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Sezione I civile; sentenza 28 novembre 1960, n. 3159; Pres. Fragali P., Est. Azara, P. M. Caldarera...

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Sezione I civile; sentenza 28 novembre 1960, n. 3159; Pres. Fragali P., Est. Azara, P. M. Caldarera (concl. conf.); De Martino (Avv. Rivellese) c. Rinaldi (Avv. Costa, Rienzo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 2 (1961), pp. 237/238-239/240 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151894 . Accessed: 28/06/2014 07:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 07:45:41 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 28 novembre 1960, n. 3159; Pres. Fragali P., Est. Azara, P. M.Caldarera (concl. conf.); De Martino (Avv. Rivellese) c. Rinaldi (Avv. Costa, Rienzo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 2 (1961), pp. 237/238-239/240Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151894 .

Accessed: 28/06/2014 07:45

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237 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 238

La Corte, ecc. •—• Il Pretore si è dichiarato competente a conoscere della causa in quanto, da una parte, le varie

domande, esclusa quella di risarcimento, cumulate fra

loro non superavano il limite di valore assegnato alla com

petenza pretoria e, dall'altra, non doveva tenersi alcun

conto, ai fini della competenza, della domanda relativa al

risarcimento dei danni, giacché quest'ultima concerneva solo

la condanna generica, chiedendosi espressamente dall'at

trice che l'effettiva liquidazione di essi dovesse essere

rimessa ad un separato giudizio. La riassunta argomentazione non può approvarsi,

perchè si basa su di un erroneo principio di diritto. Ed

invero, la richiesta di condanna ai danni non può escludersi dal cumulo con le altre domande, ai fini della determina

zione della competenza per valore, solo perohè formulata

in senso generico, e cioè con limitazione all'accertamento

dell'ara debeatur, esclusa ogni pronunzia sul quantum. È

sufficiente osservare all'uopo che, seppure il giudice non è

chiamato, in tale ipotesi, a determinare in concreto l'entità

del danno, deve egualmente portare il suo esame sulla

materia dei danni, e precisamente sulla possibilità e proba bilità della configurazione e della esistenza in concreto dei

danni medesimi. Il che postula, necessariamente, una

valutazione della pretesa ai fini della competenza, dovendo

ogni azione, secondo i principi del sistema processuale

vigente, essere devoluta al giudice rispettivamente com

petente. Orbene, posto, come si è detto, che nel cumulo delle

domande doveva comprendersi anche quella tendente al

risarcimento del danno, non può revocarsi in dubbio che il

valore della causa venisse ad eccedere la competenza pre toria. La domanda di risarcimento, infatti, appunto perchè

generica, doveva intendersi formulata per il valore massimo

nella competenza del giudice adito (giurisprudenza costante :

cfr. Cass. 27 luglio 1954, n. 2753, Foro it., Rep. 1954, voce

Competenza civ., n. 202 ; 23 luglio 1951, n. 2079, id., Rep. 1951, voce cit., n. 215 ; 23 agosto 1950, n. 2451, id., Rep. 1950, voce cit., n. 220), onde il semplice cumulo della

stessa con una qualsiasi delle altre domande, contempora neamente proposte dalla attrice, portava come conse

guenza necessaria ad un superamento del limite della

competenza pretoria. Pertanto il ricorso va accolto, riconfermandosi il prin

cipio, già altre volte affermato da questa Corte suprema, secondo cui, proposta dinanzi al pretore, insieme a domanda

di valore inferiore al limite di sua competenza, altra domanda

relativa a somma di danaro, senza precisazione della somma

richiesta, per effetto del combinato disposto degli art. 10

e 14 cod. proc. civ., la causa esula dalla competenza pre toria, giacché il valore della stessa viene necessariamente

a superare il limite massimo stabilito per la competenza di detto giudice (sent. nn. 1101 e 1846 del 1956, Foro it.,

Rep. 1956, voce cit., nn. 201-203). Per questi motivi, dichiara la competenza del Tribunale

di S. Maria Capua Vetere a conoscere della causa ; assegna alle parti, per la riassunzione della causa avanti il detto

Giudice, il termine di tre mesi a partire dalla notificazione di questa sentenza, ecc.

sunzione della causa avanti il Tribunale di S. Maria Capua Vetere nei tre mesi dalla notificazione della sua sentenza, ha affi dato la continuazione della causa, di cui all'art. 50 cod. proc. civ., all'arbitrio degli interessati.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 28 novembre 1960, n. 3159 ; Pres. Fragali P., Est. Azara, P. M. Caldarsra (conci,

conf.) ; De Martino (Avv. Rivellese) e. Rinaldi (Avv. Costa, Rienzo).

(Conferma Trib. Sala Oonsilina 17 dicembre 1958)

Titoli di credito —• Ei'fetto cambiario — Omessa

presentazióne alla scadenza — Azione cambiaria diretta —• Ammissibilità — Spese «(indiziali —

Onere (E. d. 14 dicembre 1933 n. 1669, norme sulla

cambiale, art. 43, 44, 60).

Il possessore d'una cambiale, che non sia a vista od a certo

tempo vista, può. senza previa presentazione al domicilio

del debitore principale, esercitare contro quest'ultimo e

contro l'avallante azione cambiaria mediante ricorso per decreto ingiuntivo ed i coobbligati non possono sottrarsi

all'onere delle spese giudiziali se non pagando subito

l'importo della cambiale. (1)

La Corte, ecc. — Con i tre motivi di ricorso che, per

ragioni di ordine logico, è opportuno trattare congiunta mente, il Di; Martino e il Frodella, sostanzialmente, dedu

cono : a) che i Giudici di secondo grado non hanno consi

derato che il Rinaldi non aveva interesse a chiedere il

decreto ingiuntivo, in quanto a tale procedimento si può ricorrere solo nel caso che il creditore intenda precosti tuirsi un titolo per la iscrizione ipotecaria sui beni del

debitore, mentre, nella specie, il creditore stesso era già munito di titolo idoneo per procedere alla esecuzione mobi

liare da lui iniziata ; b) che, non essendo egli legittimato a

chiedere il decreto ingiuntivo per difetto di interesse, non

poteva essere rimborsato delle spese afferenti alla relativa

procedura ; c) che il Rinaldi, portatore di una cambiale

domiciliata, non poteva, in ogni caso, chiedere il decreto

ingiuntivo senza aver prima presentato la cambiale stessa,

per il pagamento al domicilio dei debitori ; d) che tale

adempimento non poteva, nella specie, essere sostituito

dalla domanda giudiziale ovvero dalla successiva richiesta

dell'ufficiale giudiziario. Queste censure non hanno alcun fondamento.

. Giova, anzitutto, premettere che è inammissibile la

censura con cui si lamenta che sia stato trascurato un

sistema difensivo, che, invece, come nella specie, può considerarsi respinto per implicito attraverso l'accogli mento di una tesi, con la quale sussiste uno stato di incom

patibilità logica. Il Tribunale, infatti, ha fondato la propria decisione,

considerando : 1) che la notifica del decreto ingiuntivo e del precetto aveva costituito in mora i due debitori ;

2) che essi, per evitare le spese nella procedura ingiun zionale, avevano, come unico mezzo, quello di versare, all'atto stesso della notifica, l'importo delle cambiali ;

3) che la costituzione in mora dei due debitori era ancora

più evidente per avere uno di essi fatto inserire nel verbale di pignoramento (atto pubblico avente maggior valore dello scritto, di cui tratta l'art. 1219, 2° comma, cod. civ.) la dichiarazione di non voler eseguire l'obbligazione ; 4) che, essendo l'offerta reale effettuata solo in un secondo momento, e cioè dopo che si era proceduto al pignoramento mobiliare, le spese del giudizio non potevano non gravare sui debitori.

La esattezza di siffatte statuizioni non può essere messa in dubbio per le considerazioni, che saranno ora esposte.

Il creditore cambiario, invero, può, senza alcuna limi

tazione, far valere contro l'emittente i suoi diritti inerenti al titolo, sia mediante azione esecutiva diretta, sia, in via

dichiarativa, mediante citazione o mediante richiesta di

decreto ingiuntivo e conseguente costituzione nel giudizio di opposizione promosso dal debitore.

(1) La sentenza ribadisce l'indirizzo giurisprudenziale ri

petutamente affermato dalla Suprema corte e basato sulla consi derazione che l'azione cambiaria diretta contro gli obbligati principali non è subordinata nè alla levata del protesto, nè alla osservanza di alcun'altra formalità, neppure quando si tratta di cambiale domiciliata. Vedi, da ultimo, Cass. 14 gennaio 1959, n. 79, Foro it., Rep. 1959, voce Titoli di credito, nn. 81, 115 ; 14 febbraio 1952, n. 384, id., 1953, I, 986, con nota contraria di Mi

nervini, Mancata presentazione della cambiale e mora del creditore

cambiario, contenente richiami di giurisprudenza e una rassegna degli autori che aderiscono agli opposti indirizzi, cui adde, nello stesso senso della sentenza annotata, Mossa, Trattato della cam

biale, Padova, 1956, pag. 447, n. 501 e sostanzialmente, De Semo, Diritto cambiario, Milano, 1953, n. 553.

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239 PARTE PRIMA 240

Ciò posto, la Corte osserva che l'azione cambiaria

diretta contro gli obbligati principali non è subordinata

nè alla levata del protesto nè alla osservanza di alcun'altra

formalità : e ciò neppure quando si tratta di cambiale domi

ciliata, non avendo la vigente legge cambiaria riprodotto la disposizione contenuta nell'art. 316 dell'abrogato codice

di commercio. Pertanto, salvo che per le cambiali a vista

o a certo tempo vista, la presentazione per il pagamento costituisce una facoltà e non un obbligo per il possessore nei confronti dell'obbligato principale, sicché la manca4 a

presentazione non preclude al possessore medesimo l'eser

cizio dell'azione cambiaria nei confronti del detto debitore

o del suo avallante.

Tuttavia, l'omessa presentazione, da parte del portatore della cambiale domiciliata, alla scadenza, al domicilio del

debitore o del terzo domiciliatario per il pagamento, se

non preclude l'esercizio dell'azione, non può condurre alla

condanna, nelle spese giudiziali, del convenuto che effettui

subito il pagamento. Senonchè, nel caso particolare, il

pagamento, come già si è detto, fu rifiutato da uno dei

debitori solidali e, perciò, non ha alcuna rilevanza, ai fini

della esclusione della condanna alle spese, il fatto che gli stessi debitori abbiano effettuato, in momento successivo, l'offerta reale della somma capitale. Tale offerta tardiva,

infatti, non poteva elidere gli effetti della costituzione in

mora, precedentemente avvenuta con la notifica del decreto ingiuntivo e del pedissequo atto di precetto, e

quindi, evitare la condanna dei debitori al pagamento della somma dovuta e delle spese giudiziali nel frattempo maturatesi.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 26 novembre 1960, n. 3142 ; Pres. Fibbi P., Est. Ferrati, P. M. Silocchi (conci, conf.) ; Cassa mutua provinciale malattia per i coltivatori di

retti di Roma (Avv. Putzolu) c. Colazza (Avv. Ago

stini, Donati).

(Conferma App. Soma 17 marzo 1959)

Previdenza sociale — Cassa mutua malattia colti vatori diretti — Prestazioni assistenziali — Previo ricorso amministrativo -— Necessità —- Insussi stenza (Cod. proc. civ., art. 460 ; 1. 24 novembre 1954 n. 1136, estensione dell'assistenza malattia ai coltiva tori diretti, art. 8).

L'assistito dalla Gassa mutua malattia coltivatori diretti, che vuole far valere in giudizio i propri diritti al conseguimento delle prestazioni dell'Ente previdenziale, non è tenuto al

previo esperimento della procedura amministrativa. (1)

La Corte, eco. — Con il primo motivo la Cassa ricor rente denuncia la violazione dell'art. 460 cod. proc. civ. in relazione agli art. 8, lett. g), legge 24 novembre 1954

(1) La sentenza confermata, App. Roma 17 marzo 1959, è riassunta nel nostro Rep. 1959, voce Previdenza sociale, nn. 757, 758 ; mentre quella di primo grado, sempre conforme, Trib. Roma 16 gennaio 1958, è nel Rep. 1958, voce cit., n. 859, e, annotata da A. Cochetti, in l'rev. soc. agr., 1959, 84 e da Putzolu, in Giur. agr. it., 1958, II, 437.

Sulla improponibilità della domanda per prestazioni del l'I.n.p.s. non preceduta da ricorso amministrativo, App. Genova 27 febbraio 1959, Foro it., 1960, I, 150, con nota di richiami.

La necessità del previo ricorso amministrativo è negata per gli assegni familiari da Cass. 13 luglio 1959, n. 2969 {id., Rep. 1959, voce Previdenza soc., n. 765), citata nella motiva zione della presente, e, per le prestazioni dell'I.n.a.m., da App. Ancona 12 agosto 1958, ibid., n. 759 ; Trib. Trieste 24 marzo 1959, ibid., n. 761 ; App. Caltanissetta 28 marzo 1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 897 ; Trib. Chieti 14 luglio 1958, id., 1958, I, 1965, nonché da Cass. 10 luglio 1952, n. 2131 {id., 1953, I, 903, con nota di richiami), citata nella motivazione della presente.

n. 1136, e 360, un. 3 e 5, cod. proc. civ., sostenendo elio il tentativo di autocomposizione delle liti mediante l'espe rimento preventivo in sede amministrativa costituisce una

regola ed un principio costante della legislazione in materia

assistenziale e previdenziale, onde non lia rilevanza il fatto

che la legge in questione si sia limitata semplicemente a

designare l'organo competente a provvedere sui ricorsi degli assicurati, senza aggiungere ulteriori specificazioni.

Ad avviso della ricorrente l'espressione « prescritto », che si legge nell'art. 460, non può significare che l'esperimento debba essere considerato meramente facoltativo se la legge

speciale, che lo prevede, non ne stabilisce espressamente

l'obbligatorietà, ma significa soltanto che l'esperimento deve essere richiesto, disposto dalle leggi speciali in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria come tentativo di autocomposizione della controversia in sede ammini

strativa che deve precedere l'instaurazione della lite da

vanti al giudice ordinario ; l'interpretazione restrittiva, adottata dalla Corte d'appello di Roma, finirebbe per urtare contro lo spirito della norma e contro le finalità

perseguite dal legislatore, creando anche una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti di taluni enti assi curativi e previdenziali, mentre unica è l'esigenza da sod

disfare.

La censura è priva di fondamento.

L'art. 460 cod. proc. civ. si limita a disporre che la domanda relativa a controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie e cioè, secondo la specificazione del precedente art. 459, le controversie derivanti dall'ap plicazione delle norme relative alle assicurazioni sociali,

agli infortuni sul lavoro industriale e agricolo, alle malattie

professionali, agli assegni familiari e ad ogni altra forma di

previdenza e di assistenza obbligatorie, non può essere

proposta se non quando siano esauriti i procedimenti pre scritti dalle leggi speciali per la composizione in sede am

ministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il com

pimento dei procedimenti stessi.

Ora, siccome l'assistenza di malattia in favore dei col tivatori diretti, disciplinata dalla legge 24 novembre 1954 n. 1136, rappresenta indubbiamente una forma di assi stenza obbligatoria, può senz'altro ammettersi che la con troversia in esame, in quanto ha per oggetto l'accertamento

dell'obbligo della ricorrente di sostenere le spese del ricovero in ospedale del Colazza che, quale coltivatore diretto, è

obbligatoriamente assicurato contro le malattie presso la ricorrente medesima, rientri tra le controversie cui sono

applicabili le disposizioni degli art. 459 e segg. del codice di rito. r

Senonchè tale rilievo non è di per sè risolutivo, poiché l'applicazione dell'art. 460 postula la ricorrenza di due

requisiti : l'uno che si sia in presenza di una di quelle con troversie che sono contemplate nell'art. 459 e l'altro che la

legge speciale, la quale disciplina quella determinata forma di assistenza o di previdenza obbligatoria, in ordine alla

quale è insorta lite, prescriva un procedimento per la com

posizione in sede amministrativa della lite stessa. Nella

specie, se ricorre il primo requisito, non ricorre affatto il secondo e nell'escludere tale ricorrenza la Corte di Roma non è assolutamente incorsa negli errori denunciati dalla ricorrente.

Giova anzitutto considerare che la norma dell'art. 460, consentendo di adire il giudice ordinario solo dopo l'esperi mento del ricorso amministrativo, respinge il principio fondamentale e generale, sancito anche dalla Costituzione

(art. 24), della libera azionabilità del diritto soggettivo da vanti all'autorità giudiziaria ordinaria, onde è giusto se

guire nell'interpretazione di essa criteri restrittivi, limi tandone l'applicazione solo ai casi e tempi espressamente contemplati dal legislatore (art. 14 disp. sulla legge in

generale). A questo riguardo anzi la volontà del legislatore deve essersi manifestata attraverso leggi formali od altri atti aventi forza di legge, diguisachè deve escludersi che i

procedimenti amministrativi per la composizione delle con troversie, cui fa richiamo l'art. 460, siano quelli che possono essere stabiliti da norme regolamentari (sent. 10 febbraio

1950, n. 351, Foro it., 1950, I, 838).

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