sezione I civile; sentenza 28 novembre 1984, n. 6186; Pres. Granata, Est. Rocchi, P. M.Cantagalli (concl. conf.); Fall. impr. Frigerio e altri (Avv. Moricca, Lanni) c. Frasconi (Avv.Lancellotti, Luzzani) e altro. Cassa App. Milano 9 marzo 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 3 (MARZO 1985), pp. 741/742-745/746Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177438 .
Accessed: 28/06/2014 08:08
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 46.243.173.115 on Sat, 28 Jun 2014 08:08:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
riguardo ai casi di specie, dell'efficacia terapeutica universalmente riconosciuta alle acque minerali come coadiuvanti nella cura di
varie affezioni fra cui, in particolare, quelle renali. Per quanto riguarda il pane e la pasta dietetici anch'essi
prescritti agli intimati nel sudetto trattamento, l'analogo accerta mento della loro indispensabilità si ricollega, sia pure in maniera
inespressa e comunque aderisce al dato normativo secondo cui
sono considerate specialità medicinali le preparazioni dietetiche, i
prodotti per la cosmetica, quelli c.d. igienici ed altri, qualora siano ad essi in qualunque modo attribuiti effetti terapeutici (art. 5 del reg. 3 marzo 1927 n. 478 contenente norme per la
produzione ed il commercio delle specialità medicinali, modificato
con d.p.r. 23 ottobre 1963 n. 1730).
Rileva, pertanto, la corte come la conclusione che il tribunale
ha tratto da tali premesse includendo nella « assistenza farmaceu
tica » anche la somministrazione dell'acqua minerale e degli alimenti dietetici, contrasti innanzi tutto con il rilievo che l'effica
cia terapeutica di determinati prodotti dietetici, farmacologicamen te inerti, non può concettualmente essere assimilata alle specifiche
proprietà curative dei farmaci o medicamenti, quali si desumono
dalle definizioni adottate dalla farmacopea ufficiale italiana (v. 1. 9
novembre 1961 n. 1242) e secondo cui medicamento è ogni sostanza o composizione, presentata come avente proprietà curati
ve o profilattiche delle malattie umane e animali, da sommini
strarsi allo scopo di stabilire una diagnosi o di ripristinare,
correggere o modificare funzioni organiche dell'uomo o dell'ani
male.
Tale definizione coincide nella pratica, con quelle di « farma
co », « prodotto farmaceutico » e « presidio farmaceutico », usate
promiscuamente anche in varie fonti normative (cfr., ad es., gli art. 34 e 35 del regolamento per il servizio farmaceutico r.d. 30
settembre 1938 n. 1706) e ciò nonostante che nel lessico universa
le e specialistico la nozione di « farmaco », estendendosi oltre
l'originario significato etimologico di « rimedio », ormai ricom
prenda in sé qualsiasi sostanza idonea a produrre nell'organismo variazioni funzionali utili o dannose, sia a scopo terapeutico sia
per indagini di carattere biologico o per altri scopi in rapporto alle sue proprietà fisico-chimiche ed in relazione alle proprietà
dell'organismo, mentre quando l'impiego del farmaco sia rivolto a
ricondurre alla normalità una funzione patologicamente alterata
od a favorire il processo riparativo di una lesione si ricorre alla
più appropriata espressione di « medicamento ».
Come il trattamento mediante farmaci costituisce soltanto uno
dei vari mezzi terapeutici a disposizione della medicina, cosi le
proprietà curative di determinati prodotti dietetici farmacologica mente inerti, considerati « specialità medicinali », si distinguono nettamente dalle specifiche proprietà dei farmaci somministrati in
« dosi medicamentose ».
L'interpretazione delia norma in esame, d'altra parte, non
evidenzia alcun valido elemento che autorizzi a ritenere compresa nell'assistenza farmaceutica a carico dell'ente anche ogni altra
forma di assistenza integrativa o « parafarmaceutica », in genere, ed in particolare la somministrazione di alimenti dietetici e
d'acqua minerale come quelli prescritti nella specie agli attuali
intimati, perché complementari o preparatori ai trattamenti di
dialisi o chirurgia renale.
L'estensione, invece, operata dal giudice del merito, oltre a
contrastare con il significato proprio dell'espressione « assistenza
farmaceutica », da intendersi nel senso di somministrazione di
prodotti e sostanze terapeutiche aventi specifiche proprietà farma
cologiche, urta anche con il rilievo, d'ordine logico-sistematico, che le « assistenze integrative » menzionate nella norma in esame,
com'è fatto palese dal chiaro tenore di questa, differiscono, per
definizione, dalle corrispondenti forme di assistenza di malattia, con la conseguenza che, per ciò che riguarda in particolare l'assistenza integrativa di quella farmaceutica, essa, se ed in
quanto fosse prevista, potrebbe consistere soltanto nella sommini
strazione di prodotti diversi dai farmaci o medicamenti.
Nella materia, com'è controverso, diffetta una specifica previ sione normativa dell'assistenza para-farmaceutica poiché le uniche
forme di assistenza integrativa previste dall'art. 29 in relazione
all'art. 10, n. 8, del contratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939
sulla disciplina del trattamento mutualistico di malattia degli
operai dell'industria (rimasto efficace erga omnes in forza dell'art.
43 d.1.1. 23 novembre 1944 n. 365) consistono nella cura degli
iscritti in stabilimenti idroterapici, balneari ed in convalescenziari,
ed in altre forme di assistenza non integrative di quella farmaceu
tica.
Per effetto della rilevata non equiparabilità dell'assistenza far
maceutica della somministrazione di prodotti dietetici ed acqua
Il Foro Italiano — 1985.
minerale, aventi efficacia terapeutica complementare di altri trat
tamenti specifici, non è, d'altra parte, prospettabile una lesione del
diritto alla tutela della salute riconosciuto dall'art. 38 Cost.,
poiché l'attuale limitazione normativa dell'assistenza di malattia
alla sola somministrazione di farmaci mentre è sorretta da criteri
obiettivi ed uniformi, trova, inoltre, giustificazione nelle complesse
esigenze economico-organizzative di un ordinamento assistenziale
tuttora in evoluzione. Condizioni di uniformità ed eguaglianza sono del resto assicurate anche nel' nuovo ordinamento sanitario
(v. art. 5 1. 29 febbraio 1980 n. 33) che se, da un lato, garantisce a tutti i cittadini l'assistenza farmaceutica, dall'altro lato, fa salvi
le modalità ed i limiti per essa previsti nelle convenzioni, nel
prontuario farmaceutico e nella 1. 5 agosto 1978 n. 484, assicu
rando altresì l'assistenza integrativa, ma solo nei limiti delle
prestazioni ordinarie erogate agli assistiti dal disciolto I.n.am.
L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere annullata con rin vio ad altro giudice il quale riesaminerà la domanda attenendosi alla sopra enunciata interpretazione dell'art. 6, 1° comma, n. 3, 1. 11 gennaio 1943 n. 138, norma questa da intendersi, cioè, nel senso che nell'assistenza farmaceutica a carico dell'istituto non è
compresa la somministrazione di alimenti dietetici e di acqua minerale. Lo stesso giudice del rinvio provvederà anche al
regolamento delle spese del presente giudizio (art. 385 c.p.c.).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 28 novem bre 1984, n. 6186; Pres. Granata, Est. Rocchi, P. M. Canta galli (conci, conf.); Fall. impr. Frigerio e altri (Avv. Moric
ca, Lanni) e. Frasconi (Avv. Lancellotti, Luzzani) e altro. Cassa App. Milano 9 marzo 1982.
Privilegio — Impresa artigiana — Nozione — Fattispecie (Cod.
civ., art. 2751 bis; 1. 25 luglio 1956 n. 860, norme per la di
sciplina giuridica delle imprese artigiane, art. 1, 9).
L'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane costituisce il presup posto per fruire delle agevolazioni tributarie disposte a favore di tale categoria di imprese, ma non vale certamente a costitui re ad altri fini un vero e proprio status, né a far sorgere presunzioni circa la suddetta qualificazione (nella specie ciò è
stato affermato in relazione al privilegio generale sui mobili del
debitore spettante ai creditori dell'impresa artigiana). (1)
(1) Giurisprudenza apparentemente concorde. Apparentemente in quanto, se è vero che si è costantemente affermato che dall'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane non nasce una presunzione assoluta circa il carattere artigianale dell'impresa ed è pertanto pienamente ammissibile che venga fornita prova contraria, non è invece al trettanto pacifico che dall'iscrizione nell'albo non nasca una pre sunzione semplice tale da dispensare l'imprenditore dall'onere di provare la propria natura di artigiano, ed esentare i giudici da ulteriori
indagini, nei casi in cui la controparte non eccepisca alcuna prova contraria, ciò che era stato sostenuto dalla corte milanese. Infatti nella
più parte dei casi la Cassazione non è stata chiara sul punto, limitandosi a dire che dall'iscrizione non nascono presunzioni assolute circa la qualificazione artigianale dell'impresa (sent. 10 dicembre 1983, n. 7309, Foro it., Rep. 1983, voce Artigiano, n. 5; 26 ottobre 1982, n.
5599, id., Rep. 1982, voce cit., n. 3; 16 febbraio 1982, n. 981, ibid., n.
4) oppure che l'iscrizione non attribuisce a titolo definitivo ed indiscutibile tale qualificazione, cosi da precludere ogni possibilità di dare dimostrazione del contrario da parte di colui che sia interessato a contestarla (sent. 2 marzo 1982, n. 1287, ibid., n. 5; 11 luglio 1981, n.
4526, id., Rep. 1981, voce cit., n. 7; 17 maggio 1979, n. 2853, id., Rep. 1979, voce cit., n. 3) o anche che non può escludersi la natura
artigiana di un'impresa per il semplice fatto della mancanza d'iscrizio ne (sent. 8 gennaio 1980, n. 144, id., Rep. 1980, voce cit., n. 11). Ciò ha portato incertezze tra i giudici di merito di cui sono esempio sia la sentenza della corte di Milano, cassata dalla sentenza in epigrafe, sia la coeva Trib. Genova 4 agosto 1982, id., Rep. 1983, voce Privilegio, n. 10, per cui il privilegio sui crediti ex art. 2751 bis, n. 5, c.c.
compete all'artigiano che provi l'effettiva ricorrenza dei requisiti neces sari per il riconoscimento della propria qualità, rilevando a tal fine come presunzione semplice l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane. V., pure, Trib. Palermo 13 gennaio 1979, id., Rep. 1980, voce
Artigiano, n. 4. La giurisprudenza della Corte di cassazione è comunque costan
te nell'affermare il carattere dichiarativo e non costituivo dell'iscri zione nell'albo, la quale è necessaria solo per ottenere la con cessione delle agevolazioni previste per le imprese artigiane (v., ad
es., sent. 22 febbraio 1980, n. 1271, id., Rep. 1980, voce cit., n. 10; 8
gennaio 1980, n. 144, cit.; 9 maggio 1980, Vignanelli, id., Rep. 1981,
voce cit., n. 9), pur se vi è un'isolata pronuncia in senso contrario
This content downloaded from 46.243.173.115 on Sat, 28 Jun 2014 08:08:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
Svolgimento del processo. — Con distinti ricorsi Francesconi Ilio — titolare di una impresa individuale denominata Fimel, avente per oggetto l'esecuzione di prestazioni attinenti ad impian ti elettrici — chiedeva di essere ammesso al passivo del fallimen to di Frigerio Carlo e Ruggerini s.a.s., per l'importo di lire
18.338.000, del fallimento di Frigerio Carlo, per l'importo di lire
38.062.790, del fallimento della soc. Poggio di Montressone s.a.s., per l'importo di lire 3.937.340, del fallimento di Frigerio Carlo
s.a.s., per l'importo di lire 35.847.960, del fallimento di Frigerio Carlo e immob. Mantegna s.a.s., per l'importo di lire 25.440.000, del fallimento di Frigerio Carlo e immob. S. Giorgio per l'importo di lire 5.582.000: il tutto, per un totale di lire 127.208.090, in via
previlegiata ai sensi dell'art. 2751 bis c.c., in quanto imprenditore
artigiano.
Il giudice delegato ai predetti fallimenti ammetteva i crediti del
Francesconi ai passivi delle diverse procedure in via chirografa
ria, escludendo che l'impresa di cui il Francesconi era titolare
avesse qualifica di impresa artigiana, per difetto del requisito di
cui all'art. 1, 1° comma, lett. a), 1. n. 860/56.
Avverso detto provvedimento il Francesconi proponeva opposi zione ai sensi dell'art. 98 1. fall., che il Tribunale di Como,
territorialmente competente, rigettava, con sentenza 11 marzo-8
aprile 1980.
Con ricorso 12 febbraio 1979, Piatti Mariangela, contitolare
dell'impresa Termoidrosanitaria Piatti, proponeva, a sua volta,
opposizione allo stato passivo del fallimento della s.a.s. immob.
Mantegna, chiedendo che il proprio credito di lire 1.324.154, nei
confronti della stessa, venisse ammesso, anziché in via chirografa
ria, in via privilegiata, motivando la richiesta sulla base della
qualifica di impresa artigiana della Termoidrosanitaria Piatti, contestata in sede di formazione dello stato passivo, per difetto
dello stesso requisito di cui sopra. Il Tribunale di Como, territorialmente competente, con senten
za 11 marzo-12 aprile 1980 rigettava l'opposizione confermando
la natura chirografica del credio insinuato.
Avverso tali sentenze proponevano impugnazione, con distinti
atti, poi riuniti, il Francesconi e la Piatti, chiedendo l'accoglimen to delle istanze formulate in primo grado.
Gli appellati fallimenti si costituivano, resistendo al gravame, di cui chiedevano il rigetto.
Con sentenza 6 gennaio-9 marzo 1982, la corte d'appello territoriale accoglieva i gravami, ritenendo che l'iscrizione delle
imprese appellanti nell'albo delle imprese artigiane fosse sufficien te a comprovare la loro qualità, non avendo la curatela offerto alcuna prova in contrario e non potendo, in ogni caso, conside rarsi l'entità dei crediti insinuati un indice rivelatore di dimen sioni imprenditoriali, incompatibili con la categoria artigiana.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la cura tela fallimentare, sulla base di due motivi di annullamento.
(sent. 15 novembre 1963, Romagnoli, id., Rep. 1964, voce Lavoro (contratto), n. 43, e in Riv. dir. lav., 1965, II, 333, con nota favorevole di Gualtierotti, Ancora sulla natura costitutiva dell'iscrizione nel l'albo delle imprese artigiane). Il valore dell'iscrizione è stato ritenuto meramente dichiarativo anche da Min. lav. 23 luglio 1971, Foro it., Rep. 1972, voce Artigiano, n. 8; Ispett. lav. Verona 5 maggio 1971, ibid., n. 9; Ispett. lav. Ancona 21 gennaio 1969, id., Rep 1969, voce cit., n. 8. In dottrina concordano A. Nigro, Rapporti economici, III, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, Bologna-Roma, 1980, 45; Minervino L'imprenditore, Napoli, 1966, 88; Bracco, L'impresa nel sistema del diritto commerciale, Padova, 1966, 266; Formiggini, L'impresa artigiana, in Riv. dir. civ., 1958, II, 316, spec. 339 s.; Dalmartello, La nuova legge sull'impresa artigiana e la nozione di
piccola impresa, in Jus, 1957, 496, spec. 503.
Cass. 9 maggio 1980, Vignanelli, cit., ha affermato che il giudice ordinario ha potere di cognizione e di decisione, in relazione all'ogget to dedotto in giudizio, sulla legittimità dell'atto amministrativo d'iscri zione nell'albo delle imprese artigiane. In precedenza si erano avute
incertezze, v. Cass. 15 novembre 1963, Romagnoli, cit., e 16 dicembre
1966, Pizzicoli, Foro it., 1967, II, 321, con osservazioni di Zaccaria, e v. anche Pret. Nardo 12 giugno 1969, id., Rep., 1970, voce cit., n. 1, e in Giur. merito, 1970, I, 467, con nota critica di Santacroce, per cui il giudice ordinario deve accertare la conformità dell'atto d'iscrizione alla legge e, se del caso, disapplicarlo ex art. 5 1. 20 marzo 1865, n.
2248, ali. E.
Riguardo specificamente al privilegio concesso alle imprese artigiane dall'art. 2751 bis c.c. v. in dottrina Chesi, Nuovo codice delle cause di
prelazione, Bologna, 1976, 43, e Ruisi, A. e C. Palermo, I privilegi, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1980, 534.
Per ulteriori indicazioni in tema di impresa artigiana, v. Foro it., 1984, I, 621 e 806, e V, 75.
Il Foro Italiano — 1985.
Resiste con controricorso il solo Francesconi. Il ricorso è stato illustrato da memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, il ricorrente, deducendo violazione degli art. 2751 bis c.c. e 9 1. 25 luglio 1956 n. 860, lamenta che la corte del merito abbia ritenuto che la iscrizione all'albo delle imprese artigiane, istituito con la 1. n.
860/56, pur non avendo valore costitutivo, sia idonea a far
sorgere una presunzione di appartenenza degli iscritti alla catego ria, tale da esonerarli, anche in caso di contestazione, dall'onere di provare il possesso dei requisiti di legge, ai fini della qualifica di impresa artigiana, e da far, conseguentemente, ricadere l'onere della prova contraria su colui che tale qualifica contesti.
Con il secondo motivo, il ricorrente, deducendo violazione degli art. 1 e 2 1. n. 860/56, nonché dell'art. 2751 bis c.c., in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., lamenta che la corte del merito abbia definito « usuali » le attività dell'elettricista e dell'idraulico,
prescindendo da qualsiasi indagine sulle concrete modalità di
esplicazione di tali attività, nonché sulla struttura organizzativa e
sulle dimensioni dell'impresa organizzata al loro fine e, ancora, sul conseguente movimento complessivo di affari.
Le censure, che possono essere congiuntamente trattate, stante
la loro connessione, sono entrambe fondate.
L'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane costituisce, invero,
secondo l'espressa disposizione dell'art. 1, 2° comma, 1. 860/56, il
presupposto per fruire delle agevolazioni tributarie disposte a
favore di tale categoria di imprese, ma non vale certamente a
costituire, ad altri fini (come a quello di individuare la disciplina normativa applicabile ai rapporti tra impresa e suoi dipendenti, nonché quello di escludere l'assoggettabilità dell'impresa artigiana alle procedure concorsuali, o, infine, quello, che ci occupa, relativo al beneficio della prelazione di cui all'art. 2751 bis c.c.), un vero e proprio status, né tantomeno a far sorgere presunzioni circa la suddetta qualificazione.
In realtà tale qualificazione dipende esclusivamente dall'obietti va coesistenza degli elementi indicati nel citato art. 111. 860, secon do i quali l'impresa si considera artigiana se abbia per scopo la
produzione di beni o la prestazione di servizi di natura artistica
o usuale, operi col lavoro professionale, anche manuale, del
titolare ed eventualmente dei suoi familiari e, infine, se detto
titolare abbia la piena responsabilità dell'impresa e ne assuma i
rischi.
Tali elementi, che attengono essenzialmente alle caratteristiche
qualitative dell'impresa, si completano secondo la specificazione contenuta nel successivo art. 2 1. cit., riguardante particolarmente le dimensioni dell'impresa e i suoi reali modi di esplicazione, nonché il concreto impiego dei mezzi per l'esercizio dell'attività
imprenditoriale. Ne consegue che la certificazione dell'iscrizione nell'albo delle
imprese artigiane può costituire soltanto un elemento indiziario, che non preclude, anzi impone, in esito alla complessiva valuta zione delle prove inerenti ai requisiti suddetti, l'accertamento
dell'effettiva natura dell'impresa, anche in modo non corrispon dente a quello risultante dalla iscrizione anzidetta (Cass. 981/82, Foro it., Rep. 1982, voce Artigiano, n. 4 e 5599/82, ibid., n. 3).
In particolare, la specificazione contenuta nell'art. 2 consente di escludere il carattere artigianale della impresa, allorché la sua attività risulti organizzata in modo tale da costituire una base d'intermediazione speculativa e da fare assumere al suo guada gno, normalmente modesto, i caratteri del profitto (Cass. 5403/81, id., Rep. 1981, voce Fallimento, n. 122).
In realtà, dunque, la ratio del sistema instaurato dal legislatore del 1956 consiste nell'intento di individuare e proteggere quelle categorie di lavoratori che, per le caratteristiche connesse al tipo di attività esercitata (artistica od usuale), per le conseguenti dimensioni dell'impresa (a carattere familiare) e per il lavoro e l'assunzione di responsabilità personale del titolare, appaiono meritevoli di una particolare tutela, quale quella, tra l'altro, di evitare le falcidie del proprio credito, che normalmente comporta il concorso fallimentare. Tali falcidie, infatti, mentre rientrano concettualmente nel normale rischio dell'impresa commerciale, costituirebbero, se consentite, una deviante aggressione al bilancio dell'artigianato, fondato non sul « profitto », ma sul semplice guadagno.
Conseguentemente, ai fini che ci occupano, dovrà stabilirsi, caso per caso, se l'attività esercitata dal c.d. artigiano, per le modalità di esplicazione, il contributo di creatività o di manualità
dell'imprenditore, le dimensioni organizzative, la idoneità della remunerazione a costituire un semplice guadagno, senza integrare un vero e proprio profitto, rientri realmente nella categoria
This content downloaded from 46.243.173.115 on Sat, 28 Jun 2014 08:08:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'impresa artigiana, che emerge dagli elementi di qualificazione di cui in precedenza.
In tale prospettiva, appare evidente che la corte territoriale sia
incorsa in un duplice errore: quello di far discendere dalla mera
iscrizione all'albo delle imprese artigiane la presunzione di qua lificazione della impresa come artigiana, e quello di avere conse
guentemente omesso ogni esame in ordine alla « reale » qualità dell'attività esercitata dai resistenti, anche in relazione al tipo di
organizzazione imprenditoriale sottostante alle conseguenti dimen
sioni della relativa gestione, nonché all'idoneità della remunera zione a costituire un semplice guadagno.
La sentenza va, pertanto, cassata, con rinvio ad altra sezione
della Corte d'appello di Milano, che accerterà, ai fini richiesti dal
giudizio, la qualificazione artigianale delle imprese dei ricorrenti, secondo i criteri sopraelencati. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 27 no
vembre 1984, n. 6156; Pres. Brancaccio, Est. Panzarani, P. M.
Pandolfelli (conci, diff.); Fontana (Avv. Patrizi) c. I.n.p.s. (Avv. Maresca, Catalano, Coletta, Angelo). Cassa Trib.
Agrigento 10 gennaio 1980.
Procedimento civile — Controversie previdenziali — Cessazione
della materia del contendere — Fattispecie (Cod. proc. civ., art.
100, 112; r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, modificazioni delle
disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la
vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involonta
ria).
Il provvedimento dell'ente previdenziale che, in pendenza del
giudizio instaurato per l'accertamento del diritto alla pensione di invalidità, abbia riconosciuto fondata la pretesa dell'assicura
to, è idoneo a determinare la cessazione della materia del
contendere. (1)
(1) In senso conforme, v. Cass. 25 gennaio 1984, n. 607, Foro it., Mass., 128, e 5 gennaio 1983, n. 59, id., Rep. 1983, voce Procedimento
civile, n. 263, alle cui argomentazioni la sentenza in epigrafe aggiunge la considerazione che le decisioni giudiziarie di dichiarazione del diritto alla pensione di invalidità hanno un'efficacia rebus sic stantibus, sicché solo la sopravvenienza di un recupero della capacità di
guadagno dell'assicurato, in una fattispecie quale quella dedotta in
giudizio, « giustificherebbe di nuovo lo svolgimento di un procedimento giudiziario ».
In senso contrario, Cass. 19 novembre 1980, n. 6162, id., Rep. 1981, voce Previdenza sociale, n. 714, ha ritenuto che il riconoscimento dell'ente previdenziale in sede amministrativa non preclude il potere del giudice di accertare l'esistenza del diritto a pensione.
Cass. 7 febbraio 1981, n. 777, id., Rep. 1982, voce Procedimento
civile, n. 223, invece, ha affermato il potere del giudice di accertare il diritto a pensione in presenza del riconoscimento dell'ente previdenziale intervenuto su una seconda (diversa da quella propedeutica al giudizio) domanda in sede amministrativa.
Nel senso che comunque non determina cessazione della materia del contendere l'affermazione del difensore, in quanto non legittimato a
disporre dei diritti della parte in assenza di una procura speciale, cfr. Cass. 21 novembre 1983, n. 6953, id., Rep. 1983, voce cit., n. 259, eli febbraio 1983, n. 1076, ibid., n. 261, entrambe intervenute in contro versie sul diritto a pensione.
Per ulteriori riferimenti, in genere, sulla cessazione della materia del
contendere, v. Trib. Roma 15 giugno 1981, id., 1982, I, 1414, con nota di richiami di P. Martinelli. E, in dottrina, B. Sassani, Per una
chiarificazione della formula « cessazione della materia del contende
re», in Temi romana, 1982, 505. E sulla cessazione della materia del contendere nella giustizia
amministrativa, v. Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 1982, n. 579, Foro it., Rep. 1983, voce Giustizia amministrativa, n. 683, e 2 maggio 1983, n. 902, ibid., n. 684, secondo cui presupposto della dichiarazione di cessazione è l'eliminazione ex tunc degli effetti dell'atto impugnato, mentre per Cons. Stato, sez. IV, 9 febbraio 1982, n. 64, id., Rep. 1982, voce cit., n. 719, e 18 novembre 1980, n. 1073, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 774, anche la sopravvenienza di provvedimenti non propriamen te satisfattivi della specifica pretesa dedotta in giudizio, a condizione che modifichino la situazione di diritto o di fatto si da togliere al ricorrente l'interesse alla rimozione dell'atto impugnato, può comportare cessazione della materia del contendere. Ancora, per ulteriori riferimen
ti, v. T.A.R. Lazio, sez. II, 11 giugno 1980, n. 432, id., 1980, III, 393, con nota di richiami.
Sull'efficacia rebus sic stantibus, della sentenza in materia di invalidi tà pensionabile, apprezzata da Cass. 6156/84 che si riporta, e i riflessi sul formarsi del giudicato, da ultimo, cfr. Cass. 17 marzo 1984, n. 1847, che sarà riportata nel prossimo fascicolo e in Riv. giur. lav., 1984, III, in corso di stampa, con nota di V. Ferrari.
Il Foro Italiano — 1985 — Parte I-48.
Svolgimento del processo. — Con sentenza del 18-22 gennaio 1979 il Pretore di Agrigento espletava consulenza tecnica medico
legale, disattendeva la domanda che con ricorso depositato il 23
ottobre 1974 Calogero Fontana aveva proposto nei confronti
dell'I .n.p.s. onde ottenere la dichiarazione del diritto alla pensione d'invalidità che aveva richiesto in via amministrativa il 18 ago sto 1971. Avverso tale pronuncia l'assicurato interponeva grava me avanti al Tribunale di Agrigento che lo rigettava con sentenza
del 10-22 gennaio 1980.
Il tribunale, in riferimento alle censure mosse dall'assicurato
all'operato del primo giudice, osservava che corretto era stato il
metodo d'indagine seguito dal consulente tecnico sulla base dei
referti clinici e in relazione agli accertamenti strumentali già svolti nel corso del procedimento amministrativo, laddove il
proposito dello stesso consulente di rinnovare siffatti accertamenti
era stato inibito dalla condotta dell'assicurato medesimo il quale non aveva ottemperato all'invito a tal fine rivoltogli. Considerava
ancora il tribunale che l'entità del quadro morboso — tenuto
conto che si trattava di malattie (bronchite e spondiloartrosi) in
fase di avanzamento iniziale — era tale da non ridurre a meno
della metà la capacità di guadagno del soggetto. Contro tale decisione il Fontana ha proposto ricorso a questa
Suprema corte formulato in un solo motivo. L'I .n.p.s. ha resistito
con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo — denunziando
in relazione al'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. violazione dell'art. 112
dello stesso codice in ogni caso difetto di motivazione — il
ricorrente deduce che con l'atto d'appello egli aveva prodotto nota del 17 gennaio 1976 della sede di Agrigento dell'I.n.p.s. con
cui lo si informava che in relazione alla richiesta amministrativa
del 1971 era stato accertato nei suoi confronti il diritto alla
pensione d'invalidità con decorrenza dal settembre dello stesso
anno, riguardo al che egli aveva chiesto al tribunale di dichiarare
siffatto diritto nonché la cessazione della materia del contendere, sul quale punto è mancata invece quella conforme pronuncia che
esso ricorrente aveva interesse ad ottenere.
Tutto ciò richiamato, va rilevata, per le ragioni che seguono, la
fondatezza del ricorso. Premesso che — denunziandosi altresì
errori in procedendo — può anche in questa sede di legittimità
eseguirsi il diretto esame degli atti processuali sia pur al solo fine
del controllo sull'operato del giudice di merito (cfr., ad es., Cass.
11 settembre 1979, n. 475, Foro it., 1980, I, 98), si osserva come
effettivamente nell'atto d'appello l'assicurato avesse dedotto che
l'I.n.p.s. aveva « accolto la domanda » e come risulti prodotta la
comunicazione mod. T pens. 3 in data 17 gennaio 1976 con cui la
sede provinciale del suddetto istituto aveva comunicato all'assicu
rato medesimo, in relazione alla domanda da lui presentata il 18
agosto 1971, l'avvenuto accertamento del diritto alla pensione d'invalidità con decorrenza dal settembre dello stesso anno. Il
giudice d'appello non ha però preso in considerazione i suddetti
elementi e tale omissione riveste un indubbio carattere di decisivi
tà in relazione a una possibile diversa soluzione della controversia
(cfr., ad es., Cass. 4 luglio 1979, n. 3795, id., Rep. 1979, voce
Cassazione civile, n. 110). Lo steso giudice invero alla stregua dei
detti elementi avrebbe dovuto stabilire se a seguito del compor tamento dell'Ln.p.s. la situazione sostanziale e processuale venuta
si a creare non fosse tale da comportare la dichiarazione di
cessazione della materia del contendere.
Si tratta — come questa Suprema corte osservava nella senten
za 26 aprile 1977, n. 1598 (id., 1977, I, 1402) — di un istituto
elaborato nel campo del processo civile ordinario dalla dottrina e
dalla giurisprudenza, e che, mentre da un lato risponde ad
evidenti esigenze pratiche, dall'altro trova indubbiamente la sua
ragione d'essere anche sul piano concettuale: se infatti scopo del
processo di cognizione è la pronuncia di una decisione che in
termini di certezza attui il diritto oggettivo nel caso concreto al
fine della risoluzione di una controversia oppure della realizzazio
ne di un interesse che può aver luogo soltanto attraverso il
processo stesso, ove nella prima ipotesi siffatto fine trovi altrimen
ti realizzazione, tale decisione sarebbe carente di causa giuridica latamente intesa e non corrisponderebbe nemmeno ad alcuna
utilità. È pertanto dovere del giudice, ove siffatta situazione sia
sopravvenuta al processo, prenderne atto eventualmente emettendo
la pronuncia soltanto in ordine alle spese (sulla tematica, v.
altresì' le sentenze 15 aprile 1976, n. 1339, id., Rep. 1976, voce
cit., n. 192a, e 21 maggio 1976, n. 1834, ibid., voce Procedimento
civile, n. 229, richiamate in quella surricordata, nonché la senten
za 14 marzo 1978, n. 1264, id., 1978, I, 1131). È evidente poi come la descritta situazione ricorra, non solo
quando colui che ebbe ad esercitare l'azione abbia rinunciato alla
This content downloaded from 46.243.173.115 on Sat, 28 Jun 2014 08:08:28 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions