sezione I civile; sentenza 28 novembre 1998, n. 12098; Pres. Baldassarre, Est. Salmè, P.M. Nardi(concl. conf.); Banca Monte dei Paschi di Siena (Avv. Scognamiglio, Bracciale) c. De Liberato; DeLiberato (Avv. Angeloni) c. Banca Monte dei Paschi di Siena. Conferma App. Roma 26settembre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 1945/1946-1953/1954Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193732 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
male; e solo lo stato di fatto e non l'obbligo di vigilanza può assumere rilievo nella fattispecie. Questo orientamento dottri
nale è stato fatto proprio, quanto alla responsabilità di cose
in custodia, dalle sezioni unite di questa corte (Cass. 11 novem
bre 1991, n. 12019, id., 1993, I, 922), nonché ultimamente da
Cass. 20 maggio 1998, n. 5031 (id., 1998, I, 2875). Detto orientamento va adottato anche in tema di danno ca
gionato da animale (art. 2052 c.c.), attesa l'identicità della for
mula esimente («salvo che provi il fortuito»). Infatti il dato lessicale della norma in esame ritiene sufficien
te per l'applicazione della stessa, la sussistenza del rapporto (pro
prietà o uso) tra il responsabile e l'animale che ha dato luogo all'evento lesivo. Sempre dalla lettera dell'art. 2052, emerge che
il danno è cagionato non da un comportamento (per quanto
omissivo) del responsabile, ma dall'animale, per cui detto com
portamento è irrilevante.
Responsabile del danno cagionato dall'animale è cioè colui
che essenzialmente ha la proprietà o l'uso dell'animale, ma il
termine non presuppone né implica uno specifico obbligo di
custodire o di vigilare la cosa, e quindi non rileva la violazione
di detto obbligo. Ciò è tanto più rilevante se si osserva che il contesto, nel
quale trovasi la norma in questione, è relativo ad altre ipotesi
(art. 2047, 2048, 2050, 2054, 1° comma, c.c.) ben diversamente
strutturate, in cui la presunzione non attiene alla responsabilità, ma alla colpa, per cui la prova liberatoria, in siffatte altre ipo
tesi, ha appunto ad oggetto il superamento di detta presunzione di colpa.
6.1. - Il limite della responsabilità del proprietario (o utente), costituito dal fortuito, integra il punto nodale (e per certi versi
l'approdo) del dibattuto tema concernente la natura (soggettiva o oggettiva) della responsabilità ex art. 2052 c.c.
Se si sostiene la natura soggettiva della responsabilità in que stione (presunzione di colpa) il fortuito dovrebbe consistere so
lo nella situazione in cui il proprietario è esente da colpa, essen
do, invece irrilevante, l'efficacia causale del fattore esterno sul
nesso causale. Senonché tale assunto contrasta con il principio che la prova del fortuito non si identifica con l'assenza di colpa
(Cass. 6 gennaio 1983, n. 75, id., Rep. 1983, voce cit., n. 125) e può apparire artificioso, come rilevato dalla dottrina, in quanto la presunzione è logicamente costruibile solo sull'oggetto della
prova contraria.
Se così è, il fatto che il proprietario sia stato diligente non
esclude la sua responsabilità per danno cagionato dall'animale,
se non è provato il fortuito. Poiché la responsabilità si fonda
non su un comportamento o un'attività del proprietario, ma
su una relazione (di proprietà o di uso) intercorrente tra questi e l'animale, e poiché il limite della responsabilità risiede nell'in
tervento di un fattore (il caso fortuito) che attiene non ad un
comportamento del responsabile (come nelle prove liberatorie
degli art. 2047, 2048, 2050 e 2054 c.c.), ma nelle modalità di
causazione del danno, si deve ritenere che la rilevanza del for
tuito attiene al profilo causale, in quanto suscettibile di una
valutazione che consenta di ricondurre all'elemento esterno, an
ziché alla cosa che ne è fonte immediata, il danno concretamen
te verificatosi.
Si intende, così, anche la ragione dell'inversione dell'onere
della prova prevista dall'art. 2052, relativa alla ripartizione del
la prova sul nesso causale.
All'attore compete provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo; il convenuto per liberarsi dovrà
provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera sogget
tiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.
6.2. - Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente tale
idoneità sussiste solo se il fattore esterno (che può essere anche
il fatto di un terzo o del danneggiato) presenti i caratteri del
fortuito e cioè dell'imprevedibilità, dell'inevitabilità e dell'asso luta eccezionalità (Cass. 26 febbraio 1994, n. 1947, id., Rep.
1994, voce cit., n. 127; 23 ottobre 1990, n. 10277, id., Rep.
1991, voce cit., n. 128; 29 ottobre 1975, n. 3674, id., Rep. 1977,
voce cit., nn. 124, 125). Tale orientamento va condiviso, con la precisazione che la
rilevanza dell'imprevedibilità, ai fini dell'individuazione del for tuito, opera, però, sempre sotto il profilo oggettivo al fine di
accertare l'eccezionalità del fattore esterno e non come elemen
to per escludere la colpa del proprietario (o utente), la quale,
di per sé, è irrilevante in questa sede.
Il Foro Italiano — 1999.
7. - Conseguentemente, non avendo la sentenza impugnata correttamente applicato i suddetti principi relativi alle discipline delle responsabilità aquiliane di cui agli art. 2050 e 2052 c.c., la stessa va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte di
appello di Brescia, che si uniformerà ai suddetti principi e prov vederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 28 no
vembre 1998, n. 12098; Pres. Baldassarre, Est. Salme, P.M.
Nardi (conci, conf.); Banca Monte dei Paschi di Siena (Avv.
Scognamiglio, Bracciale) c. De Liberato; De Liberato (Avv.
Angeloni) c. Banca Monte dei Paschi di Siena. Conferma
App. Roma 26 settembre 1995.
Famiglia (regime patrimoniale della) — Sentenza di separazione o decreto di omologa — Scioglimento della comunione legale — Opponibilità ai terzi — Annotazione a margine dell'atto
di matrimonio — Esclusione (Cod. civ., art. 162, 163, 191,
193, 2647, 2659; r.d. 9 luglio 1939 n. 1238, ordinamento del
lo stato civile, art. 133; 1. 6 marzo 1987 n. 74, nuove norme
sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio, art. 23). Trascrizione e conservatorie dei registri immobiliari — Opponi
bilità ai terzi dell'atto trascritto — Fattispecie (Cod. civ., art.
2643 , 2647 , 2659).
Per l'opponibilità ai terzi degli effetti dello scioglimento della
comunione derivante dalla separazione personale dei coniugi, relativamente all'acquisto di beni immobili o mobili registra
ti, avvenuto con dichiarazione del coniuge acquirente dello
stato di separazione, è sufficiente la trascrizione nei registri immobiliari e non è richiesta l'annotazione del provvedimen to a margine dell'atto di matrimonio. (1)
(1) Primo intervento della Suprema corte sul problema della annota
bilità a margine dell'atto di matrimonio dei provvedimenti che dispon
gono la separazione personale dei coniugi (sentenza di separazione giu diziale e decreto di omologa della separazione consensuale).
La I sezione ritiene che le esigenze di tutela dei terzi, in ordine alla
conoscenza del regime patrimoniale vigente tra i coniugi, siano adegua tamente soddisfatte dall'ordinario sistema pubblicitario della trascrizio
ne nei registri immobiliari (in particolare, dall'art. 2647 c.c.), ed esclu
de che si possa far luogo all'annotazione dei provvedimenti che dispon
gono la separazione personale, confutando con puntualità ciascuno degli
argomenti addotti da una parte della giurisprudenza di merito e della dottrina a sostegno della opposta opinione. Da rilevare, in motivazio
ne, il richiamo all'art. 2659 c.c. come modificato dall'art. 1 1. 52/85, che ha imposto l'indicazione nella nota di trascrizione del regime patri moniale delle parti coniugate (norma peraltro non applicabile nella spe cie, ma, di fatto, anche nel caso deciso dalla corte le trascrizioni conte
nevano la dichiarazione dell'acquirente di essere separata dal proprio
coniuge). In senso contrario, sia pure con un obiter dictum, v. Cass. 12 novem
bre 1998, n. 11418, Foro it., Mass., 1196. Pur non pronunciandosi sul punto specifico, presuppone la annotabi
lità dei provvedimenti che dispongono la separazione personale, Trib.
Marsala 5 ottobre 1995, id., Rep. 1996, voce Famiglia (regime patrimo
niale), n. 80, il quale fonda la propria tesi sulla circolare del ministero
di grazia e giustizia in data 14 settembre 1988 che consiglia l'annotazio
ne in margine all'atto di matrimonio non solo del ricorso per separazio
ne, ma anche dell'esito del giudizio, con riferimento normativo all'art.
23 1. 74/87. Trib. Milano 20 giugno 1985, id., Rep. 1986, voce Separazione di
coniugi, n. 93, e Dir. famiglia, 1985, 974, con nota di Nappi, espressa mente afferma che l'ufficiale di stato civile, su ordine del tribunale, debba provvedere all'annotazione a margine dell'atto di matrimonio della
sentenza di separazione o del decreto di omologa: secondo questa pro
nuncia, sarebbe infatti compito del giudice ovviare, con un'interpreta zione estensiva delle norme sulla pubblicità, ad una macroscopica omis
sione del legislatore. Per l'opinione contraria, accolta dalla Cassazione con la sentenza in
rassegna, cfr. App. Genova 22 novembre 1985, Foro it., 1986, I, 776,
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1947 PARTE PRIMA 1948
Al fine della opponibilità ai terzi degli acquisti individuali di immobili del coniuge separato legalmente, non è necessario
che nella nota di trascrizione sia indicato il decreto di omolo
gazione della separazione personale. (2)
con nota di richiami, e Trib. Monza 8 marzo 1984, id., 1985, I, 1202, con nota di Moccia.
Per una disamina dei differenti orientamenti emersi nella giurispru denza di merito, v. anche Caravaglios, La comunione legale, Milano, 1995, II, 939.
Ritiene preferibile l'indirizzo che consente al tribunale di ordinare all'ufficiale dello stato civile l'annotazione, su istanza di uno dei coniu
gi, M. Finocchlaro, «Scioglimento» della comunione legale per effetto della separazione personale dei coniugi e opponibilità ai terzi del nuovo
regime patrimoniale della «famiglia», in Giusi, civ., 1984, I, 3457. Nella dottrina più recente, Mora, Rassegna critica di tesi ed opinioni
su alcuni aspetti della pubblicità del regime patrimoniale tra coniugi e, in particolare, sull'errata annotazione, in Dir. famiglia, 1991, 274
ss., sostiene che il problema dell'annotazione dei provvedimenti giudi ziali che provocano lo scioglimento del regime della comunione legale sia stato risolto positivamente dall'entrata in vigore della 1. 74/87, la
quale, equiparando con la riserva di compatibilità il procedimento di
separazione a quello di divorzio, conduce all'applicazione analogica del l'art. 10 1. 1° dicembre 1970 n. 898.
Secondo Mastropaolo e Pitter, Commentario del diritto italiano di famiglia, Padova, 1992, III, sub art. 191 c.c., 327, non sembra pos sibile adottare soluzione diversa da quella che ricolleghi l'opponibilità ai terzi del regime patrimoniale vigente tra i coniugi alla annotazione nei registri dello stato civile: modello di riferimento, l'art. 162, 4° com
ma, c.c. Quanto alle modalità dell'annotazione, questa potrà aver luo
go su mera richiesta dell'interessato in tutti i casi in cui l'annotazione sia anche solo implicitamente prevista — in applicazione analogica del
l'art. 193, 4° comma, c.c. — senza che si incorra in violazione del
principio della tassatività delle annotazioni fissato dall'art. 133 r.d. 9
luglio 1939 n. 1238, che non contraddice l'ammissibilità di atti dello stato civile in ipotesi ricavate dall'interprete al di fuori dei casi espressa mente disposti dalla norma.
Favorevoli all'annotazione sono ancora Caliendo, in Famiglia e dir., 1994, 425, che richiama la circolare 14 settembre 1988 del ministero di grazia e giustizia, nonché la prassi instauratasi presso alcuni tribuna
li; Bocchini, Rapporto coniugale e circolazione dei beni, Napoli, 1995, 224, che ritiene assoggettate a pubblicità mediante annotazione tutte le fattispecie previste dall'art. 191 come cause di scioglimento della co munione legale; Barchiesi, Il sistema della pubblicità nel regime patri moniale della famiglia, Milano, 1995, 25, il quale parla di applicazione diretta (e non analogica) dell'art. 10 1. 898/70, per il richiamo operato dall'art. 23 1. 74/87; De Paola, Il diritto patrimoniale della famiglia coniugale, Milano, 1995, II, 695, e, infine, Pino, Diritto di famiglia, Padova, 1998, 3a ed., 124.
Dubitativo è Santosuosso, Beni ed attività economica della famiglia, Torino, 1995, 185, che sembra propendere per la soluzione della inter
pretazione analogica dell'art. 193. Non prende apertamente posizione Dogliotti, Lo scioglimento della
comunione dei beni tra coniugi: presupposti e caratteri, in Dir. fami glia, 1990, 253 ss., evidenziando come all'annotazione delle cause di
scioglimento dovrebbe fare da necessario pendant quella delle cause di automatica ricostituzione della medesima (si pensi alla riconciliazione), onde fornire ai terzi interessati una informazione davvero completa.
Contrari all'annotabilità sono Santarpia, in Riv. not., 1986, 719; Lenzi, Sulla ammissibilità della annotazione a margine dell'atto di ma trimonio della cessazione della comunione legale per separazione perso nale dei coniugi, in Giur. merito, 1987, 63, il quale, fra l'altro, distin
gue tra ipotesi di mutamento convenzionale del regime patrimoniale, demandate alla libera volontà dei coniugi e per tale motivo assoggettate ad un regime di pubblicità più severo, ed ipotesi di scioglimento ex
lege, non tutte ritenute dal legislatore assoggettabili alla medesima seve rità. Ne consegue che, non esistendo alcuna norma che prescriva o con senta l'annotazione del provvedimento di separazione personale a mar
gine dell'atto di matrimonio, ma essendo possibile far conoscere ai terzi il regime patrimoniale in vigore tra i coniugi mediante la semplice esibi zione del titolo della separazione, il sistema non presenta una lacuna tale da poter essere colmata in via di interpretazione estensiva: peraltro, secondo questo autore, la mancata previsione normativa della pubblici tà della separazione sugli atti dello stato civile deve essere considerata come una svista voluta, poiché evita di concedere solenne conferma ad una situazione estremamente precaria qual è la separazione persona le, i cui effetti possono essere fatti cessare in qualunque momento dai
coniugi, senza che per la riconciliazione degli stessi — e per l'automati ca conseguente ricostituzione della comunione legale — sia prevista al cuna pubblicità.
Analogamente, Salvo, Separazione personale ed annotazione in mar
gine all'atto di matrimonio, in Rass. dir. civ., 1988, 147, che, in rela zione all'art. 23 1. 74/87, si mostra perplesso circa la possibilità di assi milare separazione e divorzio, attesa la eventuale precarietà della pri
II Foro Italiano — 1999.
Svolgimento del processo. — Con ricorso notificato il 7 no
vembre 1986 Graziella De Liberato ha proposto davanti al Tri
bunale di Latina opposizione ex art. 619 c.p.c. avverso l'esecu
zione immobiliare promossa nei confronti di Aniello Mele, co
niuge dal quale viveva separata in virtù di separazione consensuale
omologata il 7 dicembre 1976. L'esecuzione era stata iniziata
con pignoramento eseguito su tre immobili, acquistati dalla De
Liberato con atti pubblici del 23 febbraio 1977, del 14 dicembre
1977 e del 24 luglio 1978, ma ritenuti dal creditore procedente
compresi nella comunione legale. Con l'atto di opposizione, ol
tre a rilevare che il bene acquistato nel 1978 era stato alienato
prima del pignoramento, la De Liberato ha sostenuto che gli altri due immobili erano di sua proprietà esclusiva, perché ac
quistati con atti pubblici trascritti dopo l'omologazione della
separazione legale, che aveva provocato lo scioglimento della
comunione legale. Il tribunale, con sentenza del 6 marzo 1992, ha accolto l'op
posizione e ha dichiarato inefficace il pignoramento, condan
nando la banca al pagamento delle spese processuali. La Corte d'appello di Roma ha confermato tale decisione,
compensando le spese di giudizio, in considerazione del contra
sto di giurisprudenza esistente sulla questione sottoposta al suo
esame. Dopo aver precisato che la materia del contendere era
limitata ai due immobili acquistati nel 1977, essendo pacifico che quello acquistato nel 1978 era stato alienato prima del pi
gnoramento, la corte territoriale ha affermato che tali beni era
no di proprietà esclusiva della opponente perché acquistati in
data successiva alla separazione personale dei coniugi, che ave
va determinato lo scioglimento della comunione legale, con atti
debitamente trascritti, insieme con la dichiarazione dello stato
di separazione della acquirente. La corte d'appello ha quindi affermato che ai fini della opponibilità ai terzi dello scioglimen to della comunione legale non era necessaria l'annotazione del
provvedimento di omologazione della separazione personale dei
coniugi a margine dell'atto di matrimonio, come ritenuto da
una parte della dottrina e della giurisprudenza, perché non era
possibile applicare per analogia il disposto dell'art. 162, 4° com
ma, c.c. — riguardante le convenzioni matrimoniali in deroga al regime legale della comunione — né l'ultimo comma dell'art.
ma, e ritiene che la legge trascuri la pubblicità della separazione in quanto la considera agevolmente reversibile.
Per la tesi che l'impossibilità di annotare la separazione personale dipenda da una precisa scelta legislativa, e non da una lacuna del siste
ma, cfr. anche Ieva, La pubblicità dei regimi patrimoniali della fami glia, in Riv. not., 1996, 413, mentre Oberto, Pubblicità dei regimi pa trimoniali della famiglia (1991-1995), in Riv. dir. civ., 1996, II, 229, spec. 248 ss., all'esito di una rassegna critica delle diverse opinioni sul
punto, da un lato esclude che la annotazione possa essere giustificata da una interpretazione sistematica ed evolutiva delle norme vigenti; dal
l'altro, contesta che — in forza del richiamo contenuto nell'art. 23 1. 74/87 — possa mai estendersi al procedimento di separazione personale anche l'annotazione della pronuncia a margine dell'atto di matrimonio, considerato che l'art. 23 si limita a richiamare l'art. 4 1. 898/70 e non
già gli art. 5 e 10, né questi possono applicarsi estensivamente al giudi zio di separazione, trattandosi di disposizioni eccezionali.
Sulla questione, strettamente connessa, riguardante l'annotabilità a
margine dell'atto di matrimonio della sentenza dichiarativa di fallimen to (causa di scioglimento della comunione ex art. 191 c.c., per la quale non è del pari prevista alcuna forma di pubblicità negli atti dello stato
civile), v., favorevolmente, Trib. Marsala 5 ottobre 1995, cit., e, più risalente, Trib. Urbino, decr. 11 marzo 1988, Foro it., Rep. 1988, voce
Famiglia (regime patrimoniale), n. 66, e Riv. not., 1988, 409. Nello stesso senso, in dottrina, Mora, op. cit., 286 s.; Barchiesi,
op. cit., 25, e De Paola, op. cit., 695, i quali ricorrono all'interpreta zione estensiva dell'art. 133 ord. stato civile; Bocchini, op. cit., 230
ss., che affronta anche il problema della pubblicità della sentenza di revoca di quella dichiarativa del fallimento. Contra, M. Finocchiaro, op. cit., secondo il quale la sentenza dichiarativa di fallimento si deve
presumere iurìs et de iure conosciuta da tutti, nonché Oberto, op. cit., 251, e Ieva, op. cit., 433, i quali sottolineano come, ai sensi dell'art. 45 1. fall., la sentenza dichiarativa di fallimento sia di per sé dotata di efficacia erga omnes, anche in difetto di trascrizione.
Sui rapporti fra annotazione e trascrizione, in generale v. Gazzoni, La trascrizione immobiliare, Milano, 1993, II, 42 ss.
(2) Giurisprudenza pacifica: cfr. Cass. 22 aprile 1997, n. 3477, Foro
it., Rep. 1997, voce Trascrizione, n. 44; 14 ottobre 1991, n. 10774, id., 1993, I, 219, con nota di Traniello Gradassi; 10 aprile 1986, n.
2501, id., Rep. 1987, voce cit., n. 22, tutte menzionate dalla pronuncia in epigrafe.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
193 c.c., che prevede l'annotazione della sentenza di separazio ne dei beni, e cioè di una specifica fattispecie di scioglimento della comunione, per la quale soltanto il legislatore ha ritenuto
necessaria una apposita forma di pubblicità, diversa da quella relativa al singolo bene ai sensi degli art. 2647 e 2685 c.c.
Quanto alle note di trascrizione degli atti pubblici di acqui sto, la corte d'appello, dopo aver sottolineato che le stesse non
potevano che riguardare soltanto la De Liberato e non il Mele, che non era stato parte dei contratti di acquisto, ha affermato
che la banca, consultando i registri immobiliari, ben avrebbe
potuto accertare che si trattava di acquisti individuali, perché
dagli atti trascritti risultava la dichiarazione della De Liberato
di essere separata dal marito. Non era infine fondata la tesi
secondo la quale la trascrizione era inidonea a rendere opponi bile ai terzi l'acquisto individuale, perché priva della indicazio
ne del titolo, in quanto il titolo da indicare non era l'atto di
separazione, come preteso dalla banca, ma l'atto di acquisto. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma il Monte
dei Paschi di Siena ha proposto ricorso per cassazione articola
to in sei motivi, illustrati con memoria. Resiste con controricor
so la De Liberato, che ha anche proposto ricorso incidentale
basato su un unico motivo.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo, deducen
do la violazione e falsa applicazione degli art. 191, 162, 193, 12 c.c., la ricorrente sostiene che la diversità delle fattispecie
disciplinate dall'art. 162 c.c. rispetto alle ipotesi di scioglimento della comunione previste dall'art. 191 c.c., non è di ostacolo
all'applicazione analogica della norma che, ai fini dell'opponi bilità ai terzi, impone l'annotazione delle convenzioni stesse a
margine dell'atto di matrimonio, perché, al di là della diversità, sussiste l'elemento comune costituito dalla circostanza che si tratta
pur sempre di fattispecie che attengono al regime patrimoniale della famiglia. Inoltre nessun ostacolo potrebbe porsi all'appli cazione analogica dell'art. 193 c.c., che ha ad oggetto specifica mente una ipotesi di scioglimento della comunione legale.
La questione posta dalla ricorrente, che ha avuto soluzioni
contrastanti da parte della dottrina e della giurisprudenza di
merito, si presenta la prima volta all'esame di questa corte, che, in altra occasione (affermando il principio che lo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi si verifica, ex nunc, con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, ai
sensi dell'art. 191 c.c., mentre non spiega effetti al riguardo il precedente provvedimento, con cui il presidente del tribunale, ai sensi dell'art. 708 c.p.c., abbia autorizzato i coniugi ad inter
rompere la convivenza) si è limitata a segnalare il vuoto legisla tivo in tema di pubblicità del regime patrimoniale della fami
glia, determinato dalla mancanza di una norma che preveda l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio dei provvedi menti che dispongono la separazione personale dei coniugi (Cass.
560/90, Foro it., 1990, I, 2238). Sull'esistenza della lacuna legislativa, che secondo alcuni sa
rebbe dovuta a una svista del legislatore, che avrebbe ritenuto
essere già prevista l'annotazione della separazione personale a
margine dell'atto di matrimonio, concordano peraltro entrambi
gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinari contrapposti e ta
le rilievo trova conferma nelle iniziative legislative volte a supe rarla (v. disegno di legge sulla riforma dell'ordinamento di sta
to civile n. 2203 presentato al senato il 18 ottobre 1995, che
introduce la previsione espressa della annotazione a margine del
l'atto di matrimonio del ricorso e del provvedimento di separa zione personale). La ricorrente, tuttavia, ripropone la tesi se
condo la quale il vuoto legislativo sarebbe superabile con l'ap
plicazione analogica del disposto degli art. 162, ultimo comma,
e 193, ultimo comma, c.c., dai quali sarebbe enucleabile, so
stanzialmente il principio generale secondo cui qualsiasi muta
mento del regime patrimoniale della famiglia, per essere oppo nibile ai terzi, dovrebbe essere annotato a margine dell'atto di
matrimonio.
Questa opinione, pur autorevolmente sostenuta, è contrastata
da un inequivoco e insuperabile dato normativo, emergente da
gli art. 453 c.c. e 133 r.d. n. 1238 del 1939, i quali, secondo
un'interpretazione coerente con il sistema pubblicitario dei regi
stri di stato civile, e in particolare con il principio di tipicità degli atti da iscrivere in detti registri, prevedono la regola della
tassatività delle annotazioni, nel senso che si può procedere ad
annotazione nei soli casi in cui la legge lo dispone, dovendo
escludersi che la stessa autorità giudiziaria possa ordinare di
eseguire annotazioni al di fuori di tali casi.
Il Foro Italiano — 1999.
Ma, se anche si potesse superare tale ostacolo, con un'inter
pretazione estensiva ed evolutiva della regola della tassatività
delle annotazioni, comunque non si potrebbe ricorrere all'appli cazione analogica degli art. 162 e 193 c.c. Infatti, la prima delle
disposizioni non ha ad oggetto lo scioglimento della comunione
legale ma si limita a disporre che le convenzioni matrimoniali,
per essere opposte ai terzi, debbono essere annotate a margine dell'atto di matrimonio, senza fare alcun riferimento ad even
tuali effetti modificativi (e in particolare estintivi) del preceden te regime patrimoniale della famiglia, derivanti dalle convenzio
ni stesse, le quali, come è noto, possono essere stipulate anche
prima o all'atto del matrimonio. Né, a sostegno dell'opposta tesi, può essere invocato il disposto dell'art. 163 c.c., perché l'onere dell'annotazione delle modifiche delle convenzioni ma
trimoniali è necessaria conseguenza della precedente annotazio
ne delle convenzioni oggetto di modifica più che espressione di una pretesa regola generale.
Per quanto riguarda poi l'art. 193 c.c., è vero che esso preve de l'annotazione della sentenza di separazione dei beni, dalla
quale deriva, ovviamente, lo scioglimento della comunione, ma, anche tralasciando il rilievo che la norma non dispone che l'an
notazione sia necessaria ai fini dell'opponibilità ai terzi, è evi
dente che oggetto della disposizione è una sola delle varie ipote si di scioglimento della comunione previste dall'art. 191 c.c., ciascuna delle quali resta assoggettata alla propria disciplina. Estendere l'onere dell'annotazione previsto per alcune fattispe cie anche a quelle per le quali tale previsione non sussiste, com
porterebbe una sostituzione dell'interprete nelle scelte discrezio
nali del legislatore, che non appaiono, peraltro, né ingiustificate né irrazionali.
Per quanto riguarda infatti la separazione personale dei co
niugi la pubblicità attuata mediante annotazione a margine del
l'atto di matrimonio non ha grande rilievo pratico a causa di
quella che efficacemente è stata definita la «volatilità» degli ef
fetti della separazione stessa, compreso quello dello scioglimen to della comunione, in quanto è sufficiente il solo fatto della
riconciliazione a farli venire meno. Riconciliazione, tra l'altro, che non è soggetta ad alcuna forma di pubblicità mediante an
notazione nei registri di stato civile.
Non possono certo ignorarsi, peraltro, le esigenze di tutela
dei terzi che stanno alla base dell'orientamento che questa corte
non ritiene di condividere, ma tali esigenze sono adeguatamente soddisfatte dall'ordinario sistema pubblicitario (significativamente ritenuto da Corte cost. 111/95, id., Rep. 1995, voce Famiglia
(regime patrimoniale), n. 65, più accessibile e affidabile di quel lo attuato con le annotazioni sui registri di stato civile) della
trascrizione degli atti concernenti i singoli beni di maggior rilie
vo economico (immobili o mobili registrati), in ordine ai quali,
prevalentemente, sussiste l'interesse dei terzi stessi, sembrando
del tutto secondario, se non proprio puramente astratto e teori
co, un autonomo interesse alla conoscenza del regime patrimo niale vigente, in sé e per sé. Ciò è tanto più vero se si tengono
presenti le modifiche dell'art. 2659 c.c. disposte con l'art. 1
1. n. 52 del 1985, che ha imposto l'indicazione nella nota di
trascrizione del regime patrimoniale delle parti coniugate, quale risulta dalle dichiarazioni rese nel titolo o da certificazione del l'ufficiale di stato civile.
Tale nuova disciplina evidentemente non è applicabile nella
specie, che riguarda trascrizioni effettuate prima dell'entrata in
vigore della legge di modifica, ma, di fatto, anche nel caso di
cui si tratta, le trascrizioni contenevano le dichiarazioni dell'ac
quirente di essere legalmente separata dal coniuge, il che esclu
deva l'applicazione del regime legale della comunione.
D'altra parte, esigenze di tutela dei terzi di non minore im
portanza sussistono anche in relazione agli acquisti di beni per sonali ai sensi dell'art. 179 c.c. e nessuno dubita che in tal caso
tali esigenze siano adeguatamente soddisfatte dalla trascrizione
ex art. 2647 c.c., senza che sia necessario procedere ad annota
zione dell'acquisto a margine dell'atto di matrimonio.
Pur non essendo stato prospettato dalla ricorrente, deve, infi
ne, essere esaminato un ulteriore argomento sul quale si fonda
l'orientamento che questa corte ritiene di non condividere.
L'art. 23 1. n. 74 del 1987 dispone che, fino all'entrata in
vigore del nuovo codice di procedura civile, ai giudizi di separa zione personale, si applicano, in quanto compatibili, le regole di cui all'art. 4 1. n. 898 del 1970, come modificato dalla stessa
1. n. 74. Con circolare 14 settembre 1988 n. 1145 il ministero
di grazia e giustizia, seguendo il suggerimento di un'autorevole
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1951 PARTE PRIMA 1952
dottrina, ha affermato che, in applicazione dell'art. 4, 3° com
ma, 1. 898/70 (sostituito con l'art. 8 1. n. 74 del 1987) il cancel
liere deve dare comunicazione della presentazione del ricorso
per separazione all'ufficiale di stato civile, ai fini dell'annota
zione a margine dell'atto di matrimonio e'che, nonostante l'art.
23 1. n. 74 del 1987 richiami solo l'art. 4 e non anche l'art.
10 1. 898/70 (richiamato tuttavia nel 9° comma dell'art. 4, avente
ad oggetto le sentenze non definitive di scioglimento o di cessa
zione degli effetti civili del vincolo), per esigenze di completezza
e di chiusura del sistema pubblicitario, deve essere annotato an
che l'esito del giudizio. La tesi non appare convincente, tanto
è vero che nella pratica il suggerimento ministeriale non ha tro
vato un'attuazione significativa. Infatti, anche a voler tralascia
re il rilievo che la disciplina dell'annotazione sugli atti di stato
civile non può qualificarsi propriamente come «processuale»,
è la peculiare precarietà degli effetti che rende scarsamente com
patibile con la separazione personale le norme sull'annotazione
del ricorso e della pronuncia di divorzio. D'altra parte è molto
dubbio che, anche a voler ritenere applicabile l'art. 4 1. 898/70,
sia suscettibile di annotazione l'esito del giudizio di separazio
ne, in quanto, come contraddittoriamente finisce per ammettere
la stessa circolare «in assenza di qualsiasi riferimento normati
vo e considerato che la pronuncia sulla separazione personale dei coniugi non incide sulla sussistenza attuale del rapporto ma
trimoniale, si ritiene che il provvedimento che definisce il giudi zio non debba essere trascritto nei registri dello stato civile».
È indiscutibile, comunque, che nessuna annotazione è prevista
per la dichiarazione o per il «fatto» della riconciliazione e per tanto la completezza dell'informazione pubblicitaria in materia
di separazione resterebbe inevitabilmente incompleta, se non ad
dirittura fuorviante.
Deve concludersi che, allo stato della disciplina positiva, per
l'opponibilità ai terzi degli effetti dello scioglimento della co
munione derivante dalla separazione personale dei coniugi, re
lativamente all'acquisto di beni immobili o mobili registrati, av
venuto con dichiarazione del coniuge acquirente dello stato di
separazione, è sufficiente la trascrizione nei registri immobiliari
e non è richiesta l'annotazione del provvedimento a margine dell'atto di matrimonio.
2. - In via subordinata la ricorrente sostiene che gli acquisti individuali della De Liberato non sarebbero, come tali, a lei
opponibili perché: a) le trascrizioni sono state effettuate a carico degli alienanti
e non del marito (secondo motivo: violazione e falsa applicazio ne degli art. 2644 e 2659, n. 1, c.c.);
b) nelle note di trascrizione non sarebbe indicato il titolo in
base al quale l'acquisto effettuato dalla moglie potrebbe consi
derarsi acquisto individuale, e cioè non sarebbe stato indicato
11 decreto di omologazione della separazione personale, che ha
provocato lo scioglimento della separazione (terzo motivo: vio
lazione e falsa applicazione degli art. 2659, n. 2, e 2665 c.c.), e comunque la trascrizione sarebbe nulla perché il titolo suddet
to non è stato depositato (quarto motivo: violazione e falsa ap
plicazione degli art. 2659, n. 2, e 2664 c.c.). I motivi che, prospettando questioni connesse, debbono esse
re esaminati congiuntamente, non sono fondati.
Quanto ai soggetti a favore o a carico dei quali deve essere
eseguita la trascrizione, dall'art. 2659, n. 1, c.c. emerge il prin
cipio che i soggetti della trascrizione non possono che essere
le parti dell'atto da trascrivere. Tale principio si ritiene applica bile anche nel caso di acquisto effettuato da parte di un solo
coniuge di bene ricompreso nell'oggetto della comunione legale, in quanto il coniuge estraneo all'atto d'acquisto è mero destina
tario degli effetti legali dell'acquisto individuale, ma non parte del contratto da trascrivere. A maggior ragione questa conclu
sione deve rimanere ferma quando il bene acquistato da uno
solo dei coniugi non è compreso nella comunione e rimane di
proprietà individuale del coniuge acquirente. Non può d'altra parte condividersi la tesi secondo cui nel
caso di acquisto individuale, da parte di un coniuge legalmente
separato, il «titolo» dell'acquisto, di cui agli art. 2657 e 2659
c.c., sarebbe costituito dall'atto di separazione legale, perché la nozione di titolo alla quale nella specie deve farsi ricorso
è quella di atto che produce il mutamento giuridico in ordine
al singolo bene oggetto della trascrizione (v. Cass. 7515/86, id.,
Tep. 1986, voce Trascrizione, n. 21). Non v'è dubbio che il
mutamento giuridico oggetto della trascrizione, nel caso di cui
Il Foro Italiano — 1999.
si tratta, è il trasferimento della proprietà dall'alienante al co
niuge acquirente e tale effetto deriva dall'atto di acquisto, che
quindi costituisce il titolo da presentare al conservatore dei regi stri immobiliari. Lo stato di separazione legale del coniuge ac
quirente non è la causa dell'acquisto della proprietà ma è solo
un elemento negativo della fattispecie acquisitiva, in quanto, escludendo l'operatività del regime legale della comunione, che
comporterebbe l'estensione automatica dell'acquisto in testa al
coniuge rimasto estraneo all'atto d'acquisto, «conferma» che
la proprietà è stata acquistata dal solo coniuge che ha parteci
pato all'atto.
Né a diversa conclusione si deve pervenire a seguito della mo
difica dell'art. 2659, n. 1, c.c., disposta con la 1. n. 52 del 1985,
che comunque non è applicabile alla presente fattispecie, in quan to la necessità di indicare nella nota di trascrizione il regime
patrimoniale del coniuge acquirente attiene alla disciplina della
nota e non a quella del titolo, che resta pur sempre l'atto in
base al quale si attua il trasferimento della proprietà del bene.
Anzi proprio dalla modifica legislativa di cui si tratta, che si
limita a imporre l'indicazione del regime patrimoniale, risultan
te dalla dichiarazione dei coniugi o dal certificato dello stato
civile, resta confermato che, quando lo stato di separazione le
gale assume un qualche rilievo, non è necessario presentare al
conservatore dei registri immobiliari l'atto di separazione, ma
è sufficiente l'indicazione della circostanza che il coniuge inte
ressato alla trascrizione è legalmente separato. D'altra parte è
noto che per stabilire se e in quali limiti un determinato atto
trascritto sia opponibile ai terzi deve aversi riguardo esclusiva
mente al contenuto della nota di trascrizione, senza necessità
di esaminare anche il contenuto del titolo, che insieme con la
nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immo
biliari (Cass. 10774/91, id., 1993, I, 219; 2501/86, id., Rep. 1987, voce cit., n. 22; ma v. anche Cass. 3477/97, id., Rep.
1997, voce cit., n. 44, e 3590/93, id., 1993, I, 3204). 3. - Con il quinto e il sesto motivo, deducendo contradditto
rietà di motivazione, la ricorrente censura la conferma della sen
tenza di primo grado nella parte in cui è stata tenuta ferma
la dichiarazione di inefficacia del pignoramento anche riguardo al bene alienato dalla De Liberato prima del pignoramento, no
nostante che la opponente non avesse depositato la copia del
titolo di acquisto e della nota di trascrizione e nonostante l'evi
dente difetto di interesse della opponente, ormai non più pro
prietaria del bene pignorato. D'altra parte, sostiene la ricorren
te, la sentenza impugnata da una parte afferma di non aver
preso in considerazione il bene di cui si tratta e dall'altra con
ferma integralmente la dichiarazione di inefficacia del pignora mento avente ad oggetto anche tale bene.
Anche questi motivi non sono fondati.
In punto di fatto, e per migliore intelligenza del ricorso, gio va rilevare che il pignoramento avverso il quale la De Liberato
ha proposto opposizione riguardava tre unità immobiliari, og
getto di atti pubblici a rogito del notaio Lena di Formia del
23 febbraio 1977, del 14 dicembre 1977 e del 24 luglio 1978.
In ordine a quest'ultimo bene, sito in Formia via Capo Castello
32, la opponente aveva dedotto che il bene stesso era stato alie
nato prima del pignoramento. L'interesse a far valere tale cir
costanza derivava quindi dal fatto che il bene era stato oggetto del pignoramento sulla base dell'assunto che l'immobile era di
proprietà comune della De Liberato e di suo marito, debitore
della banca.
D'altra parte non si vede come la corte d'appello, essendo
pacifico tra le parti che il bene pignorato era stato venduto pri ma del pignoramento, avrebbe potuto non confermare la di
chiarazione di inefficacia del pignoramento stesso, anche relati
vamente a tale bene.
Né ha alcun rilievo il fatto che non sia stato prodotto l'atto
di acquisto e la nota di trascrizione a favore della De Liberato, in quanto il motivo di opposizione atteneva non alla questione della proprietà esclusiva da parte della opponente, come per
gli altri due beni, ma alla diversa questione della sua alienazio
ne in data anteriore al pignoramento. 4. - Con il ricorso incidentale la De Liberato censura la com
pensazione delle spese disposta alla corte territoriale, afferman
do che le spese dovevano essere poste interamente a carico della
banca soccombente.
Il motivo è infondato perché la corte d'appello ha motivato
la compensazione delle spese con valutazioni che non attengono
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
alla soccombenza, ma con il riferimento a giusti motivi, consi
stenti nel contrasto di giurisprudenza sulla questione principale della opponibilità dell'acquisto effettuato dal coniuge separato, in mancanza di annotazione della separazione personale sui re
gistri di stato civile. Tale motivazione appare immune da errori
giuridici e quindi non può essere in questa sede censurata.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 12 no
vembre 1998, n. 11418; Pres. Senofonte, Est. Luccioli, P.M.
Martone (conci, conf.); Comper (Avv. Piccarozzi) c. Sar
tori (Avv. Fusillo). Conferma App. Trento 2 settembre 1996.
Famiglia (regime patrimoniale della) — Separazione dei coniugi — Scioglimento della comunione legale — Riconciliazione dei
coniugi — Ripristino della comunione legale — Automaticità
(Cod. civ., art. 150, 151, 154, 157, 158, 159, 191).
La riconciliazione dei coniugi separati determina l'automatico
ripristino, con efficacia ex nunc, del regime patrimoniale di
comunione legale in vigore tra gli stessi anteriormente alla
separazione. (1)
(1) La sentenza è annotata da P. Schlesinger, in Corriere giur., 1999,
190, e da M. Finocchiaro, in Guida al dir., 1998, fase. 46, 22.
La Corte di cassazione è chiamata per la prima volta a pronunciarsi sulla questione relativa agli effetti della intervenuta riconciliazione sul
regime di comunione legale dei beni vigente tra i coniugi nel periodo anteriore alla separazione (giudiziale o consensuale), e lo fa aderendo
esplicitamente a quell'orientamento dottrinario secondo il quale l'even
to riconciliativo determina con efficacia ex nunc il ripristino automati
co della comunione legale originariamente prescelta. Per quanto attiene alla giurisprudenza di merito, in senso conforme,
v. App. Trento 2 settembre 1996, confermata dalla pronuncia che si
riporta, Foro it., Rep. 1996, voce Famiglia (regime patrimoniale), n.
82, e Famiglia e dir., 1996, 549, con nota di Figone.
In senso contrario, per l'esclusione dell'automatica ricostituzione del
la comunione legale, v. Trib. Palermo 29 marzo 1997, Dir. famiglia,
1998, 985, e Trib. Catania 31 luglio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce
cit., n. 58, relativa a fattispecie in cui uno dei coniugi — prima separa
ti, poi riconciliati, quindi nuovamente separati — rivendicava la pro
prietà esclusiva di un immobile acquistato individualmente durante il
periodo di riconciliazione, con dichiarazione in seno al rogito notarile
di essere coniugato in regime di comunione legale, e con successiva tra
scrizione dell'atto in favore di entrambi i coniugi. Secondo il giudice etneo, la riconciliazione tra i coniugi di per sé
non determina automaticamente il ripristino dell'antecedente regime di
comunione legale, in considerazione delle esigenze di tutela dei terzi, i quali, seppur eventualmente edotti dell'avvenuta separazione, non po trebbero comunque aver conoscenza di un fatto così intimo (e sprovvi sto di ogni riscontro esterno) quale la riconciliazione. Nel caso concre
to, peraltro, essendo l'atto stato stipulato in dichiarato regime di comu
nione legale, conoscibile dai terzi attraverso la trascrizione, non vi
sarebbero state ragioni per escludere quel bene dalla comunione legale, secondo la volontà liberamente ed espressamente manifestata proprio
dall'acquirente al momento della stipula. Sul tema, Trib. Bologna 28 gennaio 1998, Dir. famiglia, 1998, 1047,
con nota di M. Conte, Sull'opponibilità ai terzi della riconciliazione
dei coniugi ritualmente separati, ritiene che la riconciliazione possa spie
gare eventualmente effetti interni, tra i coniugi, ma non anche operare
esternamente, al fine di travolgere atti dispositivi, apparentemente vali
di, compiuti in favore di terzi in buona fede.
Per le indicazioni della dottrina, v. la nota di Nicolussi che segue.
Quanto all'opponibilità ai terzi dello scioglimento della comunione,
avente per oggetto beni immobili, conseguente alla separazione, la pro
nuncia che si riporta afferma, sia pure obiter, che possa derivare esclu
sivamente dall'annotazione della sentenza a margine dell'atto di matri
monio. In senso opposto, v. però Cass. 28 novembre 1998, n. 12098,
in questo fascicolo, I, 1946, secondo cui, per la opponibilità ai terzi,
sarebbe sufficiente la trascrizione nei registri immobiliari.
* * *
Il Foro Italiano — 1999.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 1°
settembre 1994 Luisa Comper proponeva appello avverso la sen
tenza non definitiva del Tribunale di Rovereto in data 9 marzo-15
aprile 1994 con la quale era stato dichiarato che l'immobile da
lei acquistato il 10 aprile 1984 era divenuto oggetto di comunio
ne legale con il coniuge Alberto Sartori.
Si deduceva nell'atto di impugnazione che la Comper ed il
Sartori si erano separati consensualmente nel 1979 e che succes
sivamente, nel 1980, si erano riconciliati ed avevano ripreso la
convivenza fino al 1985, quando si erano nuovamente e defini
Riconciliazione e comunione dei beni.
1. - La riforma del diritto di famiglia continua a provocare una fre
quente e vivace attività giurisprudenziale, e ciò in particolare con ri
guardo al problema del difficile innesto delle nuove norme nel sistema delle regole di appartenenza e di circolazione dei diritti predisposto dal
legislatore del 1942. Non si tratta, infatti, solo dell'esigenza di bonifica re un prodotto legislativo le cui deficienze — sia sul piano meramente
linguistico, sia dal punto di vista del coordinamento interno — la dot trina fin dall'inizio non ha mancato di criticare (1). Vi è anche, e so
prattutto, la necessità di conciliare questo insieme di norme con il siste
ma del codice civile del 1942, espressione di valori di un ordinamento
non ancora soggetto alla Costituzione repubblicana. Certo, una rilettu
ra dell'ordinamento alla luce della Costituzione s'impone sempre, an
che per gli altri ambiti normativi che non sono stati oggetto di riforma, ma tale esigenza assume un significato particolare in questo settore, dove norme ispirate ai valori della persona (baricentro della Costituzio
ne) e della famiglia (istituzione e insieme prima dimensione sociale in
cui la persona svolge la sua personalità) devono coordinarsi con norme
che sembrano orientate alle esigenze della produzione e dello scambio,
all'insegna di quella commercializzazione del diritto privato suggellata formalmente dall'unificazione dei codici (2).
Si pensi, ad esempio, alla vicenda giurisprudenziale relativa alla que stione dell'appartenenza, o no, alla comunione della costruzione eretta
su un fondo-bene personale di un coniuge per opera e/o a spese dell'al
tro coniuge (3). Tema nel quale sembrano convergere, da un lato, la
disciplina degli art. 934 ss. c.c. e, dall'altro, la regola della caduta auto
matica in comunione dei beni acquistati anche individualmente dai co
niugi (art. 177 c.c.): la prima ispirata a un principio di unità della pro
prietà immobiliare e di tutela della proprietà fondiaria, donde la regola
quidquid inaedificatur solo cedif, la seconda ispirata a un'idea di tutela
dell'unità della famiglia, che pare implicare la condivisione da parte dei coniugi non solo dei c.d. beni spirituali, ma anche di quelli materia
li (4). Si pensi, inoltre, al tema del conflitto tra le ragioni di tutela
(1) Cfr., con riguardo proprio al tema di questa nota, P. Rescigno, La comunione legale. Costituzione e ricostituzione della comunione, in
Questioni di diritto patrimoniale della famiglia discusse da vari giuristi e dedicate ad Alberto Trabucchi, Padova, 1989, 153.
(2) Sulla centralità della persona nel nuovo diritto privato riletto alla luce della Costituzione, della quale la persona nei suoi diversi profili è elevata a Grundnorm, e sul nuovo e problematico porsi del diritto di famiglia all'interno del diritto privato, cfr. C. Castronovo, Danno
biologico. Un itinerario di diritto giurisprudenziale, Milano, 1998, 1
ss. Peraltro, in chiave sociologica, la stessa giurificazione della famiglia non può non concorrere a spiegare la frequenza dell'attività giurispru denziale che la riguarda.
(3) Cfr. Cass., sez. un., 27 gennaio 1996, n. 651, Foro it., Rep. 1996, voce Famiglia (regime patrimoniale), n. 68, e Dir. famiglia, 1996, 517, con nota di F. Surdi, criticata da E. Quadri, L'oggetto della comunio ne legale tra coniugi: i beni in comunione immediata, in Famiglia e
dir., 1996, 184 ss., che ne denuncia «l'ipervalorizzazione dell'autodeter minazione individuale, nonostante l'esistente vincolo coniugale e la scelta
del regime comunitario, con esplicito accostamento della posizione dei
coniugi a quella di qualunque terzo». Cfr. altresì T. Auletta, Il diritto
di famiglia, Torino 1995, III, 144, testo e nota 40, con richiami giuris
prudenziali. Contrari, invece, G. Gabrielli-M.G. Cubeddu, Il regime
patrimoniale dei coniugi, Milano, 1997, 42, i quali (46) fanno valere
il preminente interesse a evitare «un intralcio all'ottimale sfruttamento
dei beni, determinato dall'appartenenza a soggetti diversi di cose stret
tamente connesse, che non può dirsi sempre attenuato dall'esistenza, nel caso di specie, del vincolo coniugale fra i soggetti medesimi».
(4) L'adozione, da parte del legislatore, della comunione quale regi me patrimoniale legale comunica l'idea di un'unità dei coniugi che dal
piano dei rapporti personali si riflette su quello dei rapporti patrimo niali. Cfr. P. Schlesinger, in Commentario alla riforma del diritto
di famiglia a cura di Carraro-Oppo-Trabucchi, Padova, 1977, I, 1,
363, testo e nota 10, dove è richiamata la relazione al disegno di legge Ruffini-Martini (ibid., II, 312), nonché L. Carraro, Il nuovo diritto
di famiglia, in Riv. dir. civ., 1975, I, 101. Certo, la concezione comuni
taria (o istituzionale) della famiglia soggiace in maniera più netta e ine
quivoca all'obbligo inderogabile di ciascuno dei coniugi di contribuire
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