, poi, gioielli, denaro e mobilia altrove custoditi. La

mancata annotazione e l'omessa descrizione del momento della

ricerca, ancorché questa in ipotesi sia stata effettuata, escludono

che l'inventario possa vincere la presunzione di esistenza, nell'asse

ereditario, e nella misura predeterminata dall'art. 31, 1° comma, di

gioielli, denaro e mobilia. Un processo verbale non integro non

può essere assunto come legalmente veritiero nella parte incom

pleta e prevalere sulla predetta presunzione, qualora, come nella

specie, l'incompletezza concerna proprio gli elementi afferenti alla

presunzione e quantunque tale incompletezza non sia ascrivibile a

colpa dell'erede (Cass. 29 maggio 1978, n. 2689, Foro it., Rep. 1978, voce Successioni (imposta), n. 17).

La decisione della Commissione centrale ha errato nel ritenere

che la lacuna del processo verbale potesse essere colmata con

l'attestazione, separata e successiva, rilasciata dal notaio rogante agli interessata (da questi prodotta davanti alla commissione

tributaria di secondo grado) e certificante che egli si era recato

nell'abitazione del de cuius, prima di procedere alla relazione del verbale di inventario. Siffatta attestazione non può integrare l'inventario-documento, al quale la legge attribuiva efficacia

probatoria privilegiata solo se esso avesse contenuto in sé tutte le indicazioni necessarie a dimostrare che le sue risultanze erano

veritiere o potevano esere assunte come veritiere {Cass., sent,

cit.). L'art. 31 estendeva siffatta efficacia privilegiata anche alle

valutazioni del p.u. perché queste risultassero dall'atto pubblico

collegate alla ricognizione diretta e personale del pubblico ufficia le stesso. Ora il documento contenente l'attestazione in esame non

ha vaiore di atto pubblico, perché posto in essere al di fuori di

ogni previsione legislativa, non contestualmente al fatto attestato e senza l'osservanza delle formalità richieste. L'attestazione integra una dichiarazione testimoniale (stragiudiziale) e il relativo docu mento una semplice scrittura privata, in quanto il suo autore, se

pure investito della funzione documentativa pubblica, ha effettua

to la dichiarazione e redatto il documento al di fuori dell'ambito di detta funzione.

Se l'inventario non è idoneo a vincere la presunzione legale di

esistenza, nell'asse ereditario, di gioielli, denaro e mobilia nella misura predeterminata, è, tuttavia, idonea, contrariamente alla tesi

dell'amministrazione, ad evitare la decadenza degli eredi dal

beneficio dello spostamento della decorrenza del termine per la

presentazione della denunzia di successione ai sensi dell'art. 562

r.d. n. 3270/23. L'inventario non è nullo, ma semplicemente

incompleto e la sua incompletezza si colma con l'applicazione diretta ed immediata della norma del 1° comma dell'art. 31; porta,

cioè, alla sola conseguenza di rendere operante la presunzione fissata da tale norma. La incompletezza non investe l'intero

inventario-documento, ma soltanto quella parte di esso concernen

te il patrimonio relitto del de cuius in gioielli, denaro e mobilia e

tale limitata incompletezza non può importare la nullità di tutto

l'inventario appunto perché nella stessa legge vi è connessa la

sola conseguenza della non superabilità della presunzione (vitia tur sed non vitiat). Pertanto va confermata la statuizione della

decisione impugnata circa la tempestività della denunzia di suc

cessione e della conseguente inapplicabilità della soprattassa.

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 12 giu

gno 1984, n. 3496; Pres. Novelli, Est. Morsillo, P. M. La

Valva (conci, conf.); Girasoli (Avv. Mitolo) c. Soc. «3 AR».

Cassa Trib. Bari 2 luglio 1981.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso non

abitativo — Disciplina transitoria — Contratti soggetti a proro

ga — Aumenti del canone — Fattispecie (L. 27 luglio 1978

n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 68).

Ai fini dell'applicazione dell'art. 68 l. n. 392/78 (che prevede

per le locazioni non abitate di cui al precedente art. 67 la

possibilità di aumentare il canone in misura differenziata in

relazione all'epoca di stipulazione del contratto), qualora nel

corso del rapporto sia intervenuto altro contratto che, fermi restando gli originari contraenti e la stessa res locata, abbia

apportato variazioni alla sola entità del canone, occorre fare

riferimento alla data del contratto iniziale, e non di quello successivo. (1)

Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo di gravame, articolato in diversi profili, la difesa della Girasoli censura

l'impugnata sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione

all'art. 342 stesso codice (art. 360, n. 3, c.p.c.), per omessa

motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, n.

5, c.p.c.), e per violazione e falsa applicazione dell'art. 68, n. 2, 1.

27 luglio 1978 n. 392 (art. 360, n. 3, c.p.c.). Sostiene la ricorrente che la locazione dei vani a piano terreno

(1) Il principio riassunto in massima, per la prima volta affermato dalla Cassazione, si fonda sulla considerazione che la scrittura contrat tuale con cui le parti si sono limitate a modificare la sola misura del canone locatizio costituisce non già novazione del contratto già in

corso, ma semplice modificazione accessoria della obbligazione. Nello stesso senso, sempre con riferimento all'art. 68 in questione, v.

Trib. Milano 30 settembre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Locazione, n. 179, e Pret. Benevento 18 maggio 1984, Arch, locazioni, 1984, 294, ove si precisa che la modificazione riguardante il canone pattuito è accessoria (ai sensi dell'art. 1230 c.c.) non già perché verte su un elemento accessorio del contratto, ma perché non è tale da alterare l'identità dell'obbligazione originaria avente per contenuto il pagamento di una somma di denaro.

Per una diversa interpretazione dell'art. 68, v. Trib. Firenze 20 novembre 1982 e Pret. Pavia 4 gennaio 1983, Foro it., 1983, I, 1740, con nota di richiami, secondo le quali tale disposizione discrimina i contratti non con riferimento alla data di stipulazione originaria, ma tenendo presente l'ultima variazione convenzionale del canone interve nuta.

Si noti che, in sede di interpretazione dell'art. 67 1. n. 392/78 (che disciplina la durata delle locazioni di immobili non abitativi in corso al 30 luglio 1978 e soggetto a proroga), Cass. 18 novembre 1983, n.

6883, id., 1984, I, 751, ha ritenuto che con l'espressione «contratti

stipulati » il legislatore ha inteso riferirsi unicamente ai contratti

originari che hanno dato vita al rapporto, e non a quelli successivi che ne costituiscono rinnovazione, novazione o sostituzione. Ora, con la sentenza n. 3496/84 la Cassazione, ricorrendo alla osservazione che nella specie l'accordo intervenuto tra le parti successivamente al contratto originario era una rinnovazione, e non una novazione di esso, e pur non diffondendosi sulla interpretazione della identica espressione « contratti stipulati » contenuta nell'art. 68, sembra invece avallare una

interpretazione meno rigida di tale locuzione, assimilandovi il fenomeno della novazione ex art. 1230 c.c.

Sulle modalità di calcolo degli aumenti percentuali annuali del canone locatizio consentiti dall'art. 68 1. n. 392/78, v., da ultimo, Cass. 28 febbraio 1984, n. 1434, e Trib. Oristano 21 febbraio 1984, id., 1984, I, 1584, con nota di richiami, la seconda delle quali si esprime anche sulla questione della sussistenza del diritto del locatore agli aumenti maturati anteriormente alla sua richiesta.

This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 19:10:02 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended